PRESENTAZIONE
Nella società italiana attuale il diritto all’istruzione è ormai un fatto acquisito, almeno per la grande maggioranza, da molto tempo, insieme ad altri diritti sociali quali, per esempio, il diritto alla salute ecc.
Non è stata una cosa di poco conto, ma una vera e propria conquista di civiltà e di democrazia, in quanto l’ignoranza è da sempre una delle leve di cui si sono serviti tutti i tipi di potere. Basti pensare, per es. a quanto è stato importante l’accesso all’istruzione per l’emancipazione femminile. La scuola è oggi una delle istituzioni in cui ognuno di noi ha trascorso o trascorre molta parte della propria vita, tanto che si può parlare non solo di “mestiere di insegnante”, ma anche di
“mestiere di studente”. Ciclicamente si levano voci più o meno autorevoli secondo le quali la scuola “è morta”, è
“inutile”, “anacronistica” ecc. Io non lo credo. Anzi, credo che la scuola, se riformata deve e può svolgere una funzione formativa essenziale che altre agenzie formative non possono per loro natura svolgere. Il punto, invece, è un altro. E’ vero che il diritto all’istruzione è acquisito, ma è anche vero che la
“qualità” dell’istruzione e della vita scolastica in Italia,
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più che altrove, è mediamente scadente sotto molti profili. In questa tesi ho scelto di mettere a fuoco, in questa prospettiva, uno degli attori della scena scolastica, l’insegnante ( in particolare nelle scuole medie superiori statali), anche se non mancheranno cenni ad altre figure, essendo convinta che esso è la figura più strategica in una prospettiva di cambiamento, ormai attesa da decenni.
1Nel primo capitolo analizzo le principali teorie sociologiche, dai classici agli autori moderni, che si sono misurati con la questione dell’educazione e in particolare dell’istruzione. Non è un caso, mi sembra, che tutti i classici della disciplina hanno riservato un posto di rilievo a questo tema nel loro pensiero. Nel secondo capitolo mi occupo della storia travagliata dei tentativi di riforma della scuola italiana a partire dagli anni ‘60. Questo, tra l’altro, è anche una specie di contesto che aiuta a comprendere meglio le analisi successive sulla professione dell’insegnante. Nel terzo capitolo, infatti, cerco di fare due “fotografie”, a distanza di tempo, della situazione, degli atteggiamenti, delle opinioni degli insegnanti italiani, analizzando a
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Per la stesura della tesi mi sono ispirata, in linea generale, a V. Cesareo, Sociologia dell’ educazione, e in particolare a testi dall’autore stesso segnalati quali : M.Barbagli- M. Dei, Il conseguimento della professione di insegnante, in
“Rassegna Italiana di Sociologia”1968 e V. Cesareo, Insegnanti, scuola e società,Vita e Pensiero, Milano, 1968
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questo scopo due ampie ricerche sociologiche su questo tema, in modo da avere un quadro dinamico di questa professione. Nel quarto capitolo, infine, tratto brevemente una questione molto delicata che ormai è diventata anche di dominio pubblico, ovvero i fenomeni
“patologici” di stress e burnout che affliggono, con più o meno gravità, una quota più o meno consistente del corpo docente. Al di là del numero di insegnanti interessati dal problema, si tratta a mio parere di una importante questione da tenere sotto controllo, perché
“segnala” la presenza di un disagio strisciante e a volte eclatante che può rapidamente prendere forma e dimensioni molto più consistenti, con effetti negativi imprevedibili.
In verità, il mio interesse per questa tematica è stata stimolata, dalla lettura di un articolo de L’
Espresso (n.41, 9 ottobre 2003), dal titolo eloquente ed
inquietante. “E’ scoppiato il professore”. Una lettura che ha suscitato in me una vera preoccupazione, non solo come cittadina e come studentessa, ma anche come madre. Nell’articolo, infatti, sono riportate molte dichiarazioni di autorevoli esperti ed operatori che vale la pena di citare nella loro “crudezza”. Per esempio, secondo Lodolo D’ Oria (medico INDAP e membro della
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commissione incaricata di valutare le domande di pensionamento anticipato per motivi di salute) :
“il confronto tra le categorie [di lavoratori] parlava chiaro :gli insegnanti che chiedono l’inidoneità alla professione per motivi psichiatrici(e non fisici) sono il 49,2 %. Il doppio degli impiegati, due volte e mezzo le richieste del personale sanitario, il triplo di operai e manovali”.
2Secondo l’indagine su questo tema (1252 questionari), i dati confermano la preoccupata affermazione del medico:
“il 54% della categoria dichiara di aver vissuto almeno in parte i sintomi associati alla sindrome [del Burnout].
Maestri e professori accusano stati d’ansia, attacchi di panico, malattie psicosomatiche. Il 16% del campione ha, o ha fatto, ricorso a farmaci ansiolitici, ipnotici, antidepressivi”.
3E cosa succede se un professore stressato va dal medico? Si sente dire: “Lei è un po’ stanco, prenda un tranquillante, le passerà tutto”. E come reagisce l’istituzione scolastica? Le “soluzioni” dei dirigenti scolastici di fronte a un caso di burnout sono semplicissime:
“La struttura attiva una mozione anticorporale: l’insegnante viene prima isolato, poi minacciato con sanzioni disciplinari, infine trasferito in un’altra scuola. Dove, i problemi,è ovvio, si ripresentano” .
4Questo è l’antefatto.
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Articolo de L’Espresso n. 41, 9 ottobre 2003
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