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CAPITOLO 4 IL SISTEMA PREVIDENZIALE ITALIANO E ANALISI COMPARATA CON ALTRI PAESI OCSE

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CAPITOLO 4

IL SISTEMA PREVIDENZIALE ITALIANO E ANALISI COMPARATA

CON ALTRI PAESI OCSE

4.1 Introduzione

Nei capitoli precedenti abbiamo più volte sottolineato come l’OCSE, in qualità di organizzazione che svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva e che consente un’occasione di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione di buone pratiche ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi associati, spesso abbia suggerito all’Italia ulteriori riforme volte a migliorare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, nonostante le riforme avviate negli ultimi anni. La rapida transizione verso il sistema contributivo per tutti i lavoratori dal gennaio 2012, l’aumento dell’età del pensionamento e la sua equiparazione per uomini e donne permetteranno, secondo le proiezioni del gruppo di lavoro sull’invecchiamento dell’Unione Europea di ridurre, entro il 2060, la spesa pubblica per pensioni di circa 2 punti di PIL rispetto ad una riduzione media di 0,1% nell’Unione Europea. Il passaggio ad un sistema di tipo contributivo è stato inoltre accompagnato dall’eliminazione della integrazione al minimo lasciando unicamente una prestazione assistenziale come rete di sicurezza per i poveri futuri. Ma ciò sembra non bastare e si continua a puntare il dito sull’attuale generosità delle prestazioni (le persone anziane hanno un reddito medio superiore al 95% di quello della media nazionale) e sulla bassa partecipazione alla forza lavoro dei lavoratori più anziani. Dall’altro lato si teme per le generazioni future che rischiano di trovare le loro pensioni molto meno generose di quelle di oggi e molti dovranno affrontare il grave rischio di povertà.

In questo capitolo ci occuperemo dell’analisi dei sistemi previdenziali di altri paesi prendendo a riferimento il rapporto OCSE “Pensions at a Glance 2015” che offre appunto la possibilità di comparare il sistema pensionistico italiano con quelli di altri Paesi del mondo.

Il rapporto in generale rileva che anche in altri paesi si è dovuto affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione, dei cambiamenti delle tendenze del mercato del lavoro e della povertà e che circa la metà dei paesi OCSE hanno adottato negli ultimi due anni delle misure per rendere i loro sistemi più sicuri nel lungo termine. Un terzo degli Stati ha rafforzato le reti di sicurezza per aiutare alcuni gruppi di pensionati più vulnerabili, ma tutto questo fa sì che ora in alcuni paesi vi sia il rischio crescente che le pensioni future non saranno sufficienti a garantire un reddito dignitoso.

L’età per la pensione è stata aumentata in molti paesi: molti dei paesi OCSE prevedono l’aumento progressivo dai 65 ai 67 anni. Altri Stati, tra cui l’Italia, hanno l’obiettivo di raggiungere i 70 anni, tuttavia, permangono incertezze significative. Molti degli attuali

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98 pensionati hanno lavorato per la maggior parte della loro vita in lavori piuttosto stabili, ma ad oggi il posto fisso e la continuità delle carriere non è più la norma. Il calo dei posti di lavoro con contratti a tempo indeterminato e il parallelo aumento dei posti di lavoro temporanei e spesso precari riducono la continuità. I tassi di disoccupazione, soprattutto tra i più giovani, rimangono molto alti, così come i tassi di disoccupazione di lunga durata tra i lavoratori più anziani.

Alla luce di questo probabile scenario, alcuni paesi hanno bisogno di rivedere ulteriormente i loro sistemi per la tutela per i pensionati che non raggiungono i contribuiti necessari per avere una pensione minima. La media delle pensioni minime nei paesi OCSE è del 22% del reddito medio, in media, che vanno dal 6% in Corea al 40% in Nuova Zelanda. Alcuni paesi OCSE, come il Cile, Corea, Messico, Turchia e Stati Uniti, combinano un alto rischio di povertà e pensioni basse. La maggior parte dei paesi hanno indici di perequazione legati all’inflazione, quindi il loro valore diminuisce nel corso del tempo, in quanto i prezzi tendono ad aumentare meno dei salari1.

Nonostante ciò, in alcuni paesi, gli enti previdenziali continuano ad offrire le migliori prestazioni possibili, come risulta evidente dal “Melbourne Mercer Global Pension Index” (MMGPI), ricerca del gruppo assicurativo australiano Mercer: lo studio, condotto nel 2015 in 25 paesi, fra cui l’Italia, misura i sistemi pensionistici nazionali in termini di adeguatezza, sostenibilità e integrità2.

Sulla base di questi due rapporti ci occuperemo nei prossimi paragrafi di descrivere le caratteristiche dei sistemi previdenziali dei paesi considerati best practices, che possono essere prese a riferimento da tutti i paesi interessati nel formulare ulteriori riforme in campo pensionistico.

4.2 La modalità di valutazione dei sistemi previdenziali

La struttura e le caratteristiche dei sistemi pensionistici nel mondo presentano grandi diversità con una vasta gamma di caratteristiche e di norme. Per questo motivo non è semplice fare confronti e la mancanza di dati comparabili e prontamente disponibili per quanto riguarda alcuni indicatori chiave fornisce ulteriori sfide per tale confronto3. Il rapporto fornito dall’OCSE Pensions at a Glance 2015 , che da anni pone l’attenzione su questa importante tematica, permette di avere dei dati attendibili; inoltre, la ricerca sviluppata dall’accreditato gruppo assicurativo australiano, il Merbourne Mercer Global Pension Index (MMGPI) fornisce una linea guida per poter operare ulteriori confronti. Quest’ultima, infatti, con una copertura di circa il

1

Finanza.Com – Previdenza complementare – Uno sguardo dell’Ocse sulle future pensioni: uno scenario preoccupante - http://previdenzacomplementare.finanza.com/2015/12/02/uno-sguardo-dellocse-sulle-future-pensioni-uno-scenario-preoccupante/ 2 Metallirari.com - I migliori sistemi pensionistici del mondo - http://www.metallirari.com/i-migliori-sistemi-pensionistici-del-mondo/

3 Australian Centre for Financial Studies, Mercer (2015) – Melbourne Mercer Global Pension Index -

http://www.mercer.com/content/dam/mercer/attachments/global/Retirement/Melbourne-Mercer-Global-Pension-Index-2015/Report.pdf

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99 60% della popolazione mondiale in 25 paesi, misura i sistemi previdenziali dei principali paesi al mondo sulla base di oltre quaranta indicatori che fanno capo a tre macro-aree:

- Adeguatezza; - Sostenibilità; - Integrità4.

Sulla base di questi parametri è possibile dare successivamente una valutazione complessiva che può variare dal livello A, (il sistema previdenziale è solido ed offre buoni benefici, è sostenibile ed ha un alto livello di integrità) ad un livello E (il sistema previdenziale è scadente sotto tutti i punti di vista o può essere nelle prime fasi di sviluppo o inesistente). Tali valutazioni hanno permesso di stilare una classifica che vede ai primi posti i paesi con i migliori sistemi pensionistici. Ciononostante non è propriamente corretto parlare di “migliore” sistema pensionistico, in quanto ogni sistema è frutto dell’evoluzione della regolamentazione e dipende dal contesto economico, sociale, culturale, politico e storico del singolo paese. Per tale motivo non esiste un sistema pensionistico valido per tutti i paesi allo stesso tempo; tuttavia, alcune caratteristiche comuni possono essere analizzate approfonditamente e politiche e prassi adottate in alcuni paesi possono fornire preziosi insegnamenti, esperienze ed idee per lo sviluppo o la riforma dei sistemi pensionistici in altri paesi5.

Prima di procedere all’analisi della classifica dei paesi virtuosi stilata da Mercer, è opportuno descrivere più approfonditamente la metodologia che conduce a determinati risultati e sulla base di quali parametri opera questa valutazione.

4.2.1 L’approccio multi-pilastro

L’approccio “multi-pilastro” dell’indice nasce da una premessa metodologica essenziale: l’indice prende in considerazione i sistemi previdenziali in senso più ampio, ovvero l’insieme degli strumenti che garantiscono la gestione finanziaria dell’uscita dalla vita lavorativa per i singoli prendendo in considerazione la somma complessiva di previdenza pubblica, complementare e del risparmio previdenziale. Per confrontare sistemi diversi, si parte cioè dall’importante assunto che per garantire la tenuta della previdenza di un Paese il reddito pensionistico deve essere sostenuto da “pilastri” pubblici e privati6.

Nei capitoli precedenti, parlando di “pilastri” abbiamo fatto riferimento a tre tipologie: - Il primo pilastro, rappresentato dalla pensione pubblica;

- Il secondo pilastro, rappresentato dai fondi pensione a carattere collettivo;

- Il terzo pilastro, rappresentato dalla previdenza complementare individuale volontaria. In questo ambito la Banca Mondiale consiglia di contemplare cinque tipologie di pilastro:

4 Mercer (2015) - Sistema previdenziale italiano solido per adeguatezza ed integrità ma ancora ultimo per sostenibilità: queste le evidenze della ricerca MMGPI 2015 h t t p : / / w w w . m e r c e r . i t / s a l a s t a m p a / m e r c e r m e l b o u r n e g l o b a l p e n s i o n -i n d e x - 2 0 1 5 . h t m l . h t m l

5 Australian Centre for Financial Studies, Mercer – Op. cit., pag. 98 6 Mercer – Op. cit., pag. 99

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100 - Il “pilastro 0”, quale previdenza minima garantita dallo Stato, che fornisce un livello minimo di reddito a tutti i cittadini anziani, indipendentemente dalla loro storia contributiva: per l’ottenimento di questa tipologia di pensione minima non è richiesto infatti nessun periodo sul mercato del lavoro, ma spesso è richiesto un periodo minimo di residenza nel paese che la fornisce;

- Il “pilastro 1”, rappresentato dalla previdenza pubblica obbligatoria; - Il “pilastro 2”, ovvero la previdenza complementare collettiva, - Il “pilastro 3”, la previdenza complementare individuale;

- Il “pilastro 4”, rappresentato dai risparmi e le altre entrate delle famiglie.

Figura 4.1 – L’approccio multi-pilastro Fonte: Merbourne Mercer Global Peension Index (2015)

La differenza fra le due classificazioni consiste nel semplice fatto che l’originale primo pilastro è stato diviso in due distinguendo la funzione assistenziale, puramente di sostegno all’anziano in condizioni di povertà, dalla funzione previdenziale, legata alla storia contributiva del beneficiario (“pilastro 0” e “pilastro 1”), ma questa suddivisione permette una migliore comparabilità fra i diversi sistemi previdenziali; è stato inoltre preso in considerazione un nuovo quarto pilastro che comprende i risparmi personali, proprietà della casa e altri beni detenuti al di fuori del sistema pensionistico: l'aggiunta di quest’ultimo pilastro riconosce il ruolo importante che svolgono questi beni nel fornire sostegno finanziario ai singoli o alle famiglie durante la pensione7.

4.2.2 I parametri per il rating dei sistemi previdenziali

Come precedentemente accennato, il MMGPI è un indice che misura i sistemi previdenziali presi in esame sulla base di circa 40 indicatori che fanno capo a tre sub-indici, quali:

a. Adeguatezza: si intende la capacità del sistema previdenziale di fornire un adeguato beneficio pensionistico e se il sistema in generale è in grado di contrastare il rischio di povertà per le coorti più anziane. A titolo esemplificativo tra gli indicatori presi in considerazione in questa area si fa infatti riferimento:

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101 - Alla presenza e alla misura della prestazione minima: il punteggio massimo è raggiunto per questo quesito se la pensione minima raggiunge il 30% delle retribuzioni medie e se viene regolarmente adeguata alla crescita dei salari.

- Al rapporto fra pensione percepita e ultima retribuzione: è considerato ragionevole il tasso di sostituzione che oscilla tra 45% e il 65% della retribuzione finale.

- Alla propensione al risparmio delle famiglie calcolato come

dove S è il saggio di risparmio delle famiglie, Y il reddito disponibile e C i consumi privati: tale valutazione è importante in quanto il tenore di vita degli anziani dipenderà inevitabilmente dai benefici derivanti dal sistema pensionistico ma anche dal livello di risparmio delle famiglie al di fuori del sistema pensionistico, per motivi precauzionali o altri scopi. In alcuni paesi questi risparmi possono rappresentare un fattore importante nel determinare la sicurezza finanziaria per la terza età. Il punteggio massimo viene ottenuto con un tasso di risparmio almeno del 20% e un punteggio di zero con un tasso di risparmio inferiore al meno 5 per cento. - Alla presenza di incentivi fiscali per l’adesione alla previdenza complementare: questo indicatore manifesta l’impegno del paese nell’incentivare forme previdenziali alternative, funzionali per un trattamento pensionistico adeguato rispetto a quello fornito dallo Stato. In questo caso il punteggio assegnato dipende dalla risposta affermativa o negativa al quesito, attribendo il punteggio massimo o minimo, rispettivamente.

- Alla previsione di un’età minima per ricevere benefici da piani pensionistici privati prima dell’età di pensionamento (tranne che per morte, invalidità e/o casi di significative difficoltà finanziarie): tale indicatore è volto a valutare l’efficacia dei piani pensionistici privati in quanto l'obiettivo primario di tali piani dovrebbe essere quello di fornire reddito pensionistico; la possibilità di avere a disposizione questi fondi ad un'età più giovane ne riduce l'efficacia e conduce a perdite del sistema. Un punteggio massimo è raggiunto se un’età minima di accesso a tali fondi esiste e questa età è almeno di 60 anni.

b. Sostenibilità: si intende la capacità del sistema previdenziale di finanziare i benefici pensionistici promessi. In questo ambito si fa quindi riferimento ad indicatori che riguardano:

- L’importanza economica del sistema pensionistico privato, quale percentuale della popolazione in età lavorativa che ricorre a piani pensionistici privati: più tale percentuale è alta maggiore è la probabilità che il sistema previdenziale generale sarà sostenibile nel futuro riducendosi la pressione sulla spesa pubblica. Tassi di

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102 copertura superiori al 60% della popolazione in età lavorativa rappresentano un buon risultato (ottenuto da soli nove paesi su 25) ed indicano una forte indipendenza dal sistema di sicurezza sociale.

- I fattori demografici, quali:

 l’aspettativa di vita al momento del pensionamento attuale e futura, considerando come ottimale il risultato che si aggira intorno ai 13 anni e negativo un risultato che supera i 23 anni;

 l’indice di dipendenza demografica, considerando positivo un indice inferiore al 20% e negativo quello superiore al 60%;

 il tasso di fertilità, per cui viene attribuita la valutazione massima ad un tasso superiore al 2,5% e minimo per un tasso inferiore all’1%.

-

L’aliquota contributiva richiesta al datore di lavoro e al lavoratore dipendente e se queste somme sono investite a beneficio dei diretti interessati (sistema a capitalizzazione) o utilizzate per il pagamento degli attuali benefici pensionistici (sistema a ripartizione).

-

Il tasso di partecipazione al lavoro dei soggetti di età compresa tra i 55 ed i 64 anni: con la crescente consapevolezza dell'allungamento della vita e le pressioni associate all'invecchiamento della popolazione, è importante che i governi continuino ad incentivare la maggiore partecipazione alla forza da parte degli individui con età superiori ai 55 anni; un tasso di partecipazione dell’80% assicura massimi risultati mentre un tasso di partecipazione inferiore al 40% corrisponde a risultati negativi.

-

L’attuale livello del debito pubblico: un elevato debito pubblico limita la capacità

dei governi di sostenere in futuro le coorti più anziane, dovendo procedere a fare dei tagli delle pensioni o di altri servizi come la sanità o l’assistenza. mentre i governi con più bassi livelli del debito pubblico, sono in una posizione finanziaria più forte e maggiormente in grado di rispettare finanziariamente le promesse future.

c. Integrità: si intende la capacità del governo di regolare il sistema previdenziale pubblico e privato sul piano della normativa e della governance, della protezione e comunicazione agli assicurati e dei costi, al fine di valutareil livello di fiducia che i cittadini di ogni paese hanno nel loro sistema. In questo ambito si fa riferimento alla modalità in cui il governo regola e controlla i piani di previdenza complementare, se esistono e vengono rispettate norme riguardanti la comunicazione e la trasparenza nei confronti degli interessati, se esistono limiti all’acquisto di titoli di stato da parte dei fondi di previdenza complementare8.

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103 Il valore dell’indice relativo ad ogni macro-area è ottenuto tramite il calcolo della media ponderata di tutti gli indicatori relativi ad ogni macro-area, ponderati a seconda della rilevanza ad ognuno attribuita. A sua volta il valore di indice globale di ciascun paese è calcolato prendendo il 40% dell'indice “adeguatezza”, il 35% dell'indice “sostenibilità” e il 25% dell'indice “integrità”.

Figura 4.2 – Ponderazione dei sub-indici per il calcolo del MMGPI Fonte – Merbourne Mercer Global Pension Index

4.3 La Valutazione dei sistemi previdenziali

Sulla base delle valutazioni effettuate tramite le modalità appena descritte è stato possibile attribuire un punteggio (da 0 a 100) per ogni macro-area osservata ed una valutazione complessiva quale media ponderata dei tre parmetri (vedi tabella 4.1).

Come anticipato non è possibile definire quale Stato abbia il “miglior” sistema previdenziale in assoluto, dipendendo questo dalla situazione economica, sociale, culturale, politica e storica di ogni singolo paese ed in quanto, come emerge dalla tabella 4.1, buone valutazioni ottenute in determinate macro-aree possono corrispondere a valutazioni negative in altre. E’ interessante notare a tale proposito come infatti determinati fattori possano incidere sulla “bontà” del sistema previdenziale. Prendendo ad esempio il nostro Paese il risultato della ricerca conferma le critiche mosse dall’OCSE sul nostro sistema previdenziale, presentando delle carenze sul piano della sostenibilità: pur ottenendo una valutazione positiva per adeguatezza ed integrità del sistema, a seguito delle recenti riforme, l’aver ottenuto nell’ambito della sostenibilità la valutazione più bassa rispetto a tutti gli altri paesi compresi nello studio (pari a 12,1) comporta il raggiungimento di un risultato complessivo inferiore rispetto a quello degli altri paesi. E’ intuitivo a tale proposito notare come i fattori demografici e le caratteristiche del mercato del lavoro condizionino pesantemente il risultato alla luce del fatto che la Svezia, pur avendo regolamentato il proprio sistema previdenziale prendendo esempio da quello italiano, ha

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104 ottenuto un risultato complessivo migliore grazie ad una valutazione positiva sulla sostenibilità. Dall’analisi effettuata nel capitolo 1 circa la situazione demografica, del mercato del lavoro e della produttività, la Svezia, pur registrando un aumento dell’aspettativa di vita in linea con l’Italia, mostra tendenze maggiormente rassicuranti circa il tasso di natalità, il tasso di disoccupazione e partecipazione al lavoro, ed il tasso di dipendenza degli anziani.

Importante è inoltre osservare come i Paesi del Nord-Europa (Danimarca, Finlandia, Olanda e Svezia) ottengano risultati positivi relativamente a tutti i parametri presi in esame, dimostrazione che il sistema di Welfare socialdemocratico sia in grado di garantire per i propri cittadini un tenore di vita tale da sostenere in generale lo sviluppo demografico e sociale, nonché economico del paese.

Tabella 4.1 – Indici complessivi e sottoindici attribuiti ad ogni paese preso in esame Fonte: Melbourne Mercer Global Pension Index

Paese

Sotto-indici

Valutazione

complessiva Adeguatezza Sostenibilità Integrità

Australia 79,6 81,2 72,1 87,6 Austria 52,2 67,6 17,2 76,8 Brasile 53,2 64,6 24,5 75,1 Canada 70,0 79,4 56,2 74,3 Cile 69,1 62,8 65,0 84,4 Cina 48,0 62,7 29,8 50,0

Corea del Sud 43,8 43,9 41,6 46,8

Danimarca 81,7 77,2 84,7 84,5 Finlandia 73,0 70,7 61,8 92,4 Francia 57,4 77,2 36,6 54,9 Germania 62,0 76,0 36,8 75,0 Giappone 44,1 48,8 26,5 61,2 India 40,3 30,0 39,9 57,6 Indonesia 48,2 41,3 40,1 70,8 Irlanda 63,1 77,0 36,2 78,5 Italia 50,9 68,4 12,1 77,4 Messico 52,1 56,4 53,5 43,4 Olanda 80,5 80,5 74,3 79,3 Polonia 56,2 61,8 40,6 69,0 Regno Unito 65,0 64,2 51,3 85,5 Singapore 64,7 55,7 65,9 77,2 Stati Uniti 56,3 55,1 54,4 61,1 Sud Africa 53,4 47,3 43,0 77,7 Svezia 74,2 71,1 72,6 81,5 Svizzera 74,2 73,9 68,4 82,9 Media 60,5 63,8 48,2 72,6

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105 Sulla base di tali valutazioni è stato possibile stilare una classifica mostrata nella tabella 4.2 che vede al primo posto, ormai da anni, la Danimarca, seguita da Olanda ed Australia. Nei prossimi paragrafi procederemo analizzando i sistemi previdenziali dei paesi considerati virtuosi ed a descriverne le peculiarità, utilizzando i dati messi a disposizione dall’OCSE.

Livello

Indice

Paesi

Descrizione

A >80 Danimarca Olanda

Il sistema previdenziale è robusto ed offre buoni benefici, è sostenibile ed ha un alto livello di integrità.

B+ 75–80 Australia

Il sistema dispone di una solida struttura, con molte buone caratteristiche, ma ha alcune aree di miglioramento che lo differenzia da un sistema di livello A.

B 65–75 Svezia Svizzera Finlandia Canada Cile Regno Unito C+ 60–65 Singapore Irlanda Germania

Il sistema presenta alcune buone caratteristiche, ma ha anche grandi rischi e/o carenze che devono essere affrontati. Senza questi miglioramenti, la sua efficacia e/o la sostenibilità a lungo termine può essere messa in dubbio. C 50–60 Francia Stati Uniti Polonia Sud Africa Brasile Austria Messico Italia D 35–50 Indonesia Cina Giappone Corea de Sud India

Il sistema presenta alcune buone caratteristiche, ma ha anche gravi carenze e/o mancanze che devono essere affrontate. Senza questi miglioramenti, la sua efficacia e la sostenibilità sono in dubbio.

E <35

Il sistema è scadente sotto tutti i punti di vista o probabilmente si trova nelle prime fasi di sviluppo.

Tabella 4.2 – Tabella riassuntiva dei risultati della valutazione Fonte: Melbourne Merer Global Pension Index

4.3.1 Il sistema pensionistico danese

Il sistema pensionistico danese, definito nello studio Mercer robusto, altamente remunerativo per i lavoratori, sostenibile e con alto livello di integrità9, è un sistema misto caratterizzato da un sistema pubblico a ripartizione al quale è stato affiancato dal 1964 un parallelo sistema pubblico a capitalizzazione10. Il sistema così strutturato si compone di quattro schemi pensionistici:

1. Il primo pilastro è rappresentato da una pensione sociale (la “Folkepension”), finanziata dalla fiscalità generale: in linea di principio chiunque risieda in Danimarca per un periodo minimo ha diritto alla pensione di vecchiaia al compimento dei 65 anni d’età

9 Ambasciata D’Italia Copenaghen – Il sistema pensionistico danese –

http://www.infomercatiesteri.it/public/images/paesi/65/files/Il%20sistema%20pensionistico%20danese.pdf 10 Bonzaga C., Fazzi L. (2004) – Manuale di politica sociale – Ed. Franco Angeli

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106 (che gradualmente aumenterà fino a 67 anni per le persone nate a partire dal 1958)11. Per poter usufruire della pensione di base è quindi necessario risiedere dai 15 ed i 65 (67) anni d’età per un periodo temporale minimo di:

-

3 anni per i cittadini danesi;

-

10 anni per i cittadini non danesi (di cui gli ultimi 5 prima della pensione)12.

L’ammontare massimo della Folkepension è di circa 16.500 euro lordi (che scendono a poco più di 12.000 euro per chi è sposato e vive con il coniuge)13, la cui piena fruizione è condizionata a 40 anni di residenza nel paese. Per periodi di residenza più brevi il cittadino ha diritto ad una pensione parziale, pari a 1/40 della pensione massima per ogni anno di residenza14.

2. Il secondo pilastro, a ripartizione, è rappresentato dalla pensione complementare obbligatoria (regolata dalla legge danese) riservata a chi lavora più di 9 ore a settimana e che si divide a sua volta in due parti15:

-

L’ATP (Arbejdsmarkedets Tillaegspension), impone a tutti di destinare alla pensione un contributo di circa l’1% del salario, pagato per 2/3 dal datore di lavoro (per un importo massimo di 262 euro circa l’anno) e per 1/3 dal lavoratore (130 euro circa l’anno) detratto direttamente dalla busta paga;

-

La SP (Særlig Pensionsopsparing), prevede il versamento di un ulteriore contributo pari all’1% della retribuzione ed è pagato unicamente dall’impiegato.

3. Il terzo pilastro è rappresentato da uno schema pensionistico collettivo a capitalizzazione, l’AMP, che dipende dal settore in cui è impiegato il lavoratore e che funziona secondo i meccanismi della contrattazione fra aziende e sindacati. Infatti:

-

Nel settore privato il contributo versato corrisponde al 9% del salario lordo per gli operai ed al 15% per gli impiegati di cui 2/3 sono pagati dal datore di lavoro ed il restante 1/3 detratta dalla busta paga del lavoratore;

-

Nel settore pubblico il contributo è del 12% ed è totalmente sostenuto dallo Stato.

-

Per i settori non coperti da contrattazione collettiva esistono sistemi pensionistici a livello aziendale, che seguono generalmente le stesse regole dello schema pensionistico collettivo16.

4. Il quarto pilastro è rappresentato dai fondi pensione privati, con cui è possibile costruirsi una rendita integrativa in vista della terza età: questi costituiscono un importante supplemento al sistema pensionistico statale, infatti il patrimonio gestito dai

11 Commissione europea – Occupazione, affari sociali e inclusione – I diritti di previdenza sociale in Danimarca -

http://ec.europa.eu/employment_social/empl_portal/SSRinEU/Your%20social%20security%20rights%20in%20Denmark_it.pdf 12 Ambasciata D’Italia Copenaghen – Op. cit., pag. 105

13 Panorama.it – Pensioni, le migliori sono in Danimarca. Ecco perché – http://www.panorama.it/economia/opinioni/pensioni-danimarca-migliori/

14 Commissione europea – Op. cit., pag. 105 15 Panorama.it – Op. cit, pag. 106

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107 fondi della previdenza complementari danesi è attorno al 50% del PIL (per avere un riferimento in Italia solo il 7% circa).

In conclusione, il modello danese ha sostanzialmente lo scopo di conciliare meriti e bisogni: il pregio di questo modello consiste nel fatto che è in grado di assicurare a tutti una vecchiaia dignitosa, garantendo agli anziani delle rendite cospicue, ma anche di premiare chi ha lavorato di più e versato maggiori contributi; tutto ciò senza gravare esageratamente sui conti pubblici, anche in una prospettiva di medio e lungo termine17.

4.3.2 Il sistema pensionistico australiano

I paesi anglosassoni sono quelli dove la previdenza integrativa è storicamente più sviluppata: in Gran Bretagna e negli Stati Uniti lo sviluppo della previdenza complementare ha origine negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale per integrare i redditi eccessivamente bassi della previdenza pubblica e garantire ai lavoratori prossimi alla pensione livelli di vita dignitosi18. Ciò dimostra perché tali paesi sono culturalmente più aperti nei confronti della previdenza complementare, maggiormente sviluppata in confronto ad altri paesi.

Anche in Australia il ruolo della previdenza integrativa è diventato progressivamente rilevante ed ad oggi nel sistema pensionistico australiano la presenza della previdenza privata è molto estesa. Il sistema è costituito da due livelli:

1. Il primo è rappresentato dalla pensione d’anzianità (Age Pension Benefit) finanziata dalla fiscalità generale: tale pensione è pagata dal governo federale, indipendentemente dalla durata della vita lavorativa, al raggiungimento dei 65 anni d’età (è previsto l’aumento dell’età pensionabile di sei mesi ogni due anni dal 2017 fino a raggiungere i 67 anni entro il 2023)19; la prestazione corrisponde circa al 25% del salario medio (circa 1.000 dollari australiani al mese – 600 euro) e viene erogata, in tutto o in parte, solo se al di sotto di certi parametri massimi di reddito e di patrimonio, fissati per legge e non indicizzati. La spesa per pensioni di anzianità, erogate a circa 1.900 mila australiani, è pari al 3% del PIL20.

2. Il secondo è rappresentato da un sistema a capitalizzazione, reso obbligatorio dal 1992 per far aumentare il risparmio delle famiglie ed interamente finanziato da privati: il c.d. “Superannuation”, è un sistema di fondi pensione che viene finanziato dai contributi dei datori di lavoro, in via obbligatoria. Il contributo obbligatorio minimo, che copre il 97% dei lavoratori dipendenti, è stato gradualmente portato dal 3 al 9,5% del salario lordo nel 2014 (dal 2021 aumenterà di 0,5 punti percentuali ogni anno fino a quando non raggiungerà il 12% nel 2025)21. La Superannuation è anche aperta a contributi volontari,

17 Panorama.it – Op. cit. pag. 106 18 Bonzaga C., Fazzi L. – Op. cit. pag. 105

19 OECD (2015), Pensions at a Glance 2015: OECD and G20 indicators, OECD Publishing, Paris.

20 Lavoce.info – Chi paga la pensione degli australiani - http://www.lavoce.info/archives/24445/chipagalapensionedegliaustraliani

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108 ed i lavoratori possono quindi effettuare versamenti volontari al fondo pensione a cui aderiscono beneficiando di particolari esenzioni fiscali.

Esistono cinque tipi di fondo per la Superannuation:

a. I “Retail”, offerti al pubblico da banche e assicurazioni, e da esse gestiti;

b. Gli “Industry”, gestiti da trustees nominati da sindacati e associazioni di imprese di categoria, e riservati a chi lavora nel settore;

c. I “Corporate”, gestiti da singole imprese o gruppi per i propri dipendenti (le superannuation accumulate non sono però utilizzate come circolante dall’impresa); d. I “Public Sector”, per i dipendenti pubblici;

e. Gli “Small e self-managed fund”: con meno di cinque membri e gestiti in proprio in qualità di trustee o tramite intermediari; tali fondi pensione sono in continua crescita grazie all’elevato numero di lavoratori autonomi (agricoltori, commercianti, professionisti e imprenditori) che caratterizza l’Australia.

I fondi pensione dei primi quattro casi sono regolati dall’Australian Prudential Regulation Authority, mentre gli ultimi dall’Australian Taxation Office.

Data la loro natura previdenziale, gli investimenti dei fondi hanno orizzonti di lungo periodo e sono investiti principalmente in azioni (australiane e, sempre più, estere) e altri fondi.

Una volta raggiunta l’età pensionabile, è possibile scegliere se ricevere i fondi accumulati in un unico versamento, in rate mensili, o in una combinazione dei due22. Per quanto lo studio Mercer classifichi il sistema australiano fra quelli prossimi all’eccellenza è opportuno segnalare che lo studio OCSE relativo ai sistemi pensionistici rileva risultati decisamente negativi per l’Australia, Nazione che invece figura al primo posto della classifica della qualità di vita della stessa OCSE: i dati mostrano infatti che più di un terzo dei pensionati australiani, il 36%, vive al di sotto della soglia di povertà (rispetto ad esempio all’Italia dove la percentuale di pensionati al di sotto della soglia di povertà è il 9%23

)24. Tale divergenza di valutazioni dipende essenzialmente dal fatto che l’Australia mostra solidità considerando il sistema a capitalizzazione a contribuzione definita un sistema esente dal rischio demografico, e l’elevato ricorso alla previdenza complementare, che lascia all’iniziativa privata il compito di assicurarsi autonomamente un reddito per il pensionamento. La preoccupazione sollevata dall’OCSE riguarda indubbiamente l’equità sociale futura, in quanto un’aliquota contributiva del 9,5% può non essere sufficiente a garantire una pensione adeguata al momento del pensionamento se i fondi in cui confluiscono i contributi non vengono investiti in prodotti

22 Bonzaga C., Fazzi L. (2004) – Manuale di politica sociale – Ed. Franco Angeli

23 E’ opportuno ricordare che ad oggi il trattamento pensionistico italiano è ancora parzialmente influenzato dal principio retributivo che assicurava pensioni generose rispetto a quelle calcolate interamente con il metodo contributivo

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109 finanziari ad alto tasso di rendimento, ed una pensione d’anzianità pari al 25% del salario lordo non può assicurare un tenore di vita dignitoso ai futuri pensionati.

4.3.3 Il sistema pensionistico cileno

Il sistema previdenziale cileno è a capitalizzazione a retribuzione definita. Frutto della riforma concepita nel 1980 ed entrata in vigore il 1° maggio 1981, tale sistema rappresenta un modello di studio per molti teorici, tra cui Franco Modigliani e Marialuisa Ceprini (vedi par. 2.7), che hanno rinvenuto nella transizione dal sistema a ripartizione ad un sistema a capitalizzazione puro la soluzione al problema della sostenibilità finanziaria. Grazie a questa riforma, infatti, il preesistente sistema pensionistico a ripartizione, che verso la fine degli anni ‘70 era sull’orlo della bancarotta, fu completamente soppiantato da un sistema c.d. “a capitalizzazione individuale”25, dando un nuovo respiro alle casse dello Stato che oggi spende per le pensioni solo il 3,2% del PIL.

Secondo tale sistema i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro, ognuno nella misura del 10% del salario lordo obbligatoria per i primi 1.780.539 pesos cileni al mese26 (circa 30.000 euro di stipendio annuale), confluiscono in fondi pensione privati (Pension Savings Account –PSA) gestiti da compagnie assicurative (Administradoras de Fondos de Pensiones – AFP) che svolgono unicamente questa funzione e sono soggette allo stretto controllo della

Superintendencia de Pensiones, l’ente governativo addetto alla vigilanza. Tale ente assicura la

trasparenza del sistema e regola le questioni di natura tecnica (fissa i limiti sulla composizione del portafoglio che deve essere diversificato ed a basso rischio e pone alcune restrizioni su alcuni prodotti finanziari). Il livello di risparmio obbligatorio del 10% è stato calcolato assumendo come rendimento reale durante tutta la vita lavorativa il 4% annuale, in modo tale che il lavoratore comune accumuli denaro a sufficienza sul suo conto dell' AFP tale da permettergli di riscuotere una pensione intorno al 70% del suo ultimo stipendio; da quando il nuovo sistema è entrato in funzione la rendita media reale è stata del 12% annuale, ovvero di tre volte superiore rispetto al rendimento stimato.

I lavoratori possono passare da una AFP ad un’altra liberamente grazie al regime di libera concorrenza e visionare costantemente la situazione del proprio conto simulando sia la rendita prevista a una determinata età d’uscita dal mondo del lavoro, sia l’età necessaria per maturare la pensione desiderata. Infatti, questo tipo di sistema offre al lavoratore la libertà di decidere se e quando andare in pensione, stabilendo il grado della rendita sufficiente al proprio sostentamento: sebbene esista un’età legale per andare in pensione, 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, è possibile interrompere l’attività lavorativa prima del termine, a patto che la rendita sia pari ad almeno il 50% della retribuzione media dell’ultimo decennio; viceversa, chi

25 Insiemeargentina.it – caratteristiche del sistema pensionistico cileno -

http://www.insiemeargentina.it/section/image/attach/welfare_cile_giugno_2009.doc

26 Questa percentuale si applica solamente ai primi 30.000 di stipendio annuale in modo tale che all’aumentare degli stipendi i lavoratori hanno maggiore libertà nel realizzare eventuali contribuzioni volontarie.

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110 lo desidera può scegliere di continuare a lavorare anche oltre tale limite, venendo meno l’obbligo di corrispondere l’aliquota contributiva27

.

Al momento della pensione, il lavoratore può scegliere due meccanismi. In un primo caso, un pensionato può usare i risparmi del suo conto personale per acquistare un vitalizio da una società di assicurazioni privata che gli garantirà una rendita mensile costante per tutta la vita, indicizzata all’inflazione (il mercato dei capitali cileno offre buoni indicizzati affinché la società possa fare i suoi investimenti). L'altra alternativa per il pensionato è lasciare i suoi fondi sul conto a capitalizzazione individuale e fare prelievi in maniera programmata. In questo caso, se morisse, i soldi rimanenti sul suo fondo diventano parte dell'eredità. In entrambi i casi, un pensionato può ritirare tutta la cifra, in una sola volta, dei fondi in eccesso rispetto a quelli necessari per avere un vitalizio o per fare prelievi programmati mensili equivalenti al 70% dei suoi ultimi stipendi28.

Oltre a questa tipologia di pensione, esistono altri due tipi di pensioni finanziate dalla fiscalità generale:

- la pensione minima di solidarietà (PBS), di circa 85.964 pesos cileni (circa 120,00 euro) che spetta ai sessantacinquenni che abbiano risieduto nel Paese per un periodo minimo di 20 anni e non beneficiano di altre pensioni;

- la Solidarity Pension Payment (APS), istituita nel 2008, volta ad integrare le pensioni che risultano inferiori alla pensione minima, qualora il lavoratore non abbia accumulato sufficienti risparmi durante la sua carriera lavorativa.

In questi ultimi casi lo Stato è tenuto a corrispondere il trattamento pensionistico, previo accertamento delle condizioni di necessità del soggetto29.

Il sistema previdenziale cileno, ritenuti da molti un esempio da seguire, non è esente però da critiche da parte dell’OCSE che ne sottolinea alcuni limiti quali l’alto tasso di povertà nella popolazione anziana (19,8% contro la media OCSE del 12,8%) ed i bassi tassi di sostituzione (42% contro la media OCSE del 54%). Di diverso avviso invece è lo stesso Governo cileno, fornendo statistiche che evidenziano un crollo del livello di povertà nel Paese e tassi di sostituzione vicini all’80%, e lo studio Mercer che premia il sistema a capitalizzazione assegnando al Cile l’ottava posizione nella graduatoria dei migliori sistemi previdenziali.

4.3.4 Il sistema pensionistico tedesco

Come abbiamo potuto osservare nel capitolo 1, attribuiamo alla Germania il merito della nascita della previdenza sociale, grazie a Bismark alla fine del ‘900, ed ancora oggi il modello di welfare corporativo, attuato dai paesi dell’Europa continentale, poggia le sue fondamenta sulle caratteristiche del modello bismarkiano. Analizzando le tendenze macro-economiche

27 The Fielder – Pensioni: modello cileno per l’Italia? - http://thefielder.net/15/04/2015/pensioni-modello-cileno-per-litalia/ 28 Termometropolitico.it – la rivoluzione delle pensioni in Cile - https://forum.termometropolitico.it/563446-la-rivoluzione-delle-pensioni-cile.html

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111 abbiamo potuto constatare che nonostante la Germania sia stata coinvolta dall’incalzante invecchiamento della popolazione e dalla crisi economica del 2008, ha reagito in modo diverso rispetto ad altri paesi mostrando un livello di disoccupazione tollerabile ed, anzi, in diminuzione a seguito della crisi. Proprio per la sua solida situazione economica la Germania è spesso presa ad esempio nell’ambito dell’Unione Europea e fa da padrona nelle decisioni di politica monetaria nella zona Euro.

Per quanto riguarda nello specifico il sistema previdenziale in Germania non è prevista alcuna pensione minima per chi non ha raggiunto l’anzianità contributiva (come abbiamo visto non si applica il principio universalistico): è prevista quindi una sola tipologia di prestazione, la pensione di vecchiaia (Regelaltersrente), e solo chi è soggetto al regime di assicurazione obbligatoria per le pensioni (ossia tutti i lavoratori subordinati e determinate categorie di lavoratori autonomi la cui retribuzione supera il reddito minimo) che abbia almeno 65 anni d’età (età che gradualmente sarà elevata a 67 nel 2029) ed un periodo contributivo di almeno di 5 anni ne ha diritto30. La determinazione dell'ammontare della pensione dipende dalla somma delle retribuzioni che hanno dato luogo al versamento di contributi durante tutto il periodo assicurativo, contributi volontari e periodi cc.dd. “sostitutivi”, quali ad esempio i periodi di educazione di un bambino durante i 12 mesi seguenti la nascita (36 mesi per le nascite dopo il 1992) considerati contributivi e basati su retribuzioni medie31. Il sistema funziona come un sistema “a punti”: i contributi di un anno relativi ad un salario medio (che secondo la contabilità nazionale tedesca si aggira nel 2014 intorno ai 34.857 euro) corrispondono ad un punto-pensione; contributi calcolati su un reddito inferiore o superiore permettono l’attribuzione proporzionale di più o meno punti-pensione. Al momento del pensionamento la somma dei punti-pensione viene moltiplicata per il “valore del punto-pensione” (che nel 2014 ammontava a 337,68 euro), un valore indicizzato regolarmente sulla base di diversi fattori tra i quali la crescita del salario lordo, l’aliquota di contribuzione, il tasso di dipendenza degli anziani.

Il regime di vecchiaia è finanziato dai contributi assicurativi del 19,5%, di cui 9,75% a carico del datore di lavoro e 9,75% a carico del lavoratore, e da sovvenzioni statali variabili che seguono l’evoluzione delle remunerazioni lorde e il tasso dei contributi.

A tali regole si aggiungono per il lavoratore incentivi al proseguimento dell’attività lavorativa e disincentivi per il pensionamento anticipato. Infatti:

- Al raggiungimento dell’età pensionabile, il lavoratore, se lo desidera, ha la possibilità di ridurre l’attività lavorativa, ed optare per una liquidazione parziale della pensione di vecchiaia (un terzo, metà o due terzi della pensione piena), oppure rinunciare momentaneamente a chiedere la pensione. Se, al compimento dei 65 (67) anni di età, il

30 Commissione europea – Occupazione, affari sociali e inclusione – I diritti di previdenza sociale in Germania -

http://ec.europa.eu/employment_social/empl_portal/SSRinEU/Your%20social%20security%20rights%20in%20Germany_it.pdf 31 Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa – Vecchiaia Germania - http://www.osservatorioinca.org/4-7-29//germania-vecchiaia.html

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112 lavoratore non presenta domanda di pensione di vecchiaia oppure opta per la liquidazione parziale, la pensione ad aliquota piena che gli verrà corrisposta sarà maggiorata dello 0,5% mensile (6 % annuo) sull’importo della parte di cui non è stata fatta richiesta.

- In generale è possibile fare domanda di pensione anticipata a partire dall’età di 63 anni dopo aver maturato 35 anni di contributi pensionistici.

Inoltre può chiedere la pensione di vecchiaia per disabili gravi ed ottenere la pensione già a partire dai 62 anni chi è dichiarato affetto da disabilità grave e ha 35 anni di contributi versati.

I lavoratori nati prima del 1° gennaio 1952 possono chiedere una pensione di vecchiaia ridotta a 63 anni se:

a. hanno maturato un periodo contributivo di 15 anni;

b. hanno versato i contributi obbligatori di assicurazione pensionistica derivanti da un’occupazione o da un’attività soggetta a obbligo di assicurazione per 8 anni nell’ultimo decennio prima dell’inizio della pensione;

c. sono stati disoccupati per un totale di 52 settimane prima dei 58 anni e 6 mesi di età oppure se hanno lavorato a tempo parziale (Altersteilzeitarbeit) per almeno 24 mesi prima dell’inizio della pensione.

Come compensazione per la durata prolungata delle prestazioni previdenziali, la pensione viene ridotta dello 0,3% per ciascun mese prima del raggiungimento dell'età pensionabile ordinaria (in caso di pensione di vecchiaia per persone affette da grave disabilità prima dei 65 anni di età)32 fino ad un massimo del 18%33.

La previdenza complementare in Germania è poco sviluppata: a partire dai 16 anni d’età chiunque può aderire ad una pensione privata complementare (c.d. pensione Riester) fornita da banche, assicurazioni o fondi d’investimento; lo Stato ha tentato di promuovere l’adesione alla previdenza complementare tramite benefici fiscali e sovvenzioni ma ad oggi la partecipazione alla previdenza privata si attesta intorno al (solo) 4%.

Infine, è opportuno segnalare che il fatto che in Germania esista un’unica tipologia di pensione legata prettamente alla contribuzione, non significa che gli anziani che non hanno ulteriori fonti di sostentamento siano lasciati al loro destino: nel caso in cui, infatti, la pensione di vecchiaia o altri redditi non siano sufficienti a far vivere dignitosamente l’individuo interviene la rete di assistenza sociale che, previo accertamento del reale stato di indigenza, fornisce i mezzi di sussistenza di cui necessita.

Per ciò che riguarda il sistema previdenziale lo studio Mercer classifica la Germania tra i paesi che hanno un sistema con buone caratteristiche strutturali, suggerendo però degli

32 Commissione europea – Op. cit., pag. 111

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113 interventi volti a migliorarne l’efficacia e la sostenibilità a lungo termine. Tale valutazione, per quanto porti la Germania ad avere il miglior sistema previdenziale nella zona Euro, non rappresenta una valutazione del tutto positiva: dall’analisi effettuata possiamo infatti dedurre che la bassa valutazione relativa alla sostenibilità dipende probabilmente dall’invecchiamento della popolazione, dagli alti livelli del tasso di dipendenza degli anziani, e dal limitato ricorso alla previdenza complementare; tutto ciò mitigato, rispetto a quanto si può osservare per l’Italia, ma non risolutivo, da un tasso di occupazione decisamente più elevato.

4.3.5 Il sistema pensionistico italiano

Il sistema previdenziale italiano è stato ampliamente descritto nel precedente capitolo, quale frutto di numerose riforme finalizzate a renderlo maggiormente sostenibile.

Il sistema previdenziale italiano è prevalentemente caratterizzato da un sistema a ripartizione gestito da istituti pubblici (primo pilastro); secondo questo sistema attualmente gli anziani italiani possono usufruire di due regimi pensionistici: la pensione di vecchiaia, raggiunta l’età pensionabile determinata in base alle proiezioni dell’aspettativa di vita ed un’anzianità contributiva minima di 20 anni, e la pensione anticipata, per la quale i requisiti contributivi sono più stringenti indipendentemente dall’età anagrafica.

Il calcolo della prestazione dipende dal momento in cui il lavoratore ha avuto accesso al pensionamento: in funzione a questo particolare aspetto si applica pro-quota il sistema retributivo e contributivo o completamente il sistema contributivo.

La previdenza complementare continua a rimanere ai margini, nonostante negli ultimi anni si abbia avuto uno sviluppo sia della previdenza collettiva che individuale.

Nonostante le riforme e l’incentivazione verso forme complementari di previdenza, abbiamo precedentemente osservato come il rapporto Mercer abbia individuato nel sistema previdenziale italiano una carenza rilevante nell’ambito della sostenibilità. Per quanto riguarda questo parametro, infatti, è stato ottenuto il punteggio più basso (12,1) rispetto agli altri paesi, anche nei confronti di quelli che hanno ricevuto una valutazione complessiva nettamente inferiore (ad esempio Cina, Giappone ed India).

Ad incidere pesantemente su questo tipo di valutazione il rilevante invecchiamento della popolazione, dipendente anche da bassi tassi di fertilità, che fa temere per un elevato tasso di dipendenza degli anziani, uno stagnante mercato del lavoro caratterizzato da alti tassi di disoccupazione e bassa partecipazione degli over 55, il contenuto ricorso alla previdenza complementare.

A risollevare la valutazione del nostro sistema previdenziale le valutazioni positive circa l’adeguatezza e l’integrità: per quanto riguarda il primo aspetto abbiamo più volte sottolineato come l’applicazione parziale del vecchio sistema retributivo comporti l’attuale pagamento di prestazioni pensionistiche assai generose rispetto a quanto accadrà per le pensioni future,

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114 completamente calcolate con il sistema contributivo, che fa temere per l’adeguatezza nel medio lungo termine e che spinge l’OCSE a suggerire ulteriori interventi; per quanto riguarda l’integrità il sistema italiano è considerato soddisfacente viste le recenti riforme, che portano ad una sempre maggiore attenzione sul tema pensionistico, ma molto è ancora possibile fare, anche sul tema dell’informazione, per rendere i futuri pensionati più consapevoli.

4.3.6 Il sistema pensionistico indiano

Per una migliore analisi è utile infine descrivere il sistema previdenziale considerato dalla ricerca Mercer il “peggiore”, al fine di individuare quali caratteristiche conducono ad una valutazione estremamente negativa: il sistema previdenziale indiano.

Il sistema pensionistico indiano consta di un sistema a ripartizione a contribuzione definita obbligatorio per alcune determinate categorie di lavoratori: dipendenti pubblici e lavoratori di aziende private con più di 20 dipendenti. Secondo questo sistema (c.d. EPFO) solo il 12% della forza lavoro (circa 58 milioni di persone) sono coperte da un’assicurazione previdenziale. L’aliquota contributiva versata nel fondo dipende dal salario mensile percepito dal lavoratore: per i dipendenti che ricevono un salario inferiore a 15.000 rupie (poco più di 200 euro) la contribuzione totale è del 15,67% di cui il 12% a carico del lavoratore ed il restante 3,67% a carico del datore di lavoro; se lo stipendio supera il limite delle 15.000 rupie la contribuzione totale sale al 24%, dovendo anche il datore di lavoro contribuire per il 12%. I lavoratori indiani possono accedere al pensionamento raggiunti 58 anni d’età e 10 anni di contribuzione potendo percepire un trattamento pensionistico calcolato in base alla retribuzione mensile media degli ultimi 60 mesi precedenti all’uscita dal mercato del lavoro, che permette al massimo di avere un tasso di sostituzione del 50%. Dal settembre 2004 è stata previsto un livello di reddito minimo che ha portato le pensione a 1.000 rupie (circa 13 euro).

E’ inoltre previsto il pensionamento anticipato, per chi, avendo già una storia contributiva minima di 10 anni, desidera ritirarsi dal lavoro all’età di 50 anni, rinunciando al 3% annuo del beneficio pensionistico per ogni anno di anticipo. Dall’altro lato, non è previsto il pensionamento posticipato, né alcun incentivo affinché il lavoratore decida di protrarre l’attività lavorativa.

Per i restanti lavoratori (88%), impiegati in altri settori (lavoratori autonomi, lavoratori alla giornata, agricoltori) non è prevista alcuna copertura obbligatoria da parte dell’EPFO: per questa quota di forza lavoro il fondo pubblico Provident Fund (PPF) e schemi di risparmio postale sono stati tradizionalmente il principale strumento di risparmio a lungo termine, ma queste riguardano comunque una percentuale relativamente ridotta di questi lavoratori34.

In questo caso le motivazioni per cui il sistema pensionistico indiano sia considerato scadente sono evidenti: la copertura assicurativa per una limitata porzione della forza lavoro ed

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115 un basso tasso di sostituzione fa indubbiamente temere per il rischio di povertà in cui potrebbe incorrere una buona fetta della popolazione anziana. Nonostante le gravi carenze, la valutazione circa la sostenibilità, risulta maggiore anche rispetto alla valutazione ricevuta dall’Italia, grazie ad un’aspettativa di vita relativamente bassa (70,7 anni), un tasso di fertilità (2,51) ben superiore alla media OCSE,e quindi un indice di dipendenza demografica decisamente contenuto (9,6) che non destano preoccupazione, sulla base di questi parametri, per la sostenibilità futura del sistema.

4.4 Conclusioni

Il rapporto Melbourne Mercer Global Pension Index è il risultato di uno studio di un accreditato gruppo assicurativo privato australiano che, utilizzando i dati forniti dall’OCSE,ha tentato di stabilire dei criteri per poter valutare i sistemi previdenziali presi in esame e, di conseguenza, determinare quali caratteristiche contribuiscano a rendere un sistema pensionistico più adeguato, sostenibile ed integro rispetto ad un altro. A tale riguardo abbiamo più volte sottolineato che non è possibile determinare quale sia il “miglior” sistema previdenziale in assoluto, dipendendo questo da numerose variabili, e, data la natura non istituzionale dell’ente che lo ha realizzato, non possiamo indiscutibilmente affidarci ai risultati ottenuti dal rapporto, ma è comunque interessante analizzare i quesiti posti al fine della valutazione quali punti di partenza per più profonda riflessione sul tema.

Analizzando il sistema previdenziale danese abbiamo innanzitutto potuto osservare che la rete assistenziale garantita universalmente a tutti coloro che hanno risieduto per un periodo minimo nel paese permette ai pensionati danesi di essere al sicuro dal rischio povertà; inoltre, la combinazione fra sistema a ripartizione ed a capitalizzazione permette al pilastro pubblico una buona sostenibilità, supportata anche dal ricorso rilevante alla previdenza privata complementare.

Per quanto riguarda il sistema previdenziale australiano abbiamo potuto notare che il sistema a capitalizzazione è considerato migliore rispetto a quello a ripartizione, ma questa caratteristica lo espone al rischio di sostenibilità di lungo termine, in quanto tale configuarazione dipende dalle fluttuazioni del mercato e dagli investimenti effettuati dai vari fondi.

Il sistema previdenziale cileno, risultato della coraggiosa riforma del 1980, è da molti guardato con ammirazione, da altri con sospetto. Quando, nell'81, il sistema a capitalizzazione individuale è stato inaugurato, i lavoratori hanno avuto la possibilità di scegliere tra il nuovo sistema e quello precedente, quello statale. Mezzo milione di essi (un quarto della forza lavoro) ha subito aderito al nuovo sistema durante il primo mese ed ad oggi, il 99% dei lavoratori fa parte del sistema a capitalizzazione. Il risultato più evidente consiste nel fatto che i lavoratori apprezzano il sistema dato che ha aiutato a promuovere la stabilità stessa del paese e sono

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116 direttamente interessati agli umori dell'economia: i fondi pensione privati hanno trasformato il mercato dei capitali in un mercato più efficiente, ed essendo questi investiti in azioni emesse dalle imprese, i lavoratori si sentono di fatto investitori nella proprietà del paese. Tutto ciò ha avuto come effetto indiretto la crescita economica e l’incremento dei posti di lavoro. Da non dimenticare inoltre che in un siffatto sistema non esiste alcun conflitto intergenerazionale e si riduce il rischio di un'eventuale bancarotta dovuta all’invecchiamento della popolazione.

Il sistema previdenziale tedesco, rigido nella sua struttura, può far leva su buoni tassi di partecipazione al lavoro ma risente perlopiù del limitato sviluppo della previdenza complemetare.

Il sistema previdenziale italiano, ben strutturato grazie alle recenti riforme, deve fare i conti con l’incalzante invecchiamento della popolazione e l’inefficiente mercato del lavoro.

Infine, per completezza, abbiamo preso in considerazione anche il sistema pensionistico indiano, che ha ottenuto valutazioni negative in tutte le macro-aree e la peggiore valutazione complessiva rispetto a tutti gli altri paesi analizzati, per poter comprendere meglio il peso che ciascun aspetto ha avuto nella valutazione: abbiamo potuto osservare, infatti, ad esempio, che il punteggio ottenuto circa la sostenibilità rispecchia una situazione demografica pressochè in equilibrio, derivante dalla bassa aspettativa di vita e da alti tassi di fertilità, tipica dei paesi in via di sviluppo, ma ciò non può portare a considerare tale situazione auspicabile per gli altri paesi.

In conclusione possiamo quindi affermare che in un sistema previdenziale dove coesite il sistema a ripartizione e quello a capitalizzazione è preferibile per poter arginare i rischi dei rispettivi sistemi. Negli esempi osservati abbiamo infatti constatato che sistemi improntati solo su una sola tipologia di finanziamento non garantiscono la sostenibilità a lungo termine. La maggior parte dei sistemi seguono il principio di ripartizione, ed intuitivamente la soluzione è rinvenibile nell’incentivazione della previdenza complementare. A tale proposito è opportuno quindi puntare sulla comunicazione, affinchè i futuri pensionati possano essere adeguatamente informati sul loro reddito futuro ed eventualmente provvedere personalmente aderendo alla previdenza complementare privata.

A supporto degli interventi in campo previdenziale è importante, inoltre, come già osservato precedentemente, promuovere lo sviluppo dell’istruzione, affinchè i giovani possano affacciarsi al mondo del lavoro adeguatamente preparati, del mercato del lavoro, affinchè possano manifestarsi aumenti dei tassi di partecipazione al lavoro da parte dei giovani, delle donne e degli over 55, e delle politiche a sostegno della famiglia, affinchè le famiglie non debbano più temere per l’insussistenza dei mezzi a loro necessari ed i livelli di natalità possano tornare ad essere sufficienti per il ricambio generazionale.

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117 Bibliografia

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http://www.insiemeargentina.it/section/image/attach/welfare_cile_giugno_2009.doc - The Fielder – Pensioni: modello cileno per l’Italia? –

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118 - Commissione europea – Occupazione, affari sociali e inclusione – I diritti di previdenza sociale

in Germania -

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- Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa – Vecchiaia Germania – - http://www.osservatorioinca.org/4-7-29//germania-vecchiaia.html

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