• Non ci sono risultati.

Giuseppe de Dominicis de Rossi alle Reali Scuole di Ballo di Napoli. Alcuni documenti inediti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Giuseppe de Dominicis de Rossi alle Reali Scuole di Ballo di Napoli. Alcuni documenti inediti"

Copied!
55
0
0

Testo completo

(1)

Giuseppe de Dominicis de Rossi alle Reali Scuole di Ballo di Napoli. Alcuni documenti inediti

27 dicembre 2021, pp. 73-126

DOI: https://doi.org/10.6092/issn.2036-1599/14125 Section: Studi [peer reviewed]

* Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli, Italia.

Articles are published under a Creative Commons Attribution Non Commercial 3.0 Unported licence (Authors retain copyright in their articles, permission to reuse third party copyrighted content is not included).

[email protected] https://danzaericerca.unibo.it/

Email:

Www:

Giuseppe de Dominicis de Rossi is a forgot- ten Neapolitan master, dancer and composer;

his profi le is going to become more defi nite thanks to a little dossier of twenty-fi ve documents, saved in Neaple’s State Archiv. Here, it is pos- sibile to fi nd the last part of his life and his ca- reer at San Carlo Theatre’s Royal Ballet School, with his continuous demands to teach there. He writes about many diffi culties and didactic challenges, to prove his value as a dance master. He has travelled in diff erent countries and has created ballets in Europe, bringing in Naples his international experien- ce, especially from Paris. This paper aims to give a documentary contribution with presenta- tion and transcription of these twenty-fi ve doc- uments; here it is possible to fi nd interesting ref- erences with the didactic method of de Rossi.

Giuseppe de Dominicis de Rossi è maestro e coreografo napoletano ad oggi semiobliato, la cui fi gura inizia a delinearsi con esiti interes- santi grazie ai documenti dell’Archivio di Stato di Napoli. Un piccolo dossier di venticinque do- cumenti ci permette di inquadrare il suo profi lo e la sua attività: il rientro a Napoli da Parigi e le insistenti richieste per entrare a far parte del corpo insegnanti delle Reali Scuole di ballo.

Non mancano riferimenti alle diffi coltà incon- trate rispetto ai colleghi francesi e alle sfi de didattiche nelle quali si lancia con sicurezza, per dimostrare il proprio valore di maestro che aveva molto viaggiato e creato, immergendosi in tradizioni diverse. Questo contributo si profi - la essenzialmente come apporto “documenta- rio”, poiché dà una sintesi contenutistica e le trascrizioni di un piccolo ma importante nucleo che abbraccia gli ultimi anni della carriera di de Rossi, con particolare attenzione rivolta alla sua metodologia di insegnamento.

Abstract

(2)

Giuseppe de Dominicis de Rossi alle Reali Scuole di Ballo di Napoli. Alcuni documenti inediti

2

Premessa

Gli studi sull’Ottocento napoletano stanno portando alla luce testimonianze di rilievo per la ricostruzione del panorama ballettistico italiano in una prospettiva europea, dalla quale emerge il ruolo centrale della Capitale del Regno delle Due Sicilie nello scambio di esperienze di danzatori, coreografi e maestri. L’esodo di queste figure professionali da Parigi, come è noto, permette la fusione della scuola francese con tradizioni ed esperienze autoctone, in un ambiente intellettuale vivace e al cospetto di un pubblico esigente3.

Un esempio in merito è dato dalla figura di Giuseppe de Dominicis de Rossi, maestro e coreo- grafo napoletano ad oggi poco noto e che inizia a delinearsi con esiti interessanti grazie ai documenti dell’Archivio di Stato di Napoli. Nello specifico, un piccolo dossier emerso di recente ci permette di in- quadrare il suo profilo e la sua attività di didatta che aspira a collocarsi in maniera istituzionale presso le Reali Scuole di Ballo e che loda la efficacia e rapidità della propria metodologia didattica finalizzata allo sviluppo di una tecnica efficace.

La creazione delle tecniche e il consolidamento delle estetiche della danza hanno permesso di definire il profilo delle cosiddette “scuole nazionali” romantiche e, in questa prospettiva, appare

1. Saggio modificato il 17 febbraio 2022. Vedere il relativo corrigendum: https://doi.org/10.6092/issn.2036-1599/14348.

2. L’indagine su Giuseppe de Dominicis de Rossi è agli inizi della ricerca e i documenti presentati in questo contributo riguardano esclusivamente quanto emerso presso l’Archivio di Stato di Napoli, nei fasci relativi alla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo, della quale la sottoscritta ha iniziato a elaborare una ricostruzione analitica per i secoli XIX e XX. La sigla per l’Archivio di Stato di Napoli sarà, d’ora in poi, ASNa.

3. Non ci si dilungherà in maniera analitica sugli aspetti generali del periodo storico in questa sede, per motivi di spazio.

Si veda in merito José Sasportes, La danza 1737-1900, in Carlo Marinelli Roscioni (a cura di), Il Teatro di San Carlo, Guida, Napoli 1988, vol. II, pp. 365-395; Rosa Cafiero, Aspetti della musica coreutica tra Settecento e Ottocento, in Bruno Cagli – Agostino Ziino (a cura di), Il Teatro di San Carlo 1737-1987, Electa, Napoli 1987, pp. 309-332; Alberto Testa, Duecentocin- quant’anni di balletto al Teatro di San Carlo, in Bruno Cagli – Agostino Ziino (a cura di), Il Teatro di San Carlo, cit., vol. II, pp. 333-344; Roberta Albano, Il Teatro di San Carlo, in Nadia Scafidi – Roberta Albano – Rita Zambon, La danza in Italia, Gremese, Roma 1998, pp. 165-213.

«Danza e ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni», anno XIII, numero 13, 2021 danzaericerca.unibo.it DOI: 10.6092/issn.2036-1599/14125

(3)

opportuno avvalersi di un approccio interdisciplinare e transculturale, al fine di comprendere quanto, in realtà, anche queste “scuole” siano concetti più astratti che concreti, legati a una visione romantica o nazionalistica dell’arte. Migrazioni e fusioni di stili determinano innovazioni che si radicano in cia- scun luogo grazie alla presenza delle personalità più rappresentative del momento.

Il terreno italiano – sia pure in costante processo osmotico con la Francia – appare luogo privilegiato di incroci e humus fertile di quelle innovazioni che avrebbero trionfato sui palcoscenici dell’Opéra ma che in Italia, e soprattutto a Napoli, avevano trovato antecedenti e sperimentazioni importanti (insieme a quelle dei teatri des boulevards francesi), proprio al volgere del secolo XVIII4, in merito a temi, soggetti, visioni, circolazione di coreografi e maestri, sperimentazioni didattiche e spettacolari5.

In questa sede ci si soffermerà dunque, nei limiti imposti da ricerche ancora allo stato iniziale, su de Rossi6 maestro di ballo per il lavoro che dichiara nell’ambito della formazione coreutica e gli sviluppi sulla metodologia applicata ai corpi degli allievi meno promettenti. Un quadro che si profila interessante e che si inizierà qui a sondare dalla parte finale della sua vita e del suo lavoro, col ritorno a Napoli e le insistenti richieste per entrare a far parte della rosa di maestri delle Reali Scuole di ballo, in relazione alle difficoltà incontrate rispetto ai colleghi francesi e alle sfide didattiche nelle quali si lancia con sicurezza, per dimostrare il proprio valore di maestro che aveva molto viaggiato e creato, immergendosi in tradizioni diverse.

Questo contributo offre una sintesi contenutistica e le trascrizioni di un piccolo ma importante dossier emerso nelle carte dell’Archivio di Stato di Napoli, che abbraccia gli ultimi anni della carriera di de Rossi e inizia con la Restaurazione borbonica sul trono di Napoli, dopo la fine del Decennio francese (1806-1815). L’attività di questo “lavoratore dello spettacolo” (come si direbbe oggi) si esten- de per oltre mezzo secolo e ulteriori studi sapranno far luce sulla sua figura, al fine di incrociare con attendibilità i suoi movimenti con quelli degli altri protagonisti della scena napoletana.

4. Cfr. in merito Roberta Albano ‒ Rosa Cafiero, Shakespeare in ballo: “Macbeth” di Armand Vestris e Wenzel Robert von Gallenberg (4 ottobre 1818), in Paologiovanni Maione ‒ Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli: un dialogo con l’Europa (1806-1861), Turchini, Napoli 2021, pp. 125-155.

5. Cfr. Maria Venuso, La danza teatrale al San Carlo negli anni di Rossini: interferenze e possibili visioni, in Antonio Ca- roccia ‒ Francesco Cotticelli ‒ Paologiovanni Maione (a cura di), Napoli & Rossini: «Di questa luce un raggio», San Pietro a Majella, Napoli 2021, pp. 73-94; Roberta Albano ‒ Maria Venuso, Saverio Mercadante e la danza nei Reali Teatri di Napoli, in Antonio Caroccia ‒ Paologiovanni Maione (a cura di), Mercadante 1870-2020, San Pietro a Majella, Napoli, in prepa- razione; Roberta Albano, Louis Antoine Duport: the activity at San Carlo Theatre in Naples, relazione presentata al Convegno internazionale Times For Changes: Transnational Migrations and Cultural Crossings In Nineteenth Century Dance, che sarà editata in Irene Brandenburg – Bruno Ligore – Francesca Falcone (edited by), Times For Changes: Transnational Migrations and Cultural Crossings In Nineteenth Century Dance, Proceedings of International Research Conference, Salzburg, 28-30 November 2019, Massimiliano Piretti, Bologna 2022, in preparazione.

6. Il nome del maestro de Rossi appare nei documenti con grafie disparate, quali Domenico Rossi, Derossi, De Rossi, Domi- nicis derossi, de Rossi, de’ Rossi, de Dominicis. Qui si adotterà la forma Giuseppe de Dominicis de Rossi come riportata dall’atto di morte dell’anagrafe ufficiale.

(4)

Napoli e la danza nei primi decenni del XIX secolo

Con l’importazione di modelli culturali e amministrativi d’oltralpe, si verifica a Napoli una felice coesistenza di realtà grazie alla cui fusione l’area culturale partenopea diviene un unicum. L’in- fluenza francese sulle scene trovava terreno fertile in «una tradizione artistica che aveva mostrato sempre una particolare sensibilità all’ammodernamento della complessa macchina performativa»7: il San Carlo diventa un «osservatorio privilegiato per la moderna storiografia; [...] specchio fedele di un fenomeno nazionale e internazionale, […] modello insuperabile»8.

A Napoli dunque, per la danza, non solo vengono portati in scena gli spettacoli parigini da parte di coloro che fuggivano dalla dittatura Gardel all’Opéra, ma l’amministrazione francese avvia una serie di riforme relative all’istruzione, con la fondazione di educandati e istituzioni scolastiche che toccano da vicino anche l’arte coreica.

In questo periodo le produzioni di ballo a Napoli sono interessanti e spesso all’avanguardia.

Nell’ambito del teatro musicale la città vanta nomi grandissimi: tra questi, l’astro di Gioachino Ros- sini arriva a Napoli in un momento di grande fermento culturale, nell’anno della Restaurazione che segue il Decennio francese (nel 1815; nel 1816 nasce il Regno delle Due Sicilie), quando la gloria della casa reale dei Borbone si esprimeva più che mai attraverso gli allestimenti al San Carlo. Una conviven- za con il ballo teatrale, da parte dell’opera, nel momento del suo massimo splendore. D’altra parte, già nel Settecento le opere al San Carlo erano inframezzate da balli e non da azioni di altra natura, a conferma della predilezione per quest’arte da parte dei sovrani della casa borbonica.

L’osmosi tra melodramma e ballo appare dunque molto forte a Napoli, come a Parigi9, ed è noto che lo stesso Rossini erediti dalla danza diversi soggetti, quali Otello (1808), Guglielmo Tell (1809), Rinaldo e Armida di Louis Henry (1811), Il Barbiere di Siviglia di Salvatore Taglioni (1814), Gabriella di Vergy ballo di Ferdinando Gioja (1837) che precede l’omonima opera di Saverio Merca- dante (1839).

Le piste da seguire, per una ricostruzione dell’ambiente coreico, sono molteplici e sono in cor- so di studio10: la formazione dei soggetti, il milieu culturale, i protagonisti, le maestranze. Fatto sta,

7. Paologiovanni Maione, Organizzazione e repertorio musicale della corte nel decennio francese a Napoli (1806-1815), in

«Fonti musicali italiane», n. 11, 2006, pp. 19-173: p. 120.

8. Paologiovanni Maione ‒ Francesca Seller, Il Teatro di San Carlo di Napoli. Cronologia degli spettacoli (1851-1900), Avagliano, Cava de’ Tirreni 1999, vol. III, pp. 7-8.

9. Cfr. Marian Smith, Ballet, Opera and Staging Practices at the Paris Opéra, in La realizzazione scenica dello spettacolo verdiano, Atti del Congresso internazionale di studi, Parma, Teatro Regio – Conservatorio di musica, 28-30 settembre 1994, Istituto Nazionale di Studi Verdiani, Parma 1996, pp. 172-318; Marian Smith, Ballet and Opera in the Age of “Giselle”, Princeton University Press, Princeton 2000; Matilda Ann Butkas Ertz, Scoring the ballo fantastico: supernatural characters and their music in Italy’s ballets during the Risorgimento, in «Danza e Ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni», n. 8, 2016, pp. 5-46.

10. Uno studio sistematico e analitico sulla danza al San Carlo di Napoli dal Settecento al Novecento, comprendente la

(5)

come hanno notato diversi studiosi in occasione di recenti riflessioni pubbliche sulla danza in Italia, che l’attività napoletana vanta nomi illustri quali Salvatore Viganò, Armand Vestris, Jean Coralli che, se da una parte hanno portato il proprio magistero in loco, dall’altra hanno inevitabilmente assorbito tutto quello che poteva loro offrirsi.

La drammaturgia di alcuni balletti impone agli occhi del pubblico napoletano suggestioni di successo che diventeranno, sulle scene francesi, l’elemento caratterizzante del nuovo ballo romantico:

danze scozzesi, esseri fatati, voli magici, incantesimi stregoneschi, temi ossianici11.

La circolazione dei coreografi sull’asse Parigi-Napoli-Parigi, oltre che Napoli-Milano-Vien- na-Londra-Copenaghen-Stoccolma, permette di comprendere quanto sia articolato e complesso il fenomeno di identificazione di una “corrente ballettistica”. Nella danza, più che nelle altre arti, le interazioni fra singoli individui e l’adattamento di princìpi estetici ai diversi corpi dei danzatori (che a loro volta partecipano al processo di creazione) fanno sì che l’univocità assoluta si disperda e fiorisca- no stili personali spesso soggetti a imitazione. Le cosiddette “scuole nazionali” si contaminano senza soluzione di continuità e Napoli rappresenta, per la sua natura di territorio storicamente multietnico, un fortunato terreno di scambi continui, di tradizioni che si incrociano e non si isolano12.

Se i coreografi sono per lo più francesi (con conseguente impronta sulla scelta del repertorio e dello stile) è pur vero che il pubblico partenopeo appare particolarmente ricettivo a questo tipo di co- struzioni e a Napoli un astro come Salvatore Viganò stenta ad affermarsi con la sua Clotilde13. Difatti,

ricostruzione della storia della Scuola di ballo, è il progetto in fieri a cura di Roberta Albano, Paologiovanni Maione e Maria Venuso per la collana Pagine di danza diretta da Elena Randi (Kinetès Edizioni).

11. Per una visione sui prodromi del balletto romantico a Napoli, cfr. Maria Venuso, “Giselle” e il teatro musicale. Nuove visioni per la storia del balletto, Polistampa, Firenze 2021. Si vedano inoltre Roberta Albano, Salvatore Viganò e la “Clotilde”

napoletana e Roberta Albano – Rosa Cafiero, Shakespeare in ballo: “Macbeth” di Armand Vestris e Wenzel Robert von Gallenberg (4 ottobre 1818), entrambi in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., rispettivamente alle pp. 25-52 e alle pp. 123-155; Francesca Falcone, Armand Vestris, danzatore e coreografo a Napoli: la stagione del 1817, in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 201-122; Flavia Pappacena, “Pandore”

di Louis Henry al tramonto dell’impero napoleonico, in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 205-215; Annamaria Corea, “Otello”, ossia il primo ballo di Louis Henry a Napoli (1808), in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 191-203; Patrizia Veroli, I balli composti e/o diretti da Salvatore Taglioni nei Teatri Reali napoletani San Carlo e Fondo (1814-1861): una prospettiva dai libretti, in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 53-87.

12. Cfr. José Sasportes, Napoli nella geografia della danza italiana, in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 1-6.

13. Su questo specifico punto cfr. Kathleen Kuzmick Hansell, Il ballo teatrale e l’opera italiana, in Lorenzo Bianconi

‒ Giorgio Pestelli (a cura di), Storia dell’opera italiana, EDT Musica, Torino 1988, vol. V, La spettacolarità, pp. 177-306, citato in Rosa Cafiero, Il «grande industriale internazionale del balletto» a Napoli nell’età di Rossini: Wenzel Robert Gallenberg, in Paolo Fabbri (a cura di), Di sì felice innesto, Rossini, la danza e il ballo teatrale in Italia, Fondazione Rossini Pesaro, Pesaro 1996, pp. 1-40, in particolare p. 12, nota 43. Su Salvatore Viganò cfr. Carlo Ritorni, Commentarii della vita e delle opere coreodrammatiche di Salvatore Viganò e della coreografia de’ Corepei scritti da Carlo Ritorni Reggiano, Tipografia Guglielmini e Redaelli, Milano 1838; Ezio Raimondi (a cura di), Il sogno del coreodramma. Salvatore Viganò, poeta muto, Il Mulino, Bolo- gna 1984; José Sasportes ‒ Patrizia Veroli (a cura di), Ritorno a Viganò, Aracne, Roma 2017. In particolare, per l’attività di Salvatore Viganò a Napoli, si vedano gli studi recentissimi di Roberta Albano, Salvatore Viganò e l’attività al teatro del Fondo di Napoli, in «Danza e ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni», n. 10, 2018, pp. 11-36; Roberta Albano, Salvatore Viganò e la “Clotilde” napoletana, in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 25-

(6)

con la fine del Decennio francese il tentativo fallito di re-italianizzare il palcoscenico del San Carlo con Viganò induce Barbaja a tornare verso la tradizione francese, ma quest’ultima si stava sempre più rivolgendo a «una fusione del registro nobile del ballet d’action francese con il ballo pantomimo italia- no»14. I suoi balli godono di ottima ricezione e accolgono elementi topici del futuro balletto romanti- co propriamente detto, a proposito della sciarpa, del medaglione, della rosa (rispettivamente in balletti del grande repertorio come La Sylphide di Filippo Taglioni, Napoli di Auguste Bournonville, La bella addormentata di Marius Petipa), così come la presenza degli zingari nel ballo Astolfo e Giocondo di Armand Vestris (1817), ovvero masse caratterizzanti che entreranno nei clichés del ballo romantico e si intersecheranno con il genere “nobile”, quello sérieux15.

Dinanzi a determinati elementi tecnici da associare agli aspetti drammaturgici, emerge ancora una volta la principale difficoltà degli studi sulla danza: il non avere quasi mai una partitura o nota- zioni coreografiche su cui lavorare. Essenziali sono pertanto, oltre ai libretti e alle annotazioni sugli spartiti dei violini ripetitori, le lettere private, le corrispondenze autografe, le fonti secondarie e lo studio comparato del teatro musicale coevo16.

Le Reali Scuole di Ballo

Il Teatro di San Carlo diviene la sede della prima Istituzione pubblica di insegnamento della danza17, dal momento che le Reali Scuole di Ballo sono fondate con regio decreto del 22 gennaio del 1812, su progetto di Louis Henry. Di fatto, l’insegnamento di perfezione destinato ai corifei del corpo di ballo era già attivo nel privato, almeno dal 1810, presso l’abitazione dello stesso coreografo e, in un documento proveniente dal Ministero degli Interni del 1809, si legge che il Ministro dell’Interno

52; Stefania Onesti, «Un ballo senza ballo». Salvatore Viganò e il coreodramma, in «Il Castello di Elsinore», n. 81, 2020, pp.

49-60.

14. Roberta Albano ‒ Rosa Cafiero, Shakespeare in ballo, cit., p. 125. In realtà la “mistione” delle forme e dei ruoli stessi si era avviata già al volgere del Settecento all’Opéra, nella contaminazione reciproca fra le tradizionali tipologie di danzatori, che iniziavano a sostenere ruoli diversi rispetto alla propria fisicità. Cfr. in merito Flavia Pappacena, La “scompaginazione”

del sistema dei generi e l’emancipazione della tecnica femminile, in Id., Il rinnovamento della danza tra Settecento e Ottocento. Il trattato di danza di Carlo Blasis, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2009, p. 24.

15. Cfr. ivi, p. 126 con relative note.

16. Cfr. nota 4 e 11 del presente saggio.

17. Sulle istituzioni scolastiche si vedano Rosa Maresca, Le scuole di ballo del Teatro di San Carlo dal 1812 al 1840: i documenti dell’Archivio Storico di Napoli, in «Chorégraphie. Studi e ricerche sulla danza», anno V, n. 10, 1997, pp. 85-112;

Nadia Scafidi, La danza nelle istituzioni scolastiche governative nell’Italia dell’Ottocento, in «Chorégraphie. Studi e ricerche sulla danza», parte I, n. 3, 1994, pp. 75-90; parte II, Il Maestro, n. 4, 1994, pp. 63-82; Nadia Scafidi, La Scuole di Ballo del Teatro alla Scala: l’ordinamento legislativo e didattico nel XIX secolo, in «Chorégraphie. Studi e ricerche sulla danza», parte I, n. 7, 1996, pp. 51-72; parte II, L’allievo, n. 8, 1996, pp. 63-82; Maria Venuso, La Storia della danza e i documenti d’archivio:

il caso di Napoli, in Giovanna Caridei (a cura di), Le Reali Scuole di Ballo del Teatro di San Carlo di Napoli, Arte’m, Napoli 2017, pp. 15-20; Maria Venuso, La Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo: luci e ombre di una Istituzione, in Paologiovanni Maione – Maria Venuso (a cura di), Danza e ballo a Napoli, cit., pp. 7-24, in particolare pp. 20-21.

(7)

arcivescovo di Taranto aveva già chiesto al duca di Noja che la sala d’Udienza dell’abolito Tribunale dell’Ammiragliato fosse messo a sua disposizione per stabilirvi una Scuola di ballo per i Reali Teatri, appena il Tribunale di Commercio sarebbe passato altrove18.

La Scuola nasce dunque col duplice intento di offrire onesto impiego ai più bisognosi e infar- cire di masse a basso costo i sontuosi spettacoli che andavano in scena: non a caso essa si avvia con l’inizio dell’impresa di Domenico Barbaja19. In questo modo i professionisti da pagare sarebbero stati solo i primi ballerini ospiti mentre gli allievi, con un modesto compenso, avrebbero occupato le file dei corifei o, all’occorrenza, ricoperto ruoli solistici20.

Lo stabilimento di formazione coreutica conta in questo momento maestri di grande livello la cui fama, nella formazione tecnica, travalica i confini del Regno: lo stesso Henry e Salvatore Taglioni alle Scuole di perfezione, Pietro Hus alla Scuola generale.

L’insegnamento del ballo, al momento della costituzione della Scuola governativa per opera dei francesi, veniva impartito in sedi istituzionalizzate come per la musica, alcune delle quali, una volta soppresse, confluiscono nelle Reali Scuole di Ballo del Teatro di San Carlo. Una di queste è la Casa Carolina di Aversa, collegio femminile fondato da Carolina Bonaparte Murat, centro importante e diocesi tra le più ambite da parte dei vescovi del Regno, sia per le ricchezze di cui disponeva – era seconda solo a Napoli e a Capua – sia per la prossimità alla capitale ed era, inoltre, sede di una uni- versità già strutturata in diversi tipi di attività21. Vi si insegnava il ballo e Giovanna Cori, nominata

18. Cfr. ASNa, Ministero Interni, II Inventario, 4672/1.

19. Sulla presenza e l’attività a Napoli di Domenico Barbaja si veda John Rosselli, The opera industry in Italy from Cimarosa to Verdi, Cambridge University Press, Cambridge 1984 (ed. it. L’impresario d’opera. Arte e affari nel teatro musi- cale italiano dell’Ottocento, EDT, Torino, 1985); Paologiovanni Maione – Francesca Seller, L’ultima stagione napoletana di Domenico Barbaja (1836-1840): organizzazione e spettacolo, in «Rivista italiana di musicologia», n. 27/1-2, 1992, pp. 257- 325; Paologiovanni Maione – Francesca Seller, Domenico Barbaja a Napoli (1809-1840): meccanismi di gestione teatrale, in Paolo Fabbri (a cura di), Gioachino Rossini 1792-1992. Il testo e la scena, Fondazione Rossini, Pesaro 1994, pp. 403-429;

Paologiovanni Maione – Francesca Seller, Gioco d’azzardo e teatro a Napoli dall’età napoleonica alla Restaurazione borbonica, in «Musica/Realtà», n. anno XV, n. 43, aprile 1994, pp. 23-40; Paologiovanni Maione – Francesca Seller, Napoli nel viaggio musicale di Rossini, in Id. (a cura di), Protagonisti nella storia di Napoli. Grandi napoletani, Elio De Rosa, Pozzuoli 1994, vol.

III, Gioachino Rossini, pp. 2-27; Paologiovanni Maione – Francesca Seller, Musicisti, cantanti e impresari a Napoli, in Id. (a cura di), Protagonisti nella storia di Napoli, cit., pp. 30-31; Paologiovanni Maione – Francesca Seller, I Reali Teatri di Napoli nella prima metà dell’Ottocento. Studi su Domenico Barbaja, Santabarbara, Bellona 1995; Paologiovanni Maione – Francesca Seller, Il Tribunale di Commercio di Napoli: una fonte sconosciuta per lo studio dell’attività teatrale, in «Fonti musicali italiane», n. 1, 1996, pp. 145-162; Paologiovanni Maione – Francesca Seller, Da Napoli a Vienna: Barbaja e l’esportazione di un nuovo modello impresariale, in «Römische Historische Mitteilungen», vol. XLIV, 2002, pp. 491-506; Francesca Seller, La copisteria musicale del teatro San Carlo tra Sette e Ottocento, in Bianca Maria Antolini – Teresa M. Gialdroni – Annunziato Pugliese (a cura di), «…Et facciam dolçi canti». Studi in onore di Agostino Ziino in occasione del suo 65º compleanno, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2003, vol. II, pp. 1019-1028; Philip Eisenbeiss, Domenico Barbaja. Il padrino del belcanto, EDT, Torino 2015.

20. Cfr. ASNa, Teatri e Spettacoli, 56. Per la danza al San Carlo cfr. Roberta Albano, Il Teatro di San Carlo, cit.; Rosa Ca- fiero, Aspetti della musica coreutica fra Settecento e Ottocento, cit.; Rosa Cafiero, Ballo teatrale e musica coreutica, in Francesco Cotticelli – Paologiovanni Maione (a cura di), Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, Turchini, Napoli 2009, pp. 707-732.

21. Cfr. Nello Ronga, La gestione economica delle Confraternite e dei Monti della Diocesi di Aversa durante il periodo bor- bonico e nel Decennio, in Costanza D’Elia (a cura di), Stato e Chiesa nel Mezzogiorno napoleonico, Atti del Quinto Seminario

(8)

sorvegliante della Scuola di Ballo dei Reali Teatri nel 1812, vi ricopriva l’incarico di maestra. La Cori non è tuttavia ammessa come insegnante nelle Reali Scuole perché l’organico era già al completo e perché donna, per cui a niente era valsa finanche la proposta della regina a suo sostegno, che l’aveva inserita nel novero dei maestri del primo stabilimento. Vi rimane dunque come governante fino alla prima chiusura del 184022.

Altro istituto del Regno dove l’insegnamento del ballo è istituzionalizzato è il Real Albergo dei Poveri: in una memoria datata al 12 agosto del 1833, il maestro Giuseppe de Dominicis de Rossi, in una lettera al Soprintendente sulla questione tra suo figlio adottivo Donato Mazzeo e Domenico Barbaja, fa menzione di questa Scuola Reale, così qualificandosi:

Suddito Napolitano uno dei Maestri della Real Scuola di Ballo di perfezione anche direttore di quella del Real Albergo dei poveri sotto l’intendenza del Sig(no)r Cavaliere Sancio la medesi- ma con successo degli Alunni e con grandissima soddisfazione del Governo, motivo per cui ne conserva un decoroso certificato del prelodato Sig(no)r Cavaliero Sancio23.

Questa scuola è soppressa nel 1825 per motivi economici e fornisce di conseguenza allievi alle scuole di formazione elementare del San Carlo che accoglie, previo esame, i giovani più dotati; negli anni della riapertura post-unitaria, un certo numero di piazze sarebbe stato riservato ai ragazzi più promettenti provenienti dal suddetto Istituto24.

La vita della Scuola modifica la propria fisionomia attraverso il passaggio di maestri diversi, oltre a quelli ufficiali. Salvatore Taglioni aveva stipulato il proprio contratto con l’Amministrazione dei Reali Teatri a condizione di continuare a beneficiare del compenso percepito come primo ballerino e primo pantomimo, ovvero 10.000 ducati annui, che comprendevano le retribuzioni per la moglie

di studi Decennio francese (1806-1815), Napoli, 29-30 maggio 2008, Giannini, Napoli 2011, pp. 317-351, in particolare p. 317 e p. 322.

22. Cfr. ASNa, Ministero degli affari interni, II Inventario, 4672/1.

23. Una delle figure dell’amministrazione borbonica della prima metà dell’Ottocento: il Cavaliere Antonio Sancio, amministratore del Real sito di Caserta dal 1824 e intendente di Napoli dal 1832. Cfr. Francesco Barra – Antonio Puca (a cura di), Antonio Sancio. Platea di Carditello, Direzione generale Archivi (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, “Sag- gi” 116), Roma 2018. Online: http://2.42.228.123/dgagaeta/dga/uploads/documents/Saggi/5b1a61d982ea5.pdf (u.v.

25/7/2021).

24. Contrariamente all’insegnamento del ballo nel collegio femminile di Aversa, che si ascrive nel sistema scolastico degli educandati femminili, la soppressione della Reale Scuola di Ballo dell’Albergo dei Poveri e il conseguente trasferimento degli allievi più dotati alla sezione elementare della Scuola del San Carlo fa immaginare un impianto statale dedicato solo alla tecnica del ballo, cui erano destinati i fanciulli privi di mezzi. Non materia che completasse l’educazione delle fanciulle dunque, ma studio professionalizzante come maestri legati ai Reali Teatri. La soppressione per motivi economici, nel 1825, ne partecipa la dipendenza dalle casse reali.

(9)

Adelaide Péraud25 e la sorella Luisa Taglioni Dubourg26, ambedue scritturate nel corpo di ballo del San Carlo.

Nel contratto era previsto che fosse dispensato dalle seconde parti e che potesse godere di una licenza di almeno quattro mesi nel corso dei sei anni di contratto (1812-1818). Questa ininterrotta presenza iniziale di Taglioni come maestro di perfezione conferma l’intento di garantire una conti- nuità all’interno di un progetto metodologico e artistico finalizzato ad assicurare una didattica e uno stile unitari e duraturi27. I migliori danzatori che circolavano al San Carlo erano chiamati a presenziare come giuria agli esami degli allievi, per i quali c’era una stretta collaborazione con gli allievi musici- sti dei Conservatori. Difatti, nel 1818 al migliore degli allievi del Real Collegio di musica, Saverio Mercadante, è assegnata la composizione di un concerto per la Scuola di Ballo dei Reali Teatri: in qualità di primo allievo del Reale Collegio di musica di San Sebastiano a Napoli, come si legge in un documento datato al 3 marzo del 181828, egli compone un Concerto in occasione degli esami degli alunni delle Reali Scuole di ballo, che si svolgevano di norma con i contributi degli allievi del Real Collegio di musica, i quali operavano nell’orchestra utilizzata per le due esibizioni di prova degli aspi- ranti ballerini. Per l’esame del 28 febbraio 1818, il giovanissimo Mercadante compone dunque un Concerto per due clarinetti, flauto e corno da caccia, apprezzato al punto da ricevere l’accettazione della dedica del lavoro da parte del re. Si trattava del riconoscimento più alto concesso a un artista e per questo il giovane compositore chiede, nel documento, autorizzazione a stampare e distribuire il suo concerto29, dato poi alle stampe dall’editore Girard come Gran concerto a 2 clarinetti, flauto e corno da caccia obligati, con dedica dell’«alunno del R. Collegio di musica all’Augusta Maestà di Ferdinando [primo] Re del Regno del due Sicilie»30.

Un ulteriore esempio per avvalorare brevemente l’importanza e il livello degli esami presso lo stabilimento di formazione partenopeo ce lo offre invece Louis Duport. Il grande danzatore aérien, durante la sua permanenza a Napoli per l’allestimento del ballo magico La virtù premiata – ballo da

25. Adelaide Péraud (indicata nei documenti napoletani come Peraud e Perraud) nata intorno al 1788 a Lione, morta il 2 novembre 1858 a Napoli. Dopo la sua morte, Salvatore Taglioni sposa in seconde nozze la sarda Angela Silvestra Cordara.

Da Adelaide nascono Ferdinando Giovanni Alessandro, Giuseppa Maria Carolina detta Marietta, Maria Luigia Erminia, Carlo Luigi Maurizio e Luigia (o Luisa/Louise) che sposerà nel 1849 Alexandre Simon Henri Fuchs e dirigerà le Reali Scuole di ballo negli anni Sessanta. Cfr. Madison U. Sowell, Les Taglioni. La généalogie, in Id. – Debra H. Sowell – Francesca Falco- ne – Patrizia Veroli, Icônes du Ballet Romantique. Marie Taglioni et sa famille, Gremese, Rome 2016, pp. 21-35, in particolare pp. 29-30.

26. Luigia Domenica Cassandra Taglioni, sorella di Salvatore e Filippo, è conosciuta col nome di Maria Luisa (Louise) Cassandra. Nata intorno al 1779 a Ravenna, muore nel 1849 a Napoli. Sposa Lorenzo Amato (Laurent Aimé) Dubourg (si trova nei documenti anche la grafia Du Bourg) dal quale avrà tre figli. Prima del matrimonio danza all’Opéra di Parigi per circa un decennio (1799-1807) ottenendo diversi successi distinguendosi sia come danzatrice che come mima in numerosi balletti. Cfr. ivi, pp. 26-27 e p. 33, nota 44.

27. Cfr. il documento del 23 dicembre del 1811, in ASNa, Ministero degli affari interni, II Inventario, 4663/2.

28. Cfr. ASNa, Ministero degli affari Interni, II Inventario, 4354.

29. Cfr. Maria Venuso, Le Reali Scuole di ballo, cit., p. 59.

30. Roberta Albano ‒ Maria Venuso, Saverio Mercadante e la danza nei Reali Teatri di Napoli, cit.

(10)

lui composto già a Vienna nel 1813 e poi portato in scena al San Carlo nel 1816 (era in corso una sua prova quando scoppia il terribile incendio che distrusse il teatro) e nel 1817 – è in giuria per gli esami delle Reali Scuole. Era infatti abitudine coinvolgere i più importanti danzatori al cospetto dei quali gli allievi avrebbero sostenuto la propria esibizione31.

Ma la vita della Scuola è anche costellata di numerosi problemi che si susseguono quasi senza soluzione di continuità e ne minano costantemente l’ordine, come quelli sulle dispute causate dall’u- tilizzo delle sale a fini di lucro da parte dei maestri per le lezioni private, i diversi ricorsi degli allievi nei confronti dell’Istituzione o dell’impresario che ne utilizzava le prestazioni con retribuzioni non adeguate, ma anche dei maestri e dei violini ripetitori per motivi economici32. I toni con cui maestri e accompagnatori si rivolgono al sovrintendente o al re sono sempre imploranti e alquanto lamentosi in relazione alla indigenza e ai corrispettivi da dover ricevere.

All’interno di tali problematiche si inserisce il dossier qui presentato e la figura di Giuseppe de Dominicis de Rossi, il quale con toni spesso vittimistici dipinge la propria posizione di dipendente e tenta di farsi strada sottolineando le competenze didattiche acquisite con l’esperienza, all’interno di un sistema che presenta logiche propagandistiche e utilitaristiche. Un milieu che tra gli anni Dieci e Venti può di certo vantare un livello tecnico e artistico invidiabile in Europa.

Giuseppe de Dominicis de Rossi e i documenti napoletani

Nato a Napoli nel 1761 da Carminantonio de Dominicis de Rossi e Barbara Mondi33, si forma a Parigi con le grand Vestris, Noverre e Dauberval, come lui stesso dichiara in una supplica del 25 febbraio 1825:

Io appresi l’arte della vera danza in Parigi sotto li primari Maestri Le Grand Vestris, Messieurs Noverre & Dauberval per cui ho acquistato quel metodo sicuro, bello e rapido, a condurre in pochi anni un alunno, ad una esecuzione che potrà essere approvata da chicchesia [sic] buon pro- fessore. Gli soli affari politici, mi fecero abbandonare la Francia, e recarmi altrove […]34.

Sposato con Rosa D’Antonio, muore il 16 dicembre del 183335. Le carte dell’Archivio di Stato

31. Cfr. ASNa, Ministero degli affari Interni, II Inventario, 4354.

32. Cfr. Maria Venuso, La Scuola di ballo del Teatro di San Carlo, cit., passim.

33. Possibile anche Monti, cognome di danzatori del Settecento, per cui la sonorizzazione della consonante dentale nel dialetto napoletano potrebbe aver modificato la grafia del cognome.

34. ASNa, Teatri e Spettacoli, 55.

35. La data di nascita è stata ricostruita a partire dal certificato di morte, disponibile online alla sezione Portale degli Antenati degli Archivi di Stato. La digitalizzazione degli atti anagrafici del quartiere San Ferdinando, per la città di Napoli, è stata di fondamentale importanza per de Rossi e costituisce un punto di riferimento per tutte le personalità che ruotavano intorno al Teatro di San Carlo, in quel quartiere ubicato. Online: http://dl.antenati.san.beniculturali.it/?q=gallery (u.v.

14/1/2019).

(11)

di Napoli mostrano una personalità insofferente della filoxenia nei confronti dei nativi francesi. Il suo ritorno a Napoli non appare semplice e le ripetute richieste di essere ammesso come Maestro della Scuola di Ballo del Reale Teatro di San Carlo lo vedono arrivare alla meta non senza ripetute difficoltà economiche e di merito. Egli lamenta la mancanza di considerazione della sua carriera europea e lascia intuire un’interessante elaborazione di una propria metodologia di insegnamento per la rapidità di esiti sui corpi degli allievi. De Rossi fa infatti preziosa menzione di un opuscolo sul metodo che non gli avrebbero permesso di dare alle stampe.

Il primo documento36 del “dossier de Rossi”37 qui preso in esame è del 4 dicembre 1815, una Memoria riserbata per S. E. il Segretario di Stato Ministro dell’Interno, in cui scrive di essere tornato a Napoli il 10 agosto del 1815 da Palermo e sottolinea di avere umilmente chiesto il posto di maestro di una delle tre Scuole di ballo (generale, di perfezione maschile, di perfezione femminile), rimasto vacante per la partenza di Louis Henry. In particolare, de Rossi fa domanda per la scuola di perfezione, distinguendo i compiti dei maestri rispetto alla scuola generale (si era tenuti a “piazzare” gli allievi e a «formare un buon Corpo di Ballo»), poiché nella «Scuola particolare» il Maestro aveva il compito di «far conoscere […] quelle vere proporzioni, e movimenti regolari, basi fondamentali di eseguire qualsiasi legazione». Sottolinea la volontà di insegnare nel corso di studi avanzato e destinato a creare solisti forti. In questo stesso documento già lamenta una decadenza delle scuole, eppure si tratta degli anni considerati d’oro; le lagnanze riguardano soprattutto il rispetto dei regolamenti, non mancando di evidenziare quanto un corretto funzionamento degli stabilimenti educativi dovesse necessariamente corrispondere all’ingente spesa che la Sovrintendenza prodigava a favore dei bisognosi, che venivano così messi nella condizione di studiare e apprendere un lavoro. Si fa richiamo a un ulteriore ricorso (fra i tanti) che de Rossi aveva sostenuto, in virtù di un decreto con cui Ferdinando IV «ordinava la preferenza ai suoi fedeli sudditi sopra qualunque impiego», quindi informa la Sovrintendenza del suo ricorso ma senza esito. Di fatto lamenta che la stessa Sovrintendenza avrebbe addotto, come unica motivazione contraria, il fatto che lui non fosse nativo francese, indipendentemente dai meriti in campo artistico o dalle sue abilità didattiche, in nessuna osservanza al Real Decreto. A questo punto, dopo un nuovo ricorso, chiede un pubblico esame dinanzi a una commissione composta da «Maestri e professori Francesi», ma anche questa proposta è rigettata dalla Sovrintendenza. Dopo una serie di vicissitudini, al posto di ottenere sei allievi della Scuola generale avviati ai princìpi di danza, de Rossi si offre di essere esaminato sui risultati conseguiti dagli allievi dopo quattro mesi di lezioni regolari sotto il suo insegnamento, al fine di ottenere il posto di lavoro al quale tanto aspirava. Ma l’ordine del Ministro non è ottemperato e accetta, in luogo di sei allievi «iniziati nei principj del Ballo», cinque

36. La numerazione dei documenti segue un principio arbitrario per praticità di lettura, per cui ciascun documento è numerato progressivamente in relazione a come figura nelle carte del fascicolo.

37. Cfr. ASNa, Ministero dell’Interno, II Inventario, 4354.

(12)

ragazzi non dotati, «scarti della scuola generale», uno dei quali aveva appena iniziato a studiare. A tal proposito e sulla «verità dello stato de’ metodi» de Rossi aveva già fatto stendere un «processo verbale»

davanti a una Commissione presieduta dal Conte di Gallenberg38.

Nel documento n. 2 è riportata la copia della ricevuta stesa da de Rossi, in cui si legge che i cinque allievi, di cui uno solo iniziato alle basi, gli sono stati affidati il giorno 1° dicembre 1815 per essere istruiti ai «regolari principj della Buona Danza». Gli alunni sono: Nicola Marchesi (nove anni), Vincenza Minicacci (sette anni e mezzo), Angiola Cento (otto anni e mezzo), Gaetano Benevento (otto anni, completamente a digiuno di danza). E sottolinea: «questi ricevuti senza orario, senza sicu- rezza di sistema»39.

38. Sulla partecipazione del Conte di Gallenberg alla fondazione delle Reali Scuole di Ballo, si veda ASNa, Ministero dell’Interno, inventario 4663, fascicolo 3 e ASNa, Teatri e Spettacoli, 54. Su Gallenberg e la sua produzione: Rosa Cafiero, Il

«grande industriale internazionale del balletto», cit.

39. L’esame dei registri e di ulteriori studi in corso ci saprà forse dire della carriera di questi allievi. Un Nicola Marchesi è presente nei carteggi di Alessandro Lanari (sei lettere, 1841-1844), ma non è stato possibile consultare i documenti. Vin- cenza Minicacci la si ritrova in Sedesclavo re di Dalmazia, ballo istorico pantomimo in sei atti composto e diretto dal signor Do- menico Serpos. Da rappresentarsi nel R.l Teatro del Fondo la primavera dell’anno 1824, poi in La fata malvagia o sia Il garofano incantato, ballo magico in cinque atti composto e diretto da Armando Vestris [...] rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro del Fondo nell’autunno del 1822 / [la musica è del signor maestro Pacini], ma anche in Ero e Leandro, ballo pantomimo in un’atto [sic]. Rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro del Fondo nell’estate del 1823, posto in iscena da Armando Vestris, primo ballerino e compositore de’ Reali Teatri, poi ancora in Il Paria ballo in cinque atti di Salvatore Taglioni [...] da rappresentarsi nel Real Teatro di S. Carlo la sera de’ 19 agosto 1830. Ricorrendo il fausto giorno natalizio di sua maestà Francesco 1. re del Regno delle Due Sicilie; Pigmalione, ballo anacreontico composto e diretto dal sig. L. Duport [...] da rappresentarsi nel Real Teatro di Caserta la sera de’ 27 novembre 1817, in Atide e Cloe, balletto anacreontico di Salvatore Taglioni [...]. Rappresen- tato la prima volta in Napoli nel Teatro S. Carlo nella primavera del 1823 / [la musica è del signor Maestro D. Luigi Carlini] e ancora in balli di Gaetano Gioja, Giovanni Dutarque, Louis Henry, Sébastien Gallet, Pietro Hus, Antonio Guerra: Elisabet- ta al castello di Kenilworth, ballo tragico-istorico in cinque atti composto e diretto da Gaetano Gioja, rappresentato per la prima volta in Napoli nel Real Teatro S. Carlo a’ 4 ottobre del 1824 ricorrendo il fausto giorno onomastico di Sua Altezza Reale il Prin- cipe D. Francesco Duca di Calabria; Il ritorno di Adone o sia Anacreonte fra le Grazie, ballo mitologico, composto e diretto da Giovanni Dutarque, rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro S. Carlo a’ 19 agosto 1824, ricorrendo il fausto giorno natalizio di Sua Altezza Reale il Duca di Calabria / [la musica è del sig. Maestro Sogner]; Il ritorno di Adone, o sia Anacreonte fra le Grazie, ballo mitologico composto e diretto da Giovanni Dutarque, rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro S. Carlo a’ 19 agosto 1824, ricorrendo il fausto giorno natalizio di sua altezza reale il Duca di Calabria / [la musica è del sig.

maestro Sogner]; La disfatta di Dario, ballo in quattro atti d’invenzione e composizione del sig.r Armando Vestris, rappresentato nel Real Teatro S. Carlo nella primavera dell’anno 1823 / [la musica è di composizione de’ signori maestri Rossini e Romani]; La mercantessa d’amori e di fiori, ballo anacreontico in quatto atti, tratto da antichi bassi-rilievi, composto e diretto dal signor Luigi Henry, rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro di S. Carlo a’ 4 ottobre 1817, ricorrendo il giorno onomastico di sua altezza il principe ereditario del Regno delle Due Sicilie / [la musica [...] è del sig. conte di Gallenberg]; Sesostri, ballo istorico in cinque atti di Salvatore Taglioni [...] rappresentato nel Real Teatro S. Carlo la sera del 12 gennajo 1823 ricorrendo il fausto giorno natalizio di Sua Maestà Ferdinando 1. Re del Regno delle Due Sicilie / [la musica è stata composta dal sig. Luigi Carlini]; Cerere fuggitiva ballo mitologico in cinque atti di Salvatore Taglioni [...] da rappresentarsi nel Real Teatro S. Carlo ricorrendo il fausto giorno natalizio di Sua Altezza Reale il duca di Calabria / [la musica è stata espressamente composta dal signor Maestro Sogner];

Tippoo-Saeb ballo istorico in cinque atti di Salvatore Taglioni [...] Rappresentato la prima volta in Napoli nel Teatro S. Carlo a’

6 luglio 1823, ricorrendo il fausto giorno natalizio di Sua Altezza Reale D. Maria Isabella duchessa di Calabria / [la musica è stata composta dal sig. maestro Carlini]; Pellegrino ossia L’ingegno supera l’età, ballo di mezzo carattere in tre atti, composto e di- retto da Gaetano Gioja, rappresentato in Napoli nel Real Teatro S. Carlo a’ 2 febbrajo 1822 per la serata a benefizio del composi- tore suddetto; Amor vendicato, ballo di mezzo carattere, in tre atti, composto e diretto da Luigi Henry [...]. Rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro S. Carlo a 19 novembre del 1823 ricorrendo il giorno onomastico di Sua Altezza Reale D. Maria Isabella Duchessa di Calabria / [la musica è composta dal sig. Maestro Raimondi e dal sig. Conte di Galenberg (!) [sic]]; Arianna abbandonata nell’isola di Nasso, ballo pantomimo composto a Parigi nell’anno 1791 sopra il Teatro dell’Accademia Reale di mu- sica da Sebastiano Gallet e messo in iscena a Napoli nel Real Teatro S. Carlo da Pietro Hus [...] nel carnevale dell’anno 1823, in

(13)

Il documento n. 3 è datato al 12 aprile 1816 ed è la copia di una seconda Memoria per il Mi- nistro dell’Interno. Qui de Rossi invoca garanzie ‒ secondo quanto già ordinato dal Ministro ai primi di novembre del 1815 ‒ che evidentemente non sono state attese e ricorda che sarebbe dovuto essere sottoposto a un esame su cinque allievi della scuola generale «inizati ne’primi principj dell’Arte» da istruire in quattro mesi (ma in realtà, come specificato sopra, gli avevano assegnato allievi non dotati e senza nessuna educazione di base). De Rossi lamenta che il termine del lavoro non sia ancora giunto e già si pretenda di fargli sostenere l’esame; in più le condizioni di insegnamento erano state minate da continui problemi, quali interruzioni, assenze degli alunni, «sconcerti, dispute dissunione [sic]», fino alla perdita di un locale in cui teneva lezione, una sala che apparteneva al Real Teatro del Fondo, che era «unito al Quinto ordine di Loggia». Questo locale era stato dato – lui scrive «per pretesto» – alle Poste, per togliere ogni mezzo a lui e metterlo fuori gioco. Sottolinea quindi il fatto di aver ricevuto molte ostilità dai Subalterni della Sopraintendenza, placatesi grazie alla «sola providenza [sic] divina».

Chiede dunque al Ministro dell’Interno di voler fare in modo che questo esame abbia luogo solo dopo il numero di centoventi lezioni (laddove entro la fine dell’aprile in corso sarebbero state novantaquat- tro) e prega di far intervenire nella commissione d’esame, oltre ai «Giudici prescelti dalla Soprainten- denza […] altri Professori giusti e che dopo la lettura del processo verbale, per norma di giudizio de’

Giudici, si esponessero gli Allievi». Prega infine lo stesso Ministro di essere presente all’esame, per non far nascere «equivoci» tra i commissari, che lui teme già corrotti.

occasione della serata di beneficio della signora Caterina Legros [...] / [la musica è del signor Rochefort]; Rosmonda ballo in sei atti composto, e diretto da Antonio Guerra [...] da rappresentarsi nel Real Teatro di S. Carlo la sera de’ 4 ottobre 1830. Ricorrendo il fausto giorno onomastico di Sua Maestà Francesco 1. Re del Regno delle Due Sicilie / [musica tutta espressamente composta dal signor Maestro Raimondi]; Alcibiade, ballo in un atto di Salvatore Taglioni, maestro di perfezionamento delle reali scuole di ballo, primo ballerino e compositore de’ reali teatri. Rappresentato per la prima volta in Napoli nel real Teatro di S. Carlo nella prima- vera del 1826 / [la musica del ballo è composta dal sig. conte di Gallenberg]; Gundeberga, ballo istorico pantomimico in sei atti, composto e diretto da Gaetano Gioja, rappresentato la prima volta in Napoli Nel Real Teatro S. Carlo a’ 30 maggio dell’anno 1822, ricorrendo il fausto giorno onomastico di sua Maestà Ferdinando 1. Re del Regno delle Due Sicilie / [Musica de’ celebri Maestri signori Beethoven [...] et al.]; La festa di Tersicore, balletto anacreontico in un atto composto da Salvatore Taglioni [...]. Rappre- sentato per la prima volta in Napoli nel Real Teatro del Fondo nella primavera del corrente anno 1822; Gundeberga, ballo istori- co pantomimico in sei atti, composto e diretto da Gaetano Gioja, rappresentato la prima volta in Napoli nel Real Teatro S. Carlo a’ 30 maggio dell’anno 1822 ricorrendo il fausto giorno onomastico di Sua Maestà Ferdinando 1. Re del regno delle Due Sicilie / [musica de’ celebri maestri signori Beethoven, Rossini, Gallemberg e Romani a riserba de’ sottonotati passi]; Niobe o sia La vendet- ta di Latona, ballo tragico diviso in sei atti, composto e diretto da Gaetano Gioja, rappresentato in Napoli nel Teatro S. Carlo a’

12 gennajo 1822, ricorrendo il fausto giorno natalizio di Sua Maestà Ferdinando 1. Re del Regno delle Due Sicilie; L’annunzio felice. Cantata con balli analoghi da eseguirsi nel Teatro de’ Reali appartamenti nella fausta occasione della solenne richiesta della mano di S.A. reale la principessa D.a Maria Cristina augusta figlia delle LL. MM. il re e la regina del regno delle due Sicilie per S. M. cattolica il re Ferdinando 7. fatta da S.E. l’ambasciatore straordinario della M.S. Cav. Labrador / [la poesia è del Signor Abate D. Emmanuele Vaccaro; la musica è del cavalier Giovanni Pacini]; Sofronimo e Caritea, o sia Il potere della bellezza, ballo storico-mitologico, in due atti, composto e diretto da Pietro Hus [...] rappresentato per la prima volta in Napoli a’ 30 maggio 1826, nel Real Teatro di S. Carlo ricorrendo il fausto giorno onomastico di Sua Altezza Reale il principe D. Ferdinando Duca di Cala- bria; Inno con ballo, per festeggiare nel real Teatro di S. Carlo il fausto ritorno delle LL. MM. la sera de’ Luglio 1825 / [poesia del sig. Ponta]; [musica del sig. Pacini]; [composizione del ballo sig. Hus] (online: http://www.internetculturale.it/it/16/search?q=- vincenza+minicacci&instance=metaindice, u.v. 23/7/2021). Di Angiola Cento non si hanno attualmente notizie, così come di Gaetano Benevento.

(14)

Il documento n. 4, del 25 maggio 1816, è invece una copia della supplica al Ministro posteriore all’esame che aveva avuto finalmente luogo il 17 maggio dello stesso anno, per ordine del Duca di Noja, Sovrintendente delle Reali Scuole e dei Reali Teatri, in una delle sale della Scuola generale di Ballo, davanti a una commissione nominata dallo stesso Sovrintendente e dal Conte di Gallenberg, di- nanzi ai Maestri delle stesse Scuole, ai professori francesi e italiani. Antonio Gioja, «attitante»40, aveva ordinato l’esame «senza neppure leggere il processo verbale» che invece era necessario per informare la commissione, scrive de Rossi. Ma bastano i risultati conseguiti dagli allievi istruiti per ottenere «gran- dissima soddisfazione» da parte di tutta la commissione, per cui si augura di poter essere ammesso a insegnare nella scuola senza ulteriori fatiche.

Il documento n. 5, risalente al 6 giugno del 1816, inizia a far menzione dell’opuscolo sul me- todo di insegnamento che de Rossi aveva elaborato in autonomia. In questa copia, destinata sempre al Ministro dell’Interno (opuscolo e memoria riserbata), egli sottolinea di non aver ricevuto ancora nes- suna comunicazione riguardo all’esito dell’esame sostenuto e avverte una certa freddezza e indecisione da parte della Soprintendenza nei suoi confronti. Usa toni aspri verso i rivali, rei di ordire trame alle sue spalle «per togliergli il posto che ora per merito li appartiene» e lo hanno anche privato dei mezzi economici indispensabili al sostegno della sua numerosa famiglia. Da qui il ricorso e la richiesta di poter essere assunto nelle Reali Scuole, oltre a poter ricevere un compenso per il lavoro svolto sugli allievi affidati a lui in vista dell’esame, «scarti della Scuola Generale di Ballo, che per breve spazio di tempo, si trovano ben esperti nell’Arte» grazie all’impegno del ricorrente. La supplica prosegue sotto- lineando che, di contro, non solo non è stata accettata la sua relazione, ma ne è stata proposta un’altra a vantaggio di Louis Henry, che era ancora in Francia41.

Il documento n. 6 è molto importante, poiché rivela il contenuto dell’opuscolo (la copia del testo manca, c’è solo l’Avviso) annunciato nella carta precedente, sulla metodologia didattica da lui maturata e ci fornisce notizie più precise sulla sua assenza dall’Italia, o meglio da Napoli. Qualificatosi come Professore e Compositore, de Rossi ricorda di essere stato assente da Napoli per trentacinque anni e dichiara il suo proposito di pubblicare, per essere utile ai suoi concittadini, un Opuscolo sul Metodo Facil istruttivo della Bella danza, e dell’espressione Mimica42. Dà quindi una sintesi delle sue esperienze

40. Gli Attitanti facevano parte delle diramazioni dei funzionari di Stato ed erano ufficiali subalterni risalenti al periodo precedente alla giurisdizione francese, come Mastrodatti, Scrivani e Attuarii. Essi operavano presso le Giunte, le Delegazioni e le Soprintendenze tra cui era suddivisa l’amministrazione della giustizia. Cfr. Francesco Trinchera, Degli Archivi Napolitani.

Relazione a S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione per Francesco Trinchera Direttore generale degli Archivi nelle Provincie Na- politane, Stamperia del Fibreno, Napoli 1872, Tav. CXLI, Diverse Giurisdizioni antiche, pp. 602-603, online: https://www.

icar.beniculturali.it/biblio/pdf/Trinc/11_10puntrinca2.pdf (u.v. 18/8/2021). Il termine, di origine dialettale, è registrato in Giuseppe Giacco, Schedario napoletano, p. 27, online: https://issuu.com/millecose/docs/schedario_napoletano_-_giac- co/152, (u.v. 18/8/2021) col significato di “buttafuori”.

41. Nel testo chiamato Signor Enrico.

42. Il riferimento alla Bella danza è chiaramente riferito alla sua formazione francese; l’importanza della mimica, già nel programma di Louis Henry per l’apertura dello stabilimento e poi insegnata da Gaetano Gioia dal 1825 (solo

(15)

in Francia43 «e propriamente in Parigi nelle scuole, ed Accademia Reale denominate Menus Plaisirs du Roy Grand’Opera che in diversi primarj Teatri dell’Europa» e sottolinea che lo scopo principale di queste istituzioni è stato quello di «portare questa parte di Belle Arti quasi alla perfezione di Scienza, sugli esatti e regolari, ed incontrastabili principj de’ tre Genj del Ballo – Sig(no)ri Noverre, Dauberval, e gran Vestris». Ribadisce poi che col suo opuscolo sul metodo, per coloro che vorranno intrapren- dere la carriera di danzatori, offrirà la possibilità di imparare – a partire da non oltre otto anni di età – «tutte le proporzioni, e movimenti regolari, Legazioni e basi fondamentali» della danza, arte che costituisce il più piacevole intrattenimento «delle più Brillanti Società delle culte Nazioni dell’Europa, non che de’ Popoli non civilizzati nell’Estenzione [sic] del Mondo». Il documento si chiude con la proposta di rimettere al giudizio del pubblico l’allievo che gli si vorrà affidare nell’istruzione, così che dal suo profitto la famiglia possa valutare se farlo entrare nelle Reali Scuole.

Il documento n. 7, del 18 giugno 1816, è invece indirizzato a de Rossi dal Sovrintendente, il Duca di Noja, che ha ricevuto la sua relazione dal Ministro dell’Interno e comunica che gli sono stati accordati 120 ducati per l’istruzione dei ragazzi affidatigli, con la concessione provvisoria di «una piazza di Maestro nella Scuola Generale» con la paga di 25 ducati al mese a partire dal 1° giugno 1816.

Il documento n. 8, del 5 settembre dello stesso anno, contiene la risposta di de Rossi all’asse- gnazione della carica di maestro provvisorio, rispondendo alla comunicazione del Sovrintendente con delusione e amarezza, perché vede disatteso il «principio di Equità, e di Giustizia», non mancando di sottolineare come questo incarico fosse, a suo avviso, una tipologia di impiego inventata dagli stessi docenti della Scuola generale e «creato al momento dalla Sopr’intendenza [sic]» per poter poi affidare la scuola ad altri. Ecco quindi che de Rossi chiede un esame pubblico al cospetto del re, davanti al Ministro, al Sovrintendente e a una serie di «Esteri professori» per poter giudicare autopticamente le sue abilità di insegnante.

I documenti n. 9 e n. 10 riguardano il nuovo esame. Il primo, del 25 febbraio del 1817, è un breve sollecito all’esecuzione del nuovo esame privato dei ragazzi da parte del Duca di Noja dopo il ricorso spedito dal maestro, che invita a indicare giorno e luogo. Il secondo, datato al 28 febbraio 1817, è la risposta di de Rossi sul secondo esame ordinato dal Sovrintendente, che spera di poter sostenere pubblicamente. Il maestro rende noto che l’esame sarebbe durato circa due ore e alla parte propriamente tecnica sarebbe stata associata una piccola pantomima e alcuni ballabili. In questa ri- sposta l’aggettivo patrio e la parola Patria – così come in altri documenti – sottolineano un senso di appartenenza nazionalistica che trasuda insofferenza per l’atteggiamento filofrancese delle dirigenze.

per pochi mesi a causa della di lui morte) è un elemento considerato imprescindibile per la formazione del danzatore professionista.

43. Tace delle altre esperienze europee, probabilmente conscio dell’atteggiamento filofrancese dell’ambiente napoletano.

(16)

I documenti n. 11 e n. 12 riguardano invece le difficoltà logistiche e organizzative incontrate da de Rossi, nonché la necessità di provvedere a superarle per sostenere il nuovo esame da tenersi davanti a una commissione scelta dal Sovrintendente e in presenza del Conte di Gallenberg. In particolare nel doc. 11, del 10 marzo 1817, de Rossi lamenta di essere stato privato della sala in cui tenere le lezioni e del professore di violino per l’accompagnamento delle stesse, per cui il ricorrente sottolinea queste due necessità e un orario preciso durante il quale svolgere il proprio lavoro senza interruzioni. Nono- stante questi problemi, si rende disponibile a sostenere l’esame nel mese di maggio dell’anno corrente.

Il Duca di Noja (19 marzo) accoglie le sue richieste e dispone che la sala gli sia concessa alle ore 10.30 e così il professore di violino.

Il documento n. 13 è un’altra testimonianza relativa all’attenzione posta sulla metodologia e sulle specificità della “scuola napoletana”. Si tratta di una carta del 25 aprile del 1817 (sempre una copia) dal Sovrintendente a de Rossi sulla data del nuovo esame, come stabilito dal dispaccio del 21 novembre 1816 dal Ministro degli Affari Interni. Avendo ricevuto dal ricorrente assicurazione sul completamento del programma didattico per gli alunni a lui affidati, è fissata la data prevista al 1°

maggio immediatamente successivo, per le ore 10.00 in una delle sale della Scuola di Ballo dove era solito tenere lezione Pietro Hus. Sulle modalità dell’esame, il Sovrintendente così chiosa:

Avendo io già nominato una Commissione de’ più valenti Soggetti nell’arte, che giudicherà se a norma del parere emesso dall’altra commissione che intervenne all’antecedente saggio da voi dato nella istruzione di pochi alunni, i vostri principj nell’arte siansi conformati al sistema che trovasi già stabilito da maestri delle Reali Scuole di ballo.

L’ultima parte del documento evidenzia la necessità di uniformarsi a un sistema didattico spe- cifico, utilizzato dai maestri delle Reali Scuole di Ballo sancarliane: da qui una plausibile discrepanza tra le metodologie di de Rossi maturate all’estero e i requisiti richiesti per l’insegnamento a Napoli.

Un quadro interesse da indagare ma, al momento, privo di documentazione tecnica.

Il documento n. 14, indirizzato da de Rossi al Ministro degli Affari Interni in maniera riser- vata e datato al 3 maggio 1817, sottolinea la trionfale riuscita dell’esame tenutosi due giorni prima nella sala del Teatro del Fondo (già adibita alle lezioni della Scuola di Ballo) e fa menzione di alcuni componenti ufficiali della commissione, che definisce «numerosa». Oltre ai tre membri della Sovrin- tendenza, il segretario del Ministro degli Interni e sua moglie, «tutti li professori» e tutti i ballerini dei Reali Teatri di Napoli. Si meraviglia di non aver ricevuto la possibilità di un esame pubblico da parte della Sovrintendenza e mostra ancora timori per ulteriori “equivoci”, nonostante tutto sia «in regola».

Nel documento n. 15 la risposta del Sovrintendente lo conferma maestro soprannumerario e aiutante delle Reali Scuole di ballo, in base al Real Decreto del 23 maggio 1817, con lo stesso stipen- dio di cui al momento stava godendo, ovvero di 24 ducati mensili (esente da ogni ritenuta, «menocchè [sic] da quella del due, e mezzo per cento»).

Il documento n. 16, datato al 9 giugno del 1817, è una chiara accusa alla Sovrintendenza,

(17)

in particolare al Duca di Noja e al Cavalier Monforte, i quali, a detta di de Rossi, avrebbero ordito manovre per non fargli ottenere il posto di maestro. Per questo motivo gli aveva indirizzato diverse lettere per informare il ministro al riguardo. Dopo il secondo esame il problema riguarda la necessità di ottenere lo stipendio integrale, in particolare per il fatto di ricevere, quale maestro provvisorio dopo il primo esame, 25 ducati al mese, per poi essere rinominato con lo stesso titolo – ma anche aiutante – dopo il secondo esame «più riuscito del primo» con lo stipendio diminuito di 24 ducati.

Si definisce dunque «ingiustamente oltragiato [sic] dagli nemici del Trono», tra cui vi sarebbe stata la stessa Soprintendenza, definita «arbitra della volontà di S. M. (D. G.) ed anche del potere dell’E. V.

[riferito al Ministro degli Interni] mentre abbatte L’una, e L’altra».

Il documento n. 17 (copia di un certificato), del 12 febbraio 1820, è invece una attestazione da parte di Salvatore Taglioni, Maestro delle R(ea)li Scuole di Perfezione di ballo, sul fatto che Giuseppe Derossi, nominato maestro soprannumerario e aiutante delle medesime scuole, sia sempre stato ligio ai propri doveri, relazionandosi agli allievi con grande zelo. In virtù di questo, Taglioni auspica che de Rossi continui a fare da assistente nelle Scuole di perfezione durante la sua assenza (per la quale sarebbe stato sostituito dalla sorella, la Signora Dubourg).

Il documento n. 18, del 10 marzo 1820, è la copia di una lettera di de Rossi a Taglioni che si trova a Milano, città nella quale lui stesso era stato impegnato per cinque stagioni «sempre con gran successo». De Rossi gli parla degli esami delle Scuole di ballo e che la loro (ovvero quella di perfezio- ne) si era distinta per gli allievi Maglietta, Guerra «e la Ricci piccola»; anche grazie alla sua dedizione particolare essi avevano guadagnato il secondo premio di 30 ducati ciascuno con l’«Antré de’ Batte- ments [sic]». Giura all’amico di aver molto lavorato e si augura una giusta gratificazione, aggiungendo che avrebbe dato alla sorella Signora Dubourg «la polizza del soldo» di Taglioni. Aggiunge che Vestris sarebbe partito per Milano due giorni dopo e pertanto si sarebbe potuto organizzare con lui per le rate dovute a quest’ultimo entro il 21 del mese corrente. Chiude con i saluti a Madama Taglioni da parte di tutta la sua famiglia.

Il documento n. 19 è del 28 marzo 1820 ancora da Salvatore Taglioni, in risposta alla lettera precedente, lieto di apprendere i progressi della scuola e attento a raccomandare sempre la massima attenzione e precisione nella gestione degli allievi da parte del suo aiutante. Taglioni informa che è quasi al termine del ballo che deve andare in scena il 3 aprile e non manca di riportare la propria sod- disfazione per quanto riguarda i costumi, le scene e l’attrezzeria44.

44. Si tratta del ballo La conquista di Malacca, ballo istorico in cinque atti composto da Salvatore Taglioni Maestro di per- fezione delle R. Scuole di Ballo di Napoli, primo ballerino, e compositore de’ R. Teatri andato in scena al Teatro alla Scala nella primavera del 1820, insieme al melodramma La Principessa in Campagna. Libretto online: https://www.loc.gov/resource/

musschatz.21502.0/?sp=3&r=0.098,0.247,0.804,0.294,0 (u.v. 5/3/2019). Il ballo di Taglioni era già andato in scena al San Carlo nel 1819: I Portoghesi nell’Indie, ossia La conquista di Malacca, ballo eroico pantomimo in cinque atti posto in scena da Salvatore Taglioni, Maestro di perfezione delle Reali Scuole di Ballo, e primo ballerino dei Reali Teatri, E rappresentato in Napoli

Riferimenti

Documenti correlati

Liaison interpreting (Chinese-Italian) to support the Chinese and Italian teams within the framework of the project.. "JNBY Headquarters" by

Integrating environmental, entomological, animal, and human data to model the Leishmania infantum transmission risk in a newly endemic area in Northern Italy..

This is expected from the annihilation taking place on the detector n+ side, given the low kinetic energy of the incoming antiprotons: the charge carriers generated on the far end

With equation (3), a rather satisfying explanation of outward FDI flowing from developed to developing countries is reached within a standard theoretical framework

They are directed-towards-something (the path) but they cannot be aware of it and they cannot try to reach it: the stone cannot strive to lie in the river, it falls into the

E’ a carico del Gestore la procedura per ottenere l’autorizzazione sanitaria, nonché l'onere di richiedere ed ottenere ogni licenza/autorizzazione prevista dalle leggi e dai

Piano nazionale scuola digitale documento che guida le scuole in un percorso di innovazione attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie. Per

Il saggio presenta la figura di Domenico Jaccarino (1840 - 1894), letterato dai molteplici interessi, traduttore della Divina Commedia in dialetto napoletano e fondatore della