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Digitalizzazione del patrimonio librario raro: tecnologie a supporto della valorizzazione della cultura Pratiche per la trasposizione di un manoscritto in ebook

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Academic year: 2021

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(1)

 

Corso di Laurea

magistrale

in Economia e

Gestione delle Arti e

delle attività culturali

(EGArt)

Tesi di Laurea

Digitalizzazione del 

patrimonio librario raro: 

tecnologie a supporto della 

valorizzazione della cultura 

P

RATICHE PER LA TRASPOSIZIONE DI UN MANOSCRITTO IN EBOOK

 

Primo Relatore

Prof. Giulio Pojana

Secondo Relatore

Prof. Pietro Daniel Omodeo

Laureanda

Eleni Dalle Nogare Matricola 849819

Anno Accademico

2019 / 2020  

(2)

 

"anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: l'hic et nunc dell'opera d'arte- la sua esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova"

(W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1955)

 

(3)

Ringraziamenti 

 

La  realizzazione  del  presente  studio  non  sarebbe  stata  possibile  senza  il  sostegno,  il  tempo  e  la  fiducia  concordatami  dai  professori  Giulio  Pojana  e  Pietro  Daniel  Omodeo,  è  per  tal  motivo  che  vorrei  dire  loro  un  grande  “grazie”:  il  loro  aiuto  è  stato  fondamentale  nel  concludere  questo  percorso universitario nei migliori dei modi con un progetto che mi ha dato grande soddisfazione.  Un secondo ringraziamento è dedicato all’Archivio di Stato di Venezia per avermi accolta durante lo  Stage, offerto sostegno, conoscenze e materiale oggetto dello studio. 

La mia gratitudine va, inoltre, alla mia famiglia per il sostegno morale nei momenti di difficoltà ed  ansie pre‐esami, per avermi incoraggiata a provarci e spronata a far sempre meglio. 

In  ultima  “grazie”  ad  Enrico  per  la  sua  pazienza  nei  miei  confronti,  per  avermi  sopportata  e  supportata, soprattutto nello sviluppo del progetto di tesi, senza di lui non sarei riuscita a creare un  progetto che rispondesse alle mie esigenze. 

(4)

Introduzione  

Il concetto di cultura è sempre stato relegato alla visione estetica “dell’arte per il gusto dell’arte”  collegata ad artisti come Oscar Wilde o Gabriele d’Annunzio; oggetto che non può fare altro che  essere apprezzato per il suo aspetto. In realtà è molto più che solo un bel dipinto da ammirare o un  libro  da  leggere  ed  apprezzare:  la  cultura,  oggi,  assume  un  ruolo  molto  importante  dal  punto  di  economico e di conseguenza anche politico. Come emerso dal rapporto KEA European Affair1 (KEA  European Affairs, 2006), il quale presenta una mappatura del sistema culturale europeo, nel 2003 il  valore apportato dal settore cultura è stato del 2,6% del PIL europeo, con una crescita del 19,7% dal  1999  al  2003.  Si  tratta  dunque  di  un  settore  produttivo  che  crea  ricchezza,  integrazione  sociale,  migliore istruzione e senso di appartenenza ad una società, per tal motivo il ruolo del patrimonio  culturale  materiale  e  immateriale  ha  iniziato  ad  assumere  un  posto  nelle  politiche  europee  e  mondiali col compito di produrre uno sviluppo sostenibile, ovvero che “risponde  ai bisogni di oggi  senza  compromettere  le  possibilità  delle  future  generazioni  di  soddisfare  i  propri  bisogni”  (Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, 1978).  

Sono questi i presupposti che portano all’elaborazione di progetti che sfruttano la tecnologia per  apportare una crescita intelligente e una cultura sostenibile: oggi le novità informatiche permettono  di raggiungere gli scopi di condivisione ed abbattimento delle diversità culturali. 

Il presente elaborato di tesi cerca di valutare le possibilità offerte dall’evoluzione tecnologica per  giungere  alla  condivisione  di  una  piccolissima,  ma  fondamentale,  fetta  del  patrimonio  tangibile  culturale: i libri manoscritti rari. A causa della sua natura, la carta è un materiale fragile destinato ad  essere  utilizzato  per  portare  conoscenza  e  proprio  per  questo  esposto  ad  enorme  rischio.  In  tal  senso  oggi  la  tecnologia  può  presentarsi  come  una  risposta  a  questo  paradosso  attraverso  la  digitalizzazione del patrimonio culturale scritto.   Prima di arrivare al nocciolo della questione, viene posta una domanda che è la base di tutti i progetti  che coinvolgono il patrimonio culturale in prima persona: perché conservare, valorizzare e rendere  disponibile la cultura? Le risposte sono molteplici, tuttavia in questo caso il primo riferimento è la  motivazione etica rintracciabile nella Costituzione italiana e in quella spagnola, le quali vedono la  questione culturale tra i propri principi a differenza di quelle tedesca, francese ed inglese, che invece  non fanno cenno all’argomento.    1 Il rapporto KEA European Affair è stato commissionato dalla Comunità europea nel 2003 per la mappatura del  sistema culturale dell’Unione Europea 

(5)

Una  volta  sciolto  il  nodo  etico  si  passa  ad  una  domanda  più  specifica:  perché  preservare  e  condividere con le generazioni future le conoscenze scritte attraverso la digitalizzazione? Dopo un  breve excursus nella storia della carta e nella sua produzione, si trova la risposta al quesito posto  nella  composizione  naturale  del  materiale  cartaceo  che  la  porta  all’inevitabile  degrado  fisico  e  chimico  rendendola,  di  fatto,  fragile  e  mortale.  A  causa  della  risposta  morale  trovata  nel  primo  capitolo,  tale  materiale  deve  poter  essere  reso  disponibile,  ma  per  via  della  sua  natura  caduca  necessita di una protezione che la rileghi a contenitori isolati che ne impediscano l’utilizzo. Potremo  definire  questo  un  paradosso  risolvibile  solamente  con  i  mezzi  che  la  tecnologia  ci  offre:  la  digitalizzazione. 

Digitalizzare  significa  tramutare  un  oggetto  fisico  in  un  codice  binario  attraverso  dedicata  strumentazione e reso comprensibile attraverso un computer, un tablet o un altro  device. Come  specificato  nel  capitolo  “La  digitalizzazione  del  patrimonio  librario  raro”,  quello  trattato  non  è  argomento  nuovo  ma  un’evoluzione  della  conservazione  del  materiale  cartaceo  attraverso  il  processo di microfilmatura avviato negli anni ’70 e sviluppato ulteriormente negli anni ’90 grazie al  progresso  tecnologico  che  ha  portato  alla  nascita  del  personal  computer  e  del  mondo  del  web.  Questo passo in avanti ha stimolato la conservazione e la valorizzazione del patrimonio attraverso i  mezzi digitali e spinto organizzazioni private e pubbliche ad avviare progetti in tal senso in tutto il e  a renderlo disponibile in portali virtuali dedicati come biblioteche e archivi digitali, dei quali si tratta  al sotto capitolo “3.1 I portali della valorizzazione. Successivamente si passa alla descrizione di alcuni  progetti  attuati  in  Australia,  Stati  Uniti,  Gran  Bretagna,  Danimarca,  Svizzera,  Francia,  Germania,  Spagna e Italia, per passare alle programmazioni Europee rispetto la valorizzazione della cultura e  in  particolare  i  progetti  comunitari,  promotori  di  cooperazione  tra  differenti  stati  per  la  digitalizzazione e la diffusione del materiale prodotto e scritto in tutta Europa. In ultima vengono  esposti brevemente progetti di carattere mondiale (il World Digital Library) e privato (il Google Book 

Search).  

Il capitolo 4, prende in esame tre linee guida stilate per la programmazione e l’attuazione di progetti  di  digitalizzazione  del  patrimonio  scritto.  Le  due  linee  guida  stilate  dall’IFLA  (l’International 

Federation of Library Associations and Istitutions) stilate una nel 2002 e l’altra, in collaborazione con 

l’ICA (International Council on Archives), nel 2015, gli standard del progetto Minerva pubblicati nel  2004, ed infine il programma per la realizzazione di Europeana Regia stilato tra il 2010 e il 2012,  sono stati scelti come esempi rappresentativi per l’importanza internazionale, come esempio di un  argomento molto dibattuto che ha dato vita a differenti studi. 

(6)

6  A partire dal successivo capitolo si passa al cuore dello studio, la digitalizzazione affrontata in ogni  suo aspetto: il project management del progetto, il punto di vista legale, la raccolta digitale delle  immagini, il controllo qualità, ecc.   Il passo successivo, che vuole rivelarsi come unicum rispetto studi precedenti, è la proposta di una  elaborazione dell’immagine digitale attraverso quello che viene definito un “restauro virtuale” delle  immagini  raccolte,  al  fine  di  permettere  al  lettore  di  poter  avere  un’esperienza  retrograda  attraverso il tempo e avere l’occasione di far esperienza dell’oggetto come (idealmente) era stato  realizzato dal suo scrittore.  Alla fine di questa prima parte si passa alla descrizione di ciò che vuole essere il prodotto finale dello  studio: un ebook culturale che possa essere facilmente rintracciato nel vasto mondo del web grazie  ai metadati.  La conclusione del presente elaborato prevede un caso studio, ovvero la digitalizzazione di una parte  di una unità archivistica appartenente all’ Archivio di Stato di Venezia, il Savi e esecutori alle acque,  Atti, 123, per trasformarlo in un  ebook culturale, al fine di far comprendere le potenzialità della  moderna tecnologia che può raccogliere e soddisfare le esigenze di ogni utente.  È nostro compito tramandare la conoscenza alle generazioni future e la moderna tecnologia può  esserci  d’aiuto.  La  vera  evoluzione  non  è  tanto  la  scoperta  in  sé,  ma  riuscire  a  sfruttarla  con  coscienza e saperla passare per la creazione di nuove idee. 

(7)

Sommario 

 

Ringraziamenti ... 3  Introduzione ... 4  Sommario ... 7  1.  IL PATRIMONIO CULTURALE ... 10  La carta ... 14  Storia... 14  La conservazione della carta ... 19  La digitalizzazione del patrimonio librario ed archivistico raro ... 23  I portali della digitalizzazione ... 29  Introduzione ... 29  Definizione di biblioteca digitale ... 32  Origini ... 36  PROGETTI DI DIGITALIZZAZIONE NEL MONDO ... 40  Australia ... 40  Stati Uniti ... 41  Gran Bretagna... 43  Danimarca ... 44  Svizzera ... 44  Francia ... 45  Germania ... 46  Spagna ... 47  Italia ... 49  PROGETTI EUROPEI ... 52  Rinascimento virtuale ... 55  Europeana ... 56  PROGETTI A LIVELLO MONDIALE ... 59  PROGETTI PRIVATI ... 62  Linee guida per la digitalizzazione ... 64  Introduzione ... 64  IFLA ... 66  Linee guida per pianificare la digitalizzazione di collezioni di libri rari e manoscritti.  ... 66  Guide linea per la progetti di digitalizzazione di collezioni e il patrimonio di pubblico dominio, in  particolare quello posseduto da biblioteche e archive ... 72 

(8)

8  Minerva ... 75  Una piccola premessa: i Principi di Lund ... 75  Minerva: i gruppi di lavoro ... 77  Le linee guida del manuale MINERVA ... 79  Europeana Regia ... 83  Le linee guida di Europeana Regia ... 84  5.  La digitalizzazione dei manoscritti ... 89  Il project management dei progetti di digitalizzazione del patrimonio culturale ... 91  L’aspetto legale ... 92  5.1. La raccolta digitale delle immagini. ... 96  5.1.1.  La scelta: scanner o macchina fotografica digitale? ... 98  5.2. Controllo qualità dell’immagine ... 103  5.2.1. Risoluzione dell’immagine ... 107  5.2.2.  Bit Depth ... 110  5.2.3. Colore e tono ... 110  5.2.4. Formato e compressione del file ... 111  6.  La rielaborazione digitale delle immagini ... 113  6.1. Il restauro “tradizionale” del materiale scritto ... 113  6.1.1. Una storia complicata ... 113  6.1.2. La prassi del restauro “tradizionale” ... 116  6.2. Il restauro virtuale o digitale ... 118  6.2.1. La prassi del restauro virtuale ... 120  7. Dal cartaceo al digitale ... 125  I metadati ... 128  Caso studio ... 131  INTRODUZIONE ... 131  1. L’ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA ... 134  1.1. Il Magistrato alle Acque ... 136  2. Savi ed Esecutori delle acque, Atti, 123 ... 139  2.1. DOCUMENTAZIONE ... 139  2.2. SCHEDA ISAD (G) ... 139  2.3. INDAGINE CONSERVATIVA ... 141  2.3.1. Stato di conservazione attuale ... 141  3. Dal cartaceo al digitale ... 143  3.1. Intervento di restauro virtuale ... 143  3.2. Creazione di un eBook culturale ... 144 

(9)

9  CONCLUSIONI ... 148  Bibliografia ... 151       

 

(10)

10 

1. IL PATRIMONIO CULTURALE 

 

A

 CHE SCOPO CONSERVARE

“Nulla è eterno e solo poche cose sono durevoli”  Seneca 

 

Il lavoro che viene proposto in questo studio prende in considerazione  la tutela e la valorizzazione  del patrimonio librario e documentario che per sua natura necessita di essere relegato e allo stesso  tempo liberato dall’ombra degli scaffali, tuttavia renderlo disponibile per il godimento delle persone  lo rende fragile: il cogliere le sue parole non vuol solamente dire appropriarci dei suoi contenuti ma  anche del suo corpo.   Come afferma Seneca “Nulla è eterno e solo poche cose sono durevoli”, tuttavia è nostro compito  tentare  di  renderle  durevoli  e,  grazie  alle  moderne  tecnologie,  superare  il  limite  della  fisicità  e  cercare di portarle all’eternità. 

Prima  di  fare  questo  salto  verso  “l’infinito  e  oltre”  è  importante  partire  da  una  domanda  fondamentale che dà senso al lavoro di ogni museo, biblioteca, archivio, teatro: perché conservare  il patrimonio culturale? 

La tutela dei beni culturali è oggi un argomento tanto importante quanto spinoso, inoltre continui  eventi favoriscono l’idea di una tutela del patrimonio ostacolata addirittura dalla natura‐ pensiamo  all’esondazione dell’Arno che ha allagato Firenze nel 1966 danneggiando circa 50 edifici storici, il  terremoto  dell’Emilia  Romagna  del  2012  e  quello  dell’Aquila  nel  2016  che  hanno  portato  alla  distruzione di chiese e di affreschi ivi conservati, oppure la recente eccezionale alluvione di Venezia  che ha causato danni a numerose strutture tra cui la Basilica di San Marco; il rapporto ISPRA2 (Triglia,  Idanza, Busettini, Lastoria, & Barbano, 2015) del 2015 sul dissesto idrogeologico in Italia stima che  34.000 beni culturali sono a rischio frane e 29.000 in pericolo di alluvione ‐ , così, tale domanda,  potrebbe sorgere spontanea.  Una iniziale risposta si potrebbe ricavare dall’analisi dell’articolo 9 della costituzione italiana, che    2 Trigila A., Iadanza C., Bussettini M., Lastoria B., Barbano A. (2015) Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e  indicatori di rischio. Rapporto 2015. ISPRA, Rapporti 233/2015, ultima consultazione 07/07/2020  https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rapporto‐233‐2015/Rapporto_233_2015.pdf 

(11)

11 

così cita nel suo primo comma:  

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.  Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”3 

In  queste  parole  si  può  percepire  che  l’Italia  considera  il  proprio  patrimonio  culturale  come  elemento fondamentale, tanto da inserirlo tra i primi articoli della sua costituzione, nei suoi principi  essenziali. Questa ricchezza viene così eletta a elemento caratterizzante e identitario del popolo  italiano e per tal motivo è dovere della Repubblica, quindi dei suoi cittadini, tutelare e conservare  tali beni che si tratti di un paesaggio, un dipinto, un’architettura, un documento.  In ottemperanza a quanto espresso dalle precedenti parole, l’articolo 1 del Codice dei beni culturali  e del paesaggio (D.L.VO 22 gennaio 2004, n. 42)  conferma il carattere identitario e l’importanza del 

soggetto  culturale  e  artistico  promuovendo  la  Repubblica  al  ruolo  genitoriale  dell’arte  e  della  conoscenza:  

“In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il  patrimonio  culturale  in  coerenza  con  le  attribuzioni  di  cui  all'articolo  117  della  Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice.”4   L’importanza identitaria della ricchezza artistico culturale viene trattata nel seguente comma dal  quale emerge una parola molto importante: la “memoria”. I documenti, i dipinti, i libri, la musica, i  palazzi, ecc., sono custodi di una memoria passata che deve essere preservata gelosamente e allo  stesso tempo mostrata per poterla elevare al ruolo di mentore saggio:  “La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la  memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo  della cultura.” 5 

Perderlo  vorrebbe  quindi  dire  privarsi  del  ricordo  di  ciò  che  è  stato  il  Paese  e  il  popolo  italiano,  smarrendo così‐ in un certo senso‐ l’anima.    3 Costituzione italiana: http://www.governo.it/it/costituzione‐italiana/principi‐fondamentali/2839  4 Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.L.VO 22 gennaio 2004, n.42, Sforza Fogliani C. (a cura di), La Tribuna,  Pioltello (MI), maggio 2018, art. 1, comma 1    5 Ivi, art 1 comma 2  https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1240240310779_codice2008.pdf 

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12 

Il documento ufficiale continua quindi in questo modo: 

“La  tutela  consiste  nell'esercizio  delle  funzioni  e  nella  disciplina  delle  attività  dirette,  sulla  base  di  un'adeguata  attività  conoscitiva,  ad  individuare  i  beni  costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione  per fini di pubblica fruizione.”6 

In quest’ultimo citato si fa presente che la tutela‐ ovvero il “Custodire un oggetto, un bene, per  evitarne  il  consumo,  la  perdita  o  la  dispersione7”‐  avviene  anche  attraverso  la  conservazione,  la  quale  “è  assicurata  mediante  una  coerente,  coordinata  e  programmata  attività  di  studio,  prevenzione, manutenzione e restauro.”8  Ciò significa che è lo studio che continua a dare vita a ciò  che sembra morto.  L’importanza della cultura e della sua conoscenza e propaganda viene ribadito costantemente: è del  13 aprile 2017 il decreto legislativo n. 60 che afferma:  “E' compito del sistema nazionale d'istruzione e formazione promuovere lo studio,  la conoscenza storico‐critica e la pratica delle arti, quali requisiti fondamentali del  curricolo, nonche', in riferimento alle competenze sociali e civiche, sviluppare le  capacità  analitiche,  critiche  e  metodologiche  relative  alla  conoscenza  del  patrimonio culturale nelle sue diverse dimensioni.”9 

L’Italia è di fatto uno dei pochi paesi a includere il tema all’interno della sua Costituzione all’alba del  1948,  presentando  una  Repubblica  che  si  basa  sulla  cultura,  tema  “di  assoluto  rilievo  per  l'emancipazione dei cittadini di un Paese appena uscito dalla guerra e dal ventennio di dittatura  fascista, ancora a forte vocazione rurale e con un elevato tasso di analfabetismo”10

Tuttavia, l’Italia non è sola: anche per la Spagna, del 1978, il patrimonio culturale è di competenza  dello  Stato,  raffigura  infatti  tra  i  principi  della  costituzione  in  una  visione  tuttavia  diversa  dell’argomento rispetto quella italiana. In essa infatti, nel preambolo, si afferma che:    6  Ivi. art  7 Vocabolario della lingua italiana Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/conservare/  8Ivi. art   9 Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60, https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00068/sg  10 Tutela e valorizzazione nella Cultura alla luce della riforma MiBACT in comparazione con lo spirito costituente del  1948, Colelli A., in Bibliotime, anno XVIII, numero 1, marzo 2015, https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num‐ xviii‐1/colelli.htm 

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13   “la nazione spagnola […] proclama la sua volontà di: […] Promuovere il progresso  della cultura e dell’economia in modo da assicurare a tutti una dignitosa qualità di  vita;”11  Come avviene nel documento italiano, anche in quello spagnolo emerge la volontà di conservare ed  evidenziare l’importanza della memoria e della propria storia, che diventa la garanzia per una vita  dignitosa. 

Se invece analizziamo altre costituzioni come ad esempio quella francese12 o tedesca13 notiamo la  totale assenza dell’argomento. Tuttavia, non possiamo riferire questa mancanza ad un disinteresse  al tema se prendiamo in considerazione i vari trattati che pongono il patrimonio culturale oggetto  del  dibattito  mondiale,  pensiamo  alla  Convenzione  dell’  Aja  (1954),  che  impone  la  tutela  e  la  restituzione dei beni culturali in caso di conflitto armato per tutti gli stati firmatari. È possibile qui  leggere un primo tentativo di riconoscimento ‐da parte non solo dell’Italia ma anche di altri soggetti‐  dell’importanza dell’argomento trattato che diventa sempre più sentito. Il 23 Novembre 1972 viene  infatti firmata la “Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale” a  Parigi.    Questa  fa  emergere  l’esistenza  di  un  diritto  globale  che  supera  confini  e  nazioni,  la  constatazione  della  sua  fragilità  dovuta  non  solo  al  degrado  naturale  ma  anche  “dall’evoluzione  della vita sociale ed economica"14, e la volontà di cooperazione per il mantenimento e la diffusione  del sapere: 

“Ciascuno Stato partecipe della presente Convenzione riconosce che l’obbligo di  garantire  l’identificazione,  protezione,  conservazione,  valorizzazione  e  trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di cui agli  articoli 1 e 2, situato sul suo territorio, gli incombe in prima persona. Esso si sforza  di agire a tal fine sia direttamente con il massimo delle sue risorse disponibili, sia,    1111 LA COSTITUZIONE SPAGNOLA. Approvata dalle Cortes nelle Sessioni Plenarie del Congresso dei Deputati e del  Senato tenutesi il 31 ottobre 1978‐ Ratificata dal popolo spagnolo mediante referendum del 6 dicembre 1978‐  Sanzionata da S. M. il Re dinanzi alle Cortes il 27 dicembre 1978, ultima consultazione 25/02/2020,  https://www.boe.es/legislacion/documentos/ConstitucionITALIANO.pdf  12 Costituzione del 4 Ottobre 1958, traduzione in lingua italiana eseguita sotto la responsabilità congiunta della  Direzione della comunicazione e dell’informazione del Ministero degli Esteri, del Consolato Generale di Francia a  Milano e del Servizio degli Affari Europei dell’Assemblea nazionale. Consultabile al sito https://www.conseil‐ constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/site_italien/constitution_italien.pdf  13 Legge fondamentale per la Repubblica Federale di Germania, testo ricavato da quello redatto da Roberto ZANON  per il sito del Consiglio regionale Veneto, consultabile al sito  http://www.pul.it/cattedra/upload_files/310/Legge%20fond.Repubblica%20Federale%20di%20Germania.pdf  14 Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, Parigi, 23 novembre 1972,  https://www.admin.ch/opc/it/classified‐compilation/19720322/201305310000/0.451.41.pdf 

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all’occorrenza, per mezzo dell’assistenza e della cooperazione internazionale di cui  potrà  beneficiare,  segnatamente  a  livello  finanziario,  artistico,  scientifico  e  tecnico.” 

Questo  è  il  primo  trattato  che  riconosce  l’importanza  mondiale  della  cultura  come  maestra  e  identità  delle  future  generazioni,  alla  quale  seguiranno  numerosi  altri  riconoscimenti,  come  ad  esempio la Convenzione del 200315 (convenzione Faro) che prende atto dell’importanza dell’eredità  culturale per lo sviluppo e la crescita della società.  

Se  ancora  non  siamo  convinti  della  necessità  di  salvare,  tutelare,  conservare  e  valorizzare  il  patrimonio artistico e culturale mondiale, la stessa “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”16  afferma:  

“Ogni  persona  ha  il  diritto  di  partecipare  liberamente  alla  vita  culturale  della  comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai benefici  che ne risultano” 

In  conclusione,  la  cultura  e  l’arte  sono  temi  importanti  per  l’identità  e  l’economia  italiana  e  mondiale: conservazione, tutela e valorizzazione non sono solo obblighi imposti da leggi, ma doveri  morali  nei  nostri  confronti  e  soprattutto  rispetto  chi  ci  seguirà.  Tentare  di  rendere  il  patrimonio  culturale  immortale  è  nostro  compito.  Riusciremo  a  trasformare  un  tentativo  in  un  reale  e  “tangibile” risultato?   

 

La carta 

F

ORMAZIONE E PROBLEMATICHE CONSERVATIVE

 

S

TORIA 

 

Il termine “carta” deriva dal latino charta e, inizialmente, viene utilizzato non tanto per indicare il  materiale, ma piuttosto il luogo nel quale risiedono le scritture.     15 Convenzione di Faro, Consiglio d'Europa ‐ Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio  culturale per la Società (CETS no. 199) 18/03/08 Faro, 27.X.2005, consultabile al sito: http://musei.beniculturali.it/wp‐ content/uploads/2016/01/Convenzione‐di‐Faro.pdf  16 

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L’esigenza  di  poter  imprimere  pensieri  in  modo  indelebile  è  molto  antica:  è  stata  attestata  la  presenza delle prime scritture in Mesopotamia a partire dal V millennio a.C., segni pittografici che  esprimono  la  necessità  di  lasciare  un’impronta,  successivamente  queste  tracce  si  evolvono  in  ideogrammi con i quali ad ogni tratto viene associato un concetto. Certo la pietra è uno strumento  che può fissare un’idea ma molto scomodo da trasportare, sono quindi gli Egizi a trovare una prima  soluzione  al  problema,  inventando  nel  3000  a.C.,  circa,  il  papiro  grazie  all’abbondante  presenza  dell’omonima pianta nella valle del Nilo. È questo il primo vero antenato della carta, che a partire  dal IV sec. a.C. lascia gradualmente spazio alla pergamena, più resistente grazie alla sua derivazione  dalle  pelli  animali,  che  risulta  più  pratica  sia  perché  può  essere  reimpiegata  “cancellando”  le  scritture sia perché impostata a forma di codex fin dall’inizio. Prodotta nella città di Pergamo inizia  ad essere utilizzata a partire dal II millennio a.C. mantenendo il primato fino a quando non viene  importata  nell’area  mediterranea  un  materiale  inventato  in  Cina:  la  carta.  La  sua  invenzione  è  attribuita  a  Ts’ai  Lun,  ministro  dell’imperatore  Ho‐ti  nel  105  d.C.;  questi  sono  i  dati  fino  ad  oggi  conosciuti, ma in realtà recenti ritrovamenti archeologici attestano l’utilizzo del supporto cartaceo  anche in tempi precedenti. A partire dal 604 il materiale inizia a diffondersi in Corea e, nel 610 in  Giappone per giungere in Europa nel XII secolo per mano degli Arabi.  

La  conoscenza  della  carta  nel  mondo  arabo  avviene  grazie  alla  via  della  seta  già  nel  637,  ma  è  solamente  nel  751  che  questo  popolo  riesce  a  far  proprie  le  tecniche  di  produzione  di  questo  materiale: grazie alla conquista di Samarcanda, durante la battaglia in Turkestan, gli arabi, infatti,  grazie  alla  prigionia  di  alcuni  mastri  cartai  cinesi  imparano  l’arte  sviluppandola  e  raffinandola.  Nascono, così, opifici nelle diverse città del territorio: Samarcanda, Bagdad, Damasco, Fez. Per via  della  sua  facilità  di  utilizzo  e  maneggevolezza,  ben  presto  l’amministrazione  araba  inizia  ad  utilizzarla, inoltre “per complesse vicende storiche, divenuto erede di Roma e della Grecia, il mondo  islamico, contrariamente a quello cristiano medievale, favorì lo studio delle scienze e il sorgere di  grandi università e biblioteche, per cui non c’è da stupirsi se una tale espansione culturale, oltre che  geografica, ha stimolato il consumo della carta. […] Nello stesso periodo in Europa non ci fu una  diffusione confrontabile nell’uso della carta la nuova produzione fu anche avversata, nell’Occidente  cristiano, dalla sua provenienza araba o giudaica.” (Pedemonte, 2008, p. 15).  In Italia, questo nuovo medium giunto per mano della dominazione araba in Sicilia, inizia a sostituire  la pergamena. Ciò avviene in coincidenza rispetto a con due eventi: il primo è lo sviluppo della regola  “ora et labora” per mano di Benedetto da Norcia che, assunta all’interno dei monasteri, promuove  la trascrizione da parte dei monaci dei testi sacri e non; in secondo luogo la nascita dei comuni (tra 

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la metà del XI sec e l’inizio del XII sec. d.C.) che porta ad ampliare il tessuto relazionale tra privati  con la conseguente nascita del contratto (di cui sono testimoni rogiti e minutari notarili). “La nuova  città  medievale  è  fatta  di  letteratura  e  di  una  nuova  realtà  mercantile  e  la  carta  è  la  migliore  espressione  del  commercio;  accompagna  facilmente  il  commerciante  della  bottega  alla  fiera,  al  molo dove attraccano le navi, al suo banco di lavoro. L’impulso alla produzione della carta è l’ovvia  conseguenza di tutto ciò” (Pedemonte, 2008, p. 16). Durante il Medioevo a Fabriano sorge la più  importante cartiera non solo in quanto è la prima a utilizzare maestranze occidentali ma anche per  la sperimentazione e lo sviluppo di tecniche innovative e nuovi materiali di fabbricazione. La nascita  dell’industria marchigiana si pensa possa risalire ai primi anni del Duecento: la testimonianza di un  documento  in  pergamena  dell’Archivio  Storico  del  Comune  di  Matelica  del  1264  mostra  la  registrazione  di  una  fornitura  di  carta  proveniente  da  Fabriano  e  destinata  all’uso  del  notaio  comunale. Questa non è l’unica, ma la prima di molte altre e che di fatto dominano il mercato del  settore  e  portano  la  carta  italiana  in  tutta  Europa.  Così,  nel  1326,  nasce  a  tutti  gli  effetti  la  corporazione dei Cartai.  Come descritto da Marco Polo ne Il Milione, per la realizzazione del supporto cartaceo, inizialmente  vengono utilizzati stracci di origine vegetale bianchi o leggermente colorato‐ paglia di tè o riso, le  canne di bambù, gli stracci di canapa fino alla corteccia del gelso per una realizzazione più pregiata  impiegata per le banconote; in Europa il tessuto più utilizzato è il lino che la rende di qualità migliore.  Nell’Ottocento l’industrializzazione comporta l’introduzione di tecnologie più sofisticate e l’uso della  chimica ma, fino ad allora la lavorazione della materia prima che viene trasformata in carta, rimane  invariata:  1. Prima fase di battitura e lavatura che permette di togliere polvere e fango da essa,   2. Fase della lisciviazione: inizialmente attuata con acqua calda e cenere e successivamente con  calce o soda. Tale procedimento va a sgrassare il tessuto.   3. Gli stracci vengono tagliati in strisce allungate 

4. Fermentazione  nel  marcitoio  per  riuscire  ad  ottenere  la  cellulosa  più  pura  possibile.  In  questo  momento  sostanza  organica  costituente  il  sudiciume  e  parte  non  cellulosa  si  trasformano in sostanze gassose. Tale operazione durava dalle quattro alle sette settimane  a seconda delle stagioni, tuttavia protrarre troppo a lungo la macerazione degli stracci può  comportare il degrado delle fibre, ma accorciare i tempi significa influire negativamente sulle  proprietà fisiche del prodotto finale, dando alla carta minore elasticità e quindi maggiore  fragilità. 

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5. Sfibratura: questa operazione separa le singole fibre e le stempera in acqua, ottenendo il  “pesto”. Nel corso del tempo si sviluppano diverse tecnologie per la triturazione degli stracci  che diventano a questo punto pesto: in Cina era un lavoro manuale su mortai di legno, gli  Arabi introducono in così detto follo costituito da vasche di pietra e pestelli azionati a mano;  a  Fabriano  viene  utilizzata  la  ruota  idraulica  per  azionare  i  magli  che,  grazie  all’azione  dell’acqua pestano la materia prima che va a costituire il pesto; nel 1680 in Olanda viene  inventata  una  macchina  che  tritura  gli  stracci,  la  pila  a  cilindro  che  a  partire  dal  1710  sostituisce l’invenzione marchigiana. 

6. Formazione del foglio: la pasta ottenuta viene immersa in una tina e diluita secondo il tipo  di  carta  da  fabbricare.  Attraverso  una  temperatura  costante  di  25°C  e  tenendola  continuamente  mescolata  la  distribuzione  delle  fibre  viene  mantenuta  omogenea  permettendo così la formazione del foglio ottenuto grazie as un telaio rettangolare con piano  filtrante realizzato con sottili fili di ottone sovrapposti e legati tra loro: questo strumento,  trattenendo le fibre della pasta e filtrando l’acqua, va a formare il foglio di carta che viene  rovesciato su di un feltro. 

7. Pressatura: la carta interfogliata con i feltri viene sottoposta  a pressatura che ha il compito  di  spianare  bene  i  fogli,  dimezzando  così  i  tempi  di  asciugatura.  Dopo  questa  operazione  tocca a levatore, che togli i feltri tra i fogli e sovrapponendoli forma una posta di quaderni  bianchi composti da 11‐ 12 fogli, per procedere ad un’ulteriore pressione che ha il compito  di eliminare l’acqua residua.  8. Collatura: attraverso questa fase si rende la carta meno permeabile impedendo all’inchiostro  di spandere. questa operazione consiste nel prendere i fogli sovrapposti ed immergerli in un  tino con una miscela di acqua e colla alla temperatura di circa 35°C , per essere quindi stesi,  singolarmente, ad asciugare.   

A  partire  dal  1789,  grazie  alla  scoperta  del  cloro  avvenuta  nel  1774,  è  possibile  utilizzare  stracci  colorati che poi attraverso la nuova sostanza vengono sbiancati. Dal 1798 si introduce una fase di  lavaggio con soluzione di solfito di sodio “le cui tracce causavano a distanza di tempo un marcato  degrado  della  carta”17  (Pedemonte,  2008,  p.  23).  Per  via  della  possibilità  di  sbiancamento  della  materia prima, della crescita di richiesta e favorita dall’industrializzazione è possibile la ricerca di  nuove materie prime meno costose nella fabbricazione del nuovo supporto cartaceo, così nel 1765 

 

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vengono proposti i primi risultati di carta ottenuta da diverse fibre vegetali come paglia, segatura,  frammenti di corteccia e a partire dalla metà dell’Ottocento anche il legno. 

La carta è costituita principalmente da cellulosa, un  polimero composto da migliaia di molecole di  glucosio legate tra loro da un legame glucosidico che dà al polimero una struttura lineare.  

Essendo  la  cellulosa  una  molecola  soggetta  a  subire  trasformazioni  chimiche  date  dalla  sua  interazione  con  agenti  esterni  ed  interni  al  manufatto,  col  passare  del  tempo  le  sue  catene  macromolecolari  sono  destinate  a  rompersi  o  ad  alterarsi,  portando  ad  un  peggioramento  nella  stabilità chimico‐fisica del foglio, che subisce problematiche macroscopiche come strappi, perdite e  minore  resistenza  alla  piegatura  andando  a  determinare  una  difficile  fruizione  del  contenuto  scrittorio  presente.  Le  cause  di  queste  forme  di  degrado  sono  sicuramente  dovute  all’invecchiamento naturale velocizzato da molteplici agenti: la variazione di temperatura e umidità,  la luce, la presenza di agenti ossidanti nell’aria, per non parlare dello stesso utilizzo che ne viene  fatto causa ulteriore di stress meccanico. A volte, però, alcune problematiche possono essere legate  anche a fattori inseti nel processo di lavorazione, quali sbiancanti o collanti, che contribuiscono a  velocizzare  il  percorso  che  porta  alla  fine  della  vita  del  medium.  Potremo  dunque  definire  due  tipologie di fattori scatenanti queste reazioni di indebolimento della carta: quelli intrinseci e quelli  estrinseci al manufatto. 

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A CONSERVAZIONE DELLA CARTA

 

La preoccupazione di poter tramandare i documenti attraverso un’adeguata conservazione è molto  antica, se ne preoccupa anche Vitruvio che nel suo De architettura inserisce delle precisazioni su  come deve essere costruita una biblioteca nelle domus e così scrive:   “ le librerie debbono riguardare il levante: poichè l’uso delle medesime richiede  lume di mattina: oltrecchè in sì fatte librerie non si guastano i libri; ed in quelle,  che riguardano mezzogiorno, o ponente, patiscono per le tignuole, e per l’umido,  perchè i venti umidi, che vi soffiano, ve le generano e nutriscono; e spargendovi  aliti umidi, corrompono colla muffa i libri.”18  L’indagine sistematica rispetto le cause di degrado dei manufatti cartacei inizia ad avere rilevanza a  partire dal XVIII secolo con l’estendersi della ricerca scientifica in numerosi campi di applicazione, è  infatti  del  1774  il  primo  bando  di  concorso  per  lo  studio  degli  insetti  dannosi  all’interno  delle  biblioteche,  bandito  dalla  Società  delle  scienze  di  Gottinga.  Nel  1930  Alfonso  Gallo  stabilisce  i  parametri per garantire il migliore ambiente possibile per i documenti cartacei. 

Se, dunque, non è possibile intervenire e modificare i fattori intrinseci che creano danno ai supporti,  per quelli estrinseci si possono attuare delle accortezze per rallentare, almeno in parte, il degrado  del  manufatto:  ciò  è  possibile  tenendo  sotto  controllo  i  parametri  di  umidità,  temperatura,  illuminazione, inquinamento atmosferico, polvere e utilizzo.  

I primi due elementi, umidità e temperatura, sono sicuramente quelli più decisivi a causa dell’alta  igroscopicità  della  carta‐  che  provoca  l’assorbimento  dell’acqua,  o  per  meglio  dire,  di  vapore  acqueo‐ presente nell’aria e che sopra certi valori determina la nascita di infezioni microbiotiche che  portano alla distruzione del materiale di supporto in brevissimo tempo. Umidità e temperatura sono  fortemente collegate, non solo esse interagiscono tra loro, in quanto un aumento di quest’ultima  provoca l’aumento di “ possibilità dell’aria del locale di ricevere vapore acqueo (aumenta cioè la  concentrazione  di  saturazione)”19.  Considerando  tale  situazione  il  valore  di  umidità  relativa20 

  18 Galliani B. (curatore e traduttore), De architectura, Vitruvio, e‐text editore, p. 376, scaricabile in:  https://www.liberliber.it/mediateca/libri/v/vitruvius/l_architettura/pdf/vitruvius_l_architettura.pdf  19Copedé M., La carta e il suo degrado, Nardini Editore, Firenza, 1991, p.71  20“L’umidità relativa (UR) è  il rapporto in percentuale fra la quantità del vapore di un volume d’aria ad una data  temperatura (UA), e l’umidità massima che potenzialmente quel volume potrebbe contenere a quella stessa  temperatura”. Ivi, nota 19 

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ottimale è compreso tra 45% e 65% cercando di evitare repentine variazioni di temperatura che  potrebbero  causare  scompensi  fisici  nella  struttura  molecolare  della  carta;  quest’ultimo  valore  quindi deve rimanere tra i 16° e i 20°C.   In secondo posto vi è l’illuminazione che è la causa dei meccanismi di fotodeterioramento21 data  dalla presenza nella luce delle radiazioni ultraviolette con radiazioni ultraviolette non superiori a 75  µwat/lumen22, ed infrarosse che provocano l’aumento della temperatura, che complessivamente  non deve superare i 50 lux/ora23 L’inquinamento atmosferico: la presenza nell’aria di sostanze come l’anidride solforica e solforosa,  l’acido solforico e solfidrico, gli ossidi di azoto, l’ozono e acido cloridrico provocano ossidazione alla  cellulosa e così, alla pari dei materiali lapidei, sarà visibile un imbrunimento maggiormente intenso  nei bordi dei libri. Inoltre, le carte di produzione moderna sono maggiormente esposte al pericolo  per via del loro metodo di fabbricazione, infatti sia la cellulosa lignea che quella chimica assorbe una  quantità  maggiore  di  anidride  solforica  rispetto  alla  carta  prodotta  con  stracci,  lino  e  cotone.  (Copedè, 1991) 

La polvere, oltre che ad impedire la lettura del contenuto, può anche essere considerata come una  spugna che assorbe ciò che trova nell’aria aggrappandolo al supporto dove essa si trova andando a  causare a lungo andare imbrunimenti e macchie. 

Ed  infine  l’uomo  che  mette  ulteriormente  in  pericolo  il  libro  proprio  utilizzandolo  (come  è  suo  diritto) ma a causa di negligenza, incuria, abuso e distruzioni (volontariamente o meno) aumenta la  sua vulnerabilità. Tra i  danni provocato dalla consultazione dei documenti scritti, troveremo quelli  dovuti allo strusciamento delle copertine nel momento del prelievo; per riuscire il problema, molti  archivi  e  biblioteche  realizzano  delle  scatole  rivestite  di  carta  con  ph  neutro,  che  fungono  da  cappotto proteggendo il materiale. In molte biblioteche, scritti di enorme pregio e fragilità sono 

 

21 “La luce, sia naturale che artificiale, provoca particolari meccanismi di degrado molto complessi ed ancora non ben  chiariti; questi si possono ricondurre ai fenomeni di fotolisi, fotossidazione e fotosensibilizzazione.” Ivi. p.64 

22 “lumen In fotometria, unità (derivata) di misura/">misura del flusso luminoso nel sistema internazionale (SI);  simbolo lm (in passato anche lum). È definito come il flusso luminoso emesso, nell’angolo solido unitario, da una  sorgente puntiforme che abbia in tutte le direzioni comprese in tale angolo solido l’intensità di una candela (1 lm = 1  cd∙sr). Lumenora è l’unità di misura che indica la quantità di flusso luminoso convogliata in un’ora da un fascio di raggi  luminosi, il cui flusso sia di un l.; è pari a 3600 lumensecondi, indicando quest’ultimo la quantità di flusso luminoso  convogliata in un secondo da un fascio di raggi luminosi il cui flusso sia di un lumen.” Enciclopedia online Treccani,  ultima consultazione 14/05/2020, http://www.treccani.it/enciclopedia/lumen/ 

23 “lux In fotometria, unità (derivata) di misura/">misura di illuminamento nel sistema internazionale (SI); simbolo lx. È  definito come l’illuminamento prodotto da una sorgente luminosa puntiforme avente l’intensità di una candela su una  superficie sferica posta a 1 m di distanza perpendicolarmente ai raggi; corrisponde all’illuminamento che si ha su una  tale superficie quando ogni m2 di essa riceve il flusso luminoso di 1 lumen (1 lx = 1 lm/m2).” Enciclopedia online  Treccani, ultima consultazione 14/05/2020, http://www.treccani.it/enciclopedia/lux/ 

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contenuti  in  teche  e  sfogliati  di  giorno  in  giorno  per  permettere  al  pubblico  di  poterne  vedere  qualche  parte/pagina.    Altre  problematiche  sono  legate  alle  grandezze  dei  volumi:  molti  di  essi  necessitano  di  posizionamento  orizzontale,  ma  a  volte  è  necessario  rinunciarvi  per  avere  una  collocazione ritrovabile dall’utenza o per carenza di spazio. La consultazione, inoltre, per mancanza  di  attenzione  e  per  la  fragilità  delle  carte,  può  giungere  ad  assottigliamento  del  foglio,  strappi,  lacerazioni  e  perdite.  Inoltre,  non  sono  rare  le  scomparse  di  libri  dovute  alla  volontà  dell’uomo,  pensiamo ad esempio al cambiamento della sistemazione degli archivi statali data dall’annessione  dell’Italia  all’Austria  (1797)24:  solamente  l’istituzione  veneta  riesce  a  mantenere  la  propria  organizzazione grazie a Jacopo Chiodo, gli altri archivi, cambiando la metodologia di catalogazione  del materiale al quale viene applicato un ordinamento scientifico25, subiscono perdite considerevoli  di documenti non più in linea con gli interessi dell’epoca, come avviene, per esempio, all’Archivio di  Stato di Milano nel quale l’ ordinamento per materia attuato da Ilario Conte e Luca Peroni, porta  allo scarto di documenti ritenuti non più interessanti.  Perdite di libri sono numerose nella storia, pensiamo ad esempio che nel 292 a.C. Diocleziano brucia  i libri alchemici della biblioteca alessandrina; nel 1497 Girolamo Savonarola a Firenze promuove il  “rogo delle vanità” per eliminare opere ritenute immorali; nel 1558, l’inquisizione attua un enorme  rogo di scritti, anche scientifici, contrari alla religione cattolica; e nel 1933, Bücherverbrennungen:  uno dei roghi più consistenti attuati dal regime nazista per debellare le parole contrarie all’ideologia  imposta. Questi sono solamente alcuni episodi di distruzione del patrimonio scritto.  Questi sono solamente alcuni degli eventi che hanno comportato una sottrazione del sapere.  L’uomo ha diritto alla consultazione della conoscenza, non solo in quanto deciso dalla costituzione  e da altri documenti ufficiali, ma anche per dovere nei confronti della storia e della conoscenza; se  limitarne  l’apprendimento  non  quindi  è  possibile,  è  giusto  circoscrivere,  per  quanto  possibile,  lo  stress provocato dall’utilizzo. 

In conclusione, capiamo bene che evitare l’invecchiamento naturale è impossibile, tuttavia ridurre  la velocità di tale caducità e impedire la perdita delle informazioni è nostro compito e dovere morale  nei  confronti  della  storia  per  non  ripeterla,  della  conoscenza  per  essere  consegnata  e  delle  generazioni future che devono poter fare buon uso di tali strumenti. In tale visione comprendiamo  che anche la carta è un elemento vivo destinato alla morte, tuttavia, oggi grazie alle tecnologie è    24 Nel 1797, col trattato di Campoformio, il Veneto fino all’Adige, l’Istria, la Dalmazia viene ceduto all’Austria da  Napoleone Bonaparte.  25 L’ordinamento scientifico prevede un’ordinazione del materiale per materia e ordine alfabetico rintracciabile  attraverso schedari, indici, rubriche, spogli, registri. 

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22  possibile mantenere vivi i suoi significati. Comprendiamo così che i progetti di digitalizzazione dei  libri, rari o meno, acquistano un valore immenso per la conoscenza che viene condivisa e soprattutto  per la possibilità di non perderla nell’oblio della memoria.  “Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza.”              Socrate   

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La digitalizzazione del patrimonio librario ed archivistico 

raro 

La riproduzione di materiare archivistico, bibliografico non è in realtà argomento nuovo: la Banca  d’Italia, per esempio, agli inizi degli anni ’60 utilizza la microfilmatura per i documenti in entrata e  in uscita e a partire dal 1971 (poco dopo la nascita della sezione storica dell’archivio) utilizza la stessa  tecnica per il materiale di interesse storico. Così anche le altre biblioteche e archivi che vedono nel  microfilm la possibilità di sistemare le proprie collezioni‐ in costante crescita‐ in formati più compatti  che permettono una più facile circolazione del materiale (Battilocchi, 1998). Inoltre, negli stessi anni,  molte  istituzioni  di  conservazione  del  materiale  librario  e  archivistico  si  rendono  conto  delle  problematiche  di  fragilità  dei  testi  e  iniziano  ad  attuare  programmi  conservativi  attraverso  i  microfilm  che  permettono  una  circolazione  più  protetta  del  materiale:  una  volta  comprata  la  pellicola  sviluppata  da  questo  nuovo  formato  conservativo,  può  essere  riprodotta  nuovamente  permettendo  all’originale  di  rimanere  al  suo  posto.  Potremo  quindi  affermare  che  la  rivoluzione  digitale che si sta attualmente svolgendo, legata agli sviluppi del web che rendono le varie barriere  meno difficili da superare, siano in realtà in continuità col passato ed evolvendosi hanno permesso  la loro  espansione e condivisione per arrivare alla portata di tutti. Ecco dunque uno dei motivi per  cui  è  importante  arrivare  alla  completa  digitalizzazione  del  materiale  presente  all’interno  di  biblioteche  e  archivi:  la  condivisione  della  conoscenza,  senza  tale  concetto  questo  materiale  andrebbe perduto nell’oblio della memoria.  

La condivisione è importante sia per ricordare sia per conservare e non lasciare che tale materiale  altamente fragile venga perduto per sempre. Infatti, uno dei peggior nemici dei documenti librari è  certamente il loro utilizzo, e soprattutto l’utilizzo del materiale in modo incosciente, che provoca  danni  irreparabili.  Poter  quindi  rendere  disponibile  agli  utenti  un  materiale  che  di  fatto  ne  rappresenta la copia, potrebbe essere un buon modo di proteggere i contenuti presenti in supporti  altamente fragili.  

La  digitalizzazione  dei  documenti  è,  inoltre,  un  modo  per  poter  soddisfare  le  esigenze  espresse  dall’Art. 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che propone, tra i compiti principali dello  Stato  nei  confronti  del  patrimonio  culturale  e  paesaggistico,  la  sua  valorizzazione.  Si  afferma  dunque:  

 “La  valorizzazione  consiste  nell'esercizio  delle  funzioni  e  nella  disciplina  delle  attività  dirette  a  promuovere  la  conoscenza  del  patrimonio  culturale  e  ad 

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24  assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio  stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo  sviluppo della cultura.”26   Viene inoltre ribadito all’Art. 11827 che tali attività conoscitive e di ricerca riguardanti il patrimonio  culturale sono supportate, sostenute e promosse dal Ministero, dalle regioni ed in generale da ogni  altro ente pubblico territoriale. Quindi quale miglior mezzo di promozione e diffusione della cultura  se non rendendola libera e disponibile al pubblico attraverso la sua digitalizzazione e condivisione  in internet? In tal senso, gli strumenti digitali potrebbero rivelarsi forme di conservazione, fruibilità  e valorizzazione alternative da sviluppare parallelamente alle alternative tradizionali.   In quest’ottica, riferendoci al contesto italiano, sono numerose le istituzioni che a partire dagli anni  ’90 attuano politiche di digitalizzazione di opere librarie ed archivistiche con l’intento di conservare  e distribuire l’arte e la conoscenza, lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali inizia nel 1999  a progettare una biblioteca virtuale. Nonostante le buone intenzioni ed il sogno di una conoscenza  condivisa  i  primi  progetti  di  digitalizzazione  non  hanno  portato  ai  risultati  sperati:  si  sono  infatti  avviati lavori numerosi progetti, come li definisce Osvaldo Avallone28 (Avallone, 2013), a “macchia  di  leopardo”,  del  tutto  lontani  da  un  lavoro  organizzato  ed  omogeneo,  dando  avvio  alla  digitalizzazione  indiscriminata  di  qualsiasi  materiale  si  ritenesse  soggettivamente  importante  o  comodo  senza  un  reale  criterio  di  utilità  per  la  collettività,  “il  tutto,  aggravato  spesso  da  inutili  duplicazioni,  provocò  l’inopinato  effetto  che  di  leopardi  ormai  ce  n’era  una  mandria,  ed  era  avvenuta una cospicua dispersione di risorse senza risultati di livello adeguato. […]L’unica cosa che  apparve  ben  chiara  fu  che  la  digitalizzazione  era  da  considerare  un  investimento,  costoso,  che  andava rigidamente organizzato e monitorato «step by step»”29 (Avallone, 2013). 

Tale situazione ha comportato, non solo in Italia ma anche in Europa, la realizzazione di singoli lavori  sperimentali e scollegati tra di loro, che hanno avuto come obbiettivo la condivisione del materiale  più caratteristico presente nelle istituzioni che si sono fatte carico del progetto.  

Da  questi  primi  esperimenti  che  prendono  vita  in  modo  singolare,  i  lavori  procedono  e  le 

  26 Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.L.VO 22 gennaio 2004, n.42, Sforza Fogliani C. (a cura di), La Tribuna,  Pioltello (MI), maggio 2018, art.6, cit.   27 Ivi. art.118   28 Avallone O, Il Progetto Google books: la prima grande esperienza di accesso diretto al patrimonio bibliografico  nazionale, in DigItalia‐ Rivista del digitale dei beni culturali, Digitalia. Vol I, 2013  Avallone, Direttore Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II” di Roma, nell’articolo esplica il progetto  concordato con Google Books, per la digitalizzazione del patrimonio librario del mondo. Si parla del progetto più  avanti.  29 Ivi, p. 10 

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sperimentazioni  diventano  numerose  con  l’intento  di  ideare  progetti  che  prevedono  un’aggregazione di stati, così (a seguito dei progetti ATHENA ed EUROPEANA), in questo spirito di  coinvolgimento e lavoro comune, la Comunità Europea avvia una ricerca sugli aggregatori europei  di contenuti digitali, che ha come scopo lo studio dei progetti di digitalizzazione avviati nel mondo.  Dalla ricerca è emerso che i progetti di condivisione della cultura hanno una nascita recente a livello  nazionale, internazionale, europeo ed in pochi casi anche regionale. Tale sviluppo è stato associato  all’interesse  della  Commissione  europea  in  tale  ambito:  è  infatti  del  28  aprile  2005  una  lettera  appartenente a sei capi di stati di governo, compreso quello italiano, ed indirizzata a Jean‐Claude  Juncker,  presidente  del  Consiglio  europeo,  e  a  José  Manuel  Durao  Barroso,  Presidente  della  Commissione europea, che propone le seguenti richieste: 

 

“Monsieur le Président, 

Le  patrimoine  des  bibliothèques  européennes  est  d’une  richesse  et  d’une  diversité  sans  égales.  Il  exprime  l’universalisme  d’un  continent  qui,  tout  au  long  de  son  histoire, a dialogué avec le reste du  monde. 

Pourtant, s’il n’est pas numérisé et  rendu  accessible  en  ligne,  ce  patrimoine  pourrait,  demain,  ne  pas occuper toute sa place dans la  future géographie des savoirs.  C’est  la  raison  pour  laquelle  nous  souhaitons  prendre  appui  sur  les  actions  de  numérisation  déjà  engagées  par  nombre  de  bibliothèques européennes pour les 

“Signor Presidente, 

il  patrimonio  delle  biblioteche  europee  è  di  una  ricchezza  e  una  varietà senza pari. 

Esso  esprime  l’universalità  di  un  continente  che,  nel  corso  di  tutta  la  sua storia, ha dialogato con il mondo.  Tuttavia  se  non  digitalizzato  e  reso  accessibile  in  linea,  questo  patrimonio potrebbe un domani non  occupare il posto che gli spetta nella  futura geografia della conoscenza.  È per tale ragione che vorremmo far  leva  sulle  attività  di  digitalizzazione  già  avviate  da  numerose  biblioteche  europee  per  metterle  a  sistema  e  costituire  così  quella  che  potremmo  chiamare  una  biblioteca  digitale 

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mettre en réseau et constituer ainsi  ce  qu’on  pourrait  appeler  une  bibliothèque  numérique  européenne, c’est‐à‐dire une action  concertée  de  mise  à  disposition  large  et  organisée  de  notre  patrimoine  culturel  et  scientifique  sur  les  réseaux  informatiques  Mondiaux”30 (Piccininno, 2009) 

 

europea,  vale  a  dire  un’azione  concertata  che  comporti  la  messa  a  disposizione  in  modo  massivo  e  organizzato  del  nostro  patrimonio  culturale  e  scientifico  nelle  reti  informative mondiali.” 

Una presa di posizione giustificata del progetto proposto da Google (Google Book Search del 2012)  che vede la digitalizzazione e la messa a disposizione all’utenza dell’azienda privata, manuali e libri  esenti dal copyright non certo per scopi culturali e sociali, inoltre ciò che ha infastidito l’Europa è la  presenza  in  grande  quantità  di  materiale  anglosassone  che  mette  in  ombra  il  resto  del  vasto  patrimonio  librario  europeo,  ecco  dunque  che  si  giunge  alla  nascita  di  due  tra  i  più  importanti  progetti europei: Europeana ed ATHEN. 

Dallo studio realizzato per mezzo di un questionario redatto dagli esperti di Europeana ed Athena al  quale hanno risposto 30 aggregatori culturali31, sono emersi alcuni spunti di riflessione interessanti.  Innanzitutto, tali progetti sono stati realizzati per mezzo di tre tipologie di necessità: una grande  parte dei progetti‐ ca. il 60%‐ sono portali istituzionali che assolvono a esigenze ben specifiche di  promozione  della  cultura  e  di  libero  accesso  delle  informazioni  per  la  propria  utenza,  un’  alta  percentuale(il  30%)  è  riservata  agli  aggregatori  culturali  facenti  parte  di  un  lavoro  europeo  che  dunque si dedicano ad un tema o settore specifico, alcune hanno un accesso autonomo altri invece  lavorano  attraverso  situazioni  più  importanti  come  Europeana,  non  prevedendo,  dunque,  una  propria  indipendenza.  Solamente  il  10%  è  costituito  da  portali  di  servizio  che  forniscono  servizi  specialistici e che sono riusciti a raggiungere una propria autosufficienza economica e gestionale. La  scelta della maggior parte dei partecipanti a questa ricerca mette a disposizione nel proprio accesso  internet o nel portale istituzionale di progetti europei, una vasta gamma di risorse digitali di diversa    30 Piccininno M., Indagini sugli aggregatori europei di contenuti digitali, in DigItalia‐ Rivista del digitale nei beni  culturali, anno IV, numero 2, Roma, 2009, pp. 171‐172, ultima consultazione 01/04/2020 scaricabile in   31 Per Aggregatori culturali si intendono tutte le istituzioni pubbliche e private che hanno dato risposta allo studio  citato. I soggetti coinvolti sono stati proposti alla tavola 1 e 2 a fine del documento. 

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tipologia (da file di lettura a quelli musicali, video, ecc). 

Altro dato di rilievo è che quasi un terzo dei rispondenti – il 27%‐ si appoggia ai ministeri della cultura  nazionali,  probabilmente  per  riuscire  a  sostenere  le  ingenti  spese,  mentre  una  grossa  fetta  di  progetti ‐il 20%‐  sono attivati da biblioteche assumendo un ruolo importante nella valorizzazione  della cultura assieme alle agenzie governative, che ricoprono il 10% della torta in compagnia degli  istituti di ricerca. Per quanto riguarda gli archivi il 3% hanno attivato programmi di digitalizzazione  dei documenti a loro disposizione ciò dovuto a diversi motivi: mancanza di fondi, di spazio per la  conservazione del nuovo materiale digitale, ecc.    Figura 1: il grafico mostra in percentuale le tipologie di responsabilità istituzionale che applicano progetti di digitalizzazione32  (Piccininno, 2009)  Sono stati riscontrati principalmente due motivazioni che spingono alla digitalizzazione: la diffusione  del patrimonio culturale attraverso un libero accesso dello stesso grazie a internet e la volontà di  fornire strumenti qualificati per la documentazione e la ricerca. Nonostante le nobili intenzioni e  l’offerta di motori di indagine e  la possibilità di salvataggio e condivisione delle stesse, solamente  18 aggregatori su 30 forniscono accesso anche ai contenuti digitali oltre che ai metadati. Possiamo  quindi  concludere  che  sebbene  il  materiale  digitalizzato  sia  presente  esso  non  è  effettivamente  disponibile  in  rete,  e  ciò  è  probabilmente  dovuto,  non  solo  all’enorme  vastità  del  materiale, ma  anche al budget che tali istituzioni hanno per i progetti di digitalizzazione. La forma di finanziamento 

 

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risulta, infatti, quasi sempre pubblica e quindi non sempre costante. 

“In linea generale, l’indagine ha messo in evidenza come in pochi anni il panorama  europeo  della  digitalizzazione  e  pubblicazione  in  linea  dei  contenuti  si  sia  velocemente  evoluto  anche  grazie  al  sostegno  politico  ed  economico  della  Commissione. Le lacune maggiori sembrano dovute non tanto ad aspetti tecnici  quanto finanziari poiché manca ai livelli europeo e nazionale una pianificazione  economica sul lungo periodo.”33 (Piccininno, 2009) 

Partendo  dal  dare  una  definizione  e  una  contestualizzazione  a  due  luoghi  importanti  per  la  valorizzazione  del  patrimonio culturale offerto alla  portata di  tutti  attraverso  internet‐  ovvero  la 

biblioteca digitale e l’archivio digitale‐, si continuerà con la valutazione di alcuni progetti attivati in  varie parti del mondo, tenendo ben presente che questi descritti rappresentano una minima parte  di un argomento molto vasto ed in continuo sviluppo.    

 

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I

 PORTALI DELLA DIGITALIZZAZIONE

 

L

A BIBLIOTECA E L

ARCHIVIO DIGITALE

 

Introduzione 

Prima di procedere ad una rapida visione dei lavori di valorizzazione avviati in varie parti nel mondo,  è bene specificare dove tali operazioni vengono rese disponibili al pubblico, infatti la conoscenza  digitalizzata viene raccolta e organizzata in luoghi all’interno del vasto spazio di internet: i documenti  si trovano caricati in biblioteche e archivi digitali. Notiamo sempre più la diffusione di tali luoghi non  appartenenti al mondo del sensibile, e molti progetti di digitalizzazione approfittano di tali “scaffali”  per poter rendere le conoscenze facili da trovare ed utilizzare per l’utente, che sia uno studioso  specializzato o meno.  Obbligati a nascere in un contesto in cui la tecnologia continua la sua corsa irrefrenabile, biblioteche  e archivi digitali si trovano a metà tra la velocità tecnologica per il miglioramento e ampliamento  delle nostre possibilità e la volontà di poter conservare, in modo inalterato, valori dal passato.   Il desiderio di rendere accessibile in un solo luogo tutta la conoscenza umana non è in realtà recente  se pensiamo alla biblioteca Alessandrina, il cui obbiettivo principale era catalogare ed accogliere  tutta la conoscenza possibile. Vannevar Bush, nel 1945, con il suo articolo As we may think (Bush,  1945), per The Atlantic Monthly, attraverso la teorizzazione di Memex (un’apparecchiatura con la  quale uno studioso può raccogliere ed organizzare tutta la conoscenza), evidenza il cambiamento  del  bisogno  di  informazione  che  tende  ad  accontentarsi  sempre  meno  dei  limiti  posti,  evidenzia  quindi come gli scaffali delle biblioteche e degli archivi soddisfino sempre meno la ricerca di una  efficace e completa conoscenza. È Licklider psicologo ed informatico americano, che negli anni ’60,  con il suo Libraries of the future (Licklider, 1965), intravvede il futuro della conoscenza che sfrutta il  mezzo  informatico  a  proprio  vantaggio  parlando  del  «procognitive  utility  net»  come  servizio  di  supporto all’apprendimento.   Nei prossimi capitoli l’obbiettivo sarà quello di capire cosa sia una biblioteca o un archivio digitale,  non solo riportando le varie definizioni date, ma anche trovando un parallelo con la definizione di  biblioteca ed archivio proposta dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, investigando per trovare  similitudini e differenze. Trovare la mission di tali luoghi potrà dare una chiara visione del motivo  che ha spinto molte istituzioni, biblioteche, archivi, musei e privati a collaborare nell’attuazione dei  vari progetti di digitalizzazione di libri, manoscritti e documenti avviati a partire dagli anni ’90.  

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