Corso di Laurea
magistrale
in Economia e
Gestione delle Arti e
delle attività culturali
(EGArt)
Tesi di Laurea
Digitalizzazione del
patrimonio librario raro:
tecnologie a supporto della
valorizzazione della cultura
P
RATICHE PER LA TRASPOSIZIONE DI UN MANOSCRITTO IN EBOOK
Primo Relatore
Prof. Giulio Pojana
Secondo Relatore
Prof. Pietro Daniel Omodeo
Laureanda
Eleni Dalle Nogare Matricola 849819
Anno Accademico
2019 / 2020
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"anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: l'hic et nunc dell'opera d'arte- la sua esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova"
(W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1955)
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Ringraziamenti
La realizzazione del presente studio non sarebbe stata possibile senza il sostegno, il tempo e la fiducia concordatami dai professori Giulio Pojana e Pietro Daniel Omodeo, è per tal motivo che vorrei dire loro un grande “grazie”: il loro aiuto è stato fondamentale nel concludere questo percorso universitario nei migliori dei modi con un progetto che mi ha dato grande soddisfazione. Un secondo ringraziamento è dedicato all’Archivio di Stato di Venezia per avermi accolta durante lo Stage, offerto sostegno, conoscenze e materiale oggetto dello studio.
La mia gratitudine va, inoltre, alla mia famiglia per il sostegno morale nei momenti di difficoltà ed ansie pre‐esami, per avermi incoraggiata a provarci e spronata a far sempre meglio.
In ultima “grazie” ad Enrico per la sua pazienza nei miei confronti, per avermi sopportata e supportata, soprattutto nello sviluppo del progetto di tesi, senza di lui non sarei riuscita a creare un progetto che rispondesse alle mie esigenze.
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Introduzione
Il concetto di cultura è sempre stato relegato alla visione estetica “dell’arte per il gusto dell’arte” collegata ad artisti come Oscar Wilde o Gabriele d’Annunzio; oggetto che non può fare altro che essere apprezzato per il suo aspetto. In realtà è molto più che solo un bel dipinto da ammirare o un libro da leggere ed apprezzare: la cultura, oggi, assume un ruolo molto importante dal punto di economico e di conseguenza anche politico. Come emerso dal rapporto KEA European Affair1 (KEA European Affairs, 2006), il quale presenta una mappatura del sistema culturale europeo, nel 2003 il valore apportato dal settore cultura è stato del 2,6% del PIL europeo, con una crescita del 19,7% dal 1999 al 2003. Si tratta dunque di un settore produttivo che crea ricchezza, integrazione sociale, migliore istruzione e senso di appartenenza ad una società, per tal motivo il ruolo del patrimonio culturale materiale e immateriale ha iniziato ad assumere un posto nelle politiche europee e mondiali col compito di produrre uno sviluppo sostenibile, ovvero che “risponde ai bisogni di oggi senza compromettere le possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni” (Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, 1978).
Sono questi i presupposti che portano all’elaborazione di progetti che sfruttano la tecnologia per apportare una crescita intelligente e una cultura sostenibile: oggi le novità informatiche permettono di raggiungere gli scopi di condivisione ed abbattimento delle diversità culturali.
Il presente elaborato di tesi cerca di valutare le possibilità offerte dall’evoluzione tecnologica per giungere alla condivisione di una piccolissima, ma fondamentale, fetta del patrimonio tangibile culturale: i libri manoscritti rari. A causa della sua natura, la carta è un materiale fragile destinato ad essere utilizzato per portare conoscenza e proprio per questo esposto ad enorme rischio. In tal senso oggi la tecnologia può presentarsi come una risposta a questo paradosso attraverso la digitalizzazione del patrimonio culturale scritto. Prima di arrivare al nocciolo della questione, viene posta una domanda che è la base di tutti i progetti che coinvolgono il patrimonio culturale in prima persona: perché conservare, valorizzare e rendere disponibile la cultura? Le risposte sono molteplici, tuttavia in questo caso il primo riferimento è la motivazione etica rintracciabile nella Costituzione italiana e in quella spagnola, le quali vedono la questione culturale tra i propri principi a differenza di quelle tedesca, francese ed inglese, che invece non fanno cenno all’argomento. 1 Il rapporto KEA European Affair è stato commissionato dalla Comunità europea nel 2003 per la mappatura del sistema culturale dell’Unione Europea
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Una volta sciolto il nodo etico si passa ad una domanda più specifica: perché preservare e condividere con le generazioni future le conoscenze scritte attraverso la digitalizzazione? Dopo un breve excursus nella storia della carta e nella sua produzione, si trova la risposta al quesito posto nella composizione naturale del materiale cartaceo che la porta all’inevitabile degrado fisico e chimico rendendola, di fatto, fragile e mortale. A causa della risposta morale trovata nel primo capitolo, tale materiale deve poter essere reso disponibile, ma per via della sua natura caduca necessita di una protezione che la rileghi a contenitori isolati che ne impediscano l’utilizzo. Potremo definire questo un paradosso risolvibile solamente con i mezzi che la tecnologia ci offre: la digitalizzazione.
Digitalizzare significa tramutare un oggetto fisico in un codice binario attraverso dedicata strumentazione e reso comprensibile attraverso un computer, un tablet o un altro device. Come specificato nel capitolo “La digitalizzazione del patrimonio librario raro”, quello trattato non è argomento nuovo ma un’evoluzione della conservazione del materiale cartaceo attraverso il processo di microfilmatura avviato negli anni ’70 e sviluppato ulteriormente negli anni ’90 grazie al progresso tecnologico che ha portato alla nascita del personal computer e del mondo del web. Questo passo in avanti ha stimolato la conservazione e la valorizzazione del patrimonio attraverso i mezzi digitali e spinto organizzazioni private e pubbliche ad avviare progetti in tal senso in tutto il e a renderlo disponibile in portali virtuali dedicati come biblioteche e archivi digitali, dei quali si tratta al sotto capitolo “3.1 I portali della valorizzazione. Successivamente si passa alla descrizione di alcuni progetti attuati in Australia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Danimarca, Svizzera, Francia, Germania, Spagna e Italia, per passare alle programmazioni Europee rispetto la valorizzazione della cultura e in particolare i progetti comunitari, promotori di cooperazione tra differenti stati per la digitalizzazione e la diffusione del materiale prodotto e scritto in tutta Europa. In ultima vengono esposti brevemente progetti di carattere mondiale (il World Digital Library) e privato (il Google Book
Search).
Il capitolo 4, prende in esame tre linee guida stilate per la programmazione e l’attuazione di progetti di digitalizzazione del patrimonio scritto. Le due linee guida stilate dall’IFLA (l’International
Federation of Library Associations and Istitutions) stilate una nel 2002 e l’altra, in collaborazione con
l’ICA (International Council on Archives), nel 2015, gli standard del progetto Minerva pubblicati nel 2004, ed infine il programma per la realizzazione di Europeana Regia stilato tra il 2010 e il 2012, sono stati scelti come esempi rappresentativi per l’importanza internazionale, come esempio di un argomento molto dibattuto che ha dato vita a differenti studi.
6 A partire dal successivo capitolo si passa al cuore dello studio, la digitalizzazione affrontata in ogni suo aspetto: il project management del progetto, il punto di vista legale, la raccolta digitale delle immagini, il controllo qualità, ecc. Il passo successivo, che vuole rivelarsi come unicum rispetto studi precedenti, è la proposta di una elaborazione dell’immagine digitale attraverso quello che viene definito un “restauro virtuale” delle immagini raccolte, al fine di permettere al lettore di poter avere un’esperienza retrograda attraverso il tempo e avere l’occasione di far esperienza dell’oggetto come (idealmente) era stato realizzato dal suo scrittore. Alla fine di questa prima parte si passa alla descrizione di ciò che vuole essere il prodotto finale dello studio: un ebook culturale che possa essere facilmente rintracciato nel vasto mondo del web grazie ai metadati. La conclusione del presente elaborato prevede un caso studio, ovvero la digitalizzazione di una parte di una unità archivistica appartenente all’ Archivio di Stato di Venezia, il Savi e esecutori alle acque, Atti, 123, per trasformarlo in un ebook culturale, al fine di far comprendere le potenzialità della moderna tecnologia che può raccogliere e soddisfare le esigenze di ogni utente. È nostro compito tramandare la conoscenza alle generazioni future e la moderna tecnologia può esserci d’aiuto. La vera evoluzione non è tanto la scoperta in sé, ma riuscire a sfruttarla con coscienza e saperla passare per la creazione di nuove idee.
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Sommario
Ringraziamenti ... 3 Introduzione ... 4 Sommario ... 7 1. IL PATRIMONIO CULTURALE ... 10 La carta ... 14 Storia... 14 La conservazione della carta ... 19 La digitalizzazione del patrimonio librario ed archivistico raro ... 23 I portali della digitalizzazione ... 29 Introduzione ... 29 Definizione di biblioteca digitale ... 32 Origini ... 36 PROGETTI DI DIGITALIZZAZIONE NEL MONDO ... 40 Australia ... 40 Stati Uniti ... 41 Gran Bretagna... 43 Danimarca ... 44 Svizzera ... 44 Francia ... 45 Germania ... 46 Spagna ... 47 Italia ... 49 PROGETTI EUROPEI ... 52 Rinascimento virtuale ... 55 Europeana ... 56 PROGETTI A LIVELLO MONDIALE ... 59 PROGETTI PRIVATI ... 62 Linee guida per la digitalizzazione ... 64 Introduzione ... 64 IFLA ... 66 Linee guida per pianificare la digitalizzazione di collezioni di libri rari e manoscritti. ... 66 Guide linea per la progetti di digitalizzazione di collezioni e il patrimonio di pubblico dominio, in particolare quello posseduto da biblioteche e archive ... 72
8 Minerva ... 75 Una piccola premessa: i Principi di Lund ... 75 Minerva: i gruppi di lavoro ... 77 Le linee guida del manuale MINERVA ... 79 Europeana Regia ... 83 Le linee guida di Europeana Regia ... 84 5. La digitalizzazione dei manoscritti ... 89 Il project management dei progetti di digitalizzazione del patrimonio culturale ... 91 L’aspetto legale ... 92 5.1. La raccolta digitale delle immagini. ... 96 5.1.1. La scelta: scanner o macchina fotografica digitale? ... 98 5.2. Controllo qualità dell’immagine ... 103 5.2.1. Risoluzione dell’immagine ... 107 5.2.2. Bit Depth ... 110 5.2.3. Colore e tono ... 110 5.2.4. Formato e compressione del file ... 111 6. La rielaborazione digitale delle immagini ... 113 6.1. Il restauro “tradizionale” del materiale scritto ... 113 6.1.1. Una storia complicata ... 113 6.1.2. La prassi del restauro “tradizionale” ... 116 6.2. Il restauro virtuale o digitale ... 118 6.2.1. La prassi del restauro virtuale ... 120 7. Dal cartaceo al digitale ... 125 I metadati ... 128 Caso studio ... 131 INTRODUZIONE ... 131 1. L’ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA ... 134 1.1. Il Magistrato alle Acque ... 136 2. Savi ed Esecutori delle acque, Atti, 123 ... 139 2.1. DOCUMENTAZIONE ... 139 2.2. SCHEDA ISAD (G) ... 139 2.3. INDAGINE CONSERVATIVA ... 141 2.3.1. Stato di conservazione attuale ... 141 3. Dal cartaceo al digitale ... 143 3.1. Intervento di restauro virtuale ... 143 3.2. Creazione di un eBook culturale ... 144
9 CONCLUSIONI ... 148 Bibliografia ... 151
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1. IL PATRIMONIO CULTURALE
A
CHE SCOPO CONSERVARE
?
“Nulla è eterno e solo poche cose sono durevoli” SenecaIl lavoro che viene proposto in questo studio prende in considerazione la tutela e la valorizzazione del patrimonio librario e documentario che per sua natura necessita di essere relegato e allo stesso tempo liberato dall’ombra degli scaffali, tuttavia renderlo disponibile per il godimento delle persone lo rende fragile: il cogliere le sue parole non vuol solamente dire appropriarci dei suoi contenuti ma anche del suo corpo. Come afferma Seneca “Nulla è eterno e solo poche cose sono durevoli”, tuttavia è nostro compito tentare di renderle durevoli e, grazie alle moderne tecnologie, superare il limite della fisicità e cercare di portarle all’eternità.
Prima di fare questo salto verso “l’infinito e oltre” è importante partire da una domanda fondamentale che dà senso al lavoro di ogni museo, biblioteca, archivio, teatro: perché conservare il patrimonio culturale?
La tutela dei beni culturali è oggi un argomento tanto importante quanto spinoso, inoltre continui eventi favoriscono l’idea di una tutela del patrimonio ostacolata addirittura dalla natura‐ pensiamo all’esondazione dell’Arno che ha allagato Firenze nel 1966 danneggiando circa 50 edifici storici, il terremoto dell’Emilia Romagna del 2012 e quello dell’Aquila nel 2016 che hanno portato alla distruzione di chiese e di affreschi ivi conservati, oppure la recente eccezionale alluvione di Venezia che ha causato danni a numerose strutture tra cui la Basilica di San Marco; il rapporto ISPRA2 (Triglia, Idanza, Busettini, Lastoria, & Barbano, 2015) del 2015 sul dissesto idrogeologico in Italia stima che 34.000 beni culturali sono a rischio frane e 29.000 in pericolo di alluvione ‐ , così, tale domanda, potrebbe sorgere spontanea. Una iniziale risposta si potrebbe ricavare dall’analisi dell’articolo 9 della costituzione italiana, che 2 Trigila A., Iadanza C., Bussettini M., Lastoria B., Barbano A. (2015) Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio. Rapporto 2015. ISPRA, Rapporti 233/2015, ultima consultazione 07/07/2020 https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rapporto‐233‐2015/Rapporto_233_2015.pdf
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così cita nel suo primo comma:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”3
In queste parole si può percepire che l’Italia considera il proprio patrimonio culturale come elemento fondamentale, tanto da inserirlo tra i primi articoli della sua costituzione, nei suoi principi essenziali. Questa ricchezza viene così eletta a elemento caratterizzante e identitario del popolo italiano e per tal motivo è dovere della Repubblica, quindi dei suoi cittadini, tutelare e conservare tali beni che si tratti di un paesaggio, un dipinto, un’architettura, un documento. In ottemperanza a quanto espresso dalle precedenti parole, l’articolo 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.L.VO 22 gennaio 2004, n. 42) conferma il carattere identitario e l’importanza del
soggetto culturale e artistico promuovendo la Repubblica al ruolo genitoriale dell’arte e della conoscenza:
“In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all'articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice.”4 L’importanza identitaria della ricchezza artistico culturale viene trattata nel seguente comma dal quale emerge una parola molto importante: la “memoria”. I documenti, i dipinti, i libri, la musica, i palazzi, ecc., sono custodi di una memoria passata che deve essere preservata gelosamente e allo stesso tempo mostrata per poterla elevare al ruolo di mentore saggio: “La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.” 5
Perderlo vorrebbe quindi dire privarsi del ricordo di ciò che è stato il Paese e il popolo italiano, smarrendo così‐ in un certo senso‐ l’anima. 3 Costituzione italiana: http://www.governo.it/it/costituzione‐italiana/principi‐fondamentali/2839 4 Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.L.VO 22 gennaio 2004, n.42, Sforza Fogliani C. (a cura di), La Tribuna, Pioltello (MI), maggio 2018, art. 1, comma 1 5 Ivi, art 1 comma 2 https://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1240240310779_codice2008.pdf
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Il documento ufficiale continua quindi in questo modo:
“La tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione.”6
In quest’ultimo citato si fa presente che la tutela‐ ovvero il “Custodire un oggetto, un bene, per evitarne il consumo, la perdita o la dispersione7”‐ avviene anche attraverso la conservazione, la quale “è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.”8 Ciò significa che è lo studio che continua a dare vita a ciò che sembra morto. L’importanza della cultura e della sua conoscenza e propaganda viene ribadito costantemente: è del 13 aprile 2017 il decreto legislativo n. 60 che afferma: “E' compito del sistema nazionale d'istruzione e formazione promuovere lo studio, la conoscenza storico‐critica e la pratica delle arti, quali requisiti fondamentali del curricolo, nonche', in riferimento alle competenze sociali e civiche, sviluppare le capacità analitiche, critiche e metodologiche relative alla conoscenza del patrimonio culturale nelle sue diverse dimensioni.”9
L’Italia è di fatto uno dei pochi paesi a includere il tema all’interno della sua Costituzione all’alba del 1948, presentando una Repubblica che si basa sulla cultura, tema “di assoluto rilievo per l'emancipazione dei cittadini di un Paese appena uscito dalla guerra e dal ventennio di dittatura fascista, ancora a forte vocazione rurale e con un elevato tasso di analfabetismo”10.
Tuttavia, l’Italia non è sola: anche per la Spagna, del 1978, il patrimonio culturale è di competenza dello Stato, raffigura infatti tra i principi della costituzione in una visione tuttavia diversa dell’argomento rispetto quella italiana. In essa infatti, nel preambolo, si afferma che: 6 Ivi. art 7 Vocabolario della lingua italiana Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/conservare/ 8Ivi. art 9 Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60, https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00068/sg 10 Tutela e valorizzazione nella Cultura alla luce della riforma MiBACT in comparazione con lo spirito costituente del 1948, Colelli A., in Bibliotime, anno XVIII, numero 1, marzo 2015, https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num‐ xviii‐1/colelli.htm
13 “la nazione spagnola […] proclama la sua volontà di: […] Promuovere il progresso della cultura e dell’economia in modo da assicurare a tutti una dignitosa qualità di vita;”11 Come avviene nel documento italiano, anche in quello spagnolo emerge la volontà di conservare ed evidenziare l’importanza della memoria e della propria storia, che diventa la garanzia per una vita dignitosa.
Se invece analizziamo altre costituzioni come ad esempio quella francese12 o tedesca13 notiamo la totale assenza dell’argomento. Tuttavia, non possiamo riferire questa mancanza ad un disinteresse al tema se prendiamo in considerazione i vari trattati che pongono il patrimonio culturale oggetto del dibattito mondiale, pensiamo alla Convenzione dell’ Aja (1954), che impone la tutela e la restituzione dei beni culturali in caso di conflitto armato per tutti gli stati firmatari. È possibile qui leggere un primo tentativo di riconoscimento ‐da parte non solo dell’Italia ma anche di altri soggetti‐ dell’importanza dell’argomento trattato che diventa sempre più sentito. Il 23 Novembre 1972 viene infatti firmata la “Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale” a Parigi. Questa fa emergere l’esistenza di un diritto globale che supera confini e nazioni, la constatazione della sua fragilità dovuta non solo al degrado naturale ma anche “dall’evoluzione della vita sociale ed economica"14, e la volontà di cooperazione per il mantenimento e la diffusione del sapere:
“Ciascuno Stato partecipe della presente Convenzione riconosce che l’obbligo di garantire l’identificazione, protezione, conservazione, valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di cui agli articoli 1 e 2, situato sul suo territorio, gli incombe in prima persona. Esso si sforza di agire a tal fine sia direttamente con il massimo delle sue risorse disponibili, sia, 1111 LA COSTITUZIONE SPAGNOLA. Approvata dalle Cortes nelle Sessioni Plenarie del Congresso dei Deputati e del Senato tenutesi il 31 ottobre 1978‐ Ratificata dal popolo spagnolo mediante referendum del 6 dicembre 1978‐ Sanzionata da S. M. il Re dinanzi alle Cortes il 27 dicembre 1978, ultima consultazione 25/02/2020, https://www.boe.es/legislacion/documentos/ConstitucionITALIANO.pdf 12 Costituzione del 4 Ottobre 1958, traduzione in lingua italiana eseguita sotto la responsabilità congiunta della Direzione della comunicazione e dell’informazione del Ministero degli Esteri, del Consolato Generale di Francia a Milano e del Servizio degli Affari Europei dell’Assemblea nazionale. Consultabile al sito https://www.conseil‐ constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/site_italien/constitution_italien.pdf 13 Legge fondamentale per la Repubblica Federale di Germania, testo ricavato da quello redatto da Roberto ZANON per il sito del Consiglio regionale Veneto, consultabile al sito http://www.pul.it/cattedra/upload_files/310/Legge%20fond.Repubblica%20Federale%20di%20Germania.pdf 14 Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, Parigi, 23 novembre 1972, https://www.admin.ch/opc/it/classified‐compilation/19720322/201305310000/0.451.41.pdf
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all’occorrenza, per mezzo dell’assistenza e della cooperazione internazionale di cui potrà beneficiare, segnatamente a livello finanziario, artistico, scientifico e tecnico.”
Questo è il primo trattato che riconosce l’importanza mondiale della cultura come maestra e identità delle future generazioni, alla quale seguiranno numerosi altri riconoscimenti, come ad esempio la Convenzione del 200315 (convenzione Faro) che prende atto dell’importanza dell’eredità culturale per lo sviluppo e la crescita della società.
Se ancora non siamo convinti della necessità di salvare, tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio artistico e culturale mondiale, la stessa “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”16 afferma:
“Ogni persona ha il diritto di partecipare liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai benefici che ne risultano”
In conclusione, la cultura e l’arte sono temi importanti per l’identità e l’economia italiana e mondiale: conservazione, tutela e valorizzazione non sono solo obblighi imposti da leggi, ma doveri morali nei nostri confronti e soprattutto rispetto chi ci seguirà. Tentare di rendere il patrimonio culturale immortale è nostro compito. Riusciremo a trasformare un tentativo in un reale e “tangibile” risultato?
La carta
F
ORMAZIONE E PROBLEMATICHE CONSERVATIVE
S
TORIA
Il termine “carta” deriva dal latino charta e, inizialmente, viene utilizzato non tanto per indicare il materiale, ma piuttosto il luogo nel quale risiedono le scritture. 15 Convenzione di Faro, Consiglio d'Europa ‐ Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la Società (CETS no. 199) 18/03/08 Faro, 27.X.2005, consultabile al sito: http://musei.beniculturali.it/wp‐ content/uploads/2016/01/Convenzione‐di‐Faro.pdf 16
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L’esigenza di poter imprimere pensieri in modo indelebile è molto antica: è stata attestata la presenza delle prime scritture in Mesopotamia a partire dal V millennio a.C., segni pittografici che esprimono la necessità di lasciare un’impronta, successivamente queste tracce si evolvono in ideogrammi con i quali ad ogni tratto viene associato un concetto. Certo la pietra è uno strumento che può fissare un’idea ma molto scomodo da trasportare, sono quindi gli Egizi a trovare una prima soluzione al problema, inventando nel 3000 a.C., circa, il papiro grazie all’abbondante presenza dell’omonima pianta nella valle del Nilo. È questo il primo vero antenato della carta, che a partire dal IV sec. a.C. lascia gradualmente spazio alla pergamena, più resistente grazie alla sua derivazione dalle pelli animali, che risulta più pratica sia perché può essere reimpiegata “cancellando” le scritture sia perché impostata a forma di codex fin dall’inizio. Prodotta nella città di Pergamo inizia ad essere utilizzata a partire dal II millennio a.C. mantenendo il primato fino a quando non viene importata nell’area mediterranea un materiale inventato in Cina: la carta. La sua invenzione è attribuita a Ts’ai Lun, ministro dell’imperatore Ho‐ti nel 105 d.C.; questi sono i dati fino ad oggi conosciuti, ma in realtà recenti ritrovamenti archeologici attestano l’utilizzo del supporto cartaceo anche in tempi precedenti. A partire dal 604 il materiale inizia a diffondersi in Corea e, nel 610 in Giappone per giungere in Europa nel XII secolo per mano degli Arabi.
La conoscenza della carta nel mondo arabo avviene grazie alla via della seta già nel 637, ma è solamente nel 751 che questo popolo riesce a far proprie le tecniche di produzione di questo materiale: grazie alla conquista di Samarcanda, durante la battaglia in Turkestan, gli arabi, infatti, grazie alla prigionia di alcuni mastri cartai cinesi imparano l’arte sviluppandola e raffinandola. Nascono, così, opifici nelle diverse città del territorio: Samarcanda, Bagdad, Damasco, Fez. Per via della sua facilità di utilizzo e maneggevolezza, ben presto l’amministrazione araba inizia ad utilizzarla, inoltre “per complesse vicende storiche, divenuto erede di Roma e della Grecia, il mondo islamico, contrariamente a quello cristiano medievale, favorì lo studio delle scienze e il sorgere di grandi università e biblioteche, per cui non c’è da stupirsi se una tale espansione culturale, oltre che geografica, ha stimolato il consumo della carta. […] Nello stesso periodo in Europa non ci fu una diffusione confrontabile nell’uso della carta la nuova produzione fu anche avversata, nell’Occidente cristiano, dalla sua provenienza araba o giudaica.” (Pedemonte, 2008, p. 15). In Italia, questo nuovo medium giunto per mano della dominazione araba in Sicilia, inizia a sostituire la pergamena. Ciò avviene in coincidenza rispetto a con due eventi: il primo è lo sviluppo della regola “ora et labora” per mano di Benedetto da Norcia che, assunta all’interno dei monasteri, promuove la trascrizione da parte dei monaci dei testi sacri e non; in secondo luogo la nascita dei comuni (tra
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la metà del XI sec e l’inizio del XII sec. d.C.) che porta ad ampliare il tessuto relazionale tra privati con la conseguente nascita del contratto (di cui sono testimoni rogiti e minutari notarili). “La nuova città medievale è fatta di letteratura e di una nuova realtà mercantile e la carta è la migliore espressione del commercio; accompagna facilmente il commerciante della bottega alla fiera, al molo dove attraccano le navi, al suo banco di lavoro. L’impulso alla produzione della carta è l’ovvia conseguenza di tutto ciò” (Pedemonte, 2008, p. 16). Durante il Medioevo a Fabriano sorge la più importante cartiera non solo in quanto è la prima a utilizzare maestranze occidentali ma anche per la sperimentazione e lo sviluppo di tecniche innovative e nuovi materiali di fabbricazione. La nascita dell’industria marchigiana si pensa possa risalire ai primi anni del Duecento: la testimonianza di un documento in pergamena dell’Archivio Storico del Comune di Matelica del 1264 mostra la registrazione di una fornitura di carta proveniente da Fabriano e destinata all’uso del notaio comunale. Questa non è l’unica, ma la prima di molte altre e che di fatto dominano il mercato del settore e portano la carta italiana in tutta Europa. Così, nel 1326, nasce a tutti gli effetti la corporazione dei Cartai. Come descritto da Marco Polo ne Il Milione, per la realizzazione del supporto cartaceo, inizialmente vengono utilizzati stracci di origine vegetale bianchi o leggermente colorato‐ paglia di tè o riso, le canne di bambù, gli stracci di canapa fino alla corteccia del gelso per una realizzazione più pregiata impiegata per le banconote; in Europa il tessuto più utilizzato è il lino che la rende di qualità migliore. Nell’Ottocento l’industrializzazione comporta l’introduzione di tecnologie più sofisticate e l’uso della chimica ma, fino ad allora la lavorazione della materia prima che viene trasformata in carta, rimane invariata: 1. Prima fase di battitura e lavatura che permette di togliere polvere e fango da essa, 2. Fase della lisciviazione: inizialmente attuata con acqua calda e cenere e successivamente con calce o soda. Tale procedimento va a sgrassare il tessuto. 3. Gli stracci vengono tagliati in strisce allungate
4. Fermentazione nel marcitoio per riuscire ad ottenere la cellulosa più pura possibile. In questo momento sostanza organica costituente il sudiciume e parte non cellulosa si trasformano in sostanze gassose. Tale operazione durava dalle quattro alle sette settimane a seconda delle stagioni, tuttavia protrarre troppo a lungo la macerazione degli stracci può comportare il degrado delle fibre, ma accorciare i tempi significa influire negativamente sulle proprietà fisiche del prodotto finale, dando alla carta minore elasticità e quindi maggiore fragilità.
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5. Sfibratura: questa operazione separa le singole fibre e le stempera in acqua, ottenendo il “pesto”. Nel corso del tempo si sviluppano diverse tecnologie per la triturazione degli stracci che diventano a questo punto pesto: in Cina era un lavoro manuale su mortai di legno, gli Arabi introducono in così detto follo costituito da vasche di pietra e pestelli azionati a mano; a Fabriano viene utilizzata la ruota idraulica per azionare i magli che, grazie all’azione dell’acqua pestano la materia prima che va a costituire il pesto; nel 1680 in Olanda viene inventata una macchina che tritura gli stracci, la pila a cilindro che a partire dal 1710 sostituisce l’invenzione marchigiana.
6. Formazione del foglio: la pasta ottenuta viene immersa in una tina e diluita secondo il tipo di carta da fabbricare. Attraverso una temperatura costante di 25°C e tenendola continuamente mescolata la distribuzione delle fibre viene mantenuta omogenea permettendo così la formazione del foglio ottenuto grazie as un telaio rettangolare con piano filtrante realizzato con sottili fili di ottone sovrapposti e legati tra loro: questo strumento, trattenendo le fibre della pasta e filtrando l’acqua, va a formare il foglio di carta che viene rovesciato su di un feltro.
7. Pressatura: la carta interfogliata con i feltri viene sottoposta a pressatura che ha il compito di spianare bene i fogli, dimezzando così i tempi di asciugatura. Dopo questa operazione tocca a levatore, che togli i feltri tra i fogli e sovrapponendoli forma una posta di quaderni bianchi composti da 11‐ 12 fogli, per procedere ad un’ulteriore pressione che ha il compito di eliminare l’acqua residua. 8. Collatura: attraverso questa fase si rende la carta meno permeabile impedendo all’inchiostro di spandere. questa operazione consiste nel prendere i fogli sovrapposti ed immergerli in un tino con una miscela di acqua e colla alla temperatura di circa 35°C , per essere quindi stesi, singolarmente, ad asciugare.
A partire dal 1789, grazie alla scoperta del cloro avvenuta nel 1774, è possibile utilizzare stracci colorati che poi attraverso la nuova sostanza vengono sbiancati. Dal 1798 si introduce una fase di lavaggio con soluzione di solfito di sodio “le cui tracce causavano a distanza di tempo un marcato degrado della carta”17 (Pedemonte, 2008, p. 23). Per via della possibilità di sbiancamento della materia prima, della crescita di richiesta e favorita dall’industrializzazione è possibile la ricerca di nuove materie prime meno costose nella fabbricazione del nuovo supporto cartaceo, così nel 1765
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vengono proposti i primi risultati di carta ottenuta da diverse fibre vegetali come paglia, segatura, frammenti di corteccia e a partire dalla metà dell’Ottocento anche il legno.
La carta è costituita principalmente da cellulosa, un polimero composto da migliaia di molecole di glucosio legate tra loro da un legame glucosidico che dà al polimero una struttura lineare.
Essendo la cellulosa una molecola soggetta a subire trasformazioni chimiche date dalla sua interazione con agenti esterni ed interni al manufatto, col passare del tempo le sue catene macromolecolari sono destinate a rompersi o ad alterarsi, portando ad un peggioramento nella stabilità chimico‐fisica del foglio, che subisce problematiche macroscopiche come strappi, perdite e minore resistenza alla piegatura andando a determinare una difficile fruizione del contenuto scrittorio presente. Le cause di queste forme di degrado sono sicuramente dovute all’invecchiamento naturale velocizzato da molteplici agenti: la variazione di temperatura e umidità, la luce, la presenza di agenti ossidanti nell’aria, per non parlare dello stesso utilizzo che ne viene fatto causa ulteriore di stress meccanico. A volte, però, alcune problematiche possono essere legate anche a fattori inseti nel processo di lavorazione, quali sbiancanti o collanti, che contribuiscono a velocizzare il percorso che porta alla fine della vita del medium. Potremo dunque definire due tipologie di fattori scatenanti queste reazioni di indebolimento della carta: quelli intrinseci e quelli estrinseci al manufatto.
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L
A CONSERVAZIONE DELLA CARTA
La preoccupazione di poter tramandare i documenti attraverso un’adeguata conservazione è molto antica, se ne preoccupa anche Vitruvio che nel suo De architettura inserisce delle precisazioni su come deve essere costruita una biblioteca nelle domus e così scrive: “ le librerie debbono riguardare il levante: poichè l’uso delle medesime richiede lume di mattina: oltrecchè in sì fatte librerie non si guastano i libri; ed in quelle, che riguardano mezzogiorno, o ponente, patiscono per le tignuole, e per l’umido, perchè i venti umidi, che vi soffiano, ve le generano e nutriscono; e spargendovi aliti umidi, corrompono colla muffa i libri.”18 L’indagine sistematica rispetto le cause di degrado dei manufatti cartacei inizia ad avere rilevanza a partire dal XVIII secolo con l’estendersi della ricerca scientifica in numerosi campi di applicazione, è infatti del 1774 il primo bando di concorso per lo studio degli insetti dannosi all’interno delle biblioteche, bandito dalla Società delle scienze di Gottinga. Nel 1930 Alfonso Gallo stabilisce i parametri per garantire il migliore ambiente possibile per i documenti cartacei.
Se, dunque, non è possibile intervenire e modificare i fattori intrinseci che creano danno ai supporti, per quelli estrinseci si possono attuare delle accortezze per rallentare, almeno in parte, il degrado del manufatto: ciò è possibile tenendo sotto controllo i parametri di umidità, temperatura, illuminazione, inquinamento atmosferico, polvere e utilizzo.
I primi due elementi, umidità e temperatura, sono sicuramente quelli più decisivi a causa dell’alta igroscopicità della carta‐ che provoca l’assorbimento dell’acqua, o per meglio dire, di vapore acqueo‐ presente nell’aria e che sopra certi valori determina la nascita di infezioni microbiotiche che portano alla distruzione del materiale di supporto in brevissimo tempo. Umidità e temperatura sono fortemente collegate, non solo esse interagiscono tra loro, in quanto un aumento di quest’ultima provoca l’aumento di “ possibilità dell’aria del locale di ricevere vapore acqueo (aumenta cioè la concentrazione di saturazione)”19. Considerando tale situazione il valore di umidità relativa20
18 Galliani B. (curatore e traduttore), De architectura, Vitruvio, e‐text editore, p. 376, scaricabile in: https://www.liberliber.it/mediateca/libri/v/vitruvius/l_architettura/pdf/vitruvius_l_architettura.pdf 19Copedé M., La carta e il suo degrado, Nardini Editore, Firenza, 1991, p.71 20“L’umidità relativa (UR) è il rapporto in percentuale fra la quantità del vapore di un volume d’aria ad una data temperatura (UA), e l’umidità massima che potenzialmente quel volume potrebbe contenere a quella stessa temperatura”. Ivi, nota 19
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ottimale è compreso tra 45% e 65% cercando di evitare repentine variazioni di temperatura che potrebbero causare scompensi fisici nella struttura molecolare della carta; quest’ultimo valore quindi deve rimanere tra i 16° e i 20°C. In secondo posto vi è l’illuminazione che è la causa dei meccanismi di fotodeterioramento21 data dalla presenza nella luce delle radiazioni ultraviolette con radiazioni ultraviolette non superiori a 75 µwat/lumen22, ed infrarosse che provocano l’aumento della temperatura, che complessivamente non deve superare i 50 lux/ora23. L’inquinamento atmosferico: la presenza nell’aria di sostanze come l’anidride solforica e solforosa, l’acido solforico e solfidrico, gli ossidi di azoto, l’ozono e acido cloridrico provocano ossidazione alla cellulosa e così, alla pari dei materiali lapidei, sarà visibile un imbrunimento maggiormente intenso nei bordi dei libri. Inoltre, le carte di produzione moderna sono maggiormente esposte al pericolo per via del loro metodo di fabbricazione, infatti sia la cellulosa lignea che quella chimica assorbe una quantità maggiore di anidride solforica rispetto alla carta prodotta con stracci, lino e cotone. (Copedè, 1991)
La polvere, oltre che ad impedire la lettura del contenuto, può anche essere considerata come una spugna che assorbe ciò che trova nell’aria aggrappandolo al supporto dove essa si trova andando a causare a lungo andare imbrunimenti e macchie.
Ed infine l’uomo che mette ulteriormente in pericolo il libro proprio utilizzandolo (come è suo diritto) ma a causa di negligenza, incuria, abuso e distruzioni (volontariamente o meno) aumenta la sua vulnerabilità. Tra i danni provocato dalla consultazione dei documenti scritti, troveremo quelli dovuti allo strusciamento delle copertine nel momento del prelievo; per riuscire il problema, molti archivi e biblioteche realizzano delle scatole rivestite di carta con ph neutro, che fungono da cappotto proteggendo il materiale. In molte biblioteche, scritti di enorme pregio e fragilità sono
21 “La luce, sia naturale che artificiale, provoca particolari meccanismi di degrado molto complessi ed ancora non ben chiariti; questi si possono ricondurre ai fenomeni di fotolisi, fotossidazione e fotosensibilizzazione.” Ivi. p.64
22 “lumen In fotometria, unità (derivata) di misura/">misura del flusso luminoso nel sistema internazionale (SI); simbolo lm (in passato anche lum). È definito come il flusso luminoso emesso, nell’angolo solido unitario, da una sorgente puntiforme che abbia in tutte le direzioni comprese in tale angolo solido l’intensità di una candela (1 lm = 1 cd∙sr). Lumenora è l’unità di misura che indica la quantità di flusso luminoso convogliata in un’ora da un fascio di raggi luminosi, il cui flusso sia di un l.; è pari a 3600 lumensecondi, indicando quest’ultimo la quantità di flusso luminoso convogliata in un secondo da un fascio di raggi luminosi il cui flusso sia di un lumen.” Enciclopedia online Treccani, ultima consultazione 14/05/2020, http://www.treccani.it/enciclopedia/lumen/
23 “lux In fotometria, unità (derivata) di misura/">misura di illuminamento nel sistema internazionale (SI); simbolo lx. È definito come l’illuminamento prodotto da una sorgente luminosa puntiforme avente l’intensità di una candela su una superficie sferica posta a 1 m di distanza perpendicolarmente ai raggi; corrisponde all’illuminamento che si ha su una tale superficie quando ogni m2 di essa riceve il flusso luminoso di 1 lumen (1 lx = 1 lm/m2).” Enciclopedia online Treccani, ultima consultazione 14/05/2020, http://www.treccani.it/enciclopedia/lux/
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contenuti in teche e sfogliati di giorno in giorno per permettere al pubblico di poterne vedere qualche parte/pagina. Altre problematiche sono legate alle grandezze dei volumi: molti di essi necessitano di posizionamento orizzontale, ma a volte è necessario rinunciarvi per avere una collocazione ritrovabile dall’utenza o per carenza di spazio. La consultazione, inoltre, per mancanza di attenzione e per la fragilità delle carte, può giungere ad assottigliamento del foglio, strappi, lacerazioni e perdite. Inoltre, non sono rare le scomparse di libri dovute alla volontà dell’uomo, pensiamo ad esempio al cambiamento della sistemazione degli archivi statali data dall’annessione dell’Italia all’Austria (1797)24: solamente l’istituzione veneta riesce a mantenere la propria organizzazione grazie a Jacopo Chiodo, gli altri archivi, cambiando la metodologia di catalogazione del materiale al quale viene applicato un ordinamento scientifico25, subiscono perdite considerevoli di documenti non più in linea con gli interessi dell’epoca, come avviene, per esempio, all’Archivio di Stato di Milano nel quale l’ ordinamento per materia attuato da Ilario Conte e Luca Peroni, porta allo scarto di documenti ritenuti non più interessanti. Perdite di libri sono numerose nella storia, pensiamo ad esempio che nel 292 a.C. Diocleziano brucia i libri alchemici della biblioteca alessandrina; nel 1497 Girolamo Savonarola a Firenze promuove il “rogo delle vanità” per eliminare opere ritenute immorali; nel 1558, l’inquisizione attua un enorme rogo di scritti, anche scientifici, contrari alla religione cattolica; e nel 1933, Bücherverbrennungen: uno dei roghi più consistenti attuati dal regime nazista per debellare le parole contrarie all’ideologia imposta. Questi sono solamente alcuni episodi di distruzione del patrimonio scritto. Questi sono solamente alcuni degli eventi che hanno comportato una sottrazione del sapere. L’uomo ha diritto alla consultazione della conoscenza, non solo in quanto deciso dalla costituzione e da altri documenti ufficiali, ma anche per dovere nei confronti della storia e della conoscenza; se limitarne l’apprendimento non quindi è possibile, è giusto circoscrivere, per quanto possibile, lo stress provocato dall’utilizzo.
In conclusione, capiamo bene che evitare l’invecchiamento naturale è impossibile, tuttavia ridurre la velocità di tale caducità e impedire la perdita delle informazioni è nostro compito e dovere morale nei confronti della storia per non ripeterla, della conoscenza per essere consegnata e delle generazioni future che devono poter fare buon uso di tali strumenti. In tale visione comprendiamo che anche la carta è un elemento vivo destinato alla morte, tuttavia, oggi grazie alle tecnologie è 24 Nel 1797, col trattato di Campoformio, il Veneto fino all’Adige, l’Istria, la Dalmazia viene ceduto all’Austria da Napoleone Bonaparte. 25 L’ordinamento scientifico prevede un’ordinazione del materiale per materia e ordine alfabetico rintracciabile attraverso schedari, indici, rubriche, spogli, registri.
22 possibile mantenere vivi i suoi significati. Comprendiamo così che i progetti di digitalizzazione dei libri, rari o meno, acquistano un valore immenso per la conoscenza che viene condivisa e soprattutto per la possibilità di non perderla nell’oblio della memoria. “Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza.” Socrate
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La digitalizzazione del patrimonio librario ed archivistico
raro
La riproduzione di materiare archivistico, bibliografico non è in realtà argomento nuovo: la Banca d’Italia, per esempio, agli inizi degli anni ’60 utilizza la microfilmatura per i documenti in entrata e in uscita e a partire dal 1971 (poco dopo la nascita della sezione storica dell’archivio) utilizza la stessa tecnica per il materiale di interesse storico. Così anche le altre biblioteche e archivi che vedono nel microfilm la possibilità di sistemare le proprie collezioni‐ in costante crescita‐ in formati più compatti che permettono una più facile circolazione del materiale (Battilocchi, 1998). Inoltre, negli stessi anni, molte istituzioni di conservazione del materiale librario e archivistico si rendono conto delle problematiche di fragilità dei testi e iniziano ad attuare programmi conservativi attraverso i microfilm che permettono una circolazione più protetta del materiale: una volta comprata la pellicola sviluppata da questo nuovo formato conservativo, può essere riprodotta nuovamente permettendo all’originale di rimanere al suo posto. Potremo quindi affermare che la rivoluzione digitale che si sta attualmente svolgendo, legata agli sviluppi del web che rendono le varie barriere meno difficili da superare, siano in realtà in continuità col passato ed evolvendosi hanno permesso la loro espansione e condivisione per arrivare alla portata di tutti. Ecco dunque uno dei motivi per cui è importante arrivare alla completa digitalizzazione del materiale presente all’interno di biblioteche e archivi: la condivisione della conoscenza, senza tale concetto questo materiale andrebbe perduto nell’oblio della memoria.La condivisione è importante sia per ricordare sia per conservare e non lasciare che tale materiale altamente fragile venga perduto per sempre. Infatti, uno dei peggior nemici dei documenti librari è certamente il loro utilizzo, e soprattutto l’utilizzo del materiale in modo incosciente, che provoca danni irreparabili. Poter quindi rendere disponibile agli utenti un materiale che di fatto ne rappresenta la copia, potrebbe essere un buon modo di proteggere i contenuti presenti in supporti altamente fragili.
La digitalizzazione dei documenti è, inoltre, un modo per poter soddisfare le esigenze espresse dall’Art. 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che propone, tra i compiti principali dello Stato nei confronti del patrimonio culturale e paesaggistico, la sua valorizzazione. Si afferma dunque:
“La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad
24 assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura.”26 Viene inoltre ribadito all’Art. 11827 che tali attività conoscitive e di ricerca riguardanti il patrimonio culturale sono supportate, sostenute e promosse dal Ministero, dalle regioni ed in generale da ogni altro ente pubblico territoriale. Quindi quale miglior mezzo di promozione e diffusione della cultura se non rendendola libera e disponibile al pubblico attraverso la sua digitalizzazione e condivisione in internet? In tal senso, gli strumenti digitali potrebbero rivelarsi forme di conservazione, fruibilità e valorizzazione alternative da sviluppare parallelamente alle alternative tradizionali. In quest’ottica, riferendoci al contesto italiano, sono numerose le istituzioni che a partire dagli anni ’90 attuano politiche di digitalizzazione di opere librarie ed archivistiche con l’intento di conservare e distribuire l’arte e la conoscenza, lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali inizia nel 1999 a progettare una biblioteca virtuale. Nonostante le buone intenzioni ed il sogno di una conoscenza condivisa i primi progetti di digitalizzazione non hanno portato ai risultati sperati: si sono infatti avviati lavori numerosi progetti, come li definisce Osvaldo Avallone28 (Avallone, 2013), a “macchia di leopardo”, del tutto lontani da un lavoro organizzato ed omogeneo, dando avvio alla digitalizzazione indiscriminata di qualsiasi materiale si ritenesse soggettivamente importante o comodo senza un reale criterio di utilità per la collettività, “il tutto, aggravato spesso da inutili duplicazioni, provocò l’inopinato effetto che di leopardi ormai ce n’era una mandria, ed era avvenuta una cospicua dispersione di risorse senza risultati di livello adeguato. […]L’unica cosa che apparve ben chiara fu che la digitalizzazione era da considerare un investimento, costoso, che andava rigidamente organizzato e monitorato «step by step»”29 (Avallone, 2013).
Tale situazione ha comportato, non solo in Italia ma anche in Europa, la realizzazione di singoli lavori sperimentali e scollegati tra di loro, che hanno avuto come obbiettivo la condivisione del materiale più caratteristico presente nelle istituzioni che si sono fatte carico del progetto.
Da questi primi esperimenti che prendono vita in modo singolare, i lavori procedono e le
26 Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.L.VO 22 gennaio 2004, n.42, Sforza Fogliani C. (a cura di), La Tribuna, Pioltello (MI), maggio 2018, art.6, cit. 27 Ivi. art.118 28 Avallone O, Il Progetto Google books: la prima grande esperienza di accesso diretto al patrimonio bibliografico nazionale, in DigItalia‐ Rivista del digitale dei beni culturali, Digitalia. Vol I, 2013 Avallone, Direttore Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele II” di Roma, nell’articolo esplica il progetto concordato con Google Books, per la digitalizzazione del patrimonio librario del mondo. Si parla del progetto più avanti. 29 Ivi, p. 10
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sperimentazioni diventano numerose con l’intento di ideare progetti che prevedono un’aggregazione di stati, così (a seguito dei progetti ATHENA ed EUROPEANA), in questo spirito di coinvolgimento e lavoro comune, la Comunità Europea avvia una ricerca sugli aggregatori europei di contenuti digitali, che ha come scopo lo studio dei progetti di digitalizzazione avviati nel mondo. Dalla ricerca è emerso che i progetti di condivisione della cultura hanno una nascita recente a livello nazionale, internazionale, europeo ed in pochi casi anche regionale. Tale sviluppo è stato associato all’interesse della Commissione europea in tale ambito: è infatti del 28 aprile 2005 una lettera appartenente a sei capi di stati di governo, compreso quello italiano, ed indirizzata a Jean‐Claude Juncker, presidente del Consiglio europeo, e a José Manuel Durao Barroso, Presidente della Commissione europea, che propone le seguenti richieste:
“Monsieur le Président,
Le patrimoine des bibliothèques européennes est d’une richesse et d’une diversité sans égales. Il exprime l’universalisme d’un continent qui, tout au long de son histoire, a dialogué avec le reste du monde.
Pourtant, s’il n’est pas numérisé et rendu accessible en ligne, ce patrimoine pourrait, demain, ne pas occuper toute sa place dans la future géographie des savoirs. C’est la raison pour laquelle nous souhaitons prendre appui sur les actions de numérisation déjà engagées par nombre de bibliothèques européennes pour les
“Signor Presidente,
il patrimonio delle biblioteche europee è di una ricchezza e una varietà senza pari.
Esso esprime l’universalità di un continente che, nel corso di tutta la sua storia, ha dialogato con il mondo. Tuttavia se non digitalizzato e reso accessibile in linea, questo patrimonio potrebbe un domani non occupare il posto che gli spetta nella futura geografia della conoscenza. È per tale ragione che vorremmo far leva sulle attività di digitalizzazione già avviate da numerose biblioteche europee per metterle a sistema e costituire così quella che potremmo chiamare una biblioteca digitale
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mettre en réseau et constituer ainsi ce qu’on pourrait appeler une bibliothèque numérique européenne, c’est‐à‐dire une action concertée de mise à disposition large et organisée de notre patrimoine culturel et scientifique sur les réseaux informatiques Mondiaux”30 (Piccininno, 2009)
europea, vale a dire un’azione concertata che comporti la messa a disposizione in modo massivo e organizzato del nostro patrimonio culturale e scientifico nelle reti informative mondiali.”
Una presa di posizione giustificata del progetto proposto da Google (Google Book Search del 2012) che vede la digitalizzazione e la messa a disposizione all’utenza dell’azienda privata, manuali e libri esenti dal copyright non certo per scopi culturali e sociali, inoltre ciò che ha infastidito l’Europa è la presenza in grande quantità di materiale anglosassone che mette in ombra il resto del vasto patrimonio librario europeo, ecco dunque che si giunge alla nascita di due tra i più importanti progetti europei: Europeana ed ATHEN.
Dallo studio realizzato per mezzo di un questionario redatto dagli esperti di Europeana ed Athena al quale hanno risposto 30 aggregatori culturali31, sono emersi alcuni spunti di riflessione interessanti. Innanzitutto, tali progetti sono stati realizzati per mezzo di tre tipologie di necessità: una grande parte dei progetti‐ ca. il 60%‐ sono portali istituzionali che assolvono a esigenze ben specifiche di promozione della cultura e di libero accesso delle informazioni per la propria utenza, un’ alta percentuale(il 30%) è riservata agli aggregatori culturali facenti parte di un lavoro europeo che dunque si dedicano ad un tema o settore specifico, alcune hanno un accesso autonomo altri invece lavorano attraverso situazioni più importanti come Europeana, non prevedendo, dunque, una propria indipendenza. Solamente il 10% è costituito da portali di servizio che forniscono servizi specialistici e che sono riusciti a raggiungere una propria autosufficienza economica e gestionale. La scelta della maggior parte dei partecipanti a questa ricerca mette a disposizione nel proprio accesso internet o nel portale istituzionale di progetti europei, una vasta gamma di risorse digitali di diversa 30 Piccininno M., Indagini sugli aggregatori europei di contenuti digitali, in DigItalia‐ Rivista del digitale nei beni culturali, anno IV, numero 2, Roma, 2009, pp. 171‐172, ultima consultazione 01/04/2020 scaricabile in 31 Per Aggregatori culturali si intendono tutte le istituzioni pubbliche e private che hanno dato risposta allo studio citato. I soggetti coinvolti sono stati proposti alla tavola 1 e 2 a fine del documento.
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tipologia (da file di lettura a quelli musicali, video, ecc).
Altro dato di rilievo è che quasi un terzo dei rispondenti – il 27%‐ si appoggia ai ministeri della cultura nazionali, probabilmente per riuscire a sostenere le ingenti spese, mentre una grossa fetta di progetti ‐il 20%‐ sono attivati da biblioteche assumendo un ruolo importante nella valorizzazione della cultura assieme alle agenzie governative, che ricoprono il 10% della torta in compagnia degli istituti di ricerca. Per quanto riguarda gli archivi il 3% hanno attivato programmi di digitalizzazione dei documenti a loro disposizione ciò dovuto a diversi motivi: mancanza di fondi, di spazio per la conservazione del nuovo materiale digitale, ecc. Figura 1: il grafico mostra in percentuale le tipologie di responsabilità istituzionale che applicano progetti di digitalizzazione32 (Piccininno, 2009) Sono stati riscontrati principalmente due motivazioni che spingono alla digitalizzazione: la diffusione del patrimonio culturale attraverso un libero accesso dello stesso grazie a internet e la volontà di fornire strumenti qualificati per la documentazione e la ricerca. Nonostante le nobili intenzioni e l’offerta di motori di indagine e la possibilità di salvataggio e condivisione delle stesse, solamente 18 aggregatori su 30 forniscono accesso anche ai contenuti digitali oltre che ai metadati. Possiamo quindi concludere che sebbene il materiale digitalizzato sia presente esso non è effettivamente disponibile in rete, e ciò è probabilmente dovuto, non solo all’enorme vastità del materiale, ma anche al budget che tali istituzioni hanno per i progetti di digitalizzazione. La forma di finanziamento
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risulta, infatti, quasi sempre pubblica e quindi non sempre costante.
“In linea generale, l’indagine ha messo in evidenza come in pochi anni il panorama europeo della digitalizzazione e pubblicazione in linea dei contenuti si sia velocemente evoluto anche grazie al sostegno politico ed economico della Commissione. Le lacune maggiori sembrano dovute non tanto ad aspetti tecnici quanto finanziari poiché manca ai livelli europeo e nazionale una pianificazione economica sul lungo periodo.”33 (Piccininno, 2009)
Partendo dal dare una definizione e una contestualizzazione a due luoghi importanti per la valorizzazione del patrimonio culturale offerto alla portata di tutti attraverso internet‐ ovvero la
biblioteca digitale e l’archivio digitale‐, si continuerà con la valutazione di alcuni progetti attivati in varie parti del mondo, tenendo ben presente che questi descritti rappresentano una minima parte di un argomento molto vasto ed in continuo sviluppo.
33 Ivi, p. 184
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