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UNIVERSITÀ DI PISA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI

PISA

FACOLTÀ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

INGEGNERIA EDILE E DELLE COSTRUZIONI

CIVILI

TESI DI LAUREA:

Restauro e risanamento conservativo dello Yacht Club di Livorno

Relatori

Prof. Ing. Giampaolo Munafò, Prof. Ing. Marco Nocera, Ing. Antonio Corbianco, Arch.Francesca Pichi Candidato

Francesco Lo Gerfo

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2 INDICE

Premessa pag.5

Introduzione pag.7

1.

Normativa di riferimento e vincoli urbanistici pag.9

2.

Indagine storica pag.16

3.

Analisi e rilievi pag.25

3.1. Materiali

pag.27

3.2. Gallerie e cunicoli nel sottosuolo

pag.30

3.3. Mura perimetrali pag.33

3.4. Sala Ristorante (ex Fortino) pag.36 3.5. Nuova struttura (ex Deposito) pag.40

3.6. Altri fabbricati del complesso pag.42

4.

Stato di progetto del complesso pag.46

5.

Gli interventi di recupero, inserimento di nuovi elementi e

valorizzazione del complesso pag.52

5.1. Criteri di valutazione della vulnerabilità sismica su edifici storici pag.52 5.2. Materiali utilizzati pag.55 5.3. Demolizione delle superfetazioni pag.60 5.4. Restauro e risanamento conservativo della struttura esistente pag.61 5.5. Restauro e risanamento conservativo delle mura perimetrali pag.71 5.6. Nuova struttura (ex Deposito) pag.77 5.7. Abbattimento delle barriere architettoniche pag.83 5.8. Ristrutturazione del torrino pag.87

(3)

3 5.9. Impianto fotovoltaico pag.88

5.10. Particolari costruttivi pag.91

Conclusione pag.95

Bibliografia pag.100

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5

PREMESSA

L'Italia possiede da sola gran parte del patrimonio artistico mondiale. Attualmente il patrimonio si gestisce per lo più con misure di emergenza dopo essere giunti a condizioni di estremo degrado, condizione che si traduce spesso nella realizzazione di interventi irrispettosi del valore culturale del bene. È importante intervenire “correttamente” (il più correttamente possibile alla luce delle attuali conoscenze) sul patrimonio per valorizzarlo. A tal fine è necessario operare scelte non solo tecniche, impiantistiche, strutturali o architettoniche, ma anche di gestione e utilizzo delle strutture. L’intervento di restauro è una materia complessa, in continua evoluzione, sintesi di un percorso conoscitivo articolato in una serie di discipline specialistiche, tra le quali:

 filosofia del restauro;  restauro architettonico;

 storia dell’architettura e delle tecniche architettoniche;

 riabilitazione strutturale (strumenti di scienza e tecnica delle costruzioni, geotecnica);

 scienza e tecnologia dei materiali;  topografia;

 tecniche di rappresentazione e rilievo.

Tutte queste discipline sono correlate e interdipendenti. Una delle prime scelte da compiere riguardante un progetto di restauro è quella della destinazione d’uso dell’immobile; infatti con un cambiamento di destinazione d’uso variano carichi, impianti, sicurezza strutturale (abitazione/protezione civile), rapporti aereo illuminanti, vie di fuga, servizi, ascensori, accessi e strutture per disabili, isolamento termico ed acustico, protezione dall’incendio, costo finale dell’intervento conservativo.

Nella tesi si decide di mantenere la stessa destinazione d’uso per le strutture esistenti, con la valorizzazione di tutto il complesso prevedendo un totale abbattimento delle barriere architettoniche nonché delle scelte progettuali

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funzionali per agevolare la fruibilità e incoraggiare al massimo lo sfruttamento del complesso.

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7 INTRODUZIONE

La presente tesi nasce come conseguenza della valorizzazione del Forte della Bocca, che ha sede nel Molo Mediceo di Livorno; costruito fra il 1609 ed il 1621 a difesa del porto sul Molo Cosimo, e disposto su due livelli (le gallerie che ospitavano i fucilieri, e uno superiore, la piattaforma per i cannoni), il Forte della Bocca versa da tempo per il piano a quota banchina in uno stato di abbandono, trascinando in questo stato di degrado anche le strutture che risiedono al suo interno.

L’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale sta lavorando per riportare agli originari splendori questo capolavoro di ingegneria militare, con l’obiettivo di fare un rilievo della struttura che possa permettere la stesura di un progetto di risistemazione delle gallerie sotterranee. Riempitesi delle macerie degli edifici e delle superfetazioni novecentesche abbattute durante i bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, le gallerie ospitano cavità, cunicoli, archi, volte, logge, pozzi, che si snodano lungo un camminamento sotterraneo di circa cinquecento metri di sviluppo lineare. L’obiettivo è quello di renderle pienamente accessibili al pubblico.

Una volta terminati i lavori l’area potrebbe per esempio essere utilizzata per ospitare mostre o iniziative culturali, o potrebbero essere promossi tour underground che permettano di esplorare questo intrico urbanistico capace di rivelare molto sulla dinastia dei Medici. Si tratta di un percorso di valorizzazione che andrebbe ad impattare su tutta l’infrastruttura, che, peraltro, a livello superiore ospita due edifici, oggi sedi rispettivamente dello Yachting Club Livorno (dal 1968) e dei Piloti.

Lo Yacht Club - costituito a Livorno in data 5 aprile 1965 - è un'associazione con riconoscimento regionale per la promozione e diffusione della cultura diportistica e della pratica dello sport nautico in genere, quale mezzo di educazione fisica e morale e promuove ogni iniziativa di collaborazione con organizzazioni assistenziali che ne faranno richiesta, per le proprie finalità istituzionali e sociali; non persegue fini di lucro e quindi destina eventuali utili di bilancio al fine di

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realizzare le suddette attività statutarie, al miglioramento degli impianti sportivi e delle attrezzature societarie, nonché alla valorizzazione storica, culturale ed ambientale della sua sede sociale.

Nasce quindi un’idea che va a braccetto con i fini del club di migliorare le sue strutture e la volontà dell’Autorità Portuale di Livorno di mettere in sicurezza e rendere accessibile il Forte della Bocca: il restauro e risanamento conservativo

delle strutture fuori terra facenti parte dello Yachting Club di Livorno.

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1.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO E RIFERIMENTI URBANISTICI

Il piano strutturale del Comune di Livorno identifica lo Yachting Club all’interno dell’U.T.O.E 5-C-2 Porto Mediceo; gli interventi su fossi, fortezze e mura sono finalizzati alla riqualificazione dello spazio pubblico e della qualità urbana, al recupero dell’immagine storicamente consolidata, alla razionalizzazione degli usi inerenti la nautica.

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Il complesso si trova nell’area di impianto storico come stabilito dal PRG nell’art.11; le strutture che ne fanno parte si identificano nella tavola n.°1 del Piano Strutturale di Livorno con edifici appartenenti al Gruppo 1 (Monumenti, mura e fossi), salvo la particella P.136 (la struttura da sostituire) che è una recente costruzione.

Per il Gruppo 1 (monumenti, fortezze, mura, fossi), gli interventi sono finalizzati al restauro filologico, alla rimozione di tutti gli elementi incongrui e al ripristino delle strutture originarie. Sono vietati gli interventi eseguiti con tecniche e con materiali incoerenti rispetto alle tecniche costruttive originarie. Tutti gli interventi non possono modificare od alterare la struttura originaria se ancora esistente con particolare riferimento al sistema archivoltato, né impedire la percezione dello spazio unitario originario. Allo scopo di agevolare il recupero, l'utilizzo di tali spazi può avvenire anche in deroga alle norme di Regolamento Edilizio relativamente alle altezze, agli standard tecnologici e igienico-sanitari purché per questi ultimi, tali requisiti vengano garantiti con sistemi alternativi.

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Figura 3. Tavola 1 del PRG con legenda

La riqualificazione del tessuto edilizio e dell’ambiente urbano del lotto in questione è perseguita attraverso una serie di ristrette possibilità di intervento, quali:

- Restauro e risanamento conservativo per l’edificio esistente denominato il Fortino, con cui si identifica la sede vera e propria del Club;

- Modifica delle aree per nuovi edifici ed attività, con attività compatibile con le destinazioni dell'area, con interventi previsti di ristrutturazione edilizia, sostituzione, ampliamento.

Come si può dedurre dalla mappa catastale, sono 9 le strutture facenti parte del complesso. Appartengono tutte al medesimo foglio, 16_z; con la particella P.140 si identifica la struttura di completamento alla torre di avvistamento marittimo, identificata a sua volta con P.9002 e con le P.134, P.135 e P.136 si identificano le strutture dei Piloti, nate con lo scopo di direzionare e assistere le imbarcazioni durante l’ingresso e l’uscita dal Porto Mediceo. Queste strutture nella tesi verranno solamente citate, in quanto appartengono all’Autorità Portuale e non si presentano in marcate condizioni di degrado e pertanto non saranno approfondite. La concessione dello Yachting Club si articola in 5 unità:

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12 • P.4504, con cui viene identificato il magazzino dello Yachting Club;

• P.139, la segreteria che si occupa delle questioni amministrative e organizzative del Club;

• P.138, la cucina adibita alla ristorazione dei clienti del club, realizzata in muratura e separata dagli altri locali da una parete in muratura faccia vista che risale al periodo militare e che versa in uno stato di degrado;

• P.137, denominata il Fortino, la struttura principale utilizzata sia come salone per i ricevimenti che come sala per la ristorazione realizzata in muratura armata unita tramite una struttura di completamento a una struttura provvisoria identificata con la P.136 realizzata completamente in legno. Il lotto è evidenziato dalle mura difensive del Forte della Bocca, risalenti al periodo di dominazione dei Medici, al di sotto delle quali è evidenziato un percorso di dubbia conservazione e sicurezza che in questo momento è appunto oggetto di un restauro ad opera dell’Autorità Portuale. Come si può visionare negli ingrandimenti delle Tavole inerenti al PRG dell’Autorità del Porto di Livorno del 2012, essendo un immobile di interesse storico e architettonico, l’intera area è sottoposta a tutela in quanto appartiene al Patrimonio Culturale e Storico del

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Porto, riguardante gli immobili e le costruzioni protette dall’Accademia delle Belle Arti con sede nella Soprintendenza di Pisa.

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Un primo passo sulla concreta volontà di conservare e ripristinare l’immagine originaria del complesso del Forte di Bocca, già vincolato ope legis con la Legge 1089 del ’39 è stato mosso allorquando il 4 luglio 1980 venne emesso un decreto di tutela diretta ai sensi della L.1089/1939 art. 4 che ne confermava il valore storico-culturale.

L’iter procedurale per la presentazione e successiva approvazione del progetto, dopo che si è mostrato gradito al committente ovvero in questo caso al Consiglio dello Yachting Club, richiede l’avvallo della Soprintendenza di Pisa, dell’Autorità Portuale di Livorno, del Genio Civile e del Comune di Livorno; per la realizzazione della tesi invece sono bastate due lettere di permesso all’Autorità Portuale di

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Livorno e al Consiglio dello Yachting Club, che hanno avuto un esito positivo e come conseguenza la stesura della medesima. Di seguito sono state inserite delle immagini che mostrano come si presenta oggi il complesso.

Figura 10. Mura perimetrali lato ovest Figura 11. Ingresso al complesso

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2.

INDAGINE STORICA

Il forte del Molo Mediceo, chiamato un tempo Forte della Punta ed oggi più semplicemente Forte di Bocca, fu realizzato a completamento del Molo Cosimo, alla sua estremità verso mare “tanto per la sicurezza del porto che per farlo rispettare”. La sede dello Yachting Club è localizzato nella punta più estrema del Molo Mediceo, denominato Forte di Bocca per la sua conformazione. L’antica fortificazione è tornata a vivere dagli anni 1968 grazie al discreto e amorevole restauro curato dallo stesso club sotto la guida dell’architetto Pierluigi Spadolini ed ospita oggi sia uffici che sale di ritrovo dedicate, nonché il ristorante per i soci e per gli ospiti. Il restauro dei locali è stato completato più di 40 anni fa con un tentativo di riassetto e arredo degli spazi esterni aperti, ripavimentati con pietra serena e tufo. Le cene nell’antica sala completamente arricchita con volte a crociera e belle vetrate che danno sulle ex feritoie contribuiscono ad un salto nel tempo, accompagnato dalle grandi navi e Yacht che sfilano a poche decine di metri, come in un film. Il Forte della Bocca è stato durante la dominazione dei Medici e anche più tardi un guardiano, la sentinella della città; sedi con una grande storia alle spalle come questo Forte esistono solo a Fort Manoel alla Valletta, sede dello Yachting club di Malta e il semidiroccato Fort Aguada sul fiume portoghese a Goa.

Un disegno del 1652 attesta che le difese a mare del molo, costruito dal granduca Cosimo II (1609-1621) e già operativo nel 1617, erano di modeste dimensioni; al tempo esisteva solo una garitta di legno con una sentinella che doveva avvertire l’avvicinarsi delle navi o nemici, di modo che i cannoni da 12 della Fortezza

Figura 14. Schizzo assonometrico del porto di Livorno di fine Settecento

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Vecchia fossero pronti ad accendere le micce. La Punta della lunga striscia artificiale non aveva alcuna struttura militare se non la modesta fabbrica del corpo di guardia, che sotto il Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici per evitare incidenti aveva sostituito il “casino di legno dove stava una sentinella”. Nel 1675 sotto il Granducato di Cosimo III de’ Medici per ordine del generale Dal Borro si decise di fortificare la postazione, prima costruendo un riparo in muratura con aggetti a rastrello che doveva riparare dalle offese verso l’interno. Una battaglia navale storica fra olandesi e inglesi servì da monito per capire l’importanza della postazione sul Forte della Bocca; nel 1676 infatti Cosimo II dei Medici, nel dare l’avvio alla costruzione del quartiere della Venezia, impostò anche un progetto di potenziamento della Bocca. Successivamente nel 1684 il granduca Cosimo III, con l’obiettivo di completare le strutture difensive sul mare del porto di Livorno, incarica per la stesura del progetto di costruzione di un Forte sulla punta del Molo l’architetto granducale Pier Maria Baldi, in collaborazione degli ingegneri granducali Guerini e Fantasia. L’ordine di fabbricare il Forte però matura solo dopo il 1688. I documenti di archivio dimostrano che fra il 1689 e il

1691 la nuova fabbrica è realizzata sotto la costante supervisione del governatore di Livorno, il generale Alessandro Dal Borro.

Figura 15. Forte di Bocca, tratto dalla pianta di Warren del 1716

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Tuttavia bisognò arrivare fino al 1691 per poter ammirare il forte completato, che divenne il fulcro della difesa del porto. Non sono stati trovati ad oggi disegni di progetto o descrizioni di come si presentava il Forte di quel momento storico,

l’unica rappresentazione in pianta dei lavori eseguiti è quella di Benedetto Guerini del 1703, che in un atlante mostra la nuova cinta fortificata di Livorno con gli ampliamenti della parte a mare. Nei suoi disegni l’estremità del Molo appare rafforzata ed ingrossata fino a formare una larga piattaforma separata da un braccio di mare dal Molo e difesa da una scogliera. Il nuovo complesso, in grado di controllare sia il porto che il mare aperto, collegato al Molo stesso con un ponte levatoio, è costituito verso il mare dalla piattaforma su cui si alza una struttura a più livelli di appoggio alla batteria dei cannoni e dalla parte del porto da due edifici trapezoidali che inglobano l’edificio già presente nel 1675, uniti da un camminamento posto su un alto muro. Nel 1716 fu nuovamente ingrandito e potenziato, con pezzi ad avancarica più grandi e potenti e con una casermetta per il personale e per le cariche. Sempre sotto Cosimo III, in concomitanza dei lavori di riempimento e rintasamento delle caverne formatesi per azione del

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modo ondoso sulla scogliera e sotto la piattaforma, fu deciso di accrescere ulteriormente il Forte della punta del Molo, soprattutto verso il mare aperto. Poiché gli avversari del Forte sarebbero stati esclusivamente mezzi navali, che avevano tiro efficace a raso e solo a poche centinaia di metri, le protezioni di batteria non prevedevano coperture a cielo, ma solo muraglie di grosso spessore, costruite con mattoni cotti in forno e pietra dura. Per il Fortino venne utilizzata pietra scavata a San Jacopo, che fra il Seicento e il Settecento forniva un ottimo tufo compatto; esternamente le strutture erano intonacate.

Attraverso lo studio delle fonti archivistiche e dalle relazioni storiche, in primis quella di Odoardo Warren sulle strutture militari della città di Livorno, nel volume manoscritto “Raccolta delle piante delle principali città e fortezze della Toscana”, possiamo sostenere che la struttura del Forte del 1716 resta intatta nei decenni seguenti. Il Forte in definitiva si presenta caratterizzato dall’organizzazione in più volumi prospettanti sul terrapieno interno (piattaforma), uniti dalle cortine difensive verso il mare aperto poste su due livelli: quello inferiore della galleria con le feritoie (capponiera dei fucilieri) e quello superiore di postazione per la numerosa artiglieria, provvista di bassi parapetti. Sotto le due piattaforme erano presenti dei sotterranei in volta che servivano per i corpi di guardia e un magazzino sotto il Fortino. A metà del 1700 il Forte della Bocca era già un complesso articolato e potente; sulla linea di fila che guardava il mare il muro perimetrale era stato ancora rinforzato e le bocche dei cannoni ad avancarica sporgevano esattamente come sulle

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navi di linea. Sotto le fondazioni del forte si articolavano una serie di gallerie che collegava le cannoniere ai punti di raccolta dei proiettili, in modo da consentire al personale di rifornire i cannoni al coperto dai tiri navali. Tutte le opere di protezione erano dotate di feritoie per la fucileria, caditoie per lanciare granate; le fortificazioni erano progettate e costruite su secoli di studi dell’architettura

militare e con continui aggiornamenti. I disegni di Garin del 1810 e le prospettive ed il rilievo delle piante del 1825, conservati presso l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma, riproducono lo stato di fatto del Forte in quegli anni, che risulta essere invariato quindi per circa un secolo.La stessa pianta del Forte ricavata dal Catasto Leopoldino, realizzato a partire dal 1819 con i vari aggiornamenti testimonia come fino a metà dell’800 non furono realizzati ulteriori opere di ampliamento o costruzione sul complesso fortificato, se non interventi di manutenzione ordinaria.

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Con l’ingrandimento del Porto di Livorno, a partire dall’Unità d’Italia nel 1861 si operano grandi trasformazioni che vanno ad influire pesantemente sull’immagine del porto granducale conservato integro fino a metà ’800.

L’esigenza dettata dalla propulsione economica portuale di questi anni, esplicitata con la richiesta di acquisizione di nuovi spazi e superfici coperte a servizio della operatività portuale, portano la municipalità e il Genio Civile a scontrarsi con il Prefetto ed i Soprintendenti dell’epoca che cercano per contro di vigilare e preservare l’immagine unitaria delle fortificazioni livornesi, prime tra tutte quelle portuali.

Nonostante le polemiche a partire da fine ‘800 che nuove fabbriche vengono costruite a ridosso delle antiche strutture difensive portuali a discapito della loro conservazione.Le nuove superfetazioni realizzate sopra la piattaforma del Forte della Punta in questi anni, riscontrabili nel catasto di impianto del 1939, sono un chiaro esempio di come lo sviluppo economico del porto abbia fortemente influito negativamente sulla sua consistenza originaria.

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Nella sua ultima fase operativa, il Forte della Bocca era caratterizzato da potenti muraglioni a scarpa abbelliti da cordoli di tufo e laterizio, garitte sopraelevate, sfiatatoi per i fumi dei cannoni, porte di accesso corazzate, tetti spioventi per ridurre l’effetto delle bombe incendiarie, depositi d’acqua e protezioni mobili su ruote per rinforzare le aree sotto assalto.

A seguito degli eventi bellici del secolo scorso, il complesso fortificato del Forte di Punta del Molo subisce ingenti danni alle strutture. In particolare i bombardamenti della seconda dopoguerra distruggono la gran parte delle nuove fabbriche realizzate nella prima metà del ‘900.

Nel dopoguerra la spianata del forte se da un lato è involontariamente liberata da quasi tutte le superfetazioni novecentesche, fatta eccezione per dei piccoli

volumi sulla parte più a nord, dall’altro si trova ad essere invasa dal cumulo di macerie delle costruzioni abbattute. A partire da fine degli anni ‘50 la galleria e gli spazi voltati sotto la piattaforma sono intasate dalle macerie del piano superiore e successivamente, per ragioni di sicurezza rese inaccessibili con la chiusura delle feritoie e la realizzazione di setti interni compartimentali.

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Il Forte perse d’importanza quando la costruzione delle dighe foranee ridusse il campo di tiro dei suoi cannoni; progressivamente l’opera venne abbandonata e gli antichi cannoni smantellati, anche se alcuni di loro infissi come bitte d’ormeggio sulle banchine, sopravvivono malinconicamente ancora oggi, come ultimi testimoni delle feroci rappresaglie del passato.

Il Forte divenne dapprima un deposito militare, poi un posto di guardia, infine un fatiscente insieme di magazzini e ripostigli. I bombardamenti e le distruzioni delle retroguardie tedesche dell’ultima guerra fecero il resto, infine una bomba danneggiò gran parte della copertura del Forte e compromise la sicurezza delle volte. Il layout dell’antico porto venne poi profanato da altre costruzioni militari, compreso il posto d’avvistamento inglese che è rimasto poi abbandonato sulle mura e l’azzurra torre in ferro dell’Avvisatore, che sarebbe stato bene costruire semmai sulla calata Orlando, dalla parte opposta dell’ingresso al molo Mediceo.

Il passaggio da pollaio a sede del club avvenne nel 1968, con una prima serie di lavori che riguardarono l’attuale ristorante e poi quelli al Fortino con la progettazione del recupero vero e proprio ideata e curata da Pierluigi Spadolini. Il club era già parecchio cresciuto quando i lavori non erano ancora al culmine;

Figura 18. Evoluzione nel tempo del Molo Mediceo Figura 17. Lo Yachting Club negli anni ‘70

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nel 1970, la sede era il fortino con tutto intorno la desolazione. I lavori furono diretti e progettati dallo stesso architetto, che riutilizzò gli stessi materiali tolti dal sito e si occupò in maniera magistrale del restauro. Un restauro che ormai ha più di 50 anni e che riguardava soprattutto gli interni della struttura; gli esterni allo stato attuale si presentano tuttavia molto degradati, poco funzionali e poco sfruttati.

Figura 19. Viste negli anni '80 dello Yachting Club

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3.

ANALISI E RILIEVI

Figura 22. Dall’alto al basso: Ingresso al complesso, Mura lato est, La segreteria e la cucina dello Yacht Club, Ingresso principale del ristorante, La torre degli Avvisatori

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L’intero complesso è realizzato con mattoni pieni in cotto, pietre e tufo; i paramenti sono irregolari, soprattutto sulle mura perimetrali lato ovest dove in passato erano disposti i cannoni. Non c’è una tessitura regolare, frutto di interventi mal calibrati e poco studiati che si sono susseguiti nel corso dei secoli; ma del resto l’intero lotto è nato come Forte militare, non come destinazione turistica o Club di lusso.

Proprio questo come

già detto

precedentemente lo contraddistingue dagli altri Club, la sua storia, che allo stesso tempo è anche la sua principale lacuna; infatti l’intero lotto è attraversato da cunicoli, anfratti, logge e gallerie di diverso spessore, realizzati senza una progettazione ben definita e mai messi in sicurezza prima di oggi. Come già anticipato, la porzione di lotto non visibile si trova 50 cm al di sotto del piano rialzato fino al piano di posa delle fondazioni delle strutture esistenti, realizzata tramite muri di sottomurazione a livello della banchina; con il ripristino delle gallerie e dei cunicoli, l’Autorità Portuale di Livorno si occupa anche di un controllo accurato delle strutture di sostegno delle opere esistenti, con il non facile compito di tracciare una pianta a livello seminterrato del lotto e anche sezioni che riportano lo stato attuale e le modifiche effettuate tramite il restauro.

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3.1 Materiali

Nei suoi quasi 400 anni di vita la struttura è stata più volte danneggiata per mano dell’uomo, si è deteriorata e degradata a causa degli agenti atmosferici; le riparazioni e gli interventi conseguenti si sono susseguiti senza tener fede a precisi criteri, creando disordini nella tessitura iniziale a cui non è più possibile risalire con certezza. La costruzione risale alla prima metà del Seicento ed è realizzata nella maggioranza delle sue parti tramite paramenti murari a due o più teste in pietra di tufo e laterizi uniti da malta idraulica dell’epoca, accostati senza una precisa logica o un’idea progettuale definita; il complesso nasce in un’epoca in cui si tende ad abbandonare il magistero murario «a cantieri» in favore di quello a filari di bozze, più regolare. Nelle strutture della seconda metà del Settecento era evidente il divario tra i partiti murari delle fabbriche di pertinenza regia, di buona fattura, e quelli dell’edilizia corrente, più scadenti: si comincia ad usare il laterizio abitualmente nelle strutture. Ciò ha consentito una progressiva riduzione dello spessore della muratura stessa.

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I laterizi venivano cotti nella fornace ad una temperatura di circa 800 °C; la loro qualità dipendeva dall’impasto e dalla cottura. In funzione della temperatura di cottura si potevano ottenere diverse qualità di mattoni che, con i termini fornaciai comuni, si possono definire:

- ferriolo: troppo cotto, legava male con la malta; poteva essere impiegato nelle fondazioni o in pezzi nei nuclei murari;

- forte: rappresentava la qualità migliore da impiegarsi per i punti di maggiore sollecitazione nelle murature;

- dolce: di qualità discreta, era adatto alle tessiture esterne;

- albasio: di colore molto chiaro e non veniva impiegato in murature portanti. Nell’antichità si realizzava la malta idraulica mescolando alla calce aerea la pozzolana o la polvere di laterizio. In alcune fonti storiche si apprende che spesso con il termine malta in epoca romana, non si intendeva solo la malta comune ma anche un impasto che poteva comprendere oltre alla sabbia ed al legante, anche sostanze organiche quali la caseina, l’olio, la cenere.

Nel Medio-Evo si perde l’uso sistematico della pozzolana fino a quando non si scopre nel Rinascimento che dalla cottura del calcare marnoso si ottiene calce idraulica da impiegare per produrre malta idraulica.

Possiamo in via generale distinguere tra due categorie di tecnica costruttiva muraria:

• quella della tradizione popolare; • quella della tradizione colta.

Le tecniche costruttive delle strutture di elevazione in epoca altomedioevale riprendono spesso le tecniche costruttive di epoca romana, ma non sempre con la stessa perizia costruttiva. Infatti in epoca medioevale si assiste talvolta ad un impoverimento della qualità costruttiva anche per ragioni economiche.

Il tufo utilizzato per la costruzione dell’opera venne scavato a San Jacopo, che fra il Seicento e il Settecento forniva un ottimo tufo compatto; successivamente, per le riparazioni a seguito dei degradamenti e bombardamenti, venne utilizzata anche la pietra panchina, una pietra arenaria tipica della Toscana occidentale e presente in due varietà: livornese, e volterrana.

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Si tratta di una calcarenite di colore giallastro ed è costituita da sabbia medio-grossolana e cementazione calcarea; piuttosto leggera e di facile lavorabilità, presenta un aspetto ruvido e molto poroso e contiene fossili marini spesso visibili ad occhio nudo. Acquista durezza e resistenza dopo prolungata esposizione all'esterno e si è dimostrata durevole nel tempo.

La panchina del litorale labronico, affiorante lungo la costa, veniva estratta a sud di Livorno fino a Castiglioncello; fu sfruttata fin dal tempo degli Etruschi per ricavare tombe ipogee o a capanna. La troviamo in seguito nella Lucca romana e longobarda. A Pisa la troviamo nella parte bassa delle mura medievali e nelle murature delle chiese di San Paolo a Ripa d'Arno, San Pietro a Grado, San Zeno, San Sisto e San Frediano e nelle voltine del loggiato della Torre pendente.

Attualmente non viene più coltivata, con conseguenti difficoltà nei restauri storici. Questa pietra è stata inoltre usata da Giuseppe Cappellini nel 1845 per la costruzione del grande portico a cinque arcate del complesso denominato " Casini d'Ardenza".

Figura 25. Particolare della muratura mista sulle mura lato ovest, Particolari del degrado dell’intonacatura e del disordine murario sulle mura interne perimetrali lato est

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3.2

Gallerie e cunicoli del sottosuolo

Il Forte della Bocca fu realizzato a completamento del Molo Cosimo alla sua estremità verso il mare per la sicurezza della città; Sotto Ferdinando II le strutture erano ancora di modeste dimensioni, consistenti nel piccolo forte trapezoidale poi inglobato negli ampliamenti successivi che si completarono con il rafforzamento verso mare del 1716 sotto Cosimo II. Il forte è caratterizzato dall’organizzazione in più volumi prospettanti sul terrapieno interno (piattaforma) e uniti dalle cortine difensive verso il mare aperto. All’inizio della sua costruzione vennero realizzate le gallerie e le camere voltate a quota della banchina, dalla cui pianta venne raggiunto un livello più elevato completando le mura e il fortino, successivamente venne tutto ricoperto di terra e detriti; col passare del tempo vennero costruiti altri corpi fuori terra. Diciamo quindi che si sviluppa su due livelli: quello inferiore della galleria con le feritoie (capponiera dei fucilieri) e quello

superiore di postazione per la numerosa artiglieria, provvista di bassi parapetti. Le strutture murarie, realizzate da bozze di tufo estratte dalle Cave di Sant’Jacopo, esternamente intonacate, hanno subito ingenti danni bellici e sono state oggetto di interventi e trasformazioni anche recenti. La configurazione attuale delle gallerie che scorrono nel livello inferiore del complesso risulta molto degradata

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rispetto al disegno originario che ha contribuito in maniera esemplare alla difesa del Porto; i cunicoli risultano attualmente inaccessibili per il 40 per cento della loro lunghezza totale, che raggiunge circa i 500 metri. Le gallerie si trovano ad essere occluse per gran parte da materiali provenienti dalla demolizione di fabbricati collocati sul terrapieno della fortificazione, distrutti o danneggiati a seguito degli eventi bellici. Le rovine hanno riempito le gallerie sottostanti, rendendo ancora più difficile il loro recupero che si sta svolgendo proprio in questo momento. Com’è facilmente deducibile dall’immagine in cui sono visibili le piante dei due livelli, le gallerie non sono state progettate a caso: se sovrapposte, i due disegni rivelano precisi collegamenti articolati da scale e rampe fra i due livelli rivelando una progettazione molto accurata. Grazie al disegno del livello inferiore è stato inoltre possibile risalire all’effettiva posizione di una loggia che sosteneva un camminamento sopraelevato che univa il Fortino con l’edificio della sede dei Piloti, oggi non più esistente; non si è mai realmente capito perché inserire una loggia così facilmente a tiro dei cannoni delle navi e di struttura abbastanza debole, sorretta da colonne in muratura di base 40x40 cm e quindi incapace di far fronte a danni derivanti da cannoni di navi da guerra, proprio in quel punto. Tuttavia grazie all’unione di questi disegni con la tavola di Garin del 1810 precedentemente citata e dei resti poco visibili presenti a ridosso delle strutture esistenti, è stato possibile stabilirne l’esatta posizione, altezza e accesso.

Le gallerie sotterranee si snodano dalle mura perimetrali che ospitavano i fucilieri verso il fortino da due accessi fondamentali e da una rampa che forniva un accesso diretto dal piazzale al livello inferiore; quest’ultima è stata solo recentemente ritrovata e inserita successivamente nelle tavole di progetto degli interventi. I due accessi principali terminano in due camere seminterrate coperte da un sistema archivoltato realizzato con le stesse tecniche delle volte a crociera del fortino; le due camere sono ulteriormente collegate fra loro tramite altre due camere che fungevano da deposito di munizioni e armamenti. Tutte le coperture delle gallerie e delle camere che fungevano da dormitori e depositi di munizioni sono realizzate con un sistema archivoltato che ha resistito per 400 anni; le volte nelle due camere più ampie sono realizzate a crociera, mentre le altre coperture che sostengono corridoi e camere più semplici sono tutte a botte. Tutti i sistemi

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archivoltati presenti nel complesso sono sistemi portanti, ovvero esercitano una funzione spingente sui muri d’imposta.

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3.3 Mura perimetrali

Le mura perimetrali circondano tutto il Forte della Bocca e lo separano dalla strada e dalla banchina; si dispongono su tre lati:

• sul lato est le mura sono più alte, superano addirittura la massima quota del Fortino e sono particolarmente degradate. Sono caratterizzate da uno spessore di 80 cm costante per la lunghezza del muro, ma anche da feritoie, nicchie e volte a botte chiuse su un lato, una scelta più architettonica che strutturale, in quanto hanno influito negativamente sulla stabilità globale della fortificazione. Come testimoniano le immagini, diverse colonne tralicciate in acciaio sono state montate recentemente a sostegno delle volte a botte, temendo un ribaltamento del muro storico con gravi conseguenze per tutta la struttura e per gli utenti. Le mura risalgono alla metà del Seicento e ricordano molto le fortificazioni che ornavano i castelli medievali, in quanto terminano in imponenti merli trapezoidali (nelle parti di muratura che hanno resistito nei secoli) spessi 40 cm e dalle basi di 60 e 80 cm. Come si può dedurre dalle

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foto, precedentemente

esisteva un

camminamento sostenuto da arcate voltate a botte perpendicolari alle mura che continuava fino all’ingresso principale del lotto e che terminava nel torrino ottagonale che oggi ospita la sala vip del Club. Uno degli interventi previsti sarà proprio il ripristino di una porzione di camminamento sopraelevato che avrà l’onere di collegare il Fortino con il torrino della sala vip della concessione degli Avvisatori. Le mura fuori terra del lato est sono tuttavia disposte su due livelli, il più basso ospita la cucina, l’ingresso principale e la segreteria, mentre il più alto racchiude il complesso e gli conferisce la denominazione di Forte della Bocca;

• sul lato nord-ovest le mura perimetrali sono disposte solo fino al primo livello; il paramento è disordinato e sono utilizzati mattoni in cotto di svariate dimensioni. Ci sono delle bocche di lupo a poca distanza l’una dall’altra che sbucano sulla lunga volte a botte che sostiene il camminamento al di sopra

Figura 27. Dall’alto al basso: Particolare degli archi voltati lato est, Contrafforti mura lato est, La cucina, Paramento murario lato interno del complesso, Merlatura soprastante l’ingresso principale del ristorante

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delle mura. Come già detto, ma soprattutto lungo il paramento che si affaccia sul mare, sono stati utilizzati conci in tufo accostati a mattoni in cotto di svariate dimensioni, appartenenti a secoli diversi e disposti disordinatamente uniti da getti di malta aerea e intonaco cementizio più o meno recente. Si può affermare che dalla loro costruzione ad oggi i paramenti murari delle mura perimetrali hanno subito grossi danni e deterioramenti in seguito ai bombardamenti che si sono susseguiti fino alla seconda guerra mondiale; sono visibili oltre ai disordini nelle tessiture murarie anche delle vere e proprie irregolarità, dovute ad interventi di riparazione improvvisati e eseguiti con materiale disponibile in loco, materiale povero e carente di buone proprietà meccaniche. Non è da escludere che in alcuni punti del paramento gli interventi si siano risolti riposizionando gli stessi detriti formatisi dal degrado o dai bombardamenti unendoli fra loro con il contributo di malte cementizie dell’epoca; numerose nicchie, contrafforti e feritoie

Figura 24. Dall’alto al basso: Particolare delle mura perimetrali lato ovest, Disordini nel paramento murario lato interno del complesso, Particolare delle feritoie e nicchie delle mura perimetrali lato nord

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arricchiscono i cunicoli sottostanti al camminamento, disposti secondo l’evoluzione dell’architettura militare dell’epoca.

La muratura delle mura perimetrali si presenta quindi listata e mista faccia-vista con porzioni intonacate con intonaco cementizio, composta da murature in pietrame di varia pezzatura e dimensione, con presenza di giunti di malta più o meno consistenti. Ad intervalli irregolari sono presenti corsi in laterizio che attraversano completamente lo spessore del muro – corsi di ripianamento – conferendo una sufficiente qualità strutturale alla muratura.

3.4 Sala ristorante (ex Fortino)

Il fortino è tutelato come Patrimonio Culturale del Porto di Livorno; inizialmente venne costruita in laterizio, con una fila di paramento esterno a una testa in tufo e internamente strutturata con volte a crociera in laterizio a coda di pavone. Successivamente le riparazioni vennero effettuate in pietra panchina e laterizio, senza rispettare precise regole architettonico-strutturali; nelle condizioni attuali, la struttura è realizzata in muratura ordinaria mista spessa 2 metri lato nord-ovest e 1,20 metri lato sud, con degli archi “sordini” ornamentali a sesto ribassato a una e due teste a faccia-vista realizzate al di sopra degli infissi. Le murature così spesse sono giustificate dalla tipologia di struttura, dall’epoca

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in cui è stata costruita e dalla sua esposizione: le pareti esposte a nord ovest infatti, che risultavano i punti più a rischio in caso di bombardamento, sono più spesse. Gli infissi sono in alluminio, inseriti negli alloggiamenti dopo il restauro del 1965; offrono una buona protezione dagli agenti atmosferici, soprattutto quando l’alluminio è sottoposto all’anodizzazione che consente anche ampie possibilità di colorazione. Gli infissi sono realizzati a taglio termico, che riduce la dispersione del calore operando l’interruzione della continuità dei profili metallici utilizzati per i telai degli infissi; questa tecnica si realizza inserendo tra le due parti materiale plastico con elevate prestazioni di isolamento che riduce sensibilmente la trasmissione diretta del calore tra l’interno e l’esterno. L’uso dell’alluminio impone limitazioni nella scelta di altri materiali da accoppiarvi a causa delle reazioni chimiche che possono avere con esso: il telaio fisso non deve venire a contatto con la muratura.

Esternamente è visibile lo strato di intonaco cementizio apportato a più riprese durante il restauro della zona di accoppiamento fra la muratura e gli infissi; in passato, inizialmente, veniva usata la calce aerea, cioè il prodotto della cottura,

a una temperatura di 900-1000 °C, del carbonato di calcio, costituente fondamentale delle rocce calcaree. Le calci aeree possono essere magre o grasse, in dipendenza dei materiali di partenza e della insufficiente o troppo

Figura 28. Ingresso principale alla sala ristorante, Lato nord della struttura, Lato ovest della struttura, Gazebo esterno lato ovest della struttura e struttura provvisoria in legno a lato sud.

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spinta cottura. Con il passare dei secoli, con l’utilizzo sempre più massiccio del cemento e dei suoi derivati, nella prima metà del ‘900 l’intonaco cementizio è stato impiegato più volte, senza eliminare quello precedente, per far fronte a danneggiamenti sempre maggiori; le riparazioni infatti erano per lo più improvvisate, soprattutto durante le due guerre mondiali venivano uniti materiali di diverse epoche senza precisi accorgimenti per intervenire nel minor tempo possibile. Tutt’oggi è visibile questa stratificazione, che durante il restauro della facciata non è stata particolarmente curata; solo nel cordolo ornamentale in muratura a tre teste al di sopra della copertura è stato asportato, per conferire un migliore rendimento estetico e togliere in parte quell’aspetto di “antico casermone” con cui si identificava. Proprio sul paramento in laterizio si sono inseriti con un intervallo di circa 3 metri l’uno dall’altro dei faretti per un utilizzo notturno della struttura.

I due infissi esterni che si affacciano sul lato ovest offrono una vista magnifica dello specchio d’acqua prospiciente il Porto di Livorno; sono schermati dalle radiazioni solari grazie a un gazebo in legno collegato al terreno con dei giunti a bicchiere in acciaio. A sud si trova la struttura di collegamento in vetro fra la struttura esistente in muratura e quella in legno; internamente infatti la sala è completamente coperta da volte a crociera, il che spiega la sua notevole altezza di 5 metri pur ospitando un piano unico. Prima del restauro, l’intera sala era percorsa da volte in muratura faccia-vista; l’intonaco interno venne impiegato solo nel restauro del 1965, una calce aerea spessa 2 cm lavorata con una tecnica lamata che ha portato a un intonaco granuloso scabro.

Le volte a crociera sono geometricamente composte dall’intersezione ortogonale di due volte a botte; nell’edificio esse concentrano le azioni di peso e di spinta ai vertici di questa scaricando i muri perimetrali, si presentano in buone condizioni anche se sono presenti fessurazioni. E’ necessario, in primo luogo, distinguere le fessurazioni delle murature con quelle dell’intonaco che le riveste, distinguere le fessurazioni recenti da quelle non recenti e discernere le fessurazioni dovute a contrazioni superficiali dell’intonaco da quelle dovute a deficienze statiche.

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Nei muri vetusti le fessurazioni dell’intonaco di solito possono avere ampiezza più limitata che nella massa muraria; in alcuni casi, soprattutto quando l’intonaco raggiunge spessori notevoli per successive sovrapposizioni, si può verificare che mentre il muro risulta integro, l’intonaco presenta un vario quadro fessurativo. Nello studio dei dissesti è, perciò, necessario rimuovere limitate regioni di intonaco nel ventre ed in vicinanza delle cuspidi delle fessurazioni lasciando intatti i restanti tronchi e le cuspidi stesse, per rendere più evidente il confronto tra le fessurazioni superficiali e quelle profonde.

Talvolta si incontrano nell’intonaco delle fessurazioni reticolari a maglie più o meno ampie, nei cui vertici concorrono rami prevalentemente rettilinei, trattasi in questo caso di lesioni non di origine statica, ma derivanti da contrazioni dell’intonaco. Dopo aver effettuato i rilievi all’interno della sala, si è stabilita una fessurazione solo superficiale dell’intonaco. L’intreccio di volte a crociera è molto complesso, con i vertici delle unghie delle volte che poggiano su pilastroni in muratura di 100 cm di lato distanti gli uni dagli altri 3,5 metri; l’edificio si presenta a pianta trapezioidale ma internamente regolare, con volte a crociera con vertice superiore al centro delle campate di 4x4 metri.

Figura 29. Varie viste delle volte a crociera con collegamento alla prima documentazione del 1810, a testimonianza che la struttura è rimasta invariata fino ad oggi

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La pianta di fine Ottocento del Forte rivela un camminamento sopraelevato di collegamento interno tra il Fortino ed i Piloti, che oggi non è più esistente; sono visibili comunque le arcate che si snodavano dalle mura interne lato est.

3.5 Nuova struttura (ex deposito)

La configurazione attuale del complesso appare diversa dall’assetto originario per l’assenza della loggia e del corpo a base rettangolare con la funzione di deposito che si affacciava sul porto: l’ex deposito dell’artiglieria venne costruito a fine ‘800 con pietra panchina e laterizio, ma purtroppo non sono stati rinvenuti prospetti né piante accurate di questo fabbricato che è stato abbattuto durante la seconda guerra mondiale dai bombardamenti. L’esistenza e i materiali impiegati per la costruzione sono deducibili dalla visione del livello inferiore: durante l’esplorazione dei cunicoli, la stesura di piante dei vari livelli mediante laser scanner e la sovrapposizione dei medesimi, ha portato alla considerazione che il vecchio deposito, come l’ex fortino (che oggi si identifica con la sala ristorante), sorgeva sui muri di sottomurazione di uno dei 4 vani al livello inferiore. In principio vennero costruite le gallerie voltate e i vani al livello inferiore; successivamente venne eretto il fortino e le mura perimetrali, che sostenevano il camminamento e la piattaforma per i fucilieri posta sul piano rialzato; successivamente venne costruita la loggia e per ultimo il deposito, con le

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fondazioni continue in muratura che poggiavano su un lato della parete da cui staccava la volta a botte della camera inferiore. Da un punto di vista strutturale non era ottimale, in quanto si sovraccaricava eccessivamente un muro d’imposta che già doveva sostenere una volta; dopo il crollo in seguito ai bombardamenti non fu più ricostruito, ma sono ancora visibili i resti e le fondazioni realizzate in laterizio e pietra panchina che spiccano a lato della volta.

Purtroppo non sono stati rinvenuti prospetti né piante accurate di questo fabbricato, l’unico riferimento è il catasto d’impianto; parte integrante della tesi consiste nel far rivivere questo edificio, ripristinandolo con i materiali idonei e sostituendo con esso la struttura provvisoria in legno che non lega con il complesso esistente.

Figura 31. Dall’alto al basso: Livello inferiore del Forte, Catasto d’impianti con indicato l’ex deposito, Livello sovrapposto con indicato il deposito

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3.6

Altri fabbricati del complesso

Il fabbricato dove ha sede la segreteria dello Yachting Club è situato nell’estremità più a nord del complesso; strutturato su due piani, sulla terrazza è situato un torrino ottagonale con accesso esterno da due rampe di scale da cui si accede dall’interno del lotto. L’interno ospita la segreteria, sostenuta da un sistema archivoltato a crociera, pavimento in cotto e intonaco liscio per le finiture; nel lato nord della muratura sono ricavate delle curiose nicchie adornate da dei conci in laterizio faccia vista.

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L’edificio poggia su un piano rialzato, come tutto il complesso, di circa 2,5 m di altezza; è proprio grazie a questa piattaforma rialzata che è stato possibile costruire tutti i cunicoli, le gallerie e i vani rimanendo sempre al di sopra della banchina e non rischiando quindi eventuali allagamenti dovuti al moto ondoso. Questa costruzione si presenta esternamente moderna, di epoca più recente; l’interno invece è stato restaurato nel 1965 insieme alla sala ristorante (ex fortino) e riprende la stessa tipologia strutturale e architettonica di quest’ultimo.

La cucina dello Yachting Club è stata costruita nel 1965 ma ha subito più manutenzioni ordinarie nel corso degli anni; è costituita da un paramento in tufo e intonaco di calce di una colorazione marrone particolare, che stacca dalla sala ristorante ma convive bene con le mura in laterizio delle fortificazioni lato est

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del molo. Gli infissi sono gli stessi della sala ristorante e si presentano in buone condizioni; la cucina si presenta fuori dalle mura e anche se è una superfetazione, si integra bene con le unità del passato. Le due piccole strutture realizzate all’interno del complesso, quali il magazzino dello Yachting Club e il locale in concessione all’AMNI, sono superfetazioni realizzate nel dopoguerra che non si integrano bene con il complesso: il magazzino, peraltro costruito con materiali che non legano con quelli esistenti nel lotto e verniciata di colore rosa, toglie visibilità alle mura perimetrali lato est; il locale AMNI presenta delle lacune ancora peggiori, in quanto alla luce delle nuove scoperte dell’Autorità dei sistemi portuali del Mar Tirreno, il piccolo edificio indipendente si trova proprio al di sopra di un accesso alle gallerie sottostanti, bloccandolo o comunque compromettendo una fruibilità ottimale.

Figura 33. Varie viste esterne della cucina

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La torre in concessione agli Avvisatori invece si trova dislocata a nord-ovest del lotto e si affaccia sul porto ad un’altezza di 12 metri; una struttura che potrebbe far parte delle superfetazioni elencate, ma che a mio avviso presenta un’architettura particolare, oltre all’importante funzione che ricopre. Realizzata in acciaio agli inizi del Novecento, ogni anno vede sfilare circa quattromila navi che fanno il loro ingresso al porto; quando venne costruita costituì un importante innovazione nell’architettura moderna e anche se non lega particolarmente con le strutture adiacenti, è una struttura indispensabile e ha più di 1 secolo di storia.

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4.

STATO DI PROGETTO DEL COMPLESSO

La frammentazione volumetrica, lo stato di degrado di ampie parti e l’installazione di attrezzature portuali impattanti, si configurano come detrattori dell’immagine e del valore storico-architettonico del sito, che conserva grandi potenzialità da valorizzare.

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Gli edifici del complesso si presentano per la maggior parte in muratura e muratura armata, con evidenti problematiche di sicurezza e lacune dal punto di vista sismico; data l’impossibilità di ripristinare completamente la resistenza delle strutture, nell’analisi effettuata precedentemente si sono evidenziate le problematiche maggiori che affliggono il lotto e che sono effettivamente recuperabili nella realtà.

L’ex fortino ha una pianta trapezoidale, con la base maggiore di 17 mt e la base minore di 10; la struttura provvisoria è più minuta, di pianta quadrata con lato pari a 9 mt. La capienza delle due strutture è di 180 mq circa; considerando il Club come meta rinomata, con 1,9 mq disponibili a persona, può contenere al massimo un centinaio di persone. Questo è un numero molto limitato pensando all’enorme spazio disponibile nel lotto, soprattutto dopo gli interventi di restauro e ripristino delle gallerie e vani sottostanti che richiamerà molti più utenti; inoltre la struttura principale presenta una copertura piana, mentre la copertura della struttura provvisoria è inaccessibile in quanto termina in un tetto a 2 falde. La struttura principale presenta in aggiunta un pergolato di 8x3 mt disposta sul lato ovest della costruzione, in condizioni di evidente degrado e inconciliabile con il livello di pregio della struttura principale. I muri di quest’ultima sono spessi 1,6 metri e 1,2 metri con tessitura in laterizio a 2 teste da entrambi i lati riempita con conci di pietra informe e con uno strato in tufo di finitura esterna, in grado di sostenere con le dovute accortezze, una copertura praticabile; il sistema archivoltato si presenta in buone condizioni, con fessurazioni solo superficiali visibili sull’intonaco interno. La pavimentazione si presenta disomogenea, il verde poco curato; l’accesso alle mura di contorno del lotto è poco evidente, mentre il percorso è assolutamente sconnesso, ricco di cedimenti derivanti dalla carente manutenzione degli spazi sottostanti.

Pesando le poche e difficili soluzioni che possono portare ad un definitivo ripristino dell'intera area e che rispettino le limitazioni imposte dalle normative, il progetto definitivo parte proprio dall'ope legis del 1939 che impone una tutela storico-culturale di tutti gli edifici del complesso; alcuni di queste strutture si sono mantenute, anche se con degrado più o meno grave, fino ad oggi, mentre altri, come quello identificato nel Catasto d'impianti del 1939 con la particella P.1084

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che ospitava il deposito di munizioni e artiglieria, sono andati distrutti durante la seconda Guerra Mondiale. L'intervento più ardito del progetto di restauro e

risanamento conservativo è proprio questo: ripristinare l'antico volume esistente con materiali d'epoca e inserendolo in un contesto più moderno, creando un collegamento sia con la struttura del livello inferiore entroterra sia con l'ex fortino. Questo intervento sarà l’anello di congiunzione e garante di una maggior fruibilità fra i vari livelli del complesso, nonché capace di ospitare un crescente numero di

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utenti che affolleranno le novità offerte dal Forte; chiaramente comporterà la rimozione della struttura provvisoria in legno.

Un altro intervento è il restauro dell'ex fortino nonché il camminamento sopraelevato adiacente alle mura che un tempo univano il torrino ottagonale dell'Autorità Portuale con l'edificio sede dei Piloti; ne consegue la trasformazione del torrino in una sala Vip, riservata ai soci del club. Gli ultimi due interventi riguardano il ripristino del camminamento sopraelevato sulle mura perimetrali e la demolizione delle superfetazioni più recenti che non sono tutelate, identificate come magazzino e locale AMNI. Inoltre si prevede un globale abbattimento delle barriere architettoniche, collocando dei corpi esterni per permettere l'accessibilità al di sopra delle strutture e lo sfruttamento dei camminamenti ripristinati; per finire, c’è l’ipotesi di un riassetto globale degli spazi esterni, organizzato in funzione dei nuovi accessi che uniscono i due livelli. Nelle due rappresentazioni foto realistiche è possibile vedere un confronto fra lo stato attuale e lo stato di progetto:

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Il progetto si divide quindi in 3 fasi:

• demolizione e rimozione delle superfetazioni, dell’opera provvisoria e della struttura di collegamento in vetro;

• ripristino dell’ex deposito con destinazione d’uso turistico-ricettiva, con la duplice funzione di ampliamento dell'area ristoro già presente, con cucina autonoma, bar e possibilità' di apertura notturna come pub, nonché di collegamento fra i vari livelli del complesso; restauro e risanamento

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conservativo della struttura esistente (ex fortino), della piattaforma rialzata dalle mura perimetrali ovest e della loggia composta da volte a botte che sorreggono il camminamento lato est della struttura;

• inserimento di una rampa di accesso per disabili al di sotto della banchina per rendere possibile l’ingresso al lotto; inserimento di un ascensore in vetro acciaio e scale esterne in vetro acciaio per collegare tutti i livelli della struttura (che da due diventano tre); ristrutturazione del torrino ottagonale per favorire l’amalgamazione della struttura con il complesso; inserimento di pannelli fotovoltaici in grado di garantire l’energia sufficiente al complesso.

Lo stato di progetto del complesso si traduce quindi in una riqualificazione complessa, ma funzionale e volta alla fruibilità, nonché al massimo sfruttamento dell’area disponibile nel lotto; si è pensato ad un restauro e risanamento conservativo unito ad una riqualificazione intelligente e in regola con il D.Lgs del 4 luglio 1980, che permette a qualsiasi utente di raggiungere i 4 livelli della struttura.

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5.

GLI INTERVENTI DI RECUPERO, INSERIMENTO DI NUOVI ELEMENTI E

VALORIZZAZIONE DEL COMPLESSO

L’architettura moderna è costretta ad una verifica, banco di prova: l’incontro tra la città antica e l’edilizia nuova. L’incontro tra antico e nuovo si attua sul piano urbanistico. Considerare il centro antico come unitario bene culturale da tutelare, applicando le teorie del restauro dei monumenti: è il nuovo concetto.

Gli interventi di restauro previsti sulle mura saranno realizzati secondo i principi del restauro dei monumenti con il criterio generale di minimizzare le integrazioni ed eventuali modifiche dei materiali e degli elementi costruttivi che compongono le strutture murarie, oltre che la massima possibile compatibilità e rimovibilità, privilegiando materiali e tecniche tradizionali. Non esistono criticità ambientali alla realizzazione dell’intervento in quanto trattasi di lavori di recupero e restauro monumentale. L’intervento ha la propria autonomia tecnica funzionale da realizzare in un unico lotto di lavori per tratti. Il recupero e restauro avverrà con uso di materiali ecocompatibili quali pietre, laterizio e calce aerea riutilizzando parzialmente il materiale antico presente, nonché con materiali più moderni per favorire lo stacco visivo fra architettura antica e contemporanea.

5.1 Criteri di valutazione della vulnerabilità sismica

La progettazione di strutture pensate per carichi sismici in senso moderno è relativamente recente, visto che le prime indicazioni coerenti con quanto indicato dalle normative attuali sono state introdotte a partire dagli anni ’70 -’80. Questo significa che gran parte delle costruzioni esistenti sono carenti per quanto riguarda la resistenza ad azioni orizzontali; la ricerca nel campo dell’ingegneria sismica e le normative hanno dato inizialmente maggiore attenzione alle nuove costruzioni e i motivi sono legati ai costi per gli interventi sull’esistente, anche in ragione dei periodi di non utilizzabilità degli edifici.

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Non deve sorprendere il fatto che una struttura sia progettata per danneggiarsi durante un sisma violento, in quanto l’obiettivo è quello di controllare il danneggiamento limitandolo ad un livello tale da salvaguardare la vita; dopo il sisma chiaramene la struttura dovrà essere messa nuovamente in sicurezza. Il collasso della struttura può avvenire con la formazione di un cinematismo caratterizzato da poche o molte sezioni plasticizzate. Il secondo caso, che corrisponde anche ad una domanda inelastica uniforme, è ovviamente da preferire. Per ottenere questo requisito, nelle nuove costruzioni la progettazione deve rispettare un criterio di gerarchia delle resistenze. Nelle costruzioni esistenti il criterio non è sempre rispettato, in quanto sono quasi tutte realizzate con elementi fragili, caratterizzati da un collasso immediato senza entrare in fase plastica; inoltre sono frequenti le zone plastiche poco duttili, per mancanza di armatura o inadeguatezza della stessa. Poche staffe ai nodi, spesso non ancorate con piegatura a 135°, insufficiente sovrapposizione delle armature verticali in corrispondenza dei solai, assenza di risvolti a 90° nei tratti terminali delle armature inferiori delle travi ai nodi di estremità, con conseguente espulsione del copriferro; la maggior parte delle strutture esistenti poi sono precedenti alle barre ad aderenza migliorata.

Il fattore di confidenza rappresenta un parametro fondamentale. Esso è correlato al livello di conoscenza acquisito sulla struttura e considera il rilievo geometrico-strutturale, i dettagli strutturali, la caratterizzazione meccanica dei materiali, del terreno e delle fondazioni. Per tale valore, compreso tra 1 e 1,35, sono divise le proprietà dei materiali da applicare nella valutazione. Maggiore è il grado di approfondimento della conoscenza, più accurata può essere l’analisi effettuata.

Per eseguire l’analisi strutturale è possibile definire diversi modelli interpretativi, di diverso grado di accuratezza, che possono interessare l’intera costruzione o sue singole parti. In particolare, a partire da un modello ottenibile con un livello minimo di conoscenza, basato su un numero limitato di informazioni, si possono definire modelli interpretativi più raffinati che vengono calibrati e validati attraverso l’approfondimento della conoscenza.

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Per l’edificio oggetto della tesi le moderne tecniche antisismiche sono difficilmente applicabili; parliamo di un complesso articolato da gallerie e camere entroterra e fuori terra poggianti sulla banchina di un molo in cui i vari livelli interagiscono fra di loro.

Nella scelta degli interventi deve essere posta particolare attenzione ai principi della conservazione. Inoltre, la valutazione della sicurezza e una chiara comprensione della struttura devono essere alla base delle decisioni e delle scelte degli interventi. Pertanto, l’intervento non deve essere finalizzato solo al raggiungimento di un appropriato livello di sicurezza della costruzione ma deve garantire anche la sicurezza della costruzione (ovvero generare un miglioramento controllato), mantenendo le seguenti caratteristiche:

 compatibilità e durabilità;

 integrazione e non trasformazione della struttura;

 rispetto di concezione e tecniche originarie della struttura;  bassa invasività;

 se possibile, reversibilità o rimovibilità;  minimizzazione dell’intervento.

Per l’edificio oggetto della tesi le moderne tecniche antisismiche applicabili alle costruzioni moderne sono difficilmente applicabili; parliamo di un complesso storico articolato da gallerie e camere entroterra e fuori terra poggianti sulla banchina di un molo in cui i vari livelli interagiscono fra di loro.

È emersa quindi la riconsiderazione di tecniche tradizionali d’intervento, l’utilità della valutazione accurata dell’intervento, della sua applicazione in modo regolare ed uniforme, del controllo in fase esecutiva. Gli interventi sono in particolare mirati a rendere efficaci i collegamenti mediante inserimento di tiranti, idonea ammorsatura fra pareti confluenti in martelli murari ed angolate, cordoli in sommità, connessione dei colai di piano e delle coperture alle murature, nonché migliorare la configurazione strutturale con l’introduzione di nuovi elementi resistenti, la riduzione di spinte di volte e coperture, l’eliminazione o l’ampliamento di giunti tra corpi di fabbrica, l’eliminazione di piani deboli e di

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elementi vulnerabili, migliorare la qualità delle murature mediante consolidamento e, se necessario, sostituzione.

Inoltre, nei punti di contatto fra la nuova struttura e i vari livelli di interazione con il complesso, è necessario applicare un giunto sismico; un giunto strutturale, nell'ambito dell'ingegneria civile, è l'interruzione della continuità di un'opera. Tale distacco si rivela talvolta indispensabile:

• per evitare che una variazione di temperatura provochi stati di coazione; consentire la libera dilatazione di una pavimentazione, o in genere una struttura lunga decine di metri, evita danneggiamenti e fessurazioni;

• per evitare un danneggiamento sismico; ad esempio durante un sisma, due zone adiacenti della stessa struttura, con un comportamento sismico sensibilmente diverso, rischiano di rompersi nella zona di collegamento ed urtare fra loro (fenomeno detto martellamento).

Un giunto strutturale ben progettato consente un movimento sufficiente delle parti oscillanti consentendo alla struttura di rimanere illesa dal sisma.

Un giunto è a volte mascherato da un coprigiunto, realizzato in vari modi, a seconda del tipo di struttura e di esigenze estetiche, impiantistiche o strutturali. Per esigenze strutturali, si usa talvolta il neoprene che conferisce elasticità al giunto ed ammortizza le sollecitazioni di picco in modo efficace.

5.2 Materiali utilizzati

Prima di approfondire gli interventi che verranno effettuati, è importante giustificare perché si prevede un accostamento di materiali cosiddetti “antichi” a dei materiali più moderni. La risposta è semplice: per meglio conformare il complesso alle disposizioni in normativa. Infatti tutti gli edifici nonché le fortificazioni tutelati come patrimonio culturale, artistico e storico del porto saranno restaurate e ripristinati (per quanto possibile) nel rispetto delle prime documentazioni tecniche; quando venne progettato il forte però non era

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assolutamente previsto che un giorno sarebbe diventato un’attrazione artistica e culturale aperta a qualsiasi utente. Perciò non vennero definiti criteri di abbattimento delle barriere architettoniche alle quali oggi però è umanamente importante e obbligatorio sottostare; il complesso dovrà quindi essere dotato di opere nuove, di completamento a quelle esistenti, capaci di rendere accessibili i quattro livelli su cui si dispone il forte. Per differenziare le strutture nuove da quelle antiche si sono scelti apposta dei materiali completamenti differenti e appartenenti ad epoche diverse, ma che tuttavia possono convivere armoniosamente.

L’intero complesso sarà costituito da:

- Pietra serena per le pavimentazioni, che verrà in parte riutilizzata dopo le demolizioni previste per aprire i vani di accesso alle gallerie sotterranee e in parte quella estratta dall'arenaria di Monte Modino e l'arenaria Macigno; - Pietra panchina per il restauro delle mura perimetrali e per i tamponamenti dell’ex deposito accanto alla sala ristorante; in mancanza del tufo estratto a San Jacopo nel Settecento, si utilizza la pietra panchina. Per recuperare la pietra panchina ci sono due possibilità: dragare il molo e recuperare la pietra panchina livornese, da sotto il livello del mare, come venne fatto per il molo Morosini per restaurare le mura lorenesi sempre a Livorno; oppure importare la pietra panchina volterrana, di costituzione molto simile a quella della costa livornese (l’unica cosa in cui si differenziano sono le incrostazioni marine che si intravedono nelle pietre livornesi);

- Calcestruzzo armato per la struttura a telaio dell’ex deposito; nelle nuove opere che sorgono vicine ad un restauro è più sensato accostarsi al sistema costruttivo esistente, anche per un maggior contributo da un punto di vista architettonico; ma l’impossibilità di costruire fondazioni continue per la presenza delle gallerie antistanti e puntare ad una più ovvia soluzione su micropali trivellati che poggiano direttamente sulla banchina, fornisce come conseguenza la progettazione della struttura soprastante su pilastri in c.a. per meglio interfacciare all’edificio le fondazioni indirette;

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