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Fig. 1: Individuazione edificio su pianta di Pisa del 1783.

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3 CAPITOLO 1 – IL PALAZZO

Il palazzo di Curzio Lanfranchi, da non confondere con il più famoso palazzo Lanfranchi (sede dell’attuale museo della Grafica), si trova tra Via San Martino (con ingresso principale al n°60) e il Lungarno Galilei. Accorpato ad altri volumi, diventa sede dell’Ufficio dei Fiumi e dei Fossi dal 1889. L’intero edificio, come molti dei palazzi pisani, non può non vantare una lunga storia di successioni e mutamenti della propria morfologia. Risulta quindi indispensabile ripercorrere brevemente le vicende storiche che hanno interessato il quartiere.

Fig. 1: Individuazione edificio su pianta di Pisa del 1783.

Fig. 2: Vista edificio da via San Martino. Fig. 3: Vista edificio dal Lungarno Galilei.

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1.1 – Le trasformazioni dell’edilizia pisana dal Medioevo al Seicento

Anticamente nota come Chinzica, la zona in cui si inserisce il palazzo entra definitivamente a far parte dell’aggregato urbano a seguito della costruzione delle mura (1154-1161).

Intorno alla seconda metà del XI secolo, dalla civitas precomunale il ceto dirigente pisano si espande verso Sud e qui imposta le proprie torri di abitazione, andando ad incrementare la

crescita di un agglomerato già dotato di una propria individualità

1

(Fig. 4).

Siamo davanti a una società in ascesa, volta alla conquista degli spazi urbani in senso orizzontale e verticale. Le torri sorgono una accanto all’altra e fanno a gara ad emergere per predominio, difesa e offesa. Dai prospetti, infatti, sporgono ballatoi lignei che, durante i conflitti, sono anche impiegati per lanciare oggetti e pietre contro vicini o passanti. In generale, la tipologia costruttiva fino agli inizi del XII secolo è, quindi, quella della torre in pietra, alta cinque o sei piani di circa 3,5 m ciascuno, con una pianta generalmente ristretta (Fig. 5).

1

G. Garzella, Pisa com’era: topografia e insediamento dall’impianto tardoantico alla città murata del secolo XII, Napoli, Liguori Editore, 1990, p. 92

Fig. 4: Pianta schematica della città e delle mura del 1155 – 1161 (da Tolaini, Forma Pisarum , p.76).

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5

Circa un secolo dopo, sopite le lotte, la torre viene spogliata dei sistemi difensivi e ne viene regolamentata l’altezza.

È questa la configurazione della cosiddetta “casa-torre” o domus, simile alla torre, ma a struttura multipla (Fig. 6), a pilastri e architravi che poggiano su mensole più o meno rifinite, archi di scarico sommitali, merli tamponati e racchiusi da coperture in legno a più

falde. Per ampliare gli ambienti interni, vengono realizzate strutture in aggetto in legno e paglia che, però, riducendo gli spazi tra le varie proprietà, facilitano la propagazione di incendi. Inoltre, tali strutture risultano spesso troppo basse, sono da ostacolo ai passanti e se non bene ammorsate agli elementi in pietra della torre, rischiano di crollare. Per questi motivi, dopo una serie di Statuti Comunali, agli inizi del Trecento se ne sancisce la dismessa.

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2

F. Redi, Dalla torre al palazzo: forme abitative signorili e organizzazione dello spazio urbano a Pisa dall’XI al XV secolo, in Atti del III Convegno di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana – Firenze, 5-7 dicembre 1980, Monterolo Impruneta, F. Papafava editore, 1983, pp.271-274.

Fig. 5: Torre del sec. XI (da F. Redi, Dalla torre al palazzo ).

Fig. 6: Casa-torre del sec. XII-XIII (da F. Redi,

Dalla torre al palazzo ).

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6

Già nel corso del Duecento, il ceto medio ricorre a costruzioni affiancate con muri in comune, ma con proprietari diversi; verso la fine del secolo, invece, si iniziano a fondere due o più abitazioni contigue, unificandone la proprietà e gettando le basi per la configurazione dei veri e propri palazzi

3

(Fig. 4).

Il palazzo pisano della metà del Trecento esprime quindi ai cittadini il rango del proprietario, attraverso le decorazioni architettoniche e mediante le insegne araldiche delle famiglie, scolpite o dipinte sulle facciate, a coronamento degli ingressi principali

4

.

Fig. 7: Ricostruzione grafica dell’accorpamento di edifici distinti, con muri comuni, rifusi dai Dal Testa in un unico palazzo nel corso del se. XIV; Palazzo Lanfranchi (da F. Redi, Dalla torre al

palazzo ).

Questa tendenza trecentesca prenderà consistenza nel corso del Cinquecento.

Con la sottomissione alla città di Firenze (1406), i palazzi pisani vengono spesso occupati da soldati, saccheggiati e distrutti. Pisa risulta sfigurata da due secoli di occupazione fiorentina che producono decadenza e spopolamento. La città ha bisogno di una rinascita d’animo e di immagine, rinascita che si concretizza con Ferdinando I, che porta a termine il lavoro avviato da Cosimo il Vecchio e Lorenzo dei Medici su edifici pubblici e religiosi,

3

F. Redi, Dalla torre al palazzo, cit., pp. 284, 285.

4

F. Redi, Dalla torre al palazzo, cit., p. 289.

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7

prima e da Cosimo I su edifici amministrativi e privati, poi. La renovatio urbis ha il suo culmine tra la seconda metà del Cinquecento e l’inizio del Seicento, dopo un processo lento e faticoso. Nonostante si riprendano i temi e lo stile del Rinascimento fiorentino, l’architettura pisana non perde la propria identità, grazie a una grande tradizione locale della lavorazione del marmo, agli esempi del passato e alla sua posizione geografica.

5

Il mutamento del volto della città è favorito dall’emanazione di decreti rivolti a incentivare la trasformazione e il restauro delle case-torri preesistenti e, in pochi casi, le nuove costruzioni.

È in questo contesto storico, in cui si inseriscono i palazzi delle più importanti famiglie di Pisa, che lo stesso palazzo di Curzio Lanfranchi, unito al palazzo di Del Torto e ad altri volumi, va a formare l'attuale sede di Fiumi e Fossi.

5

E. Karwacka Codini (a cura di), Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo, Roma, Gemini Editore, 2010, p. XII

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1.2 – Fasi storiche

Il Palazzo, come già accennato, è il prodotto finale di una serie di trasformazioni che hanno avuto luogo durante i secoli. Si colloca a Sud dell’Arno, nel quartiere San Martino ed è inquadrato a Sud da via San Martino, a Nord dal Lungarno Galilei, a Est dalla Prioria di San Sepolcro e a Ovest dal Vicolo del Torti.

Fig. 8: Individuazione del palazzo su Pianta della città di Pisa , incisione del 1640 di Matthaeus Merian.

Si possono evidenziare tre fasi fondamentali:

- Prima fase: medievale;

- Seconda fase: tardo rinascimentale;

- Terza fase: ottocentesca.

Nella prima fase, si evidenzia la presenza di varie cellule abitative, di dimensioni ristrette, le torri, tipiche del periodo repubblicano, in cui le attività commerciali si collocano al pian terreno e ai piani alti è presente lo spazio abitativo.

In questa fase, tra l’insieme delle cellule che andranno poi a formare l’intero palazzo, è

presente anche un vicolo centrale, il vicolo Mozzo, che successivamente verrà chiuso per

ampliare la proprietà. Nella fig.9 sono distinti gli edifici in base al periodo di edificazione e

sono evidenziati in giallo i vicoli, le strade e i ponti che nei secoli sono stati eliminati o

modificati, per giungere all’assetto attuale della città. La suddivisione in cellule medievali

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dell’edificio in questione non è certa e dipende essenzialmente dalla posizione del vicolo Mozzo. Nella fig 10 si riporta la ripartizione dedotta in sede di questa tesi.

Fig. 10: Fase 1 - Medioevo, ipotesi della suddivisione in cellule abitative su pianta attuale.

In una relazione storica del 2012, effettuata dal Consorzio dei Fiumi e dei Fossi, il vicolo è in una posizione diversa (Fig.11) scandendo, di conseguenza, una successione differente delle cellule. Qui le cellule individuate sono cinque, e il vicolo Mozzo assume una posizione

Fig. 9: Il quartiere di Chinzica fino al XIV secolo e cronologia edifici (estratto da AA.VV., Un

palazzo, una città: il palazzo Lanfranchi in Pisa , pp. 84, 85).

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più centrale. Tuttavia la presenza di merlature nel sottotetto dell’edificio, a chiudere la cellula 2 della Fig.10, lascia pensare che la suddivisione effettuata sia errata.

Fig. 11: Fase 1 - Medioevo, ipotesi della suddivisione in cellule abitative su pianta attuale, effettuata dal Consorzio di Fiumi e Fossi.

Fig. 12: Merli della torre nel sottotetto dell'edificio, individuati sul confine con il vicolo Mozzo.

La conferma a questa ipotesi è data dall’analisi delle termografie effettuate dallo

StudioTermoTech di Tiziana Santini nel 2012. Dalle riprese effettuate sulla facciata di via San

Martino, è emersa la presenza dei piedritti delle torri medievali sotto intonaco.

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11

Fig. 13: Individuazione piedritti da anomalie termiche della facciata su via San Martino.

Fig. 14: Immagine termica su immagine reale, individuazione dei

piedritti 1° , 2° e 3°.

Fig. 15: Immagine termica, individuazione dei piedritti 1° , 2° e

3° e presenza di elementi lignei.

Fig. 16: Palazzo antistante, su via San Martino, visto dal primo piano

del Palazzo di Fiumi e Fossi.

Fig. 17: Aree della facciata soggette a rilievo termografico.

Le riprese termografiche effettuate su via San Martino non sono state semplici, per la limitata ampiezza della via che ha impedito di effettuare riprese ortogonali alla facciata.

Tuttavia si evidenziano sotto intonaco, in corrispondenza delle aperture al primo piano,

due archi a tutto sesto impostati su tre piedritti. Le differenze di temperatura (Figg. 14 e 15)

lasciano pensare che si tratti di elementi in pietra. Si nota anche la presenza di elementi in

diverso materiale, cerchiati nella Fig.15, di forma pressoché rettangolare. I valori di

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temperatura maggiori che li contraddistinguono fanno pensare si tratti di aria o legno. La presenza di elementi in legno tra un piedritto e l’altro è riscontrabile anche nel palazzo antistante il palazzo Lanfranchi (Fig.16), su cui sono visibili i mensoloni di pietra. Per l’analogia costruttiva del periodo medievale e del quartiere, si può affermare che anche la cellula 2 della Fig.10 sia stata caratterizzata dagli elementi di ampliamento in legno e paglia, di cui si è già parlato, e si configurava con la forma tipica della casa-torre pisana del XII- XIII secolo.

Fig. 18: Individuazione del 3° piedritto dall’interno dell’ingresso principale

Fig. 19: Individuazione di 5° e 6°piedritto sulla facciata

Fig. 20: Individuazione del 4° piedritto dall’esterno

Il 3° piedritto è stato individuato a fianco della finestra immediatamente a destra dell’ingresso principale; la presenza di conci in materiale lapideo prosegue per tutta l’altezza dell’ingresso. La Fig. 20 mette in luce il 4° piedritto, accanto alla finestra inginocchiata, a destra dell’ingresso, mentre il 5° e il 6°piedritto, anche questi in materiale lapideo, probabilmente relativi alla cellula 1, si sono riscontrati ai lati della finestra inginocchiata a sinistra dell’ingresso.

I saggi effettuati sulla facciata Sud del palazzo, hanno messo in evidenza una differenza di

tessitura muraria che potrebbe denunciare l’antica presenza del vicolo Mozzo. Il 4° piedritto si

trova, infatti, facendo riferimento alla Fig. 10,tra la cellula 2 e il vicolo e, comparando le

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immagini dei saggi e le termografie, relativi ai paramenti a destra e a sinistra del 4° piedritto, si può notare una compagine ordinata di mattoni in laterizio a filari regolari, per quanto riguarda le cellule 1 e 2 (Fig.21), mentre nella porzione di muratura che forse costituisce il tamponamento del vicolo si riscontra una diversa tessitura, irregolare con mattoni in laterizio e inserti diversi (fig.22).

Fig. 21: Tessitura muraria relativa alle cellule abitative 1 e 2

Fig. 22: Tessitura muraria a destra del 4°

piedritto , probabile tamponamento del vicolo Mozzo

La seconda fase è quella relativa all’unione di più corpi di fabbrica, alla nascita quindi dei palazzi di Curzio Lanfranchi, Del Torto e Mannaioni.

La famiglia Lanfranchi è una delle antiche famiglie pisane. Nel periodo della Repubblica Pisana, i membri di questa famiglia ricoprono le più alte cariche comunali, distinguendosi per le loro gloriose imprese nelle guerre per l’indipendenza di Pisa. Sono mercanti con interessi e banchi in Sicilia e in tutto il mediterraneo Aragonese. La famiglia rientra nella fazione ghibellina di Pisa e fa parte di quelle famiglie che l’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, a capo della fazione ghibellina, aizzò contro Ugolino della Gherardesca (patrizio di Pisa), facendolo catturare durante una sommossa popolare, prima di essere rinchiuso a morire di fame nella Torre della Muda insieme ai suoi discendenti (1289). L’abitazione di Ugolino, sita proprio nella zona antistante il lato Nord del palazzo Lanfranchi, viene rasa al suolo dopo la sua morte e sul terreno, cosparso di sale, si proibisce la costruzione di qualsiasi tipo di edificio. Risulta infatti, ad oggi, l’unica area verde che si affaccia sulla riva meridionale dell’Arno, del Lungarno Galilei.

6

I Lanfranchi sono citati anche da Dante nel XXXIII canto dell’Inferno, insieme alle famiglie dei Sismondi e dei Gualandi, nell’episodio del Conte Ugolino.

6

Martina Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul lungarno pisano, estratto dal Bollettino storico pisano, 2007, vol. 76, pag.

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I Del Torto, originari di Lari, sono pellicciai e assumono rilievo nel corso del XV secolo grazie ai profitti delle attività mercantili. A loro si deve la costruzione del cavalcavia sopra il chiasso del Torti che serviva per collegare la propria dimora a quella del Pontolmo. Tale cavalcavia, caratterizzato da un arco a volterrana, esiste ancora e rappresenta il limite della proprietà dei Fiumi e Fossi

7

.

Antonio Mannaioni Inghirlani nel 1783 possiede due case in Kinzica, confinanti con la proprietà dei Del Torto. A lui succede, nel 1818, Ferdinando Sbrana

8

.

Fig. 23: Fase 2 – Anni ’80 del 1500, proprietà relative alle varie famiglie su pianta attuale

I Lanfranchi unificano le cellule medievali 1 e 2, individuate nella prima fase, e si ampliano inglobando nel palazzo anche il vicolo Mozzo. (Fig.23). Alcuni testi affermano che il vicolo si trovasse dove ora sorge il portale arcuato del palazzo Del Torto, spostato, quindi, a sinistra rispetto alla Fig. 23

9

.

7

Martina Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul lungarno pisano, cit, pag. 253

8

Martina Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul lungarno pisano, cit., pag. 256

9

E. Karwacka Codini (a cura di), Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo, cit., pag. 179

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Fig. 24: Archivio Nazionale Praga,Archivio familiare Asburgo Lorena (RAT), Racc. mappe (Sb.

Map), ins. 717, pianta n. 15. Piano terra palazzo Lanfranchi (estratto da E. Karwacka, Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo , p. 182).

Sul lato Nord dell’edificio relativo alla proprietà Lanfranchi, viene realizzato un loggiato, come si nota dalla Fig.24, in cui la planimetria del piano terra ripropone la configurazione cinquecentesca del Palazzo Lanfranchi. Anche da questa immagine si può osservare come le porzioni numerate con 14 e 15, confinanti con la proprietà Del Torto, risultino inserite in un complesso già preformato, somigliando quindi a un ampliamento relativo alla chiusura del vicolo.

Attraverso le termografie relative al prospetto Nord si possono fare ulteriori considerazioni

sulla presenza del loggiato e sul vicolo chiuso.

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Fig. 25 Individuazione loggiato e difformità della facciata Nord

Fig. 26: Immagine termica su immagine reale, prospetto Nord

Fig. 27: Lesione su prospetto Nord

Fig. 28: Individuazione archi di loggiato al primo piano del prospetto Nord

Nella Fig. 28 è possibile notare la presenza sotto intonaco di tre archi a tutto sesto che si

impostano su pilastri allineati con quelli inferiori. Questi elementi sono caratterizzati da

valori di temperatura nettamente inferiori rispetto alle zone limitrofe, per questo si può

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affermare che si tratti di elementi in pietra. Sono elementi presenti esclusivamente nella porzione destra del prospetto, relativa alla famiglia Lanfranchi. Ciò lascia pensare che, oltre l’arco a sinistra, ci fosse il vicolo chiuso, questa posizione coinciderebbe con quella oltre il 4° piedritto del prospetto Sud. Inoltre si riscontra la presenza di una lesione che corre verticalmente lungo tutto il prospetto Nord. Questa denuncia la presenza di una diversa tessitura muraria, che può riferirsi al tamponamento del vicolo, ma anche agli interventi successivi, quelli della fase ottocentesca, in cui alcuni elementi, senza alcun valore architettonico, vengono demoliti in vista dell’organicità della facciata. Dalle termografie si ritrova, infatti, una compagine diversa del paramento e molto simile a quella relativa alla facciata Est sul cortile interno.

Dalla pianta riportata in Fig.24, oltre alla presenza del loggiato, si nota un vestibolo con volta a botte lunettata che occupa l’intera profondità della fabbrica e va a terminare nella loggia. Accanto al vestibolo, sulla sinistra, c’è un ampio salotto con volta “a specchio”

lunettata e affrescata. È la Sala delle Ninfe, che confina con la rimessa per le carrozze. Alla destra del vestibolo centrale, invece, si ritrovano ambienti di servizio quali cucina, dispensa, e pile per l’acqua. L’ala posteriore, con affaccio sul cortile, è utilizzata come rimessa e stalla, mentre al primo piano è riservata alla servitù. Anche i mezzanini sono ad uso di servizi e dei domestici

10

.

Nella Fig.29 si può notare come la struttura ad archi del piano terra sia ripresa anche nel primo piano, la differenza sta nei capitelli che al piano inferiore sono tuscanici mentre qui si ritrovano capitelli ionici al di sopra dell’ordine tuscanico, che danno maggiore slancio alle volte. Dalla pianta, inoltre, si nota come gli ambienti dell’abitazione nobiliare gravitino intorno al grande salone centrale, a doppia altezza e con volta a padiglione lunettata affrescata. Al secondo piano (Fig.29) risiedono gli ambienti di servizio e un terrazzo, individuato in pianta col n. 9, corrispondente alle logge sottostanti. L’impianto attuale conserva quasi del tutto la morfologia cinquecentesca.

Le modifiche effettuate sul palazzo riguardano, oltre che gli ambienti interni, anche le facciate. L’obiettivo delle famiglie pisane, in questo periodo, è quello di affermare la propria immagine arricchendo l’edificio di elementi architettonici. L’abitazione diventa di rappresentanza, andando a completare il processo di rivalsa già iniziato nel corso del Trecento.

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E. Karwacka Codini (a cura di), Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo, cit., pag. 181

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Fig. 29: Archivio Nazionale Praga,Archivio familiare Asburgo Lorena (RAT), Racc. mappe (Sb.

Map), ins. 717, pianta n. 15. Pianiprimo e secondo palazzo Lanfranchi (estratto da E. Karwacka, Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo , p. 183)

Il prospetto di Palazzo Lanfranchi su via San Martino è quindi di origine tardo

cinquecentesca. Nonostante riprenda, come si nota dalle termografie, il numero delle

aperture scandite dai piedritti medievali, il prospetto rinascimentale assume un ritmo

diverso e più regolare di pieni e vuoti. Per gli stili che vi si ritrovano, è ora attribuito a

Michelangelo Buonarroti, ora a Bartolomeo Ammannati. Nonostante lo stile sia

indubbiamente michelangiolesco, il timpano spezzato che corona la finestra inginocchiata

in facciata ricorda quello realizzato dall’Ammannati in Palazzo Pitti (Fig.31). E' possibile

che sia opera di Francesco Mosca, detto Moschino, che nella sua attività si caratterizza per

un anti-classicismo, nel solco di Bartolomeo Ammannati. Si ritrovano infatti stilemi simili,

almeno per quanto riguarda la decorazione architettonica, al palazzo Lanfranchi (poi

Toscanelli), situato sul Lungarno Mediceo, e al monumento funebre del napoletano

Francesco Sanseverino (rinominatosi a Pisa Francesco Murci) opere dello stesso. Elementi

caratterizzanti sono le anfore che si inseriscono nei timpani spezzati delle finestre

inginocchiate (Fig. 31), applicate in entrambe le abitazioni. La tesi è inoltre avvalorata dal

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rapporto che lega il Moschino ad Agostino Ghirlanda da Fivizzano, che nello stesso periodo affresca le volte al piano terra e al primo piano del palazzo.

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Fig. 30: Palazzo Lanfranchi, finestra inginocchiata.

Fig. 31: Palazzo Pitti in Firenze, finestra sotto il loggiato del cortile (da Mazzino Fossi, Fig.5).

La facciata del Palazzo Lanfranchi si configura come una grande superficie scandita da tre ordini di finestre e quattro aperture più piccole che denunciano l’esistenza di due piani ammezzati veri e propri sul lato sinistro del prospetto, mentre a destra le aperture sono state realizzate esclusivamente per la regolarità di prospetto. La ricchezza decorativa risiede negli ornamenti del portone d’ingresso e delle finestre inginocchiate a piano terra, con timpano arrotondato e spezzato, tipico del Manierismo, al cui centro è posta un’anfora e lo stemma della famiglia. (figg. 33,34). Al piano superiore, le finestre sono impreziosite da timpani triangolari, mentre nell’ultimo livello da cornici semplici. C’è da dire che le aperture al secondo piano, in corrispondenza del salone al primo piano, sono tamponate fino ad una certa altezza per la presenza dell’estradosso della volta. Nel portone di ingresso si ritrovano lesene svasate verso la base, capitelli astratti e gutte.

È possibile distinguere, accanto al palazzo Lanfranchi, il prospetto del Palazzo Del Torto, caratterizzato da una diversa scansione delle aperture, un altro stile e materiali diversi. Il portone è caratterizzato da strette bugne che da piedistallo diventano ghiera dell’arco.

Anche qui è presente un mezzanino le cui aperture, più piccole rispetto alle altre, sono

11

E. Karwacka Codini (a cura di), Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo, cit., pag. 178

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arricchite da decorazioni in arenaria. Anche le aperture ai piani alti sono incorniciate dal bugnato. In facciata si nota un bugnato che al piano terra è ottenuto da intonaco e scanalature in profondità, mentre al piano ammezzato è realizzato solo mediante un trattamento diverso dell’intonaco.

Fig. 33: Finestra inginocchiata al piano terra di Palazzo Curzio Lanfranchi

Fig. 34: Particolare di facciata, anfora sulla cornice della finestra

Fig. 35: Particolare dell'ingresso da via San Martino

Curzio Lanfranchi non abita il palazzo, ne detiene la proprietà e lo dà in affitto.

12

Alla morte di Curzio (1632), il palazzo viene amministrato da Agostino di Fabio Agostini, tutore di Albizio di Curzio Lanfranchi. Nel 1690, viene ceduto da Albizio all’Ordine dei

12

M. Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul Lungarno pisano, cit, p. 255

Fig. 32: Prospetto su via San Martino

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Cavalieri di Santo Stefano, che lo permutano ai Consoli del Mare. Sul finire del Settecento, i Consoli cambiano sede e abbandonano il palazzo.

Fig. 36: Palazzo del Torto, particolare dell’apertura del piano ammezzato

Fig. 37: Palazzo Del Torto, particolare del portone di ingresso

Si arriva così alla terza fase. Dopo una serie di compravendite, avviate nel 1786, il palazzo viene prima accorpato all’adiacente abitazione dei Del Torto e, nel 1836, viene riconfigurato

13

attraverso l’opera di Alessandro Gherardesca. In questa fase (Fig. 38) il palazzo è di proprietà della famiglia Franchetti, negozianti ebrei residenti a Livorno, che acquistano in Pisa una serie di immobili attigui e ne commissionano l’unione. L’intervento di Alessandro Gherardesca interessa principalmente il prospetto sul Lungarno, mentre lascia inalterata la facciata su via San Martino. Come si nota dalla Fig. 39, Gherardesca rende la facciata verso il fiume più organica, demolisce alcune parti di scarso valore architettonico, inserisce due ali laterali al corpo centrale e conforma l’edificio ad una più moderna forma ad “U” che racchiude una grande area verde. Il piano terra del prospetto sul Lungarno unifica i due palazzi e i rispettivi ingressi con una soluzione che vede quattro aperture ad arco interrotte da una nicchia centrale di maggiore dimensione che ospita una statua in terracotta. Anche qui si ritrova un piano ammezzato sul lato sinistro del prospetto denunciato dalla presenza di una piccola apertura.

La statua in terracotta (figg. 43 e 44) raffigura l’Abbondanza, una giovane donna che regge una cornucopia con un abito ricco di drappeggi. Al di sotto delle finestre del primo piano si trovano decorazioni affrescate ad un livello di intonaco inferiore rispetto all’attuale (Fig.45).

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E. Karwacka Codini (a cura di), Architettura a Pisa nel primo periodo mediceo, cit., pag. 179

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Sul lato sinistro, venendo dal Lungarno, si trova la ex limonaia, probabilmente voluta da Curzio Lanfranchi.

Fig. 38: Fase 3 – Intervento di Alessandro Gherardesca nell’Ottocento su pianta attuale

Fig. 39: Prospetto Nord Palazzo di Fiumi e Fossi

Fig. 40: Prospetto Nord Palazzo di Fiumi e

Fossi

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Fig. 41: Prospetto sul Lungarno Galilei

Fig. 42: Abbondanza , statua in terracotta

Fig. 43: Abbondanza , particolare

Fig. 44: Particolare di facciata

Nel 1888, l’erede dei Franchetti rinuncia al palazzo che viene venduto a Vincenzo

Ciampolini, ricco imprenditore fiorentino, che ne affitta separatamente i locali. Nel 1908 il

proprietario inizia le trattative di vendita dell’intero palazzo, ad esclusione degli affreschi al

piano terra, al Consorzio dei Fiumi e Fossi, che vi si era già insediato nel 1899. Gli affreschi

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restano quindi fuori dalla trattativa, e, qualora il Ministero della Pubblica Istruzione ne avesse concesso il distacco, Ciampolini si sarebbe impegnato a ridipingere la volta rimasta priva dall’affresco, in caso contrario, il Consorzio l’avrebbe acquistato

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. Il Palazzo e le decorazioni, diventano proprietà del Consorzio nel 1914, quando si raggiunge un accordo con Ciampolini che lo cede in cambio dell’estinzione del debito accumulato a causa di un’ipoteca accesa per la prima volta nel 1818 in favore dei dal Borgo, che avevano diritto a una “servitù di prospetto e di luce”.

I diversi lavori effettuati sul palazzo per riparare i danni dovuti allo scoppio di mine, sul lato che dà sul vicolo del Torti nel 1944, restituiscono un edificio profondamente cambiato, passando da una nobile abitazione ottocentesca a sede di uffici e appartamenti.

Ad oggi il complesso può essere diviso in quattro porzioni: le due ali verso il Lungarno, di realizzazione più recente, e il corpo principale, a sua volta divisibile nella porzione ex Lanfranchi ed ex Del Torto. La strutture verticali sono in muratura con elementi lapidei.

Sotto il piano terra del corpo principale sono presenti locali, oggi non fruibili per l’acqua di falda affiorante.

Gli orizzontamenti sono in parte a volta, specie nella porzione ex Lanfranchi, ed ospitano affreschi cinquecenteschi e decorazioni Sette - Ottocentesche. Le volte sono principalmente a padiglione o a specchio, realizzate in modi diversi, si ritrovano infatti volte con mattoni posizionati di coltello e volte in folio, in alcuni casi sono presenti anche costoloni di rinforzo, frenelli o contrafforti murari. Altra tipologia di orizzontamenti presente è quella con struttura lignea, con travi, travicelli e mezzane. Tale tipologia si ritrova ai mezzanini e al secondo piano della porzione ex Del Torto. Altre sale sono controsoffittate. La copertura del corpo principale è stata interessata quasi interamente da un importante intervento di ristrutturazione negli anni settanta, in cui alla struttura lignea è stato sostituito un sistema di travi in calcestruzzo armato precompresso e tavelle, creando dei cordoli in c. a. a coronamento delle pareti di spina. In alcuni casi, sono presenti elementi trasversali di sostegno. La copertura delle due ali, invece, è in legno.

Notevole è la presenza di elementi di pregio. Oltre agli elementi architettonici, già individuati nelle descrizioni dei prospetti, la presenza di volte affrescate arricchisce il valore storico e artistico di questa costruzione. La Sala delle Ninfe, al pian terreno della porzione ex Lanfranchi, presenta, come detto, una volta “a specchio” o “a schifo”, con lunette su tutto il perimetro. Le decorazioni ad affresco sono presenti su tutta la superficie della volta, inquadrate da cornici in stucco, e nella strombatura delle finestre. Il pavimento è in

14

M. Giraldo, Palazzo Franchetti, una dimora sul Lungarno pisano, cit., pp. 262 - 263

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graniglia di marmo e presenta la scritta “SALVE” in corrispondenza della prima porta. Lo

scalone monumentale, che porta al primo piano, presenta rampe in pietra serena e volta a

botte affrescata a grottesche, mentre i pianerottoli sono voltati con strutture a crociera,

anch’esse affrescate. Sia l’ala Ovest che quella Est dell’edificio presentano decorazioni ad

affresco sulle pareti e sulle volte. Alcune sono state ritinteggiate, ma saggi stratigrafici ne

testimoniano la presenza. Al piano primo della porzione ex Lanfranchi, nel grande salone,

si ritrova una volta a una testa di mattoni a padiglione lunettata, affrescata. Risulta

interessante anche la fattura della struttura, visibile all’estradosso. I mattoni sono disposti di

coltello e, tra la parte centrale e le teste di padiglione, sono presenti setti di rinfianco

sormontati da catene metalliche. Le pareti della sala sono state rimaneggiate

completamente. Anche la Sala del Presidente presenta una struttura voltata affrescata con

balza e motivi di corone floreali. È da notare anche la presenza in questa sala del camino in

marmo e le decorazioni parietali scialbate.

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