INTER VIST A ESISTO
SHUN MINOWA:
DAL GIAPPONE ALLA VAL TREBBIA
IL SUO “ GATE ”
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L
a VAL TREBBIA, al confine con Lombardia, Liguria e Piemonte, è formata dall’omoni- mo fiume che incuneandosi in profonde gole va a formare anse e laghetti che donano al paesaggio un aspetto selvaggio e incantevole. È stata definita “la valle più bella del mondo” dal premio nobel ERNEST HEMINGWAY, che la percorse come giornalista nel 1945 al seguito delle truppe di liberazione, rimasto stupito di fronte al paesaggio del fiume che solca i pendii verdissimi. Uno scenario sorprendente, fatto di paesi e antichi borghi, custodito tra il verde dell’Appennino piacentino ricco di arte, storia e antiche tradizio- ni: BRUGNELLO, conosciuto come “il borgo degli artisti”, un posto a diretto contatto con la natura dove è ancora possibile vivere in un magico “tempo lento”; BOBBIO, con l’Abbazia di San Colombano, il castello Malaspina, il Ponte Vecchio, meglio conosciuto come il Ponte Gob- bo per la sua asimmetrica forma ondulata. Scendendo verso la pianura, nella zona di Travo, il pendio si fa più dolce e la valle si allarga in una buona esposizione a mezzogiorno accogliendo colture foraggere e numerosi vigneti i cui vitigni producono principalmente uva a bacca bian- ca: Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Moscato bianco e Sauvignon. Purtroppo alcuni di questi vigneti si trovano in stato di abbandono ma, per fortuna, c’è qualcuno che ha preso a cuore il recupero di questi vecchi ma ottimi vitigni: qualcuno che viene da molto lontano...Ciao Shun, da quanto tempo sei in Italia ?
Sono arrivato in Italia quattro anni fa, nel 2016, per la vendem- mia qui in Val Trebbia e poter così lavorare nell’ambito della vitivi- no-coltura spinto dal desiderio di capire e imparare a fare vino in un modo nuovo, più naturale.
Bello! Parlami di questa tua passione
Da alcuni anni si sta facendo sentire, un po’ ovunque nel mondo, l’esigenza di produrre vino nel modo più genuino possibile. In Cile, ad esempio, è molto sentito e ampiamente applicato questo metodo di coltivare la vite e produrre vino. Peraltro questo pae- se, grazie alla sua ubicazione geografica, è un territorio protetto
riguardo certi parassiti che comunemente attaccano le viti. Que- sta particolarità ha permesso la sopravvivenza di vitigni secolari (in parte importati dalla Spagna) e la produzione di ottimi vini naturali.
Peccato se ne parli poco.
Quindi prima di arrivare in Italia sei stato in Cile, e in quali altri paesi?
Prima di arrivare in Cile sono stato tre anni in Spagna, Catalo- gna, La Rioja, Madrid, dove ho fatto un po’ di stage nel mondo dell’enologia e pratica lavorando con i produttori locali. Da qui è nato il mio interesse verso il “movimento del vino naturale”, mi piace chiamarlo così.
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Da quanto tempo manchi dal Giappone e dalla tua famiglia?
Ho lasciato il Giappone nel 2012. Dopo il disastro di Fukushima del 2011 ho realizzato tutti i limiti che tale evento avrebbe porta- to come conseguenza. Sono stato molto combattuto sulla scelta:
rimanere nel mio Paese o trasferirmi altrove per poter seguire la mia passione “enologica” e approfondire i miei studi e le mie ri- cerche per arrivare alla produzione di “vini naturali”.
Quindi questa tua passione e ricerca è nata quando eri ancora in Giappone?
Si, certo. Mi sono laureato in Biologia e, nello specifico, “ Con- servazione ed evoluzione delle specie in via di estinzione”. Ho lavorato poi come sommelier a Tokyo e, partendo dall’analisi or- ganolettica del vino, il mio interesse si è spostato sulla necessità di capire quali potessero essere le dinamiche applicabili in vigna per fare una viticoltura di tipo biologico e rispettosa di tutto ciò che è vivente, recuperando e mantenendo un ecosistema il più
cesso di vinificazione delle uve usavano un sistema molto tradizio- nale, quasi “primitivo” : utilizzavano dei grossi tini di legno sopra i quali venivano messi dei bambù, leggermente distanziati tra di loro, sui quali veniva versata l’uva e poi pigiata con i piedi. In que- sto modo del grappolo rimaneva solo il raspo mentre tutto il resto, bucce comprese, finiva nel tino dove iniziava la fermentazione al termine della quale procedevano alla ‘svinatura’ mettendo il mo- sto in damigiane, ‘barrique’ ma anche anfore di terracotta. Tutto il processo durava 40/50 giorni, in base alle zone più o meno fredde.
Come, o meglio, cosa ti ha portato dal Cile in Val Trebbia?
Premetto che in Giappone arriva molto vino prodotto in varie zone d’Italia, tranne il vino piacentino. Come giapponese vi as- sicuro che ho assaggiato per la prima volta un vino piacentino quando ero in Cile. Era un vino bianco di Malvasia Candia aro- matica prodotto dall’Azienda Vitivinicola “La Stoppa” di Elena Pantaleoni. Sono rimasto colpito da questo vino color oro, così
135 Oltre questa esperienza cosa ti ha fatto sceglie-
re la Val Trebbia rispetto ad un altro posto?
Sicuramente un fascino e un’atmosfera particola- re, un po’ misteriosa ma al contempo avvolgente, piena di ancestrale bellezza della quale mi sono innamorato subito. Noi giapponesi per tradizione abbiamo uno spiccato modo animistico di vedere e percepire le cose e crediamo che in ogni fiume vi sia un Dio o uno spirito; per questo mi sento com- pletamente intriso di spiritualità ogni volta che at- traverso il fiume e, soprattutto nel nebbioso inver- no, questa atmosfera mi ricorda tanto il mio paese d’origine. Poi mi sono innamorato dei vini di que- sta zona e in questo momento mi sto dedicando alla cura di una piccola vigna di circa 40 anni, che ho in affitto, dove ci sono principalmente vitigni di Ortrugo, ma anche Malvasia di Candia.
Quante persone lavorano nella vigna di cui sei responsabile?
Trattandosi del mio progetto personale ed essen- do questo il secondo anno di coltivazione, per il momento ci lavoro solo io, svolgendo tutti i lavori di cui necessita la cura di un vigneto, dalla potatura alla vendemmia, momento nel quale mi danno una mano gli amici.
Quali prodotti usi per il trattamento delle tue viti?
Gli unici trattamenti che effettuo alle mie viti sono quelli a base di “solfato di rame” e “zolfo”. Il mio progetto consiste nel produrre vino in un modo nuovo, antico ma nel contempo innovativo e per questo sento forte la necessità di preservare l’ambiente più che impormi sulla natura. Mi sono orientato alla conservazione e cura di vitigni au- toctoni del territorio come la Malvasia di Candia, il Barbera, la Croatina e l’Ortrugo, per produrre vino come si faceva una volta, senza forzare il terreno e lasciando che sia la vite ad esprimere la pro- pria personalità che trasmetterà inevitabilmente al vino. Al mondo non esistono mai due persone uguali, e così un vino non dovrebbe essere uguale a nessun altro.
Questa del 2020 è la tua prima vendemmia?
La prima vendemmia è quella del 2019 dalla quale ho ricavato 1000/1200 bottiglie di vino bianco “ma- cerando” sulle bucce come si fa di solito con il vino rosso, un procedimento che va a recuperare anche le antiche tradizioni, senza l’utilizzo della chimica ma sempre nel rispetto verso l’uva, che diventa mosto e poi vino attraverso la fermentazione che sfrutta solo i lieviti naturali.
Hai pensato al nome da dare al tuo vino?
Sì certo, il nome che ho dato al mio vino è “GATE”, una parola contenuta nel mantra con cui si conclu- de il “Sutra del Cuore” scritto in sanscrito e che significa “andato, andato oltre”. Nel buddhismo i mantra rappresentano un cammino la cui funzione è quella di contribuire al risveglio della coscienza.
Ecco dunque che mi sono ritrovato in questa paro- la: produrre un vino che sia in grado di andare ol- tre, risvegliando la mia coscienza e quella di coloro che con esso vogliano identificarsi.
Conoscere Shun è stato per me fonte di stupore (da un pò di tempo “lasciati stupire” è diventato il mio mantra) e meraviglia, che hanno poi generato un sentimento di profonda ammirazione per que-
sto giovane uomo 36enne che dal Giappone, passando dalla Spagna e poi in Cile, si è stabilito a Travo, in Val Trebbia, per produrre il “vino naturale”.
Grazie Shun, che ti sei innamorato della Val Trebbia, così intrisa di spiritua- lità da definirla “più giapponese” che non il Giappone. Parlando con te ho percepito che il tuo sogno, la tua necessità, più che un lavoro sia una vera e propria missione, fatta di RISPETTO del territorio, della natura e di ogni aci- no di uva che diventa mosto, che diventa vino, che diventa “GATE”. Grazie Shun Minowa, che in giapponese significa “Cavallo Forte”, grazie.
di Lorella Lanza