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Nello studio condotto nel 2001 da Jeffery e McKee sono state messe

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4. DISCUSSIONE

Già in passato sono stati condotti studi volti a confrontare diverse tecniche chirurgiche

21,42

con lo scopo di individuare quale di esse desse i migliori risultati, ma la questione sembra ancora aperta ed il dibattito acceso.

In uno studio del 1998 condotto da C. Rusbridge et. al. sono state messe a confronto due tecniche chirurgiche: il ventral slot e la distrazione/stabilizzazione con viti e rondelle. L’intervento di distrazione/stabilizzazione è risultato essere più rapido e meno costoso con tempi di ripresa più brevi. Per quanto riguarda i risultati a breve termine (6 mesi dopo la chirurgia) le percentuali di successo ottenute erano similari: 92% per il ventral slot e 85% per la distrazione/stabilizzazione, ma i risultati a lungo termine (2 anni dopo la chirurgia) sono stati piuttosto deludenti per entrambe le tecniche, ma soprattutto per la distrazione/stabilizzazione (21%). È stato ipotizzato dagli Autori che la causa di questi peggioramenti fosse imputabile alla fusione vertebrale e alla degenerazione discale favorite probabilmente dall’impianto. Tuttavia gli Autori ritenevano anche che forse i pazienti sottoposti all’intervento di stabilizzazione, avendo avuto un rapido miglioramento nel postoperatorio, avessero svolto un’eccessiva attività rispetto a quelli sottoposti a decompressione.

Nello studio condotto nel 2001 da Jeffery e McKee sono state messe

a confronto varie tecniche chirurgiche raccogliendo i dati da studi

precedenti di diversi Autori. Le tecniche analizzate erano: ventral

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slot , fenestrazione del disco, distrazione/stabilizzazione con polimetilmetacrilato e viti o chiodi, distrazione con placche in polivinile, distrazione/stabilizzazione con viti e rondelle, distrazione con tamponi intervertebrali di polimetilmetacrilato, e fusione con una vite a compressione. Da questo confronto è emerso che non vi è una significativa differenza tra le percentuali di successo dei vari tipi di chirurgia, che oscillano tra 63% e 82% (slot 72%, PMM/viti/chiodi 73%, placche 75%, viti/rondelle 63%, tamponi di PMM 82%) fatta eccezione per la fenestrazione del disco e la fusione con una vite a compressione che hanno dimostrato avere una scarsa percentuale di successo.

Questo studio rispecchia quanto già riportato in letteratura: la maggioranza dei pazienti è di razza Dobermann, la compressione è localizzata, generalmente, a livello di C6/C7 ed è di tipo dinamico.

In base ai dati raccolti con questo studio si può confermare che in caso di lesioni dinamiche è più efficace una distrazione e stabilizzazione rispetto alla sola decompressione. Anzi, in base ai dati raccolti, si può sospettare che tutte le lesioni in corso di WS presentino una componente dinamica, e per questo rispondano meglio ad una stabilizzazione.

In effetti, anche nei soggetti le cui lesioni possono essere

classificate come statiche, esiterebbe una certa componente

dinamica, legata al fatto che la discopatia di per se stessa altera

l’equilibrio meccanico fra le vertebre, rendendo instabile

l’articolazione. Potrebbe quindi essere questa instabilità a

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“dinamizzare”, se pur limitatamente, l’articolazione intervertebrale e a determinare un grado di instabilità che, se pure minimo, potrebbe accentuarsi nel tempo a seguito dell’ulteriore criticità determinata dalla decompressione ventrale.

A questo punto la stabilizzazione, eseguita in tutti i soggetti indipendentemente dal tipo di lesione, potrebbe proteggere da ulteriori peggioramenti legati proprio ad instabilità subentranti nel periodo postoperatorio.

Per completare la discussione dei dati clinici, si sono osservati risultati simili per i gruppi II e III, e questo anche perché la tecnica chirurgica è abbastanza simile. Le differenze riscontrate nei tempi di recupero, che sono risultati più rapidi negli interventi del gruppo II rispetto a quelli con l’utilizzo degli innesti ossei, sono probabilmente da riferire al tempo necessario per l’attecchimento dell’innesto.

In conclusione, l’impiego della distrazione/stabilizzazione esteso a

tutti i casi di WS, potrebbe essere indicato proprio per limitare le

complicanze post-operatorie legate all’instabilità dinamica

intrinseca nel problema, senza comportare aggravi di costi e di

tempi chirurgici tali da poterne giustificare il non uso.

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