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19-06-23 RASSEGNA STAMPA

19-06-23 FAO, PRESSING TEDESCO SULL’ITALIA. ‘NON VOTATE PER UN DIRETTORE CINESE

la Stampa

19-06-23 LE SETTE INFORMAZIONI UTILI SULLA POLITICA NEL PIATTO Libero

19-06-23 LE MATERIE PRIME CHE HANNO CAMBIATO LA STORIA Corriere della Sera

19-06-23 MANGIMI: BOVINI E SUINI I SETTORI IN MAGGIORE CRESCITA IN ITALIA Mangimi&Alimenti

19-06-22 AL VIA INGREEN: UN BALZO IN AVANTI PER LA BIOECONOMIA UniBo Magazine

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Data

23/06/2019

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19

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DOMENICA 23 GIUGNO 2019 LA STAMPA 19

AGRICOLTURA

I saperi tradizionali del cibo sono un volano economico

SOSTIENE SLOW FOOD GIORGIA CANALI

A

rtigianalità, legame con il territorio e in- novazione sono questi gli ingre- dienti del successo dell’ali- mentare italiano, secondo la fotografia del Food Industry

Monitor, l’analisi nazionale del comparto alimentare re- datta per Ceresio Investors dall’Università di Scienze Ga- stronomiche di Pollenzo. È un settore, quello dell’ali- mentare italiano, che cresce oltre tre volte più del Pil: nel 2018 il settore l’incremento è stato del 3,1% e il trend posi- tivo sembra confermarsi in- torno al 3% annuo anche per il 2019 e il 2020.

La quinta edizione dell’os- servatorio presentata a Pollen- zo-Bra mercoledì scorso, evi- denzia i dati economici e com- petitivi di 823 aziende, per un

fatturato aggregato di circa 63 miliardi di euro, rappresentati- ve del 71% delle società di ca- pitali operanti nel settore.

L’analisi ha preso in esame 15 comparti, tra questi quelli che presentano una crescita più equilibrata, con un ideale bi- lanciamento tra i profili di cre- scita, redditività e solidità fi- nanziaria, sono: farine, food equipment, caffè, surgelati, olio, packaging e vino. Buone performance anche per acqua, dolci, birra e pasta. Salumi, olio e latte mostrano maggiori criticità. Tra i punti deboli si evidenzia che solo il 30% delle

aziende possiede un canale di vendita on-line.

Fondamentale a garantire la qualità e il successo del proces- so produttivo è la selezione delle materie prime, e il 68%

delle aziende intervistate di- chiara di avvalersi di fornitori artigiani o contadini e intrat- tiene con questi relazioni dura- ture, sostenendone lo svilup- po. L’analisi delle strategie di comunicazione mostra come il legame con la tradizione italia- na venga utilizzato dal 70%

delle imprese per valorizzare i propri prodotti sul mercato, più del 50% fa leva sulle Deno-

minazioni d’Origine e/o sui Presìdi Slow Food nelle politi- che di comunicazione, il 62%

utilizza richiami ai temi della salute e del benessere.

Tutti elementi che lasciano intendere che scommettere sulla tutela dei saperi tradi- zionali, della biodiversità, delle produzioni locali, ha un impatto positivo che può es- sere anche monetizzato. Non si tratta solo di un richiamo nostalgico a un passato in cui

«si stava meglio», ma di un presente dal grande poten- ziale economico. —

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Julia Kloeckner, ministro dell’Agricoltura: la Germania appoggia la candidata francese sostenuta anche dagli Usa

Fao, pressing tedesco sull’Italia

“Non votate per un direttore cinese”

FRANCESCA SFORZA

S

ROMA i apre oggi una stagione nuova per la Fao, l’Agenzia Onu per l’ali- mentazione e l’agricol- tura che ha sede a Roma: dopo due mandati consecutivi del brasiliano José Gaetano De Sil- va, i delegati sceglieranno oggi il nuovo direttore generale tra la candidata francese Catherine Geslain-Lanéelle e il cinese Qu Dongyou. Dagli Usa agli alleati europei, c’è molta attesa per il voto dell’Italia, paese ospite del- l’Agenzia, in una congiuntura in cui le emergenze ambientali e l’attenzione al territorio non so- no mai state così alte. Ne abbia- mo parlato con la ministra tede- sca dell’Agricoltura Julia Klo- eckner, tra le figure di spicco della Cdu, in questi giorni a Ro- ma per la votazione finale.

Frau Kloeckner, in Italia c’è molta preoccupazione per la salvaguardia del territorio e la difesa dei prodotti naziona- li. Qual è la sua posizione?

«L’amore per la propria nazione non esclude una visione globale delle cose, né una solidarietà in- ternazionale. La parola “Hei- mat” (patria) ha il sapore spe- ciale – e lo dico da ministro del- l’alimentazione – delle molte differenze territoriali, dagli Spaetzle al prosciutto di Parma o al parmigiano. Anche per noi in Germania è importante che le persone riconoscano le origini e la regionalità dei prodotti, e che ne conoscano la tracciabilità».

Cosa risponde a chi considera l’Ue e le istituzioni multilate- rali come nemici dei prodotti nazionali?

«Che come Unione Europea abbiamo una capacità nego- ziale molto più forte, nei con- fronti della Cina ad esempio, di quanto non avremmo come singole nazioni. E che ci vuole il coraggio della diversità: un menù con una sola pietanza è noioso. Dobbiamo agire come una buona agenzia di marke- ting: pensare alla qualità. Por- tare ad esempio in Cina il di- battito europeo sulla sosteni- bilità sarebbe un grande colpo per l’esportazione».

La Germania ha già scelto se sostenere la candidata euro- pea o il candidato cinese?

«Si, la Germania ha deciso in se- de Ue di proporre e appoggiare attivamente la francese Cathe- rine Geslain-Lanéelle, che ha un curriculum eccezionale. Penso che sia importante che la Fao torni alle sue radici, al suo ap- proccio iniziale, quello di essere un think-tank, un’organizzazio- ne che trasmette conoscenze, un consulente della politica.

Con la presidenza attuale le co- se sono andate in modo diverso, ma proprio dalla Conferenza Eu-Africa in corso in questi gior- ni è divenuto chiaro che le per- sone anche in Africa devono svi- luppare la loro economia e le lo- ro potenzialità».

Come sa l’Italia ha con la Cina una relazione particolare, do- po la firma del morandum sulla Via della Seta. Cosa si aspetta dal nostro Paese in questa occasione?

«L’Italia è uno stato libero e nessuno può costringerla a un voto, che sarà libero e segreto.

Come paesi fondatori dell’UE dovrebbe essere il nostro inte- resse comune sostenere un candidato europeo. Sono con-

vinta che sia importante parte- cipare a una collaborazione a pari con i paesi emergenti e in via di sviluppo, perché questi non sono solo fornitori di ma- terie prime ma anche potenzia- li vettori di sviluppo economico per altre nazioni».

L’Europa, e la Germania in particolare, ha chiesto alle ul- time elezioni più attenzione per le politiche ambientali.

Non crede che su questi temi ci sia ancora troppa distanza tra l’Europa e Paesi come Afri- ca, Cina e India?

«Sono stata da poco in Cina e ho potuto vedere che l’immagi- ne del contadino cinese, nella nascente classe media - parlia- mo di milioni di persone - non è affatto buona. La classe me- dia vorrebbe una produzione di generi alimentari più soste- nibile. Bisogna studiare delle situazioni win-win-win: ciò che è buono per l’ambiente è buono per chi produce e anche per la popolazione. Dobbiamo tirare fuori da questi Paesi una maggiore efficienza, ma che sia sostenibile. Questo è quello che l’Europa deve esportare in primo luogo». —

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

La Fao è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell’alimentazione e dell’agricoltura

L’ALLARME DEI PRODUTTORI

Mangimi, cresce la produzione

“Ma il 60% delle materie prime usate viene importata dall’estero”

Un aumento di produzione di circa il 2% che equivale a 14,5 milioni di tonnellate di mangi- mi prodotte in Italia. Un fattu- rato di 8,88 miliardi di euro ed esportazioni che negli ultimi dieci anni sono più che tripli- cate mentre l’aumento delle importazioni si è fermato al 15%. In questo quadro positi- vo Marcello Veronesi, il presi- dente delle aziende che pro- ducono mangimi per il settore zootecnico italiano lancia un segnale di allarme: «Il 60%

delle materie prime per man- gimi arriva dall’estero. La so- stanziale dipendenza dalle im- portazioni espone il settore mangimistico, tra le altre cose, alle fluttuazioni dei mercati e alla difficoltà di impostare po- litiche industriali di lungo pe- riodo». Dal suo punto di vista è necessario uno «shock per invertire questa tendenza.

Servono politiche nuove, ser- ve spirito di filiera per rilan- ciare l’agricoltura». Tra le di- verse colture il grado di ap- provvigionamento maggiore spetta all’orzo (64,1%) . Per il mais il tasso di autosufficienza si riduce al 52% con le impor- tazioni che hanno toccato il picco storico di 5,7 milioni di tonnellate di sola granella. An- cora più basso il grado di auto- approvvigionamento del gra- no tenero. M.TR.

Lo studio

La filiera avicola crea 8 miliardi di valore Sfiora gli 8 miliardi di euro, il valore condiviso dell’avicoltura italiana:

nel 2018 la filiera di pol- lo e carni bianche ha ge- nerato ricadute econo- miche e occupazionali per 7,9 mld, pari a quasi mezzo punto del Pil 2018 (0,45%) e superio- ri alla crescita attesa per l’intera economia italia- na per il 2019 (+0,3%) L’indagine, che per la prima volta fotografa il contributo diffuso del settore al Paese tra ef- fetti diretti, indiretti e ricadute indotte eviden- zia come la filiera avico- la, con 21,7 miliardi di giro d’affari complessi- vo è, secondo lo studio realizzato da Altheis per Unaitalia (l’associazio- ne delle imprese del set- tore) «un moltiplicatore economico». Ogni euro di valore condiviso ge- nerato nella fase di tra- sformazione infatti ne produce 5,70 sul resto del comparto.

Il consorzio di tutela Bufala campana doc vale 1,2 miliardi La Mozzarella di bufala campana dop genera un giro d’affari, il fatturato del consumo più l’indot- to, di 1,2 miliardi di eu- ro. Il dato è stato diffuso dal Consorzio di tutela.

Patto Inalpi-Coldiretti Piemonte, in 80 rifugi latte in polvere doc Il latte in polvere della filiera piemontese ga- rantito e certificato arri- verà in 80 rifugi della re- gione e «permetterà di risolvere chiari proble- mi di trasporto e conser- vazione, oltre a garanti- re un prodotto sempre fresco, buono e sicuro».

Da un sacchetto di un chilo, infatti, si ottengo- no 10 litri di latte. L’ac- cordo di fornitura è sta- to firmato da Inalpi, l’azienda lattiero-casea- ria della provincia di Cu- neo, Coldiretti Piemonte e Agrap, associazione gestori rifugi alpini e po- sti tappa del Piemonte.

IN BREVE

INTERVISTA

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23/06/2019

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PIERANGELO BOATTI

■ Cresce la voglia di made in Italy, sem- pre più ricercato anche su Google, fra i mo- tori di ricerca più utilizzati al mondo. Tra le ricerche sul settore turistico, l’Italia è la na- zione più gettonata come destinazione turi- stica, anche se il numero di stranieri che arrivano nel nostro Paese è inferiore a quel- lo che raggiunge altre destinazioni: più pre- cisamente l’Italia si colloca dopo Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina.

A sottolinearlo èstato Fabio Galetto, diret- tore business automotive e travel di Google che ha presentato al Castello di Grinzane Cavour, in occasione del Food & Wine Tou- rism Forum, i Google Trends legati al mon- do del turismo enogastronomico. La cuci- na, il vino e il cibo italiani si confermano quelli più cercati su Google, seguiti da quel- li messicani, tailandesi, giapponesi e france- si. Africa, Asia e una parte di Sud America sono i continenti in cui il cibo italiano viene googlato maggiormente.

Tutte le chiavi di ricerca collegate al cibo italiano si riferiscono ad attività e ristoranti, confermando un interesse omogeneo tra contenuti generali ed esperienze. Curiosi i dati sulle specialità più cercate nel periodo natalizio:il tartufosi confermaprimo in clas- sifica a livello mondiale, seguito da caviale, foie gras e spugnole. Il formaggio italiano più googlato è il Gorgonzola, che viene però superato dal Camembert. Tutto questo non èsolo statistica ma deveservire come segna- le all’universo del food and wine italiano:

occorre mettere grande attenzione allo rac- conto dei cibi su Internet. Nell’ultimo de- cennio sono state molte le cantine che si sono affacciate con strumenti nuovi su web e social. Ma per emergere occorre declinare una strategia, elaborare piani di comunica- zione per arrivare ai diversi paesi in modo mirato. Uscire dalla logica di canali autoge- stiti per elaborare veri e propri piani di mar- keting online. Per quanto mi riguarda riten- go ci sia soprattutto da far crescere la cultu- ra del vino italiano nel mondo, per far emer- gere le identità che ogni territorio vitivinico- lo può esprimere. In altre parole l’obiettivo è uscire dalla logica della singola missione commerciale per affermare il valore, la sto- ria e l’unicità del patrimonio collettivo rap- presentato dal profilo della vitivinicoltura italiana. Non basta parlare di etichette e di marchi, bisogna raccontare al mondo chi ci mette il cuore, da generazioni, in vigna e in cantina.L’Italia del vinoche amo eche ama- va mio padre Carlo Boatti, fondatore di Monsupello, è quella di contadini diventati imprenditori. Gli strumenti del web, oggi, possono aiutarci a narrarne il profilo ai gio- vani e ai nuovi consumatori che in tutto il mondo cercano online il vino italiano.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

■ Ecco alcune delle offerte più si- gnificative praticate dalle catene delle grande distribuzione questa settimana.

ESSELUNGA(promozione vali- da fino a mercoledì 26 giugno con Fidaty Card).Salmone selvaggio affumicato Harbour -30%; euro 4,82 la busta da 100 grammi anzi- ché euro 6,89.Prosciutto cotto di Vignola alta qualità Citterio -40%; euro 2,99 il vassoio da 150 grammi anziché euro 4,99.Bresao- la della Valtellina Igp Rigamonti -50%; euro 3,99 due vassoi da 80 grammi cad. anziché euro 7,98.Fe- ta Dop Epiros -40%; euro 1,59 la

confezione da 200 grammi anziché euro 2,65. Mozzarella Brimi (100% latte dell’Alto Adige) -50%; euro 1,99 la busta con 4 moz- zarelle (100 grammi cad.) anziché euro 3,98.Pasta di semola Voiello da grano Aureo 100% italiano -40%; euro 0,65 il pacco da 500 grammi anziché euro 1,09.Olio ex- travergine d’oliva de Cecco Clas- sico origine Ue -50%; euro 3,49 la bottiglia da 1 litro anziché euro 6,99.Passata di pomodoro Cirio -50%; euro 0,64 la bottiglia da 700

grammi anziché euro 1,29.Filetti di tonno all’olio d’oliva As do Mar -50%; euro 3,59 il vasetto da 190 grammi anziché euro 7,90.

GRANDE I.Gorgonzola dolce Dop Arrigoni Battista -30%; euro 8,90 al kg anziché euro 12,90.Par- migiano Reggiano Dop stagiona- to oltre 22 mesi -30%; euro 14,60 al kg anziché euro 20,90.Mortadel- la Bologna Igp La Felinese -25%;

euro 9,50 al kg anziché euro 12,90.

Prosciutto di Parma Dop stagio- nato oltre 20 mesi -33%; euro

23,90 al kg anziché euro 35,90.Pro- sciutto cotto alta qualità «I firma- ti» Rovagnati -50% (Carta Vantag- gi); euro 1,99 il vassoio da 120 gram- mi anziché euro 3,99.Code di gam- bero argentino decongelate -45%; euro 12,50 al kg anziché euro 22,90.Gnocchi di patate Mamma Emma gusti assortiti -40%; euro 1,55 la confezione da 400 grammi anziché euro 2,51. Cono Coppa del Nonno Motta al tiramisù o al caffè -40% (Carta Vantaggi); euro 2,35 il pacco da 6 coni per 420 gram- mi complessivi anziché euro 3,95.

A.BAR.

© riproduzione riservata

ATTILIO BARBIERI

■ Etichette reticenti che raccon- tano tanto per non svelare nulla di importante, tutela delle eccel- lenze del made in Italy a tavola sempre più difficile, marchi stori- ci che finiscono in mani stranie- re. I cibi che mettiamo a tavola ogni giorno sono al centro di uno scontro fra poteri. Non soltanto quelli della politica. Ma il dibatti- to pubblico su questi temi è pre- dadi alcuni grandi equivoci, capa- ci di inficiare il giudizio finale di parlamentari, esponenti delle ca- tegorie produttive e persone qua- lunque.

Per uscire da queste ambiguità, ho compilato un breve vademe- cum in sette punti per decifrare quel che accade e collocarlo nella sua corretta dimensione. La politi- ca nel piatto merita di essere af- frontata con il massimo rigore.

ETICHETTATURA. Le norme in base alle quali vengono compi- late le etichette dei prodotti ali- mentari e non solo sono di com- petenza esclusiva dell’Unione eu- ropea. L’Italia, come tutti gli altri soci europei, non può emanare disposizioni in contrasto con quelle comunitarie. Si possono soltanto chiedere delle deroghe temporanee, com’è stato nel caso delle etichette di latte e derivati.

TRASPARENZA. È falso che i governi italiani non abbiamo mai provato a rendere trasparenti gli alimenti di cui ci cibiamo. In al- meno due occasioni la Commis- sione Ue ha silurato altrettante leggi approvate a larghissima maggioranza dal nostro Parla- mento. La prima - etichetta 100%

Italia - venne bocciata con un «pa- rere circostanziato» emesso dall’esecutivo di Bruxelles nel 2005 e la seconda - l’etichetta di filiera voluta dall’allora ministro Zaia - venne stoppata nel 2011 da- gliallora commissari Ue John Dal- li (Salute) e Dacian Ciolos (Agri- coltura) sotto la minaccia di apri- re una «procedura d’infrazione».

ORIGINE. La dichiarazione d’origine per le materie prime e gli alimenti trasformati viene bol- lata all’estero, soprattutto da Stati Uniti e Canada, come un «ostaco- lo tecnico» alla libera circolazio- ne elle merci. Così la dicitura «ori- gine Italia» sulla pasta oppure sul- la carne, finisce per essere con- dannata perfino dall’Organizza- zione mondiale del commercio, il Wto.

TRATTATI. Al tavolo dei nego- ziati per gli accordi commerciali internazionali, come il Ceta (Ue-Canada) o il Ttip (Ue-Usa) non ci sono più da parecchio tem- po i rappresentanti del nostro Paese, ma i delegati della Com- missione europea. Quando si

mette sul banco degli imputati il governo italiano di turno non si tiene conto che praticamente non ha toccato palla.

DOP & IGP. L’unico Paese ve- ramente interessato alla tutela delle proprie eccellenze enoga- stronomiche come le Denomina- zioni d’origine protettee le Indica- zioni geografiche protette è l’Ita- lia. I francesi sono interessati alla tutela dei loro formaggi e nulla più. Gli altri Paesi se ne fregano letteralmente.

ITALIAN SOUNDING. La dife- sa delle nostre eccellenze alimen- tari e dei prodotti unici e distintivi

del made in Italy a tavola nei Pae- si extra Ue è molto ardua. Quasi tutti, a cominciare dagli Stati Uni- ti, si rifiutano di riconoscere le no- stre indicazioni geografiche. Nel- la migliore delle ipotesi, com’è ac- caduto per il trattato col Canada, ne riconoscono una piccola par- te, imponendo però la libera cir- colazione sul loro territorio dei ta- rocchi locali. Che ottengono così addirittura un riconoscimento uf- ficiale.

MARCHI. Lo Stato italiano e tantomeno il governo può impe- dire che uno straniero acquisisca un marchio alimentare. Non ci so-

no strumenti per opporsi allo shopping di soggetti esteri, soprat- tutto se l’acquirente è di un altro Paese Ue: il mercato unico sanci- sce la libera circolazione dei beni, dei capitali e delle persone. Non ha senso invocare «l’interesse na- zionale», come vedo accade spes- so sui social media. La legge «sal- va Pernigotti» annunciata dal vi- cepremier Di Maio a gennaio, per- scongiurare la delocalizzazione in Turchia della storica industria dolciaria novese, sarebbe boccia- ta dalla Ue. Inutile illudere e illu- dersi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Spiriti divini

Raccontare sul web il vino e i vignaiuoli è la sfida da vincere

SPESA LIBERA

Le sette informazioni utili sulla politica nel piatto

Origine, trasparenza, trattati, tutele dei marchi storici: ecco cosa fanno i poteri forti contro il made in Italy. E ciò che non può fare il nostro Paese

Le offerte della settimana

Il salmone all’Esselunga e il Parma Dop alla Grande I

Il prosciutto di Parma Dop (web)

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domenica

23 giugno 2019

SPECIALI

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Data

23/06/2019

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17

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DOMENICA 23 GIUGNO 2019 CORRIERE DELLASERALA LETTURA 17

Le materie prime

che hanno cambiato la storia

Universi

.

Scienze, astronomia, matematica, nuovi linguaggi

di DANILO ZAGARIA

Un volume svela le «biografie» di metalli, vegetali e altre sostanze che hanno contribuito a definire lo sviluppo (talvolta la crisi)

delle civiltà. Ne abbiamo scelte dieci

Maltrattata dai bulli della scuola, Sabine conosce Michael, un bambino «strambo» e ricchissimo, che la trascinerà in un mondo fantastico, dove le apparirà Üwa, lo Spirito della Magia, inquieto e pieno di rabbia perché qualcuno gli ha fatto del male. Sabine nel mondo della magia (Tunuè, pp. 112,e17) di Luisa Torchio è un apologo sul talento e la capacità di essere sé stessi, fatto di ironia, matite e colori sgargianti.

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Segnali di fumo

di Alessandro Trevisani

Colori contro i bulli

SCOPER

di PAOLO VIRTUANI

TE

I

l geologo Mario Wannier stava raccogliendo campioni di sabbia in Giappone, quando scorse, nella penisola di Motoujina, una quantità di piccole sferule vetrose tra 0,5 e 1 millimetro di diametro che gli fecero ricordare quelle rinvenute nello strato limite risalente a 66 milioni di anni fa tra Cretacico e Paleocene, dovute all’impatto con la Terra dell’asteroide che portò all’estinzione dei dinosauri.

Solo che disastri simili di recente non ne sono avvenuti e le sferule non potevano trovarsi tra i sedimenti sciolti in una spiaggia. Tanto più che, osservandole al microscopio, alcune sferule erano fuse con elementi di gomma, fino a formare un miscuglio di strati multipli di vetro, silice e gomma.

Wannier portò i campioni ai laboratori dell’Università della California a Berkeley per analisi più approfondite che condussero a un’interessante scoperta: non si era mai visto un simile miscuglio di minerali e sostanze chimiche, una miscela formata ad alte pressioni e alte temperature. A Wannier venne un’intuizione. Tornò in Giappone e raccolse campioni di

sabbia in spiagge a una distanza tra 6 e 11 chilometri da Hiroshima. Per ogni chilo di sabbia rinvenne tra 12,6 e 23,3 grammi di sferule vetrose simili a quelle di Motoujina. Il collegamento era chiaro: si trattava di materiale vetrificato dall’esplosione atomica del 6 agosto 1945, portato in alto dalla nube infuocata che saliva dalla città e poi ricaduto tutto intorno. Lo studio, pubblicato sulla rivista

«Anthropocene», stima che per ogni chilometro quadrato di spiaggia nella zona di Hiroshima fino a una profondità di 10 centimetri siano presenti da 2.200 a 3.100 tonnellate di materiale prodotto dall’esplosione.

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Sferule misteriose nella sabbia Sono un’eredità di Hiroshima

L

a cittadina di Titusville in Pennsylvania conta cinquemila anime e un primato. Fu qui che nel 1859 Edwin L. Drake perforò il primo pozzo pe- trolifero, talmente florido da portare la produ- zione annua dello Stato a più di cinque milioni di barili in dodici anni. Era nato il mito dell’oro nero, il principe degli idrocarburi, quello che più di ogni altro ha plasmato il mondo moderno attraverso i suoi deriva- ti: il cherosene e le plastiche, la benzina e il catrame.

Se indagare le modifiche apportate dall’utilizzo degli idrocarburi più sfruttati pare un compito semplice, poi- ché gli effetti sono quanto mai evidenti, altrettanto non si può dire di altre materie prime, come l’allume, l’urina o i semi di cacao. Per quanto possano sembrare oggi po- co influenti o, al contrario, talmente diffusi da apparire banali, numerosi metalli, vegetali e sostanze sono stati decisivi per lo sviluppo o la regressione di diversi settori del fare umano. Descrivere il ruolo di quaranta materie prime è il compito di Storie straordinarie delle materie prime di Alessandro Giraudo, da poco in libreria per Add editore. È da questi aneddoti che nasce il seguente inventario, in cui sono raccontate le dieci materie prime che, per una ragione o per l’altra, hanno contribuito a cesellare ogni aspetto della nostra realtà.

Il papiro dei dotti

Ottenuto dalla lavorazione del fusto della pianta Cyperus papyrus, il papiro è fra i materiali scrittori più antichi creati dall’uomo. Prima dell’arrivo in Europa del- la carta di origine cinese, fu insieme alla pergamena il materiale più utilizzato dai dotti per tramandare il sape- re. Nonostante le crisi produttive del III secolo d.C. ne abbiano causato il declino, prove del suo impatto sulla cultura restano ancora oggi nei musei, nell’immagina- rio e nel lessico, dall’inglese paper al tedesco Papier.

Il sale dei ricchi e dei rivoluzionari

Oltre al ghiaccio, utilizzato nelle nevaie o ghiacciaie, per secoli il sale è stato il principale conservante alimen- tare. Materia prima assai preziosa in ogni angolo del globo, dalla Cina degli imperatori alle Ande degli Inca, il suo controllo assicurava enormi profitti e conferiva sa- pore alle pietanze. Nel Rinascimento fu il vanto dei ric- chi che potevano permetterselo, impreziosendo i ban- chetti. Ancora nel 1947 deteneva una notevole impor- tanza, persino in campo politico: Gandhi guidò la Mar- cia del Sale per rivendicarne il possesso da parte del popolo indiano, ansioso di liberarsi dal dominio ingle- se.

Le guerre delle spezie

Nel 1393 in Germania una libbra di noce moscata po- teva valere quanto sette buoi di grossa taglia. Non sor- prende dunque che le spezie abbiano costituito sino alla fine del Settecento un terzo del commercio globale. Uti- lizzate nella farmacopea, in cucina e preziose al punto da essere impiegate come moneta dai mercanti (si ricor- di la mirra portata in dono a Gesù insieme a oro e argen-

to), le spezie contribuirono a intensificare il fenomeno coloniale nei Paesi tropicali, dove aveva luogo gran parte della produzione mondiale. Il pepe fu tra le spezie più contese: Spagna, Portogallo e Venezia non esitarono a ricorrere ai cannoni per accaparrarsene il monopolio.

Il colore del lusso e del potere

Il primo pigmento ottenuto per via sintetica risale al 1869. È un rosso, prodotto dai chimici della tedesca Basf.

Fino ad allora la colorazione dei tessuti dipendeva in lar- ga parte dalle materie prime naturali. Il rosso è sempre stato il colore più ricercato, forse per la sua valenza sim- bolica. Non è azzardato supporre che siano stati gli esor- bitanti costi delle prime colorazioni a determinarne l’aura di lusso e ricchezza: ai tempi degli imperatori ro- mani erano necessarie circa diecimila conchiglie di mu- rice per ottenere un grammo di materia colorante.

La prima globalizzazione dell’argento Da sempre l’uomo è abbagliato dall’oro, pertanto l’ar- gento, nella storia e nella simbologia, viene secondo.

Vanta però un primato. Nel XVI secolo, grazie alla sco- perta di nuove miniere in Estremo Oriente e nell’odierna Bolivia, favorì la costituzione del primo mercato mon- diale integrato, che unì a livello finanziario Europa e Sud America, Usa e Giappone. La data che segna la fine del cosiddetto «bimetallismo» è il 12 febbraio 1873, quando gli Usa scelsero l’oro come unico metallo di riferimento.

La seconda globalizzazione delle patate Può un tubero coltivato in origine sugli altopiani pe- ruviani aver contribuito all’affermarsi del mondo globa- lizzato? Sì, perché la patata, grazie alla sua lenta deperi- bilità, è stato l’alimento più consumato durante i viaggi marittimi, favorendone l’incremento. Inoltre, uno stu- dio di Harward-Yale sostiene che il suo consumo è stato responsabile di un aumento del 22% della popolazione mondiale e del 47% del tasso di urbanizzazione (facile da coltivare, ha favorito l’inurbamento dei contadini).

Il sale di pietra

Dal Rinascimento in poi i campi di battaglia si affolla- no di archibugi e bombarde. La polvere da sparo viene prodotta grazie al salnitro, il sale di potassio che plasma la geopolitica mondiale per secoli. Sino alla fine dell’Ot- tocento sarà l’ossessione di governi e generali, perché senza «il sale di pietra» i moschetti dei soldati non spa- rano un colpo. Al salnitro succederanno altre materie prime necessarie alla guerra del Novecento, fredda o non: ferro, tungsteno, plutonio e uranio.

La bevanda del diavolo

Il primo spaccio di caffè aprì a Istanbul nel 1555. Invi- so ai cattolici per le proprietà eccitanti della caffeina, si diffuse lentamente, prima in Europa e poi nelle colonie, dove la pianta iniziò a essere coltivata in gran quantità.

Oggi il caffè è la bevanda più bevuta al mondo dopo l’ac- qua. In Italia viene servito in 150 mila bar. Secondo un rapporto di Nomisma del 2018 gli italiani spendono in media 260 euro all’anno a testa in tazzine di espresso.

La terza globalizzazione del silicio

Google, Facebook e Samsung, come molte altre aziende high-tech, hanno sede nella Silicon Valley. Il luogo non è stato scelto a caso, così come il nome. Infat- ti, in quella porzione di California sorgevano numerose industrie per la produzione di chip e semiconduttori, tecnologie basate sul silicio — in inglese silicon — e grazie alle quali è stato possibile sviluppare computer, software e smartphone. Chi oggi controlla il silicio, con- trolla il comparto digitale.

La soia sfama gli animali che sfamano l’uomo La Terra del 2050 sarà abitata da più di nove miliardi di persone. Sarà un mondo affamato, per lo più di carne.

La soia alimenterà gli allevamenti intensivi necessari a sfamare gli uomini di domani. Già oggi il 70% della soia coltivata nel mondo — in larga parte nelle Americhe — viene impiegata nella produzione di mangimi. Un filo rosso che coinvolge produttori, governi e multinaziona- li collega le monoculture sudamericane ai milioni di maiali allevati a Shanghai.

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ALESSANDRO GIRAUDO Storie straordinarie delle materie prime Traduzione dal francese di Sara Prencipe ADD EDITORE Pagine 252,e16 Il volume Il saggio Storie straordinarie delle materie prime raccoglie i racconti su 40 elementi che hanno influenzato la storia umana. Seguendo le rotte commerciali e gli usi tradizionali di metalli, spezie, tessuti e altre risorse naturali l’autore svela una trama di aneddoti e cronostorie. Alessandro Giraudo è un economista e docente di Finanza internazionale e Storia economica a Parigi Bibliografia Tra i volumi più recenti si segnalano: Évelyne Bloch- Dano, La favolosa storia delle verdure (traduzione di Sara Prencipe, Add, 2017);

Stefano Liberti, I signori del cibo. Viaggio nell’industria alimentare che sta distruggendo il pianeta (minimum fax, 2016) L’immagine Giuseppe Penone (1947), Tree of 12 Metres (1980-1982, installazione), courtesy dell’artista / Londra, Tate Modern

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Sferule trovate da Wannier (Anthropocene)

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19-06-23

Mangimi: bovini e suini i settori in maggiore crescita in Italia

In aumento nel 2018 la produzione di mangimi dell’1,7%. Tengono gli alimenti per volatili. Crescono di oltre centomila tonnellate i mangimi per l’alimentazione dei suini. Ancor più marcato, fino al 4,6%, il progresso produttivo del settore bovino. Da segnalare inoltre la continua espansione dell’alimentazione per pesci e ovini, entrambe le categorie sopra il 5%. Sono alcuni dei dati emersi dall’Assemblea annuale di Assalzoo, l’Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici, che si è tenuta a Roma il 19 giugno. “Sono numeri confortanti che testimoniano – commenta Giulio Gavino Usai, responsabile economico Assalzoo – la capacità di crescita della mangimistica.

Particolarmente rilevanti sono i riscontri con segno più per due settori decisivi della zootecnia italiana: quello bovino e quello suino che insieme rappresentano circa il 50% della produzione nazionale totale di alimenti industriali per animali. Un segnale importante per l’intero settore mangimistico. Molto buono anche il risultato di comparti minori, ma importanti, come quello degli alimenti per i pesci, in costante aumento da diversi anni a conferma del continuo sviluppo dell’acquacoltura, e quello per ovini”. Il dettaglio dei numeri confermano al primo posto i mangimi per l’avicoltura, polli, tacchini, galline ovaiole e altri, con un’incidenza complessiva di questo comparto di oltre il 40% sul totale dei mangimi prodotti. La produzione risulta in leggerissima flessione tecnica passando da 5.915 tonnellate a 5.870 (variazione del -0,8%).

Il 25,8% della produzione totale è invece destinata alla suinicoltura, che ha segnato un aumento del 3,5% in più (da 3.605 a 3.731 tonnellate). Una crescita più marcata ha interessato invece il comparto bovino con il + 4,6% (da 3.250 a 3.399 tonnellate); un comparto in ripresa dopo anni di difficoltà, e che lo porta a raggiungere il 23,5% sul totale. A fronte di una riduzione delle consistenze degli animali allevati, l’incremento produttivo registrato per i comparti suino e bovino è un dato notevole.

“Un incremento che conferma gli alti livelli raggiunti dai mangimi in termini di efficienza e sicurezza – prosegue Usai – soprattutto in un momento in cui sono frequenti problemi sanitari, come quelli che derivano dalla presenza di

micotossine, riscontrati in molte partite di materie prime (mais in particolare) che comportano notevoli difficoltà di gestione per quegli allevatori che ne fanno uso per l’autoproduzione di mangimi direttamente in allevamento. Un problema che viene superato dall’industria in grado di assolvere un importante ruolo di filtro nella selezione e controllo delle materie prime impiegate nel ciclo di produzione. A questo aspetto va sommata anche la progressiva riduzione della produzione nazionale di materie prime vegetali, soprattutto di mais, crollato del 50% negli ultimi 10 anni, che rappresenta una materia prima fondamentale nell’alimentazione di bovini e suini, e che viene coltivato meno anche per l’autoconsumo aziendale”.

La restante produzione mangimistica è divisa tra alimenti per conigli (un comparto in forte crisi da diversi anni), ovini,

equini e pesci da acquacoltura (che insieme fanno il 6,8% del totale), e da pet-food (che rappresenta il 3,3% sulla

produzione complessiva di mangimi).

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19-06-22

Al via INGREEN: un balzo in avanti per la bioeconomia

Il progetto punta sull’utilizzo di nuovi prodotti bio-based per creare collegamenti innovativi tra settori diversi, come quello alimentare, farmaceutico, cosmetico o dei mangimi, e porre così una nuova base normativa per i risultati ottenuti dall’economia circolare

Un progetto che potrebbe fare da volano per il decollo della bioeconomia. Lanciato da un consorzio internazionale di diciassette partner, parte INGREEN, nuovo progetto europeo che si propone di dare un contributo importante alle sfide poste a livello scientifico, economico e sociale dall’economia circolare. Puntando alla riconversione di scarti e sottoprodotti dell’industria agro-alimentare e delle acque di cartiera in nuovi ingredienti bio-based da utilizzare in ambito industriale.

Il progetto – partito ufficialmente pochi giorni fa con un kick-off meeting a Bologna – è finanziato con oltre 6,3 milioni di euro nell’ambito della Bio-Based Industries Joint Undertaking (BBI JU). Coordinatrice scientifica è la professoressa Rosalba Lanciotti del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna. Per l’Alma Mater sono coinvolti inoltre il Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie e il Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali.

LE SFIDE DELLA BIOECONOMIA

La bioeconomia è un modello economico e culturale che punta a convertire, con tecnologie innovative ed efficienti di biotecnologia industriale, le risorse biologiche e rinnovabili prodotte dalle industrie in nuove materie prime. La sfida che parte con INGREEN è arrivare a generare nuove catene di valore bio-based tra settori molto distanti tra loro: da quello alimentare, dei mangimi e dei cosmetici, fino a quello farmaceutico, nutraceutico e dell'imballaggio. Altro obiettivo è incrementare la conoscenza e la consapevolezza della società sui benefici e sulle opportunità della economia circolare.

“INGREEN – spiega la professoressa Lanciotti – genererà cinque nuove catene di valore e molteplici interconnessioni tra diversi settori industriali e prodotti bio-based innovativi e funzionali, rispondenti in sicurezza e qualità alle

normative europee più stringenti. Anche la definizione di nuovi standard e requisiti per le nuove categorie di ingredienti e prodotti rappresenterà uno risultato di INGREEN, che sarà fondamentale per la creazione di una nuova base

normativa per i prodotti bio-based”.

NUOVI INGREDIENTI E NUOVI PRODOTTI

INGREEN, infatti, punta a valorizzare scarti e sottoprodotti dell’industria agro-alimentare e delle acque di cartiera, trasformandoli in ingredienti bio-based, attraverso processi biotecnologici sostenibili e validati a livello industriale. Questi ingredienti potranno così essere riutilizzati, in ambiente industriale, per la produzione di nuovi prototipi alimentari, mangimistici, nutraceutici, cosmetici o farmaceutici di elevata qualità, più sostenibili e più efficaci rispetto ai prodotti di riferimento oggi in commercio.

Il progetto inoltre si propone di arrivare a produrre, a partire da reflui ad elevatissimo impatto ambientale come le acque

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di cartiera, un film completamente biodegradabile a base di poli-idrossialcanoati (PHA) da utilizzare in contenitori innovativi ed ecocompatibili, idonei al confezionamento di prodotti alimentari, nutraceutici o farmaceutici.

I PROTAGONISTI DEL PROGETTO

INGREEN è stato finanziato con oltre 6,3 milioni di euro nell’ambito della Bio-Based Industries Joint Undertaking (BBI JU), parte del programma Horizon 2020, grazie alla partnership tra l’Unione Europea e il Bio-based Industries Consortium, e con un contributo per l’Università di Bologna di circa 800 mila euro.

Per l’Alma Mater partecipano il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari con Giovanni Molari, Rosalba Lanciotti, i microbiologi Lucia Vannini, Francesca Patrignani, Fausto Gardini e Andrea Gianotti, ed i tecnologi alimentari Santina Romani, Pietro Rocculi e Marco Dalla Rosa; il Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie, rappresentato da Beatrice Vitali, Carola Parolin, Stefano Fedi e Martina Cappelleti; il Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali, che apporta le sue competenze con Noura Raddadi e Alessandro Paglianti.

Il progetto vede come coordinatore tecnico Narinder Bains (INEUVO Ltd, Regno Unito) e come coordinatrice scientifica Rosalba Lanciotti e coinvolge diciassette partner provenienti da diversi paesi, tra cui Italia, Regno Unito, Germania, Belgio, Olanda, Portogallo, Irlanda, Spagna, Svizzera, Francia. Fanno parte del consorzio la Federazione Europea delle Scienze e Tecnologie Alimentari (EFFoST), quattro istituti di ricerca pubblici (Unibo, FHNW, Novaid e ITT), quattro grandi imprese (Smurfit Kappa Italia, Smurfit Kappa Francia, Barilla e Molino Pivetti) e otto piccole-medie imprese (Mambelli, Ineuvo, Innoven, Avecom, Activatec, Depofarma, Isitec, Tecnopackaging).

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