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Nella ricerca del materiale è apparso sempre più evidente che l’avanguardia pragmatica dell’architettura olandese contemporanea affondava profonde radici nella storia e nella tradizione costruttiva del Novecento

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2.1 L’ambiente residenziale olandese Avendo posto come finalità

di progetto un intervento di riqualificazione a scala urbana che vuole migliorare la qualità dello spazio domestico, pubblico e delle destinazioni commerciali, ho ritenuto necessario approfondire l’evoluzione storica di alcune di queste tematiche.

L’ambiente residenziale olandese ha vissuto delle fasi cruciali agli inizi del secolo passato e a cavallo degli ultimi anni del

Novecento e l’inizio del nuovo millennio. Cruciali perché i Paesi Bassi diventano paese innovatore e guida dell’architettura mondiale, con i riflettori della pubblicistica internazionale, puntati sugli innumerevoli interventi residenziali che, sulla spinta di una crescita economica e di un benessere diffuso, modificano considerevolmente il paesaggio fisico e sociale del Paese.

La casistica è assai ampia, porremo pertanto l’attenzione su una serie di mega-interventi che, per consistenza dimensionale e impatto sul territorio, sono da considerarsi eccezionali ma allo stesso tempo esemplari, e costituiscono tappe fondamentali della metodologia progettuale dell’ambiente residenziale olandese. Nel quadro degli interventi presi in analisi, captano l’attenzione le enormi trasformazioni che hanno interessato le aree portuali e industriali delle due principali

amsterdam città vecchia 1911, situazione di degrado.

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città del paese, Amsterdam e Rotterdam: riconversioni quasi esclusivamente residenziali, in aree centrali, prestigiose e strategiche per l’intera città; delimitate e circoscritte, spesso isole in mezzo all’acqua, quasi sempre, comunque, trattate come tali: autonome, concluse, identitarie.

Di particolare interesse il processo ventennale di riconversione dell’Area portuale orientale di Amsterdam, da una parte per la grande risonanza internazionale riscontrata, dall’altra per numero e qualità dei progettisti coinvolti con sperimentazione di diverse idee di città, arrivando a costituire un microcosmo che racchiude e racconta 30 anni di architettura urbana olandese. Alla stessa stregua il fenomeno centrale di questi ultimi decenni di architettura e urbanistica olandese, i VINEX, interventi realizzati in base al piano governativo del 1990 per la costruzione di 650.000 alloggi in 15 anni, un esempio la città nuova di Ypenburg, tra L’Aia (Den Haag) e Delft.

Nella ricerca del materiale è apparso sempre più evidente che l’avanguardia pragmatica dell’architettura olandese contemporanea affondava profonde radici nella storia e nella tradizione costruttiva del Novecento; non solo, esistono dei topos, dei miti fondativi, come quello del villaggio, tuttora radicato, ma anche, seppur molte volte presente nel solo incoscio degli architetti olandesi, del cosiddetto Supermodernismo1.

Ho ritenuto pertanto utile e necessario un excursus sulle tappe fondamentali dell’architettura olandese, ponendo l’accento sulla costruzione dell’ambiente residenziale. Dalla Woningwet del 1901, per un secolo pilastro legislativo dell’intero sistema della residenza sociale olandese, al Plan Zuid di Berlage, da Oud e Dudok al piano regolatore di van Eesteren, dalla ricostruzione di Rotterdam all’affermazione

1 H. Ibelings, Supermodernism. Architecture in the age of Globalization, Rotterdam 2003.

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generalizzata del Modernismo nel dopoguerra, fino alla generazione di Forum e dello Strutturalismo, van Eyck e Hertzberger, punti di riferimento imprescindibili, per ogni architetto olandese contemporaneo.

2.2 La residenza nei primi decenni del Novecento

I punti di riferimento, più o meno dichiarati, per chi si trova a progettare case o, più spesso, quartieri di case nei Paesi Bassi, sono tutt’ora episodi progettuali del primo ventennio del Novecento.

La storia della città novecentesca europea, ed in particolare quella olandese, non può prescindere dalla realizzazione del Plan Zuid di Amsterdam; opera di un maestro del movimento moderno, Jacobus Johannes Pieter Oud, suo il quartiere Kiefhoek. Le antecedenti città- giardino, gli interventi suburbani dei piani VINEX, e infine l’affermato modus operandi razionalista della macchina statale della casa popolare, con i suoi successi e degenerazioni, dimostrano come questo tecnicismo razionalista sia stato attaccato dall'architettura partecipata della generazione di architetti gravitante intorno alla rivista Forum.

Tutti esempi e idee, quelli accennati sopra, che ritroviamo, più o meno diluiti, nel patrimonio culturale di tanti architetti olandesi contemporanei.

Insieme alla casa tradizionale olandese, isolata o allineata in schiere lungo un canale, che, in un paese super-moderno come l'Olanda, rimane un topos irremovibile dall'inconscio dell'architetto e, soprattutto, dell'abitante, tutto questo è stato inquadrato nella cornice legislativa della Woningwet che ha fornito gli strumenti legali ed economici per realizzare la storia della casa collettiva olandese del XX secolo.

2.3 L’architettura domestica

Prima di comprendere gli sviluppi dell’architettura residenziale nei Paesi Bassi nel corso del XX secolo, apparentemente improntati ad una

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globalizzazione di cui gli architetti olandesi sono attori principali, è utile fare un breve cenno all’architettura domestica tradizionale olandese.

Predomina in modo quasi assoluto la casa individuale, nei centri urbani per lo più a schiera, una ad una liberamente affiancate in file irregolari negli allineamenti e negli aggetti, di solito a seguire l’andamento curvilineo dei canali. «La cintura dei canali rimane il locus classicus della casa olandese, anche per il suo integrarsi così armoniosamente con l’ambiente naturale. Il muro collettivo delle case è modulato dal continuo curvarsi dei canali, che genera così una geometria più intima e anti- gerarchica, e dalle uniformi facciate di mattoni interrotte dalle grandi aperture vetrate»2.

2 A. Betsky, M. Willinge, “Introduction. Just Housing”, in AA.VV. Living in the Lowlands.

The Dutch domestic scene 1850-2004, Rotterdam 2004, p. 11.

particolare di un ingresso all’abitazione.

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Il fronte stradale è in genere 5-6 m, perché tale è la larghezza di suddivisione dei lotti operata dal governo, l’abitazione si estende in profondità, limitando le possibili varianti distributive:

la porta di ingresso posta lateralmente (al centro in presenza di bottega al pian terreno) e due finestre al pianterreno, tre finestre ai piani superiori, due ambienti per piano, uno davanti e uno dietro.

Le dimensioni degli spazi interni sono sempre

piuttosto limitate, anche in altezza, «L’interno era ed è tanto curato dal proprietario che allorché vi entriamo dobbiamo quasi raccogliere la nostra anima in un sentimento religioso come quando visitiamo un museo […] è un piccolo reliquiario vivente di una calda vita familiare che si apre dinanzi ai nostri occhi […] anche l’abitazione olandese più modesta vanta la sua piccola raccolta di libri, modesti, a buon mercato, ma libri!»3.

Esternamente il carattere base è dato dalla muratura a vista, declinata nelle diverse colorazioni delle argille, spesso scura in contrasto con gli infissi verniciati di bianco. Gli infissi, a ghigliottina, a vasistas, o a

3 G. Minnucci, L’abitazione moderna popolare nell’architettura contemporanea olandese, Roma 1926, pp. 10-11.

amsterdam, vecchie case lungo il canale, si noti la scansione di facciata

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battente con apertura quasi sempre verso l’esterno, vengono solitamente montati in opera con una intelaiatura prima delle tamponature di mattoni. Il tetto, a grande pendenza, è finito sul prospetto da un frontone, per lo più curvo o con i caratteristici gradoni; se, in anomalia, compare il tetto a padiglione, allora la facciata termina con un cornicione di legno verniciato bianco, come gli infissi, con sopra gli abbaini del sottotetto. Di solito in alto è presente una mensola dove appendere una carrucola per il carico dei mobili ai piani superiori, attraverso le grandi aperture vetrate, perché troppo strette e ripide risultano le scale interne.

2.4 La Woningwet e Woningcorporaties

«La casa è essenzialmente un problema politico, e rimane uno dei più gravi problemi che l’uomo deve affrontare. Nessuno dovrebbe dimenticare che la Legge sulla Casa approvata in Olanda nel 1901, insieme alla proprietà pubblica del suolo, costituisce la base dell’unico sistema che sia mai riuscito a risolvere il problema in maniera accettabile»4

Il sistema della residenza sociale nei Paesi Bassi si è retto per un secolo – e si regge tuttora – su due fatti concreti: da una parte la base legislativa della Woningwet, approvata nel 1901 e più volte aggiornata durante il secolo scorso; dall’altra la base operativa delle associazioni e delle cooperative edilizie – in olandese corporaties o Woningbouwverenigingen – che, nate in varie forme già nella seconda metà del XIX secolo, proprio nella Legge sulla Casa hanno trovato lo strumento legislativo e finanziario per svilupparsi.

Va aggiunta però, come condizione preliminare e necessaria, la proprietà pubblica, almeno in una prima fase del processo, del suolo; le

4 J. Buch, “A curious decade”, in R. Brouwers, (a cura di), Architectuur in Nederland.

Jaarboek 1989-90, Deventer 1990, p. 14.

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particolari condizioni geografiche e territoriali, infatti, rendono indispensabile, prima di un qualsiasi uso del terreno, un’operazione di bonifica e preparazione che solo la collettività è in grado di affrontare.

Il percorso per arrivare alla stesura e all’approvazione della Woningwet fa parte di una storia comune a tutti i paesi europei, in cui l’opera congiunta di una borghesia e di un movimento operaio organizzato ha condotto a conquiste sociali progressive. La rivoluzione industriale, in Olanda legata principalmente all’attività portuale e ai commerci con le colonie, la crisi delle campagne e la conseguente esplosione demografica delle città, resero evidenti le drammatiche condizioni di vita del proletariato urbano, con le conseguenti emergenze sociali ed igieniche.

«Nacquero le prime associazioni edilizie, alcune per iniziativa della borghesia, a carattere filantropico o speculativo, altre per iniziativa degli stessi industriali, preoccupati delle conseguenze sociali e produttive delle condizioni di vita dei propri lavoratori, altre, infine, per iniziativa degli operai stessi. La prima cooperativa operaia nasce ad Arnhem nel 1851.Si tratta per lo più di realizzazioni sporadiche. La maggior parte della classe operaia continua a vivere per tutto il XIX secolo negli scantinati, in ambienti sovraffollati, malsani e scarsamente arieggiati, in case dorso a dorso che saturano il tipico lotto gotico della città olandese, in abitazioni composte per lo più da un unico ambiente con la stufa, il soggiorno, su cui si aprono i tipici letti ad alcova, una sorta di armadio- letto. Analizzando le piante delle prime realizzazioni di case da parte di società filantropiche, non ci si discosta molto da tali schemi: non sempre è presente la camera da letto, il wc è spesso esterno e comune a più abitazioni.»5

5 L. Rijtano, La residenza collettiva nei Paesi Bassi, Roma 2009, p. 11.

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Fioriscono nel frattempo, i rapporti e l’indagini sulla condizione operaia, prova ne è il rapporto commissionato nel 1896 dalla Società per il Progresso Civile su La questione dell’abitazione popolare6 e redatto dai professori ingegneri H. L. Drucker e H. B. Greven insieme all’avvocato J. Kruseman, tale relazione influenzerà notevolmente la stesura della Woningwet, che recepirà pochi anni dopo gran parte delle proposte operative avanzate nel rapporto.

La legge,7 varata dal governo liberale di H. G. Borgesius, costituisce legge urbanistica e legge sull’edilizia popolare assieme, obbliga i Comuni a redigere un Regolamento Edilizio contenente norme relative ai requisiti minimi, igienici e dimensionali, per le abitazioni e un Piano Regolatore per l’espansione dei centri abitati superiori alle 10.000 unità;

permette agli stessi comuni, attraverso la dichiarazione d’inabitabilità, di evacuare le case malsane e ordinarne la demolizione o la messa in regola da parte del proprietario, introduce l’esproprio “nell’interesse dell’edilizia popolare” e, soprattutto, introduce e regola i Sussidi Comunali e Statali all’edilizia popolare.

Lo Stato non costruisce – e non costruirà mai – direttamente case8: concede contributi, donazioni o prestiti agevolati e garantiti ai Comuni e

6 H. L. Drucker, H. B. Greven, J. Kruseman, Het Vraagstuk der Volhhuisvesting, Amsterdam 1986.

7 Sulla Legge sulla Casa si prenda a riferimento i testi:

M. Casciato, La Woningwet (1901-1912), pp. 24-29; G. A. van Polije, “Lo sviluppo di un’idea”, pp. 29-32, in AA.VV., (a cura di.), Olanda 1870- 1940. Città, Casa, Architettura, Milano 1980; G. Minnucci, op. cit., pp. 39-54; AA.VV., 50 Jaar Woningwet 1902-1952, Alphen am Rijn 1952; Ministry of Housing and Physical Planning, Housing in the Netherlands. Facts and Figures, The Hague 1972, pp. 7-9; AA.VV., “100 Jaar Publieke Werken”, in Bouwkundig Weekblad Architectura n. 8, september 1950, pp. 18-19.

8 Ministry of Housing and Physical Planning, op. cit., p. 7.

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alle “associazioni che operano per il miglioramento delle condizioni dell’abitazione popolare”9.

L’intervento pubblico non è quasi mai diretto, tranne in quei casi, pittosto rari, in cui è il Comune ad acquisire o espropriare terreni per costruirvi direttamente, ma si traduce principalmente in «un’operazione di sostegno all’attività edilizia privata, dando inizio a quel periodico innestarsi dello Stato come volano del ciclo edilizio, che caratterizza in modo peculiare anche l’Olanda di oggi».10

La Woningwet ha subito negli anni una serie di aggiustamenti e revisioni, le più consistenti nel 1921 - con la quale si definivano i diversi livelli di pianificazione urbanistica – e nel 1965 – quando, con la contemporanea promulgazione della Wet op Ruimtelijke Ordening11, la Woningwet perde i paragrafi urbanistici, e vengono introdotte misure per il recupero dei quartieri residenziali degradati, nonchè l’obbligo del governo di relazionare annualmente davanti al Parlamento sulla situazione della casa nel Paese. È solo negli anni Novanta, una volta ritenuto risolto definitivamente il problema della casa per tutti, che una serie di iniziative legislative tese a liberalizzare il mercato edilizio, intaccano il principale strumento operativo della legge, ovvero il sistema dei sussidi statali.

«Gli articoli finanziari della Woningwet permettono alle associazioni edilizie di ottenere quel riconoscimento ufficiale che permette loro di diventare protagoniste assolute del panorama dell’edilizia sociale olandese, per ottenere i finanziamenti deve essere chiaramente espressa nello statuto dell’associazione la finalità esclusiva del

9 Artt. 30, 31 e 33 della legge, in M. Casciato, “La Woningwet (1901-1912)”, in AA. VV., (a cura di.), Olanda 1870-1940…. cit., p. 26.

10 M. Casciato, “La Woningwet (1901-1912)”, in AA. VV., (a cura di.), Olanda 1870- 1940.…, cit., p. 25.

11 Legge sulla Pianificazione Territoriale.

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miglioramento delle condizioni dell’abitazione popolare nonché il loro status di ente non-profit. Nascono così società di diversa natura, dalle cooperative di lavoratori ad associazioni nate per iniziativa di industriali per costruire case per i propri operai sfruttando i finanziamenti statali, a società a capitale misto pubblico-privato, ad associazioni edilizie di proprietà comunale.»12

Il 1993 segna una svolta storica nel sistema della residenza sociale. Con il cosiddetto accordo Brutering lo Stato rinuncia a tutti i crediti pregressi con le associazioni edilizie in cambio della fine dei sussidi governativi e del disimpegno dal ruolo di garante dei prestiti. Le Corporaties diventano così finanziariamente indipendenti dallo Stato, possono investire anche nel settore del libero mercato, accedere al credito agevolato per gli interventi di edilizia sociale attraverso dei fondi speciali creati ad hoc, il CFV e WSW.13

«La città di Amsterdam recepì immediatamente la normativa del 1901, creando un avanzato Regolamento Edilizio, con nuovi piani di espansione, e realizzando da subito interventi che costituirno un immediato miglioramento qualitativo sia alla scala del quartiere che del singolo alloggio.

Si eliminano le alcove e le case dorso a dorso, la cucina diventa un

12 L. Rijtano, La residenza collettiva… cit., p. 11.

13 Il CFV ed il WSW sono rispettivamente il fondo centrale per la casa e il fondo di garanzia per la residenza sociale.

schema tipo della suddivisione di un fabbricato

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ambiente a parte, ogni alloggio possiede un wc e una doccia.»14 Tra gli interventi degni di nota le case realizzate dall’architetto J. E.

van der Pek per la cooperativa Rochdale di impiegati comunali; in particolare l’intervento nell’Indischebuurt del 1911-12 – costituito da due blocchi paralleli che si affacciano su un giardino comune – che compare per la prima volta nella residenza sociale, aperto sui lati corti, spazio della socialità e dell’orgoglio collettivo.

Compaiono, per soddisfare l’ossessione olandese dell’accesso indipendente all’alloggio direttamente dalla strada, i portiekwoningen, le case-portico, una soluzione tipologica di enorme fortuna, ripresa e rielaborata anche in realizzazioni recenti, in cui al pianterreno sono organizzati due alloggi indipendenti con accesso diretto dalla strada, mentre una scala, sotto un portale, conduce al pianerottolo del piano primo, dove si aprono le porte degli alloggi dei piani superiori; il tutto avviene con una successione di scale indipendenti, il che spiega le dimensioni minime (quasi mai larghe più di 80 cm) e la pendenza massima (45-50°) delle stesse15, sorprendenti per i non olandesi.

14 L. Rijtano, op. cit., p. 12.

15 cfr. G. Minnucci, op. cit., p.109.

tipo di casetta a due alloggi

schema di ingresso e scale

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È però negli anni Venti, con il piano di Berlage per Amsterdam Sud e con le realizzazioni di Michel de Klerk e della Scuola di Amsterdam, che la casa operaia conosce il suo apice. A queste realizzazioni si accompagna, fuori della capitale, l’eccellenza delle opere di Oud, architetto-capo del Comune di Rotterdam.

tipologie precedenti alla woningwet

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44 tipologie post woningwet

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2.5 Le realizzazioni esemplari

Amsterdam Sud

Visitando i quartieri modello che hanno segnato la storia dell’architettura residenziale o, più semplicemente, delle piccole grandi storie all’interno di una singola città, si ha di solito l’impressione di entrare bruscamente dentro isole di “qualità pianificata”, separate dall’intorno architettonico caotico, che le circonda. È quello che succede in Olanda, quando si visitano i quartieri razionalisti di Oud – dove lo straniamento è moltiplicato dall’intonaco bianco che spicca rispetto al continuum del laterizio – oppure, concentrandoci su Amsterdam e la sua Scuola, arrivando a Spaarndammerbuurt, così separato dal resto della città, racchiuso com’è in un triangolo tra porto e ferrovia.

Tutto ciò non accade ad Amsterdam Sud, dove per una serie di motivazioni il risultato fu differente. Anzitutto le dimensioni dell’intervento e l’aver posto l’intera operazione sotto il controllo di una speciale e qualificata “commissione estetica”16; poi l’uniformità stilistica delle quinte urbane, l’uso generalizzato del tradizionale mattone, lo studio dell’arredo urbano, vero tessuto connettivo dello spazio pubblico.

Il tutto senza dimenticare il contesto politico-legislativo, che garantì uno stretto controllo pubblico: per la proprietà comunale del terreno, acquistato preventivamente già dal 1896, e lo strumento legislativo della Woningwet del 1901, che garantiva fondi governativi e permetteva di avere come interlocutori economici privilegiati le associazioni e le cooperative edilizie dei lavoratori; infine le particolari contingenze politico-amministrative, con un consiglio comunale particolarmente

16 La Commissie Zuid.

prospettiva del piano di amsterdam zuid

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progressista, ambizioso e al tempo stesso pragmaticamente realista nei suoi piani17.

Fu però la maestria urbanistica del padre dell’architettura moderna olandese, Hendrik Petrus Berlage che, nel disegnare il piano del 1915- 17, aveva studiato i testi di Camillo Sitte, ma anche fatto tesoro di quanto visto nei suoi viaggi nella Parigi di Haussmann, nella Berlino che diventava capitale, nelle New York e Chicago che impostavano il loro sviluppo sui nuovi mezzi di trasporto18.

Il piano si estendeva su un’area di 1380 ettari a sud delle espansioni ottocentesche, dal Vondelpark a ovest, al fiume Amstel a est, a ridosso del Pijp. Si divideva in due settori distinti, occidentale e orientale, separati dal canale Boerenwetering: il quartiere olimpico, strutturato dai boulevards ortogonali dello Stadionweg e del Minervalaan che nei piani di Berlage avrebbe dovuto

congiungere la nuova Accademia di Belle Arti a nord con la nuova grande stazione ferroviaria a sud; il settore est, invece, era strutturato da un sistema est-ovest di grandi viali ad Y.

Il cuore dell’intervento era la Victorieplein, dove il grande

17 I principali fautori e coordinatori del progetto furono l’assessore alla Casa F. M. Wibaut e, soprattutto, il direttore del Dipartimento Municipale per la Casa A. Keppler.

18 Infine per l’aver assegnato gli incarichi progettuali ai vari architetti della cosiddetta Scuola di Amsterdam, che con il loro linguaggio allo stesso tempo moderno, espressionista, vernacolare, hanno dato forma agli ideali di “opera d’arte totale” – Gesamtkunstwerk – e di “arte comunitaria” – Gemeinschaftskunst – che animavano Berlage e i committenti del nuovo quartiere.

veduta del grattacielo J.F.Staal

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boulevard che parte dal nuovo ponte sull’Amstel, si dirama in due bracci e dove verrà costruito il “grattacielo” di J. F. Staal, primo edificio residenziale alto olandese.

La continuità ambientale era garantita dall’uso del grande blocco residenziale, in unità larghe 50 metri e con una lunghezza variabile da 100 a 200 metri, alto cinque piani sui boulevard e tre nelle vie residenziali, con giardino interno. La monumentalità, sempre moderata, è data dall’uniformità delle facciate, che spesso uniscono in un unico progetto interventi realizzati da imprese diverse, e soprattutto dalla lavorazione scultorea dell’angolo, a volte risolto dalle curve sinuose di balconi e bow-windows, altre da un incastro di volumi diversi, spesso cilindrici, sottolineati dalle diverse colorazioni dei mattoni, che spesso ospitano gli spazi commerciali.

Uno dei primi interventi fu nel 1920, il De Dageraad19, ad opera di Michel de Klerk. Tale intervento presenta quelle soluzioni planimetriche che faranno scuola per modulare il passaggio dalla strada metropolitana all’intimità della via residenziale, con cortili-piazze, cul-de-sac, portali di accesso ai giardini interni o alle strade secondarie, quelle stesse soluzioni che verranno utilizzate in tutto lo Zuid, a partire dal grande intervento del 1921 di Jan Gratama, nel settore ovest, di cui era supervisore generale.

«L’uso dell’isolato, l’unità dei materiali e la discrezione degli architetti olandesi hanno prodotto un ambiente accogliente, civile e ordinato, dotato d’una continuità rarissima in un complesso di simile estensione.

Pur contenendo abbondanti spazi verdi, non ha affatto un aspetto suburbano, anzi del tutto cittadino»20. Sarà forse proprio la rottura dell’isolato, centrale nel progetto di Berlage, a disperdere in molti

19 Traducibile come “il riposo giornaliero”, “la pausa dal lavoro”.

20 L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Bari 1960, (20034), p. 406.

veduta dei viali ad Y

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quartieri razionalisti seguiti al piano regolatore di Van Eesteren del 1934, il senso di urbanità e di comunità.

piante, prospetti, sezioni Dageraad

schizzo prospettico Dageraad

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Kiefhoek

A Rotterdam, città dai connotati poco olandesi e dall’aspetto più statunitense che europeo, spezzettata in tanti episodi architettonici rilevanti, e formata da un tessuto tutt’altro che continuo, non è così facile andare in bicicletta come nella Amsterdam di Berlage. Per chi arriva al centro di Rotterdam, tra la stazione e il Lijnbaan, si prospetta un lungo itinerario per raggiungere l’opera emblematica di Oud, il Kiefhoek, bisogna passare il fiume Maas, attraversare l’Erasmusbrug – landmark della nuova Rotterdam – e dirigersi verso sud. Dopo aver superato varie infrastrutture ferroviarie e portuali, lungo un asse stradale e commerciale vivace e assai trafficato – dove la pista ciclabile compare e scompare – quando l’asse stradale cambia nome e diventa Groene Hilledijk siamo arrivati: sulla destra il fronte stradale continuo di mattoni rossi si apre in una strada che scende inquadrando uno dei due celebri angoli stondati dei negozi che definiscono la porta d’ingresso al Kiefhoek.

fotografia dell’accesso al quartiere Kiefhoek

L’impatto iniziale è strano davvero; pur conoscendolo per immagini, soprattutto nel bianco e nero delle foto d’epoca negli studi prospettici a matita e nelle descrizioni degli storici, che sottolineavano la modernità

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razionalista dell’intonaco bianco e l’uso del colore che tradiva le origini De Stijl dell’architetto, la prima domanda che sorge è: come è possibile che queste case così modeste, questa scala così minuta dell’intervento, possano essere state considerate da tutti gli storici dell’architettura come il più importante complesso residenziale del Movimento Moderno, il capolavoro che da subito ha fatto entrare l’architetto nei phanteon del Razionalismo, accanto a nomi come Gropius, le Corbusier e Van de Rohe? Confrontando con gli interventi di Amsterdam Sud, tutti denuncianti l’orgoglio dell’utopia realizzata della città nuova dei lavoratori come arte collettiva e comunitaria, il Kiefhoek risulta uno shock.

Probabilmente la condizione politica orientò in buona parte l’opera di Oud, architetto “ufficiale” dell’avanguardia olandese de Stijl, diventato nel 1918 architetto del Woningdienst21. Il municipio di Rotterdam era costretto dalla Legge sulla Casa a provvedere a piani di edilizia popolare e, con l’intenzione di spendere il meno possibile e facendo il minimo indispensabile, impose ai progettisti dei piani, condizioni estremamente restrittive che permisero di aguzzare l’ingegno e favorire la sperimentazione.

I primi interventi di Oud furono realizzati nel quartiere di Spangen, dove tra il 1918 e il 1920 vengono realizzati i blocchi I, V, VIII e IX, in cui non usa sperimentazioni neoplastiche, e più prudentemente accetta la lezione di Berlage : nell’isolato chiuso a corte interna, divisa in giardini privati e spazio collettivo centrale, nel rivestimento in mattoni, nel rigore del ritmo regolare delle aperture. «La ricerca è soprattutto sul modulo abitativo – un corpo scala serve un solo appartamento al primo e secondo livello e due maisonettes al terzo – e sulla definizione

21 Dipartimento per la Casa del Comune di Rotterdam.

case comunali del gruppo Spangen

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planimetrica e formale della soluzione angolare, vero fulcro urbano della progettazione, come ad Amsterdam Sud.»22

planimetria del blocco IX, Spangen

esempi tipologici del blocco VIII, Spangen

22 L. Rijtano, op. cit., p. 29.

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Spangen è da ricordare, soprattutto per l’innovativa sperimentazione di Brinkman, vero caposaldo della casa sociale olandese, con il sistema di corti centrale e ballatoio di distribuzione. «Un esperimento molto interessante è quello fatto a Rotterdam da parte del Comune e su progetto dell’architetto Brinkman. Si tratta di un grande complesso, alto quattro piani, costruito su di un terreno di circa m 147 per m 85, che ha la caratteristica di avere, all’altezza del secondo piano, un balcone continuo in cemento armato che gira per tutti i vari corpi del fabbricato e dal quale prendono ingresso gli alloggi posti in questo piano e nel piano superiore. Gli alloggi inferiori invece, del pian terreno e primo piano, hanno l’ingresso dall’interno nei cortili. Tutto l’insieme non ha entrate che nella parte interna, eccetto alcuni grandi passaggi di comunicazione con le strade circostanti. Il balcone o galleria, come lo chiamano gli abitanti, ha una larghezza sufficiente (da un minimo di 2,20 m a oltre 3 m) a dare passaggio al traffico dei carretti dei rivenditori […]

dimodochè esso si trasforma in una vera via aerea. […] Per l’accesso degli inquilini alla via aerea e relativi alloggi, vi sono dieci scale comuni costruite in pietra, ben aereate e costantemente illuminate durante la notte. Gli alloggi sono in totale 264 e comprendono ciascuno la camera comune, tre piccole camere da letto, e cucina. La camera principale ha le pareti in parte rivestite in legno, e un banco fisso lungo il muro, con un grazioso effetto d’insieme. Le cucine sono provviste di tubo di scarico che guidano i rifiuti in appositi recipienti al pian terreno, che sono poi periodicamente svuotati dal servizio pubblico di nettezza urbana. […] il complesso è anche provvisto di un impianto di riscaldamento centrale a termosifone […] Il corpo di fabbrica della lavanderia e bagni ha cinque piani; variamente ripartiti vi sono contenuti 18 locali di lavaggio, asciugatoi con 54 divisioni, 3 bagni in vasca e 9 doccie. Per il

case comunali, dell’intervento di Brinkman

case comunali dell’intervento di Brinkman

particolare del quariere con balconata, dell’intervento di Brinkman

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riscaldamento è il primo impianto applicato in Olanda per le case popolari.»23

planimetrie dell’intervento di Brinkman

23 G. Minnucci, op. cit., pp.131-137.

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Nel 1921 l’intervento di Oud a Tusschendijken, un piano a grandi isolati rettangolari berlagiani, riprende quasi esattamente il modello del locco IX di Spangen, con la stessa unità di base e soluzione angolare.

piante dei tipi di alloggi nel quartiere di Birkman

Complesso residenziale di Tusschendijken

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55 case comunali del gruppo Tusschendijken

case comunali del gruppo Tusschendijken

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56 inquadramento del progetto Tusschendijken

isolato II delle abitazioni comunali del gruppo Tusschendijken

tipologie delle abitazioni nel lotto Tusschendijken

Nel 1922 Oud realizza un quartiere molto particolare, Oud-Mathenesse, di residenze semi-permanenti. Su un lotto triangolare viene impostato uno spazio aperto centrale su cui si affacciano le case-bottega, in cui il modulo di casetta standard intonacata con tetto a doppia falda, viene

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ripetuto e affiancato quasi a rievocare un tradizionale villaggio rurale olandese.

progetto oud-mathenesse

esempi tipologici del lotto oud-mathenesse

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Sui libri di storia dell’architettura si trovano quasi esclusivamente due progetti, di dimensione piuttosto ridotta, gli unici che, per l’intonaco bianco e le geometrie pure dei volumi, possono più facilmente essere assimilate ai canoni moderni: da una parte gli edifici gemelli di Van Holland (1924-27), «due schiere di due livelli ad appartamenti sovrapposti, caratterizzati da un incastro planimetrico di alloggi ad una e tre camere da letto, e dalla felice soluzione degli angoli cilindrici, con la sottile pensilina che disegna, con l’edificio arretrato, la porta di ingresso al quartiere retrostante; dall’altra il quartiere Kiefhoek, vera e propria isola nel tessuto urbano della Rotterdam Sud.»24

edifici gemelli di Hoek van Holland

24 L. Rijtano, op. cit., p. 29.

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L’intervento si imposta su un asse centrale che unisce le due piazze- giardino, unici spazi pubblici di rilievo: su uno di questi planimetricamente baricentrico, insiste la chiesa; l’altro costituisce invece la porta d’ingresso, vero fulcro dell’intervento, che detta l’irregolarità del lotto, costituito dal giardino triangolare e da due isolati trapezoidali simmetrici, con angoli acuti e ottusi stondati, ospitanti i negozi. Due assi paralleli al primo intersecati da strade ortogonali, completano il complesso creando una serie di impianti simmetrici minori.

Anche al Kiefhoek viene definito preliminarmente un modulo abitativo base, una schiera a due piani di 4,10 m di interasse, da ripetere in stecche lungo tutto l’intervento. L’alloggio tipo è studiato al centimetro con tutti i coloratissimi arredi fissi, per ridurre ai minimi termini gli spazi e i costi tentando di mantenere un confort dignitoso. Lo stesso Oud, presentando il suo progetto, parla di “Dwelling-Ford”, ovvero di un’unità abitativa studiata come un prodotto industriale – un’automobile appunto – per essere il più possibile economica, funzionale e di buona fattura25. È forse il Kiefhoek, quindi, la migliore realizzazione di quella machine à habiter studiata per decenni da Le Corbusier.

schizzo prospettico delle testate del Kiefhoek

25 M. de Vletter, “The Dwelling-Ford: cutting and contriving for 2.740 guilders per house”, in AA.VV., Living in the Lowlands…., cit., p. 105.

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Conoscendo i limiti economici e dimensionali imposti all’architetto, e continuando a pedalare tra le piccole case, si inizia a capire la grandezza dell’intervento: nella continuità data dalle fasce orizzontali quali il basamento in mattoni che ospita le vetrate del soggiorno e i portoni di ingresso rossi, che prosegue nei muretti dei giardini privati e nelle recinzioni di quelli pubblici; «il lungo fascione intonacato bianco e il nastro delle finestre con gli infissi gialli che si conclude con la linea di gronda, che riunificano le singole case a schiera in un tutto collettivo, rendendo difficile l’individuazione del singolo alloggio.»26 È questa continuità dei prospetti che ha permesso, negli anni Novanta, il restauro di alcune parti del complesso e la riconversione, senza traumi apparenti, semplicemente unendo in un singolo alloggio due limitrofi, a standard residenziali più attuali dell’existenzminimum originale27.

Pur apprezzando la purezza dei volumi e la chiarezza delle soluzioni non si può fare a meno di intravedere i primi deficit di urbanità, che la distruzione dell’isolato chiuso predicata dall’urbanistica razionalista

26 L. Rijtano, op. cit., p. 30.

27 L’alloggio aveva un semplice vano wc e non un bagno, una cucina minima, e delle camere da letto tra i 5 e gli 8 mq, dove non era possibile mettere un letto matrimoniale.

piante e sezioni del Kiefhoek

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porterà nella città europea. Penetrando nel complesso, dove gli spazi sono definiti da singole stecche che non chiudono mai l’angolo, il quartiere si sfalda, e si rimpiange quell’incrocio di strade che ci ha accolto nel Kiefhoek, magistralmente definito dalla continuità delle fabbricati che si curvano a sottolineare una felice soluzione angolare, a suggerire la presenza di un isolato.

Come Oud a Rotterdam, anche Dudok diviene, nel 1915, architetto del Municipio di Hilversum, Direttore Comunale dei Lavori Pubblici.

Hilversum è un villaggio in rapida espansione e Dudok ha la straordinaria possibilità di guidare, attraverso l’elaborazione del piano regolatore, l’edificazione dei quartieri di case operaie e di numerosi edifici pubblici (scuole, bagni pubblici, centri sociali, biblioteca e,

Un angolo nel villaggio popolare di Hilversum

planimetria generale di Hilversum

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soprattutto, il celebre municipio), la sua crescita e forgiarne l’immagine in un tutto unitario e armonioso. «Benchè si tratti di fabbriche eseguite sulle basi della più stretta economia con lo scopo di dare alloggi e locali di riunione ed istruzione al popolo, alle classi più povere della società, queste vie, queste piazze fortemente suggestive, sono di una grande signorilità artistica. Diremmo che sono come il loro creatore, di un socialismo puro sotto un aspetto aristocratico e gentile […] egli ha affrontato la risoluzione del problema nel suo insieme: ha studiato le vie come nella composizione di un vero quadro architettonico, le abitazioni non sono che elementi architetturali della via, elementi della massima semplicità. […] il tipo di abitazione è molto semplice e con poche diversità sostanziali nella pianta. La grande importanza del tetto, bene in armonia, del resto, con le tradizioni, è stata applicata per mantenere un carattere semplice, intimo e familiare agli alloggi. L’architettura è pienamente quella del mattone, ciò che è anche secondo i mezzi e gli usi del paese.»28

28 G. Minnucci, op. cit., pp.185-186.

rembrandtschool, Rembrandtlaan, Hilversum

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63 planimetria parziale di Hilversum

tipologie del quartiere Hilversum

Rivelandosi forse anticipatore di tendenze di una modernità più recente e attenta, Dudok tratta come un unicum le residenze – modeste, intime, tradizionali – e utilizza un linguaggio più moderno, dalle planimetrie aperte, negli edifici pubblici, sempre sottolineati da una torre civica che conclude incastri volumetrici complessi.

«Per suo merito l’eredità di Berlage e quella più remota dell’architettura domestica olandese hanno ricevuto una formulazione aggiornata e

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hanno potuto essere immesse a tempo nel movimento moderno; nel periodo di maggiore intransigenza teorica e di più accanita polemica contro la tradizione, Dudok ha tenuta viva silenziosamente l’esigenza della continuità tra presente e passato, tra architettura e urbanistica, preparando un precedente indispensabile ai prossimi sviluppi.»29

La città giardino

Proseguendo verso sud troviamo la più grande città-giardino d’Olanda, il Vreewijk. Nato da un’iniziativa privata nel 1913, su progetto generale di Berlage, il complesso inizia ad essere costruito solo nel 1917, dopo il necessario intervento finanziario statale che inserisce una percentuale rilevante di abitazioni popolari, creando un maggiore mix sociale in un quartiere inizialmente destinato alla classe media. Il piano viene rielaborato da Marinus Jan Granpré Molière, fondatore della cosiddetta Scuola di Delft, città nella cui università era uno dei più influenti professori, e campione del Tradizionalismo tra le due guerre. Granpré Molière, semplifica il piano, facendone un sobborgo verde di Rotterdam, con le sue scuole, la chiesa, i servizi sociali e ricreativi. Pure all’interno di una studiata varietà ed irregolarità, soprattutto nella prima sezione realizzata a nord-ovest, è individuabile uno schema a pettine impostato su un viale alberato est-ovest, attraversato due volte da un canale ad anello. Le aree residenziali sono caratterizzate da strade rettilinee con due file di case a schiera parallele, sul retro i giardini privati con un sentiero che passa nel centro e «… indovinatamente li divide in due verdeggianti zone»30.

Le case a schiera sono di tre tipi, con cucina, una o due camere comuni, tre o quattro camere da letto, dalle dimensioni ridottissime, nella mansarda del piano superiore. Il linguaggio è quello semplificato e

29 L. Benevolo, op. cit., pp. 505-508.

30 G. Minnucci, op. cit., p. 192.

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standardizzato, della casa tradizionale, mattoni rossi e tetto a spioventi molto inclinati con abbaini. Depurate delle proposizioni utopistiche di Howard, «le realizzazioni olandesi della città giardino, ricondotta al villaggio-giardino (Tuindorp), si sono rivelate un valido strumento di applicazione della Woningwet»31. Sono da ricondurre alle Tuindorp operaie gli interventi già citati di Dudok a Hilversum e di Oud a Oud – Mathenesse, nonché molte fabriekwoningbouw, complessi edilizi costruiti dagli industriali per gli operai delle loro fabbriche sfruttando le sovvenzioni previste dalla legge, di cui la più celebre è il Philipsdorp di Eindhoven, di K.P.C. de Bazel, altro padre nobile dell’architettura moderna olandese.

31 AA. VV., (a cura di.), Olanda 1870-1940…. cit., p. 46.

Tuindorp 1930

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2.6 L’urbanistica moderna. Amsterdam e Rotterdam.

Il 1934 è l’anno a cui possiamo far risalire la grande affermazione del Movimento Moderno in Olanda, viene approvato il Piano Regolatore

planimetria generale della città giardino Vreewijk

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Generale di Amsterdam e il cui coordinatore, Cornelis Van Eesteren, era all’epoca presidente dei CIAM. Salutato come il capolavoro dell’urbanistica razionalista, il piano fu preceduto da un accuratissimo studio statistico multidisciplinare, che prevedeva un rallentamento della crescita della città fino a stabilizzarsi appena sotto il milione di abitanti (previsione puntualmente verificatasi) e studiava nel dettaglio il fabbisogno di servizi e residenze con le diverse percentuali del mix tipologico e dimensionale degli alloggi. Nato per essere flessibile, indirizzava la crescita della città fino al 2000.

«Il piano di van Eesteren, pur nella sua forte carica innovativa, nel disegno urbano si poneva in una certa continuità con la recente tradizione urbanistica di Amsterdam, con un controllo notevole della scala umana, con la scomposizione della futura espansione della città in unità successive di 10.000 abitazioni, da approfondire con piano particolareggiato, e divise o unite tra loro da fasce di verde di varia estensione.»32 La tipologia residenziale è quasi sempre quella tradizionale a schiera, più o meno distributivamente complessa, a 4 - 5 piani, con l’isolato lungo e stretto di Berlage a fare da modulo base.

Viene eliminato il blocco chiuso, le corti si aprono, si rompe il fronte stradale, le planimetrie diventano una sequenza ripetitiva di stecche parallele, secondo le norme sull’orientamento e la ventilazione. È nel dopoguerra, quando lo Stato olandese si pone come obiettivo primario la risoluzione del problema dell’alloggio, che le stecche si alzano di diversi piani e spuntano le torri, fino ad arrivare all’impressionante fuori scala del quartiere Bijlmermeer, realizzato a partire dalla fine degli anni Sessanta.

Gli anni in cui si lavora al Piano di Amsterdam sono gli stessi in cui si sperimentano nuove tipologie edilizie e si studia in profondità il singolo

32 L. Rijtano, op. cit., p. 52.

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alloggio della casa operaia, verificandone la flessibilità e diversificando l’uso degli spazi durante l’arco della giornata.

Van Tijen, Maaskant, Brinkman e van der Vlugt, van der Broek, tutti architetti della generazione immediatamente successiva a quella di Oud e Dudok, sono tra i più attivi. Partecipano con varie proposte al concorso, bandito nel 1933 dalla municipalità di Amsterdam per la progettazione di un quartiere operaio le cui residenze presentino un costo di affitto il più basso possibile. Compaiono i primi progetti di Strokenbouw (case in linea) e Hoogbouw (case alte) per la classe operaia. L’isolato si apre sui lati corti (i blocchi ad U di van der Broek nel de Endracht di Rotterdam, le stecche parallele della proposta di concorso di van Tijen, Merkelbach, Rietveld e Staal o del Landlust di Merkelbach); van Tijen dimostra la fattibilità economica della casa alta per gli operai con la realizzazione a Rotterdam del Bergpolder (1933- 34), 9 piani a ballatoio con struttura in acciaio, perfezionato poi al Kralingse Plaslaan (1938) in cemento armato. Precedentemente, ad Amsterdam Zuid, era stato costruito il grattacielo di Staal.

Il vero campo di applicazione delle teorie e delle sperimentazioni degli anni Trenta sarà la ricostruzione di Rotterdam. Nella notte tra il 9 e il 10 maggio del 1940 la città e il suo porto vengono brutalmente bombardati dall’aviazione nazista. Soprattutto scompare il centro storico e, caso raro in Europa, si decide di non ricostruire com’era e dov’era: una città dinamica e moderna, che ruota intorno al più importante porto del continente, decide di sperimentare nuove forme urbane d’avanguardia.

È per questo che Rotterdam appare così strana e diversa, così poco europea, all’occhio del visitatore.

Ad un anno di distanza dal bombardamento, van Tijen, Brinkman, van der Broek e Maaskant pubblicano una proposta collettiva per la

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ricostruzione della città33, un vero e proprio manifesto, in cui un‘attenta analisi della realtà socio-economica si mescola ad un’appassionata difesa ed esaltazione dell’urbanesimo e, soprattutto, ad una serie di proposte sulla casa nella città nuova.

Contemporaneamente venivano elaborati, all’interno della Commissione Bos34 – e sulla rivista Opbouw, che insieme alla sua omologa De 8 con sede ad Amsterdam costituiva il braccio olandese del CIAM – i concetti di neighbourhood (“unità di vicinato”) e di cluster (“grappolo”, “gruppo”), unità residenziali di base che dovevano garantire identità alla vita sociale della città nuova.

33 W. van Tijen, H. J. Maaskant, J. A. Brinkman, J. H. van den Broek, “Woonmogelijkheden in het Nieuwe Rotterdam, Rotterdam 1941”, in AA. VV., (a cura di.), Olanda 1870-1940….

cit., p.168.

34 un gruppo di lavoro multidisciplinare guidato dal direttore del Dipartimento Municipale per la Casa, A.Bos.

planimetria del progetto di Pendrecht

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La prima applicazione pratica fu la realizzazione di Pendrecht (1949- 60), complesso residenziale per 20.000 abitanti a sud-ovest di Rotterdam, guidato dall’architetto Lotte Stam-Beese, la cui pianificazione e realizzazione furono progressivamente presentati nei vari CIAM.

evoluzione degli studi distributivi a livello urbano

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Intorno ad una grande piazza centrale con le attività commerciali e i servizi, si organizzano 4 neighbourhoods, ognuno composto da 8 clusters, caratterizzati da un mix di tipologie residenziali (stecche residenziali di 3 o 4 piani, case a schiera ad uno o due livelli, con alloggi di vario taglio destinati a diverse categorie sociali e di età) organizzate intorno ad uno spazio verde.

Pendrecht diventò un modello molto pubblicizzato di una nuova società e di un nuovo stile di vita, anche se alcuni principi programmatici, come l’apertura e la trasparenza delle abitazioni, vennero disattesi dagli stessi abitanti.

Il concetto di cluster, di intima unità identitaria di base della vita sociale urbana, sopravvive e si è sviluppato anche nella contemporaneità come uno dei lasciti più fecondi dell’urbanistica razionalista.

Quando si parla della ricostruzione di Rotterdam, si pensa però soprattutto al Lijnbaan (1951-53), il nuovo centro della città, con il quale Bakema e van der Broek praticamente inventano il centro commerciale

foto d’epoca del quartiere Pendrecht

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moderno, con edifici bassi che ospitano i negozi che si affacciano su un’asse centrale interamente pedonalizzato. Immediatamente dietro la strada commerciale si elevano i piccoli clusters dei Lijnbaan Flats, combinazione di edifici residenziali alti e bassi costruiti intorno ad una corte centrale semi aperta.

Inutile sottolineare l’enorme influenza di questo intervento sulle strade commerciali di tutto il mondo, anche il Lijnbaan, come quasi tutte le architetture degli anni Cinquanta e Sessanta, si è dovuto più volte difendere da continui attacchi e minacce di demolizione o riconversione.

Il destino di tanta architettura di quegli anni, spesso sicuramente obsoleta, “spenta e senza colore” nella sua standardizzazione, oggetto a partire dagli anni Ottanta di numerosissimi interventi di demolizione, riconversione e restyling.

«Se gli anni tra le due guerre sono il periodo eroico dell’architettura moderna, allora gli anni ’50 e ’60 sono l’età degli anti-eroi. […] La non- spettacolarità è una caratteristica di un certo tipo di architettura degli anni ’50 e ’60. La sua forza e il suo fascino risiedono proprio nell’umiltà, nel non pretendere di essere una grande architettura. Sfortunatamente è questa stessa qualità che la rende così impopolare»35

2.7 Critica al movimento moderno

Settembre 1959 è un mese cruciale nella storia dell’architettura olandese. A Otterlo viene “celebrato” l’undicesimo e ultimo CIAM:

nell’impossibilità di trovare una linea comune, su iniziativa di alcuni

35 H. Ibelings, “Anti-heroes.Modern architecture of the 1950th and 60th”, in R. Brouwers, (a cura di), Architectuur in Nederland. Jaarboek 1993-94, Rotterdam 1994, p. 57.

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membri, riuniti nel Team X36, si decide di chiudere l’esperienza dei Congrès Internationaux d’Architecture Moderne.

Contemporaneamente, Van Eyck e Bakema, tra i più influenti esponenti del Team X, assumono la direzione della rivista Forum, organo dell’associazione Architectura et Amicitia. Si fa strada una differente interpretazione, teorica ed operativa, del Movimento Moderno e dell’architettura contemporanea, che mette in discussione i dogmi del CIAM. La rivista sarà per tutti gli anni Sessanta e Settanta, letteralmente, un forum di discussione aperto a molteplici idee, con un approccio multidisciplinare ed “umanista” ai problemi della città, della casa, dello spazio della vita. Sotto la guida carismatica di van Eyck, che contemporaneamente influenza enormemente diverse generazioni di architetti prima alla Scuola di Architettura di Amsterdam, poi al Politecnico di Delft, la rivista ospita antropologi, sociologi, psicologi, etnologi, linguisti, filosofi. E proprio dalla linguistica e dall’antropologia verrà preso dalla critica, forse con non molta pertinenza, il termine che definisce il movimento: Strutturalismo.

Il critico Hans van Dijk da una definizione, dichiaratamente limitativa, dello strutturalismo come «l’alleanza di una visione della vita tardo- umanista, ispirata da osservazioni etnologiche, con un principio organizzativo dell’architettura in cui l’ambiente costruito viene articolato in maniera tale da essere ad una scala comprensibile ed accessibile per chi lo vive»3738. Al Positivismo e all’astratto razionalismo che hanno fatto

36 I membri del Team X - 10 come il numero degli aderenti e come il CIAM n.10 che li ha visti nascere - furono J. B. Bakema, A. van Eyck, G. Candilis, S. Woods, A. P. Smithson, J. Voelcker, J. Soltan, G. Grung, R. Erskine, J. M. Coderch.

37 H. Van Dijk, “The demise of structuralism”, in R. Brouwers, (a cura di), Architectuur in Nederland…. cit., p. 7.

38J. Buch, “A curious decade”, in Brouwers, R. (a cura di), Architectuur in Nederland….

cit., pp. 6-14.

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degenerare il movimento moderno nella burocrazia e nella tecnocrazia, van Eyck contrappone il relativismo come principale acquisizione culturale del XX secolo, e quindi rinnovata attenzione all’individuo ed enfasi per la partecipazione alla costruzione dello spazio. Il metodo progettuale di van Eyck consiste nel configurare una “gerarchia di strutture” da sovrapporre e mettere in armonia alle diverse scale;

all’interno di questo ordine è prevista la possibilità di assorbire l’alterazione determinata dal libero intervento dell’abitante, che deve sentirsi “a casa” ovunque. Lo slogan, di enorme successo, che racchiude il pensiero di van Eyck è “elk huis is een kleine stad en elke stad een groot huis”39.

Il riferimento storico, spaziale e sociale, viene trovato nella casbah, nella labirintica, intima, animata struttura a crescita cellulare della città araba.

E Kasbah si chiamerà l’intervento sperimentale che Piet Blom realizza ad Hengelo (1969-73). Il concetto chiave dello Strutturalismo è però la

“progettazione partecipata”, suscettibile di diverse interpretazioni, da cui derivano tutti gli altri elementi-base. Aldo van Eyck lo interpreta metaforicamente come apprezzamento e soddisfazione dell’utente, condizione basilare per fare una buona architettura ed unico metro di giudizio della stessa. Herman Hertzberger, che entra giovanissimo nella redazione di Forum ed oggi è praticamente l’unico sopravvissuto dei maestri del movimento, stimola l’appropriazione personale degli spazi da parte dell’utente, suggerendone soltanto, con minimi accorgimenti, i loro possibili usi; e sono questi spazi ambigui su cui si concentra il massimo sforzo progettuale, lo spazio di soglia, che segna il passaggio tra interno ed esterno, tra pubblico e privato, lo spazio “tra” gli ambienti, che acquisisce la ricchezza e la vivacità della strada. John Habraken prevede che l’architetto predisponga semplicemente una struttura

39 ogni casa è una piccola città e ogni città una grande casa.

foto delle diagoon house a delft

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standardizzata, che l’utente può riempire e concludere a piacimento scegliendo tra una gamma di possibili infill.

Gli architetti di Forum, pur essendosi occupati soprattutto di residenza e città, non hanno realizzato molti complessi residenziali. Probabilmente la rigida e perfetta macchina organizzativa messa a punto dal sistema olandese di edilizia residenziale diffidava di personaggi così avanguardisti. Negli anni Sessanta e Settanta sono stati costruiti quasi esclusivamente interventi sperimentali, in cui più facilmente potevano svilupparsi i virtuosismi geometrici di Piet Blom, nella Kasbah di Hengelo o nei cubi ruotati che poi sarebbero diventati uno dei simboli di Rotterdam (Pole Dwellings 1982-84), o trovare realizzazione le molteplici combinazioni spaziali di Hertzberger, case Diagoon di Delft (1969), e di van der Werf, nelle Lunetten Housing a Utrecht, (1971-82).

assonometria delle case diagoon in Delft

foto delle polo house a Rotterdam

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È paradossalmente negli anni Ottanta e Novanta, proprio quando lo strutturalismo conclude la sua parabola, che i singoli architetti hanno le commissioni più importanti: Hertzberger, dopo aver realizzato alcuni grossi interventi in Germania, riceve consistenti incarichi di quartieri residenziali ed edifici governativi; Theo Bosch, prima di scomparire prematuramente, realizza nel 1989 a Deventer con il Sijzenbaan, uno dei più interessanti interventi residenziali degli ultimi decenni, così

studi tipologici delle diagoon house

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perfettamente pensato alle diverse scale: da quella più grande dell’integrazione con la città, a quella intermedia delle corti e dei percorsi pubblici e privati, a quella più piccola dell’alloggio e del suo rapporto col verde o con la città mediato dalle serre e logge.

2.8 Rotterdam post-moderna

Quale città portuale europea, alla stregua di Amburgo, Copenhagen o Genova, Rotterdam per rimanere competitiva ha dovuto spostare il suo porto in aree più esterne e funzionali, trasformando la sua struttura urbana. Il nuovo Europoort, assecondando la tendenza in atto da decenni, ha occupato l’intera area tra la città e il mare, sviluppandosi per una superficie di gran lunga superiore a quella urbana. Tutto ciò ha liberato le grandi aree portuali interne, un arcipelago di isole, penisole, moli e banchine su entrambe le rive del Maas, una volta occupate da enormi strutture industriali, servizi e magazzini, dove merci e persone arrivavano e partivano da e per ogni parte del mondo. In particolare si libera l’intera riva sud del fiume, il Kop van Zuid (la Punta del Sud), testata densissima di infrastrutture al servizio del porto, dell’intera Rotterdam Sud.

Una città come Rotterdam, che già alla fine della guerra aveva dovuto re-inventare la propria immagine a causa del drammatico bombardamento nazista, non ha avuto inibizioni a ripensare se stessa.

Nel dopoguerra si volle rifiutare la logica del ricostruire il centro storico com’era e dov’era. Così, di nuovo, nella riconversione del proprio porto, non si è guardato alla tradizione locale e continentale, ma più alle realtà oltreoceano con una interpretazione europea della città americana, o meglio, se guardiamo soprattutto al Wilhelminapier40, della città simbolo

40 Da notare che in qualsiasi centro urbano dei Paesi Bassi troveremo una piazza, un viale, un parco o, come in questo caso, un molo, dedicato alla Regina Guglielmina (Wilhelmina in olandese), eroina della II guerra mondiale, da cui deriva il nome di Wilhelminapier.

vista aerea del Wilhelminapier

Vista aerea del Mullerpier

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della modernità, New York. Dando un’occhiata alle date viene spontaneo ricordare che nel 1978 Rem Koolhaas, pubblica Delirious New York,41 uno dei più influenti saggi degli ultimi trent’anni. Nel 1982, viene lanciata una consultazione internazionale per redigere il masterplan di Kop van Zuid, e vince Teun Koolhaas, cugino di Rem, con un piano che prevede, per le aree centrali del Wilhelminapier e del Zuidkade, una selva di grattacieli, direzionali e residenziali, insieme a varie attività ricreative ospitate in edifici nuovi o preesistenti riconvertiti, una Manhattan sulle rive del Maas.

Nel frattempo, nel 1979, era già iniziata la colonizzazione residenziale delle aree portuali, con il gigantesco intervento di edilizia sociale de Peperklip di Carel Weeber. Nelle aree di Kop van Zuid circostanti le zone centrali più rappresentative, oggetto del piano di T. Koolhaas, si procederà negli anni per macroblocchi indipendenti, isole residenziali identitarie e scarsamente relazionate, affidate alla progettazione o alla supervisione di un singolo architetto. Nelle due penisole che verranno riurbanizzate sulla riva nord, Mullerpier e Lloydkwartier, il modello sarà di nuovo quello di Koolhaas, con un masterplan che prevede un’altissima densità con numerose torri intervallate da edifici più bassi, ricercando un mix funzionale a maggioranza residenziale nel Mullerpier, di uffici e servizi nel Lloydkwartier. A suggellare la restituzione delle sponde del fiume alla città e alla residenza, e la rimarginazione in corso della frattura tra il Nord e il Sud di Rotterdam, un nuovo landmark, una grande infrastruttura dedicata al cittadino più illustre della città, destinata a diventare nel giro di pochissimi anni il simbolo della nuova Rotterdam, l’Erasmusbrug, il Ponte di Erasmo.

41 R. Koolhaas, Delirious New York, a retro-active Manifesto for Manhattan, New York- London 1978, trad. it. Delirious New York: un manifesto retroattivo, a cura di M. Biraghi, Milano 2001 (201310).

Vista aerea del Mullerpier con volumi di progetto della rifunzionalizzazione

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Come per il distretto portuale orientale di Amsterdam, la riconversione del porto di Rotterdam è andata avanti per fasi e settori, ognuno dei quali ha richiesto un differente progetto urbano-architettonico, in sinergia tra pubblico e privato. L’Erasmusbrug, progettato da Van Berkel e terminato nel 1996, proseguendo uno degli assi stradali del centro di Rotterdam, struttura uno dei principali collegamenti nord-sud della città. Pensato fin dall’inizio come segno urbano all’interno di un masterplan, viene enfatizzato dagli edifici che ne costituiscono le testate: giungendo da nord, si notano dapprima le torri gemelle residenziali di Wiel Arets; scesi sulla riva sud, il Kop van Zuid si sviluppa ad ovest con la Toren op Zuid, progettata da Renzo Piano, e poi, in posizione più avanzata, con il revival costruttivista del nuovo teatro Luxor (Bolles & Wilson architetti).

Questi due edifici costituiscono le porte di ingresso del Wilhelminapier.

Qui avanza faticosamente l’ambizioso piano che cambierà lo skyline cittadino: due fasce di grattacieli lungo le banchine a proteggere una striscia bassa centrale di vecchi edifici portuali riconvertiti ad attività culturali e ricreative, che si conclude con il lussuoso Hotel New York, ove un tempo c’era il quartiere generale della compagnia Holland America.

Ad inquadrare l’hotel, arretrate, due torri che concludono le fasce laterali di grattacieli: il World Port Center, direzionale, progettato da Norman Foster, e il Montevideo, residenziale, progettato da Mecanoo.

L’Erasmusbrug arriva sulla riva sud tangenzialmente alla Wilhelminaplein, la piazza triangolare che si affaccia sull’acqua e costituisce la testata della Zuidkade (la Banchina Sud), su cui insistono imponenti edifici direzionali e i servizi scolastici per l’intero quartiere; è qui, inoltre, che riemerge la ferrovia dopo aver attraversato in tunnel il fiume. Il primo intervento residenziale sulla ex-area portuale, è il monumentale edificio di Carel Weeber, completato nel 1982. Un filo ininterrotto di cellule prefabbricate di colori diversi si snoda e si riavvolge

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a delimitare un parco urbano interno: de Peperklip, la “graffetta da disegno”, con i suoi 545 alloggi, forma un quartiere a sé.

foto panoramica del volume di Carel Weeber

Una grande piazza, su cui affacciano a sud i due semi-cilindri che costituiscono il terminale nord del Peperklip, introduce a nord all’Entrepot (“magazzino”). Tagliato diagonalmente dal bacino d’acqua del porto turistico dell’Entrepothaven, presenta una serie di differenti isolati di forma triangolare o trapezoidale, con diverse tipologie residenziali e servizi commerciali per lo Yacht Club.

Il bacino portuale del Binnenhaven divide Entrepot e Peperklip dagli interventi residenziali più recenti, de Landtong e Stadstuinen.

De Landtong (la “lingua di terra”, 1991-98) costituisce l’insieme di riflessioni tipologiche e della produzione residenziale di Fritz van Dongen di de Architecten Cie. Un edificio – o meglio un’insieme di edifici dal carattere unitario – che si confronta apertamente con l’idea stessa di città e della sua rappresentazione: «il progetto – un insediamento residenziale di 625 unità – consente una profusione di diverse tipologie di case e appartamenti, nuovi sistemi di ingresso e la sperimentazione di nuove tipologie edilizie e spazi aperti. Sono stati disegnati 150 tipi di case che comprendono l’intera stratificazione sociale della città: dalla

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casa monofamiliare all’attico, dall’edilizia sovvenzionata alle abitazioni in proprietà»42.

Stretto tra il Binnenhaven e lo Spoorweghaven, il complesso occupa un’intera penisola.

42 F. van Dongen, Kop van Zuid: la città nella città, in Lotus n. 132, 2008, pp. 46-47.

pianta del pian terreno del de Landtong

vista aerea del de Landtong

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Strategie sostenibili per la valorizzazione del patrimonio edilizio, paesaggistico e culturale nelle aree interne”, svoltasi presso l’Università degli Studi di Salerno nei giorni 19