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2 Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo; decreto 15 febbraio 2021; Giudice Est. de Marco, P.M. Leoni; Proc. reg. Abruzzo c. Omissis e altri.

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Sezioni giurisdizionali regionali Abruzzo

12 – Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo; sen- tenza 4 febbraio 2021; Pres. (f.f.) Valente, Rel. Pepe, P.M. D’Alessandro; Proc. reg. Toscana c. Omissis e altri.

Responsabilità amministrativa e contabile – Di- pendente pubblico – Falsa attestazione della pre- senza in servizio – Risarcimento del danno non pa- trimoniale – Quantificazione – Criteri.

Cost., art. 103; c.c., art. 1226; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato, art. 83; l. 14 gennaio 1994, n. 20, disposizioni in materia di giuri- sdizione e controllo della Corte dei conti, art. 1; d.lgs.

30 marzo 2001, n. 165, norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, art. 55-quater, c. 3-quater.

La falsa attestazione della presenza in servizio da parte di un pubblico dipendente configura una con- dotta antigiuridica che determina l’obbligo di risarci- re il conseguente danno non patrimoniale, previsto dalla legislazione speciale, quantificabile equitativa- mente in base a criteri di carattere oggettivo, sogget- tivo e sociale, e suscettibile di riduzione in base alla tenuità del fatto e alle apprezzabili condizioni sogget- tive del dipendente. (1)

(1) I criteri risarcitori del risarcimento del danno all’immagine da falsa attestazione della presenza in servizio La pronuncia definisce i criteri risarcitori del danno all’immagine, all’esito della sentenza costituzionale 10 aprile 2020, n. 61 (ex multis, in questa Rivista, 2020, fasc. 2, 277, con nota di M. Binda, La Corte costituzionale afferma le illegittimi- tà delle disposizioni sul danno all’immagine causato dal di- pendente assenteista).

In particolare, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’ultimo periodo dell’art. 55-quater d.lgs. n. 165/2001, c. 3-quater, se- condo cui “l’ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rile- vanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l’eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia”.

In merito ai criteri di quantificazione di carattere “puramen- te” equitativo, la sentenza ha illustrato, quali parametri utiliz- zabili, elementi di natura soggettiva (la qualifica posseduta dal convenuto al momento del commesso illecito); oggettiva (la natura del fatto, le modalità di perpetrazione dell’evento pre- giudizievole, la reiterazione dello stesso) e sociale (il disvalore, conseguente all’oggettiva gravità della vicenda e alla sua diffu- sione mediatica).

Resta ferma, secondo la pronuncia, la possibilità di utilizza- re il c.d. potere riduttivo (previsto dall’art. 83 del r.d. n.

2440/1923), per l’ipotesi di ricorrenza di peculiari evenienze quali la tenuità del fatto (conseguente alla modesta entità oraria complessiva delle assenze, al limitato clamor fori e alla man- sione non elevata esercitata dal responsabile) e situazioni sog-

2 – Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo; decreto 15 febbraio 2021; Giudice Est. de Marco, P.M. Leoni;

Proc. reg. Abruzzo c. Omissis e altri.

Processo contabile – Enti locali – Amministratori e revisori dei conti – Giudizio per l’applicazione di sanzioni pecuniarie – Dissesto finanziario – Accer- tamento – Conseguenze.

Cost., art. 103; c.g.c. artt. 133, 136; l. 14 gennaio 1994 n. 20, disposizioni in materia di giurisdizione e con- trollo della Corte dei conti, art. 1; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, art. 248, cc. 5, 5-bis.

Soggiacciono, oltre che alle sanzioni interdittive espressamente previste, anche a una sanzione pecu- niaria, gli amministratori e i revisori che abbiano, in- dipendentemente dalla produzione di un danno era- riale, concorso al dissesto dell’ente locale;

l’accertamento incidentale della responsabilità di tale evento ha luogo, peraltro, nell’ambito dello stesso procedimento sanzionatorio di applicazione della re- lativa sanzione pecuniaria.

* * * Calabria

120 – Sezione giurisdizionale Regione Calabria; sen- tenza 28 aprile 2020; Pres. Loreto, Est. Contino; P.M.

Pallone; Proc. reg. Calabria c. M.M.

Responsabilità amministrativa e contabile – Docente – Rapporto di lavoro a tempo pieno ed esclusivo – Titolarità pro quota di società – Attività extraistituzionale non autorizzabile – Prova dell’interferenza sul diligente esercizio delle mansioni di pubblico dipendente – Necessità.

Cost., artt. 97, 98; c.g.c., art. 1; d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, t.u. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, artt. 53, c. 7, 60; d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico im- piego, a norma dell’art. 2 della l. 23 ottobre 1992, n.

421; l. 23 dicembre 1996, n. 662, misure di razionalizzazione della finanza pubblica, art. 1, c. 56 e 60; d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, art. 53, c. 1, 6, 7; l. 6 novembre 2012, n. 190, disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, art. 1, c.

42, lett. d).

La responsabilità da attività extraistituzionale non autorizzabile non ha natura oggettiva o formale con gettive (il particolare ambiente di lavoro e le condizioni di salu- te del convenuto). [A.LUBERTI]

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conseguente esclusione di automatismi; ne discende che, nell’ipotesi in cui un docente, in regime di tempo pieno ed esclusivo, risulti titolare pro quota di una società in nome collettivo, occorre un sufficiente corredo probatorio a sostegno della pretesa erariale in difetto del quale il convenuto deve essere prosciolto dall’addebito. (1)

Diritto – (Omissis) 5. Passando al merito, la causa petendi dell’azione di responsabilità esercitata dal Procuratore regionale nei confronti del convenuto è fondata sulla violazione del principio di esclusività del rapporto di lavoro intrattenuto con la pubblica ammi- nistrazione.

Al fine di inquadrare correttamente la fattispecie, occorre svolgere alcune considerazioni in ordine alla disciplina del regime delle incompatibilità previsto dal legislatore per i pubblici dipendenti.

Come rimarcato nella sentenza n. 54/2015 della Sezione Lombardia, “il rapporto di lavoro con il dato- re pubblico è storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibili- tà, in base al quale al dipendente pubblico, nei limiti infraprecisati, è preclusa la possibilità di svolgere at- tività extralavorative”.

Il principio di esclusività che regge il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione trova la sua genesi nell’art. 98 della Costituzione, secondo cui il pubblico impiegato è al servizio esclusivo della Na- zione, al fine di conseguire l’obiettivo di garantire l’imparzialità, l’efficienza ed il buon andamento della pubblica amministrazione nel rispetto dei principi sanciti dal precedente art. 97.

Dal principio di esclusività discende una generale incompatibilità degli incarichi esterni con i doveri d’ufficio e ciò allo scopo di salvaguardare le energie lavorative del pubblico dipendente, necessarie per il raggiungimento dei fini istituzionali della pubblica amministrazione. Infatti, la scelta per un diverso cen- tro di interessi, rispetto al pubblico ufficio, mediante l’esercizio di attività extra istituzionale contraddistinta da professionalità, abitualità e intensità potrebbe tur- bare sia la regolarità del servizio, sia l’indipendenza del pubblico impiegato e, conseguentemente, il presti- gio della stessa pubblica amministrazione (Corte con- ti, Sez. giur. reg. Lombardia, n. 54/2015 e n.

22016/2014 [recte: n. 216/2014]).

Sul piano della legislazione ordinaria, il principio di esclusività della funzione pubblica è disciplinato dall’art. 60 del t.u. n. 3/1957 che afferma:

“L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impie- ghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di (1) Segue la nota di M.T. Stile, Le attività extraistituzionali

“non autorizzabili” svolte dal docente scolastico e la mancata configurabilità di una responsabilità amministrativa sanziona- toria.

cariche in società o enti per le quali la nomina è ri- servata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”. Il succes- sivo art. 63 dispone la decadenza dall’impiego nell’ipotesi in cui la situazione di incompatibilità non sia stata rimossa.

La disciplina delle incompatibilità venne, in segui- to, estesa dall’art. 58 del d.lgs. n. 29/1993 (poi abroga- to dal d.lgs. n. 165/2001) anche agli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni che non trovavano copertura in una norma di legge o in altre fonti norma- tive.

Successivamente, l’art. 1, c. 60, l. n. 662/1996 (legge finanziaria 1997) affermava che “Al di fuori dei casi previsti al c. 56, al personale è fatto divieto di svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra fonte normati- va ne prevedano l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza e l’autorizzazione sia stata concessa. La richiesta di au- torizzazione inoltrata dal dipendente si intende accol- ta ove entro trenta giorni dalla presentazione non venga adottato un motivato provvedimento di dinie- go”. Il c. 56 citato introduceva l’istituto del part time al 50 per cento al fine di superare il divieto del cumulo di impieghi.

Infine, l’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 dopo aver premesso (c. 1) che resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità assolute dettata dagli artt. 60 ss. del t.u. n. 3/1957, pone il di- vieto di svolgere incarichi retribuiti che non siano preventivamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza (c. 7), precisando al precedente c. 6 che i divieti non si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo par- ziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno.

Tanto premesso, l’ufficio di Procura ha contestato al M. di aver svolto nel periodo intercorrente tra il 1997 e il 2008 attività di commercio assolutamente incompatibile con il proprio rapporto di lavoro a tem- po pieno ed esclusivo con l’Università, non autorizza- ta o non autorizzabile, che il legislatore sanziona, sot- to il profilo disciplinare, con la decadenza dall’ufficio.

Peraltro, in questi termini si è espressa anche la Procu- ra.

Dallo svolgimento di tale attività, secondo la pro- spettazione dell’attore pubblico, sarebbe derivato un danno di euro 152.208,87 corrispondente alla viola- zione del dovere di esclusività, che il requirente quan- tifica nella misura del 50 per cento delle retribuzioni di lavoro dipendente percepite nel medesimo periodo temporale.

6. Rispetto a tale tipologia di attività, come costan- temente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa e contabile, la ratio del divieto deve essere individuata nella necessità di garantire la riserva delle energie la- vorative del dipendente pubblico ad esclusivo vantag- gio dell’amministrazione di appartenenza, non poten- dole costui dissipare esercitando ulteriori attività che

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lo distolgano dal dovere di dedizione che egli deve al proprio datore di lavoro.

Il divieto di svolgere le attività incompatibili pre- viste dall’art. 60 del d.p.r. n. 3/1957, è stato disposto, infatti, “per preservare le energie del lavoratore e per tutelare il buon andamento della pubblica amministra- zione, che risulterebbe turbato dall’espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto.

Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rive- stito, implicanti un’attività caratterizzata da intensità, continuità e professionalità, potrebbero turbare la re- golarità del servizio o attenuare l’indipendenza del la- voratore pubblico e il prestigio della pubblica ammini- strazione “(Sez. giur. reg. Lombardia, n. 54/2015, n.

216/2014.

Tanto premesso, occorre tuttavia precisare che, in ordine alla posta risarcitoria in esame, la giurispru- denza di questa Corte ha ripetutamente chiarito che,

“affinché la domanda possa essere accolta, è necessa- ria la prova di un danno erariale, non essendo previ- sta un’ipotesi di danno in re ipsa sulla sola scorta del- la presunta violazione di una norma di legge, quale quella che disciplina il regime delle incompatibilità”.

Più precisamente, “l’elemento oggettivo del danno non può essere ritenuto conseguenza automatica dell’esercizio di un’attività extraistituzionale e identi- ficato nella (presunta) illecita sottrazione di energie lavorative ed intellettuali alla pubblica amministra- zione di appartenenza, ma, al contrario, deve essere positivamente e concretamente dimostrato attraverso la prova di una riscontrata minore resa del servizio, con abbassamento quantitativo e qualitativo delle prestazioni” (Sez. giur. reg. Calabria, n. 378/2013;

negli stessi termini, ex plurimis: Sez. giur. reg. Trenti- no-Alto Adige, Bolzano, n. 17/2012; Sez. I centr. app., n. 836/2014; n. 56/2018), id est, nel caso dei docenti universitari, attraverso la prova di un concreto pregiu- dizio al buon andamento dell’attività didattica (Sez. I centr. app., n. 188/2019).

Orbene, nella fattispecie in esame il Procuratore regionale non ha fornito alcuna prova in ordine alla sopra citata “minore resa del servizio, con abbassa- mento quantitativo e qualitativo delle prestazioni”, anzi, nella documentazione versata agli atti vi è la prova che l’attività extraistituzionale svolta dall’insegnante non ha causato alcun turbamento alla regolarità del servizio istituzionale.

Vi è, infatti, agli atti una nota che riassume tutte le assenze fatte dal convenuto negli ultimi undici anni di servizio e tutti gli incarichi extracurriculari espletati nell’ambito della propria attività istituzionale.

Dalla nota citata (allegato n. 10 alla memoria di costituzione) emerge che nell’arco di undici anni, il M. è stato assente solo venti giorni per motivi di fami- glia-personali (circa due all’anno), mentre le altre as- senze sono riferibili a ferie o a motivi di malattia. Ri- sulta, altresì, che al convenuto è stato affidato dal col- legio dei docenti l’incarico di responsabile del labora- torio di meccanica in data 3 settembre 2003; che in

data 18 settembre 2003 è stato nominato responsabile della vigilanza degli alunni e della sicurezza dell’edificio; che in data 23 settembre 2004 gli è stato affidato l’incarico di referente e responsabile dei corsi previsti nel Progetto “studenti in strada”; che in data 24 settembre 2004 è stato nominato responsabile della vigilanza del plesso meccanico-termico per gli anni scolastici dal 2004-2005 al 2007-20076.

Ritiene il collegio, dunque, che il M. non solo ab- bia svolto regolarmente la propria attività istituzionale curriculare, ma si sia anche reso disponibile, presso la propria istituzione scolastica, a svolgere attività extra- curriculare non obbligatoria.

A fronte di tali circostanze, la Procura non ha de- dotto alcunché al fine di provare che lo svolgimento dell’attività extraistituzionale da parte del M. abbia turbato concretamente la regolarità del servizio, cau- sando così il danno erariale chiesto in citazione.

Peraltro, che l’attività extraistituzionale svolta dal M. sia stata effettivamente pregiudizievole al perse- guimento dei doveri di servizio non può dedursi nean- che dalla disamina dell’attività extraistituzionale in concreto svolta dallo stesso.

Nella fattispecie all’esame, invero, gli unici ele- menti di cui dispone il collegio sono: che l’insegnante era titolare al 50 per cento di una società in nome col- lettivo denominata Omissis, insieme al fratello Omis- sis e che tale società aveva come oggetto sociale il commercio e il deposito di gasolio ed oli minerali per il riscaldamento.

Quale impegno abbia richiesto al convenuto lo svolgimento di tale attività e come esso abbia interfe- rito sul diligente esercizio delle mansioni di dipenden- te pubblico in regime di tempo pieno, tuttavia, la Pro- cura non lo ha provato, né è dato desumerlo dagli atti di causa.

Il che consente di condividere quanto affermato dal convenuto in ordine alla impossibilità, nella specie, di ipotizzare in via automatica un danno erariale, ed una conseguente responsabilità da lesione del vincolo con- trattuale, in assenza di alcun concreto elemento di prova.

Diversamente, infatti, si finirebbe per attribuire na- tura oggettiva o formale alla responsabilità scaturente da illecito svolgimento di attività extraistituzionale non autorizzabile. Peraltro, proprio con riferimento all’attività extraistituzionale, la Prima sezione d’appello ha chiarito che “in nessun caso il danno era- riale potrebbe essere ravvisato quale effetto automati- co della mera violazione di norme” (Sez. I centr. app., n. 356/2012). Concetto ribadito con la sent. n.

192/2018 ove la medesima Sezione, in un caso analo- go, ha sostenuto: “in realtà, la sussistenza, in ciascun caso concreto, di un danno per l’amministrazione di appartenenza, deve comunque essere provato”.

Il collegio, dunque, ritiene che agli atti non vi sia prova che l’attività extraistituzionale svolta dal con- venuto abbia compromesso gli interessi perseguiti dal legislatore con il dovere di esclusiva.

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Alla luce di tutto quanto sin qui evidenziato, l’atto di citazione non può trovare accoglimento.

Si liquida a favore del convenuto mandato assolto la somma di euro 1.500 a titolo di refusione delle spe- se sostenute per la difesa nel presente giudizio, da por- re a carico dell’amministrazione di appartenenza.

P.q.m., la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, rigetta la domanda attrice.

Le attività extraistituzionali “non autorizzabili”

svolte dal docente scolastico e la mancata configu- rabilità di una responsabilità amministrativa san- zionatoria

Sommario: 1. Premessa. – 2. La vicenda processuale.

– 3. La disciplina delle attività extraistituzionali nel “comparto scuola” del pubblico impiego. – 4. I principi applicabili al caso in trattazione tra responsabilità risarcitoria e responsabilità sanzionatoria pecuniaria.

1. Premessa

Con la decisione che si annota (1) la Sezione giuri- sdizionale calabrese della Corte dei conti aggiunge un ulteriore tassello alla querelle del regime di incompa- tibilità dei docenti scolastici, sollecitando un appro- fondimento sul tema della natura della responsabilità contabile prevista dall’art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e sulla sua qualificazione in termini di respon- sabilità sanzionatoria pecuniaria ovvero risarcitoria prevista dalla norma.

La decisione in epigrafe propone una soluzione in- terpretativa in ordine alla responsabilità contabile, prevista dall’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 (2), in ter- mini risarcitori, soffermandosi, in particolare, sulla prova del danno all’amministrazione, derivante dallo svolgimento di attività vietate o non autorizzate, che la Procura regionale deve offrire al fine della effettiva configurabilità del danno erariale.

La sentenza in esame, nel ritenere che lo svolgi- mento dell’attività extraistituzionale non autorizzabile del docente scolastico configuri un’ipotesi di respon- sabilità risarcitoria, prende posizione sulla questione, già oggetto di annosi contrasti giurisprudenziali, non fugando, tuttavia, dubbi e incertezze interpretative, che continuavano a permanere in giurisprudenza come in dottrina, fino alla sentenza delle Sezioni riunite n.

26/2019/Qm (3).

(1) Corte conti, Sez. giur. reg. Calabria, 28 aprile 2020, n. 120.

(2) Cfr.D. Mezzacapo, Art. 53. Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi, in Aa.Vv., L’impiego pubblico. Commen- to al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Milano, Giuffrè, 2003, 852 ss.; amplius, sul regime delle incompatibilità, cfr. V. Tenore, Le incompatibilità nel pubblico impiego, gli incarichi, le consu- lenze e l’anagrafe delle prestazioni, Roma, Epc, 2008, 8 ss.

(3) Corte conti, Sez. riun. giur., 31 luglio 2019, n. 26, in questa Rivista, 2019, fasc. 5, 179.

2. La vicenda processuale

La pronunzia della Sezione giurisdizionale della Calabria in commento ha ad oggetto il caso di un do- cente a tempo indeterminato che aveva costituito una società in nome collettivo, per il commercio e il depo- sito di gasolio ed oli minerali per il riscaldamento con una quota sociale pari al cinquanta per cento.

In particolare, in relazione ad una segnalazione anonima pervenuta, la Procura regionale delegava la Guardia di finanza all’espletamento dell’attività istrut- toria e, a seguito degli esiti di indagine, notificava al pubblico dipendente invito a dedurre cui faceva segui- to atto di citazione con cui, contestata la responsabilità contabile per violazione dell’art. 60 del d.p.r. n.

3/1957, richiedeva il risarcimento del danno erariale quantificato, in via equitativa, nel 50 per cento delle somme percepite a titolo di emolumenti retributivi.

La Sezione giurisdizionale per la Calabria, chiama- ta, a pronunciarsi sul caso, dopo aver ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, non ravvisava nella fattispecie, in assenza di prova, la sussistenza del danno erariale laddove, ai sensi delle norme sull’incompatibilità, non sarebbe prevista un’ipotesi di danno in re ipsa.

Più precisamente il collegio riteneva che l’elemento oggettivo del danno non potesse essere ri- tenuto conseguenza automatica dell’esercizio di un’attività extraistituzionale non autorizzabile e iden- tificato nella presunta illecita sottrazione di energie lavorative ed intellettuali alla istituzione scolastica di appartenenza.

Secondo la Corte territoriale, al contrario, il danno erariale deve essere positivamente e concretamente dimostrato attraverso la prova di una riscontrata mino- re resa del servizio del pubblico dipendente, con ab- bassamento quantitativo e qualitativo delle sue presta- zioni attraverso la prova di un concreto pregiudizio al buon andamento dell’attività didattica (4).

La Corte, a fondamento della tesi secondo cui il danno, per il quale può essere richiesto il risarcimento in sede contabile, deve consistere nella provata minore resa in servizio del pubblico dipendente comportante un turbamento alla regolarità del servizio istituzionale, cita una serie di precedenti (5) che, a ben vedere, non (4) Cfr., ex multis: Sez. giur. reg. Trentino-Alto Adige, Bolzano, n. 17/2012; Sez. I centr. app., n. 836/2014; 5 febbraio 2018, n. 56.

(5) La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Cala- bria, nella sent. n. 120/2020, in commento, si riferisce esplici- tamente all’orientamento espresso dalla medesima sezione con la sent. 12 dicembre 2013, n. 378. In particolare, nel citato pre- cedente, la Corte si pronunciava in merito alla responsabilità contabile del Direttore generale dell’Azienda sanitaria provin- ciale di Cosenza per la profilata violazione delle norme in ma- teria di incompatibilità. In specie, la Corte, pur rilevando che il Direttore generale risultava amministratore di una società, non rintracciava la responsabilità dello stesso laddove la società era risultata inattiva e lo stesso non aveva percepito alcun compen- so. In altro precedente, Corte conti, Sez. giur. reg. Trentino- Alto Adige, Bolzano, 7 settembre 2012, n. 17, il collegio, rite-

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possono in alcun modo considerarsi pertinenti ad av- valorare la lettura delle norme in materia di incompa- tibilità offerta dal collegio.

Pertanto, partendo dai principi precisati nei richia- mati precedenti, ma espressi per fattispecie diverse e non assimilabili a quella sottoposta al suo vaglio, la Corte sostiene l’impossibilità di ipotizzare in via au- tomatica un danno erariale, ed una conseguente re- sponsabilità contabile, in assenza di alcun concreto elemento di prova, poiché, a dire del collegio, si fini- rebbe “per attribuire natura oggettiva o formale alla responsabilità scaturente da illecito svolgimento di attività extraistituzionale non autorizzabile”, citando ancora, a fondamento della prospettata tesi, due pre- cedenti della Sezione I d’appello che, con riferimento all’attività extraistituzionale, precisavano che “in nes- sun caso il danno erariale potrebbe essere ravvisato quale effetto automatico della mera violazione di norme” ed “in realtà, la sussistenza, in ciascun caso concreto, di un danno per l’amministrazione di appar- tenenza, deve comunque essere provato” (6).

nendo che l’art. 53, c. 7, delinei, nel nostro ordinamento, un vero e proprio sistema sanzionatorio contabile, a carattere emi- nentemente punitivo, condannava un professore associato a tempo pieno presso la Libera Università di Bolzano a riversare all’Ateneo, ai sensi della detta norma, gli “importi illecitamente trattenuti” per tutta una serie di attività extraistituzionali esple- tate ma non autorizzate. Ancora, nel precedente richiamato dal- la sentenza in commento, Sez. I centr. app., 5 febbraio 2018, n.

56, la Corte si pronunciava in merito alla responsabilità conta- bile di un dipendente, part time, del Comune di Bologna, che svolgeva, in assenza di autorizzazione, attività di medico con- venzionato con la Ausl di Piacenza. Ebbene, la Corte, pur non aderendo alla teoria secondo cui l’art. 53, c. 7, prevederebbe una responsabilità sanzionatoria, ciò non di meno, condannava il dipendente al risarcimento del danno arrecato all’ente locale in conseguenza del rilascio di permessi motivati variamente (ferie, recupero straordinario, permessi retribuiti e permessi assistenziali di cui all’art. 33, c. 3, l. n. 104/1992), che in realtà avevano l’unico fine dello svolgimento del rapporto di lavoro, da parte dell’appellante, come medico convenzionato presso l’Azienda Sanitaria di Piacenza. Infine, il collegio calabrese richiama altresì Corte conti, Sez. I centr. app., 12 settembre 2012, n. 188, in cui la Corte si pronunciava in merito alla re- sponsabilità contabile di un dipendente, ricercatore di ruolo a tempo pieno dell’Università di Bologna, risultante, altresì, am- ministratore di una società e non rintracciava la responsabilità dello stesso laddove l’incarico era solo formale ed era stato svolto in mancanza di qualunque compenso da parte dell’interessato.

(6) La Corte, nella sentenza in commento, richiama, ancora una volta, dei precedenti in cui la Sezione I d’appello, in specie il precedente di cui alla sent. n. 192/1998, aveva escluso la re- sponsabilità contabile e non aveva ravvisato gli estremi per il risarcimento di un danno erariale nel caso di un professore or- dinario a tempo pieno che era stato nominato presidente del Consiglio di amministrazione di una società, laddove la viola- zione delle norme, era stata solo nominale, poiché il professore non aveva espletato di fatto alcuna attività e non aveva percepi- to per la detta carica alcun compenso. Pertanto, la Sezione I d’appello aveva rigettato l’impugnativa della Procura regionale, avverso la sentenza di primo grado, evidenziando che per escludere la responsabilità contabile ed il risarcimento del dan- no erariale in caso di svolgimento di attività extraistituzionali

3. La disciplina delle attività extraistituzionali nel

“comparto scuola” del pubblico impiego

Al fine di inquadrare correttamente la tematica ine- rente la possibilità per i docenti scolastici di svolgere attività non riconnesse al servizio occorre operare una lettura della normativa di settore, sia con riferimento a quella generale inerente il pubblico impiego, che a quella specifica inerente il “comparto scuola”.

Com’è noto il d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, all’art.

60, prevede i casi di incompatibilità (7) del dipendente pubblico precisando che: “l’impiegato non può eserci- tare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accet- tare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenu- ta l’autorizzazione del Ministro competente”.

Inoltre il d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, all’art. 53, avente ad oggetto la “Incompatibilità, cumulo di im- pieghi e incarichi” prevede, al c. 1, che: “Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle in- compatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3”.

In particolare, il medesimo art. 53, al c. 6, prevede che: “I commi da 7 a 13 del presente articolo si appli- cano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2, compresi quelli di cui all’art. 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non supe- riore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libe- ro-professionali. Sono nulli tutti gli atti e provvedi- menti comunque denominati, regolamentari e ammini- strativi, adottati dalle amministrazioni di appartenen- za in contrasto con il presente comma. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli inca- richi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi non autorizzabili, sarebbe necessario, non certo provare il dan- no effettivo subito dall’amministrazione di appartenenza bensì, provare, se l’attività extraistituzionale sia stata effettivamente prestata e se, per detta attività, il pubblico dipendente abbia percepito un compenso. Il collegio, quindi, motivava la deci- sione, su un rilievo diverso da quello sostenuto dalla sentenza in commento e fondato sull’impossibilità di una condanna per responsabilità contabile al risarcimento del danno erariale, sulla base di un’inammissibile ipotesi di responsabilità automatica solo formale in assenza di un’oggettiva violazione delle norme.

(7) Sulle incompatibilità nel pubblico impiego, cfr., M.

D’Aponte, Commento all’art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001, in G.

Amoroso et al.,Il diritto del lavoro, III, Il lavoro pubblico, Mi- lano, 2019, 439 ss.; R. De Luca Tamajo, O. Mazzotta, Com- mentario breve alle leggi sul lavoro. Commento all’art. 53 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Milano, Giuffrè, 2018, 1848 ss.;

V. Tenore, Le attività extraistituzionali e le incompatibilità per il pubblico dipendente, in Il lavoro nelle pubbliche amministra- zioni, Torino, Giappichelli, 2007, 6, 1097 ss.

(6)

231

forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivan- ti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclo- pedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; c) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali è cor- risposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; f) da incarichi conferiti dalle organizza- zioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; f-bis) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica ammi- nistrazione nonché di docenza e di ricerca scientifi- ca”.

Il successivo c. 7, del medesimo art. 53, prevede che: “I dipendenti pubblici non possono svolgere in- carichi retribuiti che non siano stati conferiti o pre- viamente autorizzati dall’amministrazione di apparte- nenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità di- sciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di ap- partenenza del dipendente per essere destinato ad in- cremento del fondo di produttività o di fondi equiva- lenti. 7-bis. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti” (8).

L’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 prevede, quindi, una tripartizione delle attività extraistituzionali, di- stinguendo tra: a) attività assolutamente incompatibili (9) e non autorizzabili, ex art. 53, c. 1, d.lgs. n.

165/2001, ovvero quelle attività caratterizzate da con- tinuità e non occasionalità, costituite dalle classiche attività professionali, imprenditoriali e commerciali, previste dall’art. 60 del d.p.r. n. 3/1957, cui lo stesso art. 53, c. 1, rinvia. Tale ultima norma va, inoltre, letta in combinato disposto con alcune norme della legisla- zione scolastica, che prevedono ulteriori ipotesi di at- tività non autorizzabili e, quindi, di incompatibilità assoluta; b) attività liberalizzate, ex art. 53, c. 6, ovve- ro quelle attività esercitabili senza la previa autorizza- zione da parte del dirigente scolastico, in quanto espressione della libertà di pensiero prevista dall’art.

21 Cost., nonché dall’art. 33 Cost.; c) attività autoriz- zabili, ex art. 53, c. 7, ossia quelle saltuarie ed occa-

(8) Cfr. G. Albo, Il danno da omesso versamento del com- penso da parte del dipendente pubblico indebito percettore, in A. Canale et al., (a cura di), La Corte dei conti. Responsabilità, contabilità, controllo, Milano, Giuffrè, 2019, 383.

(9) Cfr. M. Rossi, Le norme generali in materia di incom- patibilità, cumulo di impieghi e incarichi, in V. Tenore(con il coordinamento di), Le incompatibilità per i pubblici dipendenti, le consulenze e gli incarichi dirigenziali esterni, Milano, Giuf- frè, 2014, 121 ss.

sionali, per le quali vige un regime di incompatibilità relativa, che necessitano di una previa autorizzazione.

Dalla richiamata norma, si desume quindi che lo status giuridico ed economico dei dipendenti pubblici è contraddistinto da uno specifico divieto, poiché i medesimi non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, e che dalla inosservanza di tale divieto discende, salve le più gra- vi sanzioni e ferma restando la responsabilità discipli- nare, l’obbligo automatico, con adempimento a cura dell’erogante od in difetto del percettore, di versare il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, per essere destinato ad incremento del fondo di pro- duttività o di fondi equivalenti.

Per quanto riguarda il personale docente le situa- zioni di incompatibilità sono state espressamente pre- viste e disciplinate dai cc. 7 e 10 dell’art. 508 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, in ragione dei quali

“l’ufficio di docente, di direttore didattico, di preside, di ispettore tecnico e di ogni altra categoria di perso- nale prevista dal presente titolo non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico” ed il medesimo personale “non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mante- nere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro”.

Va evidenziato che il medesimo art. 508, al suc- cessivo c. 15, prevede che: “al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didatti- co o del preside, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compa- tibili con l’orario di insegnamento e di servizio”.

Dal tenore delle citate norme, appare chiaro che, i docenti beneficiano di un particolare regime derogato- rio rispetto al resto del pubblico impiego previsto dall’art. 508 per il quale è consentito l’esercizio di li- bere professioni, anche a tempo pieno, purché:

1) non siano di pregiudizio alla funzione docente;

2) siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio;

3) siano esplicate previa autorizzazione del Diri- gente scolastico.

Va altresì precisato che la l. 23 dicembre 1996, n.

662 ha mitigato il tradizionale dovere di esclusività prevedendo, per il dipendente pubblico, con rapporto di lavoro a tempo ridotto, la possibilità di svolgere an- che altra attività lavorativa subordinata o autonoma, preventivamente autorizzata purché non risulti in con- flitto con gli interessi dell’amministrazione.

In particolare, l’art. 1, c. 60, l. n. 662/1996, preve- de, al di fuori dei casi previsti dal c. 56 (10), che al

(10) Cfr. art. 1, c. 56, l. n. 662/1996, secondo cui: “Le di- sposizioni di cui all’art. 58, c. 1, d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le disposizioni

(7)

232

personale “è fatto divieto di svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra fonte normativa ne prevedano l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza e l’autorizzazione sia stata concessa. La richiesta di autorizzazione inoltrata dal dipendente si intende accolta ove entro trenta giorni dalla presenta- zione non venga adottato un motivato provvedimento di diniego”.

Il successivo art. 1, c. 61 prevede altresì che: “La violazione del divieto di cui al c. 60, la mancata co- municazione di cui al c. 58, nonché le comunicazioni risultate non veritiere anche a seguito di accertamenti ispettivi dell’amministrazione costituiscono giusta causa di recesso per i rapporti di lavoro disciplinati dai contratti collettivi nazionali di lavoro e costitui- scono causa di decadenza dall’impiego per il restante personale”. Inoltre, il c. 62, precisa che le verifiche a campione sui dipendenti delle pubbliche amministra- zioni, finalizzate all’accertamento dell’osservanza del- le disposizioni di cui ai citati commi, sono svolte dal Dipartimento della funzione pubblica, che può avva- lersi dei servizi ispettivi delle amministrazioni interes- sate nonché, d’intesa con il Ministero delle finanze, della Guardia di finanza anche ai fini dell’accertamento delle relative violazioni tributarie (11).

Sul punto il c.c.n.l. “comparto scuola” del 4 agosto 1995, all’art. 46, c. 9, prevede che “al personale è consentito, previa motivata autorizzazione del capo di istituto, l’esercizio di altre prestazioni di lavoro che non arrechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incompatibili con le attività di istituto”.

Pertanto, alla stregua delle disposizioni previste dall’art. 1, c. 60, l. n. 662/1996, dall’art. 508 (12) del

di legge e di regolamento che vietano l’iscrizione in albi pro- fessionali non si applicano ai dipendenti delle pubbliche am- ministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con pre- stazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno”.

(11) Cfr. V. Tenore, La nuova Corte dei conti: responsabi- lità, pensioni, controlli, Milano, Giuffrè, 2008, che sostiene che sono atti di impulso per la Procura contabile, pienamente utiliz- zabili, le denunce anonime, in assenza di espresse preclusioni normative e non potendosi applicare il divieto dell’art. 333, co.

3 del c.p., in quanto rinviene una propria ratio nelle caratteristi- che tipiche del processo penale; contra M. Sciascia, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffrè, 2004, che pro- pende per la non utilizzabilità, come atti di impulso, di dette denunce anonime, perché potrebbero fomentare indagini inutili involgenti rispettabili funzionari e amministratori.

(12) Nello specifico, ai sensi dell’art. 508, c. 15, d.lgs. n.

297/1994, i docenti possono espletare l’attività lavorativa su- bordinata di pubblico dipendente a tempo pieno e l’esercizio di una attività autorizzabile, previo rilascio dell’apposito assenso da parte del dirigente scolastico nella sua qualità di “datore di lavoro”. Cfr. Corte conti, Sez. giur. reg. Lombardia, 16 aprile 2015, n. 54, secondo cui: “il rapporto di lavoro con il datore pubblico è storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibilità, in base al quale

d.lgs. n. 297/1994, nonché dall’art. 53, c. 6, d.lgs. n.

165/2001, i docenti delle scuole godono di un partico- lare regime di favore rispetto agli altri pubblici dipen- denti, per il quale possono contemporaneamente espletare l’attività lavorativa subordinata di pubblico dipendente, nonché altre attività previa autorizzazione del dirigente scolastico, purché tali attività non risulti- no tra quelle espressamente vietate dall’art. 60 del d.p.r. n. 3/1957.

4. I principi applicabili al caso in trattazione tra re- sponsabilità risarcitoria e responsabilità sanzionato- ria pecuniaria

La sentenza in commento, nonostante i principi espressi in materia dalla già citata sentenza delle Se- zioni riunite in sede giurisdizionale, n. 26 del 31 luglio 2019 (13), pretende di applicare le previsioni dell’art.

53 del d.lgs. n. 165/2001, solo ove la Procura regiona- le sia positivamente e concretamente in grado di di- mostrare l’effettivo danno erariale concretantesi in una “minore resa del servizio, con abbassamento quantitativo e qualitativo delle prestazioni” del dipen- dente che, in violazione della norma, abbia svolto atti- vità extraistituzionale non autorizzabile.

La sentenza in esame, nel ritenere che lo svolgi- mento dell’attività extraistituzionale non autorizzabile del docente scolastico configuri un’ipotesi di respon- sabilità risarcitoria (14) e non un’ipotesi di responsa- bilità sanzionatoria (15), aderisce ad uno dei due orientamenti contrapposti presenti nella giurispruden- za contabile, che hanno, di recente, trovato una com- posizione nella già richiamata pronuncia delle Sezioni riunite, n. 26/2019.

Sul punto, va precisato che, parte della giurispru- denza contabile (16) ritiene che l’inosservanza del di-

al dipendente pubblico […] è preclusa la possibilità di svolgere attività extralavorative”.

(13) Per un commento alla sentenza, v., ex plurimis, A.M.

Quaglini, Svolgimento di incarichi non autorizzati e responsa- bilità erariale, in questa Rivista, 2019, fasc. 5, 186 ss.

(14) Cfr. F. Tigano, Corte dei conti e responsabilità ammi- nistrativa, Torino, Giappichelli, 2008; G.P. Calabrò, La nozio- ne di responsabilità tra teoria e prassi, Padova, Cedam, 2010;

A. Corpaci, Alcuni aspetti problematici della responsabilità civile e della responsabilità amministrativa di funzionari e di- pendenti pubblici, in Aa.Vv., Le responsabilità amministrative, Milano, Giuffrè, 2010; M. De Paolis, La responsabilità degli amministratori e dei dipendenti pubblici, Milano, Wolkers Kluwer Italia, 2013.

(15) Cfr.N. Ruggero, Le fattispecie tipizzate e la responsa- bilità sanzionatoria, in E.F. Schlitzer, C. Mirabelli (a cura di), Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli, Editoriale Scientifica, 2018, 409 ss.

(16) Va rilevato che, sia la giurisprudenza della Corte di cassazione, (Cass., S.U., 22 dicembre 2015, n. 25769), sia quel- la della Corte dei conti, (Sez. I centr. app., 26 marzo 2014, n.

406; 6 febbraio 2015, n. 121; Sez. giur. reg. Friuli-Venezia Giulia, 14 giugno 2016, n. 34; Sez. giur. reg. Lombardia, 14 dicembre 2016, n. 214) hanno evidenziato che la norma di cui all’art. 53, c. 7-bis, nell’ascrivere la prevista responsabilità con- tabile all’ipotesi sanzionatoria, deve ritenersi meramente rico-

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vieto di svolgere incarichi retribuiti non autorizzabili, previsto dal c. 7 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, faccia emergere in capo al pubblico dipendente, una responsabilità erariale, che non presupponga di per sé un effettivo danno patrimoniale a carico dell’amministrazione interessata, non rappresentando un’ipotesi di responsabilità risarcitoria.

La violazione del divieto previsto dalla norma, se- condo questa parte della giurisprudenza contabile, do- vrebbe essere ricondotta, all’alveo della responsabilità amministrativa, di tipo sanzionatorio, la quale sem- brava già aver trovato una organica identificazione e collocazione sistematica ad opera della nota pronuncia delle Sezioni riunite n. 12/07/Qm (17).

Le considerazioni del più autorevole organo della giustizia contabile, partendo dal canone costituzionale di esclusività ex art. 98 (18) della Carta fondamentale, si fondano, segnatamente, sulla considerazione per cui

“la violazione del vincolo costituzionale viene sanzio- nata a prescindere dalla produzione di un danno”, at- teso che, la particolare protezione di cui il principio costituzionale è meritevole, va assicurata per la mera messa in pericolo del medesimo, vale a dire, “anche quando la sua violazione non comporti un danno at- tuale e concreto valutabile economicamente”.

Coerentemente con siffatta lettura, il c. 7, dell’art.

53, prevede che il compenso venga destinato ad in- cremento del fondo di produttività o di fondi equiva- lenti, quindi in un’ottica non risarcitoria, bensì finaliz- zata al buon andamento dell’amministrazione di ap- partenenza, a servizio del quale si pone il disposto dell’art. 98 Cost., direttamente presidiato dalla sanzio- ne in discorso.

L’organo nomofilattico, quindi, delineando il ca- rattere tipizzato della responsabilità sanzionatoria ha, poi, chiarito come tali fattispecie corrispondano a quelle “in cui la norma di legge non si limita a preve- dere genericamente la responsabilità amministrativa come conseguenza di determinati comportamenti, ma provvede a fissare la tipologia della punizione o la precisa entità del pagamento dovuto (sia pure, talora, fissato tra un minimo e un massimo), con conseguente impossibilità, per il Giudice del merito, di addebitare gnitiva ed esplicativa della pregressa giurisdizione contabile in materia, già desumibile dai principi generali, e statuita dalla precedente giurisprudenza (Cass., S.U., 2 novembre 2011, n.

22688).

(17) Corte conti, Sez. riun., 27 dicembre 2007, n. 12.

(18) Cfr. V. Tenore, Le attività extraistituzionali e le in- compatibilità per il pubblico dipendente, in Il lavoro nelle pub- bliche amministrazioni, cit., 1097 ss.; A.M. Cecere, Articoli 97 e 98 della Costituzione, in G. Amoroso, V. Di Cerbo, A. Mare- sca, Diritto del lavoro. La Costituzione, il Codice civile e le leggi speciali, Milano, Giuffrè, 2017, 492 ss. Cfr., ex multis, Corte conti, Sez. giur. reg. Lombardia, 5 maggio 2019, n. 94;

Sez. giur. reg. Campania, 2 ottobre 2019, n. 418; Sez. giur. reg.

Lombardia, 31 ottobre 2018, n. 216; Sez. giur. reg. Lombardia, 12 ottobre 2018, n. 199; Sez. giur. reg. Lombardia, 16 aprile 2015, n. 54; Cass., Sez. lav., ord. 29 novembre 2019, n. 31277;

26 marzo 2010, n. 7343.

al responsabile, una volta individuato, un importo di- verso” (19).

Trattasi, secondo tale orientamento, delle fattispe- cie nelle quali è prevista direttamente dal Legislatore una sanzione economica (20) che, in difetto di quella previsione normativa, non si configurerebbe o comun- que non rientrerebbe nei canoni generali della respon- sabilità amministrativa.

Secondo tale orientamento si era così delineato, nel nostro ordinamento, un vero e proprio sistema sanzio- natorio contabile, a carattere eminentemente punitivo, il quale si andava ad affiancare, nella tutela delle ri- sorse pubbliche, al sistema tradizionale, basato sulla clausola generale del risarcimento dei danni pubblici (21).

Tale interpretazione è stata seguita e fatta propria dal giudice contabile in molte pronunce sia di primo che di secondo grado, ove si è affermato come il di- vieto posto dall’art. 53, c. 7, costituisca norma specifi- ca, a carattere sanzionatorio, introdotta dal legislatore quale deterrente per le trasgressioni del regime di esclusiva (22).

Pertanto, dall’inosservanza del divieto posto dalla norma e dallo svolgimento “remunerato” di attività incompatibili con lo status di docente scolastico, deri- verebbe una responsabilità comportante una sanzione pecuniaria punitiva non riconnessa alla effettiva emer- sione di un danno per l’amministrazione del pubblico dipendente.

Nello specifico è stato sostenuto (23) come la vio- lazione del divieto venga sanzionata a prescindere dal- la produzione di un danno, affermandosi, pertanto, espressamente, che la responsabilità erariale e il con- seguente obbligo di versamento non presuppongano di per sé un effettivo danno patrimoniale (24) a carico

(19) Corte conti, Sez. riun., 27 dicembre 2007, n. 12, cit.

(20) Come è noto, il diritto contabile prevede specifiche ipotesi di responsabilità sanzionatoria pecuniaria, ovvero fatti- specie in cui le violazioni di legge sono sanzionate indipenden- temente dalla verificazione di un concreto danno per gli inte- ressi finanziari dell’amministrazione, v., ad esempio, le fatti- specie di cui all’art. 30, c. 15, l. 27 dicembre 2002, n. 289;

all’art. 3, cc. 44 e 59, l. 24 dicembre 2007, n. 244; all’art. 20, c.

12, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla l. 15 luglio 2011, n. 111; all’art. 148, c. 4, d.lgs. n. 8 agosto 2000, n. 267, modifi- cato dall’art. 3 del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla l. 7 dicembre 2012, n. 213. Proprio per tali ipotesi, il codice di giustizia contabile ha introdotto un rito speciale, disciplinato al capo III, “Rito relativo a fattispecie di responsabilità sanziona- toria pecuniaria”, del titolo V “riti speciali”, della parte II,

“giudizi di responsabilità”, agli artt. 133 ss. Cfr. Corte conti, Sez. II centr. app., 18 dicembre 2019, n. 484.

(21) Corte conti, Sez. riun., 27 dicembre 2007, n. 12, cit.

(22) Corte conti, Sez. I centr. app., 17 marzo 2017, n. 80; 1 marzo 2018, n. 97.

(23) Cfr. Corte conti, Sez. giur. reg. Trentino-Alto Adige, Bolzano, 7 settembre 2012, n. 17.

(24) Cass., S.U., ord. 26 settembre 2019, n. 17124, secondo cui l’art. 53, c. 7-bis, d.lgs. n. 165/2001, configurerebbe un’ipotesi di responsabilità erariale che “il legislatore ha tipiz- zato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predeterminazione, legale anch’essa, del

(9)

234

dell’amministrazione ma vadano, piuttosto, ad integra- re una responsabilità sanzionatoria con carattere pret- tamente punitivo (25).

L’interpretazione della norma offerta dalla citata giurisprudenza (26) non è stata, tuttavia, condivisa da un’altra parte della giurisprudenza contabile (27), se- condo cui l’inosservanza del divieto di svolgere inca- richi retribuiti non autorizzabili, previsto dal c. 7 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, non integrerebbe una delle ipotesi di responsabilità comportante l’irrogazione di una sanzione pecuniaria ai sensi degli artt. 133 ss. c.g.c. ma, piuttosto, una ipotesi di respon- sabilità risarcitoria per la quale dovrebbe essere prova- to un danno erariale, attuale, concreto ed effettivo.

Secondo il giudice contabile, tale diversa prospet- tazione, troverebbe conferma nel chiaro testo del suc- citato art. 133 c.g.c., che individua le “fattispecie di responsabilità sanzionatoria pecuniaria” in quelle nelle quali “la legge prevede che la Corte dei conti irroga, ai responsabili della violazione di specifiche disposizioni normative, una sanzione pecuniaria, sta- bilita tra un minimo ed un massimo edittale” (28).

Il nuovo codice del processo contabile, secondo ta- le teoria, avrebbe sostanzialmente recepito quanto in materia era stato precedentemente precisato dalle Se- zioni riunite della Corte dei conti, con sentenza n.

12/2011/Qm, che aveva individuato le fattispecie di responsabilità sanzionatoria in “quelle, cioè, in cui la norma di legge non si limita a prevedere generica- mente la responsabilità amministrativa come conse- guenza di determinati comportamenti, ma provvede a fissare la tipologia della punizione o la precisa entità del pagamento dovuto” sia pure talora, fissato tra un minimo ed un massimo.

Per contro nelle numerose ipotesi, nelle quali una norma di legge si limita a prevedere che una data azione o attività determina responsabilità erariale, co- me letteralmente prevede l’art. 53, c. 7-bis, d.lgs. n.

165/2001, senza, tuttavia, stabilire sanzioni precise e non derogabili, dovrebbe necessariamente ritenersi che ricorra una fattispecie ordinaria di responsabilità amministrativa risarcitoria.

danno, forfettizzato in misura pari ai compensi percepiti dal dipendente”.

(25) Sotto il diverso profilo inerente le attività extraistitu- zionali autorizzabili si è sostenuto, in dottrina, che, non essendo possibile affermare che i compensi costituiscano un danno eco- nomico per la pubblica amministrazione di appartenenza, si configurerebbe un’ipotesi di responsabilità amministrativa fon- data sulla mera assenza dell’autorizzazione necessaria, valoriz- zando il carattere sanzionatorio della responsabilità ammini- strativa prevista dal citato art. 53, in assenza di effettive ragioni risarcitorie; cfr. G. Bottino, Rischio e responsabilità ammini- strativa, Napoli, Editoriale Scientifica, 2017, 314.

(26) Cfr. Corte conti, Sez. giur. reg. Lombardia, 17 feb- braio 2017, n. 14; Sez. giur. reg. Veneto, 13 settembre 2017, n.

102.

(27) Corte conti, Sez. giur. reg. Marche, 14 giugno 2017, n. 39.

(28) Corte conti, Sez. giur. reg. Marche, n. 39, cit.

Orbene, secondo tale orientamento, dalla qualifica- zione di responsabilità amministrativa risarcitoria in capo al dipendente, che abbia violato il divieto di svolgere attività non autorizzabili, dovrebbe discende- re l’applicazione degli ordinari canoni sostanziali e processuali della responsabilità amministrativa, con la necessaria dimostrazione, in sede probatoria, del dan- no cagionato all’amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente (29).

Il rilevato contrasto interpretativo emerso nella giurisprudenza contabile in ordine alla qualificazione giuridica della responsabilità erariale, conseguente all’inosservanza del divieto di svolgere incarichi retri- buiti non autorizzabili da parte del dipendente pubbli- co risulta, tuttavia, composto con l’intervento da ulti- mo delle Sezioni riunite (30). Secondo detta interpre- tazione l’inosservanza del divieto di svolgere incarichi retribuiti non autorizzabili, previsto dal c. 7 dell’art.

53 del d.lgs. n. 165/2001, rappresenta un’ipotesi di re- sponsabilità sanzionatoria e non di responsabilità ri- sarcitoria, laddove la nozione di risarcimento presup- pone che il “valore”, suscettibile di valutazione patri- moniale, leso dal pubblico dipendente, sia già presente nel patrimonio dell’amministrazione di appartenenza.

Infatti, la violazione del divieto di svolgimento de- gli incarichi retribuiti non autorizzabili non provoca alcun danno patrimoniale all’amministrazione pubbli- ca di appartenenza del dipendente, discendendo le possibili ipotesi di lesione secondo la Corte, “da auto- nome e ulteriori condotte”, quali la minore resa lavo- rativa comportante un disservizio (31), un conflitto di interesse con l’amministrazione di appartenenza com- portante un danno all’immagine, ma – si ribadisce – non già dalla mera violazione del divieto.

Le Sezioni riunite hanno pertanto affermato la “na- tura sanzionatoria della violazione della già indicata normativa, posta a protezione dei beni, costituzional- mente tutelati, dell’imparzialità del dipendente pub- blico e, […] dell’esclusività del servizio pubblico”.

Infatti la norma, secondo la Corte, “commisura il sa- crificio economico, in una sorta di contrappasso, pro- prio all’esatto importo indebitamente percepito dal

(29) In argomento, la Corte dei conti, Sez. giur. Emilia- Romagna, 31 luglio 2017, n. 174, precisava, nel caso di un do- cente di ruolo della scuola secondaria di primo grado, a cui ve- niva contestato lo svolgimento di incarichi retribuiti presso una società privata, che l’inosservanza del divieto di svolgimento di attività extraistituzionale, ascritta dalla Corte all’ipotesi di re- sponsabilità risarcitoria, dovrebbe essere valutata in base ai presupposti di responsabilità per danni: evento, nesso di causa- lità ed elemento psicologico. In particolare, la Corte si soffer- mava sulla sussistenza, nella specie, del requisito soggettivo del dolo in quanto riteneva che il divieto – sussistente da tempo nel comparto scolastico – per i docenti di svolgere ulteriori attività lavorative, non poteva non essere conosciuto dal docente stes- so.

(30) Corte conti, Sez. riun., n. 26/2019, cit.

(31) Cfr. M. Nunziata, Il danno da disservizio, in A. Canale et al.(a cura di), La Corte dei conti, cit., 232.

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