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Consulente del lavoro: ultime sentenze

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Consulente del lavoro: ultime sentenze

written by Redazione | 14/06/2022

Esame di abilitazione all’esercizio della professione; requisiti per l’applicabilità del regime di abbonamento annuale; sistema di retribuzione.

Pratica professionale dell’aspirante consulente del lavoro

Dal combinato disposto del d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, convertito in l. n. 148 del 14 settembre 2011, e dal suo regolamento attuativo, emanato con d.P.R. n.

137 del 7 agosto 2012 si evince che l’aspirante Consulente del Lavoro deve svolgere la pratica professionale presso un professionista iscritto all’Albo dei Consulenti del Lavoro.

Consiglio di Stato sez. III, 19/07/2021, n.5441

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Adempimenti in materia lavoristica senza titolo di consulente del lavoro

Non integra il reato di esercizio abusivo della professione l’attività del socio di un centro di servizi, partecipato da associazioni di categoria, il quale curi gli adempimenti in materia lavoristica, di previdenza ed assistenza sociale per conto di piccole imprese, imprese artigiane e loro cooperative, in mancanza del titolo di consulente del lavoro e dell’iscrizione al relativo albo professionale.

(In motivazione la Corte ha precisato che la deroga al regime obbligatorio dell’albo professionale è prevista dall’art. 1, comma 4, l. 11 gennaio 1979, n. 12, allo scopo di alleggerire i costi di gestione di imprese dalle ridotte dimensioni socio- economiche).

Cassazione penale sez. VI, 17/05/2021, n.26294

Professionista non iscritto all’albo e privo di qualsiasi qualifica professionale

L’esecuzione di una prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 del Cc, a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto.

Pertanto, il professionista non iscritto all’albo o che non sia munito nemmeno della necessaria qualifica professionale per appartenere a categoria del tutto differente, non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa.

Peraltro, al fine di stabilire se ricorra la nullità prevista dall’articolo 2231 del Cc, occorre verificare se la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l’esercizio della professione subordinato per legge all’iscrizione in apposito albo o ad abilitazione.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto nullo il contratto stipulato dalle parti, in quanto il convenuto, senza alcuna abilitazione, aveva svolto, attività di commercialista e consulente del lavoro, ovvero attività riservate a una determinata

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categoria professionale.

Tribunale Milano sez. I, 13/01/2021, n.180

Attività tipiche del consulente del lavoro

La consegna dei modelli unici e il contatto con il notaio per la stipula di un atto di trasferimento all’estero della società sono attività tipiche del consulente del lavoro, pertanto, l’Amministrazione finanziaria, senza elementi di prova, non può imputare al contribuente la qualifica di amministratore di fatto della società e contestare l’omessa tenuta della contabilità ai fini delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto.

Comm. trib. reg., (Lazio) sez. XVI, 07/09/2018, n.5776

Incarico di consulenza del lavoro

Qualora le parti non abbiano stabilito, per la prestazione del consulente del lavoro, un termine finale del contratto e un sistema di retribuzione omnicomprensivo e predeterminato, non trova applicazione il regime di abbonamento annuale.

Tribunale Roma sez. XI, 27/06/2017, n.13154

La responsabilità del professionista

Se anche si volesse ritenere che il cliente fosse stato consenziente all’omissione della denunzia del rischio assicurativo all’INAIL, ciò non escluderebbe la responsabilità del professionista che, quantomeno, avrebbe dovuto farsi rilasciare una liberatoria dal proprio cliente. Peraltro, l’attività omessa costituisce attività propria, ai sensi della L. n. 12/1979 del Consulente del Lavoro e, quindi, non possono ritenersi sussistenti gli elementi dell’art. 2236 cod. civ.

Tribunale Bari sez. II, 30/05/2016, n.2959

Accesso alla professione di consulente del

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lavoro

Con riferimento all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di consulente del lavoro, con il d.l. 10/07 il legislatore ha totalmente innovato la disciplina dell’accesso alla professione di consulente del lavoro, individuando nel diploma di laurea l’indefettibile requisito per sostenere (a regime) l’esame di abilitazione, requisito richiesto – peraltro – già per il compimento del biennio di pratica.

T.A.R. Bari, (Puglia) sez. I, 22/09/2016, n.1114

Consulente del lavoro: le tariffe professionali e giudiziali

Laddove la curatela fallimentare si sia avvalsa dell’attività di un consulente del lavoro per provvedere agli adempimenti connessi alla gestione del personale durante il periodo di esercizio provvisorio dell’azienda fallita, la congruità del compenso erogato rispetto al lavoro svolto non deve essere valutata con riferimento alle tariffe professionali, ma a quelle giudiziali in base alle quali si liquidano gli oneri spettanti ai coadiutori.

Cassazione civile sez. I, 12/05/2016, n.9781

Contratto concluso tra il consulente del lavoro e il cliente

L’esame del contratto concluso tra il consulente del lavoro e il cliente, soddisfa il presupposto applicativo della disciplina regolamentare di cui al D.M. 430/92, ossia del regime di abbonamento annuale degli adempimenti connessi all’incarico professionale, ivi compresa la disciplina in tema di recesso posta dall’art. 17 del D.M. cit., prevedente l’obbligo di preavviso semestrale di disdetta da parte del cliente e di corrispondere al consulente un compenso pari all’80% dei soli onorari per i mesi mancanti al compimento dell’anno stabilito in abbonamento e può senz’altro sostenersi che detto regime abbia formato oggetto di specifica pattuizione tra cliente e professionista.

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Tribunale Reggio Emilia sez. II, 08/10/2015, n.1346

Come regolarizzare la posizione contributiva

La novità introdotta con l’art. 31, comma 8 (rubricato « Semplificazioni in materia di » DURC »), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, (« Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia », convertito in legge 9 agosto 2013, n. 98, ai sensi del quale « Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore ai quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità », costituisce sicuramente una disposizione di favore diretta a mitigare la rigidità di situazioni di irregolarità, che vengono sanate con immediatezza dalle potenziali partecipanti, che viene a modificare la esigenza, prevista dall’art. 38, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, recante il c.d. « Codice dei contratti pubblici », ai sensi del quale il requisito di regolarità contributiva necessario per partecipare alle gare pubbliche, è sempre stato pacificamente inteso nel senso che esso deve sussistere al momento della presentazione della domanda di ammissione alla procedura, dovendo ora invece ritenersi che tale requisito debba sussistere al momento di scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’Ente previdenziale per regolarizzare la posizione contributiva.

Tale disposizione, tuttavia, non ha inciso sulle modalità di controllo della situazione contributiva da parte della stazione appaltante con riferimento alle gare pubbliche, né ha introdotto una sorta di sanatoria per l’impresa che anche al momento della scadenza del termine per la presentazione dell’offerta (e anche dopo) continui a non trovarsi in una situazione di regolarità contributiva. Al contrario, il requisito di regolarità contributiva, per principio, deve essere « posseduto » fin dalla presentazione dell’offerta e « conservato » per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante, pena la vanificazione del principio della par condicio, un eventuale adempimento

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tardivo della obbligazione contributiva.

Consiglio di Stato sez. VI, 04/05/2015, n.2219

Il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo

Nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ai sensi dell’art. 548 c.p.c., testo previgente, comprovata, tramite esibizione del Centro per l’Impiego e del consulente del lavoro, la dedotta sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra i convenuti, nessun dubbio può sussistere in merito all’esistenza del diritto di credito derivante dal rapporto di lavoro subordinato, con conferma della bontà del pignoramento presso terzi richiesto dal creditore, terzo che non ha dimostrato di non aver estinto la sua obbligazione prima del pignoramento, rimanendo contumace.

Analogamente il creditore ha fornito la prova dell’ammontare del diritto di credito derivante dal rapporto di lavoro, atteso il tenore della documentazione. Quindi, va accolta la domanda dichiarando sia l’esistenza del credito vantato dal debitore nei confronti del terzo alla data di notifica dell’atto di pignoramento presso terzi, sia il suo ammontare.

Tribunale Teramo, 21/04/2015, n.602

Rilascio del documento unico di regolarità contributiva: mancanza dei requisiti

Ai sensi dell’art. 31, comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni, nella l. 9 agosto 2013, n. 98, ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva, in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli enti preposti il rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro indicato ovvero degli altri soggetti di cui all’art. 1, l. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità; tale norma riguarda

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l’ente preposto al rilascio, o all’annullamento, del DURC, ma non concerne certamente la Stazione appaltante, non potendo quindi pregiudicare la legittimità degli atti di gara.

Consiglio di Stato sez. V, 23/02/2015, n.874

Rilascio del documento unico di regolarità contributiva

L’art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013, conv. dalla l. n. 98 del 2013 (“Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’art. 1 l. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”) è inapplicabile alle ipotesi in cui il DURC viene acquisito dall’ente appaltante per la verifica della sussistenza del requisito di partecipazione alla gara ex art. 38 d.lg. n. 163 del 2006.

T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna) sez. I, 27/11/2014, n.1153

Compenso aggiuntivo in favore di consulente del lavoro

In tema di compensi professionali, la disposizione di cui all’art. 2233, terzo comma, cod. civ. (nel testo applicabile “ratione temporis” antecedente alla sostituzione operata dall’art. 2, comma 2 bis, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv., con modifiche, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), che prevede la nullità del cosiddetto patto di quota lite, è norma speciale a carattere tassativo e, come tale, non suscettibile di estensione analogica, sicché essa si riferisce esclusivamente all’attività svolta da professionisti abilitati al patrocinio in sede giurisdizionale e non anche all’attività amministrativo-contabile svolta da un consulente del lavoro in ambito previdenziale e finalizzata al conseguimento di sgravi contributivi.

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Cassazione civile sez. II, 02/10/2014, n.20839

L’ordinamento della professione di consulente del lavoro

La mera rimozione dei libri paga e matricola dal luogo di lavoro può configurarsi solo laddove non vi sia dubbio sulla regolarità dei rapporti di lavoro, regolarità dimostrabile tramite l’esibizione agli ispettori di documentazione pur diversa dai libri obbligatori ma pur sempre idonea a conferire certezza sul punto. Tanto trova riscontro non solo nella ratio dell’art. 21 d.P.R. 1124/1965, ma anche nell’art.5 della l. 12/1979 sull’ordinamento della professione di consulente del lavoro.

Rispetto a tale rilievo resta ininfluente che la regolarità potesse essere verificata in un secondo momento – presso la sede della società, lo studio del consulente del lavoro o in altri luoghi, poiché l’illecito contestato prescinde dalla verifica circa la effettiva istituzione dei libri obbligatori (in tale ipotesi profilandosi una diversa fattispecie illecita) ed è configurato quando al momento dell’ispezione si verifichi la impossibilità di accertare anche aliunde – ma pur sempre in via documentale – la regolarità dei rapporti di lavoro.

Tribunale Foggia sez. lav., 27/01/2014, n.802

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