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Trib. Bergamo, 15 marzo 2021, Est. De Simone

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Trib. Bergamo, 15 marzo 2021, Est. De Simone

SOVRAINDEBITAMENTO – Accordo di composizione della crisi – Sottoscrizione della proposta da parte del terzo in caso di

insu cienza dei beni e redditi del debitore – Conferimento, anche in garanzia, da parte del terzo  di redditi o beni – Necessità – Mancanza - Inammissibilità.

Nell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, la  sottoscrizione

della proposta da parte del terzo allorquando i beni e redditi del debitore non siano

sufficienti a garantire la fattibilità dell’accordo implica il necessario conferimento,

anche in garanzia, purché concreto ed effettivo, ad opera del terzo medesimo, di

redditi o beni idonei ad assicurare l’attuabilità dell’accordo.

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N. R.G. 2/2020 acc.comp.crisi

TRIBUNALE ORDINARIO DI BERGAMO

Seconda Sezione Civile, Procedure Concorsuali ed Esecuzioni Forzate

Nella procedura di sovraindebitamento proposta da , C.F.

, nata a il e residente a

, Via rappresentata e difesa dall’avv. Silvia Paganessi

(PGNSLV77M62C800R), presso il cui Studio in Bergamo, Via Paleocapa n. 6, è elettivamente domiciliata

Il Giudice

pronunciando sul ricorso ex art.10 L.n.3/2012 per l’accesso alla procedura di Accordo per la

composizione della crisi proposto da (C.F. ) in data

17.12.2021 e successivamente integrato, osserva quanto segue.

La ricorrente rappresenta di trovarsi in una situazione di sovraindebitamento incolpevole per obbligazioni assunte per scopi sia inerenti ad un’attività imprenditoriale gestita mediante una S.n.c. di cui era socia, cessata a fine 2014, sia per aver acceso un mutuo per l’acquisto della prima casa, contando sulla stabilità di un posto di lavoro che viceversa era poi venuto meno.

Con riguardo all’attivo la espone:

1) di essere proprietaria di un appartamento con annessi cantina e vano ad uso autorimessa privata al piano interrato, nonchè porzioni di cortile esclusivo, il tutto censito al Catasto Fabbricati del comune di

2) di percepire un reddito da lavoro dipendente con retribuzione media mensile di € 1.800,00.= su base annua (cioè retribuzione media mensile netta x 14 mensilità : 12).

Il passivo è così descritto:

- € 141.154,07.= in via privilegiata ed ipotecaria e deriva dal mutuo fondiario contratto per l’acquisto

della prima casa (€ 105.830,40.= di pertinenza del I ipotecario .) e

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dal finanziamento accesso per l’acquisto del bar (€ 35.323,67.= di pertinenza del II ipotecario );

- € 12.551,09.= in via privilegiata per tributi e contributi previdenziali;

- € 35.729,16.= in via chirografaria (comprendendo in tale importo anche un credito contestato per € 22.000,00).

Le spese di procedura, collocate in prededuzione, vengono così quantificate:

a) Compenso dell’OCC per €8.000,00 oltre accessori, per complessivi € 10.150,40, al lordo dell’acconto versato, come da accordo con il debitore sottoscritto in data 11/09/2019

b) Compenso del legale per l’assistenza alla procedura per € 3.000,00, oltre accessori e quindi complessivi € 4.064,74, al lordo dell’acconto versato;

Le spese per il sostentamento della ricorrente, dalla medesima autocertificate, sono state stimate prudenzialmente in € 1.100,00.= mensili.

Esposte queste circostanze la propone un piano per la composizione della crisi che prevede:

A) il pagamento integrale ed in prededuzione degli oneri di procedura, ivi incluso il compenso dell’Organismo di Composizione della Crisi e tutte le spese necessarie all’attuazione dell’accordo, a carico - condizionatamente all’omologa del piano qui proposto - del fratello della ricorrente,

con piano di pagamento rateale;

B) il pagamento integrale dei crediti tributari e previdenziali a carico dello stesso fratello della debitrice, , quantificati all’attualità in € 12.551,09, oltre sanzioni ed interessi, in n. 72 rate mensili, con scadenza al 15 di ogni mese, a partire dall’omologa del piano;

C) il pagamento in misura parziale del creditore ipotecario di primo grado, con l’attribuzione del valore del bene immobile, come stimato nell’esecuzione immobiliare pendente, sub R.G.E. n. 403/2019, pari ad € 104.673,00, ridotto del 33% circa, ossia per € 70.000,00. La riduzione si afferma operata in ragione dell’effettivo andamento delle vendite in sede esecutiva, della congruità dell’importo indicato rispetto ai valori OMI, del risparmio delle spese di procedura esecutiva per il creditore. Il credito di € 35.323,67 del secondo ipotecario, che nulla ricaverebbe dalla vendita all’asta dell’immobile, viene falcidiato e degradato integralmente al chirografo, con soddisfacimento parziale al 15% al pari degli altri chirografari;

D) per i debiti chirografari, per un totale di € 71.052,83, è prevista la soddisfazione per il 15% dei rispettivi crediti, per un totale di € 10.657,93.

La ricorrente propone quindi di soddisfare primo ipotecario (per € 70.000,00) e creditori chirografari (per € 10.657,93) assegnando loro la rata mensile di € 701,37, quale quota parte dello stipendio da lavoro dipendente a tempo indeterminato, nei seguenti tempi:

(i) n. 115 rate mensili (tot. 9 anni e 7 mesi) a partire dal decreto di omologazione del piano stesso

quanto al I ipotecario , a mezzo di rid bancario;

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(ii) n. 19 rate semestrali anticipate (tot. 9 anni e 6 mesi) a partire dal decreto di omologazione del piano stesso quanto ai chirografari, a mezzo di rid bancario.

Il rimanente debito, per il quale è previsto il pagamento integrale, è indicato a carico del fratello mediante pagamenti pure rateizzati:

- compenso OCC (€ 10.150,40.=) in n. 6 rate mensili a partire dall’omologa del piano;

- compenso avv. Silvia Paganessi (€ 2.797,94) in n. 12 rate mensili a partire dall’omologa del piano;

- crediti tributari e previdenziali (€ 12.551,09, oltre sanzioni ed interessi) in n. 72 rate mensili, con scadenza al 15 di ogni mese, a partire dall’omologa.

Il piano prevede infine la sospensione di eventuali procedure esecutive e/o cautelari radicate avverso la ricorrente, tra cui la procedura esecutiva immobiliare sub R.G.E. n. 403/2019 del Tribunale di Bergamo, sino alla definitività dell’omologazione, e all’esito della compiuta esecuzione del piano, la cancellazione di ogni pregiudizievole sugli immobili della ricorrente e di ogni segnalazione bancaria.

Tanto premesso, osserva il giudicante che la proposta di accordo formulata contiene plurime criticità che non consentono di valutare integrati i requisiti di cui agli artt.7,8,9 L.n.3/2012 e pronunciare il decreto di cui all’art.10 della medesima legge.

In primis con riferimento al pagamento delle spese in prededuzione e del debito fiscale la proposta prevede l’adempimento da parte di fratello dell’istante, che sottoscrive a tal fine l’atto introduttivo, in quanto nella prospettazione di parte ricorrente questo integrerebbe i requisiti di cui all’art. 8, comma 2, della l. n. 3/2012.

In realtà la previsione normativa contempla la sottoscrizione della proposta da parte del terzo allorquando i beni e redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità dell’accordo, ma questo a fronte di “conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti ad assicurarne l’attuabilità”. Nella procedura in esame si impegna a pagare ratealmente questo debito assunto dalla debitrice, espone di essere socio unico della società (la stessa in cui la ricorrente lavora come dipendente), nulla deduce in ordine alla propria patrimonialità e solvibilità, ma soprattutto nulla conferisce, neppure in garanzia, né redditi, né beni.

Pur essendo la norma indubbiamente equivoca deve ritenersi che l’impegno immaginato dalla previsione legislativa non possa essere generico, ma concreto ed effettivo, con esatta individuazione e segregazione delle utilità poste a disposizione del ceto creditorio. Nella specie, non viene indicata la fonte della provvista che assicurerebbe la “finanza esterna”, né viene in rilievo uno strumento di garanzia dei versamenti promessi, né viene illustrata in alcun modo la condizione reddituale e finanziaria del soggetto persona fisica che s’impegna a pagare. Neppure l’OCC nella propria relazione fornisce indicazioni ai creditori con riferimento alla quota di indebitamento della sorella che

si obbliga a pagare, non chiarisce se le disponibilità finanziarie dell’assuntore gli consentiranno

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il pagamento nell’arco temporale previsto e neppure se ci saranno rischi di revocatoria. Non risulta quindi attestata - per questa parte – la fattibilità del piano.

A queste considerazioni si aggiunge che la proposta deve valutarsi inadeguata anche con riferimento alle modalità di falcidia dei creditori ipotecari. Ai sensi dell’art.7 L.n.3/2012 “E' possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché' ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi”. La proponente offre all’ipotecario di primo grado - che vanta un credito di € 105.830,40 oltre interessi, che gode del privilegio speciale ed ha radicato una procedura esecutiva immobiliare in cui il valore di stima attribuito al bene è di €104.673,00 - €70.000, che intenderebbe onorare in 9 anni e 7 mesi.

Ora, nel calcolare l’alternativa liquidatoria può immaginarsi effettivamente di decurtare il prezzo di stima ottenuto nella procedura esecutiva del 25%, pari al valore che può essere offerto ex art.571 c.p.c., e di sottrarre le spese che graverebbero sulla procedura esecutiva e quindi sul creditore, per cui potrebbe giungersi all’incirca all’importo proposto dalla debitrice e acclarato dall’OCC pari a

€70.000,00 (quand’anche in realtà le spese di esecuzione siano già tutte maturate per stimatore, custode per cui comunque graveranno sul creditore procedente). Questo importo, tuttavia, per essere effettivamente corrispondente al valore dell’immobile, dovrebbe essere versato all’omologa dell’accordo o quanto meno nei tempi previsti di realizzo del bene, non in quasi dieci anni.

Certamente la giurisprudenza ammette la dilazione nel pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall'omologazione previsto dalla L. n. 3 del 2012, art. 8, comma 4, e questo non solo nella fattispecie della continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti (Cass. 28/10/2019, n.27544; Cass. 3/07/2019 n.17834), ma nel caso in esame va considerato che il creditore ipotecario ha già dato corso all’esecuzione immobiliare, che si sta avviando alla fase liquidatoria, e beneficia pertanto di un’aspettativa di soddisfo in un tempo di circa tre anni, avuto riguardo alla durata media delle procedure dell’Ufficio.

La relazione particolareggiata dell’OCC in ordine al tempo dell’adempimento nulla riferisce, quand’anche nove anni e sette mesi costituiscano un segmento temporale dilatato e finanziariamente imprevedibile per cui sarebbe stato imprescindibile che l’Organismo offrisse congrua motivazione in merito alla prognosi effettuata, risultando viceversa del tutto apodittica l’affermazione conclusiva di sostenibilità e fattibilità del piano.

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E’ vero che compete ai creditori la valutazione economica della proposta ma, in questa ipotesi, la dilazione prevista per la sua significativa durata non consente di parificare la somma offerta all’alternativa liquidatoria e quindi di valutare integrato il presupposto di cui all’art.7 sopra richiamato.

Nella prospettiva del piano l’ipotecario verrebbe privato, per un arco temporale cospicuo, della disponibilità della somma complessiva di sua spettanza e delle correlate opportunità di reinvestimento e messa a frutto, somma e opportunità che, nell’ordinaria esecuzione immobiliare, conseguirebbe in un arco temporale molto più limitato, alla luce dello stato dell’esecuzione in corso e della situazione di mercato degli immobili omologhi o affini.

Le considerazioni che precedono importano l’insussistenza nel ricorso i presupposti di ammissibilità di cui all’art.7 L.n.3/2012.

P.T.M.

dichiara inammissibile il ricorso proposto.

Manda alla cancelleria per le comunicazioni.

Bergamo, 15/03/2021

Il GIUDICE DELEGATO

dott.Laura De Simone

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