42 Discussione
I neoblasti hanno diversi livelli di radiotolleranza
Diverse evidenze sperimentali dimostrano che una settimana dopo una dose letale di raggi X (30 Gy) i neoblasti, ma non le cellule differenziate, vengono distrutti e, per questo motivo, tali dosi vengono comunemente utilizzate per stabilire l’espressione di geni specifici delle cellule staminali in planaria (Cebrià et al., 2002; Guo et al., 2006;
Ogawa et al., 2002; Orii et al., 2005; Reddien et al., 2005a, b; Rossi et al., 2006, 2007;
Salvetti et al., 2000, 2005). L’evidenza che i neoblasti esprimenti DjPiwi-1 hanno una tolleranza ai 30 Gy più bassa rispetto ai neoblasti che esprimono DjMCM2 distribuiti lungo le linee laterali del corpo (Rossi et al., 2006) ci ha spinto ad indagare meglio la radiosensibilità delle cellule staminali di planaria con lo scopo di identificare nuove sottopopolazioni di neoblasti.
L’analisi dell’espressione di DjMCM2 a diversi tempi dall’irraggiamento ha permesso di identificare tre distinte sottopopolazioni di neoblasti con diversa radiosensibilità. I neoblasti localizzati nel parenchima dorso laterale sono risultati i più radioresistenti, seguiti dai neoblasti localizzati nel cordone centrale e, infine, dai neoblasti sparsi nel parenchima. L’analisi al FACS ha mostrato che le prime cellule a scomparire appartengono alla frazione X1, indicando che le cellule più radiosensibili sono incluse principalmente in questa frazione. I differenti livelli di radiotolleranza dei neoblasti ai raggi X possono essere attribuiti ad una diversa velocità di proliferazione. In particolare, una velocità di proliferazione più alta corrisponde ad una radiotolleranza più bassa. In accordo con questa ipotesi, è stato suggerito che la sottopopolazione X1 sia costituita principalmente da neoblasti in divisione che esprimono alti livelli di marcatori di proliferazione ( ad es. DjMCM2) rispetto alla frazione di cellule X2 (Hayashi et al., 2006; Higuchi et al., 2007). Inoltre, nei nostri esperimenti è stato trovato che cellule BrdU positive sono omogeneamente distribuite nel parenchima mentre pochi e piccoli gruppi di cellule sono presenti nel parenchima dorso-laterale 22 ore dopo la marcatura, un tempo in cui le uniche cellule marcate con BrdU sono neoblasti (Newmark e Sanchez Alvarado, 2000). Questo risultato supporta l’ipotesi che i neoblasti sparsi, che noi proponiamo essere la popolazione di transito, si divide più velocemente dei neoblasti localizzati nel cordone centrale e lungo il parenchima dorso laterale negli animali non irradiati. Infatti, una notevole riduzione delle celle marcate con BrdU si ha due giorni dopo il trattamento con 5 Gy, quando le cellule DjMCM2 positive sparse non sono più
43 presenti. Tre giorni dopo l’irraggiamento, quando le cellule DjMCM2 positive situate lungo il parenchima dorso laterale sono ancora presenti, non si ritrovano cellule in fase S. Recentemente è stato dimostrato che i neoblasti che esprimono Djnos, che costituiscono i clusters situati nel parenchima dorso laterale, non sono marcati con BrdU (Sato et al., 2006), suggerendo che il ciclo cellulare di questi neoblasti potrebbe essere arrestato.
Le cellule radioresistenti proliferano e ripopolano il corpo della planaria dopo il trattamento con 5 Gy
Negli animali trattati con 5 Gy si ha una forte riduzione del numero di neoblasti, tuttavia essi non muoiono. Questi animali in seguito al taglio rigenerano anche se con difetti morfogenetici, probabilmente dovuti alla ridotta disponibilità di neoblasti. La sopravvivenza è attribuita ad una popolazione di cellule radioresistenti che, 4 giorni dopo l’irraggiamento, iniziano a proliferare e ripopolano il corpo della planaria in pochi giorni. L’analisi al FACS evidenzia che le cellule della frazione X1 e X2 sono ridotte 3 giorni dopo l’irraggiamento, e aumenta nei giorni seguenti. Purtroppo la relazione tra le cellule X1 e X2 è ancora poco conosciuta e sono disponibili poche informazioni su queste frazioni cellulari, rendendo difficile dare una interpretazione univoca ai dati ottenuti. Una possibilità è che il trattamento con 5 Gy selezioni una sottopopolazione di cellule X1 resistenti alle basse dosi di raggi X che può proliferare e poi ricostituire le altre sottopopolazioni di X1 e X2. Alternativamente, è possibile che venga selezionato un sottoinsieme di cellule X2 radioresistenti che riacquisisce le capacità proliferative e che ricostituisca le diverse sottopopolazioni.
Quale è l’origine di queste cellule radio-resistenti? Una ipotesi è che le cellule che sopravvivono siano in un particolare stadio del ciclo cellulare che determina una risposta diversa ai raggi X. Un’associazione tra il danno al DNA causato dai raggi X e lo stadio del ciclo cellulare al momento dell’irraggiamento è stata dimostrata (Pawlik e Keyomarsi, 2004; Larsson et al., 2007). Un’altra possibilità è basata sull’evidenza che le popolazioni X1 e X2 contengono anche una percentuale di cellule in via di differenziamento (Hayashi et al., 2006). Quindi, le cellule che sopravvivono rappresentano una progenie in via di differenziamento e, dato che hanno una ridotta capacità proliferativa e una capacità di riparare il danno al DNA maggiore, siano più radioresistenti (Hong e Stambrook, 2004; Xu, 2005). In seguito alla perdita di neoblasti, queste cellule più radioresistenti potrebbero riacquisire le proprietà di cellula staminale
44 e ricostituire il complesso sistema di neoblasti. Questa ipotesi è supportata dal fatto che in planaria si può avere dedifferenzazione o almeno trans-determinazione (Gremigni e Miceli, 1980). Ulteriori evidenze a favore di questa ipotesi si hanno in Drosophila dove i cistocisti possono riacquisire le caratteristiche di cellula staminale e rimpiazzare le cellule germinali dopo una loro perdita dovuta ad agenti chimici genotossici e radiazioni (Kai e Spradling, 2004). Inoltre, gli spermatogoni che hanno iniziato il differenziamento possono riacquisire l’identità di una cellula staminale (Brawley e Matunis, 2004).
Il sistema nervoso può svolgere un possibile ruolo in questo processo di ripopolamento dei neoblasti attivando la proliferazione cellulare. I nostri risultati indicano che 4 e 7 giorni dopo il trattamento il numero di mitosi è drasticamente ridotto in presenza di spantide, uno specifico antagonista del neuropeptide sostanza P. Questo suggerisce che, negli animali trattati con 5 Gy, si può avere un rilascio della sostanza P.
Infatti, in animali trattati con 5 Gy è stato visto che si ha una sovraregolazione di fattori del pathway delle MAP chinasi (Rossi et al., 2007), la cui attivazione viene stimolata dal recettore della sostanza P (Luo et al., 1996; Sharif et al., 1996). Evidenze precedenti indicano l’influenza del sistema nervoso sulla proliferazione di cellule di planaria (Bautz e Schilt, 1986; Baguña et al., 1989) e/o sulla rigenerazione (Cebrià, 2007) e una correlazione tra proliferazione cellulare e sistema nervoso è stata proposta in Macrostotum sp. (Ladurner et al., 2000). La probabile proliferazione cellulare indotta dal sistema nervoso è suggerita in planaria dalla presenza di cellule DjMCM2 positive radioresistenti, che iniziano a proliferare in prossimità dei cordoni nervosi ventrali di planarie irradiate ed esse e/o la loro progenie migrano nel lato dorsale ricostituendo il sistema dei neoblasti insieme alle cellule radioresistenti dorsali. La migrazione di queste cellule è dedotta dalla presenza, tra i rami dell’intestino, di molti gruppi di neoblasti orientati verso la superficie dorsale e dall’analisi dell’espressione di DjPiwi-1. Infatti, il tipico pattern di espressione di questo marcatore viene ristabilito nelle planarie trattate con 5 Gy, dalla migrazione di cellule ventrali DjPiwi-1 positive verso la superficie dorsale. Le cellule che esprimono Djnos non partecipano alla ricostituzione dei neoblasti, in quanto non si ritrovano, nelle planarie irradiate, cellule positive ventrali poste vicino al sistema nervoso. Dato che questa sottopopolazione di neoblasti viene ricostituita in seguito alla proliferazione e migrazione delle cellule ventrali esprimenti DjMCM2, proponiamo che negli animali irradiati le cellule che esprimono Djnos derivano dalle cellule ventrali. Tuttavia, non possiamo escludere che dopo il trattamento
45 con i raggi X le poche cellule Djnos positive che rimangono possano ripristinare da sole i diversi clusters di cellule Djnos positive che si ritrovano nel parenchima dorsale.
Diversi studi sull’effetto dei raggi X sulle cellule staminali sono stai condotti nella cripta dell’intestino dei mammiferi. Le cellule staminali della cripta hanno evoluto dei meccanismi di protezione per assicurare la propria integrità genetica. In seguito a danni al DNA causati da agenti genotossici, tra cui basse radiazioni, le cellule staminali vanno incontro ad apoptosi (Potten e Ellis, 2006; Potten, 1977). La perdita di cellule staminali per apoptosi può essere compensata o dalla divisione di altre cellule staminali non danneggiate dai raggi X o da cellule ai primi stadi del processo differenziativo che riacquisiscono le proprietà di una cellula staminale (Potten, 2004). Allo stesso modo, in planaria potrebbe essere presente un compartimento di cellule staminali che comprende cellule staminali (veri neoblasti) con un’alta intolleranza al danno del DNA, neoblasti clonogenici più resistenti (ad esempio cellule figlie in una fase precoce del lineage cellulare) e la progenie di neoblasti di transito proliferante radiosensibile.
In planaria il primo evento che segue all’irraggiamento è l’induzione dell’apoptosi (Rossi et al., 2006) e la perdita della maggior parte dei neoblasti proliferanti. Il conseguente rilascio di segnali dal sistema nervoso può promuovere la proliferazione delle cellule radioresistenti in modo da rimpiazzare le cellule perse. In questo scenario, suggeriamo che le cellule che sopravvivono all’irraggiamento, ripopolano il corpo della planaria e ristabiliscano l’intero compartimento di cellule staminali, rivelando l’estrema plasticità di questi peculiari tipi di cellule staminali adulte.