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COMUNE DI BESOZZO PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO. Legge Regionale 11 marzo 2005 n 12. Fabio Rizzi Sindaco. Rolando Rossotti Assessore all urbanistica

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Maurizio Mazzucchelli architetto Alberto Mazzucchelli

ingegnere Roberto Pozzi architetto

Studio associato INGEGNERIA ARCHITETTURA URBANISTICA

I-21040 Morazzone Via Europa 54 Tel 0332 870777 Fax 0332 870888

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COMUNE DI BESOZZO

PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO

Legge Regionale 11 marzo 2005 n° 12

Fabio Rizzi Sindaco

Rolando Rossotti

Assessore all’urbanistica

Corrado Ugatto

Responsabile del Procedimento

Estensori del piano:

Roberto Pozzi Architetto

Alberto Mazzucchelli Ingegnere

Maurizio Mazzucchelli

Architetto

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Maurizio Mazzucchelli architetto Alberto Mazzucchelli

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AVVERTENZA IMPORTANTE

Il presente documento è depositato presso la SOCIETA’ ITALIANA DEGLI AUTORI ED EDITORI (S.I.A.E.) Sezione OPERE LETTERARIE ED ARTI FIGURATIVE (OLAF) presso la sede di Roma, via della Letteratura 30, al fine di tutelarne il diritto d’autore.

E’ vietata la riproduzione e qualsiasi uso non attinente a procedimenti edilizi ed urbanistici nel territorio del Comune di Besozzo.

E’ vietata la modifica del documento senza la preventiva ed espressa autorizzazione da parte degli autori

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SOMMARIO

Generalità 4

Inquadramento generale 6

Breve storia 8

Rapporto sullo stato del territorio 28

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GENERALITA’

Lo studio del territorio per i fini della definizione generale delle politiche e delle strategie di governo si fonda su un approccio di tipo generale, principalmente orientato alla lettura dei fenomeni che consentono di comprendere in prima lettura le peculiarità del territorio, le potenzialità e le criticità.

Un siffatto approccio consente dunque di individuare la rete e i gangli su cui stabilire adeguate politiche di sviluppo e tutela del territorio.

I fondamenti di conoscenza del territorio assunti quale base del Documento di Piano sono organizzati secondo due differenti livelli di lettura. In primo luogo è stata effettuata una lettura di livello generale, con finalità di inquadramento, mediante la trattazione dei seguenti temi:

- inquadramento generale, - breve storia,

- stato della pianificazione comunale,

dalla quale è emerso il “polso” del territorio, e dunque la prima percezione della struttura del territorio.

La lettura di primo livello ha quindi consentito di orientare un’analisi approfondita, più avanti definita “rapporto sullo stato del territorio”, finalizzata alla ricerca di puntualizzazioni e conferme dei fenomeni riscontrati a livello generale.

Il “rapporto sullo stato del territorio” è stato strutturato per temi, i cui contenuti sono riepilogati nei documenti di seguito elencati e più avanti descritti:

Documenti conoscitivi e ricognitivi generali

DdP 3.0 Inquadramento urbanistico territoriale. PTR-PTCP DdP 4.0 Inquadramento urbanistico territoriale.

Piani comunali

DdP 5a.0 Infrastrutture territoriali. Inquadramento DdP 5b.0 Infrastrutture di interesse regionale. Previsioni DdP 6a.0 Elementi strutturali del paesaggio area vasta

DdP 6b.0 Elementi strutturali del paesaggio area vasta. Rete ecologica provinciale

Documenti di studio del paesaggio

DdP 7.0 Rete stradale comunale. Criticità e potenzialità del sistema infrastrutturale

DdP 8.0 Vincoli di tutela

DdP 9a.0 Catasto 1730 ca.

DdP 9b.0 Catasto 1860 ca.

DdP 9c.0 Analisi delle soglie storiche (1722-2007) DdP 9d.0 Sviluppo storico del sistema territoriale

DdP 10.0 Uso dei suoli

DdP 11a.0 Struttura generale del paesaggio DdP 11b.0 Struttura generale del paesaggio urbano DdP 11c.0 Sintesi degli elementi strutturali del paesaggio

DdP 12.0 Elementi strutturali della percezione del paesaggio

Documenti di studio del sistema insediativo

DdP 13.0 Assetto funzionale del territorio DdP 14.0 Assetto generale dei servizi DdP 15.0 Elementi conoscitivi della struttura socio economica

DdP 16.0 Stato del territorio

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Documenti di studio geologici-idrogeologici-idraulici DdP24.0 Componente geologica.

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INQUADRAMENTO GENERALE

Il Comune di Besozzo rappresenta certamente uno dei centri più interessanti della fascia spondale del Lago Maggiore, pur non potendo essere considerato propriamente un comune rivierasco, data la collocazione del capoluogo e delle frazioni nell’entroterra della costa del Verbano.

La caratteristica certamente più rilevante del territorio comunale, alla quale si deve la specificità del sito, è il Fiume Bardello, che attraversa il territorio (o lo lambisce) nella direzione di maggiore dimensione: è proprio il Bardello, fiume anomalo della Provincia di Varese (nasce dal Lago di Varese e sfocia nel Verbano) il responsabile dello sviluppo economico, culturale e artistico del Comune di Besozzo, come si avrà modo di cogliere dalla sezione storica del presente volume.

La presenza di un fiume di tale particolarità consente dunque di correlare in modo inscindibile Besozzo con i due laghi, quello di Varese e il Maggiore, data la peculiarità del paesaggio in parte adagiato sulla piana tra i due bacini ed in parte arroccato sulle formazioni moreniche proprie del paesaggio lacustre prealpino.

La particolarità del sito sotto il profilo paesaggistico fa di Besozzo un comune che, nonostante la dimensione demografica contenuta, non passa inosservato al visitatore della Provincia, infatti, oltre alle peculiarità paesaggistiche, non è possibile ignorarne l’importanza strategica della sua collocazione rispetto alla direttrice Milano – Luino – Bellinzona, sia stradale che ferroviaria.

Il territorio comunale è infatti direttamente raggiungibile da Milano, percorrendo l’Autostrada A8/A26 e proseguendo successivamente dal casello di Vergiate – Sesto Calende lungo la superstrada che termina proprio nel cuore del comune di Besozzo.

Si tratta in sintesi del nodo di maggiore importanza strategica del nord-ovest della provincia, che segna il limite tra il paesaggio di pianura e il paesaggio lacustre, fin verso il Confine di Stato.

L’importanza strategica sotto il profilo paesaggistico determina dunque nell’uso del territorio una netta prevalenza residenziale, favorita dall’elevatissima qualità panoramica di alcune parti del territorio; le altre funzioni proprie dell’economia della Provincia di Varese sono presenti nel territorio in forma diffusa.

Dal punto di vista amministrativo il territorio del Comune di Besozzo è suddiviso in capoluogo (Besozzo) e tre frazioni (Bogno, Cardana, Olginasio), alle quali corrispondono peculiarità differenti, sia sotto il profilo insediativo che paesaggistico.

Il capoluogo Besozzo è il risultato della giustapposizione di due zone distinte e diacroniche: Besozzo Superiore, principalmente costituito da un nucleo storico di origine nobiliare di particolare rilevanza data la permanenza di numerosi edifici quattrocenteschi e cinquecenteschi, pregevole sia sotto il profilo architettonico che ambientale, e Besozzo Inferiore, nucleo con tracce dell’originario nucleo storico, prevalentemente di origine rurale, ormai disciolte in un tessuto edilizio più recente, molto denso ed inconsueto per comuni della classe dimensionale inferiore a 10.000 abitanti, con elevata polifunzionalità, data la presenza di residenza, commercio, attività artigianali, industriali e servizi collettivi.

La frazione di Bogno presenta caratteri prevalentemente residenziali, data la favorevole collocazione al sommo di una formazione morenica che si protende verso il Lago Maggiore, con sporadica presenza di attività diverse. Ad eccezione del nucleo storico, di corrente importanza salvo che per qualche edificio di origine nobiliare, il tessuto edilizio è prevalentemente costituito da edifici residenziali isolati, talvolta realizzati in contesti morfologicamente rilevanti.

La frazione di Cardana si sviluppa lungo il versante occidentale di una formazione morenica protesa verso nord-ovest, caratterizzata da una visuale panoramica sul

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Verbano meridionale di eccezionale bellezza, e data la particolare rilevanza paesaggistica, si caratterizza per la qualità ed il numero degli insediamenti residenziali esistenti, taluni con funzione di casa per vacanze. Il nucleo storico di Cardana, in località denominata “Ripui” presenta inoltre un significativo valore storico, oltre ad un buon livello qualitativo grazie ai recenti interventi di restauro effettuati.

La frazione di Olginasio si configura quale zona mista, con caratteri del tessuto edilizio simili a quelli delle frazioni precedenti, pur in un ambito meno rilevante sotto il profilo panoramico, al tessuto edilizio residenziale si somma poi una discreta superficie destinata ad attività produttive, localizzata nella piana che dal Lago di Varese si protende fino alle alture che caratterizzano il territorio comunale.

Oltre alle frazioni, si segnala, per la sua particolare collocazione lungo la direttrice per Laveno Mombello, il nucleo di Beverina, propaggine del capoluogo pur con caratteristiche di parziale autonomia. Anche in questo caso si tratta di una zona priva di particolare rilevanza vedutistica, caratterizzata da due distinti tessuti edilizi, residenziale e produttivo.

La rilevanza del sito dal punto di vista paesaggistico, oltre che storico, trova poi concreto riscontro nella collocazione strategica nell’ambito del territorio provinciale alla quale si faceva cenno in apertura: il territorio comunale è infatti il crocevia di due importanti strade di comunicazione, quali la statale che da Vergiate conduce a Luino e quindi al Confine di Stato, e la provinciale che da Varese, via Gavirate, raggiunge la sponda del Lago Maggiore: l’importanza delle due strade citate, unitamente alla presenza di altri tracciati di importanza locale, rappresenta la ragione principale del significativo traffico veicolare, anche di tipo pesante, che interessa il territorio comunale, sia per esigenze di lavoro che per spostamenti turistici, questi ultimi di piccolo cabotaggio. Occorre precisare che la maggior parte degli spostamenti che interessano il territorio comunale hanno origini e destinazioni esterne al territorio comunale, dato che Besozzo non possiede alcuna fascia lacuale turisticamente significativa (lo stretto corridoio del territorio comunale che si estende fino al lago è infatti caratterizzato da elevata naturalità ed è privo di infrastrutture).

Si segnala poi la presenza di due ferrovie: l’una, con stazione a Besozzo centro, lungo la linea da Gallarate a Luino, l’altra, senza stazione nel territorio comunale, da Sesto Calende a Luino. Si tratta tuttavia di linee ferroviarie secondarie, con traffico passeggeri estremamente limitato, pur con un significativo traffico merci con la Svizzera, che interessa il territorio comunale solo per il transito.

Da ultimo una riflessione sulla particolarità del sistema insediativo residenziale: negli ultimi anni il territorio è stato oggetto di un forte consumo di suolo dovuto alla bellezza del sito, sia per residenza principale che per seconda casa; sono infatti numerosi i cittadini di altri paesi dell’Unione Europea che risiedono in Besozzo anche per ragioni di vicinanza al centro ricerche europeo di Ispra.

L’elevato consumo di suolo degli ultimi anni pone dunque l’esigenza di una particolare attenzione al paesaggio, affinché il periodo di vigenza di questo piano regolatore generale non determini ulteriori e pesanti consumi di suolo. Ma su ciò si tornerà nel corso della trattazione successiva.

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BREVE STORIA

BESOZZO ROMANA

Besozzo, parimenti alle altre borgate vicine che non sorgono in territorio di importanza militare come lo furono Angera, Como e Locarno, avrebbe avuto origini piuttosto modeste, dato che le prime poche genti si insediarono per coltivare le terre.

Quando i consoli romani Gneo Scipione e Claudio Marcello, nell'anno 221 a.C., conquistarono l'Insubria, la zona di Besozzo era ancora quasi deserta e tale rimase fino ai primordi dell'era volgare, come è comprovato dalla scarsità dei cimeli preromani costituiti da poche tombe galliche deIl'età del ferro scoperte a Malgesso, Biandronno, Cuvio, Osmate, ecc. e, recentemente, a Brebbia e a Laveno. (Nel territorio del comune di Besozzo non risulta siano state trovate tombe galliche, tuttavia ciò non esclude che ve ne possano essere.)

Prima dell'avvento romano nel territorio besozzese, come in generale in tutta la Val Padana, vi abitavano popoli di diversa origine e stirpe, provenienti dalle più svariate regioni: Liguri, Etruschi, Umlati, Celti, ecc.. All’epoca dell’insediamento dei Romani nell'Italia Settentrionale, la regione in esame indubbiamente appariva ancora disorganizzata ed in parte deserta, con fiumi soggetti a grandi piene periodiche, talvolta violente.

La località prescelta dai primi coloni nel territorio di Besozzo è stata localizzata recentemente nel fondo situato a un centinaio di metri a monte della cascina Brella, anticamente chiamata Brera.

Infatti da alcuni anni da esso si asportano, man mano che l'aratro li dissotterra, frammenti di embrici romani; in particolare nel 1944 affiorò, a poche centinaia di metri dal muro di cinta del parco Contini già Forti, una vasca in muratura di circa due metri di lato: probabilmente doveva raccogliere l'acqua di una piccola sorgente tuttora esistente appena fuori dal muro di cinta a nord del parco.

Anche nelle frazioni di Besozzo vi è traccia di sepolcreti romani: il più importante fu quello in località Gravezzano in territorio di Cardana; ad Olginasio, nei fondi che stanno vicino al paese, in direzione di tramontana, si rinvennero avanzi dell’epoca romana; infine a Bogno, nei pressi della località “Castello”, situata nel centro del paese si rinvenne in un piccolo loculo interrato in mattoni, una grossa caldaia di rame contenente circa trenta chilogrammi di monete imperiali romane in bronzo, dei primi secoli dell’era volgare, due zappe in ferro e un bricco in rame argentato.

BESOZZO NEL XV SECOLO

La principale data di riferimento corrisponde all'anno 1412, epoca in cui venne confermata l'investitura feudale della contea di Brebbia a Pieve ai tre fratelli Besozzi Ludovico, Lotario ed Antonio, che di lì a cinque anni la scambiarono con la signoria di Besozzo per discendenza in linea maschile, facendo professione di vassallaggio al duca Filippo Maria Visconti.

La famiglia dei Besozzi aveva conservato nei territori di Besozzo e dei paesi vicini, numerosi possedimenti fondiari anche nel periodo, in cui aveva perduto l'investitura feudale del borgo. Queste proprietà nella nuova fase economica assunsero maggiore importanza divenendo fondamentali per il diretto controllo del territorio, e quindi per determinare le ragioni di un insediamento più stabile.

Gli investimenti che ne conseguirono presero soprattutto la forma di opere di disboscamento e prosciugamento, impianto di colture arboree più o meno

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specializzate, costruzione e ammodernamento di impianti, quali cascinali, torchi, case per contadini, strade e ponti.

L'installarsi del nuovo potere feudale, ovverosia il principiare di una presenza che se per il momento non fu stabile fu certamente frequente, dettò la necessità di disporre di un edificio adatto. A Besozzo era stata edificata una rocca in epoca medioevale, eretta a sbarramento della valle del Bardello, distrutta da tempo, forse nel periodo di lotte tra Viscontei e Torriani. A perpetuarne il ricordo, o quasi a proseguirne il significato secondo modalità architettoniche differenti ma culturalmente simili (quello cioè di un centro di potere feudale), fu edificato in questo periodo entro il perimetro delle sue mura il "Castello" di Besozzo, che pur non presentando più i caratteri di una rocca, mantiene alcuni degli aspetti di un fortilizio, punto di passaggio da una concezione antica di edificio nobiliare a scopo soprattutto difensivo, a quello di un vero e proprio

"palatium" che grazie ai tempi meno bellicosi e più stabili perse poco a poco le caratteristiche di "casa-torre": esso presenta infatti finestre più ampie, camini più ricchi e grandi che lo rendono più confortevole, coerentemente con le finalità di mostrare il prestigio, i privilegi e la potenza della famiglia che lo abita.

Ciò che resta di veramente antico di questo edificio, al di là delle manomissioni che si sono sovrapposte fino all'anno 1914 in cui venne dichiarato monumento nazionale, è un corpo a forma di “L”, forse la metà dell'antico quadrilatero, con l'angolo esterno rafforzato da una torre "con mensoloni ed archetti, che reggevano un tempo i merli, e oggi un'elegante loggetta; nel cortile si apre un bel portico rinascimentale con archi a tutto tondo da cui prende a salire uno scalone, manomesso in epoca recente. L'interno originale è andato quasi completamente perduto: di esso rimane solo un piccolo vano con volta affrescata con figure femminili.

Dal maniero si dipartiva una cerchia di mura, che proteggeva interamente il paese.

La mancanza di altre testimonianze architettoniche civili di questo periodo rende impossibile la ricostruzione dell’estensione del nucleo edificato; del resto non è da escludere che alcune delle costruzioni successive siano state edificate sui ruderi di manufatti più antichi, poiché si trovano tracce di questi negli scantinati, mentre in alcuni fabbricati, ed anche in muri divisori, si trovano di frequente materiali di spoglio costituiti da elementi architettonici, quali colonne, frammenti delle stesse, capitelli ed altre pietre lavorate nel così detto calcare di Angera, provenienti certamente da edifici più antichi andati distrutti e poi riutilizzati, secondo l'uso del tempo, per nuove fabbriche.

BESOZZO NEL XVI SECOLO

Per quanto riguarda il sec. XVI, le testimonianze documentarie più interessanti ai fini della ricerca, sono offerte da tre "status animarum", ossia censimenti delle "anime"

della cura pastorale riguardanti Besozzo e conservati nell'archivio Arcivescovile di Milano.

Di particolare importanza risulta quello dell’anno 1582 poiché indica, oltre al numero degli abitanti, la composizione di ogni singola famiglia, l'età dei suoi membri, la professione del capofamiglia: è possibile quindi stabilire, con buona precisione, l'attività lavorativa della popolazione e quindi, tendenzialmente, la composizione sociale del paese.

Gli “status animarum”.

Nel 1582 Besozzo contava 750 anime, divise in 67 nuclei abitativi comprendenti un numero variabile di famiglie a seconda della qualità dell'abitazione.

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stallazzo", indi le cascine ed infine le dimore nobiliari che presentano in genere solo una o due famiglie e la servitù (domestici, fantesche, balie e donzelle).

Negli "Status animarum", viene in genere specificata sia la qualità delle abitazioni (casa, mulino, folla) sia il nome del proprietario; da ciò si rileva che la famiglia dei Besozzi, riunitasi in questo secolo in consorzio gentilizio, possedeva più della metà delle cascine, la quasi totalità dei mulini e delle case d'abitazione non civili, oltre a quelle "da nobile" in cui risiedevano i suoi membri.

Per quanto concerne la professione esercitata dai capi famiglia di Besozzo, la più diffusa era quella di "massaro" o "pigionante"1: l'agricoltura era quindi l'attività più comune nel borgo, quella da cui dipendeva e che più determinava e condizionava lo sviluppo economico e sociale del paese.

Era presente tuttavia anche un'attività che possiamo definire "produttiva": vi erano infatti due "folatti", due "ressigatti" e ben sette "molinari"2.

Anche l’attività commerciale era presente: tre sarti, due calzolai, due speziali, due falegnami e due ferrai, vi era inoltre un esercizio di osteria.

La famiglia Besozzi.

La famiglia Besozzi possedeva all'interno del paese un rilevante patrimonio edilizio, tra l’altro una folla, ben quattro mulini ed una segheria.

Le masserie di sua proprietà erano 7 e davano lavoro a 15 famiglie di contadini: i Besozzi dovevano quindi possedere nel comune di Besozzo anche un ingentissimo patrimonio fondiario.

Da un censo dei proprietari terrieri del Comune relativo all'anno 1558, apprendiamo infatti che su 50 proprietari, 16, cioè poco meno di un terzo appartenevano a questo casato, per un totale di pertiche 3500 circa su 6700 complessive.

E' quindi innegabile che le sorti dell'economia e dello sviluppo sia urbano, sia sociale del borgo in questo secolo furono legate indissolubilmente alle sorti ed alle scelte di questa nobile famiglia che, non dobbiamo dimenticare, oltre alla potenza finanziaria aveva nelle proprie mani tutto l'insieme delle prerogative feudali.

Besozzo Capopieve

Fattore altrettanto importante nel sec. XVI della vita e dello sviluppo di Besozzo fu la chiesa locale. Antecedentemente alla prima visita di S. Carlo Borromeo, nel 1568, a Besozzo si officiava il rito romano, per concessione dei nobili del paese dai monaci di S. Giulio di Dulzago. A seguito di tale visita fu introdotto il rito ambrosiano e la chiesa fu elevata a plebana.

Nel 1574 S. Carlo Borromeo eresse la collegiata nel Casiello di Besozzo dandole un prevosto e dodici canonici: dal documento relativo al trasferimento, conservato nell'archivio della Curia di Milano, è possibile derivare i fattori principali di questa scelta.

Occorre infatti considerare che, rispetto a Brebbia (che certo in un periodo precedente era più ricca e popolata di Besozzo), questa offriva innegabili vantaggi: prima di tutto il clima e la posizione geografica più favorevole rispetto a quella di Brebbia, che probabilmente per l'abbandono delle antiche terme, non essendo stata incanalata l'acqua, aveva parte del territorio trasformata in vera e propria palude con condizioni

1 I termini "massaro" e "pigionante" indicano gli agricoltori che usufruiscono in Lombardia del contratto d'affitto detto "misto". Dove è in uso tale contratto infatti i contadini si dividono in due classi: massari e pigionanti. I primi posseggono generalmente buoi da lavoro, carri, aratri e qualche cavallo; gli altri non posseggono per lo più che una o due vacche.

2 I folatti erano coloro che lavorano nelle "folle". Per "folla" si indicano generalmente le cartiere la cui funzione era quella di squassare fortemente gli stracci per ridurli in pasta, sono appunto chiamate volgarmente “folle”; i ressegatti erano coloro che lavorano nelle "ressighe"

cioè segherie molinari e mugnai.

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climatiche veramente proibitive per la popolazione. Questo fatto aveva comportato inoltre un decadimento di quel borgo, la cui popolazione si era ridotta a solo 40 famiglie circa, tutte "rurali ed agresti". Inoltre benché la struttura della chiesa fosse abbastanza ampia e ben dotata di case canonicali, queste per quanto grandi fossero, necessitavano di notevoli riparazioni, tanto che erano pochi i canonici risiedenti. Al contrario Besozzo si presentava popolata, con la presenza di numerose famiglie nobiliari che ne accrescevano il decoro.

La pieve di Besozzo, così costituita ai tempi di S.Carlo, si estendeva sopra un vastissimo territorio, confinando a nord con la pieve di Varese sopra Comerio, ad occidente con la fascia costiera del lago Maggiore da Ispra a Monvalle compresa, ad oriente con il lago di Varese, a sud con quella di Angera ed era composto da 24 parrocchie distinte in tre sessioni. Alla prima appartenevano le Parrocchie di: Besozzo, Bogno, Cardana, Monvalle, Ispra, Cadrezzate, Brebbia, Malgesso, Monate.

Alla seconda: Gavirate, Bardello, S.Andrea, Carnisio, Comerio, Olginasio. Alla terza:

Biandronno, Cassago, Inarzo, Ternate, Comabbio, Osmate, Travedona, Bernate.

Lo sviluppo del borgo.

Nel corso del sec. XVI lo sviluppo edilizio e sociale del borgo risultò quindi indissolubilmente legato da una parte alla famiglia Besozzi che deteneva il potere feudale ed era la maggiore proprietaria di case e terreni nel comune di Besozzo, e dall'altra alla chiesa locale. Questi due poli dominanti della dialettica sociale del borgo, quali unici centri di potere all'interno del paese, si costituirono inoltre come poli di aggregazione urbana, determinando il sorgere di un "centro sacro" attorno alla chiesa principale, dedicata ai SS. Tiburzio ed Alessandro, e di un nucleo di dimore nobiliari attorno al castello.

Il centro del borgo si è quindi andato costituendo nel corso del sec. XVI secondo una linea di sviluppo mai smentita o capovolta nei due secoli successivi, che allineava le dimore gentilizie intorno al Castello e lungo il corso della strada principale che, descrivendo un ampio semicerchio di fronte al nucleo centrale dei maggiori edifici religiosi, si divide alle estremità raggiungendo i centri abitati più vicini: Cardana, Bogno, Coquio, Trevisago.

Altri nuclei di case, forse quelle del ceto artigianale ed anche alcune masserie che non si trovavano solo nei terreni agricoli fuori dal paese, ma entravano a far parte anche del centro abitato, sorgevano lungo la strada che scende a Bogno e lungo le due altre vie che discendono a Besozzo inferiore dove si collegano alla direttrice che costeggia il fiume Bardello. Una di queste strade, quella che scende tortuosamente per la contrada così detta "del Sasso", era anticamente l'antica mulattiera che conduceva alla rocca.

Sulle rive del fiume erano allineati gli edifici delle folle, delle segherie e dei mulini, che sfruttavano per la loro attività la forza motrice della corrente.

Residenze nobiliari nel ‘500.

Insediatasi con prerogative feudali nel sec XV, fu nel corso del sec. XVI che la famiglia Besozzi con tutti i suoi rami edificò nel paese le proprie dimore imprimendo a questo il carattere di aggregazione urbana di un consorzio gentilizio: il nucleo di queste case "da nobile" costituisce ancor oggi per la sua omogeneità fisica e spaziale, cioè per la ricorrente tipologia e struttura, un ambiente urbano di notevole interesse storico e culturale oltre che, naturalmente, ambientale.

Questi edifici sono ubicati per lo più nella parte alta del borgo e sorgono direttamente sul bordo della via uniformandosi con la muratura al suo irregolare percorso e al dislivello del terreno.

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Le facciate esterne si presentava nel sec. XVI estremamente sobrie, senza alcuna scansione marcapiano segnata da ordini architettonici, senza elementi decorativi che, sebbene in misura assai ridotta, si sono aggiunti in epoca più tarda.

La pianta di questi edifici era costituita da un corpo di fabbrica ricorrente, a L, a U o più raramente quadrilatero.

Al centro della facciata si apriva il portale di varia foggia ai lati del quale si trovavano spesso una o due panche di pietra ad uso di sedili.

Il portone immetteva in un androne archivoltato lastricato che dava sulla corte civile porticata in uno o due dei suoi lati.

A questa corte potevano far seguito una o più corti rustiche di servizio dei massari alloggiati nella casa padronale. Queste corti possedevano in genere un proprio ingresso consistente in un ampio arcone irregolare, simile a quello delle cascine e abbastanza ampio per lasciare passare il carro trainato dal bestiame che si apriva a sua volta sulla strada.

Il centro di Besozzo nel sec. XVI tende quindi a configurarsi come un sistema di edifici a "corte" o meglio a "corti" (principali e rustiche), intorno alle quali si articolano i corpi di fabbrica padronali e masserizi; sulla corte gravitano gli altri elementi distributori strettamente connessi ed articolati con essa: l'androne passante ed il blocco scale collocato in uno degli angoli del corpo prospiciente la strada.

Le tre piazze del borgo.

Alla stretta cortina edilizia che delimita la via, fanno da contrappunto gli spazi aperti delle corti, degli orti dei giardini e, a questo spazio eminentemente privato si contrappone quello pubblico, corrispondente alle tre piazze del borgo.

In effetti una sola piazza può essere considerata come tale, mentre le altre due rivestono un carattere particolare essendo l'una costituita dallo slargo prospiciente il castello dal quale prende il nome, e l'altra dall'ampio sagrato della chiesa delimitato dagli altri edifici costituenti il "nucleo sacro" del paese. Questo "centro sacro" sorge su un'altura del borgo contrapposta, oltre che geograficamente anche idealmente a quella su cui sorge il castello dei Besozzi.

La “casa della misericordia”.

Dopo il trasferimento della capopieve a Besozzo, il centro sacro prese nuovo impulso edilizio: mentre la chiesa principale si presenta "grande" e quindi ancora adatta almeno per il momento a svolgere la sua funzione; si rivelò urgente la costruzione delle nuove case canonicali.

Più tardi, nel 1589, sorse l'ospedale nel perimetro del centro sacro: più che un ospedale nel significato contemporaneo, si trattava di un "ospizio" per i poveri o meglio, come diceva il suo stesso nome, di una "casa della misericordia". Come tali tutti gli

"spedali" del tempo rientravano nell'orbita degli enti ecclesiastici o almeno erano considerati "locus religiosus".

Una lapide afferma appunto come questa casa sia stata edificata a beneficio dei poveri e sia stata posta sotto tutela di un Besozzi e dei suoi discendenti.

L'ospedale, di cui ci è stata tramandata anche una pianta dei locali inferiori, comprendeva al piano terra due stanze, una riservata agli uomini ed una alle donne, una cucina, ed una cappella dedicata probabilmente a S. Ambrogio.

Abitazioni civili.

Benché la maggior parte degli insediamenti abitativi dei centro del borgo fossero abitazioni signorili, fin dal '500 devono essere esistite all’interno del paese numerose case d'abitazione " civili" ed anche "masserie".

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Le case d'abitazione del ceto non nobiliare, piccolo proprietario e artigiano, la cui presenza ci è testimoniata dagli "status animarum" purtroppo non hanno lasciato traccia sulla loro consistenza, quindi non è possibile avanzare altro che delle ipotesi.

Spesso in questi censimenti ricorre il nome di "stallo" o stallazzo" oltre a quello di semplice "casa", questo termine sembra designasse un tipo d'abitazione per qualità inferiore alla "casa" sia per quantità di locali che quindi per quantità di famiglie abitanti.

Gli insediamenti maggiori di case d'affitto e d'abitazione del ceto cosiddetto "medio"

erano quelli della località detta "polaro" (presumibilmente quella che ancora oggi prende il nome di "pullé", della località detta "del ponte", e della località "Cisson"

oggi "Scissone".

Queste zone non erano ubicate nella parte alta del paese, bensì in quella che scendeva a valle nella parte più bassa: questa divisione di zone abitative tra le varie componenti sociali si va via via sempre più strutturando, come vedremo meglio dalle mappe del Catasto di Maria Teresa del 1750.

Il tipo di queste abitazioni non doveva essere molto dissimile da quello delle contemporanee cascine sparse per il territorio della campagna di Besozzo, poiché è probabile che anche dal punto di vista del lavoro gli artigiani associassero alle loro attività, quella di piccoli proprietari, se non altro dell'orto o del frutteto adiacente alla casa. E' probabile anche che rispetto alle cascine questo tipo d'abitazione usufruisse di un maggior numero di vani, nella misura in cui la famiglia raggiungeva un certo benessere.

Di certo tali tipi edilizi erano dotati di stalla e al piano superiore della "casina" e della cucina, oltre, probabilmente a qualche altro locale al piano terreno. Ai piani superiori oltre alla cassina vi erano le camere. Un piccolo cortile con il pozzo per l'acqua e forse il forno completavano l'edificio. La forma dubitativa è dovuta in quanto, contrariamente alle masserie per le quali il forno risultava indispensabile data la lontananza dal borgo, è probabile che nell'interno del paese, vi fossero uno o più forni d'uso comune, come lasciano supporre alcune indicazioni negli "status animarum": ad esempio "forno" o "fornazzo".

La “masseria”.

Un'altra tipologia edilizia, dominante sui territori agricoli delle zone adiacenti al paese era quella della "masseria".

Sono pochissimi gli edifici rimasti con una struttura anche in minima parte invariata: i secoli hanno determinato soprattutto per questo tipo di edifici, una costante trasformazione, interna ed anche esterna, della struttura, che si è adeguata al processo di sviluppo e di trasformazione dell'agricoltura.

E' lecito supporre tuttavia che la tipologia della "masseria" cinquecentesca derivava dall'evolversi dell'antico cascinale lombardo, edificio ad un solo piano (il piano terra), molto basso e molto lungo, sovente composto di due stanzoni nei quali vivevano diverse famiglie, al quale, in questo periodo, si sostituì un tipo edilizio più corto e più alto.

Queste masserie erano probabilmente costituite da uno o due locali al piano terreno, in genere cucine, adiacenti alla stalla e al forno, con un portico sul fronte sostenuto da grossi pilastri. Al piano superiore, al quale si accedeva mediante una scala di pietra, correva un loggiato in legno sul quale si aprivano i rimanenti locali d'abitazione, mentre al di sopra della stalla vi era la “cassina” per il fieno. Di fronte alla casa vi era un'ampia corte rustica con i ripari in paglia e legno per gli animali da cortile e per gli attrezzi.

Adiacente alla masseria vi erano frequentemente l'orto ed il frutteto coltivato in

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Le più antiche famiglie patrizie di Milano (tra le quali i Besozzi), che si erano dedicate proficuamente alla marcatura della lana e degli ori, impiegarono i capitali soprattutto nei possessi fondiari (vero substrato visibile della loro nobiltà, tanto più valido se dotato delle prerogative feudali) dai quali si accontentarono di ricavare solo la rendita necessaria al proprio viver civile.

E' in questo clima culturale che si inserisce il ritorno alla terra dell'economia seicentesca nel ducato milanese: il rischio di forti perdite negli investimenti mercantili, le apprensioni generate da una situazione monetaria inflazionistica, furono fattori che spinsero ad una immobilizzazione dei capitali nelle proprietà fondiarie che se in un primo momento diedero un rendimento tale da giustificare in parte la forte propensione agli investimenti terrieri, ed in genere immobiliari, con il passare degli anni esse non valsero tuttavia, a garantire la desiderata costanza e sicurezza di reddito, e nemmeno riuscirono ad attenuare il contraccolpo della temuta depressione economica. Vi erano nuove ragioni perché i Besozzi risiedessero nel loro borgo, vivendo secondo la moda e l'uso del tempo e controllando parimenti da vicino le fonti principali del proprio reddito.

Oltre a questo rinnovato interesse delle classi nobiliari ed in particolare dei Besozzi alla rendita fondiaria e quindi per l'insediamento dei nobili nel paese, furono due gli avvenimenti che per la loro incidenza sulla vita del borgo, condizionarono il suo sviluppo urbano e sociale nel corso del sec. XVII: essi sopraggiunsero nella prima metà del secolo a breve distanza uno dall'altro.

Si tratta della grande peste del 1630 e dell'invasione dell'esercito francese nella regione e nel borgo di Besozzo nell'anno 1636.

L’epidemia deve aver portato soprattutto conseguenze negative per la vita economica e sociale del paese, la cui popolazione deve aver sofferto la fame.

Probabilmente fu a causa del saccheggio e delle distruzioni, delle travagliate vicende che hanno caratterizzato questo periodo, che l'incremento edilizio del borgo sembra segnare nel sec. XVII un periodo di stasi. Non sorsero in questo periodo nuove dimore nobiliari, e la ricostruzione delle danneggiate non portò in esse l'uso di nuovi modi architettonici o decorativi rispetto a quelli del secolo precedente. Benché in questo secolo compaia accanto alla definizione "casa da nobile", quella più imponente di

"palatium", il fine e l'utilità di queste dimore gentilizie rimasero, come per il secolo precedente, quelli di garantire il controllo e la diretta sorveglianza del proprietario sui propri beni: molto spazio era utilizzato quindi per i locali masserizi, poco invece era dedicato alla decorazione che ancora una volta come nel ‘500 si concentrò all'esterno, soprattutto nel portale.

Altra causa della stasi nella costruzione di nuove dimore nobiliari ed anche masserizie nel XVII vanno ricercate nell’arresto della crescita della famiglia Besozzi. Questa famiglia infatti per l'estinguersi di numerosi suoi rami non solo non edificò quasi più nulla nel paese ma, a partire dalla seconda metà del ‘600 perdette gran parte delle sue resistenze che passarono nelle mani di altre famiglie della nobiltà lombarda imparentate ai Besozzi.

A dispetto quindi di una staticità nello sviluppo urbano dopo la fioritura cinquecentesca Besozzo vide in questo secolo l'inizio di una fase di mobilità e di ricambio per quanto riguarda la componente sociale patrizia del borgo. Per quanto concerne il settore religioso, lo slancio avuto dalla comunità ecclesiale di Besozzo con il trasferimento nel borgo della Capopieve, sfociò nel XVII nella costruzione della nuova chiesa prepositurale che segnò il culmine, ed in un certo senso concluse completandolo, il “nucleo sacro" degli edifici religiosi del borgo.

La nuova chiesa prepositurale sorse nella medesima località della precedente che venne in parte demolita, ed in parte conservata nella nuova costruzione come oratorio con il nome di S. Caterina.

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L'ampiezza della chiesa determinò lo spostamento del vecchio cimitero, prima adiacente alla chiesa, in altro luogo in un terreno donato per quell'apposito scopo dalla famiglia Castelbesozzo. La nuova chiesa venne edificata tra il 1608, anno nel quale fu inviata la domanda dal prevosto alla curia arcivescovile di Milano per l'autorizzazione alla posa della prima pietra, ed il 1670, poiché il 16 maggio di quell'anno venne inviata un'altra lettera all'Arcivescovado con la richiesta di celebrare la prima S. Messa

"nella chiesa dei SS. Tiburzio ed Alessandro nuovamente fabbricata".

“Case da nobile” del ‘600.

Descriviamo ora la composizione di un edificio nobiliare a Besozzo nel ‘600.

L'andito del portone immetteva in un porticato che dava sull'ampia corte quadrilatera.

A sinistra dell'ambito vi era una sala e poi in seguito, tre locali di servizio: la cucina, una "buratera” o dispensa ed un piccolo dispensino o spazza cucina.

Annessa alla cucina era anche una grande “legnera”, ed una scala di serizzo portava al piano primo. Superiormente all'andito di porta vi era una camera, in seguito, una sala superiore a quella del piano terreno, poi una camera "grande" con annessi due piccoli camerini. Sempre a questo piano superiore, sopra al portico, si aprivano quattro camere.

Il corpo laterale sinistro presentava al piano inferiore e superiore alcune camere d'abitazione. Il corpo opposto all'andito d'ingresso presentava cinque locali, tra i quali il salone "grande”, ed un portico inferiore. E' probabile che questo corpo di fabbrica non presentasse locali superiori, ma solo alcuni “spazzacà”, perché essendo la volta del salone più alta degli altri vani, non consentiva la presenza di camere al secondo piano.

La consistenza del corpo laterale destro è molto incerta, perché meno precise sono le notizie a suo riguardo. E' probabile però che comprendesse i locali per la servitù, ed i locali masserizi.

Incerta è anche l'ubicazione della stalla che forse era collocata a destra dell'ambito di porta con sopra la sua “cassina” o forse nel corpo laterale destro. E' probabile comunque che vi siano state più stalle.

I soffitti dei vari locali erano parte in muratura, in volta, e parte in legname, come quello della cucina.

Sopra ai locali vi erano a seconda dello spazio “solari” e “spazzacà” ai quali si accedeva direttamente con scale di legno.

Due erano le cantine, una delle quali sotto al salone.

L'acqua veniva presa da un pozzo, il riscaldamento era fornito dai camini dislocati nei vari ambiti. Il tetto era coperto di coppi.

Da questa descrizione si può notare la permanenza della duplice funzione dell'abitazione: funzione abitativa e funzione masserizia.

I locali masserizi infatti erano molteplici: “legnera”, stalla, “cassina”, camerini per i frutti e per le sementi, a cui si aggiungevano anche “granari” per la conservazione dei prodotti cereali che venivano raccolti nella dimora del proprietario prima di essere venduti. E' lecito supporre che fin tanto che la concezione della vita nobiliare non si slegò da quella di un'attività lavorativa, non ponesse problema ai nobili proprietari il fatto che in una dimora patrizia alcuni locali venissero dati in affitto ad uso di botteghe. Ma col mutare di tale concezione questo divenne un fattore negativo tale da determinare la decadenza e quindi l'abbandono dell'edificio. In seguito esso venne riutilizzato per un altro scopo: opportunamente riadattato esso diventò la casa masserizia della famiglia, continuando a conservare le botteghe verso la strada principale.

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BESOZZO NEL XVIII SECOLO

Le “case da nobile” nel ‘700.

La struttura lineare e austera di queste dimore gentilizie lascia poco spazio ad elementi ornamentali: all'esterno sulla facciata essi si concentrano nel portale, di foggia elegante e ricercata, in conci (lisci o bugnati) o in blocchi unici di pietra variamente scanalata nelle spalle e nelle imposte in rilievo sulle quali si imposta un’arcata variamente decorata a sesto ribassato o, nei portali più antichi, a tutto sesto sovente l’arcata è racchiusa in una cornice poco aggettante, o conclusa da un cornicione che corona il sommo dell’arco.

Altri elementi decorativi della facciata sono le ringhiere in ferro battuto dei balconcini che si aprono, con porte-finestra, al piano superiore sopra il portone d'ingresso o lateralmente ad esso.

Il portale, in genere collocato al centro del fronte, immette con un andito archivoltato nella corte civile, principale, che presenta uno o più lati porticati al piano terreno, mentre raramente vi sono loggiati superiori.

Il porticato nelle facciate prospicienti la corte civile assume la funzione estetica di maggior rilievo: il colonnato quasi sempre d’ordine tuscanico tiene arcate a tutto sesto.

Talvolta le facciate dell’edificio che danno sulla corte civile presentano modanature a scansione verticale o marcapiani aggettanti che arricchiscono la sobrietà e severità della parete. Gli elementi decorativi sono concentrati nel portale con arco e cornice sagomata a coronarne la sommità, e nelle ringhiere di due piccoli balconi laterali al portone.

All'interno la stessa linearità severa della facciata è scandita solo dalla ripartizione delle finestre, mentre risulta alleggerita da un porticato in cinque campate con archi a tutto sesto tenuti da colonne tuscaniche. Le facciate delle due brevi ali laterali che delimitano la corte civile, presentano la stessa scansione di finestre, ma sono prive ai porticati.

A sinistra si perviene ad un piccolo cortile interno di servizio che presenta anch'esso un porticato sorretto da tre colonne simili a quelle della corte principale.

La maggior parte degli edifici di proprietà nobiliare adibiti ad uso di propria abitazione, era allineata lungo il corso della strada principale di fronte alla quale, in posizione centrale, sorge il "centro sacro" del paese Un secondo gruppo di "case nobili" era addensato intorno al castello. Risulta evidente la compenetrazione di edifici masserizi all'interno del paese, mentre le case d'affitto e di propria abitazione del ceto non nobiliare aumentavano verso la parte bassa di Besozzo dove sulle rive del fiume erano concentrati gli edifici delle folle e dei mulini.

Il borgo si qualificava come centro residenziale di un ceto nobiliare che non solo possedeva la totalità delle case civili, delle masserie, delle case d'affitto del paese, ma anche una buona parte delle industrie del borgo ed entrambe le osterie, insieme a più di due terzi di tutto il territorio agricolo del comune.

Il ceto intermedio che comprendeva gli artigiani, i piccoli proprietari ed i piccoli commercianti, si collocava nella fascia mediana del paese, dove più numerose erano le case d'affitto e nella parte a valle, negli edifici annessi agli opifici ed ai mulini.

Il ceto contadino presente anche nel centro del paese, era preponderante fuori dal borgo nelle cascine ubicate sui terreni agricoli.

Rispetto alle osservazioni effettuate nell'esame del volto urbano di Besozzo nei secoli precedenti, poco o nulla è mutato per quanto riguarda la dislocazione dei vari ceti nelle case del paese. Tuttavia gli edifici sono aumentati di numero, seguendo l'incremento della popolazione che contava 834 abitanti nel 1731, un centinaio in più rispetto al secolo precedente che aveva assegnato un periodo in corrispondenza della peste e della guerra.

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Questo aumento della popolazione era in gran parte dovuto all'immigrazione in Besozzo di nuove famiglie provenienti da luoghi diversi: infatti compaiono nuovi cognomi a fianco di quelli che da generazioni costituivano quelli degli abitanti del paese.

Per quanto riguarda la classe nobiliare di Besozzo dobbiamo osservare in questo secolo la continuazione del processo iniziatosi nello scorcio di secolo precedente, che portò ad una pluralità delle famiglie patrizie nel borgo un tempo appartenenti solo ai Besozzi ed ora ad una decina di altri casati.

Benché la classe patrizia era come abbiamo visto proprietaria e detentrice della ricchezza del borgo, nel corso del '700 essa tese ad allontanarsene, spostando la sede della propria abitazione a Milano.

Le case da nobile vennero quindi lasciate agli "agenti" a cui era affidata la conduzione e l'amministrazione delle proprietà fondiarie.

Questo ceto di amministratori si trasformò più tardi nel corso del sec. XIX in un ceto di fittabili, "affittuari imprenditori", che grazie all'affittanza di una vasta proprietà, ed all'investimento di capitali nei fondi, presero in mano le redini della conduzione agraria, togliendola definitivamente al ceto nobiliare che a partire dal sec XVII si era andato progressivamente disinteressando alla conduzione diretta di questo settore.

La nuova classe borghese degli imprenditori, degli industriali, dei commercianti condusse nel corso del '700 ed ancora più massicciamente nell' ‘800 in tutti i settori la sua guerra vincente contro il patriziato che venne letteralmente spazzato via dalla vita economica e sociale del borgo: se esaminiamo il catasto di Besozzo del 1870 ci rendiamo conto dell'impressionante trasformazione verificatasi nell'arco di un secolo:

case civili masserie, fabbriche, mulini sono ormai di proprietà borghesi che soprattutto per quanto riguarda il settore industriale, ha già promosso una conduzione a carattere capitalistico.

Giunse così alla fine un processo che, sebbene sommariamente, è stato riassunto nel corso di tre secoli: se durante il sec. XVI la classe nobiliare con i propri investimenti e con il proprio diretto controllo creò lo sviluppo e la crescita urbana del borgo in tutti i suoi aspetti ed in tutti i suoi settori, essa è andata perdendo poco a poco nel corso del sec. XVII l'iniziativa economica, chiudendosi nell'investimento fondiario dal quale non desiderava ottenere che una rendita necessaria al proprio vivere "civile”. Infine nel corso del sec. XVIII e XIX essa affidò completamente l’iniziativa prima ad amministratori borghesi, poi rinunciando anche alla proprietà, vendendo i propri possessi, insieme alle proprie dimore patrizie, al nuovo ceto imprenditoriale.

Quest’ultima fase, del processo di sviluppo dell'economia di Besozzo, che investe l'arco di due secoli, trova il suo riscontro nell’evolversi e nel trasformarsi dello stesso borgo, nella struttura o nella quantità dei propri edifici, siano essi d'abitazione o

"industriali".

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La torre barbarica nel centro di Besozzo Superiore

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Casa Brioschi, già Adamoli: Castello di Besozzo.

Olio di A. Raulin, 1841

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Casa Brioschi, già Adamoli: portale d’ingresso in gneiss

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Casa Cadario, già Besozzi di Castelbesozzo

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Casa Besozzi-Luini. Portale in marmo della Val d’Ossola

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Veduta di Besozzo Superiore (1960). Casa Adamoli e resti del Castello Veduta di Besozzo Superiore (1960). Chiesa Parrocchiale e Chiesa di S. Nicone

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ingegnere Roberto Pozzi architetto

Studio associato INGEGNERIA ARCHITETTURA URBANISTICA

I-21040 Morazzone Via Europa 54 Tel 0332 870777 Fax 0332 870888 Info@saproject.it www.saproject.it

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Documento depositato presso la Societa’ Italiana Autori ed Editori (SIAE) Tutti i diritti sono riservati. Vietata la riproduzione non autorizzata

Veduta panoramica di Besozzo alla fine dell’’800

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Maurizio Mazzucchelli architetto Alberto Mazzucchelli

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Domenico De Bernardi. Nevicata a Besozzo, 1947

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