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MATERIALI E METODI

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

MATERIALI E METODI

2.1

Hardware: unità SHIMMER

L’unità di misura inerziale (Inertial Measurement Unit, o IMU), è un sistema elettronico a 6 gradi di libertà basato su sensori inerziali, come accelerometri e giroscopi.

In questo lavoro di tesi sono state utilizzate due IMU come unità sensoristiche, assemblate e commercializzate da SHIMMER ( Sensing Health with Intelligence, Modularity, Mobility, and Experimental Reusability), azienda leader in sensori wireless indossabili, fondata nel 2008, con sede centrale a Dublino, Irlanda [59].

Shimmer3 è un dispositivo a basso consumo, che fornisce una vasta gamma di funzionalità necessarie per il rilevamento wireless. Il design è fatto in modo che esso sia confortevolmente indossabile, il dispositivo contiene un microcontrollore. Le informazioni necessarie possono essere inviate in modalità wireless al computer tramite l'interfaccia Bluetooth, oppure i dati possono essere memorizzati a bordo per mezzo di una scheda microSD. Un'immagine dell’unità Shimmer utilizzata è rappresentata in Figura 21.

Alcune importanti applicazioni nell’utilizzo del dispositivo:

 monitoraggio del movimento e registrazione di dati biomeccanici;

 analisi tecnica in ambito sportivo e sviluppo atletico;

 valutazione riabilitativa;

 monitoraggio di disordini motori;

‘navigation and tracking ‘di oggetti o persone;

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 analisi del cammino. Caratteristiche e vantaggi:

• Dimensioni ridotte (53x 32x 25mm); • Peso leggero (meno di 40 gr);

• Design semplice e intuitivo con alloggiamento per cinghia indossabile;

• Altamente configurabile: può essere programmato per soddisfare le applicazioni specifiche, configurando sensibilità, frequenza di campionamento, velocità di trasmissione, frequenza e protocolli di comunicazione.

L'elemento centrale di Shimmer3 è il microcontrollore MSP430F1611, che è responsabile del funzionamento totale del dispositivo. La CPU configura e controlla varie periferiche integrate attraverso pin I/O. E’ integrato anche un convertitore analogico-digitale a 12 bit, una scheda microSD flash, tre diodi luminosi per scopi di visualizzazione, che indicano il suo stato. La piattaforma è inoltre dotata di un Bluetooth e modulo radio 802.15.4 in streaming, in modo che i dati possano essere forniti wireless.

Figura 22. Schema a blocchi delle interconnessioni tra i moduli e dispositivi integrati.

2.1.1 Accelerometro

L'accelerazione a di un corpo può essere definita come il tasso di variazione della velocità ed è direttamente proporzionale alla forza risultante, F, agente sul corpo: a F .

Un accelerometro è un dispositivo che misura l’accelerazione dovuta a tutte le forze agenti su di esso. Le forze agenti su un dispositivo includono sia la forza gravitazionale dovuta alla massa della

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Terra ed eventuali forze inerziali che possono essere applicati al dispositivo. Le due componenti principali di accelerazione sono, pertanto, l'accelerazione inerziale e gravitazionale. Così, l'accelerazione totale, aT, misurata dal dispositivo è il vettore somma di queste due componenti:

a

T

a

i

g

dove ai è la componente inerziale e g è la componente gravitazionale.

L’ accelerazione inerziale si verifica a causa dell'applicazione di una forza diversa dalla gravità su un corpo. A meno che un corpo non sia completamente immobile o in movimento con velocità costante, vi sono forze inerziali che agiscono su di esso. Queste forze danno luogo ad accelerazione inerziale. Questa accelerazione è definita come il tasso di variazione della velocità del corpo in movimento. Si misura in unità di m/s2. La gravità è un fenomeno naturale per cui corpi fisici si attraggono l'un l'altro con forza proporzionale alle loro masse. La gravità è più familiarmente conosciuta come l’agente fisico, la “causa”che dà peso agli oggetti con massa e li induce a cadere a terra in caso di caduta. L’ unità di misura è m/s2, pertanto, è una forma di accelerazione e viene misurata da uno strumento di misura in grado di rilevare e/o misurare l'accelerazione, chiamato accelerometro.

Nella maggior parte degli accelerometri, il principio di funzionamento è il medesimo: si basa sulla rilevazione dell'inerzia di una massa quando viene sottoposta ad un'accelerazione. La massa viene sospesa ad un elemento elastico, mentre un qualche tipo di sensore ne rileva lo spostamento rispetto alla struttura fissa del dispositivo. In presenza di un'accelerazione, la massa (che è dotata di una propria inerzia) si sposta dalla propria posizione di riposo in modo proporzionale all'accelerazione rilevata. Il sensore trasforma questo spostamento in un segnale elettrico acquisibile dai moderni sistemi di misura. A seconda del principio di funzionamento del sensore di posizione di distinguono accelerometro estensimetrici, piezoresistivi, LVDT, capacitivi, piezoelettrici, laser, gravimetri. Il progresso della miniaturizzazione elettronica ha permesso di integrare all'interno del contenitore di diversi accelerometri i relativi condizionatori di segnale. Questi circuiti possono servire ad alimentare correttamente i sensori, oppure ad amplificare, filtrare e linearizzare il segnale d'uscita.

L'integrazione di questi circuiti ha semplificato l'uso degli accelerometri, che possono essere efficacemente usati in una più vasta gamma di applicazioni in modo semplice ed economico. Quando un accelerometro è completamente stazionario (cioè non c'è accelerazione inerziale che agisce sul dispositivo) misura un'accelerazione costante uguale in modulo all'accelerazione di gravità (9.81 m/s2 circa). Questa è spesso definita come unità di misura "g", dove 1 g ≈ 9,81 m/s2. Si immagini un accelerometro come un cubo cavo con una sfera al suo interno, come illustrato in Figura 23. Le sei facce del cubo misureranno l’ accelerazione (positiva e negativa) nelle direzioni dei tre assi di rilevamento X, Y e Z. Si immagini inizialmente che la palla sia sospesa al centro del cubo cavo e non influenzata dalla gravità.

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Figura 23. Principio di funzionamento di un accelerometro.

Se il cubo viene spostato a destra, cioè con accelerazione nella direzione Y positiva (Figura 24), l’ accelerometro sarà in grado di rilevare tale accelerazione sentendo la palla sospesa pressare contro

la faccia opposta della scatola. Si noti che la componente dell’accelerazione di gravità andrà a sommarsi alla componente della accelerazione inerziale agente in direzione Z. In questo modo avvengono le misure accelerometriche.

Figura 24. Principio di funzionamento di un accelerometro.

Il dispositivo Shimmer3 è dotato di due accelerometri triassiali ( ‘low noise accelerometer’ e ‘wide range accelerometer’ , si riporta data sheet in appendice). La rappresentazione dei suoi assi di riferimento è disposta come indicato in Figura 25. Così, l'accelerazione misurata dal dispositivo ha tre componenti, una per ciascun asse: X, Y e Z.

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Figura 25. Orientamento assi SHIMMER.

Un accelerometro monoassiale misura la somma delle componenti di accelerazione inerziale e gravitazionale agenti lungo il suo asse di misura. Il lato sinistro della Figura 26 mostra un accelerometro monoassiale, con asse di misura ax, posizionato sulla gamba. Nella figura è anche

incluso il vettore accelerazione di gravità.

Figura 26. Componenti accelerometriche misurate da un accelerometro.

Sul lato sinistro di Figura 26, si riporta la somma dei vettori delle accelerazioni inerziale e gravitazionale, illustrata da una freccia tratteggiata, ai + g. Questo vettore è l'accelerazione totale che

agisce sul dispositivo. L'asse del sensore, ax, misura una componente di questa accelerazione, ovvero:

ax =|ai + g|cos (

γ

)

dove ‘γ’ è l'angolo formato fra l’asse di misura ed il vettore accelerazione totale. In alternativa, può essere scritto come:

a

x

= a

i

cos(θ

x

)+g cos(φ

x

)

dove θx e φx sono gli angoli che l’asse ax forma con il vettore accelerazione inerziale, ai, e con il vettore gravità, g, rispettivamente. Nel lato destro di Figura 26, il segmento della gamba (e, quindi, l'accelerometro monoassiale) è spostato e in questo caso l'accelerazione inerziale lungo x è zero

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(ai=0). Così, la gravità è l'unica componente di accelerazione rilevata dal dispositivo. A causa della

rotazione del sensore, causata dal movimento del segmento della gamba, l'asse di misurazione dell’ accelerometro è ora perfettamente allineato con il vettore gravità. In questo caso ax=g.

Un accelerometro tri-assiale è formato da tre accelerometri monoassiali mutuamente ortogonali (cioè tre componenti accelerometriche disposte in modo che ciascun asse sia ortogonale agli altri due assi). Ogni asse misura una certa proporzione di entrambe le componenti, accelerazione gravitazionale e accelerazione inerziale. Le proporzioni di misura di un dato asse dipendono dagli angoli formati tra tale asse e le direzioni delle componenti delle accelerazioni [60]. Il vettore accelerazione totale può essere scritto come:

2.1.2 Giroscopio

La velocità angolare di un corpo può essere descritta come la velocità con cui l'oggetto ruota, in termini sia di velocità di rotazione che di asse attorno al quale ruota. Un giroscopio è utilizzato per misurare la velocità angolare, è un dispositivo fisico rotante che, per effetto della legge di conservazione del momento angolare, tende a mantenere il suo asse di rotazione orientato in una direzione fissa. Essenzialmente è costituito da un rotore a forma di toroide che ruota intorno al suo asse, quando il rotore è in rotazione il suo asse tende a mantenersi parallelo a sé stesso e ad opporsi ad ogni tentativo di cambiare il suo orientamento. Questo meccanismo fu inventato nel 1852 dal fisico Jean Bernard Léon Foucault nell'ambito dei suoi studi sulla rotazione terrestre. Se un giroscopio è installato su una sospensione cardanica che permette alla ruota di orientarsi liberamente nelle tre direzioni dello spazio, il suo asse si manterrà orientato nella stessa direzione anche se il supporto cambia orientamento. Il grande vantaggio di un giroscopio è che esso non risente della gravità, a differenza dell’accelerometro.

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L’unità inerziale Shimmer3 è dotata di un giroscopio triassiale per misurare la velocità angolare in tre dimensioni. Per capire quale componente di velocità angolare misura ciascuno dei tre assi, è utile, in primo luogo, prendere in considerazione un giroscopio monoassiale. Quest’ultimo misura la velocità angolare agente lungo un singolo asse di misura. La Figura 28 mostra lo schema un giroscopio monoassiale ad una piastra girevole, rotante con velocità angolare ω, la cui ampiezza è ω e la direzione è perpendicolare alla piastra, come illustrato.

Figura 28. Schema un giroscopio monoassiale.

La velocità angolare misurata dal giroscopio, il cui asse di misura ωx formi un angolo β con l'asse su

cui la piastra è in rotazione, è data da:

ω

x

=ω cos (β)

dove

 ωx è l'ampiezza della componente di velocità angolare lungo l'asse di misura del giroscopio,

 β è l'inclinazione dell'asse di misura rispetto al vettore velocità angolare,

 ω è la velocità angolare che agisce sul sensore.

Se l'asse di misura è allineato parallelamente all'asse di rotazione, allora la velocità angolare misurata sarà uguale a ω. Se, invece, l'asse di misurazione è perpendicolare all'asse di rotazione,allora misurerà una velocità angolare pari a zero.

Un giroscopio triassiale è formato da tre giroscopi uni-assiali ortogonali. Da cui si ottiene un vettore velocità angolare tridimensionale. Il vettore velocità angolare misurato da un giroscopio triassiale è dato da:

Dove βx, βy e βz sono gli angoli che gli assi di misura ωx, ωy, e ωz formano con gli assi di rotazione, rispettivamente [60].

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2.2 Software

Sono richiesti alcuni software e firmware per programmare e connettere Shimmer3, questi sono disponibili ed open-source sul sito web del produttore del dispositivo www.shimmersensing.com.

2.2.1 Calibrazione

Prima dell’utilizzo si è provveduto alla calibrazione dell’unità inerziale, per mezzo dell’applicazione Shimmer 9DoF Calibration application, che fornisce una procedura automatizzata per il calcolo dei parametri di calibrazione dei sensori contenuti al suo interno. I parametri di calibrazione possono essere memorizzati nella memoria del dispositivo, oppure in un percorso file esterno e richiamati da altre applicazioni che consentono la calibrazione automatica dei dati.

Figura 28. Interfaccia dell’applicazione Shimmer 9DoF Calibration.

2.2.2 Impostazione parametri e acquisizione dati

Consensys è una applicazione per l’utilizzatore, usata per configurare i parametri di uno o più dispositivi Shimmer3 e per trasmettere i dati acquisiti in modalità offline. L'applicazione è disponibile sul sito del produttore.

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Figura 29. Interfaccia dell’applicazione Consensys

2.3

Protocollo sperimentale

Tecnicamente, sensori wireless indossabili SHIMMER vengono posizionati in diverse aree del corpo per monitorare in remoto le informazioni sul movimento del soggetto. Queste informazioni vengono catturate e salvate nella memoria del dispositivo e, successivamente, acquisiti su computer, attraverso il sistema di acquisizione dati, per l'interpretazione e l'elaborazione offline. A nostra disposizione abbiamo due dispositivi Shimmer3, il nostro scopo finale è riuscire a realizzare un’analisi strumentale del cammino, in particolare la rilevazione di dati cinematici utili alla valutazione del cammino di un soggetto che performi il Timed-Up and Go test. Dopo un’attenta analisi della letteratura e uno studio dei manuali relativi a Shimmer3, è stato stilato il seguente protocollo sperimentale:

 Giroscopio posizionato su gamba destra, posizionato lateralmente, parallelo al piano

sagittale, a metà altezza tra malleolo e ginocchio. Il sensore viene alloggiato all’interno di una tasca con superficie in plastica trasparente, in modo tale che gli indicatori led appaiano visibili, e fissato all’arto con velcro adesivo. L’asse X punta in direzione di progressione, l’asse Y con verso positivo verso l’alto, l’asse Z punta in direzione medio-laterale.

 Accelerometro posizionato sulla schiena, in zona lombare,tra L3 ed L5, in posizione superficiale più vicina al centro di massa (CoM) del corpo. Viene indossato dal soggetto tramite una cintura elastica direttamente fornita dal produttore del dispositivo. L’asse Z punta in direzione antero-posteriore, l’asse Y positivo verso l’alto, asse X univocamente determinato tramite la regola della mano destra.

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Una volta fissati i parametri di acquisizione ed indossati i sensori, al soggetto verrà chiesto di effettuare il Timed-Up and Go test, per 3 volte, con 5 secondi di pausa tra una ripetizione e l’altra. La lunghezza del percorso prevede una distanza di 7 m tra la sedia (punto di partenza) e il punto di inversione di marcia (corrisponde a metà percorso). In totale, sono stati acquisiti dati sperimentali da 12 soggetti sani, 6 uomini e 6 donne, di età compresa fra 24 e 30 anni.

 TUG tradizionale: al soggetto esaminato è richiesto di alzarsi dalla sedia autonomamente, camminare 3 m lungo una linea retta, girare di 180°, tornare indietro, percorrendo altri 3 m, e sedersi, seguendo il ritmo della sua normale andatura;

 TUG strumentale: stessa procedura del TUG tradizionale, con un percorso aumentato a 7 m (one-way), per un totale di 14 m percorsi, indossando sensori inerziali wireless, che provvedono a misurare la performance del soggetto.

La registrazione di ogni singolo sensore viene avviata premendo un apposito tasto (user button), posizionato al di sotto degli indicatori led, sul dispositivo stesso. Completata la prova, lo stesso tasto verrà pigiato per interrompere la registrazione.

2.4 Analisi dei dati

I segnali registrati sono stati acquisiti offline su computer con sistema operativo Windows, tramite apposita applicazione Consensys, in formato .csv, ed elaborati in ambiente di lavoro MATLAB (the MathWorks Inc., versione R2013b).

2.4.1 Segnale giroscopico

L’analisi dei segnali registrati dal giroscopio è stato possibile grazie ad un precedente e attento studio della letteratura, circa studi riguardanti, appunto, l’analisi del passo tramite giroscopio [33]-[43]- [53]-[54]- [57]-[58]. Poiché il movimento degli arti inferiori durante il cammino si svolge principalmente nel piano sagittale, l’asse sensibile scelto per il giroscopio è l’asse Z, asse medio-laterale, che è parallelo all’ asse dei giunti (ginocchio, caviglia) attorno ai quali avviene la rotazione di gamba e piede, rispettivamente, o più precisamente la loro flesso-estensione durante l’atto motorio. La camminata è, come abbiamo visto, un movimento ciclico, per cui ci si aspetta di avere un segnale caratterizzato dalla ripetizione di alcune proprietà caratteristiche (features), corrispondenti ai diversi eventi del cammino. Vediamo di seguito i diversi aspetti tecnici che sono stati valutati.

Frequenza di acquisizione

Inizialmente, sono state condotte delle prove di acquisizione a diverse frequenze di campionamento: i segnali acquisiti a 512 Hz e 256 Hz apparivano troppo rumorosi, ai fini dell’ analisi risultava essenziale che il segnale fosse ben visualizzabile, con picchi definiti, sebbene un successivo

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filtraggio del segnale sarebbe stato comunque necessario. Successive prove a 100 Hz e 50 Hz hanno mostrato un segnale più vicino alle aspettative, ragion per cui è stata scelta come frequenza di campionamento quella a 50 Hz, come riportato in uno studio-pilota, in cui è stato utilizzato lo stesso sensore Shimmer [46]. I segnali, quindi, sono stati acquisiti a 50 Hz.

Selezione del segnale

Una prima parte della routine impiegata per l’ analisi prevede la selezione di due punti sul plot complessivo del segnale: con il comando ginput è possibile selezionare inizio e fine del segnale a cui si desidera applicare l’analisi dei punti caratteristici. Essendo il protocollo sperimentale composto da tre ripetizioni del TUG test, questa prima operazione consente di analizzare ad una ad una le ripetizioni.

Figura 29. Segnale registrato dall’asse Z del giroscopio: si osservano le tre ripetizioni del TUG test.

Figura 30. Segnale selezionato, relativo ad una singola ripetizione del test.

Filtraggio

Sulla base degli studi analizzati in letteratura, è stato applicato al segnale un filtro di Butterworth passa-basso. Sono stati valutati la frequenza di taglio e il grado ottimale del filtro.

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Figura 31. Plot di confronto fra diverse frequenze di taglio applicate dal filtro al segnale.

Le frequenze di cut-off comprese tra 5 Hz e 3 Hz sono quelle che risultano migliori per l’analisi, poiché eliminano dei picchi spuri presenti nel segnale. Una volta scelta la frequenza ottimale di taglio (3 Hz per avere un migliore margine di sicurezza), sono stati messi a confronto gli ordini del filtro:

Figura 32. Zoom su porzione del segnale, per evidenziare l’effetto dei diversi ordini del filtro.

Su ispezione visiva del segnale, ciò che interessa è un ordine che segua bene i valori del segnale: il migliore risulta essere il IV, poiché, come si evince da un’estrapolazione del segnale, in Figura 32, è un buon compromesso ai fini della mia analisi ed inoltre è l’ordine usato più frequentemente in letteratura, per questo tipo di segnali.

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Gait events detection

Dopo un iniziale pre-processing, l’andamento del segnale giroscopico appare come mostrato in Figura 33:

Figura 33. Gait signal, segnale relativo al cammino di un soggetto, rilevato dall’asse Z del giroscopio.

La figura 34 rappresenta il segnale relativo all’andamento della velocità angolare rilevata dal sensore (asse Z, parallelo al piano sagittale) durante un ciclo di passo. Il segnale globale non è altro che una ripetizione di questa sequenza base, di seguito la descrizione degli istanti caratteristici:

1) toe-off: il piede si solleva da terra ed ha inizio la fase di swing; 2) mid-swing, picco massimo, la gamba raggiunge il più alto valore di velocità angolare, ciò avviene a metà della fase di swing, dopodiché decelera;

3) heel-strike, fine della fase di swing e inizio della fase di stance, istante in cui il tallone impatta con il terreno;

4) foot-flat, la pianta del piede ha area di contatto massima con il terreno; dopo tale istante si ha l’evento chiamato heel-off, in cui il tallone si solleva da terra. Con il successivo toe-off ha inizio un nuovo ciclo di passo.

L’elemento chiave dell’analisi è, quindi, riuscire ad identificare i punti di interesse nel segnale: a tale scopo è stata utilizzata una funzione

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dedicata, chiamata peakdet, in grado di identificare massimi e minimi locali (picchi), dato un vettore di dati, e restituire i loro valori e i relativi indici di ascissa. Successivamente, un’ulteriore suddivisione è stata necessaria per discriminare, all’interno dei vettori di massimi e minimi locali, i punti corrispondenti alle fasi di gait, vediamo un grafico esemplificativo dei passaggi selettivi svolti dalla routine:

Per discriminare i massimi MS da quelli FF, è stato scelto un metodo a soglia (riscontrato più volte in letteratura), applicato al vettore totale contenente i massimi individuati da peakdet. Per quanto riguarda i minimi, invece, è stata sfruttata la successione cronologica degli eventi, ovvero il fatto che i punti abbiano, all’interno del ciclo di passo, una posizione ben definita e si succedano in sequenza:

 MS < heel-strike < FF;  FF < toe-off < MS.

Parametri acquisiti

 Numero passi totali;

Durata temporale del cammino (TGAIT);  Cadenza: numero di passi per minuto;

Periodo di stride (TSTRIDE): tempo compreso tra heel-strike(i) e heel-strike(i+1), a sua volta

suddiviso in:

Periodo di swing (TSWING);  Periodo di stance(TSTANCE);

Relative stance, rapporto percentuale tra periodo di stance e periodo di swing :

vettore dati

massimi

locali

mid-swing

(MS)

foot-flat

(FF)

minimi

locali

heel-strike

(hs)

toe-off (to)

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2.4.2 Segnale accelerometrico

Il secondo sensore, posizionato in zona lombare, fra L3 e L5, centralmente, ha come obiettivo lo studio dell’accelerazione globale del corpo, non del singolo arto, come per il precedente sensore. L’ analisi, a tal proposito, ha preso spunto dalla letteratura, da una serie di studi che hanno provato ad aumentare l’utilità del Timed-Up and Go test, per mezzo misure tratte da sensori inerziali. In particolare, prima in [62] e poi in [63], gli stessi studiosi hanno usato un accelerometro per la valutazione del TUG test in pazienti con Parkinson. Come obiettivo generale, si cerca di ricevere più informazioni possibili dal minimo numero di sensori. I tre assi dell’accelerometro misurano, potenzialmente, le accelerazioni antero-posteriore (AP), verticale (V) e medio-laterale (ML), ma la nostra analisi si concentra solo su quella AP: l’accelerazione ha verso positivo riferita al movimento dalla parte anteriore alla parte posteriore [61]. Inoltre si precisa che, analizzando l’accelerazione V, questa fornisce informazioni circa gli eventi del ciclo di gait, informazioni acquisite dall’analisi giroscopica, ragion per cui questa non viene scelta come asse sensibile. Quella ML invece non dà informazioni utili sugli obiettivi che si vogliono raggiungere, poiché sarebbe rilevante qualora si volessero studiare le oscillazioni e le perturbazioni laterali durante il cammino.

Frequenza di acquisizione

I segnali sono stati acquisiti a 100 Hz, nonostante negli studi-pilota fosse riportata una frequenza maggiore (256 Hz). Ciò ha permesso di dimostrare che, a scopo di questa analisi, questa frequenza di campionamento fornisce le informazioni necessarie, con una buona sensibilità, risparmiando in termini di memoria di immagazzinamento dati, ottenendo, al contempo, un segnale poco rumoroso.

Selezione segnale

Come nel caso del primo sensore, anche qui il segnale complessivo di ogni soggetto consta di tre ripetizioni del TUG test, come in Figura 35, pertanto si procede alla selezione dei punti di inizio e fine della porzione del segnale da analizzare, una ripetizione per volta, implementando il comando ‘ginput’.

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Figura 35. Segnale registrato dall’asse Z dell’accelerometro: si osservano le tre ripetizioni del TUG test.

Figura 36. Segnale selezionato, relativo ad una singola ripetizione del test.

Filtraggio

La frequenza dell’ attività umana è compresa tra 0-20 Hz e quasi tutta l'energia del segnale è contenuta sotto 3Hz [64]. In base a questa teoria, è stato implementato un filtro di Butterworth passa-basso, con una frequenza di taglio nel range [3-20] Hz. Tramite successiva analisi sono stati valutati la frequenza di taglio e il grado ottimale del filtro, con risultato finale di 3 Hz e IV ordine, rispettivamente.

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Figura 37. Confronto fra diverse frequenze di taglio applicate dal filtro al segnale.

Figura 38. Zoom su porzione del segnale, per evidenziare l’effetto dei diversi ordini del filtro.

TUG analysis

Dopo un iniziale pre-processing, l’andamento del segnale accelerometrico appare come in Figura 39:

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Figura 39. Gait signal processato e pronto per l’analisi dei punti caratteristici.

Il segnale accelerometrico acquisito in direzione AP durante una singola ripetizione del TUG test mostra una forma a ‘M’. Possiamo identificare in esso dei sottointervalli, corrispondenti a diverse fasi di movimento del soggetto (per semplicità, si faccia riferimento alla numerazione dei punti caratteristici in Figura 40):

Figura 40. Gait signal: punti caratteristici individuano precisi intervalli, relativi a diverse fasi del test.

‘Sit-to-Stand’, intervallo tra 1 e 3:

1) punto minimo dell’accelerazione AP prima che il segnale, a partire da uno stato stazionario, aumenti bruscamente;

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3) punto minimo successivo al primo picco massimo;

Questo intervallo è suddivisibile in due intervalli minori: tra 1 e 2 il soggetto, ancora seduto, protende in avanti la parte superiore del corpo, prima di alzarsi effettivamente dalla sedia. E’, quindi, una preparazione al movimento, che avviene in un secondo momento; il secondo sottointervallo, 2-3, rappresenta il movimento attivo, in cui il soggetto si alza dalla sedia.

‘Gait’, tra il punto 3 e il punto 4 il soggetto cammina: percorre 7 m in avanti, ruota attorno ad un ostacolo di 180° e ritorna indietro;

‘Stand-to-Sit’, intervallo tra 4 e 6:

4) punto minimo dell’accelerazione AP immediatamente precedente al secondo massimo;

5) secondo picco massimo del segnale;

6) punto minimo successivo al secondo picco massimo, dopodiché il segnale torna ad uno stazionario, con piccole oscillazioni attorno ad un valore minimo.

Tra 4 e 5 il soggetto protende il busto in avanti, si prepara cioè a sedersi, movimento attivo esplicato nel successivo intervallo (5-6), caratterizzato da un abbassamento del suo centro di massa (CoM). Movimento caratterizzato dal corpo in caduta libera (free-fall).

Figura 42. Intervallo 5-6 (Stand-to-Sit). Figura 41. Intervallo 1-2 (Sit-to-Stand).

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Facendo eseguire la funzione peakdet sul segnale complessivo, sono stati dapprima discriminati massimi e minimi locali e, successivamente, tra questi, sono stati individuati i punti caratteristici necessari alla suddetta suddivisione in intervalli. Come per l’analisi giroscopica, anche qui per l’individuazione dei massimi, è stata usata una tecnica ‘a soglia’; invece per i minimi, sono stati implementati dei cicli for considerando le caratteristiche dei punti citati in precedenza, ovvero il fatto che essi si trovino prima o dopo i punti di massimo. L’algoritmo, in definitiva, è in grado di identificare i punti elencati e di calcolare i parametri di interesse, descritti nel prossimo paragrafo. Gli intervalli 1-2 e 5-6, sono caratterizzati da due tratti di segnale aventi concavità opposta, uniti nel punto di flesso, in Figura 41 e Figura 42 si possono osservare chiaramente questi andamenti. Consideriamo, per semplicità, il primo intervallo, 1-2 (le considerazioni espresse varranno anche per il secondo): negli studi che hanno guidato questa analisi, il flesso viene riferito alla parte centrale di tale intervallo.

Analizzando i dati, però, è stato visto come ciò non sia vero nella maggior parte dei casi. Il punto di flesso divide in due parti l’intero intervallo considerato: chiameremo ‘A’ la parte di segnale a sinistra del flesso, e ‘B’ quella alla sua destra. Queste due parti rappresentano il protendersi in avanti del corpo, che si prepara ad alzarsi (A), e l’inizio del movimento attivo, mentre il corpo è ancora proteso in avanti (B), ciò causa l’incremento dell’accelerazione AP. Specularmente, nell’intervallo 5-6, la parte A rappresenta l’inizio dell’abbassamento del CoM, mentre il corpo si protende all’indietro per sedersi (parte controllata), mentre la parte B rappresenta la caduta libera del corpo all’indietro (parte incontrollata). Tornando all’analisi, si è cercato quindi di ottimizzare l’algoritmo, per riuscire a calcolare esattamente la posizione del flesso e, quindi, calcolare i parametri esatti degli intervalli A e B.

Considerazioni: nel punto di flesso si annulla la derivata seconda, il flesso costituisce un punto di massimo o minimo della derivata prima. A questo punto, si è reso necessario, quindi, la ricostruzione del segnale tempo-continuo. Ciò è possibile tramite un metodo matematico chiamato interpolazione, che mi permetta di ricostruire il segnale tempo-continuo, al quale poi poter applicare il calcolo delle derivate. Questo perché con l’uso dei sensori un segnale fisico viene tipicamente convertito in una quantità “misurabile”, viene cioè espresso sottoforma di una serie di dati che esso misura, si ha come risultato una serie discreta di valori, campionati ad una certa frequenza, che stabilisce quanti dati acquisisce il sensore nell’unità di tempo. L’interpolazione mi dà la possibilità di ricostruire il segnale senza discontinuità di valore, è un’operazione che si basa sulla ricerca di una funzione matematica che approssimi l’andamento di un insieme di punti, che ‘modelli’, cioè, i dati con una curva o una funzione.

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Nelle scienze e nell’ingegneria si dispone

spesso di una sequenza di valori di una data

grandezza fisica y in corrispondenza di altrettanti valori di un’altra grandezza fisica x, che gioca il ruolo di variabile indipendente. Si prenda in esame la situazione rappresentata in Figura 43.

Spesso questo tipo di corrispondenza è chiamato “funzione nota per punti” o “funzione tabellare”. Una funzione può essere nota solo per punti perché deriva da misurazioni sperimentali oppure è soluzione numerica di un problema matematico. Approssimare una funzione tabellare, cioè a dire una funzione che può essere comunque complicata, vuol dire sostituire ad essa una funzione semplice, analitica, facilmente calcolabile. La funzione approssimante dovrà essere esprimibile come combinazione di un numero finito di funzioni che siano facili da calcolare, derivare ed integrare, mediante algoritmi robusti ed efficienti. Una volta individuata la funzione analitica passante per l’insieme di punti sarà possibile calcolare il valore della funzione stessa in un nuovo punto interno all’intervallo.

Tale azione è detta interpolazione e la funzione approssimante potrà essere detta anche funzione interpolante. Detto n il numero di campioni a disposizione, si costruisce un vettore x di n valori

Figura 44. Esempio di coppie di dati (xj, yj), con j

=1,…,n , dalle quali si vuole costruire una

corrispondenza y=f(x).

Figura 43. Con interpolazione si intende il processo che arriva ad individuare una funzione, spesso polinomiale a tratti, che passi per un insieme dato di punti: (xj, yj), con j =1,…,n.

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equispaziati e si produce un secondo vettore y di altrettanti numeri. Se si assume che esista una legge quantitativa che lega l’insieme dei numeri xj a quello dei numeri yj , si può descrivere tale relazione quantitativa come: yj = ftab(xj), con j =1,…,n. In pratica la funzione tabellare ftab non esprime

altro che l’insieme discreto di coppie di punti {(xj, yj)}j=1,…,n. Parlare di interpolazione significa voler

costruire un modello matematico, cioè una funzione approssimante g(x), che descriva sufficientemente bene il fenomeno o il contesto che determina le coppie (xj, yj).Un tale modello deve

consentire di fare delle previsioni sul valore della variabile dipendente y per valori di x diversi dai campioni xj della variabile indipendente.

La scelta del modello di funzione approssimante è condizionata da considerazioni legate al particolare problema da risolvere, ma anche da considerazioni numeriche dovute al fatto che la funzione approssimante deve essere facilmente calcolabile.

Interpolazione lineare

Spesso è possibile ritenere accettabile una funzione approssimante che sia lineare a tratti. Si avrà in tal caso che la funzione approssimante, detta glin, avrà una forma del tipo:

(a)

Come è facile far vedere in base a considerazioni geometriche semplici, se si assume che il tratto di curva che unisce due punti consecutivi è una retta, nel generico intervallo [xj , xj+1]• si avrà

(b)

per j =1,…,n-1. Da (b) si possono ricavare facilmente le espressioni dei coefficienti aj , bj , a’ , b’ , a’’ e

b’’ che compaiono in (a). L’interpolazione di una funzione tabellare di una variabile è facilmente ottenibile in MATLAB con la funzione interp1. Il comando interp1(x,y,xi) valuta di default la glin(x) in corrispondenza del valore scalare passato alla funzione come terzo argomento, cioè restituisce glin(xi). yi=interp1(x,y,xi,’method’) fornisce, quindi, i valori yi nei punti xi della funzione interpolatrice

ottenuta con il metodo method a partire dai dati (x,y). Si dice interpolazione lineare quella ottenuta per mezzo di segmenti congiungenti i punti da interpolare, ma si può avere anche interpolazione di secondo grado (o quadratica), di terzo grado (o cubica), ecc., quelle in cui i punti sono uniti da curve che rappresentano, rispettivamente, polinomi di secondo, terzo grado, ecc.

(24)

Metodi:

 ‘nearest’:costante a tratti  ‘linear’: lineare a tratti  ‘spline’: spline cubica

 ‘pchip’: interpolazione di Hermite cubica a tratti

Con il comando interp1(x,y,xi’linear’), si passa alla

funzione interp1 una stringa come quarto argomento per richiedere esplicitamente di selezionare una funzione approssimante lineare a tratti.

Calcolo intervalli A e B

Interpolazione del segnale, con le seguenti specifiche:  Dal punto 1 al punto 2, cerco il primo punto di flesso;  Dal punto 5 al punto 6, cerco il secondo punto di flesso.

Ricostruito il segnale, il passo successivo è stato il calcolo delle derivate, prima e seconda, tramite il comando diff. Si calcola il massimo della derivata prima, per l’intervallo 1-2, e il suo minimo, per l’intervallo 5-6, graficando i risultati. Come si osserva dalle figure, questi punti corrispondono ai flessi cercati per i due intervalli, ovvero flesso 1 tra A1 e B1, nell’intervallo fra 1 e 2, flesso 2 tra A2 e B2, nell’intervallo fra 5 e 6.

Figura 44. Esempio di interpolazione lineare.

A)

B)

(25)

Figura 45. Intervallo 1-2: A) segnale ; B) derivata prima ; C) derivata seconda.

Figura 46. Intervallo 5-6: A) segnale ; B) derivata prima ; C) derivata seconda.

Figura 47. Rappresentazione del calcolo degli intervalli: linea rossa passante per il punto di flesso, le linee nere ai suoi lati delimitano gli intervalli A e B.

Parametri acquisiti

A)

B)

(26)

Durata temporale del test (TTUG);  Numero di passi (steps);

Velocità media (average Speed);

 Durata temporale e range accelerometrici degli intervalli: o A1

o B1 o A2; o B2;

 Tempo impiegato per alzarsi/sedersi (TUP/TDOWN) e relativi range accelerometrici, intesi come escursione tra punto massimo e punto minimo.

}

Sit-to-Stand;

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