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Il Papiro 'Revenue Laws'

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Il Papiro 'Revenue Laws'

Oggetto di questo capitolo è il documento che più di tutti ha determinato e caratterizzato non solo l'andamento degli studi di storia economica tolemaica, ma anche di storia economica ellenistica e antica in generale. Unico nel suo genere, è stato usato alternativamente come prova per la distanza dell'Egitto tolemaico dal resto del mondo ellenistico.

Nell'introduzione alla prima edizione, il rev. Mahaffy scrisse di aver scelto la denominazione 'Monopoly Papyrus' proprio alla luce della sezione concernente gli olî. Fu Grenfell, invece, a giudicarla poco esaustiva e a suggerire, appunto, 'Revenue Papyrus':

«For so far as we can see, no source of revenue is anywhere discussed in it which is not levied through middlemen, through tax-farmers, and in no case are the officials to deal directly with the peasants, unless the tax-farmer fails to perform his duties. But for its awkwardness, the tax-farming and but for its pedantry, the Telonic Papyrus would be the most accurate designation»

[P.Rev., intro, xxxiv].

Non sarà inutile a questo punto ricordare in breve i punti salienti sulla datazione di questo centone di istruzioni fiscali. Molti degli studiosi che si sono interrogati su P.Rev. hanno talora trascurato l'importanza delle correzioni operate in itinere, non dando il dovuto peso alla differenza tra norme generali e incidentali493. La sezione

sugli olî (coll. 38-72) è interamente contenuta nei primi due rotoli (quelli meglio preservati, acquistati da Flinders Petrie nel 1893-4: coll. 1-72) ed è vergata da cinque mani diverse: H3494: col.38; H6: cols. 39-48; H7: cols. 49-56; H82: cols. 57-58; H9:

cols. 59-72. Secondo Grenfell vennero dapprima stese le coll. 38-56 (H3, H6, H7),

493 L'editio princeps rimane la descrizione fisica più dettagliata del documento. 494 La stessa di col. 23 (incipit della sezione sull'apomoira): vd. P.Rev. p. 121.

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inviate all'ufficio del dioiketes per la supervisione; al documento corretto venne aggiunto un secondo rotolo (coll. 59-72), con la ripetizione di un paio di colonne (57-8 e 59-60, quasi identiche).

Il fatto che a 57.7-13 si faccia riferimento ad eventuali cambiamenti nella superficie seminata induce a pensare che questa sezione fosse scritta dopo che alcuni cambiamenti erano intervenuti, per rassicurare gli appaltatori candidati.

Com'è noto, vino, papiro e birra non erano sottoposti a monopolio. Come già notato da Mahaffy nella prima edizione, in quei casi «there is no limitation of the amount produced or the retail price demanded, but an inquiry into the actual quantity as a basis for taxation; in both cases the excise takes care to watch and register the amount produced in each locality of manufacture, and so far to pry into private industry» [P.Rev., intro, xxxiv-xxxv].

Sin dalla sua prima edizione (e sopratutto in merito alla sezione sugli olî), P.Rev. ha sollevato più dubbi di quanti non ne abbia sciolti e ha suggerito analogia con fatti economici recenti o contemporanei, come i monopolî del tabacco [P.Rev., intro, xxxv] e la politica economica per il lino nell'Ulster di fine XIX sec [id., xxxv].

Si omette in questa sede l'ennesima sintesi dell'interpretazione dirigista di Préaux495:

si preferisce piuttosto riprendere le fila della critica dalla bibliografia di Jean Bingen. L'influente studioso belga ebbe il merito di sorpassare e capovolgere la prospettiva dirigista496. Tuttavia, come si è detto sopra, Bingen mantenne un unico punto di

paragone con la fiscalità tolemaica, ossia, l'esperienza greca classica, ateniese in modo particolare. Su questo palcoscenico egli potè presentare la fiscalità tolemaica come un paradosso497, con particolare riferimento alla leva fiscale.

Inoltre, c'è probabilmente un'interpretazione non corretta di P.Rev. e degli altri papiri e ostraca che riguardano gli appalti per la riscossione di tasse. Tra gli storici dell'economia antica, è diffusa l'opinione che nell'Egitto tolemaico

l'appaltatore non avesse il diritto né l'onere di riscuotere le tasse. Questa caratteristica viene di solito individuata come la differenza di maggior rilievo tra l'archetipo greco e la derivazione egiziana498. Questa opinione è con tutta probabilità frutto della 495 Vd. e.g. BINGEN 2007 [1978], 159-168 and passim.

496 Che verrà successivamente smussata dalla stessa Préaux (1978).

497 La definizione di paradosso ricorre numerose volte in BINGEN 2007 [1978].

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proiezione di alcune norme contenute nella prima e nella terza sezione di P.Rev. sull'intero sistema esattoriale. Si tenterà qui di approfondire il problema.

Come si è visto nel capitolo precedente, la teoria moderna sulla leva fiscale opera una distinzione tra tre tipi di contratto tra lo stato e i riscossori: contratto salariale, contratto a canone e contratto a percentuale. Si è visto ancora come

nell'Egitto tolemaico esistesse un sistema misto di contratto salariale e a canone. Ciò detto, quel che importa in questa sede non è stabilire se l'esattore trattenesse (e quanta) parte della leva (si è dimostrato come ciò non avvenisse), ma se prendesse attivamente parte alla riscossione. Préaux (1939, 178-9) dovette ammettere che in alcuni casi gli appaltatori potevano agire in veste di intermediarî tra i contribuenti e i luoghi dell'esazione (trapezai, logeuteria, etc.): a proposito dell'esazione

dell'apomoira ella scriveva che «elle peut être versée à la banque par les vignerons, locataire ou propriétaires, mais naturellement il est possible que le fermier fasse pour eux le payment». D'altra parte, l'affermazione che l'appaltatore tolemaico non

partecipasse alla leva è stata parzialmente abusata: l'idea è corretta se si intende che non esistesse alcuna forma di contratto a percentuale, ma è errato dedurne che gli appaltatori non erano coinvolti nella leva (salvo naturalmente quando ciò non fosse esplicitamente proibito)499.

Si prenda in considerazione l'uso tecnico del verbo πράσσω/-ομαι, 'far pagare, riscuotere', riferito agli appaltatori in P.Rev.:

15.11-2 (tassa sconosciuta):

οἱ πριάμενοι τὰς ὠ[νὰς πρασσ]έσθωσα[ν τοὺς] ὑποτελεῖς πάντ[ας

che gli appaltatori riscuotano da tutti quelli che sono soggetti alla leva

paradox: the collection of the tax is no longer carried out by the tax-farming company, although that was its role in classical Greece».

499 Questa interpretazione era stata in qualche modo avanzata da Wilcken (WO I, p. 555 e W.Chr. I.1,

p.184) ed è rimasta sostanzialmente inascoltata: Wilcken interpretava gli esattori come subordinati agli appaltatori, operando una distinzione che esisteva, ma senza un valore universale. Inoltre, quando gli esattori agivano separatamente dagli appaltatori, i primi erano per lo più lavoratori salariati, direttamente dipendenti dalla corona.

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Qui il testo è chiaro: chi si è aggiudicato il contratto per la riscossione della tassa in questione ha anche l'onere di riscuoterla. Non si vede altra interpretazione possibile, a meno di non supporre un secondo livello di causatività del verbo, inteso dunque come 'far sì che qualcuno riscuota', indi 'prendersi cura della riscossione'. Sarebbe un significato altrimento non attestato, dal momento che ogni volta che il verbo

compare con questo significato ha per soggetto un riscossore500. Lo stesso vale per il

passo successivo:

28.9-11 (apomoira)

ὁ δὲ τελώνης ἐὰν πρός τινα τῶν [γεω]ργῶν μὴ συγγράψηται βουλομένου, [μὴ] ἔστω α̣ὐτῶι τούτων ἡ πρᾶξις

se l'appaltatore non stipula intenzionalmente l'accordo con alcuni dei contadini, non gli sia concesso il diritto di riscossione su di essi501

Nella parte sull'elaike il verbo compare due volte:

58.3-4

[οὐ πράξονται οἱ πριάμε]νοι τὴν ἐλαικὴν ἐξ [οὗ ἂν νομοῦ τὸ πλεονάζον(?) ἐξάγωμεν τέλος ο]ὐθέν

Gli appaltatori per l'elaike non riscuoteranno alcuna tassa dal nomos dal quale esportiamo il surplus(?)

59.16-8

οὐ πράξονται τὸ τέλος τὸ ἀπὸ τοῦ σησάμου καὶ τοῦ κρό[τ]ωνος

non riscuoteranno la tassa sul sesamo e sul ricino

In questi due ultimi passsaggi l'esazione da parte degli appaltatori è esplicitamente proibita, ma il testo, se analizzato più a fondo, mostra delle difformità rispetto ai casi visti sopra. Le coll. 57-9 sono identiche alle coll. 59-60, sebbene scritte da due mani diverse (H8 e H9) ed entrambe sono rubricate come διόρθωμα τοῦ νόμου ἐπὶ τῆι

500

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ἐλαικῆ. Quale che sia la natura di questo aggiustamento (vd. infra), in questa sezione è usato solo il tempo futuro e si tratta probabilmente dell'excerptum di una syngraphe (vd. supra cap. 2).

Un dubbio sorge anche per le molte ricevute su ostrakon che registrano pagamenti di tasse versate agli appaltatori502. In tutti questi casi è indubbio che gli appaltatori

ricevevano le tasse dai contribuenti e, attraverso la ricevuta, ne attestavano il pagamento.

Il contenuto di P.Rev. Qualche osservazione

La prima parte del papiro (coll. 1-22), assai lacunosa, contiene norme generali per i contratti d'appalto: si trovano qui le linee guida per il cambio di mano in corso d'opera da un appaltatore a un altro, l'organizzazione e il controllo della riscossione, i salari degli esattori, dei loro subordinati e degli ispettori (questi ultimi pagati ben 100 dr. al mese), le condizioni e gli obblighi contrattuali, i registri contabili mensili e annuali (coll. 16-20, quelle conservate meglio in questa sezione503). Gli esattori

(logeutai ἐν τῶι Ἐμπορίωι504) menzionati a 9.2 devono essere quelli in ruolo per

l'emporium di Alessandria, nominati anche da Strabone (17.1.09f, C794): il termine è piuttosto inusuale nei papiri rispetto al ben più diffuso agora. Si propone qui

l'interpretazione come toponimo piuttosto che come nome comune, estendendola possibilmente a tutti i papiri tolemaici in cui occorre505. In questo caso il valore

toponimico è confermato dal contesto:

502 La formula più ricorrente vede l'appaltatore καὶ μέτοχοι (e socî) ricevere un pagamento per

versarlo alla banca/thesauros.

503 Bingen (2007 [1978], 164, n. 14) mette in guardia dalle generalizzazioni: «one could understand

that the accounting procedures were to be generalized to all of the other farmed revenues … but such an interpretation does not impose itself».

504 ἐμπορίωι in entrambe le edizioni.

505 PCZ I 59025.9 (Alessandria, 258 a.e.v.), PSI 4 413.5-6 (Philadelphia, metà III sec. a.e.v.), insieme

a P.Rev. 93.11 e 107.1. Più correttamente edito come toponimo in P.Zen.Pestm. 25.3 (Arsinoite, 257 a.e.v.) e P.Zen.Pestm. 76.5 (Alessandia, 258): l'identificazione con il quartiere alessandrino è dovuta a EDGAR 1935 seguito da FRASER 1972, II, 72, n. 165. Cfr. l' ἐμπόριον ξενικόν di P.Tebt. 1 5.35 (= W.Chr. 260; C.Ord.Ptol. 53).

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ἀφʼ ἧς δʼ ἂν ἡμέρας τὴν ὠνὴν παραλάβωσιν, οἱ ἐν τῶι Ἐμπορίωι λ[ο]γευταὶ [ἐκ]τιθέτωσαν ἐ[ν τ]ῶι τελωνίωι ἐν ἡμέρα[ις] δέκ\α/ τὸν τ[ῆ]ς [ὠνῆς νό]μον γράψαντες γράμμασιν ἑλλη[νικοῖς τε καὶ ἐγχ]ωρίοις καὶ ἐάν τι πρόγραμμα [περὶ τῶν συγκυρόντω]ν̣ ταῖς ὠναῖς γένηται γεγρα[μμένον.]

P.Rev. 9.1-6

Entro dieci giorni da quelli in cui abbiano ricevuto il contratto, che gli esattori in Emporion pubblichino la legge del [contratto] nell'ufficio fiscale, scrivendo in greco e in egiziano, e qualora vi sia una notizia pubblica [su ciò che pertiene] al contratto, che venga messa per iscritto.

Bagnall e Derow (2004, num 104) traducono: «Within ten days from that on which they take up the contract, let the collectors in the market be announced in the customs-house, writing the law of the [contract] in Greek and in Egyptian»,

traduzione non condivisibile per alcune ragioni.

Primo, i logeutai sono pubblici ufficiali ingaggiati per la leva fiscale che di fatto non si assumono personalmente gli obblighi del contratto e qui il verbo non è il più comune ἐκλαμβάνω. Più probabilmente occorre intendere qui il momento in cui essi avessero ricevuto il (testo del) contratto stipulato dopo l'assegnazione.

Secondo, [ἐκ]τιθέτωσαν è a diatesi attiva: i logeutai non 'vengono annunciati', ma hanno l'onere attivo di pubblicare (e questo è d'altronde il significato più comune di ἐκτίθημι in contesti analoghi); τὸν νόμον è oggetto e di [ἐκ]τιθέτωσαν e di

γράψαντες, e da ciò deriva la sua posizione nel testo. A questo punto sorge un dubbio sull'interpretazione del telonion menzionato: si tratta di una dogana, come è quasi unanimemente interpretato, o di un ufficio esattoriale? Stando all'evidenza, il secondo è il significato più probabile506, quello di dogana non essendo mai attestato

sui papiri. Infine, anche aver forzato il testo non pare abbia portato a un

miglioramento semantico e sfugge il senso di un gruppo non meglio identificato di esattori, di base nel mercato (quale mercato?) e annunciati alla dogana (per quale ragione?).

La seconda parte (coll. 23-36) concerne la tassa proporzionale in moneta sul valore del prodotto di vigneti e giardini, l'apomoira (vd. supra)507: l'ammontare e la natura 506 Così, CLARYSSE – THOMPSON 2006, 5.

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della tassa, la vendemmia e il trasporto nei magazzini, la gestione delle presse, le condizioni del contratto, la leva fiscale, il trasporto del vino, il trattamento del vino invenduto, la gara d'appalto, due decreti regî. Avendo trattato di questa tassa nel capitolo precedente, si preferisce dar spazio qui ad alcuni problemi particolari.

οἰνοποιείτω ὁ γεωργὸς καὶ μετρείτω τοῖς μέτροις τοῖς ἐν ἑκάστωι τῶν τόπων ὑπάρ[χο]υ̣σ̣ι̣[ν] ἐξητασμένοις καὶ ἐσφραγισμένοις [ὑπὸ τοῦ ο]ἰκονόμου καὶ τοῦ ἀντιγραφέω[ς καὶ ἐκ] τοῦ̣ γενομένου μέτρου τὴν ἀπόμ[οιρ]α[ν ἀ]ποδιδότω. [25.7-13]

Che il contadino vinifichi e misuri secondo gli standard in uso in ciascun luogo, dopo che siano stati testati e sigillati dall'oikonomos e dall'antigrapheus; e a seconda della quantità misurata si lasci che paghi l'apomoira.

I coltivatori vengono lasciati liberi di far uso delle unità di misura alle quali sono abituati, per le quali dovevano certamente esistere delle tabelle di conversione al metro basato sul metrete da 8 choes, dal momento che quest'ultimo veniva utilizzato per stabilire l'ammontare della tassa dovuta dopo l'imbottamento nei recipienti forniti dai coltivatori (col. 32). Ciò ebbe certamente a rallentare il processo, specialmente in ragione del fatto che agli stessi coltivatori era richiesto di fornire i recipienti pagati poi dall'oikonomos attraverso la banca, possibilmente prima dell'imbottamento. La ragione di questo apparente aumento dei costi di transazione sta probabilmente nel fatto che le misure locali erano quelle in uso nei mercati locali: in questo modo, per quanto a scapito del costo dell'operazione, l'amministrazione abbatteva i rischi e garantiva il gettito fiscale senza turbare i mercati locali. L'assunzione di questo ulteriore passaggio intermedio tuttavia aumentava il rischio di frodi, il cui rischio veniva addossato agli appaltatori:

ἐὰν δʼ [ἔκ]δεια πρασσέτω παρὰ τοῦ ἀρχόνου κ[αὶ] τῶν μ[ε]τόχω[ν] καὶ τῶν ἐγγύων παρʼ ἑκάστου τ[ὸ] ἐπιβάλλον·τὴν δὲ [π]ρᾶξι[ν] ποιε[ί]σθω ἐν τ[ῶι ἐχο]μένωι ἐνιαυτῶι ἐν τῆι π[ρ]ώτ[ηι] τριμηνί[αι].

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Ma se si prova un ammanco (scil. l'oikonomos) esiga dal capo appaltatore e dai suoi socî e dai garanti l'ammontare dovuto da ciascuno nei primi tre mesi dell'anno successivo.

In questa sezione questo sembra essere l'unico rischio corso dagli appaltatori e dai loro garanti. Dal momento che la stima era stata fatta dagli agricoltori stessi al momento della vendemmia (col 25 per le vigne e col. 29 per i giardini), è evidente che il rischio risiedeva interamente nelle frodi e in errori di conto o di previsione. È per questa ragione che l'appaltatore aveva la piena responsabilità e l'interesse a controllare ogni passaggio della vinificazione, ma, con lo scopo di assicurazione i coltivatori dalle vessazioni, il legislatore prevedeva che un accordo (syngraphe) venisse stipulato tra le parti sulla resa e che, se l'appaltatore non vi fosse riuscito egli avrebbe perduto ogni diritto alla riscossione dell'ammontare relativo (col .28). Più esattamente è previsto che:

Ὁ δὲ τελώνης ἐὰν πρὸς τινα τῶν [γεω]ργῶν μὴ συγγράψεται βουλομένου, [μὴ] ἔστω αὐτῶι τούτων ἡ πρᾶξις.

[28.9.11]

se l'appaltatore non stipula intenzionalmente l'accordo con alcuni dei contadini, non gli sia concesso il diritto di riscossione su di essi508

Dunque, a quanto pare, in questo caso era l'appaltatore che riscuoteva la tassa, nonostante al momento del pagamento venisse rischiesta anche la presenza dei pubblici ufficiali (col. 30). Diverso era il caso dei giardini, dove la tassa doveva essere pagata all'oikonomos (col. 29), dopo che il contratto tra i coltivatori e gli appaltatori era stato siglato.

L'idea che l'intero P.Rev. sia da considerarsi un centone realizzato sulla base di fonti diverse è confermata non solo dall'inserzione dei decreti regî, ma anche dalla composizione e dallo stille delle sezioni. Ci sono infatti, anche in questa sezione, delle cesure nette: in particolare a 33.9, quando il testo torna ai termini della gara d'appalto, questa volta concentrandosi sui compiti dei basilikoi grammateis e sulla

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produzione di garanzie da parte degli appaltatori. Il termine che descrive questi ultimi è qui priamenoi509, assente nella prima parte della sezione.

Risk sharing

In caso di semina inadeguata il rischio ricadeva quasi interamente sulle spalle dei pubblici ufficiali, che dovevano pagare 2 talenti di multa al basilikon e la tetarte agli appaltatori in luogo dei contadini. Inoltre, gli ufficiali dovevano corrispondere anche l'utilità marginale attesa (epigenema510) del sesamo e del ricino agli esattori511.

Virtualmente gli appaltatori non perdevano niente (nonostante tecnicamente rischiassero l'insolvenza degli ufficiali pubblici), la corona guadagnava un paio di talenti (con lo stesso rischio) e i contadini non rischiavano nulla.

Normalmente era compito degli appaltatori di dare 2/3 dell'olio pressato (τοῦ κατεργαζομένου ἐλαίου) agli operai (P.Rev. 45.1-6). A questo punto ci si interroga sulla sorte di quella porzione di entrata in ammanco nel caso di semina inadeguata. Qualcosa del genere si registra più di un secolo più tardi in P.Tebt. 1 66.62

(Kerkeosiris, 120 a.e.v.)

Si noti che la parola epigenema è conosciuta solo dai papiri egiziani, dove i significato è sia di prodotto in eccesso (stoccato), sia di profitto marginale. D'altra parte, il lessico egiziano è persino più esaustivo quanto ai significati e agli usi di 'profitto' ḥw512. Dal momento che l'uso di ḥw nei documenti demotici è ben attestato

già nel V sec. a.e.v.513 con tutte le sfumature che presenta nei più tardi testimoni

tolemaici, si può supporre che con l'attuale mancanza di antecedenti e paralleli, il greco epigenema sia la traduzione dell'egiziano ḥw, per come questo era concepito nella pratica agricola, economica e legale egiziana514.

509 Vd. supra.

510 Nella sezione sull'apomoira, una volta che l'uva era venduta, la banca regia corrispondeva

l'epigenema agli appaltatori attraverso l'oikonomos . D'altra parte, come si è visto, in caso di deficit l'appianamento era onere degli appaltatori e dei loro garanti.

511 P.Rev. 40.3-12.

512 Con il significato generale di 'extra'. Vd. EG e CDD, s.vv. = eg. ḥȝw 'aumentare' (vd. Wb, s.v.). 513 Vd. HUGHES 1963.

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P.Rev. 38-56

Si da qui di seguito la prima traduzione italiana della sezione sugli olî di P.Rev. Nel comporla si è tenuto conto delle osservazioni fatte sopra e nel capitolo precedente, specie in relazione all'uso dei tempi, la cui resa si ritiene di dover differenziare di volta in volta, per rendere giustizia alla natura collectanea del testo, senza cercare di riprodurre una omogeneità che è assente nel greco.

(Col. 38) Anno 27°, giorno 10 nel mese di Loios, abbiamo revisionato negli uffici di Apollonio il dioiketes.

(Col. 39) [--- di sesamo] l’artaba da 30 chenici, setacciata, per la macina, 8 dracme; di ricino un’artaba da 30 chenici, setacciata, per la macina, 4 dracme; di cartamo un’artaba setacciata, per la macina, 1 dracma, 2 oboli; di semi di zucca, un’artaba, 4 oboli; di semi di lino, 3 oboli.

— — —

Nel caso in cui il contadino non voglia dare i semi setacciati per la macina, li prelevi setacciati, misuradoli, dall’aia e li aggiunga a quelli già setacciati per la macina nella misura di 7 artabe ogni 100 di sesamo; lo stesso per il ricino; per il cartamo, nella misura di 8 artabe.

Prendano dai contadini, per la tassa di 2 dracme conteggiata sul sesamo, e di 1 dracma conteggiata sul ricino, sesamo e ricino al prezzo prescritto nella disposizione (come pagamento), e non riscuotano denaro.

— — —

A nessun altro diano facoltà i contadini di vendere sesamo o ricino.

(Col. 40) [ca. 5 rr.] e consegnino al comarco un contrassegno di quanto [hanno preso] da ciascuno dei contadini. Se non dessero il contrassegno, il comarco non li lasci uscire dal villaggio. In caso contrario, paghi al basilikon 1000 dracme e la somma pari all’ammontare di 5 volte il danno causato al contratto d’appalto.

— —·—

V e n d e r a n n o olio di sesamo e di cartamo nella chora in cambio di bronzo al prezzo di 48 dracme per un metrete da 12 choes, e invece di ricino e di semi di zucca e quello da illuminazione 30 dracme per un metrete (s.m. l’olio di sesamo e di

significati non attribuuibili al greco: e.g. 'aggiunto' di nuovi adepti in associazioni religiose (P.LilleDem. 29.21, Ghoran, 223 a.e.v.).

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cartamo e di ricino e di semi di zucca e quello per l’illuminazione in cambio di bronzo, al prezzo di 48 dracme per un metrete da 12 choes, o due oboli per una kotyle).

— — —

Ad Alessandria e in tutta la Libia, l’olio di sesamo (sarà venduto al prezzo di) 48 dracme il metrete; quello di ricino a 48 dracme il metrete (s.m. quello di sesamo e quello di ricino a 48 dracme il metrete, o 2 oboli la kotyle). E s o d d i s f e r a n n o nella quantità necessaria quelli che vogliono acquistar(lo), vendendolo nelle regioni e in tutte le città e nei vilaggi [---] misure che sono state stabilite dall’economo e dall’antigrapheus.

(Col. 41) [ca. 5 rr.] l'economo e l'antigrapheus gli accordi al nomarca. — — —

Esibiscano la semina all’amministratore dell’appalto l’economo e l’antigrapheus e se non trovassero, dopo aver misurato la terra, la quantità (stabilita) di arure, il nomarca e il toparca e l’economo e l’antigrapheus, ognuno dei responsabili, paghino al

basilikon 2 talenti e agli appaltatori 2 dracme per ogni artaba di sesamo che

avrebbero dovuto percepire e 1 dracma per ogni artaba di ricino e il profitto dell’olio di sesamo e di ricino. Il dioiketes percepisca da loro. vd. sul verso.

(Col.41v)

[L'appaltatore im]partirà gli ordini [in relazione al] sesamo e al ricino [da seminare per gli altri] nomoi

— —

il dioiketes esigendo la cifra dovuta dagli ufficiali che hanno ricevuto gli ordini e paghi ai nomoi che avrebbero dovuto ricevere il sesamo e il ricino.

— — L'economo — — (Col. 41r)

L’economo darà al toparca o al nomarca in carica nel nomo, prima della stagione della semina del sesamo e de del ricino, 4 dracme per ogni piantagione di sesamo, 2 dracme per ogni piantagione di ricino. Riceverà dall’aia in cambio del

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(Col. 42) [ca. 5 rr.] l'appaltatore sul prezzo. Quando giunga la stagione del raccolto del sesamo e del ricino e del cartamo, i contadini avvisino il nomarca e il toparca o, dove non vi siano nomarca e toparca, l’economo e questi convochi l’appaltatore, e l’amministratore dell’appalto, andando con loro sulla piantagione, ne faccia una stima.

— —

I [lavoratori (laoi)] e gli altri contadini valutino il loro raccolto secondo le specie prima di depositarlo e facciano una dichiarazione sigillata in doppia copia della stima all’appaltatore e i lavoratori dichiarino ciascuno quanto ha seminato, secondo le specie, sotto giuramento, e quale ne è la stima e appongano il sigillo sulla

dichiarazione, e vi apponga il sigillo anche il funzionario mandato dal nomarca o dal toparca.

(Col. 43r) [ca. 5 rr.] misurino davanti ai contadini. vd. sul verso.

(Col. 43v) L'oikonomos e l'antigrapheus f[accian]o515 la stima del sesamo e del ricino

previsti per la semina negli altri nomoi e prendano il sesamo e il ricino dai contadini. (Col. 43r) Il nomarca o l’addetto al nomo dichiari 60 giorni prima del deposito, la somma delle arure, contadino per contadino. Se non lo fa o non mostra che i

contadini hanno seminato la quantità di terra prescritta paghi all’appaltatore anche la penalità prescritta e poi sia lui stesso l’esattore presso i contadini disobbendienti. Quanti sono esenti da tasse nella chora o nella dorea o hanno in gestione villaggi e terra, misurino quanto posseggono di sesamo e di ricino e di altre derrate sottoposte all’elaike, lasciando(si) sempre semenze sufficienti per la semina, ottenendo in bronzo la somma di 6 dracme per 1 artaba di sesamo, di 3 dracme, 2 oboli per 1 artaba di ricino, di 1 dracma per 1 artaba di cartamo.

(Col. 44) [ca. 5 rr.] che è un ergasterion, e lo approvino dopo averlo contrassegnato. — —

Nei villaggi che sono nella dorea non sia concesso construire alcun oleificio. — —

Forniscano a ciascun ergasterion una quantità sufficiente di sesamo, ricino e cartamo. — —

515 L'integrazione π[οιήσουσι]ν è certamente sbagliata visto il successivo πα[ρα]λαμβανέτωσαν. Si

(13)

Non sia concesso di spostarsi in un altro nomo agli oliandoli ordinati in uno; se qualcuno fuoriuscisse, siano passibili di cattura ad opera dell’appaltatore, dell’economo e dell’antigrapheus.

— —

Nessuno accolga questi oliandoli. Se qualcuno li accogliesse sapendolo, o nonostante la legge non li riportasse indietro, paghi per ciascun oliandolo 3000 dracme e questi sia passibile di cattura.

(Col. 45) [1 r.] spartiscano [. . . .] dell’olio e dal surplus dell’olio confezionato [del. e venduto] si dia agli oliandoli per ogni metrete di 12 choes 2 [del. 3] dracme, 3 oboli. Di ciò prendano 1 [del. 2] dracma e 4 oboli l’oliandolo e i pestatori, e [del. 1]

{dracma} 5 oboli gli appaltatori. — —

Se l’economo o il suo rappresentante non da agli oliandoli il salario o quello che spetta loro dalla vendita, paghi al basilikon 3000 dracme e agli oliandoli 2 volte la somma che non è stata dovuta come da appalto.

— —

Se gli oleifici non rendono come prescritto e non forniscanno prodotti a sufficienza o da ciò sia evaso l’appalto, paghino l’economo e l’antigrapheus il difetto e 2 volte il danno agli appaltatori.

L’economo e l’antigrapheus [provvedano] all’allestimento in ogni ergasterion. (Col. 46) [ca. 5 rr.] andando per pagare il salario, non ostacoli il lavoro né evada in alcun modo l’appalto.

Se non contribuisce o evade in qualche modo l’appalto, sia giudicato dall’autorità della dioikesis, e, qualora sia trovato colpevole, paghi 2 talenti d’argento e il doppio del valore del danno arrecato.

Gli appaltatori e l’antigrapheus (dell’appalto) ingaggiato dall’economo e

dall’antigrapheus s o v r i n t e n d e r a n n o su tutti i produttori di olio nel nomo, sugli ergasteria e sui mezzi e contrassegnino i mezzi nei periodi di non produttività. — —

Costringano gli oliandoli a lavorare giorno per giorno e li sorveglino, facciano in modo che ogni giorno non finiscano in ogni macina meno di 1 artaba di sesamo, 4 di ricino, 1 di cartamo, diano [.] dracma per [.] artaba di sesamo, 4 dracme, per [.] di ricino, 8 dracme per [.] artaba di cartamo.

(14)

(Col. 47) [ca. 5 rr. ] Né l’economo, né l’appaltatore si accordino con gli oliandoli sulla produzione dell’olio, con nessun pretesto, né lascino privi di contrassegno gli attrezzi negli ergasteria durante i periodi di inoperosità. Se daranno ordini a qualcuno degli oliandoli o lasceranno non sigillati gli attrezzi, rispondano al basilikon di una pena di 1 talento, più il valore di eventuali mancanze.

— —

Il messo dell’economo e dell’antigrapheus registri i nomi dei venditori che si trovano in ogni città e quello dei piccoli commercianti e ordini loro, insieme con gli

appaltatori, quanto olio e ricino, prendendolo giorno per giorno, bisogna che

vendano; ad Alessandria diano disposizioni ai palinpratountes e scrivano un accordo, a quelli che rimangono nella chora, mese per mese, a quelli ad Alessandria [- - -] (Col. 48) [ca. 5 rr.] Quanto olio e ricino i grossisti e i venditori al dettaglio

d i c h i a r e r a n n o di vendere in ciascun villaggio, l’economo e l’antigrapheus lo trasportino prima dell’inizio del mese nella quantità stabilita per ciascun genere in ciascun villaggio e controllino misurando ogni 5 giorni (il carico) dei venditori al dettaglio e dei grossisti e se è possibile, riscuotano la tassa lo stesso giorno, purché non trascorrano i 5 giorni e paghino nella banca regia e risarciscano la spesa per il trasporto.

— —

Denuncino quanto hanno ordinato a ciascuno, dieci giorni prima dell’inizio del mese e scrivendolo dichiarino quanto hanno trovato in 10 giorni nella metropoli e nel villaggio e facciano una dichiarazione di ciò dopo essersi accordati.

(Col. 49) [ca. 8 rr.] né le macine, né i torchi né null’altro di quanto è usato in quest’industria con nessun pretesto, in caso contrario, risponda al basilikon di una multa di 5 talenti, e di 5 volte il danno subito dagli appaltatori. Quelli che

posseggano uno di questi attrezzi, lo dichiarino all’amministrazione dell’appalto e all’addetto dell’economo e dell’antigrapheus, entro 30 giorni e mostrino le macine e i torchi.

— —

Gli appaltatori e l’economo e l’antigrapheus li trasportino agli oleifici reali.

Se si scopre che qualcuno produce da sé sesamo, ricino, o cartamo in qualche modo o compra olio di sesamo o di cartamo o di ricino altrove e non presso gli appaltatori, di lui giudichi il re, e risponda agli appaltatori della multa di 3000 dracme e sia privato

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dell’olio e delle derrate. Questi sia escusso dall’economo e dell’antigrapheus e se è senza mezzi,

(Col. 50) [7 rr.] con nessun pretesto condurre ad Alessandria fuori dal basilikon. Se qualcuno trasporta beni di consumo per più di quanto possa consumare in 3 giorni, sia privato delle derrate e dei mezzi di trasporto e risponda di una multa di 100 dracme per ogni metrete e più o meno secondo il conto.

— —

I mageiroi si servano del grasso giorno per giorno davanti all’appaltatore dell’elaike, e non lo vendano da sé a nessuno con nessun pretesto né lo fondano, né se lo

conservino, in caso contrario, rispondano il venditore e l’acquirente di una multa di 50 dracme per ognuno dei pezzi comprati.

Gli oliandoli dei santuari nella chora dichiarino all’appaltatore e all’addetto dell’economo e dell’antigrapheus quanti oleifici ci sono nel santuario e quante macine in ogni ergasterion

(Col. 51) [- - -] e quanti torchi, e mostrino gli ergasteria e prestino al sigillo le macine e i torchi [- - -] se gli addetti del tempio non dichiareranno o non metteranno a

disposizione, ciascuno dei colpevoli risponda al basilikon di una multa di 3 talenti e agli appaltatori di 5 volte la stima del danno. Qualora vogliano produrre olio di sesamo nei santuari, ricorrano agli appaltatori e all’addetto dell’economo e dell’antigrapheus e producano l’olio davanti a essi e ne producano in due mesi quanto avranno dichiarato che sarebbe stato consumato in un anno. Il ricino da consumare lo prendano dagli appaltatori al prezzo stabilito.

— —

L’economo e l’antigrapheus spediscano al re la dichiarazione di quanto ricino e sesamo è stato consumato in ciascun tempio; ne diano una anche all’addetto della diocesi. Non sia possibile vendere ad alcuno fuori dal tempio l’olio lì confezionato, altrimenti

(Col. 52) siano privati dell’olio e rispondano di una multa di 100 dracme e più o meno secondo il conto.

Non sia concesso condurne nella chora per venderlo né da Alessandria, né da Pelusio, né da altrove in nessun modo. Se qualcuno lo portasse, sia privato dell’olio e

risponda di una multa di 100 dracme per metrete e più o meno secondo il conto. — —

(16)

Se qualcuno introducesse olio straniero per uso personale, quelli che lo portano da Alessandria, lo dichiarino ad Alessandria e depositino 12 dracme per ogni metrete e più o meno secondo il conto, e se lo portino solo dopo aver preso un contrassegno. — —

Quelli che lo portano da Pelusio depositino la tassa a Pelusio e prendano il contrassegno.

— —

Gli esattori ad Alessandria e a Pelusio proporzionino la tassa a seconda del nomo in cui l’olio viene trasportato.

— —

Se alcuni portando per uso privato l’olio, non pagassero le tasse o non prendessero il contrassegno, siano privati dell’olio e rispondano di una tassa di 100 dracme per metrete. Quanti dei mercanti portassero ad Alessandria da Pelusio olio straniero o siriano, siano esenti dalle tasse, ma ricevano il contrassegno dall’addetto (esattore ed economo) a Pelusio come è scritto nella legge [1 r.] (Col. 53) [- - -].

(Col. 54) [14 rr.] Gli appaltatori e gli antigrapheis registrino ad Alessandria e a Pelusio l’olio mandato dalla Siria a Pelusio e ad Alessandria e contrassegnino i magazzini e tengano nota dei consumi.

L’antigrapheus dell’appalto nominato dall’economo calcoli con l’appaltatore mese per mese in presenza dell’antigrapheus e scriva nei registri quante derrate e di che genere sono state prese e quante

(Col. 55) sono state prodotte e vendute al prezzo scritto nella legge [---]e il prezzo delle cose comprate [---] scritto nella legge [5 rr.] e quanto dal raccolto è previsto sia suddiviso all’oliandolo e all’amministratore dell’appalto come anche le eventuali spese per il trasporto delle derrate.

I compensi agli appaltatori siano dati loro dalla spartizione dei proventi.

Ad Alessandria il salario per la fabbricazione dell’olio di sesamo e la paga per il mediatore e i compensi siano dati come annunciato all’atto della vendita.

Ispezione. Se gli appaltatori e i loro ufficiali volessero ispezionare dicendo che l’olio che posseggono alcuni è frutto di latrocinio e che (ci sono) oleifici (clandestini), ispezionino in presenza dell’ufficiale dell’economo o dell’antigrapheus. Se l’ufficiale dell’economo o dell’antigrapheus, convocato, non li accompagni o [non] rimanga fino alla fine dell’ispezione, risponda di una multa agli appaltatori di due volte il

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valore intimato e [del. non] sia concesso agli appaltatori di ispezionare [entro .] giorni.

(Col. 56) [6 rr.] quello che non ha trovato le cose che diceva di cercare, sia concesso all’ispezionato che quegli giuri nel tempio di aver fatto l’ispezione per nessun altro motivo che a causa di accusatori e sovrintendenti all’appalto.

Se non giurasse lo stesso giorno o il successivo, corrisponda a quello che l’ha fatto giurare il doppio della stima del valore prima dell’ispezione.

Gli appaltatori porranno dei garanti per il loro obbligo alla vigesima e

corrisponderanno le cifre corrette ogni giorno alla banca e l’acconto mensile prima della metà del mese successivo.

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