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I contributi della deontologia e della giurisprudenza in tema di consenso informato al trattamento medico – chirurgico

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I contributi della deontologia e della giurisprudenza in tema di consenso informato al trattamento

medico – chirurgico

Proff. Vittorio Fineschi, Margherita Neri, Cristoforo Pomara*

Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente. La perentorietà di tale frase, espunta dal vigente codice di deontologia medica, in tema di consenso informato al trattamento medico – chirurgico non lascia spazi interpretativi né può sollevare dubbi comportamentali al sanitario.

E’, infatti, oramai unanimamente riconosciuto che l’atto medico non può prescindere dal consenso del paziente; e proprio muovendo da questa riflessione appare utile procedere ad una breve rassegna dei più significativi documenti nazionali ed internazionali, tutti tesi alla esaltazione di una nuova dimensione del rapporto – dialogo fra medico e paziente.

La necessità del consenso costituisce oramai il filo conduttore di numerosi documenti sia a livello nazionale che internazionale.

Già il Comitato Nazionale di Bioetica (C.N.B.) in un documento del 1992 aveva chiaramente puntualizzato come “al centro dell’attività medico - chirurgica si colloca il principio del consenso il quale esprime una scelta di valore nel concepire il rapporto tra medico e paziente, nel senso che detto rapporto appare fondato prima sui diritti del paziente che sui doveri del medico”.

Ed anche nelle note di commento al precedente codice di deontologia medica (1996) si affermava: “con qualunque ottica si affronti il tema del consenso del paziente al trattamento medico chirurgico, non si può sottovalutarne la valenza quale una delle questioni medico – legali –etico – deontologiche e giuridiche più attuali. Sono infatti i diritti primari della personalità del paziente che vengono in gioco nel momento in cui esso instaura un rapporto di tipo terapeutico, anche inteso in senso lato, con il medico. Il

* Sezione Dipartimentale di Medicina Legale Università degli Studi di Foggia

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consenso viene quindi a configurarsi come presupposto indefettibile dell’intervento medico, laddove svilirne il significato, attribuirebbe al medico una posizione di totale arbitrio nei confronti del paziente con l’esclusivo limite della propria conoscenza e coscienza”, sino a giungere al 1998, allorquando uno di noi affermava che “la evoluzione pubblicistica della medicina ha realizzato un diverso articolarsi del rapporto medico paziente e, conseguentemente, una rivalutazione del ruolo del paziente stesso, soggetto per millenni misconosciuto quale portatore di diritti di doveri, quale partecipe attivo di una partership tendente alla therapeutic alliance”. In quest’ottica, continua Fineschi,

“L’incontro medico paziente è sì momento in cui si realizza un evenienza contrattuale, ma che porta con se un vissuto di esperienze, uno scambio di realtà e di orientamenti che fortemente segnano l’inizio del rapporto ed il suo divenire in una complementarietà di flussi informativi e decisionali di cui il consenso informato alla prestazione diagnostica e/o terapeutica ed il segreto professionale sono quelli che più di altri distinguono il corretto svolgersi della vicenda assistenziale”.

Su queste premesse si inserisce il codice di deontologia medica (c.d.m.) che nella sua ultima stesura (1998) ha compiutamente delineato compiti e doveri del medico in materia di consenso, esaltando, al contempo, quell’aspetto fondamentale – e troppo spesso trascurato – della vicenda relazionale fra medico e paziente che è proprio la informazione.

All’art 32 (I° comma) il c.d.m. espressamente recita: “Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente”, in perfetta sintonia con quanto si afferma nella Convenzione Europea di Oviedo su “Diritti dell’uomo e la biomedicina” (1997), ratificata in legge (n° 145/2001) dal governo italiano: “An intervention in the health field may only be carried out after the person concerned has given free and informed consent to it” (art.5).

Così sia il c.d.m. sia la Convenzione Europea riaffermano e sanciscono definitivamente il consenso come fondamento, indefettibile ed ineludibile, della relazione terapeutica fra medico e paziente.

Tali principi trovano chiaro fondamento nel dettato costituzionale ove all’art. 32, garantendosi la tutela della salute “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, si afferma la regola generale che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

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3 E’ la stessa Costituzione,quindi, che pone le basi per la costruzione concettuale del consenso informato inteso quale atto cosciente di autodeterminazione del paziente esprimente la sua libera e piena volontà in merito alle cure mediche e, di conseguenza, quale presupposto che legittima il medico nella scelta del percorso diagnostico – terapeutico.

Ne discende che il consenso informato diviene il fondamento della liceità di ogni atto medico e al contempo è l’atto di autonomia con cui il paziente esercita il suo diritto alla tutela della salute.

Così inquadrato nella sua reale dimensione il consenso, è opportuno, a questo punto, focalizzare l’attenzione ed analizzare quelli che sono i requisiti del consenso e, cioè, gli elementi essenziali che lo caratterizzano. Il consenso deve essere personale, legittimo, informato, consapevole, non condizionato.

Personale. Solo il soggetto direttamente interessato può esprimere il proprio consenso – o dissenso – in merito ai trattamenti sanitari; il consenso, in sostanza, deve essere prestato dallo stesso soggetto che è beneficiario del trattamento medico. Si tratta di una norma generale che ammette deroghe in alcune ipotesi e, cioè, nel caso di minori o di soggetti “non competenti”, laddove il termine “competente” va interpretato in una accezione comprensiva sia del concetto di capacità legale sia di quello di idoneità psichica, non turbata cioè da condizioni patologiche. In circostanze di incapacità il consenso deve essere prestato dal legale rappresentante (genitore o tutore).

In tal senso l’art. 33 del c.d.m. chiarisce “Allorché si tratti di minore, interdetto o di inabilitato, il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale. In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto ad informare l’autorità giudiziaria”. Sulla stessa linea la Convenzione Europea (art. 6): “Where, according to law, a minor does not have the capacity to consent to an intervention, the intervention may only be carried out with the authorisation of his or her representative or an authority or a person or body provided for by law … Where, according to law, an adult does not have the capacity to consent to an intervention because of a mental disability, a disease or for similar reasons, the

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intervention may only be carried out with the authorisation of his or her representative or an authority or a person or body provided for by law … “.

Pur nella consapevolezza che il consenso deve essere prestato personalmente dal soggetto destinatario del trattamento medico – chirurgico, è, quindi, ammessa la possibilità che esso venga fornito dal rappresentante legale nel caso di “minore, di interdetto o di inabilitato”. Nel caso di minore, la rappresentanza legale è attribuita ai genitori che la esercitano di regola congiuntamente (potestà genitoriale), eccezion fatta per atti di ordinaria amministrazione (art. 316 c.c.) quali ad esempio un qualsiasi accertamento medico scevro da rischi e/o complicanze, per i quali è sufficiente il consenso di uno solo dei genitori, ovvero in tutti quei casi di impedimento oggettivo (assenza temporanea, morte, incapacità giuridica) di uno dei due genitori, casi in cui la rappresentanza viene esercitata in modo esclusivo dall’altro genitore. In caso di divorzio o di separazione legale spetta al genitore cui sono stati affidati i figli l’esercizio della potestà, ad eccezione dei casi di particolare importanza per i quali si richiede una decisione congiunta (trapianti, interventi altamente invasivi, IVG). In caso di assenza del legale rappresentante o di difficoltà nel reperirlo si possono realizzare due evenienze. In caso di interventi di elezione, e quindi differibili, il sanitario dovrà segnalare la situazione del minore al giudice tutelare affinché questi provveda alla nomina di un tutore; nella ipotesi di trattamenti urgenti ed indifferibili, quando non sia possibile attendere la nomina e l’assunzione delle funzioni da parte del tutore, il medico dovrà agire secondo il suo convincimento clinico al fine esclusivo della salvaguardia della salute e della vita del minore.

Legittimo. Il requisito della legittimità del consenso inerisce strettamente all’art. 5 c.c.:

“Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge [c.p. 579], all’ordine pubblico o al buon costume” . Per quanto qui di interesse, è da sottolineare come l’art. 5 c.c. che vieti gli atti di disposizione del proprio corpo, quando essi provochino una diminuzione permanente della integrità fisica, dovendosi, peraltro, ritenere leciti tutti quegli atti di disposizione del proprio corpo volti a garantire la tutela della salute dell’individuo. Basti, per fare un esempio, ricordare come la donazione di organi da parte di un soggetto vivente che è atto terapeutico atipico in quanto volto alla tutela della salute

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5 di un soggetto diverso da quello che dona e, cioè, del ricevente e che è sicuramente lesivo della integrità psico – fisica del soggetto donatore è ammessa nel nostro ordinamento solo in virtù di leggi ad hoc (L. 26 giugno 1967, n. 458 relativa alla donazione di rene e L.16 dicembre 1999, n. 483 recante norme per il trapianto di fegato).

Informato e Consapevole. Gli aggettivi informato e consapevole sono strettamente embricati fra se, attenendo entrambi all’iter procedurale della informazione che il medico deve rendere al paziente per poi accertarsi che il suo messaggio sia stato oggettivamente compreso e adeguatamente recepito dal paziente stesso.

Il c. d. m. dedica ampio spazio alle tematiche dell’informazione:

Art. 30 “Informazione e consenso” “Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico – terapeutiche sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate; il medico nell’informarlo dovrà tenere conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico – terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione da parte del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologia non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata”. Per confronto si riporta l’art. 10 della Convenzione Europea: “Everyone is entitled to know any information collected about his or her health.

However, the wishes of individuals not to be so informed shall be observed”.

L’art.30 delinea doveri ben scanditi, per il medico, in merito alla informazione da rendere al paziente, risultandone, in definitiva, la necessità di un confronto dialettico fra i due protagonisti della vicenda sanitaria all’interno del quale si vengono ad integrare le decisioni del medico e quelle del paziente.

Dalla lettura di questo articolo si evince chiaramente come il presupposto necessario e preliminare all’atto del consenso sia una corretta e puntuale informazione al paziente.

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L’informazione, è dunque il momento focale del rapporto medico – paziente;

compito del medico è quello di comunicare e di farsi intendere appieno dal paziente tenendo conto “…..delle sue capacità di comprensione, al fine di promuovere la massima adesione alle proposte diagnostico terapeutiche.” Essa deve essere adeguata al singolo paziente in relazione al suo grado di istruzione, alla sua matrice culturale e alle sue possibilità cognitive nonché commisurata alle condizioni psichiche e di emotività del momento, ma nello stesso tempo deve garantire una comprensione completa e corretta della diagnosi, della terapia, delle eventuali alternative terapeutiche, dei rischi eventuali e naturalmente della prognosi. A tal proposito il C.N.B. ha elaborato degli standards di informazione di seguito riportati:

1) lo standard della professionalità, basato sulle migliori conoscenze in campo medico, che presenta peraltro la grossa limitazione dell’impraticabilità della comunicazione, poiché i termini tecnici non sono comprensibili alla maggior parte dei pazienti;

2) lo standard della medietà: si tiene conto di quanto una persona ragionevole, considerata come media nella comunità, vorrebbe sapere e riuscirebbe a comprendere della procedura medica adeguata alla sua patologia. Ha il limite, però, nell’applicazione della nozione di ragionevole e medio;

3) lo standard della soggettività, il medico deve conformare l’informazione al singolo paziente, ponendolo così realmente nella condizione di scegliere.

L’informazione a terzi (art. 31 c. d. m.) “…. è ammessa solo con il consenso esplicitamente espresso del paziente…” “In caso di paziente ricoverato il medico deve raccogliere gli eventuali nominativi delle persone preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati sensibili.”

Acclarato, così, che il destinatario della informazione è, in genere, il paziente, rimangono da valutare i limiti e la portata della informazione da rendere allo stesso, in altri termini la “quantità” della informazione che il medico deve fornire al paziente.

In primo luogo l’informazione deve riguardare la diagnosi e la prognosi; ciò, non solleva particolari questioni di indole medico – legale, salvo il puntiglioso rispetto delle precisazioni cui lo stesso c.d.m. si riferisce (art. 30): “Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi

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7 di speranza.” ed il dovere per il medico di verificare la reale comprensione del suo messaggio informativo da parte del paziente.

Ben più profonde questioni suscita, invece, la questione della informazione da fornire al paziente circa le procedure diagnostiche e terapeutiche che il sanitario propone nello svolgersi della vicenda assistenziale. E’ bene evidente come quando si prevedono metodiche invasive o particolarmente rischiose si rende ancora più cogente per il medico l’obbligo di rappresentare le possibili conseguenze ed i possibili rischi della procedura.

Si viene, allora, a stagliare prepotentemente, anche sulla spinta di recenti pronunce giurisprudenziali (Cass.Civ., Sez. III, n° 364, 15 gennaio 1997), la questione della informazione sui rischi legati a determinate procedure diagnostiche e/o terapeutiche sia di tipo medico che chirurgico. Ci si chiede, in definitiva, quanto ampia debba essere la informazione che il medico deve fornire in merito ai rischi di un atto medico; se mirata ad una elencazione esaustiva e dettagliata su tutti i possibili rischi e le possibili complicanze, finanche le più remote e rare, o se invece tendente ad una equilibrata esposizione dei rischi basata sulla loro frequenza di accadimento e ragionevolmente trascurando le evenienze così rare o del tutto irregolari nel loro accadimento da sfumare nella vera e propria aleatorietà.

Appare, quindi, auspicabile una informazione che trovi il suo limite quantitativo nella

“ragionevolezza statistica”, dovendosi, a nostro avviso, astenere il medico da quello che, autorevolmente, è stato definito ”accanimento informativo” (Barni).

Libero e non condizionato. Il consenso deve essere un atto di autodeterminazione libera e cosciente non viziato da violenza, inganno, o minaccia (limitazione della libertà giuridica) né tantomeno deve essere determinato da condizionamenti morali, passioni o suggestioni di alcuna natura.

Un aspetto di fondamentale importanza sul quale è necessario soffermarsi in questa sede, è la problematica inerente le ipotesi di rifiuto o di non assenso ad un atto medico da parte del paziente.

E’, comunque, opportuno diversificare alcune ipotesi rifacendosi a situazioni particolari in cui il sanitario si può trovare così coinvolto:

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a) situazioni in cui un paziente “competent” rifiuti consapevolmente e coscientemente il trattamento sanitario proposto. Ebbene in tali casi, una volta che il medico abbia adeguatamente informato il soggetto sulle conseguenze della propria scelta, non può e non deve fare altro che arrestarsi di fronte alla volontà negativa del paziente, non essendo concesso al medico di intervenire contro la volontà del soggetto stesso. Sovvengono, a supporto, le parole del c.d.m. (art. 32, ultimo comma): “In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona …”.

b) situazioni di urgenza ed improcrastinabile necessità in cui il paziente sia impossibilitato ad esprimere un consenso. Nei casi in cui non sia verificabile un valido e reale consenso del malato impossibilitato ad esprimerlo (paziente in stato di incoscienza, in stato comatoso, traumatizzato), il medico potrà essere legittimato ad agire in virtù della presunzione del consenso del paziente. In altri termini, il sanitario di fronte ad un paziente che non possa esprimere il consenso al trattamento dovrà intervenire, mettendo in pratica gli atti necessari ed urgenti, non differibili nel tempo se non a fronte di gravissimi rischi per la sopravvivenza del paziente stesso, presumendo che, qualora avesse potuto, il paziente stesso avrebbe consentito al trattamento proposto.

c) situazioni in cui il soggetto esprima o abbia espresso un esplicito dissenso ad un trattamento sanitario che sia indispensabile per la sua immediata sopravvivenza. E’

doveroso chiedersi come debba comportarsi il medico di fronte a tali situazioni allorquando un soggetto, adeguatamente informato sulle conseguenze anche gravi del mancato trattamento, rifiuti comunque di sottoporsi alle cure. Ebbene, in tali casi, dottrina e giurisprudenza esprimono posizioni non univoche. Secondo alcuni Autori per il medico sussisterebbe un dovere giuridico di intervenire anche contro la volontà del paziente al fine di salvaguardarne la salute e la vita, discendendone così il dovere di mettere comunque in atto tutte quelle misure terapeutiche – pur coscientemente e consapevolmente rifiutate dal paziente – per preservarne la vita. Altra parte della dottrina, in conformità al principio del consenso come fondamento e liceità dell’atto medico, sostiene la necessità del rispetto profondo della libertà e della dignità del paziente finanche nella scelta estrema di rifiutare le cure e lasciarsi morire, non sussistendo per il medico alcun obbligo giuridico di

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9 intervenire ed essendo unicamente il consenso dell’avente diritto il fondamento dell’atto medico.

E’, comunque, questione controversa e che apre soluzioni, come detto, diverse ed opposte sul quid agendum del medico. Recentemente un ampio dibattito dottrinario, anche sulla scorta di decisioni giurisprudenziali che hanno suscitato vivo interesse, va creando il presupposto teorico per soluzioni operative rispettose di un corretto agire del sanitario e non lesivo del rispetto della persona. Il riferimento è volto alle cosiddette “dichiarazioni di volontà”, i “living will” della cultura d’oltreoceano, precedentemente espresse dal paziente e progressivamente validate dal soggetto con conferma scandita nel tempo ed attualizzata dall’esibizione del documento scritto nel momento in cui una condizione di acuzie potrebbe scemare la volontà del paziente (stato di incoscienza).

Proprio in materia di “dichiarazioni anticipate”, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha, del tutto recentemente (18 dicembre 2003), licenziato un parere ove si auspica, unitamente ad una adeguata sensibilizzazione culturale sulla questione delle d.a., anche un intervento legislativo, atto a risolvere molte questioni aperte e ad offrire un sostegno giuridico alla pratica delle d.a. La opinione unanime del CNB sulla questione della d.a. si manifesta, a conclusione del già citato documento, sulla esigenza di una legge che, peraltro, dovrebbe limitarsi alla definizione del tema ed alla enunciazione delle procedure connesse alla redazione e alla applicazione delle d.a. stesse, senza giungere ad affidare alle scelte legislative, per loro natura rigide, la natura e la sostanza delle d.a. che variano continuamente anche in rapporto alle conoscenze, alle opzioni, alle alternative scientifiche e cliniche. D’altronde, anche la Corte Costituzionale con sentenza n. 282 del 19-26 giugno 2002, ha affermato che «salvo che entrino in gioco diritti e doveri costituzionali non è di norma il legislatore a dover stabilire direttamente modalità tecniche e soluzione possibile».

d) ipotesi del rifiuto da parte dei genitori o, comunque, dei legali rappresentanti, nei confronti di un qualsiasi trattamento sanitario. In tali casi il medico ha il dovere, ove ve ne sia il tempo di informare il giudice tutelare, il quale, presa visione di tutta la documentazione relativa al caso, autorizzerà (o meno) il sanitario a procedere secondo la sua esperienza ed i suoi convincimenti nell’interesse esclusivo del minore. Quando, invece, ricorrano condizioni di emergenza o di urgenza e l’intervento medico sia indispensabile ed

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indifferibile, il medico ha l’obbligo di intervenire, anche contro la volontà dei legali rappresentanti, per la salvaguardia della salute del minore.

Questo cammino di maturazione è stato spesso alimentato dai dettati scaturiti nelle aule dei tribunali seppure in tempi diversi e secondo ordinamenti giuridici diversi.

Al termine di questo breve excursus sulle tematiche del consenso, ci è sembrato opportuno non sottrarsi ad un richiamo alle principali sentenze che hanno animato il dibattito sulla problematica del consenso, rifacendosi a quanto affermava il Barni:

“L’attività medica può essere descritta ed analizzata con parametri diversi, dei quali i più penetranti ed omnicomprensivi sono quello etico – filosofico e quello giuridico. Nessuno dei due versanti è esente peraltro da rischi se non si assume come punto di partenza l’esistenza di una pluralità di soggetti presenti a pieno titolo all’interno della relazione:

quello filosofico può infatti portare alla mera valorizzazione in chiave etico – epistemologica delle istanze proprie della professione medica, mentre quello giuridico può ridursi al semplice apprestamento di argomenti di difesa legale per i medici.”

L’evoluzione giurisprudenziale in materia di consenso si è andata rivestendo, negli ultimi anni, di connotazioni di estrema delicatezza; non si può, a questo proposito, non richiamare alcuni passi di una recentissima pronuncia della Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. I, n° 3122, 29 maggio – 11 luglio 2002) che contiene affermazioni non sempre lineari e del tutto condivisibili in materia, proprio di consenso al trattamento sanitario, in un

“equilibrismo dialettico tra consenso limitato e dissenso esplicito vs. l’atto medico” (Barni) che non può non lasciare perplessi. Si legge, infatti, nella motivazione della sentenza che

“la volontà del soggetto interessato in ambito giuridico, e penalistico in particolare, svolge un ruolo decisivo soltanto quando sia eventualmente espressa in forma negativa”. In realtà, come acutamente sottolinea Fucci, “il consenso ed il dissenso informato sono due possibili manifestazioni di volontà del paziente rispetto alla proposta di cura proveniente dal medico”, ed ancora più penetranti le parole del Barni che sottolinea come “delle due l’una: o il consenso informato ha valore di condizione di legittimazione dell’atto medico o non l’ha”, non potendosi, in definitiva, accettare la ipotesi, prospettata nelle parole dei Giudici supremi, che il medico sia legittimato a sottoporre il paziente affidato alle sue cure, al trattamento terapeutico che giudica necessario alla salvaguardia della salute dello stesso anche in assenza di esplicito consenso.

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11 La modulistica

Parallelamente allo svilupparsi e all’affermarsi del consenso informato si è posta la diffusione di moduli di consenso sottoscritti dai pazienti dopo il colloquio informativo con il medico, al fine di rendere esplicito il loro consenso a procedure diagnostiche e terapeutiche che talvolta comportano rischi e complicanze (interventi chirurgici, indagini strumentali invasive ecc..).

E’ bene, subito, precisare che per la validità del consenso non è richiesto nessun requisito di forma, esclusi i casi previsti dalla legge1, anche se, nel caso di interventi particolarmente impegnativi e rischiosi, è opportuno formalizzare il consenso per iscritto. In tal senso è esplicito il c.d.m. (art. 32, II° comma): “Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all’art.30”.

Tale pratica non esime, comunque, il medico da una accurata e coscienziosa informazione, in quanto non è l’assenso in se stesso a rendere legittimo il trattamento medico, ma l’informazione che lo precede e lo rende “valido”. La compilazione della modulistica deve, quindi, derivare da una preliminare opera informativa consapevolmente compresa da parte del paziente e dalla successiva espressione del consenso solo in seguito “formalizzato” a completamento di un efficace processo comunicativo e non come formale burocratizzazione dell’atto medico.

Il modulo di consenso, interpretato nel suo esatto significato carico di valenze medico – legali e deontologiche, ben lungi dall’essere di per sé stesso dimostrativo della correttezza della procedura informativa e della acquisizione del consenso (tantomeno a fini difensivi per il medico), deve essere, in realtà, uno strumento di facilitazione della comunicazione tra medico e paziente.

1 Fanno eccezione il D.M. 15 gennaio 1991 del Ministero della Sanità che in merito alla trasfusione di sangue, di emocomponenti, di emoderivati prevede il consenso scritto del donatore; il D.M. 1 settembre 1995 che, sempre in tema di emotrasfusione, prevede la forma scritta per il consenso alla trasfusione, nonché la legge n. 487/1967 che prevede la redazione per iscritto, da presentare al Pretore, all’atto di donazione del rene da vivente a fini di trapianto, alla quale si affianca la recente legge del 16 dicembre 1999 n. 483 che regolamenta le norme per consentire il trapianto parziale di fegato da vivente. Ed, inoltre, il D. M. 15 luglio 1997 concernente il “Recepimento delle linee guida dell’unione europea di buona pratica clinica per la esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali” prevede che il consenso informato sia documentato mediante un modulo di consenso informato scritto, firmato e datato.

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Appare, così, utile presentare uno schema di base per la stesura di un modulo di consenso completo ma, al contempo, di facile approccio per il paziente.

In primo luogo devono essere precisati i dati anagrafici del paziente ed il nome del medico che si è occupato della procedura informativa; si devono poi esporre in maniera chiara le informazioni sulla procedura diagnostica o terapeutica, sulle complicanze, sui rischi, sugli effetti collaterali e sulle eventuali possibilità di insuccesso della metodica. Se prevedibili, è utile si accenni alle integrazioni terapeutiche o diagnostiche che l’operatore potrebbe ritenere indispensabili nel corso dell’intervento o dell’esame strumentale nell’interesse della tutela della salute del paziente. Infine il modulo deve essere firmato dal medico e dal paziente o nei casi previsti dal rappresentante legale.

· Dati anagrafici del paziente

· Medico che si occupa della parte informativa del consenso

· Patologia

· Spiegazione del trattamento chirurgico o dell’esame strumentale

· Complicanze, rischi, effetti collaterali

· Eventuali integrazioni terapeutiche o diagnostiche intraoperatorie prevedibili.

I contenuti del modulo di consenso dovrebbero idealmente rispondere a tre domande fondamentali come, quando e perché che corrispondono a tre tipi di testo:

1) testo descrittivo (come?): illustrare come si svolge una determinata procedura diagnostica o terapeutica e quali sono le caratteristiche della malattia.

Per esempio: a) “l’angiografia consiste nell’introdurre attraverso la puntura di un arteria un mezzo di contrasto che consente di vedere arterie e vene attraverso una radiografia;

l’esame richiede un’anestesia locale che elimina il dolore al momento della puntura dell’arteria. L’esame è generalmente ben tollerato, il rischio di complicanze che possano peggiorare il suo stato di salute è dell’1%. Il rischio di morte è … Dopo l’esame lei dovrà rimanere a riposo per 24 ore”;

b) “la sclerosi multipla è una malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale, non è ereditaria e non se ne conoscono le cause. La gravità della malattia non è prevedibile nel singolo caso. La malattia non abbrevia la vita”.

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13 2) testo esplicativo (quando?): aiutare il paziente a comprendere i disturbi e i sintomi della malattia o spiegare il perché un’indagine o una terapia può essere utile.

Per esempio: a) “sospettiamo che i suoi sintomi dipendano da una malattia delle arterie cerebrali che può essere accertata con l’angiografia”; b) “la perdita di vista ed il tremore che lei lamenta sono dovuti al fatto che lei è affetto da sclerosi multipla”.

3) testo argomentativo (perché?): spiegare perché viene consigliata una determinata indagine o terapia illustrando le possibili conseguenze (rischi e benefici) anche di una scelta negativa ed eventuali alternative.

Per esempio: a) “dal risultato dell’angiografia dipende la possibilità di scegliere la cura più opportuna per prevenire nuove emorragie. Se non si sottopone a questo esame….”; b)

“esistono varie cure per la sua malattia: tali terapie hanno un’efficacia nel ridurre i sintomi ma non garantiscono la guarigione che dipende in gran parte dalla risposta dell’organismo alla malattia”.

Il linguaggio ideale da utilizzare nella stesura di un modulo di consenso dovrebbe essere semplice con sintassi elementare e periodi brevi; l’uso di termini tecnici dovrebbe essere limitato ai casi strettamente necessari e sarebbe buona norma privilegiare l’uso di frasi esplicative. Da non trascurare anche la grafica che dovrebbe agevolare la lettura del testo.

In ogni caso, nei moduli di consenso informato debbono essere presenti i seguenti requisiti:

a) il luogo e la data della acquisizione del consenso informato;

b) i dati di individuazione del medico o dei medici che provvedono all’informazione e all’acquisizione del consenso;

c) i dati di identificazione del paziente e nei debiti casi del rappresentante legale;

d) l’informazione del paziente sulla sua facoltà di ottenere in qualunque momento ulteriori informazioni;

e) tutto ciò che, comunque, è rilevante ai fini di un consapevole consenso;

f) l’indicazione di un eventuale rifiuto del paziente alla informazione e alle indicazioni diagnostiche e terapeutiche.

Ci sembra utile, a conclusione, riportare alcun esempi di errori nella compilazione dei moduli di consenso tratti da un recente studio dedicato, appunto, alle modalità di

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espressione nella modulistica di consenso (Manni) ove gli Autori hanno analizzato criticamente 19 moduli di consenso in uso presso una struttura ospedaliera italiana, mettendone in risalto gli errori o, comunque, le scorrettezze espressive, variamente aggettivate dagli Autori stessi (formule magiche, espressioni non chiare, formule liberatorie) ma che esprimono, comunque, un errore nella comunicazione medico – paziente.

Le “formule magiche” sono espressioni caratterizzate per lo più da ridondanza priva di significato per il paziente che deve effettuare un arduo sforzo interpretativo nella lettura del modulo.

Tab. 2 Formule magiche

“… e/o …” “….. impreviste e imprevedibili …..”

“…. in modo chiaro, esplicito e da me interamente comprensibile”

“…. indicato, utile, necessario per le mie condizioni di salute”

“…. qualora fosse necessario e indispensabile”

“…. indispensabile ed insostituibile per ….”

“…. perizia, diligenza e prudenza”

“…. con prudenza, con perizia e con diligenza”

Le espressioni poco chiare sono periodi eccessivamente lunghi infarciti con espressioni inutilmente generiche o ambigue che confondono il paziente.

Tab. 3 Espressioni poco chiare

“Capisco che può non essere possibile, per ragioni tecniche, che tutto o parte del sangue da me donato mi sia restituito”

“Le complicanze generiche sono in rapporto con l’età, con le condizioni generali … ecc”

“Tali complicanze possono assai raramente essere fatali”

“Dichiaro di essere stato informato che, ove possibile, verranno applicate metodiche alternative meno rischiose (autotrasfusione, emodiluizione, recupero intraoperatorio del sangue) a seconda dei loro vantaggi e delle loro indicazioni nella mia situazione clinica”

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15 Nel momento in cui si fornisce informazione al paziente e la si oggettiva nel modulo di consenso è di fondamentale importanza evitare quella che è stata giustamente definita

“catastrofe informativa o accanimento informativo”: troppe informazioni finiscono per sommergere le capacità di comprensione del paziente che perde fiducia nel valore della comunicazione e rifiuta ogni ulteriore informazione. E’, così, opportuno non eccedere nell’uso di termini tecnici e, nell’esplicare le complicanze e gli effetti collaterali, non riportare espressioni troppo generiche. Il paziente deve, in definitiva, essere informato dei rischi (complicanze, effetti collaterali) cui potrebbe incorrere ma in maniera mirata e senza ingenerare confusione o eccessivi timori.

Tab. 4 L’informazione è assente

“….Le complicanze generiche sono in rapporto con l’età, con le condizioni generali, con pregressi o latenti stati patologici come cardiopatie, insufficienza respiratoria e renale, malattie emocoagulative, diminuzione delle difese immunitarie, stati dismetabolici in genere come diabete mellito, disprotidemie, obesità…”

“…..l’anestesia moderna è sicura, tuttavia tale pratica, come accade per tutte le discipline mediche, non è esente da complicazioni anche se attuata con perizia, diligenza e prudenza. Tali complicanze possono assai raramente essere fatali. Esistono complicanze generiche dipendenti dai farmaci e dalla procedura attuata (fenomeni tossico-allergici, ipotensione transitoria, mal di gola)…”

“In particolare so che: all’intervento residueranno necessariamente delle cicatrici;

in periodo post operatorio potranno essere avvertiti nella sede di intervento, senso di gonfiore e moderato dolore; dovrò essere sottoposto/a ad anestesia locale; la qualità delle cicatrici residue dipende non solo dalla tecnica chirurgica impiegata, ma ancor più dalla sede corporea e dalla risposta dell’organismo”

Nei moduli di consenso si leggono, spesso, frasi che non hanno nessuna utilità ai fini della informazione del paziente, ma che rispondono, solamente, al tentativo di tutelare il medico da accuse di negligenza o/e di imperizia nell’adempimento del dovere di informare il paziente, la cui reale utilità ai fini di tutela medico legale è assai discutibile.

(16)

Tab. 5 Formule liberatorie

“…. dichiaro di essere stato informato che ….”

“…. dichiara di essere stato informato esaurientemente ….”

“Mi è stato spiegato che …”

“Mi rendo perfettamente conto che …”

“Dichiara di essere stato avvertito dal Medico Curante della necessità di sottoporsi all’esame agiografico, indispensabile ed insostituibile per la formulazione diagnostica della propria malattia”

“Dichiaro di essere stato informato in modo chiaro, esplicito e da me interamente comprensibile dal Dr …”

“La natura e gli scopi dei suddetti esami mi sono stati spiegati dal Dr … Alle domande da me poste è stato risposto dal Dr …..”

Dopo aver analizzato quali sono i requisiti per una corretta compilazione di un modulo per il consenso informato proponiamo, di seguito, alcuni schemi di moduli di consenso per intervento chirurgico, per esame strumentale diagnostico e per anestesia, proponendo, per confronto, anche esempi di modulistica utilizzati oltreoceano che, sebbene ispirati ad esperienze e culture profondamente diversi dalla nostra, possono, comunque un utile modello di riferimento. Ad esempio in un modulo Statunitense si legge “Do not sign this consent form unless you have had a chance to ask questions, and have received answers to all of your questions” espressione che serve a sottolineare il ruolo del paziente non come soggetto passivo bensì come soggetto attivo nel rapporto medico – paziente che deve prevedere un efficace interscambio comunicativo tra le due parti al fine di rendere il malato realmente consapevole delle scelte diagnostico - terapeutiche attuate dal medico.

(17)

17 Modulo di consenso per intervento chirurgico

Io sottoscritto/a ……….………..., nato/a...………..………...,il.……….………..., residente ………..., sono stato informato dal dott./prof. ...……….. che la patologia da cui sono affetto/a ……… può essere trattata con intervento chirurgico………..………

………...………..……….……….

………...

Si tratta di un intervento chirurgico gravato da basso/ alto rischio di complicanze rappresentate sostanzialmente da...………...

...………...

Sono stato, altresì, informato/a che la metodica è gravata da scarse/ buone /alte possibilità di successo. Esiste, peraltro, una percentuale di possibili insuccessi del trattamento dovuti sostanzialmente a ...………

Sono stato, altresì, informato sulla necessità, a motivo della mia malattia (diagnosi preoperatoria di………..………..) di integrazioni terapeutiche

………precedenti o seguenti l’intervento chirurgico o intraoperatorie, sulle loro indicazioni, sui loro effetti collaterali e sui possibili rischi.

Ho ben compreso quanto mi è stato spiegato dal Dott./ Prof. ....………sia in ordine alle mie condizioni cliniche attuali e future, sia al trattamento chirurgico proposto ed alle alternative terapeutiche esistenti allo stato attuale, alle possibilità di successo, ai rischi ad esso collegati, nonché alle conseguenze che potrebbero derivarmi non sottoponendomi a tale trattamento.

Quindi acconsento ad essere sottoposto/a all’intervento chirurgico sopra descritto cui si potrebbe associare ……… se indicato e necessario.

(18)

Firma del paziente (o del rappresentante legale)

……….……….

Firma dell’operatore sanitario

...………

Firma di un testimone estraneo all’équipe assistenziale ...……….

Data

(19)

19

Modulo di consenso per esame strumentale invasivo

Io sottoscritto/a …….………...., nato/a ...……….., il ..………...., residente ………...., sono stato informato dal Dott./Prof. ...……….. che per la diagnosi o la terapia della patologia da cui sono affetto/a è indicato che venga sottoposto all’esame strumentale invasivo……….

……….………...

……….………...

………...sono stato altresì informato sulla necessità per un corretto procedimento della metodica, che mi venga somministrato

……….l’esame indicato è gravato da basso/

alto rischio di complicanze immediate e a lungo termine rappresentate da ...………

...………..

Sono stato, altresì, informato/a che la metodica è gravata da scarse/ buone /alte possibilità di successo. Esiste, peraltro, una percentuale di possibili risultati non diagnostici dovuti a ……...……….

...……….

Sono stato, altresì, ampiamente informato sulla possibile necessità durante l’esame strumentale, di integrazioni terapeutiche quali ...………..

……… sulle loro indicazioni, sui loro effetti collaterali e sui possibili rischi.

Ho ben compreso quanto mi è stato spiegato dal Dott./Prof. ....………sia in ordine alle mie condizioni cliniche attuali e future, sia al tipo di esame strumentale proposto ed alle alternative esistenti allo stato attuale, alle possibilità di successo, ai rischi ad esso

(20)

collegati, nonché alle conseguenze che potrebbero derivarmi non sottoponendomi a tale esame strumentale.

Quindi acconsento ad essere sottoposto/a all’esame strumentale sopra descritto cui si potrebbe associare ...

………... se indicato e necessario.

Firma del paziente (o del rappresentante legale)

………...………...

Firma dell’operatore sanitario

...………...

Firma di un testimone estraneo all’équipe assistenziale

...………...

Data

(21)

21 Modulo di consenso per l’anestesia

Io sottoscritto/a ..………... ………..., nato/a ...……….. ……….……..., il ..………, residente ...……….………..., sono stato informato dal Dott./Prof. ...……… che il trattamento ……….…al quale devo sottopormi per la diagnosi/cura della patologia da cui sono affetto/a necessita di anestesia ……….………...

Sono stato, altresì, preliminarmente sottoposto a visita medica ed esami strumentali quali

……….………...

per una valutazione preanestesiologica della mia condizione clinica che risulta compatibile con la procedura anestesiologica ……….. alla quale è necessario mi sottoponga per la natura dell’intervento chirurgico/ esame strumentale diagnostico invasivo.

Sono stato, altresì, informato sugli effetti collaterali, le complicanze e i possibili rischi di cui è gravata la procedura anestesiologica cui devo sottopormi rappresentati da……….……….……….………

………

………...………

Ho ben compreso quanto mi è stato spiegato dal Dott./ Prof. ....………sia in ordine alle mie condizioni cliniche attuali e future, sia alla procedura anestesiologica proposta, ai rischi ad essa collegati, nonché alle conseguenze che potrebbero derivarmi non sottoponendomi a tale procedura.

Quindi acconsento ad essere sottoposto/a alla procedura anestesiologica sopra indicata.

Firma del paziente (o del rappresentante legale)

……….………..….………

(22)

Firma dell’operatore sanitario

…………....………

Firma di un testimone estraneo all’équipe assistenziale

………....………

Data

(23)

23 ASSENT FORM

Title of Study: Multicenter Trial of Vitamin E in Aging Persons with Down’s Syndrome

Principal Investigator:

Purpose: You are asked to participate in our research study. In this study, we would like to see whether Vitamin E, 2000 international units, taken everyday for three years to aging patients with Down’s Syndrome, will stop or slow down some of the possible memory, thinking and behavior changes that could occur in the development of a memory problem associated with Alzheimer’s disease in individuals with Down’s Syndrome.

Procedures: If you agree to participate, you and your caregiver will come to our clinic every 6 months for 36 months. During the initial visit, we will ask questions about your health, medical, social, and work experiences; do a physical examination and draw about 3 tablespoons of blood sample for laboratory and genetic tests. You will be asked to do a few simple memory and behavior tests. Two to three weeks after the screening visit, you will be asked to take either vitamin E (1000 international units) or inactive “sugar” pills called placebo twice daily. You will also take a multivitamin pill once daily. A six-month supply of study medication will be given to you. The same tests of memory, skills, and every day behavior, as in the screening visit, will be given during every subsequent visit to the clinic. We will also ask you about any side effects. Your temperature, blood pressure, pulse rate and respiratory rate will be measured. At each visit, a six-month supply of study medication will be given to you. During the final visit, you will given a final physical

examination and memory and behavior tests. About 3 tablespoons of blood sample will also be collected for medical and chemical tests.

(24)

Risks: We do not expect to hurt you or make you sick. However, you may experience an upset stomach. There is a possibility that the dose of vitamin E could result in bleeding.

During the blood draw, you might experience slight pain, have a risk of developing a bruise and may experience temporary dizziness or fainting. Extremely rare effects of the blood draw include redness or swelling or infection of the vein where blood was drawn. In addition, having genetic testing may cause nervousness in some persons. There are no risks during your physical examinations and tests on your memory and thinking. However you may get tired and bored during these evaluations.

Benefits: This study may or may not help you. However, the information that is learned in this study will help develop methods for the treatment of Alzheimer’s disease in persons with Down’s Syndrome.

Alternative Procedures: Your participation in this study is completely voluntary. You can refuse or end participation at any time during the study.

I have been told about the study.

I have been told what I have to do for the study.

I have been told that I do not have to do this study if I do not want to.

I have also been told that I can stop participation in the study after I start, if I want to.

__________________________

__________________________

Patient’s Signature Date

__________________________

__________________________

Caregiver’s Signature Date

___________________________

__________________________

Principal Investigator’s Signature Date

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25 Bibliografia essenziale

1) Alvisi C., Borromei A., Chieregatti G. (a cura di) La malattia come errore di comunicazione, Ed. Universitaria Lo Scarabeo, Bologna, 1997.

2) Barni M., Sussurri e grida sul consenso informato, Federazione medica 7, 411, 1989.

3) Barni M., Deontologia medica, in Adamo M. et al., Manuale di Medicina legale e delle assicurazioni, Monduzzi, Bologna, 1997.

4) Barni M., Cateni C., Turillazzi E. Il dovere del medico di informare di fronte ai diritti di libertà, di dignità e di riservatezza della persona, Professione, 5, 1998.

5) Barni M. Informazione e consenso informato in Diritti – Doveri. Responsabilità del medico. Dalla Bioetica al Biodiritto, Giuffrè, Milano, 1999.

6) Bilancetti M., Le conseguenze di rilevanza penale e civile del consenso invalido.

Il consenso informato: un continente ancora da esplorare?, Riv. It Med. Leg., 6, 2003.

7) Canavacci L. I confini del Consenso. Un’indagine sui limiti e l’efficacia del consenso informato, C.G. Ed. Medico Scientifiche, Torino, 1999.

8) Canavacci L. Il consenso informato in Guida all’esercizio professionale per i medici chirurghi e gli odontoiatri, C.G. Ed. Medico Scientifiche, Torino, 2000.

9) Comitato Nazionale per la Bioetica, Informazione e consenso all’atto medico, Istituto Poligrafico Zecca dello Stato, Roma, 20 giugno 1992.

10) Commissione Regione Toscana di Bioetica, Il consenso informato, Firenze, 1995.

11) Faden R. R., Beauchamp T.L.: A history of informed consent, Oxford University press, 1986.

12) Ferrando G. Chirurgia estetica, “Consenso informato” del paziente e responsabilità del medico, Nuova Giurisprudenza civile commentata, I, 941, 1995.

13) Ferrando G., Consenso informato del paziente e responsabilità del medico, principi, problemi e linee di tendenza, Rivista Critica Diritto privato, 39, 37, 1998.

(26)

14) Fineschi V., Deontologia professionale dell’odontoiatria, in Martini P., Medicina Legale in Odontoiatria, USES, Firenze, 1987.

15) Fineschi V. Il rapporto medico – paziente: consenso, informazione e segreto, cap.8 in Trattato di medicina legale e scienze affini (a cura di Giusti G). CEDAM, Padova 1998.

16) Fineschi V., Frati P., Fucci S., La trasfusione di sangue tra diritto e sanità, Giustizia Penale I, 118, 2000.

17) Fucci S., informazione e consenso nel rapporto medico – paziente. Profili deontologici e giuridici, Masson, Milano, 1997.

18) Gorgoni M., La “stagione” del consenso e dell’informazione: strumenti di realizzazione del diritto alla salute e di quello all’autodeterminazione, Responsabilità civile e previdenza, 488, 1999.

19) Iadecola G., Fiori A., Stato di necessità medica, consenso del paziente e dei familiari, cosiddetto diritto a morire, criteri per l’accertamento del nesso di causa, Rivista Italiana di Medicina Legale, 1, 18, 1996.

20) Manni E, Bonito V. I moduli per il consenso informato: una lettura critica, Bioetica, 1, 62, 1995.

21) Riz R., Il consenso dell’avente diritto, Ed. Cedam, Padova, 1979.

22) Rodriguez D., Ancora in tema di consenso all’atto medico – chirurgico, Note sulla sentenza del 10 ottobre 1990 della Corte d’Assise di Firenze. In Riv. It.

Med. Leg. 13, 1117,1991.

23) Santosuosso A. (a cura di) Il consenso informato, Cortina Ed., Milano, 1996.

24) Turillazzi E., Cateni C. Informazione e consenso del paziente, commento agli artt. 29-30-31-32 in Il Codice di Deontologia Medica (a cura di Fineschi V.) Giuffrè, Milano, 1996.

25) Turillazzi E. Il rapporto medico – paziente tra comunicazione e confidentiality nel nuovo codice di deontologia medica in Bioetica, deontologia e diritto per un nuovo codice professionale del medico (a cura di Barni M.) Giuffrè, Milano, 1999.

(27)

27 Riferimenti giurisprudenziali

Sulla evoluzione giurisprudenziale in materia di consenso all’atto medico si richiamano alcune delle pronunce più significative.

1) Corte di Assise Firenze, 8 novembre 1990 in Diritto della famiglia e delle persone, 1991, 978; Corte di Assise di Appello, 10 agosto 1991 in Rivista Italiana di Medicina Legale, 1994, 234 con nota di Rodriguez D.; Corte di Cassazione, 13 maggio 1992 n. 5639 in Diritto della famiglia e delle persone, 1992, 1007.

2) Cassazione civile, sez.III, 15 gennaio 1997, n. 364 in Danno e Responsabilità, 2, 1997 con commento di Carbone C.

3) Cass. Pen. Sez. IV, 9 marzo – 12 luglio 2001, Barese.

4) Cass. Pen., Sez. IV, 27 marzo – 1 ottobre 2001, Cicarelli.

5) Cass. Pen, Sez. I, 29 maggio – 11 luglio 2002 in Riv.It. Med. Leg., 2, 2003 con commento di Barni M. e Fucci S.

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