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Che rischio se non mi fermo all alt di vigili o polizia?

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Che rischio se non mi fermo all’alt di vigili o polizia?

Autore: Redazione | 15/11/2016

Se l’automobilista non si ferma all’obbligo intimatogli dalla polizia stradale, dai vigili urbani o dai carabinieri non commette reato ma un semplice illecito amministrativo passibile di multa.

Se, mentre guidi, la polizia ti fa cenno di fermarti e accostare e ciò nonostante tiri diritto con l’auto, non commetti alcun reato. È questo l’indirizzo ormai stabile seguito dalla Cassazione e di recente ribadito con una interessante sentenza [1].

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È vero: esiste una norma del codice penale [2] che punisce chiunque non rispetti gli ordini di una pubblica autorità, così come esiste il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Ma è anche vero che esiste un articolo del codice della strada [2] secondo cui «Coloro che circolano sulle strade sono tenuti a fermarsi all’invito dei funzionari, ufficiali ed agenti ai quali spetta l’espletamento dei servizi di polizia stradale, quando siano in uniforme o muniti dell’apposito segnale distintivo»; in caso di violazione di tale norma viene prevista una semplice multa che va da 84 a 335 euro. Ebbene, secondo la Cassazione, l’apparente conflitto tra le due norme (quella del codice penale da un lato, quella del codice della strada dall’altro) prevale quella più favorevole al colpevole, quella cioè contenuta nel codice della strada. In pratica, il colpevole non rischia di macchiarsi la fedina penale, ma una semplice contravvenzione come il più banale divieto di sosta.

Non commette neanche reato chi, intravedendo da lontano le auto della polizia, e magari accortosi di aver dimenticato la patente a casa, fa inversione di marcia o devia all’ultimo secondo verso una strada secondaria. Cambiare rotta in presenza di un posto di blocco della polizia non è reato. Il reato di resistenza a pubblico ufficiale scatta solo in caso di inseguimento, quando l’automobilista pone in essere comportamenti alla guida che possono recare pericolo al traffico: si pensi a un’inversione di marcia non consentita dal codice della strada, un eccesso di velocità, una guida a zig zag per evitare di essere raggiunto dalla polizia, una ruota sul marciapiedi, ecc.

Dunque, nulla vieta all’automobilista di cambiare strada all’ultimo momento, alla vista di una pattuglia della polizia. L’illecito scatta solo se sia già intervenuto lo stop dell’agente. Ma in tal caso bisogna distinguere:

se il poliziotto o il vigile si è limitato a indicare all’auto di accostare e questa, invece, ciò nonostante, ha proseguito diritto, scatta solo una multa, ossia una sanzione amministrativa;

se invece il poliziotto si è messo all’inseguimento dell’automobile inottemperante all’obbligo di fermarsi, contravvenendo alle regole del codice della strada e costituendo così un pericolo per la circolazione, scatta il reato.

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Dunque, la sola inosservanza dell’obbligo di fermarsi con l’auto all’invito degli agenti in servizio di polizia stradale costituisce una semplice violazione amministrativa del codice della strada, passibile di una ordinaria multa, come può essere quella per divieto di sosta.

Note

[1] Cass. sent. n. 42951/16 dell’11.10.2016. Cfr. anche Cass. sent. n. 8385/1998 ove si specifica che «Nell'inosservanza dell'obbligo di fermarsi all'invito degli agenti in servizio di polizia stradale - costruita come reato dall'art. 650 c.p. e come violazione amministrativa dall'art. 192 comma 1 c. strad. risultano del tutto identici

sia il fine perseguito, cioè la prevenzione e l'accertamento di reati e infrazioni in materia di circolazione stradale, sia le rispettive condotte. Ne consegue che, vertendosi nell'ipotesi di concorso apparente di norme, in forza del principio di specialità di cui all'art. 9 della l. n. 689 del 1981, l'omessa ottemperanza da parte del conducente di un veicolo all'invito a fermarsi di funzionari, ufficiali e agenti cui spetta la prevenzione e l'accertamento dei reati in materia di circolazione stradale

integra gli estremi dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 192 comma 1 c.

strad., e non già quelli della fattispecie criminosa di cui all'art. 650 c.p.». [2] Art.

650 cod. pen. [3] Art. 192 cod. str.

Sentenza

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 settembre – 11 ottobre 2016, n. 42951 Presidente Carcano – Relatore Villoni

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di L'Aquila ha confermato quella emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Avezzano in data 23/01/2013 e la condanna ivi stabilita di E. M. A. alla pena di un anno di reclusione in ordine ai reati di cui agli artt. 650 cod. pen. (capo B), art. 337 cod. pen. (capo C);

artt. 582, 585, 576 n.1, 61 n. 2 cod. pen. (capo D) e art. 635 cod. pen. (capo E dell'imputazione) aggravati dalla recidiva reiterata infraquinquennale (art. 99 cod.

pen.). Rispondendo ad alcune delle doglianze formulate con l'atto d'appello, la Corte territoriale ha statuito che la contestata inottemperanza all'ordine di arrestare l'autovettura impartito con paletta segnaletica ha integrato il reato di cui

all'art. 650 cod. pen. (capo B), mentre gli atti di autolesionismo praticati dallo imputato, comunque accompagnatisi a quelli di violenza esercitati nei confronti dei

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pubblici ufficiali, hanno integrato il delitto di resistenza di cui al capo C. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine a tutti i reati oggetto di condanna. Con riferimento al reato

di danneggiamento (capo E), sostiene che la documentazione versata in atti non è idonea a fornire la prova della sussistenza del reato di cui all'art. 635 cod. pen., dal momento che il water dei Commissariato della Polizia di Stato di Avezzano oggetto del contestato danneggiamento non risultava affatto divelto, ma solo leggermente spostato dalla sua sede. Quanto al reato di cui al capo B, deduce che la condotta in

addebito integra esclusivamente l'illecito amministrativo di cui all'art. 192, comma 1 C.d.S. Con riferimento al delitto di resistenza, deduce poi che i meri atti di autolesionismo non possono avere integrato il reato de quo, non avendo egli manifestato alcuna volontà di opporsi all'operato dei pubblici ufficiali; contesta,

infine, la sussistenza delle lesioni personali patite dai pubblici ufficiali, quali risultanti dai referti medici acquisiti agli atti processuali, dovendo le stesse essere

qualificate come mere percosse (art. 581 cod. pen.).

Considerato in diritto

1. II ricorso è infondato e va rigettato, tranne per la parte concernente la con- travvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. 2. Risulta infondata la doglianza riferita alla pretesa inconfigurabilità dei delitto di cui all'art. 337 cod. pen. in dipendenza da atti di autolesionismo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione,

infatti, <il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato anche da una condotta autolesionistica dell'agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell'ufficio ad opera del pubblico

ufficiale> (Sez. 6, sent. n. 10878 del 18/11/2009, dep. 2010, M. e altro, Rv.

246675; Sez. 6, sent. n. 4929 del 17/12/2003, dep. 2004, Moraes De Jesus, Rv.

229511). 3. Attengono, invece, propriamente al merito dei giudizio le censure riferite alle modalità del danneggiamento contestato al capo E nonché la sussistenza delle lesioni personali cagionate (e certificate dai sanitari) ai pubblici

ufficiali di cui al capo D e come tali risultano improponibili in questa sede di legittimità (art. 606, comma 3 cod. proc. pen.) 4. E' invece fondata la doglianza

riguardante la configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen.

(capo B), che la Corte territoriale ha ritenuto integrata dalla mera inottemperanza all'ordine di fermarsi, giusta motivazione consistente, peraltro, in una mera

tautologia (<non potendo la condotta del prevenuto (. ..) inquadrarsi nella semplice inottemperanza all'ordine di fermarsi (...) astrattamente punibile con una

semplice sanzione amministrativa>). La statuizione, come detto immotivata, si pone, infatti, anche in contrasto con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui <nell'inosservanza

dell'obbligo di fermarsi all'invito degli agenti in servizio di polizia stradale - costruita come reato dall'art. 650 cod. pen. e come violazione amministrativa

dall'art. 192, comma primo, cod. strad. - risultano dei tutto identici sia il fine

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perseguito, cioè la prevenzione e l'accertamento di reati e infrazioni in materia di circolazione stradale, sia le rispettive condotte. Ne consegue che, vertendosi nell'ipotesi di concorso apparente di norme, in forza del principio di specialità di cui

all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, l'omessa ottemperanza da parte dei conducente di un veicolo all'invito a fermarsi di funzionari, ufficiali e agenti cui spetta la prevenzione e l'accertamento dei reati in materia di circolazione stradale

integra gli estremi dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 192, comma 1 cod.

strad., e non già quelli della fattispecie criminosa di cui all'art. 650 cod. pen.>

(Sez. 1, sent. n. 8385 del 10/07/1998, Balestra, Rv. 211147; Sez. 6, sent. n. 23824 del 29/04/2003, Artese, Rv. 225688; Sez. 1, sent. n. 3943 del 15/01/2008, Faggioli, Rv. 238382; Sez. 1, n. 36736 del 17/09/2008, Beninati, Rv. 241127). 5. La sentenza

impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e per l'effetto eliminata la pena corrispondente. Può, tuttavia, procedersi direttamente in questa sede alla eliminazione ai sensi dell'art. 620 lett. I) cod. proc. pen., atteso che dalla sentenza di primo grado si ricava che l'aumento a titolo di continuazione (art. 81 cod. pen.) sulla pena base riferita al più grave reato di cui all'art. 337 cod. pen. è

stato determinato nella misura di un mese di reclusione anche per la contravvenzione de qua, aumento successivamente ridottosi a venti giorni per

effetto del rito speciale di cui all'art. 442 cod. proc. pen. e che va, pertanto, espunto.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e per l'effetto elimina la pena

corrispondente pari a giorni venti di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.

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