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Architettura dell’accoglienza

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Academic year: 2021

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Architettura dell’accoglienza

Le implicazioni spaziali della crisi migratoria raccontanti attraverso la digital fabbrication.

Politecnico di Milano

Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni

Corso di Laurea Magistrale in Architettura A.A. 2016/2017

Candidato

Lorenzo Emilio De Micco mat. 814867 Relatore

Maria Chiara Pastore Correlatore

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Lorenzo Emilio De Micco

Architettura dell’accoglienza

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I grandi flussi migratori sono oggi un fenomeno globale che interessa in particolare quelle aree che per posizione geografica e caratteristiche morfologiche si prestano maggiormente ad essere mete d’approdo convenienti.

La rotta del Mediterraneo centrale. Secondo l’ultimo rapporto dell’ Altro Commissariato Delle Nazioni Unite per i rifugiati ( Unhcr ), nella prima metà del 2015 sono stati 137 mila i migranti approdati sulle sponde europee, con un aumento del 86 per centro rispetto all’anno scorso.

L’isola di Lesbo sta affrontando una grave crisi economica e contemporaneamente tenta di contenere un ondata migratoria senza precedenti. Dall’inizio del 2015 ha progressivamente assunto una dimensione ingestibile.

La posizione geografica di Lesbo la rende una meta particolarmente conveniente per chi cerca di raggiungere l’Europa. Nel punto più vicino, l’isola dista solamente 13 chilometri dalla Turchia un’inezia in confronto alla traversata di 300 chi-lometri che separa Lampedusa dalle coste libiche. Oggi, secondo le stime, sono in media 400 i rifugiati che ogni gior-no sbarcagior-no a Lesbo, dove vivogior-no circa 90mila abitanti. Agli inizi di una stagione turistica già compromessa dalla cri-si del debito pubblico, Lesbo è alle prese con una folla stremata che l’accoglienza greca non è in grado di contenere. Quest’ondata di arrivi sta portando un sistema di accoglienza già inadeguato al punto di rottura. Le condizioni nei centri di detenzione sono di molto inferiori agli standard nazionali e internazionali e potrebbero qualificar-si come trattamenti inumani e degradanti. Sembra quanto mai improbabile che lo stato greco riesca a trovare i fon-di per ristrutturare il proprio sistema fon-di accoglienza, destinato a degenerare ulteriormente con l’aumento degli arrivi. La tesi tramite una ricerca di ( dati , progetti , casi studio ) prova ad inquadrare nello specifico le problematiche legate al sistema dell’accoglienza.

Analizza quelle che sono le priorità a cui far fronte come la dotazione di strutture per la ricezione e la registrazione.

Proponga dei programmi funzionali volti a trovare soluzioni in campo architettonico che possano migliorare le condizioni dei migranti nel periodo di permanenza in questi luoghi.

Tramite la realizzazione di una serie di modelli architettonici che utilizza la digital fabrication nelle sue diverse applicazioni rappresenti ad una scala leggibile quella serie di fenomeni / attività umane connesse alla crisi migratoria.

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Contenuti

Abstract...0

Introduzione...0

I. IL Contesto

1. La crisi dei rifugiati in europa del 2015 Europa, terra di speranza...00

Rifugiati e Migranti...00

La rotta balcanica ...00

2. Il conflitto Siriano Il conflitto siriano...00

Il conflitto siriano : Siriani rifugiati nei paesi limitrofi...00

Il conflitto siriano : Grecia, porta per la salvezza ...00

Il conflitto siriano : l’isola diLesbo...00

Il conflitto siriano : le condizioni dei rifugiati sull’isola di Lesbo...00

II. IL Sistema accoglienza

3. Gli aiuti umanitari La prima organizzazione umanitaria...00

Come la guerra trasforma la geografia...00

La gestione politica dei migranti...00

I responsabili degli aiuti umanitari...00

Chi sono i reali benificiari del sistema di accoglienza...00

4 Vivere l’emergenza . La pianificazione dei campi Rifugiati. Chi sono , chi li protegge...00

Panoramica sul sistema di accoglienza e sui diritti dei migranti...00

Campo rifugiati, Spazio tempo e cittadinanza...00

5. Campi e shelters. Modelli di progettazione Linee guida per la progettazione dei campi dal 1906 - 1981...00

Linee guida per la progettazione dei campi dal 1981 - 1995...00

Linee guida per la progettazione dei campi dal 1995 - 2016 ...00

La progettazione dei campi oggi...00

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III. IL Progetto

6. Panoramica del Progetto

Progetto: I soggetti interessati...00

Progetto: analisi...00

Progetto: stato di fatto...00

Porgetto : criticità...00

Progetto : scopi e finalità...00

7 Il Progetto Concept...00

Prototipo uno ( Basic )...00

Prototipo due ( Plus )...00

Prototipo tre ( Extra )... ,.. 8.I Modelli La digital fabbrication...00 Le macchine adoperate...00 I Modelli...00 Glossario...00 Bibliografia...00 Sitografia...00

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Introduzione

Oggetto e motivazione della tesi.

Ci sono molti modi per capire il motivo di un progetto. Architettura dell’accoglienza , contiene gia nel titolo le informazioni di base sul esperienza che ha ispirato la tesi e come essa si sia sviluppata.

Un titolo che fa riferimento ad una gerarchia ed ad uno scenario preciso.Il tema del conflitto siriano, le sue conseguenze e la necessità di accogliere in maniera dignitosa centinaia di migliaia di persone che fuggono da situazioni devastanti.La tesi prende in considerazione la gestione dell’accoglienza nei campi rifugiati e cerca di comprenderne il sistema di gestione di questi nuovi mondi che per la prima volta dopo il secondo conflitto mondiale si sono ripresentati in territorio europeo con nuove vesti.

Nello specifico nei paesi che affacciano sul Mar Med-iterraneo e per quei luoghi che per posizione geogra-fica favorevole come la Grecia e le sue isole sono divenuti nella primavera del 2015 mete d’approdo preferite per milioni di rifugiati che sfuggivano ai con-flitti sorti o mai terminati presenti in Medio oriente. Conflitti che hanno stravolto completamente quelle che erano le rotte migratorie che fino a quel momento erano le più utilizzate, dando vita a nuove rotte come quella balcanica.Il conflitto siriano del 2012 è padre di questa situazione , a cui l’Europa intera ha assisti-to in maniera quasi passiva ed impreparata e alla quale ancora oggi non è riuscita a dare una risposta adeguata per coloro che richiedono asilo o semplice-mente ricercano un futuro migliore .Ad oggi che sono passati 6 anni dalla nascita del conflitto siriano , molti sono coloro che continuano ad attraversare il Mar Egeo per poter arrivare in Grecia e successivamente in Europa, utilizzando quello che rimane della rotta balcanica.Nonstante la nascita di accordi con i pae-si limitrofi alle Siria come la Turchia gli sbarchi sulle

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sulle isole greche sono si nettamente diminuiti ma non terminati. Nel 2016 secondo i dati dell’agenzia Onu per i Rifugiati , sono stati 173mila e 450 le persone che hanno attraversato il Mar Egeo per arrivare in Grecia. Coloro che arrivano vanno ad

aggiungersi alle migliaia di persone che tutt’ora vivo-no in condizioni spesso al limite della dignità nei vari centri di accoglienza , di transizione o di riconosci-mento presenti sulle isole greche specie per Lesbo, Chios Ios e Samos.

La tesi “ site specific “ si focalizza in particolar modo sul centro di accoglienza di Kara Tepe situato presso l’isola di Lesbo Una delle isole che data la sua estrema vicinanza ai confini turchi ( solo 13 chilo-metri separano la costa turca da quella di Lesbo ) è stata letteralmente presa d’assalto negli ultimi due anni con un boom di sbarchi nel 2015. Furono circa 850.000 le persone che nel 2015 hanno affrontato la rotta balcanica e la traversata del Mar Egeo per poter arrivare in Europa.

E dopo gli accordi tra Ankara e l’U.E molti sono coloro che sono rimasti intrappolati in Grecia , specie quelli a cui non viene certificata la documentazione per essere dichiarato un richiedente asilo.

Quella che doveva essere una soluzione tempora-nea , la nascita di questi centri di accoglienza ha preso sempre più le sembianze di piccoli campi pro-fughi , che non possono certo essere definiti tali per il numero delle persone presenti ( Unhcr definisce un campo profughi un spazio allestito per ospitare almeno 20.000 individui, handbook for emergency 2015 )

Ma che ad oggi sono dei non luoghi in cui migliaia di persone continuano a rimanere in attesa di risposte da parte di un Europa che sembra essersi gia abit-uata a questa condizione.Una condizione di perma-nente temporaneità ( Bauman )

La questione temporanea si è quindi trasforma-ta in un qualcosa di permanente ? Quali sono le condizioni di vita di coloro che vivono questi spazi e come vivono la quotidianità sono alcune delle do-mande che mi sono posto per affrotnare questa tesi , ed una volta affornata la prima fase di ricerca e di Studio , mi sono chiesto in che modo potessi appor-tare un aiuto .In che modo l’architettura può essere una soluzione immediata a quelle che sono anche piccole problematiche quotidiane , soluzioni semplici ma mancanti in situazioni del genere.

La tesi si pone come obbiettivo quello di non dis-trogliere l’attenzione su questioni che ad oggi non sono ancora terminate, e cerca di dare una soluzione architettonica temporanea che possa migliorare la

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IL

CONTEST

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1

La crisi dei

rifugiati

In Europa

nel 2015

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EUROPA, TERRA DI SPERANZA

Nel 2015 sono circa 1 milione le persone che hanno affrontato la travesata del

Mar Mediterrano per poter arrivare in Europa

Nel 2015, un numero crescente di persone ha rischi-ato la vita per attraversare il Mediterraneo in cerca di sicurezza e protezione. Più di 1 milione di per-sone sono arrivate in Europa con la barca durante l’anno. Di questi l’84 per cento è proveniente dai primi 10 paesi produttori di rifugiati di tutto il mon-do, tra cui la Siria, l’Afghanistan e l’Iraq tra i primi tre. La maggior parte dei nuovi arrivati almeno 850.000 persone hanno attraversato il Mar Egeo dalla Tur-chia e sono arrivati in Grecia. Di questi il 25 % sono bambini ,molti non accompagnati o separa-ti. Nel corso del 2015, 3.771 persone sono morte o sono state date per disperse nel Mar Mediterraneo. Unhcr ha ricevuto nel 2015 2.45 milioni di rich-ieste di asilo o domande per ottenere lo status di rifugiato , domande provenienti da 174 paesi . Questo ha rappresentato un aumento del 48 % delle richieste rispetto all’anno 2014 che vedeva una richiesta di 1,66 milioni . Numero più alto di applicazioni mai ricevute dall’Unhcr . L’europa è stato il continente con maggior numero di richieste di asilo , nello specifico la Germania con 441.900 richieste è stata il primo tra gli stati euro-pei ad ottenere il più alto numero di richieste d’asi-lo . Un numero che rappresenta più del doppio del-le richieste effettuate un anno prima pari a 173.100. Il maggior numero di richieste è pervenuto dalla popolazione siriana , con 158.000 applicazioni , più di quattro volte il numero ricevuto nel corso del 2014 ( 39.300 ) Inoltre sono cresciute esponenzialmente domande per richiedenti asilo provenienti dall’Albania passando da 7.900 reclami ai 53.000 con un incre-mento pari a sei volte quello dell’anno precedente. Nel complesso il popolo siriano è stato il paese

con il maggior numero di richiedenti d’asilo , segui-ta da Albania , Serbia e Kosovo ed Afghanissegui-tan. Gli Stati Uniti d’America sono stati il secondo con-tiene con il maggiori numero di nuovi richiedenti asilo nel 2015 con 172.700 richieste , equivalente ad un aumento del 42 % rispetto al 2014 (121.200). Una quota crescente proveniente dal Messico e paesi dell’America centrale, con un incremento del 51 % nel 2015 rispetto al 42 % del 2014 e del 35 % nel 2013; questi individui provenienti principalmente da Messico (19.300), El Salvador (18.900), Guatemala (16.400), e Honduras (14.300)scappano dalle vio-lenze e persecuzioni generate dalla criminalità orga-nizzata transnazionale, violenza delle bande legate al commercio di droga causa principale del crescen-te numero di richiedenti asilo in cerca di procrescen-tezione nazionale internazionale nel Stati Uniti d’America. La Cina ha visto anch’essa un significativo aumen-to delle richieste d’ asilo, con 15.100 applicazioni. Svezia al terzo posto nel 2015 con 156.400 nuove domande di asilo, più del doppio rispetto all’ anno precedente (75,100). Mentre vi è stato un signif-icativo aumento nei richieste da parte dei siri-ani per asilo, da 30.300 nel 2014 a 50.900 nel 2015, la maggior parte di questo aumento è de-sunto da aumenti dei crediti da altre nazionalità Di particolare rilievo sono le applicazioni di persone provenienti da Afghanistan, che sono nettamente aumentate da 2.900 nel 2014 a 41.300 nel 2015, e dall’Iraq, che ha visto un altrettanto forte aumen-to da 1.700 a 20.300. Di conseguenza, la Svezia è stato il secondo più grande destinatario dei richie-denti asilo siriani e afghani nel 2015 (dopo rispet-tivamente Germania e Turchia,) e la terza

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maggio-re ad ospitamaggio-re iracheni, dopo Germania e Turchia. Un totale di 152.500 nuove domande di asi-lo sono state presentate in Russia nel 2015. Russia che rappresenta il quarto destinatario delle richieste di asilo. Questa cifra rappresenta un netto calo di richieste di asilo nel 2014 (274.700), in ris-posta al conflitto in Ucraina. Eppure, l’impatto in cor-so di quel conflitto è riflescor-so sul fatto che il 98 % di tutte le richieste nel 2015 sono state fatte da ucraini con quasi (149.900) domande di asilo temporaneo Oltre al numero di rifugiati siriani in Turchia, il tut-to copertut-to da regime di protezione temporanea da parte del governo, c’è anche stato un aumen-to del numero di singole richieste di asilo trate con l’UNHCR. In Turchia, l’Ufficio ha regis-trato 133,300 nuove domande nel 2015 rispetto a 87.800 nel 2014, questo significa che la Turchia è il quinto più grande destinatario di richieste d’ asilo. Turchia che ha nel contempo il maggior nume-ro di richiedenti asilo iracheni in tutto il mon-do. C’è stato anche un notevole aumento del numero di nuovi richiedenti asilo afghani, da 15.700 richieste nel 2014 a 63.400 nel 2015. Il numero di nuovi richiedenti asilo provenienti dalla Repubblica islamica dell’Iran è aumentato di 11.400 richieste nel 2015 da 8.200 nel 2014. Insieme alla popolazione afgana, irachena,le richieste iraniane rappresentato il 98 per cento di tutte le singole doman-de di asilo registrate con l’UNHCR in Turchia nel 2015. l’ Austria è stato il sesto più grande desti-natario di richiedenti asilo con 85.800 ap-plicazioni ricevute nel corso del 2015. un forte aumento rispetto al 2014 (28.100). Il mag-gior numero di queste richieste provenienti da Af ghanistan (25.200) e Siria (24.400), che insieme rappresentano più della metà di tutte le applicazi-oni. Questo è in contrasto con il 2014, che ha vis-to un rapporvis-to relativamente più piccolo 4.900 af-gano e 7.660 applicazioni siriani, anche se queste due nazionalità erano ancora i più comuni tra i candidati nel 2015. Di particolare rilievo è l’aumen-to dei richiedenti iracheni, che è aumental’aumen-to più di dieci volte da 1.100 nel 2014 a 13.300 nel 2015. Il numero di nuove domande di asilo individuali (83.200) registrati in Italia nel 2015 è stato il più alto mai registra-to . Nonostante un aumenregistra-to da 63.700 nel 2014, l’Ital-ia è rimasta il settimo paese per numero di richieste. Tuttavia, il profilo di coloro che chiedono asilo è cambiato in modo significativo. Mentre nel 2014 il Mali è stato il principale paese di origine, nel 2015 la Nigeria è stato il primo paese d’origine per i richie-denti asilo, con 17.800 candidati rispetto ai 9.700 nel 2014. Il secondo paese di origine è stato il

Pa-kistan con 10.300 candidati, seguita dal Gambia (8.000), Senegal (6.400) e il Bangladesh (6.000). Sostanzialmente un minor numero di Maliani ha fat-to richiesta d’ asilo in Italia nel 2015 (5.500) rispet-to al 2014 (9.800). Anche se gli Eritrei rappresen-tano una percentuale significativa di coloro che arrivano via mare in Italia (19%), solo 700 individui hanno presentato una richiesta di asilo nel 2015. l’ottavo paese destinatario di richiedenti asilo nel 2015 è stato l’Ungheria. Le cifre riportate com-prese di candidati che di solito si muovono in breve tempo per altri paesi nell’Unione europea, Anche con la nuova regolamentazione che non tiene conto dei passanti temporanei , l’Ungheria ha ricevuto circa 74.200 nuove domande di asilo nel 2015. Circa la metà di questi provenivano da persone provenienti dalla Siria (36.600), seguite da Afghanistan (15.300), Pakistan (7.700), e l’Iraq (4.400). Insieme, questi na-zionalità compongono circa il 86 per cento di tutte le richieste di asilo pervenute in Ungheria nel 2015. dalla Siria (36.600), seguite da Afghanistan (15.300), Pakistan (7.700), e l’Iraq (4.400). Insieme, questi na-zionalità compongono circa il 86 per cento di tutte le richieste di asilo pervenute in Ungheria nel 2015. La Francia è stato il nono destinatario con 74.200 richieste individuali di asilo nel corso del 2015, con un incremento del 59.000 registrato nel 2014. Sudan è stato il primo paese d’origine di richie-denti asilo in Francia con 5.300 applicazioni, se-guita da Serbia e Kosovo (5.300) e Siria (5.100) Un altro contrasto con il 2014, quando i princi-pali paesi di provenienza sono stati la Repubbli-ca DemocratiRepubbli-ca del Congo, seguito dalla Russia. Il numero di richiedenti asilo provenienti da Iraq e Afghanistan in Francia sono aumenta-ti in modo significaaumenta-tivo tra il 2014 e il 2015: da 900 a 3.100 e da 600 a 2.500, rispettivamente. Nel 2015, gli uffici dell’UNHCR hanno registrato 257,700 nuove applicazioni individuali per lo status di rifugiato e 12.000 in appello o per la revisione. Come negli ultimi anni, l’Ufficio in Turchia ha ricevuto il mag-gior numero di nuove richieste, 133,300, una cifra che è in crescita, seguita dalla Malaysia (22.100), Egitto (21.100), la Giordania (19.400), e il Libano (17.800) La Turchia rappresenta attualmente oltre la metà (52%) di tutte le nuove applicazioni di asilo ricev-ute dagli uffici dell’UNHCR, contro il 37 per cento nel 2014. Insieme, i primi cinque paesi rappresen-tano l’ 83 % di tutti le nuove domande di asilo indi-viduali registrate dagli uffici dell’UNHCR. Come negli ultimi due anni, i siriani hanno depositato il maggior numero di richieste d’asilo in tutto il mon-do nel 2015 con 373.700 nuove mon-domande ed il

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ed il 18% del totale mondiale. Inoltre, questa percen-tuale è aumentata dal 2014, quando siriani rappre-sentavano il 12 % di tutte le nuove richieste d’asilo. Escludendo la regioni del Medio Oriente, dove ques-to gruppo gode di protezione temporanea, le rich-ieste individuali d’asilo sono state ricevute in 127 paesi; Tuttavia, il maggior numero di queste richi-este sono state effettuate in Europa, in particolare in Germania (158.700) e la Svezia (52.035), come nel 2014. Altri paesi con un numero significativo di siriani richiedenti asilo inclusi Ungheria (36.600), Austria (24.400), Paesi Bassi (18.700), Norvegia (10.500), e il Belgio (10.300). In generale, i tassi di riconoscimento per siriani richiedenti asilo erano al di sopra del 90 per cento nel maggior parte dei paesi. Gli Afghani sono stati il secondo più grande gruppo di richiedenti asilo, con 239,600 nuove applicazioni reg-istrate durante il 2015. Ciò esclude gli oltre 2,6 milioni di rifugiati riconosciuti nella Repubblica islamica dell’Iran e del Pakistan attualmente residenti in questi paesi. la Turchia ha ricevuto il maggior numero di richieden-ti (63.400), seguita dalla Svezia (41.300), Germania (31.400), e in Austria (25.200). In Turchia, il riconosci-mento dello status di rifugiato per gli afghani era qua-si universale nel 2015 (anche se sono state relativa-mente poche le decisioni sostanziali fatte), mentre in Svezia e Germania sono stati riconosciuti tre quarti dei richiedenti (con un riconoscimento totale del’ 75 e 76 %, ). Tra i 10 paesi con più di 5.000 nuove richieste d’ asilo provenienti da afghani,troviamo il Belgio e la Norvegia che hanno anche avuto un elevato riconos-cimento di domande pari al 80 e 83 % rispettivamente Nel 2015, 203,700 nuove richieste di asilo sono per-venute da parte di persone originarie dell’Iraq , la Turchia ne ha registrato il numero più alto di risposte con (55.600), seguita da Germania (29.800), Sve-zia (20.300), Finlandia (19.800) e Austria (13.300). Come per afghani richiedenti asilo, vale il riconos-cimento quasi universale degli iracheni in Turchia, mentre la Germania ha anche riconosciuto quasi tutti i richiedenti asilo iracheni come rifugiati. Neg-li altri sette paesi con più di 5.000 richieste di asilo provenienti dal Iraq, vi è riconoscimento universale in Giordania e in Libano, anche se più di tre quarti dei rifugiati iracheni sono stati riconosciuti anche in Belgio e in Finlandia (76% e 85%, rispettivamente) . Tuttavia, il riconoscimento più basso si è avuto in Svezia e Austria intorno al 60% e il più basso in Bulgaria a 46 per cento. Gli individui provenienti dal Ucraina hanno presentato 175.500 domande d’asilo, una significativa riduzione delle 288,600 richieste presentate nel 2014. La grande maggioranza di questi (85%) sono stati registrati in

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Rus-sia, anche se reclami sono stati presentati in 77 pae-si. Altri paesi con un numero significativo di richie-denti asilo provenienti da Ucraina sono stati l’Italia (4.700), Germania (4.600), e Spagna (3.400). Qua-si tutte le domande del popolo ucraino sono state fatte in direzione della Russia per asilo tempora-neo, e nessuna di queste richieste è stata respinta. I tassi di riconoscimento erano molto più bassi in altri paesi: l’Italia ha avuto un riconoscimento totale pari al 65 % , mentre in Germania questo è stato del 55 % . Altri gruppi nazionali con un gran numero di richi-este d’asilo asilo sono l’ Albania (68.500), Serbia e Kosovo (66.100), l’Eritrea (57.000), la Repubblica democratica del Congo (54.800), Pakistan (52.500) e Nigeria (44.000). richiedenti asilo provenienti da cias-cuno di questi paesi sono aumentati rispetto al 2014. Figure professionali indicano che gli Stati e l’UN-HCR hanno preso più di 1,18 milioni di decisioni sulle domande di asilo individuali nel corso del 2015 Queste cifre non comprendono i casi chiusi per ra-gioni amministrative o con nessuna decisione emes-sa ai richiedenti, di cui oltre 1 milione sono state segnalate dell’UNHCR nel 2015. Ungheria e Serbia e Kosovo hanno rappresentato il 730.500 di questi casi chiusi a causa di molte persone richiedenti asilo che subito dopo hanno lasciato ad altri paesi euro-pei Il personale dell’UNHCR ha aggiudicato 91.800 cioè l’8% per cento delle decisioni di merito totale, con una diminuzione dal picco di 99.600 nel 2014. I dati relativi alle singole decisioni sono incomplete, alcuni Stati membri non hanno ancora rilasciato tutte le loro statistiche ufficiali. Così, le decisioni sostan-ziali supplementari sono probabilmente già state prese dagli Stati Membri ma non sono qui riportate. Sulla base dei dati disponibili, 672.200 richiedenti asilo sono stati riconosciuti come rifugiati (428,800) o è stata data loro una forma complementare di protezione (243.400) durante il 2015. Si tratta di un numero relativamente piccolo che è aumentato a partire dal 2014, quando 615.000 richiedenti asilo sono stati riconosciuti come rifugiati o è stata data loro una forma complementare di protezione. Al con-trario, circa 491.900 richieste sono state respinte nel merito, un numero che comprende le decisioni negative sia in primo grado di giudizio. I richiedenti asilo respinti sia a primi e di ricorso possono essere segnalati due volte, a seconda dei metodi utilizza-ti dai governi per la segnalazione sulle decisionA livello globale (UNHCR e degli Stati richiedenti pro-cedure combinate), il Refugee Recognition Rate (RRR) è stato circa 37 per cento di tutte le decisioni sostanziali prese durante il 2015, mentre il riconosci-mento per tasso totale (TRR) è stato del 57 per cento

Mentre il RRR è stato significativamente superiore a quello del 2014 (27%), la TRR era circa la stesso (59%), anche se quest’ultima cifra è ancora superio-re al tsuperio-rend storico dal 2000 . I numeri del 2014 sono stati notevolmente influenzati dalla questione Ucraina

A desra :

1.Grafico riassuntivo della migrazione forzata dell’anno 2015.

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RIFUGIATI E MIGRANTI

La distinzione tra rifugiati e migranti economici.

La distinzione tra rifugiati e migranti economici è sta-ta introdotsta-ta da sta-tale Egon Kunz, uno studioso di mi-grazioni che aveva elaborato la cosiddetta push/pull theory , Kunz intendeva differenziare chi parte per necessità (i pushed, destinati a diventare rifugiati) da chi lo fa per scelta (i pulled, attratti da migliori prospet-tive economiche).Nel tempo tale distinzione è appar-sa sempre più forzata e assomiglia più a un’etichetta rassicurante di cui i sistemi giuridici occidentali hanno bisogno piuttosto che un modo di cogliere quello che succede. Le pratiche dei migranti sono infatti assai più complesse e sfaccettate e la distinzione tra rifu-giati e migranti economici è una semplificazione che ci aiuta a separare i buoni dai meno buoni ma non certo a fare chiarezza sui fenomeni. È ormai asso-dato che, a parte pesanti situazioni di guerra come quelle attuali in Siria e Iraq, Yemen non c’è mai un solo fattore che porta ad emigrare, ma un complesso mix che comprende: instabilità politica e militare,

per-secuzione politica, difficile situazione economica, reti sociali per lo più familiari già presenti nel paese di arrivo, strategie di diversificazione delle risorse fa-miliari. Le famiglie infatti prendono decisioni collet-tive rispetto al proprio futuro, diversificando le strat-egie per la sopravvivenza economica: ad esempio i più anziani potrebbero rimanere al villaggio (o città) ad amministrare la casa e eventuali coltivazioni e animali, due figli potrebbero rimanere con loro,

al-In alto :

1 . fotografia , Manuel Brando , 2016 Migranti imbarcati verso l’Italia

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tri due andare in una grande città del proprio paese e, ad esempio, il primogenito partire per l’Euro-pa, sperando possa dare una mano con le proprie rimesse e che in futuro altri componenti possano rag-giungerlo.In questo groviglio di motivazioni è difficile scindere quella politica, quella economica e quella sociale ed etichettare le persone come rifugiati o mi-granti economici. Quale prevarrà è il risultato di una serie di strategie (anche fortuite) messe in campo sia dalle persone (singole o in gruppo) sia dagli Stati di destinazione, sia da più ampie configurazioni geo-politiche. i termini “rifugiato” e “migrante” non sono intercambiabili nonostante sia sempre più comune vederli usati dai media e nei dibattiti politici come espressione della stessa situazione , vi è fra i due una differenza fondamentale dal punto di vista legale . Le conseguenze di un eventuale confusione posso-no avere ripercussioni per i rifugiati ed i richiedenti asilo , oltre a generare fraintendimenti sul dibattito della migrazione. Il termine rifugiato si riferisce ad una descrizione giuridica precisa , alla quale appli-care misure di protezione prestabilite dal diritto in-ternazionale. I rifugiati sono persone che si trovano al di fuori del loro paese di origine a causa di con-flitti , persecuzioni , violenze o circostanze che mi-nacciano la loro sopravvivenza e necessitano quindi di “ protezione internazionale “ data la loro situazi-one spesso altamente rischiata ed intollerabile , cercano di attraversare i confini nazionali in cerca di sicurezza nei paesi limitrofi , e divengono quin-di internazionalmente riconosciuti come “ rifugiati “. Sono persone per le quali l’eventuale rifiuto di do-manda d’asilo comporterebbe conseguenze mortali. Nel quadro del diritto internazionale , li protegge la denominazione di ( protezione internazionale per i rifugiati ) ,ovvero persone in una situazione speci-fica che richiede misure di tutela supplementari , in quanto richiedenti asilo e rifugiati sono privi di pro-tezione nel loro paese.Tale definizione è resa dir-itto nel articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo , che afferma che ogni individ-uo ha diritto di chiedere e beneficiare d’asilo. Dichi-arazione stipulata a livello internazionale nella Con-venzione di Ginevra del 1951. Le norme contenute nella convenzione del 1952 rimangono standard internazionale con il quale si valuta qualsiasi misu-ra di protezione e di tmisu-rattamento rifugiati.La dispo-sizione più importante è contenuta nel principio di non respingimento del articolo 33 colonna portante di questo sistema. La convenzione di Ginevra è stato mezzo per salvare milioni di vite ed ad oggi è uno strumento chiave per la difesa dei diritti umani. La Convenzione che rispetta una determinata

ter-minologia e che quindi non prevede la generaliz-zazione dei termini come migrante e rifugiato. Infat-ti non esiste a livello internazionale una definizione giuridica per il termine migrante, alcuni attori politi-ci ed organizzazioni internazionale interpretano la parola in questione come un termine generico che comprende migranti e rifugiati. Specie quan-do si parla di dati e statistiche sulla migrazione in-ternazionale sono soliti usare una definizione “ mi-grazione internazionale” che include anche molti degli spostamenti dei richiedenti asilo o rifugiati.

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Questo genera confusione nel dibattito pubblico e genera gravi conseguenze per la vita e la sicurezza dei rifugiati , la parola migrazione implica un processo volontario ( colui che attraversa la frontiera in cerca di migliori opportunità economiche ) questo non è il caso dei rifugiati , che non hanno possibilità di tornare nelle proprie condizioni di sicurezza , e che necessitano di specifiche misure di protezione secondo le norme del diritto internazionale. Non distinguere i termini disto-glie l’attenzione dalle specifiche misure di tutela per i rifugiati , tra queste la protezione dal respingimento e dalla penalizzazione per aver attraversato le frontiere senza autorizzazione , non esiste illegalità nella richi-esta d’asilo , al contrario è un diritto umano universale.

In alto :

2.fotografia di Maria di Giorgi . Settembre 2015.

Profughi siriani in cammino verso il confine macedone.

spingimento e dalla penalizzazione per aver attra-versato le frontiere senza autorizzazione , non esiste illegalità nella richiesta d’asilo , al contrario è un diritto umano universale. Sorge spontaneo quindi chiedersi se anche i migranti non meritino protezione , e ca-pire quali siano le ragioni che spingono determinate persone a lasciare il loro paese , situazioni spesso impellenti ,è dunque fondamentale rispondere ai loro bisogni e tutelare i loro diritti , diritti tutelati dalla nor-mativa internazionale sui diritti umani , e tutela fonda-mentale per ogni essere umano. Il termine migrazi-one forzata è spesso usato nel campo delle scienze sociali ed è un indicazione generica aperta a diverse interpretazioni , che comprende diversi tipi di sposta-mento e movisposta-mento involontario , sia attraverso con-fini esterni alla nazione che entro concon-fini nazionali. Il concetto di “ Migrazione “ ancora oggi non ha una definizione universale riconosciuta , ed a differenza del termine rifugiato che è chiaramente definito dal diritto universale ed accettato dagli stati che hanno sottoscritto la convenzione di Ginevra , il termine migrante manca di questa affermazione giuridica.

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“L’asilo è un privilegio concesso dallo Stato. Non è una

condizione inerente all’individuo”

Egon Kunz

chiaramente definito dal diritto universale ed accet-tato dagli stati che hanno sottoscritto la convenzione di Ginevra , il termine migrante manca di questa af-fermazione giuridica. L’asilo è un privilegio concesso dallo Stato. Non è una condizione inerente all’individ-uo” . Tradotto: è vero che si parla di diritto di asilo ma alla fine è lo Stato che decide se dartelo o no. C’è un dato, impressionante, che testimonia quanto questo sia vero: nel 2007 dei 18.559 iracheni che hanno fatto domanda di asilo in Svezia l’82% è stato riconosciuto come rifugiato, dei 5.474 che lo hanno chiesto in Gre-cia, lo ha ottenuto lo 0% .Gli Stati Europei utilizzano l’asilo politico come strumento di protezione uman-itaria e tutela dei diritti, ma anche come modalità di gestione dei flussi migratori. I paesi nordici, Svezia in particolare, utilizzano storicamente questo strumen-to per selezionare i migranti in ingresso: sono molti larghi di manica nel concedere l’asilo, ma limitano molto l’accesso di quelli che vengono definiti migranti economici. Ecco perché in Svezia sono presenti so-prattutto comunità somale, irachene ed ora siriane. Al contrario i paesi del Sud Europa sono più restrittivi in termini di asilo ma più lassisti rispetto all’ingresso di migranti economici. Questo significa che la stes-sa persona potrebbe essere considerata un rifugia-to in Svezia e un migrante economico in Italia.Non vale la pena quindi fare distinzioni tra rifugiati e mi-granti economici, semplicemente perché il più delle volte sono vicende che non c’entrano nulla con la loro storia a determinare in quale categoria finiranno.

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nella pagina precedente

3.fotografia del modello di analisi

In scala 1:100.000 che mostra i paesi interessati dalla rotta balcanica.

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LA ROTTA BALCANICA

Nel 2015 sono più di 850.000 le persone che hanno attaversato i Balcani, risalendo Grecia,

Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e Ungheria.

Il 2015 è stato l’anno dei migranti. Un anno fatto da grandi numeri, in continuo divenire. Sono 1.008.616 le persone arrivate in Europa via mare per fuggire disperate da guerre, violenze, carestie, delle qua-li 153.600 sbarcate in Itaqua-lia, mentre la stragrande maggioranza, più di 850.000, è passata attraverso i Balcani, cioè risalendo Grecia, Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e Ungheria. Tanti, 3.771, i morti in mare. Ma il 2015 è stato anche l’anno dell’emotivi-tà, di Aylan, il bambino siriano con la maglietta ros-sa e la faccia riverros-sa nella ros-sabbia, trovato morto in seguito a uno dei tanti naufragi in mare sulle coste turche di Bodrum, immagine iconica di un dramma senza precedenti. Gli ultimi attentati terroristici, in particolare quelli di Parigi, hanno avuto pesanti con-seguenze sulla percezione dell’opinione pubblica sui profughi siriani, al punto che questo ha aperto di-battito su come cambiare il controllo delle frontiere europee, su come aggiornare Schengen al tempo dell’Isis. L’area di libera circolazione all’interno di 26 Paesi europei (22 Ue più 4 non membri) è or-mai seriamente in discussione. Il Trattato che istitu-isce la zona «senza confini» prevede la possibilità di reintrodurre eccezionalmente i controlli in caso di «minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna». Oppure per «gravi lacune relative al control-lo delle frontiere esterne» (è l’accusa che viene mos-sa alla Grecia in un rapporto della Commissione eu-ropea). Al vertice informale Ue di Amsterdam, lunedì 25 gennaio, sei Paesi dell’Unione (Austria, Germania, Svezia, Norvegia, Francia e Danimarca) hanno chie-sto di prorogare i filtri ai confini per due anni. Il che implica, di fatto, una sospensione di Schengen.

Il 2015, dunque, è stato l’anno della rotta balcanica, una via alternativa alla Libia in subbuglio dove trop-pi migranti subiscono mesi di torture e incarcerazi-oni prima di potersi mettere in mare. Questa nuova rotta ha fatto saltare definitivamente Dublino: i Paesi d’approdo (fino alla scorsa estate soprattutto Italia, ora prevalentemente Grecia) non hanno le forze di accogliere le centinaia di migliaia di profughi sbarcati che, peraltro, non hanno alcun interesse a fermarsi in questi due paesi. Dunque molti hanno attraversa-to lo stivale (o le isole dell’Egeo) verso il Nord Eu-ropa senza essere stati foto segnalati, in contrasto col regolamento Dublino (in base al quale, l’aspirante rifugiato può presentare richiesta di protezione inter-nazionale nel primo Paese Ue in cui mette piede). Al summit europeo, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha presentato sostanziali mod-ifiche al sistema di Dublino che puntano su hotspot, redistribuzioni e rimpatri. Si tratta di tre aspetti molto controversi della nuova politica europea sull’immi-grazione. In Italia gli hotspot previsti sono cinque/ sei, anche se al momento in funzione ce ne sono tre: Pozzallo Trapani; Lampedusa. In Grecia sono riusciti ad aprire solo delle strutture ibride, che non rispondo-no esattamente ai criteri richiesti da Bruxelles. Sorispondo-no i centri di raccolta e, soprattutto, di registrazione (la scansione delle impronte digitali archiviata nel data-base Eurodac) dei migranti appena sbarcati, e sono stati istituiti centri per l’accoglienza temporanea per cercare di regolare il flusso di profughi. Perché il nuo-vo sistema funzioni, però, è necessario che s’inne-schino anche gli ingranaggi della redistribuzione e dei rimpatri. Così è previsto dalle intese europee.

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LA ROTTA BALCANICA

il mondo di mezzo

Ci sono i rimpatriati. I respinti alla frontiera. E il “mon-do di mezzo”: la massa di invisibili con un foglio di via. La macchina delle espulsioni ha mille intop-pi: dei 34mila “cacciati” dalla Grecia nel 2015, oltre 18mila sono rimasti sul territorio nazionale e solo 3.688 sono effettivamente tornati a casa. Il mec-canismo è complicato. Come funziona? Un immigra-to irregolare che non ha diritimmigra-to all’asilo deve essere allontanato.Nel 2015 i provvedimenti d’espulsione sono stati 34.107. Peccato che i migranti effettiva-mente allontanati sono stati solo 15.979. Di questi, 8.736 sono i respinti alla frontiera: I respingimenti della polizia di frontiera, per lo più di afgani, siriani e pachistani si eseguono via mare , rimandandoli indietro sui traghetti. Via terra, viene respinto verso Turchia e Macedonia chi viene rintracciato mentre cerca di entrare in Grecia: per lo più afgani e siriani. E i rimpatriati? Quelli che forzatamente vengo-no riportati direttamente a casa sovengo-no solo 3.688 (di cui 1.159 con ordine del giudice perché og-getto di condanne). I rimpatri solo con i pae-si con i quali ci sono accordi di riammispae-sione. Senza accordi non ci sono rimpatri. La Grecia ne ha sottoscritto di recente uno con la Turchia, la Spag-na con il Marocco e la Francia con Camerun, Capo Verde, Congo, Gabon, Senegal, Tunisia. Ma visto che ogni Stato europeo fa i propri accordi, i migranti irregolari,scrive la Commissione Ue possono evi-tare il rimpatrio trasferendosi da uno Stato all’altro. Insomma, quello che fa notizia è che dei 34mila es-pulsi formalmente dalla Grecia, ben 18.128 non han-no lasciato il territorio: il questore gli ha ordinato di abbandonare lo Stato coi propri mezzi entro sette giorni e questi chiaramente non hanno obbedito.

La difficoltà di identificarli, visto i pochi posti a dispo-sizione nei Centri e la mancanza con il loro Paese di un accordo di riammissione. Solo a Atene, per esem-pio, nel 2015 sono ben 1.428 i migranti economici che hanno avuto il foglio di via restando poi sul territorio. Altra partita, da non confondere con i rimpatri, è quella dei ricollocamenti. Un flop annunciato. Il consiglio dei ministri dell’Interno Ue il settembre scorso ha deciso di redistribuire tra i vari Stati dell’Unione ben 40mila pro-fughi provenienti da Italia (24mila) e Grecia (16mila) in due anni. Ebbene ad oggi i profughi che hanno lascia-to la Grecia per un altro Paese Ue sono stati solo 96. Non va meglio all’ Italia, che finora è riuscita a trasfer-ire solo 246 rifugiati. Se prosegue cosi secondo fonti del governo greco ci vorranno più di vent’anni per riuscire a ricollocare la quota assegnata alla Grecia. Neanche la carta degli aiuti alla Turchia giocata a dicembre 2016 dall’Europa per arginare i flussi, sembra aver funzionato. Con la mediazione so-prattutto della Germania, l’Unione europea ha pro-grammato, infatti, di aiutare con tre miliardi di euro Ankara, perché si adoperi per bloccare le partenze, creare delle strutture per i rifugiati sul proprio terri-torio e rafforzare i campi esistenti. Restano molti dubbi sulla possibilità di mettere in pratica questo pi-ano: la maggior parte dei rifugiati che si imbarcano da queste coste verso le isole greche non vengono dai campi profughi turchi, restano nel Paese pochi giorni, contattando rapidamente i trafficanti a Istan-bul. Le spiagge per salpare, poi, sono infinite, e l’ef-fetto dei blitz della polizia è solo quello di rinviare le partenze o spostarle di qualche chilometro. Infine, tra le proposte della Commissione Juncker c’è la crea-zione di una guardia di frontiera (anche di mare) per

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per aiutare i Paesi come la Grecia, accusati di non riuscire a pattugliare le coste. La guardia Ue potrebbe entrare in azione anche contro la volontà degli Sta-ti interessaSta-ti (Malta, per esempio, non è favorevole)

In alto :

4.Rifugiato siriano nel nord della grecia in attesa di approvazione della richiesta d’asilo

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Nel gennaio 2015 sono

State oltre 46.000 le

persone arrivate in Grecia di

cui 280 i morti nel tentativo

di arrivare in Europa.

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Il 2015 ha salutato il primo mese di gennaio con l’arrivo di oltre 46.000 persone e circa 280 morti. Nonostante le proibitive condizioni meteorologiche, con tempera-ture che da giorni stazionano molti gradi al di sotto del-lo zero, migliaia di migranti, rifugiati e richiedenti asidel-lo continuano a percorrere la rotta balcanica nel ten-tativo di raggiungere l’Europa centro settentrionale. Il freddo intenso e il vento gelido rendono il cam-mino difficile soprattutto al confine tra Macedonia e Serbia, in un’area coperta di neve e di ghiaccio. A spingere migliaia di persone a rischiare il viaggio, nonostante le temperature polari dell’inverno balca-nico, è il timore che le frontiere, oggi ancora transit-abili, possano presto divenire invalictransit-abili, dopo i forti segnali, da parte dei principali paesi di destinazione, come Svezia, Germania e Austria, di restrizioni sul-le procedure di ingresso. Sempre più il viaggio ver-so l’Europa si sta quindi trasformando, per i tanti in fuga per salvezza, in una vera e propria via crucis: ogni paese, Grecia, Macedonia, Serbia, Croazia ha le sue “stazioni”, fermate obbligatorie dove il dolore e le fatiche vengono alleviate da una vasta rete di aiuti. IL 2015 è stato un anno orribile per la Grecia: men-tre la crisi economica, sociale e politica toccava una delle sue fasi più drammatiche, a partire dal mese di maggio centinaia di migliaia di profughi, in fuga principalmente dalla Siria, sbarcavano sulle coste greche. Un fenomeno quest’ultimo, che ha assunto i contorni di una vera e propria emergenza umanitaria e che ha colpito un paese economicamente debole e politicamente instabile. Nel solo 2015 hanno var-cato i confini greci 856.723 persone, e il 2016 è ini-ziato con una media di quasi 2.000 arrivi giornalieri.

LA ROTTA BALCANICA

Grecia

I mesi estivi sono stati caratterizzati dalla totale dis-organizzazione nella macchina degli aiuti: un’estate quella del 2015 resa ancora più rovente dalla gravis-sima crisi del governo greco, innescata dalle tensioni con le istituzioni europee e culminata con le dimis-sioni del primo ministro Tsipras, cui sono seguite le nuove elezioni politiche di settembre. In quella situ-azione, l’emergenza dei profughi, accampati in de-cine di migliaia in piazze e giardini pubblici nelle isole dell’Egeo e nella capitale, non rappresentava certo la priorità per il governo di Atene. Finalmente dopo i primi mesi di smarrimento anche il mondo dell’aiuto umanitario, dalle Nazioni Unite alle ONG internazion-ali, hanno cominciato a mettersi in moto per assis-tere l’enorme numero di profughi. Da subito la mag-gior parte degli sforzi è stata concentrata nell’offerta di generi di prima necessità (alimentari e vestiario) ad una popolazione in transito, desiderosa di lasci-are in pochi giorni la Grecia per proseguire il viaggio per la salvezza lungo la rotta balcanica, attraversan-do Iattraversan-domeni, paesino al confine con la Maceattraversan-donia.

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ldomeni

In basso:

5.Rifugiati siriani presso il campo profughi di Idomeni al confine macedone che attendono di poter procedere il continuare il percorso verso il nord Europa

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Macedonia

Il flusso migratorio lungo la rotta balcanica consente ai migranti di entrare in Macedonia dal confine con la Grecia. Dall’ultimo campo in territorio greco, a Ido-meni, i migranti possono raggiungere a piedi la prima tendopoli macedone situata a Gevgelija: i due accam-pamenti distano circa 600 metri l’uno dall’altro, ai due lati del confine. Nei mesi autunnali del 2015 la media di persone che transitava giornalmente in Macedo-nia era di 6.000-7.000, scesa a circa 2.000-3.000 al giorno nei mesi invernali. Tra il 20 dicembre e il 15 gennaio la composizione dei profughi giunti è stata la seguente: 47% siriani, 23% iracheni e 30% afgani. Di questi il 41% erano uomini, il 37% bambini e il restante 22% donne. Al Campo di transito di Gevgeli-ja, gestito dal Governo macedone in collaborazione con l’UNHCR e la Croce Rossa, i migranti vengono registrati, ricevono l’aiuto necessario, ed attendono il treno che in circa 4-5 ore li porterà da Gevgelija (sud della Macedonia) al Campo di transito di Ta-banovce (nord del paese, al confine con la Serbia). Ogni treno trasporta circa 1.000 migranti alla volta. Dal mese di Novembre, il Governo macedone ha introdotto misure sempre più restrittive rispetto al flusso migratorio proveniente dalla Grecia, come l’imposizione del divieto d’ingresso nel Paese a tutti coloro che non sono di nazionalità siriana, irakena e afghana o improvvise chiusure del confine, giustifi-cate da problemi tecnici. Il confine Macedone è rel-ativamente corto, e Gevgelija è l’imboccatura dove affluiscono i migranti arrivati via mare, per cui il lu-ogo più semplice dove bloccarli lungo la rotta e re-spingerli verso la Grecia senza rischiare delle morti. La recinzione costruiita in sordina dal governo Mace-done viene aperta e chiusa a fisarmonica, crean-do non pochi problemi e rendencrean-do la situazione ancora più tesa e precaria. La stessa Unione Eu-ropea è consapevole che il luogo è cruciale, e mi-nacciando di sospendere la Grecia da Schengen, paventa, per voce di alcuni dei suoi membri, di sup-portare la Macedonia nell’erigere le sue barriere.” Una conseguenza preoccupante dell’inasprimento del-le misure per l’ingresso in Macedonia è stato l’aumen-to dei casi segnalati di contrabbando e ingressi clan-destini: secondo il Ministero degli Interni macedone, nei primi 20 giorni del 2016 si sono registrati oltre 30 casi. Altra conseguenza diretta è l’aumento del nume-ro dei richiedenti asilo in Macedonia. Negli ultimi mesi, il Centro per richiedenti asilo “Gazi Baba” di Sko-pje, chiuso a luglio del 2015 dopo la denuncia di

Amnesty International, è stato nuovamente riaper-to. Dalle testimonianze filtrate pare che il Centro non abbia affatto migliorato i suoi standard e le con-dizioni di vita al suo interno rimangono allarman-ti. Si segnala inoltre l’ingresso di oltre 200 minori non accompagnati in Macedonia nell’ultimo mese.

NEL 2015 : erano circa 2000/ 3000

le persone che transitavano

giornalmente

A sinistra:

6.particolare del modello al 100.000 che indica il lugo della ppiccola città di Idomeni al confne macedone

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Serbia

La “rotta balcanica” in Serbia è suddivisa preva-lentemente in due filoni. Quello principale è cos-tituito dalla rotta che permette ai migranti di en-trare in Serbia direttamente dalla Macedonia, presso il comune di Presevo, dove è stato alles-tito un ampio campo di transito e di accoglienza. I migranti che percorrono questa strada sono per lo più siriani, iracheni e afghani. Nonostante l’arrivo dell’inverno, il flusso umano non sembra arrestarsi, caratterizzato da numeri ancora molto significativi: quotidianamente entrano in Serbia dalla Macedonia tra le 2.000 e le 5.000 persone. A Presevo i migranti vengono registrati, possono ricevere gli aiuti di base, e dalla cittadina serba salgono sugli autobus o sul tre-no che li conduce direttamente a Sid, al confine con la Croazia. Esiste inoltre una seconda rotta, meno visibile, che consente ai migranti di entrare in Ser-bia dalla Bulgaria, solitamente nei pressi delle città di Danilovgrad, Bosilegrad e Zajecar. Giornalmente en-trano dal territorio bulgaro tra le 200 e le 400 persone, prevalentemente coloro a cui viene negato l’ingresso in Macedonia (e dunque non-siriani, non-iracheni e non-afghani). Queste persone, dopo la registrazione e i primi aiuti, proseguono il loro viaggio in autobus o in taxi fino a Belgrado, capitale della Serbia. Qui han-no la possibilità di ricevere ulteriori aiuti, di perhan-nottare se necessario, ma soprattutto di prendere un autobus o un taxi che li porti fino al confine con la Croazia I due filoni della rotta attraverso la Serbia si “riunis-cono” dunque a Sid, cittadina al confine croato, dove sono stati allestiti altri due campi di transi-to e di accoglienza: il primo nei pressi di un dis-messo motel lungo l’autostrada in località Ada-sevci; l’altro di fronte alla stazione dei treni di Sid nei pressi di un mattatoio abbandonato. A Sid i migranti hanno la possibilità di rifocil-larsi, riposare, in attesa dei treni che li con-durranno poi a Slavonski Brod in Croazia. Fino al mese di dicembre, la Serbia era solamente una zona di transito, anche se col tempo il paese si sta tras-formando in un luogo di sosta forzata, in seguito alla decisione della Croazia di respingere al confine i non siriani, non-iracheni e non-afghani. Uomini,donne e bambini in fuga rimangono dunque “incastrati” nella no man’s land serba: un limbo di stasi obbligata, dal quale non possono proseguire il loro viaggio e non vogliono tor indietro.Questi migranti, di varie nazional-ità (provengono da altri paesi mediorientali, pae-si nordafricani e dell’Africa sub sahariana),

sono quindi costretti a fare domanda di asilo in Serbia dove vengono riconosciuti come“richiedenti asilo” e in seguito sistemati negli appositi Centri per richiedenti asilo, il principale dei quali si trova a Bel-grado nel quartiere periferico di Krnjaca. Tuttavia sono pochi i richiedenti che desiderano realmente fermarsi in Serbia: la maggior parte rimane nel paese fino a che non riesce a trovare un modo (illegale) per riprovare a passare i confini ed entrare dunque nello spazio co-munitario. La Serbia si sta preparando ad accogliere, nel prossimo futuro, un ampio numero di migranti per periodi medio-lunghi: infatti, oltre 6.000 posti letto sono in allestimento nei Campi profughi e nei Centri per richiedenti asilo. L’impressione è che le misure sempre più restrittive adottate nei paesi comunitari (dalla Germania all’Austria, dalla Slovenia alla Croa-zia) bloccheranno un numero significativo di persone in Serbia, ultimo paese alle porte dell’Unione Europea.

DATI SULLA MACEDONIA :

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Nei mesi estivi del 2015, la Croazia non è stata in alcun modo coinvolta nella crisi migratoria lungo la rotta balcanica: profughi e migranti infatti, una volta in Serbia, cercavano di entrare nello spazio Schen-gen attraversando l’Ungheria. Tuttavia a partire dal 15 settembre il governo ungherese ha deciso di chi-udere il confine con misure molto rigide (installazione di filo spinato, posizionamento dell’esercito lungo il confine, arresto per chi entrava illegalmente nel paese), riversando in questo modo il flusso migra-torio verso la Croazia. Da un giorno all’altro, il paese si è quindi trovato a dover fare i conti con una mar-ea inarrestabile di migliaia di persone, che continua ancor oggi. Nelle prime caotiche settimane succes-sive al 15 settembre, il governo di Zagabria non è riuscito a mettere in atto una risposta organizzata all’emergenza migranti, determinando numerose situazioni di tensione. Solo a partire dai primi giorni di novembre, la gestione del flusso migratorio è sta-ta strutturasta-ta in maniera più adeguasta-ta: da quel mo-mento, infatti, i profughi che attraversano la Serbia e giungono a Sid (cittadina serba al confine con la Croazia) vengono trasportati con appositi treni che fanno avanti e dietro, più volte al giorno, tra Sid e la città croata di Slavonski Brod. Qui, il governo croato ha allestito – negli spazi di una dismessa raffiner-ia – un grande Campo di transito che può ospitare fino a 10.000 persone, nel quale i migranti vengono registrati, ricevono gli aiuti necessari e poi possono ripartire verso la Slovenia, sempre su treni appositi. La crisi migratoria in Croazia col passare dei mesi ha raggiunto dimensioni enormi: tra il 15 settembre e il 1 dicembre, oltre 460.000 persone sono transitate nel paese. Un motivo che ha spinto il paese balca-nico a introdurre, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, le prime misure restrittive rispetto al flus-so dei migranti, per cercare di “arginare” il fenom-eno. Da quel momento vengono lasciati entrare nel paese e transitare verso la Slovenia solamente siriani, iracheni, afghani, mentre gli altri migranti vengono respinti in Serbia. Nonostante le misure restrittive, il flusso rimane ancora di dimensioni mol-to elevate; almeno 2.000-3.000 persone al giorno transitano attraverso il Campo di Slavonski Brod.

Croazia

DATI SULLA MACEDONIA :

NUMERI E PERCENTUALI.

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Dalla metà di settembre anche la Slovenia si è vis-ta interessavis-ta dal fenomeno migratorio che per-corre la cd. Rotta balcanica. L’arrivo di centinaio, e poi migliaia, di migranti e rifugiati nel Paese è sta-ta una diretsta-ta conseguenza delle prime severe re-strizioni applicate dall’Ungheria - con l’introduz-ione di barriere di filo spinato – tanto da portare a deviare il flusso di persone dal percorso “classi-co”, a un nuovo itinerario che dalla Serbia entra in Croazia, passa per la Slovenia e sbuca in Austria. Nonostante in un primo momento la Slovenia abbia cercato di applicare le rigide regole di Schengen, pre-tendendo la registrazione di chiunque attraversasse il Paese, si è dovuta adeguare poco a poco alla con-tingenza e al passaggio di un numero sempre mag-giore di persone, fungendo, come i paesi che la pre-cedono lungo la rotta, rilasciando un lasciapassare temporaneo per concedere di attraversa e lasciare il Paese. Dalla stazione di Slavonski Bod, in Croa-zia, ci sono quattro treni al giorno che raggiungono due possibili destinazioni slovene: Dobova e Sentilj. Per arrivare a Dobova, dopo il viaggio in treno dal-la Croazia, sono stati predisposti degli autobus che conducono al Centro di Registrazione. Dopo aver espletato le dovute pratiche, è possibile proseguire il viaggio verso l’Austria, via treno o autobus, uscendo dal paese attraverso valichi frontalieri diversi (Sen-tilj- Spielfeld o Jesenice – Rosenbach). Qualora si arrivi, dalla Croazia, direttamente a Sentlj si accede a un centro, definito, di transito dove sono stati pre-disposti anche posti letto. Il confine, distante circa 400 metri, viene raggiunto a piedi e viene spesso at-traversato dopo attese di ore. Per questo motivo ai migranti e ai rifugiati vengono distribuiti abiti invera-li e coperte, soprattutto per i bambini, con la racco-mandazione di sostate dentro la tenda dell’UNHCR. traversato dopo attese di ore. Per questo motivo ai migranti e ai rifugiati vengono distribuiti abiti invera-li e coperte, soprattutto per i bambini, con la racco-mandazione di sostate dentro la tenda dell’UNHCR.

Slovenia

DATI SULLA MACEDONIA :

NUMERI E PERCENTUALI.

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Negli ultimi mesi del 2015 la Bulgaria è stata interes-sata da un passaggio di circa duecento persone al giorno di una categoria particolare di migranti e rifu-giati. Si tratta, infatti, di rifugiati afghani che raggiun-gono il Paese via terra dalla Turchia, non avendo le disponibilità economiche per raggiungere via mare la Grecia. Questo itinerario ha acquisito la definizione di Rotta afghana, poiché inizialmente era interessata da rifugiati afgani, generalmente uomini giovani in viaggio senza le proprie famiglie. In un secondo momento il tragitto è diventato la via preferenziale anche per molti migranti proveniente da Paesi per i quali non è rico-nosciuta la protezione internazionale, al fine di aggira-re le aggira-restrizioni messe in atto lungo la Rotta balcanica. Il passaggio attraverso la Bulgaria per raggiunge-re la Serbia praggiunge-resenta molte difficoltà entrando dalla Turchia sia nel Nord sia nel Sud del Paese. Qualora venga percorsa la rotta meridionale, i migranti rag-giungono l’entroterra bulgaro fino a Sofia. Da qui arrivano in prossimità del confine con la Serbia via taxi o con trasporti illegali, per proseguire a piedi at-traverso le montagne per entrare in territorio serbo e raggiungere Dimitrovgrad. Nel caso in cui, invece, venga intrapresa la rotta meridionale, l’ingresso in Bulgaria avviene attraverso le montagne balcaniche, proseguendo in direzione nord-ovest verso il confine con la Serbia, per raggiungere la città di Zajecar. Secondo le statistiche ufficiali dell’Agenzia nazio-nale per i rifugiati, durante il 2015, 19.713 persone hanno presentato la richiesta di protezione inter-nazionale in Bulgaria. Di queste, 5448 hanno ot-tenuto lo status di rifugiato, mentre 543 richieste sono state respinte. Stando ai numeri, le restanti 14.055 persone non hanno atteso la risposta in merito alla loro richiesta e, verosimilmente, han-no proseguito il loro viaggio uscendo dal Paese.

Bulgaria

DATI SULLA MACEDONIA :

NUMERI E PERCENTUALI.

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Il conflitto

siriano

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IL CONFLITTO SIRIANO

L’accezione “guerra civile” per descrivere il conflitto in atto è stata usata il 15 luglio 2012 dal

Comitato Internazionale della Croce Rossa, che ha definito la crisi siriana un «conflitto

arma-to non internazionale».

La guerra civile siriana , ha avuto inizio il 15 mar-zo 2011 in Siria con le prime dimostrazioni pub-bliche contro il governo centrale, parte del con-testo più ampio della primavera araba, per poi svilupparsi in rivolte su scala nazionale e suc-cessivamente in una guerra civile nel 2012. Le iniziali proteste hanno l’obiettivo di spingere alle dimissioni il presidente Bashar al Assad ed elimin-are la struttura istituzionale mono partitica del Partito Bat’h. Col radicalizzarsi degli scontri si aggiunge con sempre maggiore forza una componente estremista di stampo salati che, anche grazie agli aiuti di al-cune nazioni Sunnite del Golfo Persico, si pensa possa aver raggiunto il 75% della totalità dei com-battenti.Tali gruppi fondamentalisti hanno come prin-cipale obiettivo l’instaurazione della Shari’a in Siria. A causa della posizione strategica della Siria, dei suoi legami internazionali e del perdurare della guerra civi-le, la crisi ha coinvolto i paesi confinanti e buona parte della comunità internazionale. Gli organi dirigenti del Partito Ba’th e lo stesso presidente appartengono alla comunità religiosa Alawita una branca dello scisma che è tuttavia minoritaria in Siria, e per questo moti-vo le nazioni a maggioranza sciita sono intervenute a protezione del governo siriano: sia l’Iran che l’ Iraq cercano di mantenere un governo alleato che per-mette di creare una macro regione che arrivi fino al Libano e sia combattenti iracheni che iraniani sono presenti a fianco delle Forze Armate siriane. Il fronte dei ribelli è invece sostenuto dalla Turchia e soprat-tutto dai Paesi sunniti del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Qatar , che mirano a contrastare la

presen-za sciita in Medio Oriente In ambito ONU si è verifica-ta una profonda spaccatura tra Sverifica-tati Uniti d’America Francia e Regno Unito che hanno espresso sosteg-no ai ribelli e Cina e Russia che invece sostengososteg-no il governo siriano sia in ambito diplomatico che militare. La delicata composizione etnica siriana si è forte-mente riflessa negli schieramenti in campo. Sebbe-ne le prime manifestazioni anti governative avessero uno spirito “laico” e avessero coinvolto tutte le prin-cipali città del paese, incluse quelle a maggioranza Alawita come Latakia il perdurare della crisi ha polar-izzato gli schieramenti, portando la componente sciita a sostenere il governo insieme a gran parte delle mi-noranze religiose, che hanno goduto della protezione del governo laico del Partito Ba’th.Il fronte dei ribelli rimane composto prevalentemente da sunniti, i quali però non costituiscono un blocco compatto parte della popolazione sunnita continua a sostenere il governo e sono sunniti alcuni membri dell’esecutivo e buona parte dell’esercito. Le stragi perpetrate dalle com-ponenti fondamentaliste dei ribelli nei confronti delle minoranze religiose in Siria hanno portato le Nazioni Unite a definire la guerra civile come un «conflitto di natura settaria»

Le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze governative e i miliziani Shabiha di usare i civi-li come scudi umani, di puntare intenzionalmente le armi su di loro, di adottare la tattica della terra bruci-ata e di eseguire omicidi di massa; i ribelli anti gover-nativi sono stati accusati di abusi dei diritti umani tra cui torture, sequestri, detenzioni illecite ed esecuzioni di soldati e civili.

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In alto :

7.Bombardamenti sulla città di Aleppo (Reuters) 2016

A destra:

2.Grafico sulla situazione dei rifugiati siriani presenti nei paesi limitrofi.

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Siria Libano Turchia Egitto Iraq Giordania Israele Palestina Mar Mediterraneo Arabia Saudita Cipro Bagdad Iran Ankara

2.967.149

1.011.366

253.528 659.015 120.104 2012 2014 2015 2016 2017 5M 2.5M 0M 2014 2013 2016 2012

ll conflitto siriano.

Siriani rifugiati nei paesi limitrofi.

5 aprile 2017

5.021.485

Syria Regional Refugee Response

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IL CONFLITTO SIRIANO

Siriani rifugiati nei paesi limitrofi

Profughi siriani , il 97 per cento resta in Medio Oriente .

Mentre l’Europa alza muri,numeri record in Turchia e Pakistan

Le rotte migratorie verso l’Europa censite sono 8, di cui tre riguardano l’Italia. La rotta africana occidentale è il passaggio dall’Africa verso le isole Canarie e co-involge individui di Marocco, Senegal, Nigeria e Mali. La rotta mediterranea occidentale passa dal Nord Africa e punta a Spagna, Francia e Italia. Riguarda cittadini di Mali, Sudan, Camerun, Ciad e Repubblica Centrafricana. Anche la terza rotta, la mediterranea centrale, finisce in Italia attraverso la Libia e nel 2015 ha registrato il picco di 170mila transiti. Poi c’è la rotta pugliese e calabrese numero 4, alimentata per terra e mare attraverso Turchia e Grecia. La rotta numero 5 passa dall’Albania e finisce in Grecia e anche la sesta rotta (50 mila persone l’anno) porta in Grecia da Turchia, Bulgaria e Cipro. La settima rotta è quella orientale attraverso i 6 mila chilometri che separano la Russia dagli stati orientali dell’Unione europea e assorbe appena il 2 per cento degli afflussi di migranti verso l’Europa. Nell’ottava rotta, quella balcanica occi-dentale, il flusso migratorio è raddoppiato in un anno, da 20mila a 40mila persone inducendo l’Ungheria ad alzare un muro con la Serbia. Secondo lo studio il giro d’affari con i migranti è di 10 miliardi di euro l’an-no ed in esso sol’an-no coinvolti mafia e Stato Islamico. Lo studio dell’Archivio Disarmo mostra che sono le economie più deboli a sopportare il grosso dell’emer-genza umanitaria dovuta all’aumento delle guerre. Il governo di Ankara si fa carico di 1.6 milioni di persone ma Amnesty denuncia violazioni dei diritti umani quello di Islamabad 1.5. Persino l’Etiopia ne ospita 700mila. Mentre in mezza Europa, soprattutto dell’Est, si al-zano muri per respingere migranti e rifugiati e men-tre nel resto del Continente, l’esodo biblico in atto produce tensioni politiche e sociali aspre e spesso

reazioni scomposte di impronta razzista, studi sul fenomeno attestano che non sono né la Grecia né l’Europa le aree del mondo più esposte al fenome-no. E’ il Medio Oriente la parte del pianeta più diret-tamente coinvolta e quella che al momento assorbe il maggior numero di disperati in fuga. Paesi con econ-omie assai più fragili di quelle europee come Iran, Egitto, Turchia, Libano, con masse di cittadini molto più povere rispetto agli europei, hanno in un modo o nell’altro aperto le porte dell’accoglienza.

Uno studio divulgato dall’Archivio Disarmo dal titolo “ Rotte migratorie e politiche di accoglienza “ afferma che Turchia . Libano , Giordania , Iraq ed Egitto os-pitano da sole il 97 per cento dei rifugiati siriani. La Turchia è la nazione con il maggior numero di rifugiati siriani e di altre nazionalità ospitati nel 2015 / 2016 ( circa 1 milione e 600 mila persone ).

Dietro alla Turchia il Pakistan ( 1 milioni e mezzo ) , il libano ( 1 milione e centomila ) , la repubblica islamica dell’Iran ( 982 mila )l’Etiopia (700 mila), la Giordania (654 mila). Tutti insieme questi paesi mediorientali assorbono circa il 35 per cento dei rifugiati totali, 20 milioni di persone in tutto.

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ll resoconto annuale dell’Alto commissario delle Na-zioni Unite per i Rifugiati (Acnur) divulgato nel giugno 2015 e dal titolo raggelante (Il mondo è in guerra) at-testa infatti che l’anno passato le persone costrette a migrazione forzate per sfuggire a scenari di guerra è stato di circa 60 milioni, 8,3 più dell’anno preceden-te. Dieci anni prima i migranti erano stati 22 milioni di meno. L’incremento è causato dall’aumento del-le guerre, 15 in più negli ultimi 5 anni.Otto in Africa , (Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e Burundi), 3 in Medio Oriente (Iraq, Ye-men e Siria), 3 in Asia (Kirghizistan, Myanmar, Paki-stan) e una in Europa (Ucraina). Dei quasi 60 milioni di migranti del 2014, 38,2 milioni sono sfollati inter-ni, cioè persone che fuggono dalle proprie case, ma restano all’interno dei confini della loro nazione. Un milione e 800 mila sono i richiedenti asilo, coloro che presentano domanda per ottenere lo status di rifugia-to, quasi 20 milioni i rifugiati in senso stretrifugia-to, compre-si i 5 milioni di palestinecompre-si.La riluttanza all’intervento umanitario di gran parte dell’Europa verso i migranti è oggetto di critiche da parte dei paesi del Medio Oriente, in prevalenza islamici. Il governo turco, per esempio, ha biasimato più volte gli Stati occidentali restii a fornire maggiore assistenza finanziaria. An-che se poi la stessa Turchia non ha esitato a usare la mano pesante tanto che Amnesty International ha denunciato le violazioni dei diritti a cui sono esposti gli sfollati proprio in Turchia dove le guardie di frontiera hanno sparato contro chi cercava di attraversare i va-lichi non ufficiali. All’interno dei confini, poi, le autorità turche nei 22 campi profughi allestiti sono riuscite fino a questo momento a gestire solo il 15 per cento dei rifugiati siriani, lasciando la gran massa restante al suo destino.

In alto a sinistra

8.Rifugiati siriani nei campi di accoglienza In Turchia (Reuters) 2016

In alto a destra

9.Rifugiati siriani nei campi di accoglienza In Turchia (Reuters) 2016

In centro :

10.Rifugiati siriani nei campi di accoglienza In Turchia (Reuters) 2016

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AD OGGI LE PERSONE IN

FUGA HANNO RAGGIUNTO

QUASI I SEI MILIONI DI

Figura

foto di Amato.F
foto di Clark Kaplan.

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