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Capitolo 4 NOZIONI GENERALI SUI PROCESSI DI MESCOLAMENTO

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NOZIONI GENERALI SUI

PROCESSI DI MESCOLAMENTO

NOTA INTRODUTTIVA

Diversi autori (Guerrieri et al. 1991; De Fino et al. 1991; Clocchiatti 1994) hanno ipotizzato processi di mescolamento per l’eruzione 1888-1890; per questo motivo in questo capitolo saranno trattati tali processi da un punto di vista generale.

4.1) IL MESCOLAMENTO:

COMUNE MECCANISMO DI EVOLUZIONE MAGMATICA

Il mescolamento fra magmi è un meccanismo di evoluzione di un sistema magmatico abbastanza comune. Solitamente infatti, le camere magmatiche non vengono alimentate da una singola iniezione di magma ma da diverse pulsazioni successive. I magmi iniettati possono quindi avere stessa composizione (soprattutto se derivano dalla stessa sorgente e se non passa troppo tempo), oppure possono essere composizionalmente molto diversi, sia perché derivanti da diverse sorgenti, sia per fenomeni di differenziazione magmatica (cristallizzazione frazionata, assimilazione crostale, immiscibilità) che tendono a creare magmi più evoluti, più freddi, meno densi ma anche meno ricchi in sostanze volatili per la residenza in camere magmatiche poco profonde. Può anche capitare che magmi mantellici ad alta temperatura possano portare a fenomeni di anatessi crostale generando magmi salici con i quali possono poi mescolarsi.

(2)

Quindi è abbastanza comune che magmi a diversa composizione entrino in contatto dando origine a processi di mescolamento. Quando il mescolamento è solamente fisico e si osservano corpi discreti di un magma all’interno dell’altro si parla di mingling. Quando invece il mescolamento è anche chimico e i due magmi formano un unico magma ibrido si parla di ibridizzazione. L’efficacia del processo di mescolamento dipende dalle proprietà fisico-chimiche dei due o più magmi coinvolti e dal tempo di residenza in camera magmatica. (Philpotts, 1990).

4.2) MODELLI DI PROCESSI DI MESCOLAMENTO

Quando un magma viene intruso in un altro magma a diversa densità si possono creare due diverse situazioni. Se il nuovo magma entra alla base della camera ed il magma residente è più denso (possibilmente a causa del raffreddamento), il nuovo magma forma una plume e sale per galleggiamento al top della

camera dove si distribuisce lateralmente al di sopra dell’altro magma, sotto il soffitto della camera stessa. Se invece il nuovo magma è più denso di quello residente, esso può risalire come una specie di fontana nella camera ma poi sprofonda e tende ad accumularsi alla base della camera sotto l’altro magma. (Philpotts, 1990).

In entrambe le situazioni si possono creare fenomeni di turbolenza al contatto tra i due magmi che possono permettere processi di mescolamento. In caso di parziale mixing la densità del nuovo magma sarà intermedia tra i due magmi e quindi si andrà ad accumulare tra essi.

Campbell e Turner (1986) hanno mostrato che l’efficacia del processo di

Figura 4.1. Quattro diverse possibilità di evoluzione del sistema durante l’iniezione di un nuovo magma in una camera magmatica (Philpotts, 1990).

Se il magma nuovo ha densità (ρ) maggiore e la velocità di intrusione è bassa (a) (bassi numeri di Reynolds - Re) il nuovo magma si sistema alla base della camera senza mescolamento; se la v di intrusione è alta (b), il nuovo magma creerà un processo tipo-fontana (con possibile mescolamento) per poi sistemarsi alla base della camera. Se la densità del nuovo magma è minore e la v di intrusione è bassa (c), esso si accumulerà al top della camera con un processo tipo-plume (senza mescolamento); se la v di iniezione è alta (d) si creerà una plume con processi di mescolamento ai margini

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mescolamento in una “fontana” turbolenta dipende fortemente dalla velocità a cui il magma è intruso e la viscosità del magma residente. Se la viscosità del magma residente è più di otto volte quella del nuovo magma e la velocità di ingresso è alta, ai margini della fontana si sviluppano importanti processi di mescolamento. In caso contrario, si sviluppa una camera magmatica stratificata con un magma più freddo, più evoluto e meno denso sopra ad un magma più caldo, meno evoluto e più denso.

4.3) CONDIZIONI MECCANICHE DI MESCOLAMENTO:

IL MODELLO DI SPARKS E MARSHALL (1986)

4.3.

1

LA DIFFUSIVITA’ TERMICA

Quando due magmi a diversa temperatura si mescolano, la diffusività termica è molto più rapida della diffusività chimica (3-5 ordini di grandezza) e quindi l’equilibrio termico è raggiunto prima che si inneschino processi di mixing. L’evoluzione del mescolamento dipende dallo stato fisico dei magmi dopo aver raggiunto l’equilibrio termico: infatti se entrambi sono ancora allo stato liquido

si può avere ibridizzazione; al contrario se un magma è molto cristallizzato si avrà solo mingling. (Philpotts, 1990).

La temperatura di equilibrio di magmi mescolati può essere rappresentata qualitativamente nel diagramma di figura (4.2). Considerando due magmi, M (magma mafico) e S (magma sialico), con temperatura TM e TS (TM>TS) e

viscosità µM e µS (µM < µS),se nessuno dei due è inizialmente sovrariscaldato, la loro T deve

ricadere necessariamente tra il liquidus e il solidus per le rispettive composizioni. Ipotizzando che la capacità termica di tutte le fasi sia la medesima ed ignorando il calore associato a processi di cristallizzazione o fusione, allora la temperatura finale all’equilibrio (Te) sarà sulla

linea TM-TS nel punto determinato dalla proporzione tra i due magmi. All’aumento della

quantità del magma S nella miscela, la Te si avvicinerà sempre più alla T di solidus del

magma M, con conseguenti processi di cristallizzazione (Philpotts, 1990).

Figura 4.2. La temperatura finale della miscela dipende dalle T, dalle proporzioni e dalle capacità termiche dei magmi coinvolti; le T finali saranno sulla linea che unisce le T iniziali dei due magmi.

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Per determinare quantitativamente la Te devono essere tenute in considerazione anche le

capacità termiche delle fasi ed il calore latente di cristallizzazione e fusione dei minerali che possono formarsi o possono essere riassorbiti durante il mescolamento. In un lavoro del 1986, Sparks e Marshall affrontano tale problematica prendendo in considerazione sempre un caso generale di due magmi M e S (con le caratteristiche descritte già precedentemente) che sono mescolati insieme in varie proporzioni. Nel processo di mescolamento viene fatta l’assunzione che i due magmi mantengano la loro identità chimica e fisica mentre scambiano calore e raggiungono l’equilibrio termico.

Il calore guadagnato dal magma sialico HS e quello perso dal magma mafico HM sono dati da:

HM = [CM*(TM-Te)+(XM*LM)] * x (4.1) HS = [CS*(Te-TS)+(XS*LS)] * (1-x) (4.2)

con XS = è la frazione in peso dei cristalli riassorbiti nel magma sialico

XM = è la frazione in peso dei cristalli formati nel magma mafico

LS , LM = sono i calori latenti di fusione e cristallizzazione delle fasi solide

CS , CM = capacità termiche della fase solida e liquida di S e M che sono assunti uguali

TS , TM = temperature iniziali dei due magmi

x = è la frazione di magma mafico nella miscela

Ma poiché il calore perso dal magma M e quello guadagnato dal magma S sono uguali le due equazioni sopra scritte possono essere uguagliate e può essere ricavata la T di equilibrio (Te):

Te = {[XS*LS*(1-x)]+[TS*CS*(x-1)]-[x*(XM*LM+CM*TM)]} / [(x*CS)-(x*CM)-CS] (4.3)

Alla T di equilibrio il magma S avrà ridotto la sua viscosità a causa del riscaldamento e della dissoluzione di eventuali fasi presenti mentre il magma M avrà incrementato la propria viscosità per raffreddamento e cristallizzazione.

4.3.

2

LA VISCOSITA’ COME PARAMETRO-GUIDA

Studi fatti da Huppert et al. (1984, 1986), da Furman e Spera (1985), da Campbell e Turner (1986) hanno enfatizzato l’importante ruolo del “viscosity ratio” nel determinare l’abilità di due fluidi ad avere processi mescolamento.

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La viscosità di un magma nota la composizione, la cristallinità e la temperatura, può essere calcolata usata i metodi di Shaw (1972) e McBirney e Murase (1984). La viscosità del fuso µL

è stimata come descritto da Shaw (1972). L’effetto delle fasi cristalline disperse sulla viscosità totale (liquido + solido) può essere stimata dalla seguente formula:

µµµµB = µ= µ= µ= µL * [(1-(c*y)] -2,5

Equazione di Einstein-Roscoe (4.4)

con µB = viscosità “bulk” (liquido + solido)

µL = viscosità liquido

y = la frazione in volume dei solidi presenti

c = costante (c = 1,35 per McBirney e Murase,1984; c = 1,67 per Marsh, 1981)

Dopo aver ricavato x dalla 4.1 e µB dalla 4.2 può essere costruito un diagramma µB vs x come

quello di figura (4.2) che mostra schematicamente la variazione di viscosità nei magmi S e M alla T di equilibrio al variare della proporzione di magma M nella miscela (fissate T, composizione, % H20 e contenuto cristalli).

Per piccole proporzioni di S µM <µS , sebbene S sia fortemente sovrariscaldato ed abbia una

viscosità minore rispetto a quella iniziale. Aumentando la quantità di S nella miscela, la viscosità di M aumenterà fino a raggiungere una proporzione critica in cui µM >µS , segnata

sul grafico dall’intersezione della due curve di viscosità.

Con proporzioni ancora maggiori di S, la cristallizzazione di M porterà ad un rapido aumento di viscosità fino a divenire asintoticamente tendente ad infinito (cristallinità del 60% circa): in tale situazioni il magma non verrà più considerato un fluido parzialmente solidificato ma un solido parzialmente fuso.

Ricapitolando, gli autori definiscono tre situazioni fisiche:

a) il magma mafico rimane meno viscoso del magma sialico (campo Fluid I) b) il magma mafico diviene più viscoso del magma sialico (campo Fluid II)

c) il magma mafico assume reologicamente il comportamento di un solido per l’elevato contenuto in cristalli (campo Solid)

Il fatto che una situazione ricada i uno dei tre campi è molto importante per le dinamiche di mescolamento: infatti gli autori ipotizzano che i magmi possano dare ibridizzazione solo all’interno del campo Fluid I, bandatura nel campo Fluid II e mingling con formazione di inclusi nel campo Solid. Il modello è stato applicato, ad esempio, nel caso dell’eruzione di Pollara 1 (Salina, Isole Eolie; Calanchi et al., 1993).

(6)

4.3.

3

INFLUENZA DEI VARI PARAMETRI FISICI

Sparks e Marshall (1986) hanno anche calcolato come questi tre campi variano in funzione di altri parametri: la composizione del termine mafico (%MgO), il contenuto in acqua del sistema, la temperatura e la cristallinità del magma sialico.

Composizione magma mafico: l’alta Tsolidus del magma mafico con un alto numero di

magnesio fa si che la viscosità si alzi rapidamente quando questi si mescola un magma con un magma sialico a più bassa T. Di conseguenza, il punto di intersezione fra le curve di viscosità e il punto in cui il magma mafico ha il 60% di cristallinità vengono raggiunti con contenuti di magma sialico minore. Quando la quantità di magnesio diminuisce, diminuisce anche la sua Tsolidus e tali punti vengono raggiunti solo con quantità di magma sialico crescenti. Così un

magma mafico con un basso contenuto in magnesio è più portato a rimanere fluido dopo il mescolamento rispetto ad un magma con magnesio più alto (figura 4.3).

a

b

Figura 4.3 (da Sparks e Marshall, 1986);

a) Grafici Viscosità vs Frazione magma mafico al variare delle composizione iniziale del magma mafico b) Diagramma Frazione of magma mafico vs MgO nel magma mafico (quindi composizione di tale magma);

Figura 4.2.

(da Sparks e Marshall, 1986);

Diagramma “viscosità vs frazione di magma mafico”; è mostrata la variazione di viscosità di due magmi M (Mafico) ed S (Sialico) coinvolti nel processo di mescolamento. Il punto di cross-over (l’intersezione fra le due curve di viscosità) indica un inversione del rapporto di viscosità. La posizione delle divisioni tra i campi è descritta nel testo.

(7)

Contenuto in H2O: Quando il magma sialico ha un maggiore contenuto in H2O, la sua Tsolidus

si abbassa e la stessa cosa accade per il magma mafico. Quindi un maggiore contenuto iniziale in H2O porta ad un’espansione del campo del solido e conseguentemente il punto in cui il

magma mafico diviene solido si sposta verso quantità di magma mafico maggiore (figura 4.4.a). Inoltre, l’abbassamento della viscosità dovuto alla presenza di H2O fa si che il punto di

intersezione fra le curve sia raggiunto con miscele più mafiche. In altre parole il magma mafico a basso contenuto di acqua è più portato a rimanere fluido.

Cristallinità e T del magma sialico: Aumentando la cristallinità e diminuendo la

temperatura del magma sialico il campo del solido si espande (figura 4.4.b)

4.3.

4

INFLUENZA DEI FATTORI CINETICI

Studi sperimentali mostrano che la velocità di raffreddamento può influenzare fortemente l’ordine di cristallizzazione, la composizione dei minerali, la morfologia dei cristalli, le tessiture, i trend dei liquidi residuali (Lofgren, 1980).

Una volta fissate le proporzioni del mixing e le condizioni iniziali, le proprietà fisiche del componente mafico dipenderà dal “cooling rate” e quindi dalle dimensioni delle porzioni di magma mafico. La posizione dei limiti tra campo solido e liquido non può essere

Figura 4.4 (da Sparks e Marshall, 1986);

a) Grafici “Viscosità vs Frazione magma mafico” al variare della T iniziale e del contenuto in H2O del magma sialico

b) Diagramma “Frazione of magma mafico vs % MgO nel magma mafico” (quindi composizione di tale magma) e le divisioni tra i campi variano al variare delle cristallinità e della T iniziale del magma sialico

a

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indipendente da fattori cinetici e dalla scala del mescolamento (Philpotts, 1990). . Per esempio magmi mafici raffreddati rapidamente formano cristalli aciculari e scheletrici (Bacon, 1986), che possono creare una struttura con alta porosità. Tale struttura dovrebbe avere una maggiore resistenza agli sforzi di taglio imposti dal sialico circostante. (Philpotts, 1990).

4.4) LA DIFFUSIVITA’ CHIMICA

La produzione di un magma ibrido omogeneo necessita di un intenso mescolamento fisico e poi di un importante processo di diffusione dei componenti tra i due magmi. La forza che guida il processo di diffusione chimica viene dalla differenza di potenziale chimico che ogni componente ha nei due magmi. Ovviamente il potenziale chimico di un componente dipende dalla sua concentrazione e il componente diffonde dalla regione a più alta concentrazione a quella più bassa per uguagliare i potenziali. Il processo è molto più complicato di quello che si possa pensare perché esistono numerosi fattori che lo influenzano. Per esempio, il mescolamento porta ad un forte abbassamento della T in uno dei due magmi e questo fa si che in tale magma la diffusività dei componenti decresca esponenzialmente.

In sostanza, la diffusione sarà più rapida inizialmente quando i gradienti sono maggiori; sarà più lenta quando i gradienti diminuiscono , soprattutto se la anche la T diminuisce e anche i coefficienti di diffusione diminuiscono. E’ quindi improbabile che solo la diffusione chimica possa portare a completa ibridizzazione in tempi relativamente brevi (tipici dei classici sistemi magmatici). Molto probabilmente un apporto importante deriva da movimenti convettivi. (Philpotts, 1990).

4.5) TIPI DI PRODOTTI DEL MESCOLAMENTO

Sono riconosciuti tre tipi di fenomeni legati al mescolamento nelle rocce vulcaniche (Eichelberger, 1978, 1980; Smith, 1979; Sakuyama, 1991; Bacon, 1986):

a) inclusioni mafiche

b) pomici o lave bandate e lave ibride contenenti popolazioni mescolate di fenocristalli

La loro origine può essere interpretata in considerazione dei concetti sviluppati da Sparks e Marshall (1986).

a) Le inclusioni mafiche rappresentano situazioni nel campo solido dove gli effetti di quenching del magma sialico è sufficiente a convertire gocce di magma mafico in inclusioni con alta resistenza allo sforzo di taglio. Bacon (1986) ha studiato diversi esempi di tali inclusioni in flussi lavici e le sue osservazioni sono coerenti con il lavoro di Sparks

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e Marshall, infatti la maggior parte dei suoi esempi riguardano situazioni in cui la quantità totale di inclusioni non supera l’1%. Questa relazione è stata riconosciuta anche da altri autori (Sparks et al. 1977; Sigurdsson e Sparks, 1981) in vari depositi pomicei.

b) Colate laviche e pomici bandate contengono proporzioni significativamente più alte di componente mafico. Sparks e Marshall (1985) suggeriscono che la bandatura sia dovuta al fatto che il magma mafico sia sempre allo stato fluido ma più viscoso del magma sialico mentre l’ibridizzazione sia resa possibile dalla grande quantità di magma sialico e quindi dalla maggiore viscosità di questo rispetto al magma M. Un altro fattore importante è sicuramente il fattore tempo: infatti se i due magmi rimangono in contatto per tempi più lunghi il processo di mixing è più facile; al contrario con tempi più ridotti è più probabile la bandatura.

4.6) PROPRIETA’ TESSITURALI DELLE INCLUSIONI

4.6.

1

FORMA, MARGINI, TAGLIA E ABBONDANZA

Forma: gli inclusi possono avere le più svariate forme: le più comuni sono certamente semi-

sferiche ed ellissoidiche, (Bacon, 1986; Coombs, 2002; Kumar et al., 2004) ma possono essere anche talvolta quadrate (per esempio a causa della rottura di un dicco iniettato in un magma sialico; Smith, 2000), angolose per fratturazione (Bacon, 1986; Coombs, 2002; Kumar et al., 2004) ed avere forme anche più irregolari e complesse (figura 4.5) (Perugini, 2007).

Quando si parla della forma degli inclusi bisogna tenere in considerazione le seguenti osservazioni effettuate da Paterson et al. (2004) (eccetto la numero 4):

1) inclusi adiacenti possono formarsi in diversi momenti e posti ed inizialmente potrebbero avere le più svariate forme

2) le forme finali e le orientazioni degli inclusi sono funzione di: a) forma e temperatura iniziale

b) variazioni di viscosità e del rapporto di viscosità in seguito a variazioni di composizione, contenuto in volatili, taglia dei microliti, etc.

c) competizione tra le forze interfacciali dell’incluso e le forze di taglio dell’ospitante d) tipologia di deformazione dovuta ai processi tettonici e magmatici (ad esempio se

durante la risalita sin-eruttiva l’incluso è ancora plastico, lo stretching è proporzionale all’eruption rate (Blake e Fink, 2000)).

3) gli inclusi raggiungono rapidamente lo stato semi-solido e quindi si comportano come oggetti rigidi e così possono ruotare o fratturarsi anziché deformarsi plasticamente.

(10)

Williams e Tobisch (1994) hanno modellato gli effetti di magmi con diversa composizione, temperatura e velocità di flusso usando la “drop deformation theory” ed hanno evidenziato il fatto che gli inclusi possano deformarsi plasticamente e quindi cambiare forma solo a temperature relativamente alte e contrasti di viscosità bassi. Questo significa che in un ampio range termico e composizionale gli inclusi non si deformano ma hanno comportamento rigido.

Blake e Fink (2000) sottolineano che il passaggio da stato fluido a semi-solido non è repentino e comunque non coinvolge l’incluso nella sua interezza. Infatti secondo tali autori il raffreddamento porta alla formazione di un “chilled rind” con una certo spessore funzione della Teq e con un certo strenght “σr”. Quando σr è minore di uno sforzo

applicato (σappl) l’incluso continua a deformarsi; quando invece σr>σappl , l’incluso

assumerà un comportamento solido anche se l’interno può essere ancora parzialmente fuso. Lo spessore per cui avviene questo passaggio è definito “spessore critico”.

4) inclusi più grandi si deformano più di quelli più piccoli (Blake e Fink, 2000)

Figura 4.5. Varie forme di inclusi mafici in granito (a, b, c) (da Paterson et al., 2004) o in colata lavica (d) (da Perugini et al., 2007). La figura ‘e’ è lo rappresentazione binaria della figura ‘d’. a) forme sub-sferiche ed ellissoidiche; b) forma irregolare con porzione quadrata; c) forma angolosa con fratturazione; d) forma molto irregolare.

(11)

Le precedenti osservazioni fanno capire come sia delicato affrontare lo studio della forma degli inclusi e mettere in relazione la forma con i meccanismi di formazioni degli inclusi o con le dinamiche presenti nel sistema magmatico. Paterson et al. (2004) ritengono che non sia corretto usare gli inclusi per misurare lo strain magmatico nei plutoni per i motivi sopra-citati; Holtz et al. (2004) ritengono che la forma finale degli inclusi sia indipendente dal meccanismo di formazione ma il risultato delle forze viscose e la tensione interfacciale dell’incluso. Altri autori, invece, come Perugini et al. (2007) mettono chiaramente in relazione forma degli inclusi con meccanismo di formazione. Gli studi appena citati sembrerebbero in contraddizione; in realtà questo non è vero perchè se come regola generale è difficile fare simili correlazioni, ci sono casi particolari come in quello in cui il congelamento avviene poco dopo la dispersione, a poca distanza dall’interfaccia, in cui le forze deformative non riescono ad agire e a cambiare la forma dovuta al meccanismo di formazione.

Contatto: il contatto con il magma sialico è netto per casi di grande ∆T e diffuso in scala millimetrica per bassa ∆T (Bacon, 1986; Kumar et al., 2004); inoltre i margini tendono ad avere grana molto fine o sono congelati

(Lowell et al.1999; Nardi et al., 2000; Smith et al., 2000; Kuscu et al., 2001; Kumar et al., 2004;).

La presenza di interfacce tra magmi di differenti composizioni dà la possibilità di misurare componenti del movimento del magma in maggiore dettaglio rispetto ad un magma omogeneo. Ramsay e Huber (1987) usano il termine “cuspate-lobate folds” per descrivere pieghe che si formano in strati con contrasto di viscosità relativamente basso. Queste pieghe hanno proprietà tali che si possono sviluppare indipendentemente su ogni interfaccia senza richiedere la presenza di multi-layers.

In una scala dettagliata l’interfaccia tra i due magmi, e quindi il margine dell’incluso può essere “piana” o “piegata (crenulata)”. Se

Figura 4.6. a) Illustrazione di un interfaccia tra un magma mafico (scuro) ed uno sialico (chiaro); b) se la viscosità è uguale non si sviluppa crenulazione; c) formazione di crenulazione con un contrasto di viscosità; d) sviluppo di pieghe simmetriche per inversione di viscosità (vedi testo); e) diagramma “viscosità vs temperatura” in cui è evidenziato il range in cui l’incluso può subire deformazione

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non esiste contrasto di viscosità non c’è sviluppo di pieghe (figura 4.6.a e 4.6.b); invece per un contrasto di viscosità basso (Ramsay e Huber, 1987) si sviluppano pieghe “cuspate-lobate” (crenulazione) (figura 4.6.c). Il grado di sviluppo dei lobi arrotondati e delle cuspidi angolose è un’indicazione della grandezza del rapporto di viscosità. La presenza di pieghe simmetriche (senza cuspidi) non sono dovute ad assenza di contrasto di viscosità ma si spiegano considerando l’iter termico seguito dal magma mafico. Infatti inizialmente, ad alte T, il magma mafico ha viscosità minore ma quando inizia il raffreddamento la sua viscosità aumenta fino ad eguagliare e poi a superare quella del magma sialico. Se il piegamento avviene su un’intervallo temporale che comprende questa inversione di viscosità il risultato finale sarà la formazione di pieghe simmetriche (fig. 4.6.d-e). (Smith, 2000;). Il modello teorico di Williams e Tobisch (1994) suggerisce che subito dopo il cross-over di viscosità, quando il contrasto di viscosità è tra 1 e 4, l’incluso diventa indeformabile (fig. 4.6.e, parte ombreggiata).

Riassumendo, tipicamente gli inclusi mostrano margini crenulati (Bacon, 1986; Lowell et al., 1999; Nardi et al., 2000; Smith et al.,, 2000; Kuscu et al., 2001; Kumar et al., 2004;) o più raramente contatti planari che si possono formare o per assenza di contrasto di viscosità o anche quando le inclusioni si fratturano durante il flusso del magma ospite (Bacon, 1986; Kumar et al., 2004).

Dimensioni: il diametro massimo delle inclusioni raramente raggiunge 1 metro ed è più

comunemente minore di 20 cm. La taglia minima può variare da centimetrica a millimetrica. (Bacon, 1986; Coombs et al., 2002).

Abbondanza: il massimo valore di inclusioni osservate in rocce vulcaniche è all’incirca del

30%. Valori maggiori non sono stati osservati in rocce vulcaniche. Più comunemente l’abbondanza di inclusioni non supera lo 0,1% (Bacon, 1986; Coombs et al., 2002).

4.6.

2

LA CRISTALLIZZAZIONE DEGLI INCLUSI

La maggior parte delle inclusioni contengono fenocristalli cresciuti prima del mescolamento (Bacon, 1986); invece la cristallizzazione della pasta di fondo dell’incluso è guidata dalla diminuzione di T del magma mafico durante l’equilibratura termica con il magma sialico. Il magma mafico può cristallizzare sia prima della formazione dell’inclusione sia dopo (Coombs et al., 2002).

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Se la cristallizzazione avviene dopo l’intrappolamento, i parametri di cristallinità dipendono dalla grandezza dell’incluso: inclusi più piccoli raffreddano più rapidamente di quelli più grandi e ciò causa una più alta densità cristallina, con cristalli più piccoli e con forme più fini e aciculari (Coombs et al., 2002). Inoltre gli inclusi che hanno subito questi processi (soprattutto quelli di dimensioni maggiori) mostrano una gradazione tra parti più interne (con meno cristalli di dimensioni maggiori) e più esterne (più cristalli di dimensioni minori) fino al margine che può risultare “congelato”, ossia vetroso privo di cristalli. (Bacon, 1986; Miller et al.,1999; Murphy et al., 2000).

Se invece il magma mafico si pone alla base del magma sialico senza creare inclusioni, il magma subirà un processo di raffreddamento e quindi di cristallizzazione a seconda della posizione sotto l’interfaccia tra i due magmi. Se un incluso si andrà a formare dopo tale processo i parametri cristallini non saranno funzione della taglia dello stesso ma dalla posizione del brandello di magma al di sotto dell’interfaccia tra i due magmi durante i processi di raffreddamento (Coombs et al., 2002).

L’evoluzione della pasta di fondo di un incluso avviene quindi in condizioni di sottoraffreddamento. La cristallizzazione in uno stato di sottoraffredddamento è una forte evidenza dello stato fuso delle inclusioni nel momento dell’annessione. Le tessiture prodotte ed il grado di cristallizzazione sono funzione del ∆T (Logfren, 1974; Corrigan, 1982). La pasta di fondo può mostrare diverse tessiture al diminuire del ∆T : da sferulitica, ad aciculare, a cristalli scheletrici. Chiaramente, la tessitura della pasta di fondo solitamente osservata negli inclusi mafici (un “network” di plagioclasi e pirosseni aciculari e scheletrici con vetro interstiziale pulito, libero da microliti) è ben distinta da quella dell’host-rock in cui il vetro può essere pieno di microliti. I cristalli che formano la pasta di fondo dell’incluso potrebbero essere descritti come microfenocristalli e sono completamente distinti dai fenocristalli e dai microliti dell’ospitante (Coombs et al., 2002). La forma di tali microfenocristalli (allungati e scheletrici) è simile a quella dei cristalli formati durante esperimenti di rapido raffreddamento di fusi silicatici (Lofgren, 1980).

Spesso il vetro interstiziale degli inclusi è composizionalmente indistinguibile da quello delle lave (Miller et al., 1999). L’omogenizzazione non avviene per diffusione chimica perché tale processo necessiterebbe troppo tempo (per un enclave di 5 cm ci vorrebbero 103 anni; Baker, 1991), ma potrebbe essere dovuta al fatto che quando viene raggiunto l’equilibrio termico, la pasta di fondo dell’incluso ha cristallizzato maggiormente rispetto alla pasta di fondo dell’host (poiché sono coinvolti processi termici i tempi sono molto ridotti) (Coombs et al., 2002) .

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A causa dell’evoluzione in condizione di sottoraffreddamento, con la conseguente formazione di un intreccio di forme cristalline scheletriche ed aciculari, le inclusioni dense sono poco comuni mentre sono quasi sempre presenti tra i cristalli di grana maggiore dei vuoti occupati dal vetro residuale o da vescicole. (Coombs et al., 2002).

La tessitura appena descritta è definita diktytaxitica (Bacon, 1983) (dal greco: “δικτυον ” ”rete” e “ταξιs” “disposizione” quindi “δικτυονταξιs” significa “disposizione a rete”) anche se nel glossario AGI (http://glossary.agiweb.org/dbtw-wpd/glossary/login.aspx) con tessitura diktytaxititica si intende una tessitura caratterizzata da porzioni vetrose contornati da microfenocristalli scheletrici e aciculari disposti a pettine.

4.7) MECCANISMI DI FORMAZIONE DEGLI INCLUSI

Negli ultimi venti anni sono stati fatti molti progressi sull’interpretazione dei processi legati alla formazione delle inclusioni e alla loro distribuzione nel magma ospite, soprattutto attraverso studi sperimentali di convezione in fluidi.

In una camera magmatica stratificata in cui un magma differenziato relativamente viscoso è posto sopra un magma mafico più caldo ma più denso, il semplice mescolamento è inibito dalle contrasto di densità e viscosità. Gli esperimenti di Huppert et al. (1984) suggeriscono che “pennacchi” di fuso a bassa densità si separano dal magma mafico in cristallizzazione e possono penetrare l’interfaccia tra i due magmi e penetrare nel magma sialico sovrastante. Questo è un meccanismo che porta alla formazione di un incluso differenziato ma probabilmente non mafico o ibrido. Può essere applicato in casi in cui ∆T e la differenza di composizione sono piccole e la densità delle inclusioni è simile a quella del magma ospite (Bacon, 1986).

Se la densità del magma mafico vicino all’interfaccia in un sistema zonato decresce sino a quella del magma sialico sovrastante per processi di vescicolazione, l’instabilità gravitazionale può far risalire gocce di magma mafico che si disperdono nel magma sialico. (Eichelberger, 1980). Huppert et al. (1982) suggeriscono che la convezione turbolenta che segue la messa in posto di un magma mafico, ricco in volatili ma inizialmente sottosaturo, sotto un magma più evoluto, potrebbe favorire la perdita di calore del magma mafico con conseguente cristallizzazione ed essoluzione di volatili dello stesso; a ciò seguirebbero processi di risalita di magma vescicolato e mescolamento. Quindi, ricapitolando, processi di cristallizzazione sarebbero necessari per causare vescicolazione, diminuzione di densità e quindi formazione di inclusi. Esperimenti fluido dinamici (Thomas et al., 1993) e studi sulla

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“size distribution” degli inclusi (Thomas e Tait, 1997) supportano questa teoria. Se il magma mafico cristallizza quando si trova ancora separato, la formazione degli inclusi potrebbe essere legata a processi di cristallizzione-vescicolazione del magma mafico (Coombs et al., 2002).

Meccanismi di risalita di porzioni di magma mafico come conseguenza dell’essoluzione di volatili (e quindi di processi di cristallizzazione precedenti all’intrappolamento) non sono possibili quando ci sono evidenze (ad esempio la correlazione positiva tra taglia dell’incluso e taglia dei cristalli; Stimac, 1990) che la cristallizzazione della pasta di fondo e che fenomeni di essoluzione di vapore siano avvenuti successivamente all’ intrappolamento (Bacon, 1986). In tal caso i meccanismi devono essere necessariamente altri.

Un esempio può essere l’iniezione forzata (ad alta pressione) di magma basaltico in una camera con magma riolitico (Campbell e Turner, 1985).

Oppure Koyaguchi (1985) realizzò una serie di esperimenti che suggeriscono che le inclusioni possono formarsi se un magma relativamente denso è iniettate in un magma meno denso e più viscoso durante l’ascesa in un condotto.

Infine la formazione di inclusioni può essere la naturale conseguenza di un mescolamento convettivo di due magmi. Kouchi e Sunagawa (1983) hanno forzato il mescolamento fra due fusi (basalto e dacite) in una fornace a 1250°. La dacite dissolta nel basalto ha formato un andesite ibrida mentre le poche gocce di basalto incorporate nella dacite hanno formato degli inclusi. Questi esperimenti suggeriscono che anche sotto un’alta temperatura uniforme dove il magma sialico non porta raffreddamento, il magma mafico tende a formare inclusi.

4.8) “DIMENSIONE FRATTALE” E INCLUSI

In geologia esistono diversi fenomeni che possono essere descritti con distribuzione frattale (Mandelbrot, 1982): frequenza di terremoti di varia taglia, i parametri delle faglie, taglia dei clasti di un materiale frammentato, etc. (Avnir et al., 1998).

Studi recenti hanno mostrato che diverse proprietà legate agli inclusi hanno una distribuzione frattale. Wada (1995), nonostante le osservazioni di Paterson (2004) circa la forma degli inclusi, ha evidenziato che l’analisi quantitativa della geometria delle interfacce tra magma mafico e sialico usando concetti frattali possano aiutare a correlare la geometria prodotta con la dinamica di mixing. Perugini et al. (2002) hanno studiato alcuni inclusi del Sithonia Plutonic Complex (Grecia settentrionale) sfruttando la frattalità della distribuzione degli elementi negli inclusi.

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Diversi Autori (Holtz et al., 2004; Ventura, 2004; Perugini et al., 2007) hanno mostrato che la “size distribution” di inclusi magmatici in plutoni o colate laviche segue un comportamento frattale. In particolare il lavoro di Perugini et al. (2007) studia la “size distribuition” degli inclusi all’interno della colata ossidianacea di Pietre Cotte (Vulcano) nel tentativo di quantificare il grado di frammentazione degli enclavi usando un approccio di statistica frattale. La “frammentazione” degli inclusi può essere stimata misurando la “dimensione frattale” attraverso l’equazione di Mandelbrot (1982) modificata da Perugini et al. (2007) in modo da legarla alla “size distribution”:

N (A>a) = k*a ^ (-Df / 2) (4.5)

dove: “Df” è la dimensione frattale (ed è il parametro fondamentale perché indica la

frammentazione della popolazione), “N(A>a)” è il numero di particelle con una area “A” maggiore di un’ area comparativa “a” e “k” è una costante di proporzionalità.

Applicando il logaritmo naturale alla 4.5 si ottiene l’equazione:

log N = (-Df / 2) * log (k*a) (4.6)

in cui si osserva un’equazione lineare (figura 4.6.a) tra i due termini con “Df” che è legata alla pendenza di tale retta attraverso la relazione:

Df = -2m

Una volta calcolata la dimensione frattale “Df” relativa agli inclusi di Pietre Cotte (Df = 2,5) , Perugini et al. (2007) hanno calcolato con lo stesso metodo la dimensione frattale relativa ad inclusi originati per processi di “fingering viscoso” al contatto tra un magma mafico ed uno sialico appartenenti ad affioramenti della Vegetation Unit (TerraNova intrusive Complex, Antartide) notando che i due valori ottenuti coincidevano. Oltre a ciò hanno considerato un altro parametro statistico: l’allungamento degli inclusi (inteso come rapporto tra asse maggiore e minore, calcolati dal software). La distribuzione delle frequenze di tale grandezza è risultata molto simile a quella dei campioni della Vegetation Unit, con valori di allungamento più frequenti: 0,6 - 0,7 - 0,8 (figura 4.6.b). Infine gli Autori hanno osservato una forte somiglianza nelle forme degli inclusi, caratterizzati da lobi e una terminazione a cuspide. (figura 4.7) e la stessa variabilità di taglia (tra 2 x 10-1 cm2 e 3 x 10 cm2). L’insieme

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di queste osservazioni hanno portato gli Autori a concludere che i processi responsabili della formazione degli inclusi della lava di Pietre Cotte fossero i medesimi responsabili del mingling nel plutone della Vegetation Unit: processi di “fingering viscoso”.

Figura 4.6. (da Perugini et al. 2007)

a) Diagramma “log (N) vs log (a)” relativo agli inclusi di Pietre Cotte; la pendenza è legata alla dimensione frattale (in questo caso 2.5)

b) Diagramma “Frequenza vs Elongation” relativo agli inclusi di Petre Cotte

Figura 4.7. (da Perugini et al. 2007)

a)-b) Inclusi nella lava di Pietre Cotte: si notano i bordi lobati e la terminazione a cuspide

c) Inclusi nel plutone della Vegetation Unit: anche in questo caso si notano i bordi lobati e la terminazione a cuspide

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4.9) RIEPILOGO CAPITOLO (*)

 Il mescolamento tra magmi è un comune meccanismo di evoluzione dei sistemi magmatici

 Quando il mescolamento è solamente fisico e si osservano corpi discreti (inclusi) di un magma (mafico) all’interno dell’altro (sialico) si parla di mingling.

 Quando il mescolamento è anche chimico e i due magmi formano un unico magma ibrido si parla di ibridizzazione.

 L’equilibrio termico è raggiunto prima che si inneschino processi di ibridizzazione.

 All’equilibrio termico la differenza di viscosità condiziona il processo di mescolamento: se il magma mafico è meno viscoso del magma sialico l’ibridizzazione è favorita; al contrario possono avvenire fenomeni di banding o nel caso estremo di formazione di inclusi.

 L’ ibridizzazione è favorita da alte frazioni di magma mafico; da magmi mafici con basso numero di magnesio; da un basso contenuto iniziale di acqua

 Gli inclusi mafici dovuti al mingling hanno in genere le seguenti caratteristiche:

• Forma: variabile (ellittiche, poligonali, arrotondate, angolose)

• Taglia: (da sub-centimetrica a metrica)

• Abbondanza: (max osservato nelle rocce vulcaniche 30%)

• Contatto: crenulato (lobi e cuspidi); sinusoidale; planare

• Tessitura pasta di fondo: diktytaxitica

• Grana: funzione della dimensione dell’incluso

• “Size Distribution”, “Elongation” e “Forma” degli inclusi può essere legata ai meccanismi di formazione (es. di Pietre Cotte).

Figura

Figura  4.1.  Quattro  diverse  possibilità  di  evoluzione  del  sistema  durante  l’iniezione  di  un  nuovo  magma  in  una  camera magmatica (Philpotts, 1990)
Figura  4.2.  La  temperatura  finale  della  miscela  dipende  dalle  T,  dalle  proporzioni  e  dalle  capacità  termiche  dei  magmi coinvolti; le T finali saranno sulla linea che unisce le  T iniziali dei due magmi
Figura 4.5. Varie forme di inclusi mafici in granito (a, b, c) (da Paterson et al., 2004) o in colata lavica (d)  (da Perugini et al., 2007)
Figura  4.6.  a)  Illustrazione  di  un  interfaccia  tra  un  magma  mafico (scuro) ed uno sialico (chiaro); b) se la  viscosità  è  uguale  non  si  sviluppa  crenulazione;  c)  formazione  di  crenulazione  con  un  contrasto  di  viscosità;  d)  svilup

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