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IPOTESI DI RECUPERO PER LA EX MONTECATINI DI CASTELFIORENTINO

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Academic year: 2021

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DESTeC - CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA A.A. 2016/2017

TESI DI LAUREA

DALL’ ABBANDONO ALLA RINASCITA URBANA:

IPOTESI DI RECUPERO PER LA EX MONTECATINI DI CASTELFIORENTINO

Relatori

Prof. Arch. Luisa Santini Prof. D. Caterina Calvani

Candidata Silvia Ancilotti

(2)

e alla famiglia che mi sono scelta.

(3)

INTRODUZIONE...11

1 ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE: UN PATRIMONIO DA DIFENDERE...13

1.1 GENESI DELL’ INVOLUCRO-FABBRICA DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE AI GIORNI NOSTRI...15

1.1.1 Le origini dell’industria...15

1.1.2 Il problema della vivibilità e della forma...16

1.1.3 La fabbrica nell’età moderna...17

1.1.4 Le nuove sfi de dell’industria moderna...20

1.2 L’ AREA INDUSTRIALE DISMESSA: UN PENDOLO CHE OSCILLA TRA OPPORTUNITÀ E MINACCE...22

1.2.1 La nascita della problematica...22

1.2.2 Il potenziale nascosto...23

1.3 QUANDO IL RECUPERO FUNZIONA: DA STABILIMENTI ABBANDONATI A POLI URBANI E SOCIALI...24

1.3.1 I progetti pionieri...24

1.3.2 Alcuni esempi in Italia...26

1.4 LA NATURA COME ELEMENTO AL CENTRO DELLA NUOVA RINASCITA...30

1.4.1 Diversità storico-geografi che delle aree a verde...30

1.4.2 La tematica green nell’archeologia industriale...31

1.4.3 Il nord Europa, regione all’avanguardia...32

2 IL TERRITORIO E LA SUA STORIA...35

2.1 LA VALDELSA, TERRA RICCA DI CONNESSIONI STRATEGICHE E DI TESTIMONIANZE STORICHE...37

INDICE

(4)

2.1.1 Una realtà attraente nel cuore della Regione...37

2.1.2 Lo sviluppo della valle nei secoli...39

2.2 CASTELFIORENTINO, UN PAESE A METÀ NEL CUORE DELLA TOSCANA...42

2.2.1 Castrum Florentinum: le origini...42

2.2.2 Il ruolo della ferrovia nello sviluppo industriale...44

2.2.3 La cittadina oggi...45

3 L’ ODIERNA REALTÀ DEL CONTESTO URBANO...47

3.1 L’ UNIONE DEI COMUNI ED IL CIRCONDARIO EMPOLESE-VALDELSA: I NUMERI...49

3.1.1 Undici amministrazioni racchiuse in un solo ente...49

3.1.2 Le realtà demografi che del comprensorio...49

3.2 CASTELFIORENTINO, L’ ANALISI STATISTICA...54

3.2.1 Gli abitanti e le famiglie...54

3.2.2 Il livello di occupazione nel Comune...60

3.2.3 Gli sviluppi futuri...63

4 L’ EVOLUZIONE DEL COMPLESSO...67

4.1 LA MONTECATINI EDISON, UN FENOMENO UNICO NEL PANORAMA INDUSTRIALE ITALIANO...69

4.1.1 La nascita del gruppo...69

4.1.2 La scalata ai vertici dell’industria chimica...70

4.1.3 Il dopo-Donegani e l’unione con la Edison...72

4.1.4 Le vicende degli ultimi cinquant’anni...73

4.2 UN FABBRICATO EFFICIENTE PER LE NUOVE ESIGENZE PRODUTTIVE: IL MAGAZZINO PARABOLOIDE...76

(5)

4.2.1 La necessità di una forma funzionale...76

4.2.2 Il fenomeno in Italia ed all’estero...79

4.2.3 Un progettista d’eccezione...82

4.3 LA EX MONTECATINI DI CASTELFIORENTINO (FI), DA IMPORTANTE RISORSA A RILEVANTE CRITICITÀ....83

4.3.1 La Valdelsa, terra di confl uenze strategiche...83

4.3.2 La nascita del complesso e la sua evoluzione...85

5 LE DIRETTIVE DEL QUADRO NORMATIVO...109

5.1 L’ ANALISI DELL’ AREA A LIVELLO REGIONALE, PROVINCIALE E COMUNALE...111

5.1.1 Le prescrizioni di PIT e PTCP...111

5.1.2 Le disposizioni del Regolamento Urbanistico...118

5.2 GLI INDIRIZZI DELINEATI DALLE PRECEDENTI PROPOSTE PROGETTUALI E DALL’ AMMINISTRAZIONE..133

5.2.1 L’area come potenziale volano per il paese...133

5.2.2 Il problema dell’ecosostenibilità...135

6 INDAGINI E STRATEGIE PER UN RISULTATO FUNZIONALE...139

6.1 IL CITTADINO, ELEMENTO AL CENTRO DELLA PIANIFICAZIONE STRATEGICA...141

6.1.1 Il quartiere della ex Montecatini oggi...141

6.1.2 L’opportunità di dar voce ai residenti...143

6.2 VERSO L’ ADOZIONE DI SOLUZIONI MIRATE ALLA VALORIZZAZIONE DEL COMPLESSO...154

6.2.1 Potenzialità, criticità ed obiettivi...154

6.2.2 La sintesi ed i principi guida...165

7 DA RUDERE A NUOVA VITA: LA PROPOSTA DI RIQUALIFICAZIONE...169

(6)

7.1 IL PROGETTO A SCALA URBANISTICA...171

7.1.1 La distribuzione delle nuove funzioni...171

7.1.2 Le aree pedonali...172

7.1.3 Il nuovo verde urbano...175

7.1.4 La rete sostenibile...176

7.2 IL PROGETTO A SCALA ARCHITETTONICA...182

7.2.1 Le nuove destinazioni degli stabili recuperati...182

7.2.2 Gli edifi ci lungo la ferrovia...183

7.2.3 L’edifi cio centrale...184

7.2.4 L’ex palazzina dei vigili urbani e la cabina Enel...185

CONCLUSIONI...193

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA...195

RINGRAZIAMENTI...201

(7)

Durante questi anni trascorsi studiando all’università e facendo la pendolare da Castelfi orentino, il paese in cui sono cresciuta e dove vivo attualmente, ogni mattina passavo davanti ad un imponente rudere industriale che è appunto il complesso della Ex Montecatini e ripensavo a quanti ricordi mi legavano a quegli spazi, quelle sago- me, quelle ombre. Nonostante il problema che per tanti miei concittadini rappresentava e rappresenta ancora oggi, forse un po’ per nostalgia e un po’ per passione ho sempre sperato di veder rinascere questa fabbrica di- smessa a nuova vita ed ho sempre pensato che potesse diventare un punto di forza per la comunità, apportan- do nuovi servizi e diventando uno spazio urbano d’avan- guardia dove poter abitare, lavorare, vivere.

E’ innegabile che ci siano evidenti diffi coltà affi nché, almeno a breve termine, questo proposito diventi real- tà dati gli elevati costi che qualsiasi tipo di intervento comporterebbe e vista la grandezza dello stabilimento;

tutto questo però non mi ha impedito di fantasticare e

di spingermi a voler proporre la mia idea riguardo una futura ed ipotetica riqualifi cazione del sito.

L’obiettivo che vorrei raggiungere attraverso la scelta di questo tema è quello di restituire al paese un luogo dove poter condividere con gli altri la propria vita, che possa essere preso come punto di riferimento per Ca- stelfi orentino e che possa sostituire nei ricordi delle persone lo spettro della struttura attualmente visibile.

Contemporaneamente al lavoro svolto per ottenere la riappropriazione di questo spazio ho cercato di allar- gare gli orizzonti e di trovare delle soluzioni anche per una problematica urbanistica a più ampio raggio che da sempre caratterizza la zona, e cioè la netta divisione dell’abitato dovuta alla presenza del fi ume Elsa; con lo sviluppo di questo studio ho voluto evidenziare ancora una volta la presenza di un manufatto architettonico di notevole interesse nel nostro territorio, troppo spesso ignorato e trascurato a causa delle condizioni in cui ver- sa, sperando in un prossimo e funzionale recupero.

PREMESSA

(8)

Il tema affrontato in questo lavoro di tesi si basa su una problematica attuale e diffusa in molti centri abitati, sia italiani che stranieri, e cioè quella della riconversione di aree destinate in origine a stabilimenti industriali e suc- cessivamente, a causa di fallimenti e/o trasferimenti di sede, abbandonate al degrado e all’incuria.

Questi spazi sono quasi sempre accomunati da una ri- levanza e centralità nella vita del cittadino descrivibile a livello temporale come una parabola discendente: un tempo costituivano dei poli attrattivi in quanto sinonimi nell’immaginario collettivo di produttività, prosperità e benessere economico, mentre al giorno d’oggi risultano essere dei veri e propri punti deboli della morfologia urbana e rappresentano nella migliore delle ipotesi sol- tanto dei vecchi scheletri di epoche passate e nulla più;

molto spesso le suddette zone si ritrovano persino ad essere porzioni di territorio dove dilaga la mediocrità, la distruzione, la criminalità e diventano quindi delle im- portanti criticità non solo a livello edilizio ed urbanisti-

co ma anche per quanto riguarda la sfera sociale.

In ques’opera, come vedremo successivamente, l’anda- mento parabolico calza a pennello non solo per descri- vere il decorso cronologico del complesso ma anche per costituire un riferimento stilistico architettonico: il caso in esame riguarda lo stabilimento della ex Montecati- ni-Edison di Castelfi orentino (FI), costituito da un’ampia porzione di terreno su cui sorgono numerosi fabbricati appartenenti un tempo a questo gigante dell’industria chimica ed oggi totalmente abbandonati a sé stessi.

L’area presenta notevoli criticità e complessità che ne rendono attualmente poco probabile il recupero; tutta- via, il fascino che emana la particolarità di queste strut- ture costituisce un richiamo ed una sorta di “calamita del pensiero” per gli appassionati locali della materia.

Con questa ipotesi di riqualifi cazione si tenta di trovare una soluzione che risulti valida dal punto di vista urba- nistico e sostenibile in termini di spese, ponendo parti- colare attenzione in merito a funzionalità ed ambiente.

INTRODUZIONE

(9)

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE, UN PATRIMONIO DA DIFENDERE

1

(10)

1.1.1 Le origini dell’industria

Quando si parla di “industria” istintivamente il primo termine che ci sovviene in accostamento ad esso, per assonanze e rimembranze conoscitive, è quello di “rivo- luzione”: difatti questa parola, che viene abbinata non solo al concetto in sé di edifi cio adibito alla produzione in serie ma anche ad un ben più ampio ventaglio di im- magini correlate ad un determinato settore economico e ad uno specifi co stile di vita corrispondente, entra a far parte dell’uso comune alla fi ne del 1700, quando il mondo ed in particolare i Paesi europei si ritrovano a fare i conti con la cosiddetta Rivoluzione Industriale.

Fino ad allora la nozione di fabbrica era pressochè inesi- stente, in quanto gli insediamenti produttivi erano prin- cipalmente costituiti da piccoli edifi ci rurali situati nei campi agricoli e si era quindi ben lontani dalle imponenti costruzioni in laterizio e dall’impiego di numerosa forza lavoro che caratterizzerà gli anni a venire.1

1 R. Raja, Architettura industriale: storia, signifi cato e progetto, Bari, Edizioni Dedalo, 1983, p. 21.

Il cambiamento è principalmente dovuto all’invenzione di macchine, come quella a vapore, che rivoluzionano il modo di concepire il sistema produttivo e portano all’af- fermazione della serialità, non solo dal punto di vista fi sico e materiale ma anche dal punto di vista concet- tuale: persino l’uomo infatti non viene più considerato nella sua individualità ma risulta essere uno fra tanti, in- fi nitesimo anello di una catena costituita da molteplici elementi. Contemporaneamente all’affermarsi di que- sta situazione si sviluppano anche delle nuove correnti di pensiero: esempi ne sono il Marxismo2, movimento nato in reazione all’eccessiva capitalizzazione ottocen- tesca, ma anche il Positivismo3, fi losofi a che al contrario esalta le scoperte scientifi che e le innovazioni da esse introdotte: ci troviamo di fronte quindi, nel bene e nel male, ad un periodo storico caratterizzato da grande

2 Movimento sociale e culturale basato sulle idee di K. H. Marx (1818- 1883) e F. Engels (1820-1895) che analizza il concetto di proprietà capi- talistica e che defi nisce il divario concettuale tra società borghese e forza lavoro come il primo fattore determinante la futura nascita del Comunismo.

3 Corrente di pensiero sviluppata principalmente da A. Comte (1798-1857) e diffusasi soprattutto in Inghilterra alla fi ne del XIX secolo.

1.1 Genesi dell’involucro-fabbrica dalla Rivoluzione Industriale ai giorni nostri

(11)

fermento sia tecnologico che culturale.

Come è ben immaginabile questi ingenti cambiamenti si ripercuotono anche in ambito urbanistico ed architet- tonico; il rapido diffondersi di un crescente numero di fabbriche rivoluziona infatti anche il paesaggio stesso, con la creazione di nuovi quartieri abitati totalmen- te privi di organizzazione spaziale e con la sempre più selvaggia edifi cazione vicino a boschi, fi umi e qualsi- asi altra risorsa naturale che potesse in qualche modo fornire o permettere il trasporto di materie prime. Le conseguenze di più immediata percezione sono quelle legate all’origine della moderna questione ecologica e dell’inquinamento, allo stesso tempo però si comincia anche a porsi il problema dell’uomo come persona do- tata di esigenze in materia di abitazione e ambiente.

1.1.2 Il problema della vivibilità e della forma

Mentre alcune industrie cercano di ovviare al proble- ma dei cosiddetti “slums”4, totalmente privi di organiz- zazione e di una benchè minima parvenza di salubrità,

4 Termine inglese che fa riferimento ai quartieri poveri e alle baraccopoli sviluppatesi in seguito alle trasformazioni urbane causate dalla Rivoluzione Industriale.

FIG. 1.1 Illustrazione raffi gurante i connotati del paesaggio rurale ed urbano prodotto dalla Rivoluzione Industriale. (Fonte ripassofacile.blogspot.it)

FIG. 1.2 Acquarello raffi gurante lo Charbonnage du Grand Hornu (Belgio), un esempio di città-modello per l’industria. (Fonte www.cid-grand-hornu.be)

(12)

orientandosi verso un più razionale modello architet- tonico progettato con lo scopo di avvicinare il più pos- sibile le famiglie operaie al posto di lavoro, cominciano ad emergere dai singoli delle prime proposte formulate per rendere più vivibile l’esistenza umana: è il caso dei teorici delle cosiddette garden cities come Ebenezer Howard5, le cui abitazioni consistevano in «case unifa- miliari o a schiera, anche duplex, immerse nel verde, do- tate dei propri servizi e del proprio giardino, in un pano- rama quasi bucolico che doveva costituire il sogno della maggior parte della borghesia per gli anni avvenire»6. Per quanto riguarda invece l’aspetto puramente for- male e cioè la conformazione architettonica dell’edifi - cio-industria, si può dire che essa va di pari passo con l’evolversi del ruolo che la fabbrica occupa all’interno della società e del settore economico: inizialmente il problema non sussisteva dato che, come già esposto sopra, i primi insediamenti produttivi di massa occu-

5 Urbanista vissuto in Inghilterra, Ebenezer Howard (1850-1928) è un per- sonaggio consolidato nella storia della pianifi cazione paesaggistica proprio perchè rappresenta uno dei primi studiosi che decide di esternare le sue intuizioni riguardanti l’importanza del verde nel contesto antropico.

6 R. Raja, Architettura industriale: storia, signifi cato e progetto, Bari, Edizioni Dedalo, 1983, p. 21.

pavano vecchi granai, fi enili e cascine e quindi l’aspetto esteriore era totalmente affi dato al caso ed alla prati- cità; successivamente la fabbrica acquista sempre più importanza e di conseguenza si comincia ad avvertire l’esigenza primaria di trasmettere anche attraverso l’e- steriorità e la struttura una sensazione di forza, impo- nenza, predominio, il tutto tradotto con richiami a stili architettonici del passato ed in particolare al Medioe- vo.7 Nel Novecento questa tendenza lascia il passo ad un’attenzione più tecnica e meno superfi ciale: si comin- cia a prendere in considerazione non soltanto l’appa- renza dell’involucro esterno ma anche la distribuzione degli spazi interni, in modo da ottenere un ambiente che sia principalmente funzionale per gli addetti ai lavori e in secondo piano esteticamente piacevole.

1.1.3 La fabbrica nell’età moderna

La situazione di cui si è appena parlato pone le basi per la nascita della cosiddetta industria moderna, nata agli inizi del XX secolo e caratterizzata da linearità stilistica

7 R. Raja, Architettura industriale: storia, signifi cato e progetto, Bari, Edizioni Dedalo, 1983, p. 23.

(13)

e razionalità: il laterizio, le ciminiere e le massicce mura lasciano il posto ai nuovi materiali come il cemento ar- mato, l’acciaio, il vetro, alla snellezza e ad una maggiore libertà strutturale. Il progresso tecnologico è sempre più protagonista e le scelte architettoniche compiute dai progettisti sono spesso effettuate in funzione dei nuovi sistemi impiantistici, delle molteplici possibilità riguardanti lo schema strutturale dell’edifi cio e della re- cente introduzione di elementi prefabbricati che garan- tiscono soluzioni più fl essibili di un tempo.

Con l’avvento dei due confl itti mondiali lo scenario si trasforma di nuovo; mentre negli anni Venti e Trenta l’urbanizzazione e lo sviluppo stilistico industriale si conferma in grande espansione soprattutto in America, negli anni Cinquanta l’entità fabbrica deve far fronte ad una situazione post-bellica con tutte le complicazioni del caso; la priorità diventa quindi quella di ricucire sia fi sicamente che concettualmente delle porzioni di terri- torio, cercando comunque di dare spazio ad una propria specifi cità architettonica dotandosi di identità propria.8

8 R. Raja, Architettura industriale: storia, signifi cato e progetto, Bari, Edizioni Dedalo, 1983, pp. 35-36.

FIG. 1.3 La centrale idroelettrica Taccani a Trezzo sull’Adda, esempio di stile eclettico applicato all’industria. (Fonte www.lombardiabeniculturali.it)

FIG. 1.4 La fabbrica Van Nelle a Rotterdam, edifi cio industriale del 1931 ap- partenente al Movimento Moderno. (Fonte www.holland.com)

(14)

FIG. 1.5 Veduta complessiva della fabbrica Fiat-Lingotto a Torino, lo stabilimento adibito alla realizzazione delle automobili completato nel 1922 e noto per presen- tare caratteristiche innovative come ad esempio una pista per veicoli sul tetto. (Fonte fabriziosettime.it)

FIG. 1.6 Il polo Olivetti ad Ivrea, completato verso il 1940, rappresenta un caso interessante di progettazione ideato in Italia: per la prima volta si cerca di realizzare un connubio tra funzionalità industriale e vivibilità, non trascurando le specifi cità del contesto urbano e le innovazioni tecnologiche. (Fonte www.ivreacittaindustriale.it)

(15)

1.1.4 Le nuove sfi de e l’industria 4.0

Negli ultimi anni il settore industriale ha cominciato a dover fare i conti con i problemi causati dall’improprio utilizzo di materie prime e dalla sconsiderata disatten- zione riguardante le tematiche ambientali perpetrate durante i decenni precedenti: a partire dalla seconda metà del Novecento fi no ai giorni nostri sia la progetta- zione che la stessa produzione hanno cercato infatti di far fronte alla questione ecologica, tentando di rispet- tare il più possibile l’ambiente e provando a delineare nuovi scenari green sostenibili per il futuro.

Inutile dire che la tecnologia riveste un ruolo impor- tante e che prossimamente si potenzierà sempre di più;

ultimamente si parla spesso di “industria 4.0”, un nuovo modo di concepire la vita ed il ruolo attivo all’interno della fabbrica: probabilmente tra non molto risulteran- no essere poche le aziende che fattureranno in base all’impiego di forza lavoro umana, mentre si diffonderà a macchia d’olio l’utilizzo in modo pressoché totale di macchine se non addirittura veri e propri robot.

Per quanto riguarda la progettazione a scala architet-

tonica ed urbanistica, si può notare in un certo senso, soprattutto in America, un ritorno alle originarie teorie ottocentesche in chiave attuale: l’azienda viene conce- pita come un continuum tra la routine lavorativa e la di- mensione sociale dell’addetto, per cui essa crea attorno a sè un vero e proprio quartiere-modello a misura del singolo; un esempio ne sono i nuovi poli della Silicon Valley9, noti per l’ottima qualità della vita che viene garantita ai dipendenti attraverso misure pensate per lavorare nel benessere e di conseguenza ottenere risul- tati più profi cui dal punto di vista professionale.

9 La regione californiana dove si trovano le sedi dei più grandi colossi tecnologici odierni, come Google Inc., Facebook, Netfl ix ecc.

FIG. 1.7 La sede di Google a Mountain View, California: l’azienda ha creato attorno a sè una vera e propria città. (Fonte www.tomshw.it)

(16)

FIG. 1.8 Collocazione geografi ca della Silicon Valley. Come emerge dall’immagine ci troviamo negli Stati Uniti, prescisamente in California, nella parte a sud della baia di San Francisco (Fonte expeditieaarde.blogspot.it)

(17)

1.2.1 La nascita della problematica

A causa dei cambiamenti politici, economici e sociali av- venuti durante la seconda metà del Novecento, l’entità industria ha mutato il suo ruolo non solo dal punto di vista tecnologico ma anche dal punto di vista geogra- fi co: dagli anni Sessanta in poi infatti si assiste ad un cambiamento di collocazione degli edifi ci ospitanti i poli produttivi dai quartieri centrali delle città verso le peri- ferie, fatto che contribuisce all’aumento del fenomeno dell’urbanizzazione selvaggia e casuale che ha carat- terizzato questo periodo storico e i cui dannosi effetti sono visibili anche oggi in molte parti del nostro Paese.

Lo spostamento di cui stiamo parlando può essere con- siderato la causa originaria del fenomeno che viene trat- tato in questo testo, e cioè la problematica delle aree di- smesse nel contesto urbano: esse sono principalmente costituite da vecchi stabilimenti caduti in disuso con la decentralizzazione delle aziende e che oggi si ritrovano ad essere dei veri e propri ruderi a stretto contatto con

i quartieri principali degli agglomerati.

Per molto tempo si è cercato di risolvere il problema demolendo le vecchie strutture e ricostruendo nei lotti interessati, operazione che rispecchiava in pieno la ten- denza dell’epoca di edifi care in modo febbrile qualsiasi spazio che potesse darne possibilià; tuttavia questo mo- dus operandi molto spesso non ha dato i frutti sperati, al contrario sono state ricreate delle aree anonime, total- mente prive di identità e qualitativamente peggiorative rispetto alla situazione di origine.

Fortunatamente oggi l’ottica è cambiata, e la concezione moderna ha fatto sì che fosse recepito ed evidenziato il potenziale valore rispetto alle apparenti criticità. Que- sti appezzamenti che sembrano dimenticati dal mondo in realtà nascondono delle valide possibilità di riscoper- ta, rinascita, innovazione, e le autorità competenti sem- brano cominciare a mettersi in moto in previsione di far sì che la luce metafi sica emanata dalla vita sociale torni a splendere dove per decenni ha dominato l’ombra.

1.2 L’area industriale dismessa: un pendolo che oscilla tra opportunità e minacce

(18)

1.2.2 Il potenziale nascosto

Troppo spesso oggi le zone di città dimenticate concen- trano su di sé le negatività di un contesto urbano, non solo concretamente ma anche fi sicamente: esse diven- tano molto spesso dei veri e propri centri di sviluppo per il dilagante degrado e la criminalità, inoltre il cittadino associa a queste aree delle sensazioni di disagio, insicu- rezza, pericolo; i possibili miglioramenti apportabili non sono neppure considerati oppure vengono tralasciati e volutamente ignorati proprio per evitare di affrontare il problema, considerato di enorme portata date le ingenti misure economiche necessarie non solo per l’eventuale riqualifi cazione ma anche per le costosissime opere di bonifi ca quasi sempre necessarie.

Il concetto velatamente presente e che è apparente- mente nascosto dal decadimento di queste porzioni di città fa riferimento al valore mnemonico che esse im- personifi cano: i suddetti stabilimenti abbandonati rap- presentano infatti «i contenitori della storia del lavoro, della conoscenza delle generazioni che ci hanno prece- duto, delle loro specifi che capacità produttive e del loro

rapporto con il territorio»10. Essi possono quindi costi- tuire la cosiddetta “memoria” di un territorio e in quan- to tali andrebbe valorizzata la loro importanza celata sotto anni di polvere e di crolli che li ha resi ormai un peso insostenibile per molte amministrazioni comunali.

Da sottolineare è l’importanza di effettuare un recupe- ro che non sia totalmente decontestualizzato: affi nchè il nuovo sistema funzioni è necessario che i moderni servizi stanziati siano derivati da un’attenta analisi del contesto economico, sociale, urbanistico oppure, scen- dendo ancor più nel dettaglio, si potrebbe effettuare un’indagine diretta che coinvolga la cittadinanza, sicu- ramente conscia di quali siano le principali potenzialità e carenze dell’ambiente in cui vivono.11

Una ex fabbrica abbandonata può darci informazioni riguardo le nostre origini dicendoci da dove veniamo, e con il suo recupero può segnare delle nuove linee ben demarcate indicandoci dove stiamo andando.

10 M. Bergaglio, Osservazioni per una mappatura delle aree industriali dismes- se nell’area metropolitana milanese, in U. Leone (a cura di), Aree dismesse e ver- de urbano: nuovi paesaggi in Italia, Bologna, Patron Editore, 2003, p. 185.

11 F. Miani, Politiche di riqualifi cazione urbana: nuove tendenze e spunti di rifl essione, in U. Leone (a cura di), Aree dismesse e verde urbano: nuovi paesaggi in Italia, Bologna, Patron Editore, 2003, pp. 28-29.

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1.3.1 I progetti pionieri

A differenza dell’Italia, paese ha cominciato ad interes- sarsi sul recupero delle aree dismesse piuttosto tardiva- mente, nel resto d’Europa e negli Stati Uniti il problema è stato affrontato prima, con risultati molto validi: basti pensare ai cosiddetti “waterfront”12, primi esempi di ri- qualifi cazione di ex aree industriali riconvertiti col fi ne di ottimizzare la dimensione urbanistica e collettiva.

Anche in questo caso tra la popolazione e soprattutto tra i potenziali investitori si protraeva da tempo quella dicotomia riguardante la decisione da prendere in meri- to alla tematica, e cioè il dubbio sull’orientarsi verso una conservazione dei caratteri tipici del luogo oppure ver- so la totale distruzione e e quindi una nuova creazione.

Essendo stata l’area portuale il cuore pulsante di questi centri urbani per secoli, nella maggior parte dei casi si è optato per la tutela del patrimonio costituente la me- moria del luogo, seppur versante in pessime condizioni,

12 Termine inglese che indica le aree confi nanti con l’acqua, viene spesso utilizzato quando si parla di porti, litorali, lungomare.

e questa scelta è risultata essere sempre una carta vin- cente: le città interessate da tali progetti hanno subito una notevole trasformazione e da essere considerate aggregati con ingenti criticità sono diventate dei veri e propri fi ori all’occhiello in materia di innovazione e di avanguardia sia architettonica che sociale.

Non solo questi interventi sono riusciti in modo ottima- le a recuperare delle aree decadenti dove ormai da anni non sussisteva più alcun tipo di attività, ma si è arrivati addirittura a farne un motore di propulsione per lo svi- luppo ulteriore dello stesso aggregato urbano come an- che del territorio a più vasta scala: i poli rinnovati hanno cominciato ad attrarre persone non solo dalle vicinan- ze, ma anche da aree più lontane se non addirittura veri e propri turisti provenienti da varie parti del mondo. Si è così venuto a creare un crescente “effetto domino” che ha sconvolto positivamente le realtà meritevoli di aver in qualche modo osato nelle loro scelte.

In particolare si è notato che i recuperi aventi maggior

1.3 Quando il recupero funziona: da stabilimenti abbandonati a poli urbani e sociali

(20)

successo e ritorno economico sono quelli che hanno adi- bito le vecchie strutture a servizi per la cultura (musei, centri polifunzionali ecc.) o per manifestazioni di impor- tanza artistica e/o sociale13: il cittadino investe concet- tualmente sul luogo del passato e lo percepisce come un nuovo faro verso la conoscenza in mezzo a milioni di costruzioni dal nullo signifi cato, votate al consumismo e all’eccessiva stratifi cazione sociale sul territorio.

13 F. Miani, Politiche di riqualifi cazione urbana: nuove tendenze e spunti di rifl essione, in U. Leone (a cura di), Aree dismesse e verde urbano: nuovi paesaggi in Italia, Bologna, Patron Editore, 2003, p. 47.

FIG. 1.10 Il Guggenheim Museum Bilbao di Frank O. Gehry (1997), il cui richia- mo ha inciso fortemente sull’economia locale. (Fonte www.paesi-baschi.it)

FIG. 1.11 La Villa Olimpica di Barcellona, esempio di riqualifi cazione urbana in vista di grandi eventi socio-culturali. (Fonte www.architetturaeviaggi.it) FIG. 1.9 Vista del Fisherman’s Wharf a San Francisco, ex area industriale

dismessa diventata attrazione turistica. (Fonte www.californiabeaches.com)

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1.3.2 Alcuni esempi in Italia

Come già anticipato, il nostro Paese non è stato uno dei primi a porre attenzione alla questione trattata: solo negli ultimi anni le riqualifi cazioni urbanistiche a cari- co delle aree dismesse hanno cominciato a diventare il procedimento di elezione. Ad ogni modo è possibile individuare alcuni esempi signifi cativi che rendono l’i- dea di come sia possibile, attraverso una diligente pro- gettazione rivolta ad ogni settore d’interesse correlato, riportare questi “dinosauri edilizi” del passato a nuova vita e renderli poli sociali moderni.

Ex Federconsorzi a Napoli

Lo stabilimento chimico si trova nella zona industriale di Bagnoli, vicina al mare e alla ferrovia; il complesso risale alla fi ne dell’Ottocento e subisce vari passaggi di proprietà, da sottolineare quello relativo alla Monteca- tini14, fi no al 1990 con il suo defi nitivo abbandono.15

14 Nata alla fi ne dell’Ottocento, la Montecatini rappresenta uno dei più famosi gruppi imprenditoriali del settore chimico in Italia del XX secolo, attivo fi no alla fi ne degli anni Novanta grazie alla fusione dell’azienda con la Edison, società che tuttora opera con fi nalità energetiche.

15 C. Sposito, Sul recupero delle aree industriali dismesse. Tecnologie , materiali, impianti ecosostenibili e innovativi, Rimini, Maggioli Editore, 2012, p. 64.

Il recupero dell’intera area, costituita da molteplici edi- fi ci, si orienta verso la previsione di un polo fi nalizzato all’approfondimento tecnologico, chiamato appunto

“Città della Scienza”, che prevede il mantenimento della quasi totalità delle volumetrie esistenti e l’inserimento di diversi servizi come musei, centri di specializzazione, zone adibite a manifestazioni, locali pubblici. Inoltre il progetto cerca di potenziare la viabilità pedonale e di aumentare la metratura a verde, in modo da ottenere un risultato ottimale non solo dal punto di vista archi- tettonico ma anche in ottica strutturale ed urbanistica.

Altro punto di forza di questo rinnovo è quello dell’at- tenzione nei riguardi dell’ecosostenibilità: ogni det- taglio è studiato per poter gravare il meno possibile sull’ambiente e questo fatto rende la pianifi cazione estremamente funzionale oltre che esteticamente pia- cevole e socialmente utile se non “didattica”.16

A seguito di un incendio divampato nel 2013 una parte dei fabbricati è andata distrutta; la struttura museale è comunque rimasta fruibile al pubblico, ed il rifacimento previsto dovrebbe essere ultimato entro marzo 2018.

16 Ivi, pag. 67.

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FIG. 1.12 Vista d’insieme della Città della Scienza a Napoli, realizzata negli edifi ci dello stabilimento ex Federconsorzi. (Fonte napoli.repubblica.it)

FIG. 1.13 L’interno di uno dei padiglioni della Città della Scienza, ospitanti diversi laboratori ed installazioni multimediali. (Fonte www.focus.it)

Ex Siri a Terni

Questo secondo esempio fa riferimento a un complesso nato come impianto di lavorazione del ferro, poi trasfor- mato in fabbrica adibita alla produzione di materiale di natura chimica: industria che si è sempre distinta nella regione per i propri successi, è rimasta in funzione fi no al 1985 e successivamente a questa data è entrata a far parte della schiera delle aree abbandonate a sé stesse e da riqualifi care, non senza un’attenta analisi locale.

La posizione della ex Siri risulta essere strategica in quanto si trova ad essere adiacente a via Gramsci, una delle strade più importanti di Terni sia a livello infra- strutturale che commerciale; inoltre è presente un’altro elemento non trascurabile, la vicinanza del fi ume Neva, che rappresenta una potenzialità non indifferente in termini di recupero delle fasce fl uviali.

Il progetto realizzato ha visto insediare nei padiglioni esistenti e quasi completamente conservati un centro culturale, delle residenze e dei servizi commerciali e direzionali; oltre a questo, è stata anche in questo caso ottimizzato il sistema dei percorsi ciclo-pedonali e del

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verde sempre con attenzione verso le problematiche ambentali: si è cercato di adottare il più possibile delle misure green-friendly come ad esempio lo sfruttamento della presenza del corso d’acqua per produrre energia elettrica sostenibile e l’uso di materiali ecocompatibili.

A livello architettonico si è cercato di rispettare formal- mente lo stile preesistente in modo da poter conservare e sfruttare nel migliore dei modi le potenzialità di cui il complesso è dotato per quanto riguarda la memoria pe- culiare del contesto.17

17 Ivi, p. 75.

FIG. 1.14 Un padiglione dell’ex Siri a Terni, complesso che in seguito alla ri- qualifi cazione è stato dotato di vasche e di camminamenti. (Fonte mapio.net)

Ex Eridania a Parma

Il terzo caso proposto riguarda la struttura di un ex zuc- cherifi cio realizzato per trasformare le barbabietole in prodotto fi nito, attivo dalla fi ne del XIX secolo e dismes- so verso la fi ne degli anni Settanta.

Il Comune di Parma ha sempre considerato questo sta- bilimento come un valido mezzo fi sico di comunicazione tra il centro urbano e le periferie data la sua posizione mediana rispetto a queste due macro aree e la vicinanza con altri ruderi industriali dal possibile riuso futuro.18 Il recupero del complesso è stato affi dato a Renzo Pia- no19 che ha previsto di insediare in questi spazi un au- dutorium, un centro congressi e una sala conferenze;

il progetto di riqualifi cazione si distingue per l’impiego dei materiali utilizzati, in particolare il vetro che collega visivamente gli ambienti interni con l’esterno, per l’ado- zione di sistemi tecnologici ottimali in ottica di comfort spaziale e per l’impiantistica all’avanguardia.

18 Ivi, p. 83.

19 Renzo Piano, nato a Genova nel 1937, è uno degli architetti italiani di maggior successo; a lui si devono importanti realizzazioni progettuali in tutto il mondo come il Centre Georges Pompidou a Parigi, la riqualifi cazione del porto antico di Genova, l’Auditorium Parco della Musica a Roma. Nel 2013 è stato diventato senatore a vita della Repubblica Italiana.

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FIG. 1.15 Il complesso dell’ex Eridania a Parma, oggi adibito a destinazioni a tema culturale, in una visione d’insieme. (Fonte www.parmareport.it)

FIG. 1.16 Vista degli interni dell’auditorium Niccolò Paganini all’interno del complesso ex Eridania. (Fonte www.cristianocremonini.com)

FIG. 1.17 Il logo dell’AUDIS (Associazione delle Aree Urbane Dismesse), ente attivo in ambito di rigenerazione urbana. (Fonte www.audis.it)

Oltre ai casi descritti, l’elenco di esempi a cui si può far riferimento si sta sempre più allungando col passare de- gli anni, a testimonianza che fortunatamente qualcosa si è mosso a riguardo dell’importante problematica ur- banistica del recupero delle aree dismesse.

In Italia a partire dal 1995 è presente l’AUDIS (Associa- zione delle Aree Urbane Dismesse), ente che si occupa di questo tema e che cerca in modo concreto di sensibi- lizzare a tal riguardo le amministrazioni. 20

20 D. Alessandrini, Riciclicittà. Riuso delle aree dismesse e cultura del costruire, Roma, Palombi Editori, 2008, p. 52.

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1.4 La natura come elemento al centro della nuova rinascita

cui si è continuamente cercato di far prevalere l’aspetto razionale nella loro previsione e disegno. Il famoso “giar- dino all’italiana” (o “formale”) si qualifi ca come un esem- pio di tale modus operandi21: le piante vengono accura- tamente selezionate nella forma e nel colore e vengono utilizzate per comporre aiuole e fi gure geometriche precise insieme ad altri elementi come statue, fontane e giochi d’acqua; in questo caso si determina quindi una spiccata volontà di far prevalere il controllo dell’uomo sulle leggi incontaminate del paesaggio naturale.

Negli ultimi anni qualcosa si è mosso nel nostro Paese:

in seguito alla presa di coscienza riguardante la neces- saria attenzione verso le problematiche ambientali, si sta familiarizzando con i modelli europei e si ricerca la valorizzazione degli elementi naturali come l’acqua e il verde allo stato ordinario anche in merito al possibile utilizzo in ambito impiantistico delle loro caratteristi- che di rinnovabilità e sostenibilità .

21 C. Pirovano, Aree dismesse e verde: sinergie e realizzazioni. Il caso milanese, in U. Leone (a cura di), Aree dismesse e verde urbano: nuovi paesaggi in Italia, Bologna, Patron Editore, 2003, pp. 149-150.

1.4.1 Diversità storico-geografi che delle aree a verde Fin dall’antichità il rapporto che le popolazioni hanno instaurato con quelle porzioni di territorio caratteriz- zate dall’assenza di edifi cazioni e quindi destinate ad accogliere vegetazione e alberature si è reso peculiare in base all’area geografi ca specifi ca e alle tradizioni del luogo: in ogni regione è facilmente constatabile come queste aree si relazionino con il contesto urbano e so- ciale in modo differente tra loro.

In Europa ad esempio assistiamo a una diversifi cazione riguardante il modo in cui l’espandersi incontaminato della natura viene percepito: nei Paesi nordici la conce- zione è diametralmente opposta rispetto al meridione.

Basti pensare all’Inghilterra o alla Svezia, dove si esten- dono a perdita d’occhio grandi prati e numerosi boschi persino nel contesto cittadino testimoniandone la paci- fi ca convivenza con le edifi cazioni antropiche; in Italia al contrario il diffondersi incontrollato di piante e arbusti è sempre stato avvertito come una minaccia, motivo per

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1.4.2 La tematica green nell’archeologia industriale Nel caso del tema delle aree industriali dismesse a que- ste considerazioni vengono assommate altre proble- matiche, in particolare quelle riguardanti le questioni dell’inquinamento perpetrato durante gli anni di produ- zione che nella maggior parte dei casi ha reso il terreno su cui sorgono gli stabili contaminato ed insidioso.

La bonifi ca quindi diventa una conditio sine qua non in previsione di una prossima riqualifi cazione di questa ti- pologia, non solo per rendere sicuro l’insediamento ma anche per conferire a livello ideologico una certa valen- za al progetto di tipo istruttivo e morale22: attraverso il recupero dei lotti inquinati ed il consono utilizzo delle risorse naturali si ha infatti la possibilità di sensibilizza- re le persone (in particolare le nuove generazioni) alle suddette tematiche costituenti un importante faro ver- so un futuro “pulito” e sostenibile. Le previsioni messe a punto prevedono quindi di collocare concettualmente i complessi delle ex fabbriche in una posizione antitetica rispetto a quella originaria: se prima gli appezzamenti interessati erano caratterizzati dalla presenza di edifi ci

22 Ivi, pp. 152-154.

atti allo scopo primario di produrre disinteressandosi di eventuali argomentazioni contrarie, adesso essi si elevano a quartieri modello in cui l’ecosostenibilità è il principale obiettivo da raggiungere.

La valorizzazione delle aree verdi adiacenti ai suddet- ti stabili costituisce inoltre un’ulteriore possibilità di sottolineare la valenza storico-culturale del luogo23: ad esempio la progettazione di un parco a tema archeolo- gico-industriale, soluzione adottata oltralpe, realizza un connubio perfetto tra storia, memoria ed ambiente.

23 Ivi, p. 148.

FIG. 1.18 Un esempio di giardino formale, la tipologia stilistica di sistema- zione del verde nata nel nostro Paese nel ’500. (Fonte www.giardinaggio.it)

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Come molte delle industrie coinvolte nel piano, si ha a che fare con uno stabilimento metallurgico e minera- rio rimasto attivo fi no al 1985 la cui attività perpetrata negli anni ha creato non poche problematiche a livello ambientale: uno dei punti imprescindibili della nuova previsione è quindi quello della bonifi ca, seguito dalla possibilità di incentivare l’utilizzo di energie rinnovabili e di risparmiare sulle future realizzazioni.26

Con il progetto di riqualifi cazione si è potuto dare spa- zio ad un centro culturale e ad un museo all’interno dei vecchi fabbricati, ma soprattutto è stato progettato un parco extraurbano che è riuscito con pochi e mirati in- terventi a restituire una propria identità ad una vasta porzione di territorio che da anni risultava essere sino- nimo di degrado, abbandono e inquinamento.

Il verde in questo caso riesce a sottolineare l’importan- za delle origini del luogo ma allo stesso tempo si costi- tuisce come una soluzione innovativa per molte delle strutture già presenti, che vengono spesso reinterpre- tate in chiave sportiva o relativa al tempo libero; inoltre

26 C. Sposito, Sul recupero delle aree industriali dismesse. Tecnologie , materiali, impianti ecosostenibili e innovativi, Rimini, Maggioli Editore, 2012, pp. 137- 139.

1.4.3 Il nord Europa, regione all’avanguardia

Come già accaduto in altri ambiti relativi all’urbanistica e all’architettura, i Paesi nordici sono stati i primi a com- prendere l’importanza del recupero delle aree a verde contestualmente con lo studio funzionale degli edifi ci produttivi dismessi, tanto da poter considerare alcune delle loro riqualifi cazioni come dei modelli-guida: nono- stante le progettazioni a cui si fa riferimento risalgano a diversi decenni fa, esse risultano essere ancora attuali ed anzi costituiscono delle ottime tipologie di riuso da cui poter trarre spunto anche in futuro.

Ex Thyssen Meiderich a Duisburg

L’area interessata si contestualizza in quello che è geo- grafi camente chiamato il bacino della Ruhr24, è quindi entrata a far parte alla fi ne degli anni Ottanta del pro- gramma di tutela riguardante questa zona della Germa- nia a seguito della nascita dell’IBA Emscher Park25.

24 Regione tedesca famosa in tutta Europa per la presenza di industrie relative al settore siderurgico e metallurgico.

25 Con questo nome si indica il collettivo costituito in previsione di poter conservare e recuperare il patrimonio edilizio ed ambientale della Ruhr, il cui scopo su più larga scala è quello di promuovere un nuovo sviluppo com- plessivo dell’area riguardante l’ambito urbanistico, economico e sociale.

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i nuovi percorsi disegnati potenziano qualitativamente l’accessibilità e cercano di mettere in luce i migliori pun- ti panoramici che si affacciano sulla zona.

Da non trascurare l’importanza che è stata data al riuti- lizzo delle macerie ottenute attraverso la demolizione, alla scelta della vegetazione, allo sfruttamento delle ri- sorse locali come fonti di energia: il risultato ottenuto è ottimale e fa sì che la falsa riga seguita per attuare que- sto tipo di interventi si costituisca come un prototipo il cui perseguimento risulta auspicabile per altre realtà . 27

27 Ivi, pp. 140-141.

FIG. 1.19 La regione tedesca della Ruhr, nota per l’eccellenza nel settore pro- duttivo e per la presenza di importanti città. (Fonte www.ruhr-tourismus.de)

FIG. 1.20 Parco di Duisburg Nord, la Piazza Metallica, ricavata dagli scarti delle demolizioni. (Fonte arquiscopio.com)

FIG. 1.21 Parco di Duisburg Nord, una delle due vecchie vasche di raffredda- mento riutilizzate a fi ni impiantistici. (Fonte www.giardinaggio.mobi)

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Ex Westergasfabriek ad Amsterdam

Il complesso analizzato ospitava lo stabilimento per la produzione di gas illuminante più noto della città olan- dese fi no a circa la metà del XX secolo, per poi chiudere nel 1967 a seguito del ritrovamento di vasti giacimenti simili in altre aree geografi che.28

Anche in questo caso il recupero si concentra sull’eco- sostenibilità, sullo sfruttamento delle energie rinnova- bili e sulla conservazione delle volumetrie esistenti per la quasi totalità degli edifi ci allo scopo di preservare la memoria del passato; è stata inoltre prevista la realiz- zazione di un parco che propone una serie di percorsi e piste ciclabili lungo i quali è possibile godere sia del con- testo edilizio che dell’ambiente circostante.

Un lato particolarmente interessante della progetta- zione in esame è quello relativo alla partecipazione at- tiva della popolazione: è stato dato modo alle persone di potersi esprimere in merito alle modifi che ipotizzate per poter avere un quadro più chiaro della situazione ri- guardante il contesto della futura riqualifi cazione.29

28 Ivi, p. 149.

29 Ivi, p. 150.

FIG. 1.22 Il Canale del Westergasfabriek a Amsterdam, su cui si affacciano percorsi pedonali e piste ciclabili. (Fonte yogafestinternational.com)

FIG. 1.23 L’interno del Gashouder del Westergasfabriek, spazio adibito a mo- stre ed eventi culturali. (Fonte www.trueamsterdam.com)

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IL TERRITORIO E LA SUA STORIA

2

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2.1.1 Una realtà attraente nel cuore della Regione Il territorio in cui si contestualizza lo studio qui trattato si colloca in Toscana, più specifi catamente in una vasta area ricadente nella Provincia di Firenze che prende il nome dal fi ume che la attraversa: la Valdelsa.30

Nota in tutto il mondo per le bellezze del suo paesag- gio e per i suggestivi borghi medioevali in essa presenti, questa valle si caratterizza per altre numerose poten- zialità geografi che quali la posizione baricentrica ri- spetto a due delle città più importanti della zona, Siena e Firenze, e la presenza della via Francigena31 con il con- seguente richiamo da ogni Paese di pellegrini e turisti.

Come un po’ lungo tutta la Regione, ogni paese facente parte di questo comprensorio è dotato di tipiche pecu- liarità storico-artistiche che rendono la vallata ancora

30 Il fi ume di cui si sta parlando è ovviamente l’Elsa, lungo 63 km, la cui sor- gente si trova nel comune di Sovicille (SI); il suo percorso termina poi nella confl uenza con l’Arno tra i comuni di Empoli (FI) e San Miniato (PI).

31 Con questa terminologia si indica la nota via di collegamento risalente al IX secolo d.C. che unisce Canterbury a Roma e si estende fi no alla Puglia, precisamente a Brindisi. Percorsa nei secoli da viandanti in pellegrinaggio, oggi la via Francigena costituisce soprattutto un’attrattiva dal punto di vista turistico prevalentemente straniero.

più appetibile: di recente è stato creato un Museo diffu- so per la parte a nord, iniziativa che permette la visita di più siti culturali con un unico biglietto.

Date le oggettive qualità storiche e ambientali della zona e il conseguente richiamo che essa esercita su per- sone residenti e straniere, l’inquadramento territoriale può essere considerato a favore del tema in esame non solo come un’opportunità da sfruttare nel miglior modo possibile ma anche come un punto nodale da ottimizza- re con strategie attentamente messe a punto.

2.1 La Valdelsa, terra ricca di connessioni strategiche e di testimonianze storiche

FIG. 2.1 L’area della Valdelsa fi orentina e senese con indicati i singoli Comu- ni facenti parte del comprensiorio . (Fonte www.wel.it)

VALDELSA FIORENTINA VALDELSA SENESE

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FIG. 2.2 Carta raffi gurante il percorso della via Francigena, il cui tracciato tocca Inghilterra, Francia, Svizzera ed Italia. (Fonte www.visittuscany.com)

FIG. 2.4 Il fi ume Elsa, corso d’acqua da cui riprende il nome l’omonima valle della Toscana centrale. (Fonte www.matchfi shing.it)

FIG. 2.3 Il logo del Museo diffuso Empolese Valdelsa, sistema che permette la fruizione di più beni culturali. (Fonte www.museiempolesevaldelsa.it)

FIG. 2.5 San Gimignano (SI), il famoso borgo medioevale della Valdelsa che ogni anno accoglie migliaia di turisti. (Fonte www.habitatimmobiliare.com)

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2.1.2 Lo sviluppo della valle nei secoli

A causa della sua posizione strategica la Valdelsa è sem- pre stata un’area importante della Toscana sotto diversi punti di vista e ha spesso conosciuto periodi di prospe- rità ed agiatezza anche nei periodi più bui della storia.

Circa 300 milioni di anni fa la valle era sommersa, come testimoniano i numerosi ritrovamenti fossili risalenti alle varie ere geologiche; successivamente la zona si de- sertifi cò e poi fu di nuovo inondata dalle acque marine, fi no ad arrivare all’epoca triassica32 quando le colline emersero defi nitivamente ed andarono a costituire il paesaggio che oggi ammiriamo.

Per quanto riguarda l’antichità, gli originari stanziamen- ti di cui abbiamo notizia risalgono alla Preistoria ma la prima civiltà degna di nota per aver colonizzato le sud- dette campagne è quella etrusca33, le cui tracce sono ben visibili in molte località valdelsane.34

32 Il Triassico fa riferimento a quella fascia temporale millenaria compresa tra i 252 e i 201 milioni di anni fa.

33 Con il termine “etrusco” ci si riferisce a quella popolazione risalente all’VIII secolo a. C. insediatasi nell’Italia centrale, famosa per il culto (segni evidenti ne sono le necropoli, vere e proprie “città” di tombe) e per aver infl uenzato in modo sostanziale le origini e la cultura del popolo romano.

34 Il Triassico fa riferimento a quella fascia temporale millenaria compresa tra i 252 e i 201 milioni di anni fa.

Già da questo periodo l’economia del territorio viene basata in prevalenza sull’agricoltura per motivi di posi- zione geografi ca e di tradizioni culturali, dando inizio ad una tradizione che si protrarrà fi n quasi ai nostri giorni.

In epoca romana gli insediamenti rurali che si erano cre- ati negli anni precedenti conoscono un periodo di crisi ed isolamento in quanto le principali vie di comunica- zione estromettono questi agglomerati dalle rotte com- merciali principali; è con l’avvento dell’Alto Medioevo35 che il circondario comincia a godere di grandi profi tti e diviene una delle vallate più fi orenti d’Italia.

È proprio a partire dall’VIII secolo d. C. che la Valdelsa si trova ad essere un’area molto frequentata da mercanti, +cavalieri e pellegrini: collocandosi nelle vicinanze del- le due grandi potenze costituite dai centri di Siena e Fi- renze e trovandosi a ricadere in parte del tragitto rela- tivo al percorso della via Francigena, essa risulta essere meta e luogo di passaggio e le ripercussioni diventano ben presto evidenti: si assiste infatti a una grande cre- scita economica, sociale ma soprattutto urbana, con la

35 Periodo storico che va dalla caduta dell’impero romano d’Occidente (476 d. C.) fi no a circa la fi ne del X secolo d. C.

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nascita di nuovi borghi e castelli fortifi cati.

Questo risulta dunque essere uno dei momenti più pro- speri per la zona, le cui conseguenze sono ancora oggi percepibili in maniera signifi cativa, in particolare in ottica turistica: basti pensare alla sola San Gimignano, che con le sue torri, le sue piazze e i suoi palazzi è con- siderato come uno dei centri urbani medioevali più belli al mondo e che per la sua attrattiva genera un positivo

“effetto domino” sui numerosi Comuni limitrofi .

A conferma di quanto detto prima, l’agricoltura resta una delle primarie attività produttive di queste campa- gne, fatto confermato anche dalla diffusione dei con- tratti di mezzadria.36

Successivamente a questo periodo di espansione e arricchimento, riferendosi al momento storico coinci- dente con l’ascesa dei Medici37 l’area comincia a subire

36 Secondo questo tipo di accordo ideato nel Basso Medioevo, il proprieta- rio della terra ed il contadino, residente sull’appezzamento di cui gli è stata affi data la lavorazione, si spartiscono i ricavi ottenuti con la coltivazione in modo equo.

37 Famiglia fi orentina di banchieri che contribuì con ruolo da protagonista all’enorme sviluppo della propria città a partire dal XV secolo d. C.; alcuni membri di questo casato, come ad esempio Lorenzo detto Il Magnifi co, sono meritevoli di aver promosso quel diffondersi del mecenatismo e quello svilupparsi della cultura che ha reso Firenze una delle città più ricche di opere d’arte al mondo.

l’egemonia di Firenze con conseguente arresto dello straordinario sviluppo che l’aveva caratterizzata negli ultimi secoli: si apre quindi una nuova fase di decadenza che si trascinerà fi no agli ultimi anni del Settecento.

Agli albori dell’Ottocento si comincia a delineare un’al- tra peculiarità che viene tutt’oggi annoverata tra quelle più tipiche del territorio valdelsano: lo spiccato interes- se dei suoi abitanti per la politica e l’impegno sociale; in quegli anni si aprono i primi dibattiti riguardanti la que- stione dell’Unità d’Italia, e i residenti nella zona qui ana- lizzata prendono parte attivamente alla tematica anche dopo il 1861 attraverso l’istituzione di associazioni il cui ruolo sociale si è protratto negli anni successivi.

Anche durante gli anni del Fascismo la Valdelsa si di- stingue per le movimentazioni politiche e per il ruolo da protagonista che assume il fenomeno della Resisten- za38, riguardante persino i mezzadri e cioè persone che fi no a quel momento risultavano in disparte nella scena sociale e nei raggruppamenti di partito e che adesso si

38 Con questo termine si indicano i vari movimenti di opposizione al regime fascista e nazista che istituirono una vera e propria guerra parallela, favorendo l’indebolimento delle forze militari e la tutela dei perseguitati dalle ideologie politiche correnti.

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confi gurano come componente rilevante su più fronti.

Nel Dopoguerra e più in generale negli anni Cinquanta e Sessanta la zona oggetto di studio subisce quelle tra- sformazioni tipiche degli effetti del boom economico che caratterizzano tutto il territorio italiano; in partico- lare si assiste ad un grande cambiamento su scala urba- nistica dovuto alle nuove edifi cazioni e alla conseguen- te totale compenetrazione tra città e campagna.39 A seguito di questo nuovo assetto economico, sociale ed edilizio, nei decenni successivi la valle conosce un periodo storico caratterizzato da prosperità ed equili- brio che la vedranno protagonista del settore produtti- vo con la nascita di aziende e stabilimenti di varia natura e che la renderanno uno dei comprensori più appetibili e redditizi della Toscana e dell’Italia centrale.

2.1.3 La vallata oggi: due facce della stessa medaglia Negli ultimi anni il territorio valdelsano ha conosciuto e sperimentato gli sviluppi che su più larga scala han-

39 M. Caciagli, Congetture sull’identità valdelsana, in I. Moretti e S. Soldani (a cura di), I centri della Valdelsa dal Medioevo ad oggi. Atti del convegno di studi Colle di Val d’Elsa-Castelfi orentino, 13-14 febbraio 2004, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, pp. 7-34.

no interessato tutto il nostro Paese: si è assistito ad un notevole incremento del turismo, che in quest’area è particolarmente redditizio grazie alle enormi attrattive che essa possiede sia dal punto di vista culturale che na- turalistico, ma allo stesso tempo si è dovuto far fronte alla recente crisi economica che ha portato alla chiusu- ra defi nitiva di molte fabbriche che avevano trovato nel comprensorio la loro dimensione e stabilità.

La Valdelsa risulta quindi essere una zona piena di am- bivalenze, ineccepibilmente dotata di grandi potenziali- tà ma anche di alcune innegabili criticità.

FIG. 2.6 Immagine raffi gurante un tipo scorcio della campagna valdelsana nei dintorni di Poggibonsi (SI). (Fonte www.visittuscany.com)

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2.2 Castelfi orentino, un paese a metà nel cuore della Toscana

2.2.1 Castrum Florentinum: le origini

Nello specifi co il tema su cui si concentra questa analisi riguarda uno dei centri urbani più consistenti e popolati della Valdelsa: Castelfi orentino.

Le prime rilevanti notizie storiche riguardanti questo paese risalgono all’incirca al XII secolo d. C.; la maggior parte delle testimonianze del periodo fa riferimento all’esistenza di un castello (Castrum o Castellum) eretto a scopi difensivi, probabilmente a causa della posizione baricentrica della località rispetto a due delle più im- portanti vie dell’epoca: la Francigena e la Volterrana.

Inoltre già allora si faceva menzione dell’esistenza di un ponte sull’Elsa che permetteva di collegare i vari sentie- ri percorribili nei dintorni dell’area interessata.

A causa della vicinanza geografi ca, il borgo castellano è sempre stato in diretto contatto con Firenze, fatto che può essere dedotto osservando ad esempio il suo stem- ma: in esso predomina il disegno del giglio, simbolo che

caratterizza anche il blasone del capoluogo toscano. FIG. 2.8 Una torre facente parte del complesso originario delle antiche mura di Castelfi orentino. (Fonte www.visittuscany.com)

FIG. 2.7 Lo stemma del paese di Castelfi orentino, caratterizzato dalla pre- senza del giglio fi orentino. (Fonte it.wikipedia.org)

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Come quasi tutti i borghi sorti in questa valle, anche Castelfi orentino vedrà nel corso dei secoli l’affermarsi di una fi orente economia legata soprattutto all’agricol- tura, sebbene l’agglomerato urbano risulti importante anche dal punto di vista commerciale e militare per la sua collocazione strategica: non a caso i personaggi noti che sono passati in queste zone sono numerosi, dai re ai papi, dai poeti agli artisti; inoltre è qui che fu fi rmata la famosa pace di Montaperti nel 1260 d. C.40

Da non trascurare è anche la presenza storica di tre conventi francescani, dato che fa rifl ettere sulla rilevan- za che questo centro già dimostrava in tempi remoti.

In ottica urbanistica, il primo stanziamento prevedeva la predominanza della rocca con la cinta muraria, poi col passare dei secoli essa si è man mano allargata ed ha in- cluso altre porzioni di territorio, fi no ad arrivare ad una conformazione tale per cui, oltre ai quartieri racchiusi nell’anello descritto caratterizzati da anguste viuzze che percorrevano il colle, si costituirono a valle due pic- coli caseggiati chiamati Borgo d’Elsa e Timignano. Col

40 La pace fu fi rmata in seguito all’omonima e sanguinosa battaglia di Montaperti, che vide opporsi i guelfi fi orentini ai ghibellini senesi per motivi di supremazia e che si concluse con la vittoria di questi ultimi.

FIG. 2.9 Veduta aerea di Castelfi orentino riguardante la parte del centro storico e il ponte sull’Elsa . (Fonte Google Earth)

passare degli anni questi due rioni sono stati inglobati dalle successive espansioni edilizie incrementando l’e- stensione del nucleo centrale del paese.41

La disposizione urbanistica originaria di Castelfi orenti- no è ancora oggi visibile, soprattutto se si osserva il bor- go dall’alto: nel centro storico «l’abitato, distribuito su strade a girapoggio raccordate da ripidi vicoli, si disten- de a ventaglio sul lato di una collina che guarda verso l’Elsa [...]»42 ricordando i tempi che furono.

41 F. Allegri e M. Tosi, Castelfi orentino terra d’arte. Centro viario e spirituale sulla Francigena, Certaldo (FI), Federighi Editori, 2005, pp. 7-29.

42 I. Moretti , Forme urbane e caratteri architettonici dei centri maggiori, in I.

Moretti e S. Soldani (a cura di), I centri della Valdelsa dal Medioevo ad oggi. Atti del convegno di studi Colle di Val d’Elsa-Castelfi orentino, 13-14 febbraio 2004, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, pp. 51-87.

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2.2.2 Il ruolo della ferrovia nello sviluppo industriale La Valdelsa è anche ricordata come una delle prime aree su cui sia stato previsto un tracciato di linea ferrata in Italia; il riferimento è alla Ferrovia Centrale Toscana, collegamento che venne realizzato a partire dal 1846 per consentire il transito tra Empoli e Siena.

L’istituzione di questa nuova infrastruttura comporta dei grossi cambiamenti su tutto il territorio ed in parti- colare per i centri urbani designati ad ospitare le stazio- ni: Poggibonsi, Certaldo e Castelfi orentino.

In quest’ultimo caso, grazie all’innovazione in questione si assistette ad una trasformazione importante a livello architettonico ed urbanistico: primo fra tutti gli inter- venti effettuati è il disegno di piazza Gramsci, che anche oggi costituisce il principale luogo di aggregazione del paese; essa si può considerare un vero e proprio simbo- lo riconoscitivo anche grazie al disegno del giardino che richiama lo stemma castellano dotato di giglio.

Successivamente il cambiamento coinvolse anche altri aspetti, come ad esempio quello tecnologico e produtti- vo: il borgo cominciò a dotarsi di vari servizi e ad attira-

re imprenditori che vedevano in questa particolare col- locazione geografi ca un’opportunità per le loro aziende, soprattutto per la vicinanza alla ferrovia qui citata.

I due esempi più signifi cativi di stabilimenti produttivi costruiti lungo questi binari sono lo zuccherifi cio di Gra- naiolo e la ex Montecatini nell’abitato di Castelfi oren- tino, entrambi impianti che hanno apportato lavoro e benessere alla comunità in passato e di cui oggi soprav- vivono soltanto alcuni padiglioni abbandonati.

La linea ferrata procurò quindi al territorio un forte arricchimento che dette inizio ad un ciclo di interventi anche edilizi: durante il Novecento si realizzarono mi- glioramenti dovuti proprio alla progettazione di nuovi stabili adibiti alla cultura, alla sanità e all’istruzione.43 Oggi il tratto Empoli-Siena vanta numerose stazioni e continua ad essere molto frequentato da pendolari e tu- risti: nel breve futuro è previsto il raddoppio dell’unico binario in modo da poter consentire migliore funziona- lità e qualità alla suddetta rete infrastrutturale.

43 M. Cozzi, Ferrovia e stazioni nella dinamica urbana dei centri valdelsani in I.

Moretti e S. Soldani (a cura di), I centri della Valdelsa dal Medioevo ad oggi. Atti del convegno di studi Colle di Val d’Elsa-Castelfi orentino, 13-14 febbraio 2004, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, pp. 181-212.

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2.2.3 La cittadina oggi

Nonostante Castelfi orentino sia ancora uno dei mag- giori centri della Valdelsa per numero di abitanti e per la quantità di servizi insediati, è innegabile constatare la presenza di alcune criticità che avrebbero bisogno di essere eliminate o quantomeno migliorate.

In primis si può annoverare tra di esse la netta divisione creata dal fi ume tra la parte storica del paese e i nuovi quartieri a ovest: sembra paradossale ma la situazione è rimasta pressochè la stessa rispetto all’epoca medioe- vale, in quanto tuttora nell’abitato esiste un unico ponte carrabile che permette il collegamento tra le due parti del centro urbano, determinando una diffi coltà di co- municazione tra le due sponde sia fi sica che ideale.

Si ha poi la necessità di riqualifi care la parte vecchia dell’agglomerato urbano: oggi i quartieri più antichi vengono considerati alla stregua dei ghetti dalla popo- lazione residente data la scarsa possibilità di accesso e l’incuria di molte case e vie, ignorando le potenzialità che essi possiedono a livello culturale ed estetico. A tal proposito recentemente il Comune ha emesso un ban-

do per agevolare acquirenti ed investitori a scegliere il centro storico come possibile locazione per negozi ed altre attività e per realizzare interventi che adempiano al totale abbattimento delle barriere architettoniche.44 La ferrovia, nonostante rappresenti sempre un pregio notevole in quanto richiama persone anche dai borghi vicini e quindi contribuisce in modo importante all’eco- nomia locale, non costituisce più quell’elemento fonda- mentale per lo sviluppo dell’industria e della produzio- ne di un tempo ed anzi risulta essere un nodo cruciale da potenziare soprattutto per la presenza di fasce adia- centi ai binari in condizione di degrado.

Attualmente è presente nella zona il cantiere relativo alla nuova strada statale 429 bis, infrastruttura che per- metterà di collegare velocemente Poggibonsi ad Empo- li, i cui risultati cominciano ad essere evidenti soprat- tutto dal punto di vista dell’attrattiva imprenditoriale:

dopo la recente crisi economica ultimamente si eviden- ziano dei nuovi tentativi di iniziativa a livello aziendale con auspicabili vivaci dinamiche future.

44 Il riferimento è a ComUnico, il recente progetto di rinnovo urbano total- mente fi nanziato da contributi pubblici e privati a Castelfi orentino.

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