LINEE GUIDA E CONSENSO NELLA CHIRURGIA DELLA SPALLA
Prof. Giovanni Fancellu*- Dr. Davide Schiavon** - Dr. Alberto Ricciardi***
Le lesioni della spalla acute e croniche, sia su base traumatica che degenerativa rappresentano un importante capitolo dell’ortopedia per la frequenza con cui si presentano. La tipologia del paziente spazia dal giovane con elevate richieste funzionali all’anziano con basse richieste funzionali ma con alle spalle un lungo trascorso di dolore, insofferente e scontento, con elevate aspettative di miglioramento della sua situazione soggettiva.
Non è semplice rispondere adeguatamente a tutte le esigenze, specie quando ci troviamo di fronte a patologie per la cui risoluzione ci sono più opzioni terapeutiche e tutte valide.
Da parecchi anni il chirurgo ortopedico ha a disposizione parecchi strumenti diagnostici per valutare le principali patologie della spalla come la radiologia convenzionale, la TAC, la RMN (foto 1) e l’ecografia.
* Prof. Associato – Clinica Ortopedica e Traumatologica Università di Trieste
** Docente di “Malattie dell’Apparato Locomotore” Scuola di Specialità M.F.R. Università di Trieste
*** Ricercatore Confermato di Ortopedia e Traumatologia – Università di Trieste
Foto 1: Immagine RNM di lesione di cuffia
La prima con le proiezioni anteroposteriore e ascellare laterale, la proiezione con tilt caudale di 30° e quella dell’egresso scapolare ci permette di evidenziare eventuale presenza di sindrome da conflitto acromio-omerale, l’artrosi gleno-omerale, la presenza di osteofiti dell’acromion e le calcificazioni del legamento coraco-acromialee le deformità del margine antero-inferiore dell’acromion che possono rappresentare dei segni indiretti di lesione della cuffia dei rotatori. L’artro-Tac è in grado di evidenziare le rotture a tutto spessore della cuffia ma rimane imprecisa nella diagnosi delle rotture parziali. L’ecografia rappresenta una metodica rapida e sicura per evidenziare le rotture a tutto spessore ma rimane molto legata all’abilità dell’esecutore per la diagnosi di lesioni parziali di cuffia. La RMN è anch’essa sensibile nell’identificare le ampie rotture di cuffia ma meno accurata nell’identificazioni di lesioni inferiori al centimetro.
Nell’ultimo decennio l’artroscopia offrendo una visualizzazione diretta dello spazio subacromiale e dell’articolazione scapolo-omerale permette diagnosi sempre più corrette e trattamenti sempre più mirati specie per quanto riguarda le lesioni della cuffia dei rotatori. Nonostante la clinica e la diagnostica siano ormai codificate le indicazioni sulla terapia di queste patologie risultano ancora incerte.
Infatti da un analisi della letteratura scientifica possiamo ricavare che:
1. ipotesi etiopatogenetiche sulle lesioni della cuffia dei rotatori non sono ancora univoche, come dimostrano i diversi approcci a questa patologia
2. i diversi trattamenti i chirurgia aperta o artroscopia, a seconda degli autori presentano risultati sovrapponibili
3. Le tipologie delle lesioni sono molteplici: parziali, bursali o articolari, a tutto spessore con o senza retrazione e massive: ogni autore suggerisce proposte terapeutiche diverse
Questa variabilità di ipotesi eziopatogenetiche e terapeutiche si traduce in una difficoltà ad individuare delle linee guida valide per tutti i colleghi ortopedici rappresentando un problema dal punto di vista medico-legale. Per questo, l’insoddisfazione del paziente
dopo un intervento chirurgico lascia quindi un ampio spazio alla richiesta di risarcimento.
Alla luce delle attuali conoscenze, siamo convinti dell’assoluta validità sia della tecnica artroscopica che di quella a cielo aperto e che entrambe abbiano pregi e difetti.
Per ottenere un risultato soddisfacente sia sotto il profilo funzionale che personale del paziente è necessario prendere in considerazione due elementi fondamentali :
→ la preparazione del chirurgo che esegue l’intervento.
→ la convinzione del paziente a sottoporsi a QUEL tipo di intervento con QUELLA specifica metodica.
Proprio in virtù della possibilità di scegliere tra due diverse strategie terapeutiche con cui eseguire lo stesso trattamento è necessario un accordo tra il medico e il paziente.
L’elemento fondamentale di questo accordo è il CONSENSO che deve contenere con grande chiarezza tutte le informazioni necessarie sia sul tipo di intervento che sulle possibili complicanze e le eventuali alternative.
Il paziente deve pertanto accettare con consapevolezza ciò che il medico gli propone.
È difficile trovare un elemento comune tra etica e diritto che rispetti e contemperi, da un lato la necessità di un’informazione scientificamente adeguata e, dall’altro l’adattamento di questi dati allo
stato psico-fisico, l’età ed il grado culturale del paziente.
Il consenso deve inoltre rispettare la volontà della persona cui ci si rivolge senza mai imporre decisioni e scelte, ma pur sempre indirizzando, nell’adempimento del proprio ruolo professionale, tali decisioni e scelte nella direzione che il medico ritiene più opportuna ed attuabile e nell’interesse del proprio assistito. Essendo impossibile identificare un unico ed inequivocabile modello di comportamento è necessario introdurre il concetto di COMUNICAZIONE rappresentato dall’insieme di messaggi verbali e non che il medico scambia con il paziente durante la conversazione.
L’informazione fa parte della comunicazione.
Questo insieme di informazioni non è necessario che sia scritto il paziente può esprimere il suo assenso, diniego o revoca in qualsiasi momento anche oralmente.
Per scelta pratica e per avere a disposizione una prova cartacea, le informazioni e il consenso risultano da un atto scritto.
Dal punto di vista giuridico non è un grande vantaggio, perché costituisce l’atto e la prova che il medico ha fornito tutte le notizie che il paziente doveva essere in grado di recepire in rapporto alla sua età, grado di cultura e stato psico – fisico.
Per contro, il paziente può sempre dimostrare:
→ di non aver ricevuto una chiara spiegazione dal medico;
→ di non aver compreso nulla di ciò che il medico gli ha spiegato.
Inoltre, il consenso non può e non deve essere una semplice adesione ad uno stampato uguale per tutti i pazienti e questo ci riporta al concetto di comunicazione.
Il consenso, per essere ritenuto valido, deve essere preceduto da una valida ed esauriente spiegazione dello stato patologico, dell’intervento chirurgico che si vuole attuare e delle sue possibilità di riuscita, senza tralasciare gli effetti collaterali e le opzioni alternative.
Riportiamo di seguito un estratto della Sentenza n° 364 – 15/1/1997 della Corte di Cassazione:
…La validità del consenso è condizionata dall’informazione, da parte del professionista al quale è richiesto, sui benefici, sulle modalità in genere, sulla scelta tra diverse modalità operative e sui rischi specifici prevedibili dell’intervento terapeutico…
…Non esime il personale medico responsabile dal dovere di informare anche sulle fasi operative … in modo che la scelta tecnica avvenga dopo un’adeguata informazione e con il consenso specifico dell’interessato.
Un consenso corretto deve essere ottenuto dal chirurgo che presta la sua opera, o delegato ai suoi collaboratori, che abbiano le conoscenze sullo stato del paziente e sul tipo di intervento cui deve o vuole essere sottoposto. L’informazione deve essere espressa in termini chiari e comprensivi per età e grado culturale del paziente con
linguaggio scritto e verbale pratico, facilmente comprensibile e meno tecnico possibile.
Deve essere evidente la volontà del soggetto e non deve essere esercitato alcun tipo di coercizione diretta o indiretta sul paziente per indurlo ad accettare un trattamento sanitario. È necessario lasciare al paziente il tempo di poter consultare altri colleghi e verificare le informazioni ricevute e contenute nel consenso. Il consenso deve essere datato e firmato dal paziente .
L’eccessiva precisione e zelo non sono sempre un buon sistema di informazione.
Il medico dovrebbe essere un po’ psicologo e valutare sempre l’impatto che l’informazione può avere sul paziente come anche espresso dal Codice di deontologia medica nel Capo IV:
Art. 30 - Informazione al cittadino
Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico- terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate; il medico, nell’informarlo, dovrà tenere conto delle sue capacità comprensione al fine di promuovere la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche… Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente.
Art. 32 - Acquisizione del consenso. Il consenso, espresso in forma scritta … è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui l’Art.30.
Art. 34 - Autonomia del cittadino.
…il medico ha l’obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l’età e con le capacità di comprensione, fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante…
Dopo una attenta revisione della letteratura e in base all’esperienza, si ritiene corretto affermare che le lesioni della cuffia dei rotatori devono essere comprese più a fondo è pertanto ancora prematuro tracciare delle linee guida universalmente accettabili.
La gestualità chirurgica artroscopica da sola, pur richiedendo una lunga curva d’apprendimento, e perciò una grande dedizione del chirurgo ortopedico che si appresti
ad affrontare queste patologie, è una premessa indispensabile, ma non sufficiente, per poter trattare con successo tutte queste affezioni.
Si ritiene importante ribadire che, in caso di una lesione della cuffia dei rotatori, è necessario, per il chirurgo ortopedico, saper eseguire un attento esame diagnostico dell’articolazione gleno-omerale prima di intraprendere il trattamento più idoneo sia esso artroscopico o artrotomico.