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MOBILIT ` A DI INDIVIDUI SU UNO SPAZIO URBANO

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Universit`a degli Studi di Bologna

Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di laurea in Fisica

DESCRIZIONE DINAMICA CON MODELLO CRONOTOPICO DELLA

MOBILIT ` A DI INDIVIDUI SU UNO SPAZIO URBANO

Tesi di Laurea di: Massimiliano CAPRIOTTI Relatore: Prof. Graziano SERVIZI

III Sessione

Anno Accademico 2002/2003

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Indice

1 Stato dell’arte 11

1.1 Primi studi sul comportamento dei pedoni . . . 11

1.2 Modello a forze sociali . . . 13

1.2.1 Le sue origini . . . 13

1.2.2 La sua formulazione matematica . . . 14

1.2.3 Simulazioni . . . 16

1.3 Modello origine-destinazione . . . 17

1.4 Modello di Luding . . . 18

1.5 Oltre al pedone: la citt`a . . . 20

1.5.1 La citt`a come oggetto . . . 20

1.5.2 Visibility Graph Analysis: VGA . . . 22

2 Il modello cronotopico 25 2.1 Modello ad agenti . . . 25

2.2 Definizione di cronotopo . . . 26

2.3 Le idee principali del modello . . . 27

2.4 Un esame pi`u approfondito: citt`a Manhattan-like . . . 28

2.4.1 Simulazioni di mobilit`a urbana e teoria di campo medio . . . 31

3 Sviluppo del modello e applicazione sul centro storico di Rimini 41 3.1 La psicologia del pedone in relazione al moto in citt`a . . . 42

3.2 Propriet`a di un modello ad agenti . . . 43

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3.3 Sviluppo e ampliamento degli elementi del modello crono-

topico . . . 44

3.3.1 Il comportamento del pedone nello spazio urbano 45 3.3.2 La scelta delle strade . . . 48

3.3.3 Il trasporto pubblico a Rimini . . . 48

3.3.4 Aspetti dinamici: i campi di attrazione . . . 50

3.3.5 I cronotopi e l’individuo . . . 52

3.4 Parametri generici della simulazione . . . 54

3.5 Risultati di varie simulazioni . . . 57

3.5.1 Commenti . . . 58

3.6 Aspetti informatici . . . 74

Bibliografia 79

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Introduzione

L’emergere di un comportamento complesso in un sistema consi- stente di elementi semplici in interazione si pone come uno dei fenomeni pi`u affascinanti del nostro mondo. Se ne possono trovare esempi in quasi tutti i campi di interesse scientifico moderni, riguardanti, per citarne alcuni, la formazione di ”strutture coerenti” in sistemi chimico- fisici, il moto di animali in biologia e il comportamento di gruppi so- ciali. Si `e di solito convinti che l’evoluzione dei sistemi sociali sia determinata da numerosi fattori, difficili da individuare, di tipo cul- turale, sociologico, economico, politico, ecologico, ecc. Tuttavia, negli scorsi anni, lo sviluppo di un campo interdisciplinare quale la scienza della complessit`a ha portato all’intuizione che i processi di dinamica complessa possono anche essere generati da semplici interazioni [1].

Si `e notato in particolar modo l’emergere di fenomeni collettivi da interazioni individuali o microscopiche in differenti campi di ap- plicazione, quali la biologia, le scienze sociali, l’economia, la fisica, la chimica.

Affinch´e sia chiara la relazione tra l’auto-organizzazione e la tran- sizione dalle dinamiche individuali a quelle collettive, pu`o venire in aiu- to la definizione data da Biebricher-Nicolis-Schuster: ”self-organization

`e il processo dal quale le sottounit`a individuali realizzano, tramite in- terazioni cooperative proprie, stati caratterizzati da nuove propriet`a emergenti che trascendono le propriet`a delle loro parti costituenti.”

Questa spiegazione, che mette in rilievo gli aspetti dinamici del pro- cesso, include, come idea generale, anche processi di formazione di strutture che avvengono tramite un rilassamento a uno stato di equi- librio (termodinamico). La questione chiave di come le propriet`a del sistema a livello macroscopico dipendano dalle interazioni microscopiche

`e uno dei maggiori problemi se si vogliono fare previsioni su un si- stema complesso, anche perch´e esso crea la sua complessit`a nel corso dell’evoluzione in funzione dei propri limiti.

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Per intuire il legame funzionale che c’`e tra le interazioni micro- scopiche e l’immagine macroscopica del sistema complesso, `e impor- tante trovare un livello di descrizione che, da una parte, consideri aspetti specifici del sistema e che, dall’altra, sia adatto a mostrare l’origine di nuove qualit`a, ma la cui intelligibilit`a non sia compro- messa da un numero troppo elevato di dettagli microscopici. Un approccio che soddisfa questi criteri `e dato dai modelli, basati su

”particelle-individui”, adatti alle simulazioni al computer.

In generale, cambiando le regole di interazione o l’influenza del- l’ambiente circostante durante la simulazione, si possono osservare dif- ferenti tipi di dinamiche collettive e l’emergere di nuove propriet`a del sistema non predicibili dalle equazioni di base.

Nei problemi di carattere fisico, i modelli individual-based sono utili quando le approssimazioni al continuo sono meno appropriate e si deve passare ad approcci al discreto. Tali approcci per lo studio di formazioni di strutture vanno dai modelli di gas su reticolo in idrodi- namica agli automi cellulari stocastici e ai modelli di active walkers o active Brownian particles [2]-[3].

Sulla scia di queste considerazioni e del clima di interdisciplina- riet`a che caratterizza la ricerca attuale, si propone in questa tesi di applicare le conoscenze acquisite nella fisica fino ad ora allo studio e alla modellizzazione della mobilit`a dei cittadini nelle citt`a moderne.

Con questo lavoro di modellizzazione pedonale si vuole affrontare il problema della dinamica urbana nei centri storici di grandi citt`a, chiusi al traffico. Tali aree sono riservate al moto pedonale, ciclistico e ad una rete di trasporto pubblico che collega le varie parti della citt`a.

Si vuole fornire uno strumento versatile che, oltre a poter simulare la dinamica esistente sul tessuto cittadino, possa essere utile a prevedere gli effetti dei progetti di pianificazione urbanistica. Il modello, infatti,

`e sensibile alla geometria e alle interazioni proprie della dinamica ur- bana. L’indagine urbanistica si propone di rispondere a domande del tipo: se si introduce nella citt`a un’area commerciale o un mercato, se si trasforma una vecchia zona riqualificandola a parco, a biblioteca, a

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zona universitaria, quali saranno gli effetti sulla mobilit`a e sull’utiliz- zo dei mezzi pubblici? Per rispondere a tali quesiti `e indispensabile studiare le forze sociali che inducono il cittadino al moto, il suo com- portamento nello spazio urbano anche in situazioni critiche di affolla- menti e gli strumenti per favorirne la mobilit`a. Queste problematiche hanno suggerito la concezione di un modello pedonale che sintetizzi in s´e gli aspetti della societ`a moderna e che riproduca i fenomeni di formazione di strutture, tipici dei sistemi complessi.

Gli affollamenti pedonali sono stati studiati empiricamente per pi`u di quattro decadi (Hankin e Wright, 1958; Oeding, 1963; Hoel, 1968;

Older, 1968; Navin e Wheeler, 1969; Carstens e Ring, 1970; O’Fla- herty e Parkinson, 1972; Weidmann, 1993). A partire dalle indagini comportamentali (Hill, 1984; Batty, 1997), `e stato proposto un eleva- to numero di modelli di simulazione, come i modelli di accodamento (Yuhaski e Macgregor Smith, 1989; Roy, 1992; Løv˚as, 1994; Hamacher e Tjandra, 2001), modelli a matrici di transizione (Garbrecht, 1973) e modelli stocastici (Mayne, 1954; Ashford e al., 1976), che sono parzial- mente legati fra loro. In pi`u, ci sono modelli che regolano il compor- tamento dei pedoni nella scelta delle strade (Borgers e Timmermans e al., 1992; Hoogendoorn e al., 2001). Nessuno di questi concetti prende adeguatamente in conto gli effetti di self-organization che avvengono all’interno di agglomerati di pedoni. Altri modelli sono impiantati su tecniche di simulazione tipo CA (cellular automata) o ABM (agent- based model) o AIBM (artificial-intelligence-based model ). Nonostante l’apparente caoticit`a del moto pedonale, tutti hanno cercato, tramite osservazioni e studi sui pedoni, di definire delle regole comportamen- tali generali (Helbing, 1997-1998, Helbing, Moln´ar, e al., 2001, Ganem, 1998, Helbing, Schweitzer, e al., 1997, Weidmann, 1993).

Il nome ”cronotopo”, coniato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze del Territorio del Politecnico di Milano e del Dipartimento di Fisica dell’Universit`a di Bologna, denota un’area dello spazio urbano che determina la richiesta di mobilit`a, sia spaziale con un’attrazione nei confronti di determinate classi di cittadini, sia temporale essendo

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quest’attrazione attivata in base ad una calendarizzazione, cio`e una scansione nel tempo delle attivit`a cronotopiche [31]. Inoltre un crono- topo pu`o essere composto da pi`u centri di attrazione interni, detti topoi, che, in questo caso, diventano i principali attrattori del pedone che ha in programma di visitare quell’agglomerato di attivit`a. I centri di maggiore importanza e forza di attrazione sono le sedi universitarie, gli ospedali, le sedi comunali, le aree commerciali, ecc., nei quali stu- denti, lavoratori, commercianti, uomini d’affari, casalinghe o semplici utenti della citt`a svolgono le loro attivit`a giornaliere.

Il modello cronotopico per lo studio della mobilit`a pedonale nei centri urbani moderni si propone di ricreare le dinamiche provocate dall’attrazione esistente tra particolari luoghi della citt`a e le cate- gorie di individui ad essi propensi contemplando molti degli aspetti comportamentali dell’individuo quando si sposta nella citt`a.

Il modello tiene conto della possibilit`a per i cittadini di utilizzare mezzi pubblici e biciclette e della loro suddivisione in categorie in base alle quali vengono attratti dai vari cronotopi.

L’originalit`a del modello consiste nell’aver individuato la relazione tra i cronotopi e gli individui secondo la definizione di alcune categorie sociali, quali l’et`a, il sesso, l’attivit`a d’impiego, i passatempi, ecc... Si analizza, pertanto, una vasta rosa di cause - non esclusivamente con- nesse a ragioni di lavoro - del movimento dei cittadini, a differenza di molti approcci finora utilizzati (modelli origine-destinazione). Un’al- tra fondamentale caratteristica del modello `e l’assenza o la scarsa pre- senza nel centri storici di mezzi privati che, pertanto, non interagiscono con le altre mobilit`a nel territorio urbano. Il modello tiene conto sia di una componente stocastica la cui presenza `e stata evidenziata da recenti studi urbanistici (mobilit`a zig-zagante) sia di forze sociali che attraggono il cittadino verso aree geografiche dove si svolgono parti- colari attivit`a. La scelta delle strade ad ogni incrocio `e influenzata da probabilit`a condizionali che dipendono dalle componenti della forza di drift, dalla psicologia del pedone, dall’affollamento locale, dall’estetica, dalla gradevolezza delle strade e dalla memoria del percorso preceden-

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temente fatto. Il pedone presenta comportamenti di imitazione o di repulsione ai comportamenti altrui, se non `e necessitato a raggiungere una particolare meta; in quest’ultimo caso mette in secondo piano tali comportamenti e segue la sua attrazione verso il cronotopo. Per far questo valuta la convenienza di prendere un autobus o di proseguire a piedi recandosi alla pi`u vicina fermata in cui transita una linea di autobus a seconda della distanza che ha con questa e con il cronotopo.

Parte dei cittadini avr`a un moto erratico e un’altra un’agenda di lu- oghi da raggiungere che il singolo pedone gestisce in modo intelligente in base al loro orario di apertura.

Questo modello `e stato implementato in un programma di simu- lazione interfacciato graficamente con l’utente che permette sia di os- servare istante per istante l’evoluzione dello stato del sistema sia di stu- diarne situazioni di non equilibrio e l’emergere di nuove caratteristiche nella dinamica.

Sono state fatte simulazioni su una citt`a virtuale dalle semplici caratteristiche topologiche per poter interpretare i dati ricavati con metodi matematici e statistici studiando sia comportamenti di campo medio - quando non ci sono destinazioni particolari attribuite agli individui - sia situazioni di non equilibrio in cui i campi attrattivi dei cronotopi dipendono dal tempo.

Successivamente all’indagine e all’analisi teorica che il modello ha richiesto, si discutono, in questo lavoro di tesi, i risultati ottenuti dalle simulazioni sul centro storico di Rimini.

La sperimentazione del modello ha richiesto notevoli energie fi- nalizzate al confronto con una situazione reale. Di grande importanza

`e stato avere a disposizione i dati riguardanti il caso specifico perch´e le osservazioni sul modello fossero ben formulate alla luce dei risulatati delle prove. L’area del centro storico di Rimini fornisce, innanzitutto, i requisiti di applicabilit`a del modello: scarsissimo traffico veicolare, numerosi centri di attrazione per il cittadino e un traffico pubblico che serve la citt`a creando collegamenti anche con l’esterno. Le dinamiche insite in tale spazio urbano sono particolarmente interessanti per la

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presenza della stazione ferroviaria, del fiume Marecchia attraversato da due ponti, della circonvallazione e di principali assi di viabilit`a che lo mettono in comunicazione con la periferia e i paesi limitrofi. Si `e riprodotto fedelmente il transito di autobus di linee urbane ed extrau- rbane, il flusso di pedoni uscenti dalle aree di parcheggio e la classifi- cazione sociale degli abitanti e dei forestieri visitatori e lavoratori che frequentano il centro. Sono state individuate le aree cronotopiche tra i luoghi di maggiore affluenza tra cui le sedi universitarie, i mercati, la stazione FS, la piazza principale (piazza Tre Martiri), le strutture ospedaliere, i centri ricreativi e le sedi postali della citt`a. La presenza di parcheggi ha suggerito un ulteriore elemento del modello: i pedoni provenienti da questi sentono principalmente l’esigenza di raggiun- gere cronotopi vicini, simulando il fatto che la scelta del parcheggio `e strategica a tale scopo.

I dati relativi alla classificazione sociale dei cittadini che frequen- tano la citt`a e all’individuazione delle aree cronotopiche sono stati ottenuti tramite contatti con l’amministrazione pubblica e con il presidente dell’associazione architetti di Rimini, dottore Marco Zaoli.

La sperimentazione su Rimini si `e sviluppata, in primo luogo, at- traverso la calibrazione dei parametri del modello e, in secondo, pro- ducendo simulazioni e osservazioni sui risultati. Le simulazioni han- no dato risultati di notevole importanza in quanto hanno mostrato a pieno gli effetti di formazione di strutture che interessano le aree cronotopiche, in cui si sono manifestati fenomeni di affollamento, la distribuzione della popolazione nella citt`a mettendo in risalto le strade pi`u percorse a Rimini con ottimo riscontro con l’esperienza dei fatti, la distribuzione della richiesta dei mezzi pubblici alle fermate.

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Capitolo 1

Stato dell’arte

Dagli anni sessanta si present`o il problema di costruire modelli matem- atici orientati alla fisica, utili per lo studio di dinamiche di citt`a in crescita, di trasformazioni sociali e della mobilit`a dei cittadini.

Pi`u precisamente, tali modelli sono stati sviluppati per spiegare la struttura globale delle citt`a in maniera razionale e per prevedere le conseguenze della pianificazione urbana. In questo capitolo saranno descritti alcuni modelli che hanno posto le basi fenomenologiche e analitiche per lo studio moderno della dinamica dei pedoni.

1.1 Primi studi sul comportamento dei pedoni

Nonostante l’apparente caoticit`a del moto pedonale, tutti hanno cer- cato, tramite osservazioni e studi sui pedoni, di definire delle regole generali di comportamento [28]:

1. I pedoni sentono una forte avversione a prendere deviazioni o a muoversi contro la loro direzione di viaggio desiderata, anche se la via diretta `e affollata. Tuttavia, ci sono osservazioni che provano che i pedoni normalmente scelgono la strada pi`u veloce per la loro prossima destinazione e non la pi`u corta (Ganem, 1998). In generale, i pedoni prendono in conto deviazioni se, cos`ı facendo, aumentano il comfort di camminare oppure riducono lo

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sforzo per raggiungere la loro destinazione (Helbing, Keltsch, e Moln´ar, 1997; Helbing, Schweitzer, e al., 1997).

2. I pedoni preferiscono camminare con una velocit`a propria con- geniale, confortevole, sostenuta col minimo dispendio di energia (Weidmann, 1993), se non condizionati ad andare pi`u veloce- mente per raggiungere la destinazione in tempo. Le velocit`a desiderate dentro folle di pedoni sono distribuite gaussianamente (Henderson, 1971). Tuttavia, la velocit`a media dipende dalla situazione (Predtetschenski e Milinski, 1971), dal sesso, dall’et`a, dall’ora del giorno, dallo scopo del viaggio, dai dintorni, ecc.

(Weidmann, 1993).

3. I pedoni prendono una certa distanza dagli altri pedoni e dai bordi (di strade, muri e ostacoli; Trasportation Research Board, 1985; Brilon e al., 1993). La densit`a dei pedoni cresce (la dis- tanza interpersonale diminuisce) attorno a particolari aree di attrazione. Gli individui che conoscono gli altri possono formare dei gruppi che sono entit`a che si comportano come i singoli pe- doni. La grandezza di tali gruppi seguirebbe la distribuzione di Poisson (Coleman e James, 1961; Coleman, 1964; Goodman, 1964).

4. Le persone tendono ad avere comportamenti di imitazione, a seguire la massa (Quarantelli, 1957; Keating, 1982). Come con- seguenza, le alternative sono spesso dimenticate e poco sfruttate.

5. In situazioni di media-alta densit`a, il moto di folle di persone mostra qualche analogia con il moto dei gas, fluidi, e flussi gran- ulari: attriti viscosi al confine tra due folle che si muovono in direzioni opposte, organizzazione spontanea in linee di direzione di passeggio uniforme, gradienti di velocit`a come sono presenti nei letti dei fiumi, ecc.

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1.2 Modello a forze sociali

1.2.1 Le sue origini

Nel 1970 Henderson intu`ı che gli affollamenti pedonali si comportano come gas o fluidi e pertanto compar`o misure di flussi di pedoni con le equazioni di Navier-Stokes ottenendo successi considerevoli. Tut- tavia una teoria realistica gas-cinetica o fluidodinamica per i pedoni doveva contenere delle correzioni dovute alle loro interazioni parti- colari (proibizioni, manovre di decelerazione) che, come si pu`o ben capire, non conservano il momento e l’energia. Si sono, quindi, svilup- pate ricerche incentrate su microsimulazioni di moti in situazioni di densit`a pedonali elevate.

L’approccio fluidodinamico fenomenologico di Henderson `e stato notevolmente migliorato e inquadrato matematicamente da Dirk Hel- bing nel 1990 sulla base di un modello pedonale gas-cinetico specifico (Boltzmann-like) [27]. Insieme ad Helbing hanno poi collaborato molti altri scienziati tra cui Moln´ar e Vicsek che compaiono in diversi ar- ticoli sul tema. Seguendo l’intuizione che il comportamento umano

`e “caotico” o almeno molto irregolare e non predicibile, possono es- sere sviluppati modelli stocastici se ci si restringe ad una descrizione di probabilit`a comportamentali all’interno di una intera popolazione di individui (gas-kinetic pedestrian model ). Secondo un approccio sui cambiamenti comportamentali suggerito da Lewin, si `e costruito un modello guidato dalle cosiddette forze sociali o campi sociali. Parti- colari vantaggi di questo approccio sono la considerazione di effetti di

”volume escluso”, dovuti alla struttura granulare, e l’uso flessibile dello spazio da parte dei pedoni, che richiede un trattamento quasi-continuo dello spazio in cui avviene il moto. Tutte queste considerazioni e le re- gole del comportamento del pedone compaiono nell’equazione del moto che caratterizza tale modello. In accordo con queste equazioni le vari- azioni temporali d ~wdtα della velocit`a preferita ~wα(t) di un pedone α sono descritte da una quantit`a vettoriale ~fα(t) che pu`o essere interpretata come forza sociale. Questa evoca gli effetti fisici di accelerazione o

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decelerazione visti come reazione dovuta alle informazioni che gli indi- vidui hanno su ci`o che li circonda. In altre parole, le forze sociali sono differenti dalle forze in fisica, in quanto il loro effetto primario non `e il trasferimento di momento, ma lo scambio di informazioni tramite processi, oltre che fisici, mentali e psicologici.

1.2.2 La sua formulazione matematica

Come gi`a accennato, Helbing ha voluto approfondire un aspetto mi- croscopico del moto pedonale in un modello in cui compaiono inter- azioni tra pedoni, interazioni tra pedone e le costruzioni delimitanti la strada, interazioni occasionali tra pedone e gruppi di pedoni, ecc...

Notando che l’esigenza di un pedone `e di solito quella di raggiungere determinate aree, ha cos`ı evidenziato cause-effetti che ne determinano il moto come segue.

(i) Il pedone α, la cui posizione attuale `e rappresentata dal vet- tore ~rα(t) al tempo t , segue una strada rappresentata da un poligono di vertici ~r1α, ...., ~rnα. Se il moto del pedone non `e disturbato, costui camminer`a nella direzione desiderata ~eα(t) con una velocit`a desiderata vα0. Una deviazione della velocit`a attuale~vα(t) dalla velocit`a desiderata

~v0α(t) := vα0~eα(t), dovuta a decelerazioni o a impedimenti nel cammi- no, genera una tendenza a ristabilire una velocit`a quanto pi`u prossima a quella desiderata in un tempo indicativo τα detto tempo di rilassa- mento. Questo pu`o essere descritto da un termine di accelerazione della forma

F~0α(~vα, vα0~eα) := 1 τα

(vα0~eα − ~vα). (1.1) (ii) Il moto di un pedone α `e influenzato da altri pedoni. In particolare, egli tiene una certa distanza da altri pedoni che dipende dalla densit`a locale delle persone che gli sono vicine e dalla velocit`a desiderata v0α. Un pedone normalmente sente crescere il disagio provocato dalla vic- inanza eccessiva di una persona estranea e pu`o reagire anche in modo aggressivo. Questo risulta dagli effetti repulsivi in altri pedoni β che

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possono essere rappresentati dalle quantit`a vettoriali f~αβsoc(~rαβ(t)) := Aα exp[(rαβ − dαβ)/Bα] ˆnαβ

×

λα + (1− λα)1+cos(ϕ2 αβ)

. (1.2)

dove Aα denota la forza dell’interazione e Bα il range dell’inter- azione repulsiva; dαβ(t) = ||~rα(t) − ~rβ(t)|| `e la distanza tra i centri di massa dei pedoni α e β, rαβ la somma dei loro raggi, e ˆnαβ il vettore normalizzato che punta da β ad α, ed infine, con la scelta λα < 1 si tiene conto del carattere anisotropo delle interazioni pe- donali, come il maggiore impatto che pu`o avvenire se i due pedoni si muovono frontalmente rispetto ad un contatto laterale. Il parametro ϕαβ(t) denota l’angolo tra la direzione del moto e la direzione del- l’oggetto che esercita la forza repulsiva, dove ϕαβ(t) si ricava dalla relazione cos ϕαβ(t) = − ˆnαβ(t) · ~eα(t).

Nonostante la semplicit`a di questo approccio, esso descrive abbas- tanza realisticamente gli spostamenti dei pedoni per evitarne altri.

(iii) L’interazione fisica ~fαβph gioca un ruolo solo quando i pedoni hanno un contatto fisico con gli altri, cio`e se rαβ ≥ dαβ. In questo caso si introducono due forze ispirate dalle interazioni granulari (Ristow e Herrmann, 1994; Wolf e Grassgerger, 1997); la prima riguarda la compressione del corpo e la seconda rappresenta un attrito radente che ostacola il moto tangenziale relativo:

f~phαβ(t) = kΘ(rαβ− dαβ) ˆnαβ + κΘ(rαβ− dαβ)∆vβαt ˆtαβ, (1.3) dove la funzione Θ(z) `e uguale al suo argomento z, se z ≥ 0, altrimenti 0. Inoltre ˆtαβ `e la direzione tangente e ∆vβαt = (~vβ−~vα)·ˆtαβ

`e la differenza delle velocit`a tangenziali, mentre k e κ sono costanti.

(iv) Il pedone prende una certa distanza dai bordi delle costruzioni, muri, strade, ostacoli, per evitare di farsi male o correre dei rischi.

Perci`o un ”bordo” evoca un effetto repulsivo che pu`o essere aggiunto a quello menzionato in precedenza, descritto da

f~αbph := {Aα exp[(rα− dαb)/Bα] + kΘ(rα− dαb)} ˆnαb

− κΘ(rα− dαb)(~vα· ˆtαb)ˆtαb. (1.4)

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dove rα `e il raggio del pedone α e b indica l’ostacolo da evitare.

(v) I pedoni sono spesso attratti da altre persone (amici, artisti di strada, ecc.) o oggetti. Questi effetti attrattivi ~fαiverso i luoghi ~risono stati modellati da potenziali attrattivi e monotonicamente crescenti, similmente agli effetti repulsivi, ma il corrispondente range d’inter- azione Bαi `e di solito pi`u grande e il parametro d’intensit`a Aαi(t) `e tipicamente pi`u piccolo, negativo e decrescente col tempo come l’in- teresse che muove il pedone. Inoltre i comportamenti di aggregazione tipici di famiglie, amici o gruppi di turisti possono essere rappresen- tati con forze del tipo ~fαβatt(t) = − Cαβˆnαβ(t). Gli effetti attrattivi sono per esempio responsabili della formazione di gruppi di pedoni (paragonabili alle molecole).

Poich´e tutti gli effetti menzionati precedentemente influenzano le decisioni del pedone simultaneamente, si assume che il loro effetto totale sia dato dalla somma di tutti gli effetti, come nel caso di forze.

Allora possiamo definire il modello a forze sociali come segue:

d ~wα

dt := ~fαβ(t) = ~F 0α(~vα, vα0~eα) + ~fαβsoc(t) + ~fαβph(t) + ~fαbph+ ~ξα(t) (1.5) dove in ~fαβ(t) sono riassunti i contributi socio-psicologici e le inter- azioni fisiche. Qui `e stato introdotto un termine di fluttuazioni che tiene in conto delle variazioni casuali del comportamento o delle devi- azioni dalle leggi comportamentali assunte. Helbing, infine, mette in relazione la velocit`a attuale ~vα(t) e quella preferita ~wα(t) tenendo in conto che la velocit`a pedonale `e superiormente limitata da vαmax detta velocit`a massima accettabile cosicch´e il moto realizzato `e dato da

d~rα

dt = ~vα(t) := ~wα(t) g ~vmaxα

|| ~wα||



(1.6) con

g ~vmaxα

|| ~wα||



:=  1 se|| ~wα|| ≤ ~vmaxα

~vmaxα /|| ~wα|| altrimenti. (1.7)

1.2.3 Simulazioni

Le simulazioni su questo modello, per quanto semplice, hanno osser- vato e riprodotto verosimilmente fenomeni reali, in particolar modo

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mostrando fenomeni collettivi di self-organization in situazioni in cui una strada `e percorsa da flussi opposti oppure nel passaggio attraverso strettorie di due folle di persone poste dall’una e dall’altra parte. Le as- sunzioni, oltre che sulla espressione analitica dei potenziali, sono state fatte sulla distribuzione delle velocit`a desiderate v0 : esse sono dis- tribuite gaussianamente con media <v0> = 1.34 ms1 con deviazione standard √

θ = 0.26 ms1. Le velocit`a sono limitate da vαmax= 1.3 vα0. Non voglio dilungarmi troppo sull’esperienza delle simulazioni poich´e mi interessava principalmente mostrare le idee chiave del modello che, pur essendo tutt’oggi valide ed interessanti, hanno per`o trovato posto in applicazioni di carattere microscopico. Per tale motivo le simu- lazioni fatte da Helbing non possono rappresentare un precedente per il modello di cui mi sono occupato che, invece, trova applicazione in situazioni macroscopiche.

1.3 Modello origine-destinazione

I modelli classici per lo studio della mobilit`a e del traffico nelle citt`a sono stati basati sul concetto di origine-destinazione [32][?]. Tali mod- elli sono stati applicati all’analisi del traffico veicolare durante le ore di entrata-uscita dai luoghi di lavoro. I cittadini sono divisi in di- verse categorie a seconda delle mete da raggiungere, sedi di lavoro e dei punti di partenza e si muovono tutti con mezzi dalle caratteris- tiche identiche. Ogni strada `e caratterizzata da una ”portata” massi- ma predefinita che influenza la velocit`a di percorrenza secondo leggi prestabilite. Il moto dei cittadini nella rete stradale `e simile a quel- lo di un fluido incomprimibile: in presenza di incroci si introducono matrici di transizione che distribuiscono la densit`a sulle varie possi- bili scelte in analogia a quanto avviene nei processi di Markov. Gli elementi di tali matrici sono calcolati sulla base di considerazioni di convenienza di vari percorsi rispetto alle destinazioni e di affluenza verso quest’ultime. Lo scopo dei modelli origine-destinazione `e quello di caratterizzare le situazioni di equilibrio del sistema durante le ore

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di massimo traffico per determinare la capacit`a della rete stradale e determinarne i punti critici.

La difficolt`a nell’utilizzo di tali modelli `e nell’esistenza di molte configurazioni di equilibrio verso cui il sistema rilassa in base alle con- dizioni iniziali. Tuttavia solo poche di queste configurazioni sono fisi- camente accettabili ed `e necessario introdurre dei ”bias” nel sistema come l’imposizione di flussi predeterminati in alcune strade per evitare il problema della degenerazione degli equilibri.

Inoltre, in base ai recenti approcci urbanistici al problema della mobilit`a, risulta necessario sia studiare configurazioni di non equilib- rio che introdurre esplicitamente componenti stocastiche ”erratiche”

nel moto del singolo cittadino. Questo ha portato allo sviluppo di modelli cinetici in cui i cittadini possono avere un compotamento ”in- telligente” sia interagendo con l’ambiente urbano mediante scambi di informazione sia potendo utilizzare diversi mezzi di trasporto.

1.4 Modello di Luding

Il modello di Luding si aggiunge alla lunga lista di studi teorici, nu- merici, sperimentali che si prefiggono lo scopo di comprendere il com- portamento complesso ed affascinante dei fluidi granulari. Luding, in- fatti, prende in esame la dinamica di un sistema di particelle sferiche, dure, vincolate ad un moto su un quadrato periodico su due dimen- sioni, assumendo che le velocit`a e le posizioni delle particelle che si ur- tano siano scorrelate (ipotesi di caos molecolare). Nei mezzi granulari, le correlazioni tra le particelle che collidono possono essere significativi e, pertanto, si richiede la validazione dell’assunzione di caos moleco- lare, provata tramite simulazioni guidate da eventi (ED). Questa as- sunzione `e un ingrediente basilare di tutti gli approcci teorici basati sulla teoria cinetica o sul formalismo operatoriale pseudo-Liouville.

Per il fatto che il moto avviene su un quadrato di lato L, periodico, non ci sono da introdurre interazioni di bordo. Dentro tale sistema

(19)

vengono poste N particelle di diametro 2a e massa m occupando cos`ı una frazione del volume totale pari a ν = N πa2/L2.

Nel metodo guidato da eventi (ED) le particelle seguono traiettorie rettilinee fino a quando non urtano con un’altra particella, cosa che avviene in un tempo nullo. Viene introdotta la dissipazione di contatto nella direzione normale al moto tramite un parametro r (compeso tra 0 e 1). I casi limite r = 1 o r = 0 rappresentano rispettivamente il caso totalmente elastico e quello totalmente inelastico. Dopo l’urto la velocit`a della particella `e

~v1,2

0 = ~v1,2±1 + r

2 [(~v2−~v1)· ˆn] ˆn , con ˆn = (~r2−~r1)/|~r2−~r1| (1.8) In tale equazione, ˆn `e il vettore unitario che unisce i due centri e

~vi `e la velocit`a della particella che si trova nella posizione ~ri. Poich´e le particelle dissipano energia ad ogni urto e non ci sono fonti di energia, essa decresce inevitabilmente col tempo.

Nei sistemi elastici, il parametro d’impatto `e uniformemente dis- tribuito o, in altre parole, l’assunzione di caos molecolare `e valida indipendentemente dalla densit`a; solo quando il coefficiente `e abbas- tanza piccolo (cio`e la dissipazione `e abbastanza grande) si osservano notevoli deviazioni nella distribuzione del parametro d’impatto (le collisioni centrali diventano meno probabili).

In uno stato di raffreddamento omogeneo Luding si aspetta che l’energia cinetica normalizzata K(t) = E(t)/E(0) decada col tempo con la forma funzionale seguente

K(t) =



1 + 1− r2

4 τ

2

, con τ = 4aN V

r πE(0)

M g2a(ν)t , (1.9)

con il tempo adimensionato τ = tE1t riscalato con la frequenza d’urto di Enskog al tempo t = 0, con il volume di sistema V , la massa totale M = N m e la funzione di correlazione particella-particella al contatto g2a(ν) = (1− 7ν/16)/(1 − ν)2.

(20)

Il decadimento dell’energia, con l’artificio del tempo riscalato, dipende solo da r, e tutte le dipendenze da quantit`a come la grandezza del sis- tema, l’energia cinetica e la densit`a sono contemplate nel parametro τ . Le simulazioni mostrano un perfetto accordo tra il valore teori- co dell’energia cinetica K(t) per il raffreddamento omogeneo e quello della simulazione, ma per τ crescenti ci sono deviazioni che tengono il valore dell’energia superiore a quello aspettato.

Dall’osservazione dello spazio configurazionale delle particelle si no- tano alcune situazioni di grandi agglomerati e/o particolari strutture spaziali, cio`e disomogeneit`a della densit`a dovute alla dissipazione.

In conclusione, si pu`o affermare che l’assuzione di caos molecolare

`e rispettata per densit`a arbitrarie e dissipazioni abbastanza piccole.

1.5 Oltre al pedone: la citt` a

Dopo aver visto le relazioni che intercorrono tra pedoni, non `e su- perfluo domandarsi se i pedoni si muovono in una citt`a indipendente- mente dalla sua struttura geometrica o dalla disposizione dei centri di servizio pubblico. Tale questione sta tuttora riscaldando gli animi nel campo delle scienze sociali e urbanistiche che cercano di individuare le regole, le motivazioni e le esigenze che accompagnano il moto dei pedoni all’interno di aree urbane o di citt`a intere.

1.5.1 La citt` a come oggetto

La teoria della citt`a come oggetto `e stata formulata da Bill Hillier [29]. Insieme ai suoi collaboratori, lavora su tale concetto da almeno un decennio. Nel 1993, in ”Natural movement” ha mostrato che la struttura del reticolo urbano ha effetti indipendenti e sistematici sul- l’insieme dei movimenti. Successivamente ha definito il reticolo urbano come sistema si ineguaglianze configurazionali che genera un sistema di ineguaglianze attrazionali, stabilendo il concetto, troppo lapidario per i non addetti, secondo cui la configurazione genera l’attrazione.

Si pone cos`ı il problema di come rilevare e di come classificare le di-

(21)

namiche sotterranee che soggiacciono al legame teorizzato da Hillier tra spazio e funzionalit`a. Egli innanzitutto osserva la manifestazione di tale legame, e cio`e il movimento, la cui entit`a pu`o essere sia provo- cata dallo spazio, sia dallo stimolo per un cambiamento e/o per una espansione di questo. Infatti Hillier parla di meccanismo space-to- function guidato dall’effetto della configurazione spaziale sul movi- mento e di meccanismo function-to-space che, azionato dalle esigenze insite nel movimento, ”crea” lo spazio. La presenza di un nuovo ele- mento funzionale nel tessuto urbano, di un nuovo centro di attrazione, provoca conseguenze nel comportamento umano: Hillier parla di leggi spaziali. Tale concetto `e fondamentale: esso non si riferisce al com- portamento umano universale (per esempio alla teoria della ”territo- rialit`a umana”), ma ad una legge di causa-effetto per cui se introduco un oggetto in un sistema spaziale, allora si hanno conseguenze predi- cibili per la configurazione spaziale dell’ambiente. Tali effetti sono totalmente indipendenti dalla volont`a o dalle intenzioni umane, ma possono essere usati dagli esseri umani per realizzare effetti sociali.

Le persone sono limitate da queste leggi nel senso che esse formano un sistema di possibilit`a e limiti dentro cui evolvere le proprie strate- gie spaziali. Un esempio pi`u che rappresentativo (lo stesso Hillier, in

”Space is the Machine”, parla di principio di centralit`a) viene dato dal porre un oggetto nel centro di uno spazio; in questo modo creiamo maggiore ostruzione alla vista e movimento potenziale che se lo mettes- simo in periferia. Inoltre, sempre restando sull’esempio, Hillier parla di incremento della distanza universale, intesa come la somma delle distanze da ogni punto a tutti gli altri. Al principio di centralit`a segue un corollario: ”ponendo due oggetti a una distanza pari a quella che hanno con gli altri oggetti, la distanza universale aumenta rispetto al caso in cui sono posti vicini tra loro e vicini ad altri oggetti, poich´e nel primo caso creo pi`u linee corte uguali mentre nell’ultimo creo linee pi`u lunghe e linee pi`u corte”.

Si noti che queste considerazioni riguardano in particolar modo la geometria della citt`a, infatti per linea si intende sia linea dello sguardo

(22)

che strada se ve ne fosse una a congiungere i due oggetti.

Oltre ad enunciare la natura delle leggi spaziali, Hillier cerca di ar- gomentare una sua teoria secondo cui l’impatto delle leggi spaziali sul- l’ambiente in evoluzione `e guidato da due tipi di forze sociali, grossolana- mente identificate come socio-culturali e micro-economiche, messe in uno schema di contrapposizione di effetti. Infatti egli afferma che il principio di centralit`a riflette in se stesso la dualit`a fondamentale dei processi socio-culturali e micro-economici. Le esigenze micro- economiche porterebbero ad avere uno spazio di insediamento con linee pi`u lunghe, quindi con pi`u integrazione (minimizzando la dis- tanza universale), pi`u co-presenza nello spazio di studio; le esigenze socio-culturali portano alla creazione di grandi aree con restrizioni al- l’integrazione e alla naturale co-presenza che `e solita seguire per mezzo del movimento.

Forte di queste intuizioni, Hillier promuove una tecnica di analisi spaziale, detta analisi a mappe assiali, la quale si propone di dare un peso alla struttura della citt`a sulla base di tali principi. Studiando la mappa assiale di molte aree urbane si intravede l’azione separata dei due tipi di forze sociali.

Tutto questo d`a una spiegazione e una forma di principio alla re- lazione tra reticolo urbano e movimento e pone la ricerca in tale cam- po nella prospettiva di considerare la citt`a come l’effetto di complesse relazioni tra i suoi costituenti.

1.5.2 Visibility Graph Analysis: VGA

Uno degli importanti mezzi di cui si `e avvalsa la ricerca `e la VGA (Vis- ibility Graph Analysis), una tecnica per la rappresentazione e l’analisi della struttura spaziale urbana [30]. Tale tecnica `e diventata un mezzo per modellizzare il moto pedonale in quanto permette di quantificare l’influenza della morfologia urbana su di esso. Tale ramo d’indagine si pone la seguente questione: la morfologia delle costruzioni stesse influenza il moto pedonale? Tale questione appartiene all’area delle scienze sociali che indagano sulle conseguenze che la struttura spaziale

(23)

ha sulla societ`a. Si `e notato che il modo in cui le persone ”usano”

un’area urbana dipende non da quello che pianificatori o architetti si sarebbero aspettati ma da potenziali sociali offerti dalla struttura spaziale. Si procede isolando le regole indipendenti della struttura spaziale sul funzionamento della societ`a. A tale scopo si esamina l’- effetto principale che l’ambiente induce sulle attivit`a sociali: il moto pedonale e le sue caratteristiche sistematiche.

Tale ricerca ha messo in evidenza, oltre al suo naturale scopo di di- mostrare la correlazione tra il moto pedonale e la visibilit`a, la relazione di proporzionalit`a che esiste tra il numero di pedoni in cammino e la larghezza dei marciapiedi. Tale proporzionalit`a tiene conto, anche, della possibile congestione del moto pedonale causata da affollamenti sui marciapiedi.

La legge di proporzionalit`a `e espressa matematicamente da una retta di regressione (i marcialiedi pi`u affollati sono sopra la linea di regressione mentre quelli meno affollati sotto):

Y = 4.975 + 1.681 X (1.10)

con Y = ln(moto pedonale medio) e X = ln(larghezza del marci- apiede in metri) e dove i coefficienti numerici sono stati calcolati per uno studio specifico di un’area di Londra.

La conclusione cui si `e arrivati in questo studio specifico `e che molta parte della varianza associata alle fluttuazioni del moto pedonale pu`o essere spiegata dalla variazione della capacit`a dei marciapiedi ma la visibilit`a dentro il tracciato urbano rimane il parametro che fornisce una correlazione maggiore.

(24)
(25)

Capitolo 2

Il modello cronotopico

Inizialmente le citt`a erano considerate come un sistema statico in una situazione di equilibrio stazionario. Approcci differenti, basati su mod- elli meccanici (gravitazionali), termodinamici (entropici) o, special- mente in USA, sulla teoria dei giochi e sulle equazioni tipo Lotka- Volterra, sono stati proposti per formulare strategie all’interno della citt`a o per pianificare il territorio urbano. Successivamente agli svilup- pi in campo matematico-fisico sulle dinamiche non lineari e sulla di- namica complessa ed in campo informatico-tecnologico, sono emersi modelli sia deterministici che stocastici. `E sulla base di questi pro- gressi che gli studiosi hanno potuto guardare con fiducia ai molteplici aspetti insiti nelle dinamiche urbane (per esempio, chi le genera e quali sono gli effetti, anche in situazioni critiche) e alla formulazione di mod- elli adatti a simulazioni sempre pi`u realistiche. In questo capitolo si discutono, dopo aver spiegato alcuni concetti base, le linee caratter- izzanti il modello cronotopico di traffico pedonale, la validazione nel caso di campo medio e lo stato di implementazione.

2.1 Modello ad agenti

E un modello in cui l’unit`a base dell’attivit`a `e l’agente. In genere` ci sono pi`u agenti che interagiscono tra loro. Un agente `e l’unit`a funzionale identificabile nel codice di programma autonoma e goal- directed. Autonomo sta a significare che l’agente `e capace di azioni

(26)

indipendenti effettive e goal-directed che sono dirette verso la realiz- zazione di compiti ben definiti. Gli agenti possono avere pi`u capacit`a oltre a queste due (per esempio, l’intelligenza e l’adattabilit`a), ma su questo mi dilungher`o nel prossimo capitolo, visto che, a questo stato dell’arte, il concetto principalmente sviluppato nel modello `e quello di cronotopo.

2.2 Definizione di cronotopo

Il nome ”cronotopo”, dato dai ricercatori del Dip. di Scienze del Ter- ritorio del Politecnico di Milano, denota un’area dello spazio urbano che determinerebbe la richiesta di mobilit`a, sia spaziale con un’at- trazione verso determinate classi di cittadini, sia temporale essendo quest’attrazione attivata in base ad una calendarizzazione dello stes- so, cio`e una scansione nel tempo della sua attivit`a. `E proprio in base al concetto di cronotopo [31] e alla sua capacit`a di produrre corre- lazioni nella mobilit`a di classi di cittadini che si `e pensata una strate- gia di simulazione differente dal modello origine-destinazione. Infatti, il cittadino-pedone non raggiunge il cronotopo secondo criteri di cam- mino minimo pressoch´e deterministico, ma secondo una dinamica con componente stocastica rilevante e per tale motivo `e soggetto a possibili percorsi di tipo zig-zagante attorno al cronotopo prima di raggiungerlo e sostarvi. Inoltre un cronotopo pu`o essere composto da pi`u centri di attrazione interni e differenziati, detti topoi, che, in questo caso, diven- tano i principali attrattori del pedone che ha in programma di visitare quell’agglomerato di attivit`a. Infatti i cronotopi sono aree macro- scopiche del territorio urbano. In esse ci sono generalmente molte attivit`a in svolgimento dove possono avvenire relazioni interpersonali.

I centri di maggiore importanza e forza di attrazione sono le sedi uni- versitarie, gli ospedali, le sedi comunali, le aree commerciali, ecc., nei quali studenti, lavoratori, commercianti, uomini d’affari, casalinghe o semplici utenti della citt`a svolgono le loro attivit`a giornaliere.

(27)

2.3 Le idee principali del modello

Ci sono vari aspetti del modello che completano l’idea base di crono- topo precedentemente esposta. Tali elementi sono parte integrante del quadro complessivo che `e stato dedotto dall’osservazione della dinamica che si sviluppa negli spazi urbani.

Innanzitutto, il sistema `e costituito da molte unit`a mobili elemen- tari: i cittadini. Essi appartengono a categorie sociali in accordo con la loro propensione a svolgere particolari compiti, a raggiungere deter- minate mete situate nell’ambiente urbano. Tali categorie sono state definite grazie al dialogo instaurato con i ricercatori del Dipartimen- to di Sociologia - Universit`a degli Studi di Milano Bicocca - e ven- gono utilizzate nel modello per descrivere la tipologia di individui che partecipano dell’attrazione di aree urbane loro predisposte.

Le unit`a elementari hanno tra loro interazioni indirette: tali inter- azioni si presentano nei cronotopi e si manifestano come incremento dei tempi d’attesa in essi, quando le risorse spaziali sono sature. `E in questo legame tra elementi dell’ambiente urbano ed agenti mobili che si pu`o individuare la causa dell’emergenza di fenomeni di affollamento locali.

A proposito dell’ambiente, quello che viene riproposto dal sim- ulatore `e una riproduzione della rete stradale che schematicamente definisce lo spazio disponibile al moto. Oltre alla rete stradale viene riprodotta una rete di trasporto pubblico a servizio del cittadino, sulla quale si svolge una dinamica deterministica (quella degli autobus). Il singolo individuo, invece, quando `e sulla rete stradale, ha una dinami- ca stocastica che si sviluppa con un forte carattere di indeterminazione e impredicibilit`a.

Il modello prevede per l’individuo propriet`a di memoria e di ap- prendimento, relativamente al moto sul tessuto urbano, per simulare la conoscenza che potrebbe avere della citt`a o le informazioni che pu`o ri- cavare da questa. In questo modo e con queste interazioni con lo spazio urbano, il cittadino pu`o soddisfare le proprie esigenze di mobilit`a verso

(28)

aree cronotopiche.

In un quadro prettamente fisico, tale sistema `e simile ad un gas statistico di particelle elementari differenti che non interagiscono tra di loro e che sono soggette a pi`u campi attrattivi.

2.4 Un esame pi` u approfondito:

citt` a Manhattan-like

Il sistema dinamico di mobilit`a urbana ha l’aspetto di un sistema complesso. La sua evoluzione `e probabilmente lontana dallo stato di equilibrio e l’osservazione di leggi macroscopiche che lo riguardano si basa principalmente su particolari fenomeni di emergenza. Il model- lo simula la dinamica collettiva di singoli individui che dovrebbero, in principio, soddisfare un proprio programma di mobilit`a stabilito, consistente nel raggiungimento di pi`u cronotopi e nel trascorrere del tempo in ognuno di essi. L’attrazione cronotopica `e data da una forza dipendente dalla sua distanza dal pedone. Non pi`u di una singola forza cronotopica pu`o essere considerata ogni intervallo temporale, cosicch´e se un individuo sente l’attrazione di pi`u cronotopi, egli fa una scelta per definire un ordine temporale delle sue tendenze. L’organizzazione dello spazio urbano si concretizza in due reti di mobilit`a sovrapposte:

la prima corrisponde alla mobilit`a pedonale ed `e definita dalla rete delle strade e la seconda corrisponde alla mobilit`a tramite mezzi pub- blici definita dalle rispettive linee di trasporto. Ogni strada `e divisa in nodi equispaziati: la distanza tra un nodo e il suo vicino `e ricoper- ta in un intervallo temporale, nel primo caso, e in un tempo minore, nel secondo, visto che al trasporto pubblico `e associata una velocit`a 5 volte superiore a quella del pedone. La rete di nodi `e nel linguaggio dei grafi un grafo connesso e simmetrico poich´e ogni nodo ha almeno un collegamento (”arco”) con un altro nodo e simmetrico poich´e gli archi sono percorsi in entrambi i versi. Inoltre, `e gerarchico poich´e per andare da un nodo qualsiasi ad un altro nodo qualsiasi c’`e un solo arco, un solo cammino diretto. Le due reti comunicano tramite nodi spe-

(29)

ciali, le stazioni, dove il cittadino decide se `e conveniente prendere un treno o meno. La dinamica dei mezzi pubblici `e puramente determin- istica ed `e fissata. La dinamica pedonale, realizzata fondamentalmente con mezzi statistici (di tipo markoviano), cio`e probabilit`a condizionali dipendenti dal luogo e dalla storia passata, tiene in conto l’attrazione cronotopica delle classi sociali (termine di drift deterministico), una memoria finita della storia precedente (1 step memory), la geometria locale (rete di strade) e la valutazione della convenienza di prendere un autobus. Si pu`o considerare come una mobilit`a programmata poich´e diamo ad ogni categoria un programma giornaliero fisso per svolgere il quale i cittadini costruiscono una strategia: mobilit`a intelligente.

Ad ogni incrocio-nodo la scelta tra le differenti possibilit`a `e fatta in maniera probabilistica. Chiamiamo Eı l’evento di scegliere la ı-esima strada ad un dato incrocio che connette n strade: la probabilit`a P (Eı)

`e data da

P (Eı) = wıpı

Pn

=1wp

(2.1)

dove la quantit`a wı misura l’attrattivit`a dell’ı-esima strada e pı `e la probabilit`a calcolata dal cittadino in accordo alla sua richiesta di mo- bilit`a e alla sua memoria precedente (effetto di memoria). L’attrattiv- it`a della strada `e in funzione delle diverse propriet`a strutturali come la larghezza, la locazione dentro l’area pedonale, la presenza di negozi, centri ricreativi, monumenti storici o musei, ecc... . La probabilit`a pı dipende dalle tendenze individuali alla mobilit`a, dalla conoscenza dello stato di mobilit`a urbana e dall’effetto di memoria e potrebbe essere interpretata come una probabilit`a di Bayes-De Finetti. Se un cittadino proviene dalla -esima strada, la probabilit`a pı `e calcolata secondo la formula

pı =  0 se ı = 

1

n−1(1 + fı) se ı6=  (2.2) dove fı `e la proiezione della forza cronotopica sulla direzione della

(30)

-esima strada. La definizione (2.2) significa che la dinamica pedonale

`e un processo stocastico con una forza determinitica di deriva e una memoria di un singolo intervallo temporale; effetti di affollamento in- tervengono nella scelta della strada nel parametro wı dell’equazione 2.1. La forza cronotopica `e una funzione della distanza dal centro del- la regione cronotopica (indipendente dalla particolare geometria dello spazio urbano) e diretta lungo il segmento che unisce il nodo consid- erato con il centro del cronotopo. Tuttavia la direzione `e cambiata quando la linea interseca ostacoli fisici dello spazio urbano come un fiume o una ferrovia. In questo caso si testa se `e possibile superare l’ostacolo (usando un ”ponte”, dove presente) e si percorre la stra- da che permetta ci`o e che sia pi`u vicina alla direzione originale. In prossimit`a dell’area cronotopica la forza `e molto bassa e il moto `e quasi un random walk. Distinguiamo due tipi di cronotopi in base a differen- ti leggi di attrazione: i cronotopi forti come ospedali, universit`a, posti di lavoro, la cui forza attrattiva `e

f = c~ 1rcˆec (2.3)

e cronotopi deboli come negozi e centri culturali, la cui forza attrattiva

`e

f =~  c2rcc se rc ≤ R

c2R2/rcˆec se rc >R. (2.4) Nelle eq. (2.4) e (2.4) rcc `e il vettore dalla posizione del cittadi- no al centro del cronotopo, R `e una distanza fissa e cı sono costan- ti di normalizzazioneche che definiscono il rapporto delle varie forze cronotopiche.

I cittadini che hanno una tendenza verso un cronotopo possono decidere se prendere un autobus con una probabilit`a pt proporzionale alla distanza rc in accordo con

pt =  rc/r0 se rc ≤ r0

1 altrimenti (2.5)

(31)

dove r0 rappresenta la massima distanza di cammino ricoperta da un cittadino di una certa classe. Quando il cittadino raggiunge una stazione si mette in attesa finch´e non giunge un treno la cui direzione riduce la distanza rc dal cronotopo. In questo caso il cittadino diven- ta un utente e rimane sul treno fintanto che questo non raggiunge la stazione che dista meno dal cronotopo. A questo punto egli decide se cambiare treno se c’`e una linea che gli permette di avvicinarsi ulterior- mente, altrimenti abbandona la stazione. I treni hanno una capacit`a di trasporto finita cosicch`e il tempo di attesa dipende sia dalla frequenza dei treni che dal numero degli utenti. `E da notare che i cittadini non hanno un’infomazione globale sulla rete di trasporto per cui non c’`e ottimizzazione nella scelta dei treni.

2.4.1 Simulazioni di mobilit` a urbana e teoria di campo medio

Per semplicit`a abbiamo scelto una geometria triviale per lo spazio urbano (una citt`a tipo Manhattan) dove i nodi della rete di mobilit`a pedonale sono uniformemente distribuiti nello spazio e corrispondono agli incroci ortogonali. Lo spazio `e omogeneo: con ci`o si intende che le strade sono tutte uguali (wı = 1, cfr eq. (2.2)) e ogni nodo ha n = 4 possibili direzioni ortogonali. Ai confini si trovano condizioni assorbenti per i cittadini ma il numero totale `e costante: ogni volta che un cittadino `e assorbito, un altro viene creato ad un nodo scelto a caso tra tutti quelli costituenti la rete viaria (escluse le stazioni).

I mezzi pubblici si muovono ad una velocit`a costante lungo le linee verticali ed orizzontali e le stazioni sono uniformemente distribuite nella citt`a ogni 5 incroci cosicch´e il rapporto tra la velocit`a dei treni e quella dei cittadini `e 5. Le stazioni capolinea sono ai bordi della citt`a e corrispondono a condizioni di confine riflettenti per la dinamica dei treni. Questi ultimi sono casualmente distribuiti lungo ogni linea con una frequenza costante. La scelta di una geometria triviale per la simulazione, forzata dalla scarsit`a di dati reali su cui lavorare, ha

(32)

permesso di testare il modello usando un approccio statistico (teoria di campo medio). Tale approccio analitico `e basato su equazioni di grandezze medie per descrivere la dinamica delle variabili globali U(t), W(t) e P(t), che descrivono rispettivamente la frequenza relativa di utenti, persone in attesa e pedoni. Si `e scelta una griglia ortogonale di Nn = 101× 101 nodi e Ns = 21× 21 stazioni uniformemente distribuite nello spazio. La rete di mezzi pubblici contiene 2Ns linee e i treni, in numero pari a Nt, sono distribuiti su tali linee. Il numero delle stazioni capolinea `e Nhs = 84. Il rapporto tra la velocit`a dei treni e quella dei pedoni `e vup = 5. Il numero di cittadini usati nella simulazione `e 100,000.

In primo luogo, si `e considerato il caso senza attrazioni crono- topiche; in questo modo `e possibile considerare lo spazio omogeneo.

L’andamento delle variabili globali U(t), W(t) e P(t) soddisfa equazioni di campo medio













P (t + 1) = P (t)− (Ppu+ Ppw)P (t) + PupU (t) + PwpW (t) U (t + 1) = U (t)− (Pup+ Puw)U (t) + PpuP (t) + PwuW (t) W (t + 1) = W (t)− (Pwu+ Pwp)W (t) + PuwU (t) + PpwP (t)

(2.6) dove i coefficienti del sistema (2.6) sono le probabilit`a di tran- sizione tra stati differenti: per esempio Ppu `e la probabilit`a di tran- sizione dallo stato pedone allo stato utente e analogamente le altre. Le probabilit`a di transizione sono calcolate come funzioni della geometria urbana secondo la tabella 2.1 dove r = Ns/Nn`e la densit`a di stazioni, fw = (Ns− Nt)/Ns d`a la densit`a di stazioni vuote sulla linea, τ `e il tempo medio utilizzato da un utente su un treno (lo si `e scelto pari a 5 intervalli temporali, corrispondenti ad un tragitto di 5 stazioni) e pc `e la probabilit`a di cambiare la direzione di treno (pc = 1/2 nelle simulazioni).

(33)

Ppu = r− Ppw Ppw = r(Nhsfw3 + (Ns− Nhs)fw4)/Ns

Pup = (1− pc)/τ Puw = pc((Ns− Nhs)fw2 + Nhs)/(Nsτ ) Pwp = 0 Pwu = 1− fw2

Tabella 2.1: Tabella: probabilit`a di transizione per le equazioni di campo medio

Nella definizione di Puw si `e tenuto conto che la possibile scelta di un treno `e differente per le stazioni interne (4 direzioni) rispetto ai capolinea (3 direzioni); Puw dipende dalla memoria individuale che impedisce la scelta di direzioni opposte e dal fatto che, quando un cittadino cambia treno al capolinea aspetta almeno un intervallo tem- porale. Le eq. (2.6) non sono lineari per tutti i tempi se la capacit`a dei treni `e limitata, poich´e Ppu e Pwu sono zero quando viene rag- giunta la soglia di saturazione del treno scelto. Esiste una legge di conservazione per le frequenze: P (t) + U (t) + W (t) = 1 e possono essere scritte due differenti equazioni non-omogenee indipendenti. La soluzione all’equilibrio (t → ∞) `e data da













P = PupRPwu U = Pwu(PpuR+Ppw) W = 1− P− U

(2.7)

dove R = Pup(Ppw+ Pwu) + (Puw+ Pwu)(Ppu+ Ppw).

Una generica soluzione dell’equazione (2.6) rilassa esponenzialmente alla soluzione di equilibrio.

Dai risultati delle simulazioni, descritti in figura 2.1, con differenti valori di Nt = 5, 7, 10 e capienza infinita dei treni e condizioni iniziali P (0) = 1, U (0) = W (0) = 0, si nota l’ottimo accordo tra le soluzioni dell’eq. (2.6) e i valori delle tre frequenze, oltre la dipendenza di W

(34)

0 10 20 30 40 50 intervalli temporali 0

0.1 0.2 0.3 0.4

percentuale

0 10 20 30 40 50 intervalli temporali 0

0.1 0.2 0.3 0.4

percentuale

0 10 20 30 40 50 intervalli temporali 0

0.1 0.2 0.3 0.4

percentuale

U(t)

W(t)

U(t)

W(t)

U(t)

W(t)

Figura 2.1: Confronto tra le soluzioni di campo medio U (t) e W (t) (li- nee continue) e i risultati della simulazione (diamanti) senza attrazione cronotopica per valori differenti di Nt (numero di treni per ogni linea):

Nt = 5 a sinistra, Nt = 7 al centro e Nt = 10 a destra.

da Nt. Se consideriamo la mobilit`a media definita come

m(Nt) = P(Nt) + vupU(N t) (2.8) in funzione del numero dei treni, si vede (cfr. figura 2.2) che m cresce rapidamente per bassi valori di Nt e raggiunge il valore asin- totico per Nt ≥ 10 che corrisponde ad una densit`a di treni ≥ 1/2 su ogni linea.

La situazione `e pi`u complicata quando si considerano gli effetti dei cronotopi. Per Nt = 0 la dinamina dei cittadini `e un driven random walk su una griglia uniforme con un intervallo di memoria;

le probabilit`a di transizione date dall’equazione (2.2) con n = 4 e fı(ı = 1, ..., 4) coincidono con le proiezioni della forza cronotopica sugli assi coordinati. Se la distribuzione dei cittadini ρp(x, y, t) cambia molto poco rispetto alla scala spaziale data dalla distanza di due nodi vicini e rispetto alla scala temporale corrispondente ad un singolo intervallo d’integrazione, allora `e possibile fare un limite al continuo e scrivere un’equazione di Fokker-Planck

Dp1

∂tρp =



− ∂

∂xfx− ∂

∂yfy +1 2

 ∂2

2x + ∂2

2y



ρp (2.9)

dove Dp = ∆x2/∆t `e il coefficiente di diffusione.

(35)

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 Numero treni Nt

1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 2.2 2.4

mobilita’ media

Figura 2.2: Grafico della mobilit`a media in funzione di Nt (numero di treni per ogni linea).

L’effetto di memoria introduce un piccolo termine di correlazione nella dinamica pedonale che pu`o essere trascurato nell’evoluzione me- dia descritta dall’eq. (2.9). Inoltre, notando che l’eq. (2.9) `e sepa- rabile, il calcolo di ρp si riduce alla soluzione di un’equazione unidi- mensionale. Poich´e la forza cronotopica ammette un potenziale (cfr.

eqs (2.4) e (2.4)), allora esiste una soluzione stazionaria asintotica- mente stabile dell’equazione (2.9) alla quale ogni soluzione converge con un tempo caratteristico proporzionale alla derivata seconda del potenziale calcolata nel centro del cronotopo. Nella simulazione lo spazio urbano `e un quadrato [−1, 1] × [−1, 1] per cui ∆x = .02 in quanto ci sono 101 nodi per ogni lato. Il coefficiente di diffusione `e D = 4× 104 (∆t = 1) e la forza cronotopica `e definita in accordo all’equazione (2.4) dove rc ∈ [0,√

2] e c1 = 1/√

2 per soddisfare la condizione pı ≥ 0 nell’eq. (2.2). La distanza di cammino massimo r0

(cfr. eq. (2.5)) `e stata posta uguale a 0.1 u.g. (unit`a grafiche), che `e la distanza tra due stazioni adiacenti.

Il confronto tra la popolazione nei cronotopi risultata dalle prove

(36)

0 100 200 300 400 intervalli temporali

0 0.1 0.2 0.3 0.4

percentuale

−1 −0.5 0 0.5 1

x 0

2 4 6

ρp

t=30 t=70 t=100

Figura 2.3: Grafico di sinistra: confronto tra la percentuale di popo- lazione nei cronotopi calcolata risolvendo l’eq. (2.9) (linee continue) e la simulazione (diamanti) per lo spazio urbano Manhattan-like con 100,000 cittadini e senza treni. Dopo 300 step il cronotopo si spegne.

Grafico a destra: proiezione orizzontale della soluzione dell’eq. (2.9) a tempi diversi.

dirette senza treni (Nt = 0) e quella calcolata risolvendo le equazioni di Fokker-Planck, con pedoni uniformemente distribuiti nello spazio urbano e con illimitata capienza dei treni, dimostra un accordo molto buono e prova che il limite al continuo `e capace di descrivere l’evoluzione delle medie delle grandezze. Si osserva, inoltre, che il tempo di rilassa- mento `e ' 100 intervalli temporali e che la distribuzione stazionaria

`e gaussiana poich´e il potenziale cronotopico `e quadratico. Quando si introducono i treni, si considera anche la dinamica dei cittadini sul- la rete dei mezzi pubblici. Anche se la distribuzione delle stazioni ha un carattere pi`u granulare, si `e provato lo stesso ad applicare il limite al continuo per descrivere la dinamica delle quantit`a medie.

La distribuzione degli utenti ρu(x, y, t) soddisfa la stessa equazione di Fokker-Planck con un coefficiente di diffusione

Du = vup2 Dp (2.10)

dove il fattore vup2 tiene in conto la velocit`a dei treni. Se si accoppiano le due distribuzioni ρp e ρu che vengono fuori da una versione locale delle equazioni di campo medio, si ha

(37)













ρp(t + 1) = ρp(t)− (Ppu+ Ppwp(t) + Pupρu(t) + Pwpρw(t) ρu(t + 1) = ρu(t)− (Pup+ Puwu(t) + Ppuρp(t) + Pwuρw(t) ρw(t + 1) = ρw(t)− (Pwu+ Pwpw(t) + Puwρu(t) + Ppwρp(t)

(2.11)

dove ρw(x, y, t) `e la distribuzione delle persone in attesa e la proba- bilit`a di transizione dipende dalla posizione. Bisogna distinguere due casi: se i nodi non appartengono al cronotopo, le probabilit`a di tran- sizione sono calcolate in accordo alla tabella 2.2, altrimenti si usa la tabella 2.3. Nella tabella 2.2 `e stato scelto τ = 20 per evitare che un cittadino abbandoni il treno prima di arrivare al cronotopo. Le differenze tra le definizioni date nelle tabelle 2.1 e 2.2 sono dovute alla scelta intelligente dei treni fatta dai cittadini per cui, in una stazione che non si trova sul bordo, solo due direzioni soddisfano la condizione di ridurre la distanza dal cronotopo. I valori in tabella 2.3 significano che un cittadino abbandona con certezza un treno quando arriva al cronotopo e non prende ulteriori treni nell’area cronotopica.

Ci si aspetta che il sistema completo (due equazioni di Fokker- Planck accoppiate col sistema (2.11)) possano descrivere l’evoluzione delle variabili medie se la densit`a dei treni su ogni linea non `e troppo piccola in modo tale da evitare effetti di distribuzione granulare. An- che in questo caso il confronto `e buono (Nt = 10 e 100,000 cittadini distribuiti uniformemente). Si osserva una crescita iniziale degli utenti dovuta alle equazioni di campo medio (2.11), mentre la diminuzione successiva `e il rilassamento alla soluzione asintotica dell’equazione di Fokker-Planck con il coefficiente di diffusione utente (2.10), quando gli utenti arrivano presso il cronotopo.

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