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Lo sviluppo del sistema nervoso.

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INTRODUZIONE

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Lo sviluppo del sistema nervoso.

Il sistema nervoso dei Vertebrati rappresenta una delle strutture più complesse a noi note; esso è composto da miliardi di cellule e da una molteplicità di differenti tipi cellulari (Chitnis et al., 1995). In ogni regione le varie classi di neuroni e di cellule gliali si dispongono secondo un ordine e rapporti definiti. Lo sviluppo del sistema nervoso ha inizio durante gli stadi embrionali precoci, a partire dalla gastrulazione, processo attraverso il quale i tre foglietti embrionali (ectoderma, mesoderma, endoderma) raggiungono la corretta posizione spaziale: l’endoderma ed il mesoderma vengono internalizzati mentre l’ectoderma forma il rivestimento esterno dell’embrione. Durante la fase successiva di sviluppo, l’organogenesi, i tre foglietti interagiscono tra loro portando alla formazione di organi e tessuti. Uno dei punti più importanti di questa fase è la neurulazione, in cui si ha la formazione del tubo neurale che rappresenta l’abbozzo da cui deriverà il sistema nervoso centrale costituito dall’encefalo e dal midollo spinale (Gilbert, 2003). L’evento iniziale della neurulazione è rappresentato da segnali induttivi provenienti dal sottostante cordomesoderma, che spingono l’ecoderma ad acquisire un destino neurale piuttosto che divenire epidermide. L’ectoderma dorsale così si ispessisce a formare le piastra neurale i cui margini , successivamente, si sollevano originando le pliche neurali. Queste pliche convergono dorsalmente verso la linea mediana dell’embrione, delimitando dapprima una doccia neurale ed in seguito queste si congiungono e si fondono originando un tubo neurale cavo (Balinsky and Fabian, 1981)(Fig. 1). Il tubo neurale, per dare origine alle strutture nervose adulte, subisce eventi fondamentali che ne modificano profondamente l’architettura. In primo luogo vengono individuati i domini anatono-funzionali lungo l’asse antero-posteriore e dorso- ventrale attraverso l’espressione regionale specifica di numerosi geni “patterning genes”, (Lupo et al., 2002; Wilson and Rubenstein, 2000). In seguito fenomeni di proliferazione ed apposi controllano la corretta dimensione delle popolazioni cellulari.

Infine, il differenziamento e la migrazione cellulare permettono ai diversi tipi cellulari

di portare alla formazione della complessa architettura tipica del sistema nervoso adulto

(McConnell and Kaznowski, 1991).

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Formazione delle vescicole encefaliche.

Subito dopo la chiusura del tubo neurale la pressione esercitata anteriormente nel liquido al suo interno provoca l’espansione del lume. Successivi restringimenti danno origine alla formazione di due vescicole encefaliche: archencefalo e deuteroencefalo.

Dall’archencefalo prende origine il prosencefalo, mentre dal deuteroencefalo differenziano mesencefalo e romboencefalo. Dal prosencefalo si formeranno telencefalo, che costituirà gli emisferi cerebrali, e diencefalo, che darà origine a talamo, epitalamo e ipotalamo. Il mesencefalo resta indiviso ma la parte dorsale, detta tetto, è funzionalmente distinta dalla parte dorsale, detta corpo. Dal romboencefalo si originano due vescicole: il metencefalo, che differenzierà in ponte e cervelletto e il mielencefalo, che originerà il bulbo (Fig. 2). E’ importante sottolineare in questa sede che la retina neurale, parte integrante del sistema nervoso centrale, deriva da una evaginazione laterale della vescicola di encefalica.

Organizzazione istologica del sistema nervoso centrale embrionale.

Caratteristiche unificanti delle diverse regioni del sistema nervoso centrale embrionale sono la struttura istologica precoce e la dinamica di proliferazione e differenziamento cellulare.

Il tubo neurale appena formato è costituito da un neuroepitelio monostratificato, in cui si trovano neuroblasti che vanno incontro a numerosi cicli di divisione simmetrica. Solo dopo aver raggiunto un numero sufficiente di cellule, alcuni neuroblasti vanno incontro a cicli di divisione asimmetrica, in cui una cellula figlia smetterà di dividersi e comincerà a migrare (Cremisi et al., 2003). In questa fase, il tubo neurale mostra una struttura a tre strati concentrici: uno strato interno o germinativo ventricolare in cui si trovano neuroblasti in proliferazione che una volta uscite dal ciclo migrano verso l’esterno in una zona intermedia o mantellare.

La retina rappresenta un ottimo modello per lo studio in vivo del sistema nervoso centrale, in quanto ne costituisce una parte facilmente accessibile e con una struttura relativamente più semplice di altre aree di origine neurale (Cepko et al., 1996).

In particolare, negli ultimi anni l’attenzione si è concentrata sui meccanismi molecolari

che determinano la proliferazione, la sopravvivenza, il differenziamento e la

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fattori, intrinseci ed estrinseci, che regolano questi aspetti fondamentali della

retinogenesi.

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Figura 1. Formazione del tubo neurale dei Vertebrati (neurulazione).

Figura 2. Compartimentalizzazione del tubo neurale.

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Lo sviluppo dell’occhio nei Vertebrati.

Morfogenesi e struttura della retina.

L’occhio dei Vertebrati è una struttura complessa che deriva da diverse porzioni dell’embrione quali ectoderma, neuroectoderma anteriore e cellule delle creste neurali.

La prima evidenza morfologica dello sviluppo dell’occhio avviene dopo il processo di induzione neurale quando, alla fine della neurulazione, il tubo neurale forma due estroflessioni simmetriche, all’altezza delle pareti laterali del diencefalo presuntivo, che costituiranno le vescicole ottiche. Ciascuna di esse si allontana progressivamente dal diencefalo, pur rimanendovi connessa, fino ad avvicinarsi all’ectoderma sovrastante, nel quale induce un ispessimento che formerà il placode del cristallino. La vescicola ottica si trasforma poi in una struttura bistratificata, la coppa ottica (Fig. 3) dal cui strato più interno (distale) deriva la retina neurale, mentre dallo strato più esterno (prossimale) deriva l’epitelio pigmentato. Durante il processo di invaginazione della coppa ottica, il peduncolo ottico, che la collega alla parete laterale del diencefalo, si assottiglia progressivamente per formare un sottile canale che guiderà gli assoni “pionieri” dalla retina verso il tetto ottico (Gilbert, 2003).

La retina neurale matura è una struttura stratificata: in sezione trasversale è possibile apprezzare l’alternanza tra strati nucleari, costituiti dai corpi cellulari di vari tipi di neuroni, e strati plessiformi, costituiti dai processi cellulari tramiti i quali le cellule stabiliscono connessioni sinaptiche tra loro.

Procedendo dall’epitelio pigmentato verso il cristallino è possibile distinguere nell’ordine (Fig. 4 in alto):

- Lo strato nucleare esterno (ONL “outer nuclear layer”), costituito dai corpi cellulari dei fotorecettori (coni e bastoncelli).

- Lo strato nucleare interno (INL “inner nuclear layer”), costituito dai corpi cellulari di diversi tipi di cellule nervose: orizzontali, bipolari, amacrine e glia di Müller.

- Lo strato gangliare (GCL “ganglion cell layer”), costituito da cellule gangliari i cui assoni entrano nel peduncolo ottico e formano il nervo ottico.

Lo strato nucleare interno e quello esterno sono separati dallo strato plessiforme esterno

(EPL “external plexiform layer”) che consta di un intreccio di fibre nervose e dendriti di

fotorecettori, bipolari e orizzontali. Lo strato nucleare esterno e lo strato delle cellule

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gangliari sono separati dallo strato plessiforme interno (IPL “internal plexiform layer”) costituito dall’intreccio dell’espansione di cellule bipolari, amacrine e gangliari (Fawcett et al., 1994).

Questa complessa struttura istologica, al pari di tutte le altre strutture del sistema nervoso centrale, è raggiunta attraverso stadi successivi di sviluppo a partire da un neuroepitelio monostratificato. I retinoblasti vanno incontro a divisioni cellulari successive che in una prima fase aumentano il loro numero (fase proliferativa) e successivamente generano neuroni post-mitotici (fase neurogenetica). La formazione degli strati cellulari avviene nella retina dall’esterno verso l’interno. Nella retina infatti i progenitori cellulari rimangono vicini all’epitelio pigmentato continuando a produrre neuroni post-mitotici che si appongono in strati interni per tutto il periodo neurogenetico. Attraverso processi di divisione, migrazione, differenziamento cellulare ed apoptosi la retina neurale acquisisce così la caratteristica organizzazione stratificata.

Due importanti osservazioni suggeriscono i meccanismi di base con cui i diversi tipi di neuroni della retina vengono generati da progenitori cellulari indifferenziati. Classici studi di incorporazione di timidina triziata hanno mostrato che il differenziamento dei vari tipi cellulari segue nella retina un ordine conservato nei diversi vertebrati studiati:

per prime si differenziano le cellule gangliari, seguite dai coni, dalle orizzontali, dalle amacrine, dai bastoncelli, e per ultime dalle bipolari e dalla glia di Müller (Cepko et al., 1996)(Fig. 5). Inoltre studi in vivo, effettuati utilizzando vettori retrovirali contenenti il gene reporter della β-galattositasi, hanno dimostrato che un singolo progenitore cellulare retinico è in grado, a stadi precoci di retinogenesi, di generare una progenie in cui sono presenti sia i vari tipi di neuroni retinici, sia le cellule della glia di Müller (Price et al., 1987; Turner and Cepko, 1987). Queste osservazioni mostrano come un singolo retinoblasto sia, all’inizio della retinogenesi, multipotente, cioè in grado di generare tutti i tipi cellulari della retina diffreneziata. Esse inoltre suggeriscono che la competenza differenziativi di un retinoblasto in divisione cambi durante la retinogenesi.

Infine, queste osservazioni suggeriscono che i vari tipi cellulari differenziati della retina siano generati direttamente, o indirettamente, da divisioni cellulari asimmetriche di un progenitore retinico. In questo caso per divisione asimmetrica si intende una divisione cellulare che produce un progenitore che si rinnova ed una cellula post-mitotica che va incontro a differenziamento terminale.

I processi morfogenetici, istogenetici e di differenziamento cellulare terminale che

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partendo dallo strato più esterno, possiamo riconoscere tipi cellulari distinti con specifiche funzioni (Fig. 4, in basso):

-I fotorecettori che sono localizzati nell’ONL e rappresentano la porzione recettrice della retina. Essi sono orientati in maniera opposta rispetto alla direzione della luce a formare una retina invertita. Lo stimolo luminoso dai fotorecettori raggiunge le cellule bipolari che lo inviano alle cellule gangliari, attraverso i cui assoni raggiunge i centri enfatici superiori. I fotorecettori si dividono in bastoncelli, utilizzati per la visione acromatica in condizione di bassa luminosità, ed in coni, implicati nella visione dei colori tricromatica. I fotorecettori sono formati da un segmento esterno ove sono localizzati i fotopigmenti, collegato tramite un ciglio al corpo nucleare, collegato a sua volta al piede sinaptico.

-Le cellule orizzontali sono deputate a trasportare l’impulso elettrico in senso orizzontale, permettendo così una prima integrazione delle informazioni provenienti da unità recettoriali differenti. Queste cellule occupano i piani più superficiali dell’INL ed i loro dendriti si ramificano nel sovrastante strato plessiforme, dove formano sinapsi con i fotorecettori.

-Le cellule amacrine sono neuroni associativi . Tra queste possiamo individuare cellule amacrine colinergiche, che eccitano le gangliari e cellule amacrine AII, che costituiscono invece un ponte tra bipolari, bastoncelli e gangliari, per assicurare la visione in bassa luminosità (MacNeil et al., 1999). I dendriti di questi neuroni si espandono nello strato plessiforme interno.

-Le cellule di Müller sono grandi cellule della glia che attraversano l’intera porzione nervosa della retina, fino alla membrana limitante interna costituita dalle superfici basali delle cellule di Müller.

-Le cellule gangliari generano assoni che entrano nel peduncolo ottico formando il

nervo ottico. Ogni cellula gangliare risponde ad una precisa area del campo visivo, che

è il suo campo recettivo . Sono stati individuati diversi tipi di cellule gangliari,

analizzando l’attività elettrica delle singole cellule e notando che queste originavano

una scarica continua di potenziale d’azione la cui frequenza era modificata dalla luce.

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Possiamo distinguere le gangliari dette “centro-on”, quelle che vengono stimolate quando si illumina il centro del loro campo recettivo e le “centro-off” quelle che sono invece inibite.

-Le cellule bipolari prendono contatto da una parte con i fotorecettori, mentre dalla parte opposta inviano l’assone negli strati sottostanti. Ogni cellula bipolare fa parte di una precisa tipologia di neuroni classificati come “centro on” e “centro off”.

-La retina pigmentata è giustapposta a quella neurale, le cui cellule formano dei prolungamenti che si interdigitano con la porzione esterna dei fotorecettori. La retina pigmentata nell’animale adulto agisce essenzialmente assorbendo radiazioni luminose spurie, mentre durante lo sviluppo la sua funzione consiste nel guidare la morfogenesi della retina neurale e mantenerne, successivamente, l’organizzazione laminare (Raymond and Jackson, 1995). La retina pigmentata svolge anche un ruolo trofico nei confronti dei fotorecettori svolgendo un’attività fagocitica dei segmenti esterni dei fotorecettori stessi assicurandone il rinnovo continuo.

La peculiarità della retina è quindi quella di condensare una grande complessità

strutturale e funzionale in un’area piccolissima. E’ chiaro che solo dalla produzione del

giusto numero di tipi cellulari e dal loro corretto posizionamento in strati distinti

dipende in larga parte la sua capacità di tradurre ed integrare segnali luminosi con

l’accuratezza e l’efficienza che a tutt’oggi nessun’altra struttura è in grado riprodurre.

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Figura 3. Lo sviluppo dell’occhio nei Vertebrati.

(A) Formazione delle vescicole ottiche. (B,C) Interazioni induttive tra vescicole ottiche e placode della lente: formazione della coppa ottica e della vescicola della lente. (D) Induzione da parte della lente, sull’ectoderma sovrastante, per il differenziamento della cornea (Gilbert, 2003).

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Figura 4. Rappresentazione della struttura di una retina.

In alto è illustrata una sezione retinica di Xenopus leavis a st.42 (concessione del Dr.F. Cremisi). Nella sezione sono mostrati i tre strati cellulari, dal basso verso l’alto: lo strato di cellule gangliari (GCL), lo strato nucleare interno (INL) e lo strato nucleare esterno (ONL). Le frecce nere indicano i tipi cellulari che compongono l’INL. In rosso sono indicati : lo strato plessiforme interno (IPL) e lo strato plessiforme esterno (OPL). In basso è rappresentata la composizione cellulare di una retina adulta di Vertebrato.

The adult retina in section

Bipolare Orizzontale

Amacrina

GCL INL

ONL

Müller

IPL OPL

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Determinazione del destino neurale di cellule retiniche: modello della “competenza”

cellulare.

I neuroni retinici sono prodotti a partire da una popolazione di progenitori proliferanti che, in maniera ordinata, escono dal ciclo cellulare durante lo sviluppo. Un elemento chiave nella costruzione di circuiti neurali funzionali è la generazione dei corretti tipi di neuroni in posizioni e tempi di sviluppo appropriati. Il processo di determinazione del destino neurale è senz’altro regolato da una combinazione di fattori intrinseci ed estrinseci, anche se ancora non si conoscono con esattezza i loro relativi contributi durante la retinogenesi (Cepko et al., 1996) (Fig.8).

Durante lo sviluppo della retina di Vertebrato vengono generati 6 principali classi di neuroni ed un tipo di glia, in un ordine temporale generalmente conservato in tutte le specie: le cellule gangliari ed i coni sono i primi tipi ad uscire dal ciclo cellulare, le cellule bipolari e la glia di Müller gli ultimi (Harris, 1997).

Studi classici hanno messo in evidenza importanti caratteristiche del processo di differenziazione. Innanzitutto i progenitori retinici sono multipotenti, quindi in grado di dare tutti i tipi cellulari presenti nella retina (vedi paragrafo precedente). In secondo luogo esiste un ordine conservato di genesi dei diversi tipi cellulari. Un’ipotesi interessante è che i diversi destini differenziativi di una cellula, una volta che essa sia stata specificata come progenitore retinico, siano determinati da segnali ambientali.

Esperimenti per testare l’influenza dei segnali ambientali sul controllo del destino cellulare hanno indicato che i progenitori passano attraverso una serie di stati di

“competenza”, intesa come capacità di generare un certo tipo cellulare. In uno specifico

stato di competenza, un progenitore che esce dal ciclo cellulare può generare solo un

determinato tipo differenziato. Gli stati di competenza sono intrinsecamente definiti e

segnali sia estrinseci che intrinseci, positivi e negativi, regolerebbero la scelta del

destino differenziativo influenzando i cambiamenti di competenza (Livesey and Cepko,

2001).

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Retinal Cell Differentiation

Cones Ganglion

Horizontal

Amacrine Rods Bipolar

Müller

Figura 5. Modello della competenza nella retinogenesi.

La popolazione dei progenitori retinici attraversa differenti stati di competenza (cerchi di diversi colori), durante i quali sono generati solo tipi cellulari appropriati. Un progenitore retinico multipotente (bianco) genera, mediante divisioni assimetriche successive, neuroni postmitotici con destini differenziativi propri del momento di uscita dal ciclo cellulare, e un progeniotore che cambia la sua competenza differenziativa (cerchi con colori diversi) in seguito a segnali estrinseci (extracellulari) ed intrinseci (intracellulari).

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Fattori estrinseci nella retinogenesi.

I fattori estrinseci che svolgono un ruolo primario nella proliferazione e nel differenziamento sono numerosi e molto diversi tra loro; per semplicità possiamo dividerli in tre classi: fattori neutrofici, fattori di crescita, morfogeni.

Un esempio della funzione svolta da fattori estrinseci è dimostrata dal differenziamento dei bastoncelli (Ezzeddine et al., 1997). I bastoncelli sono il tipo fotorecettoriale più abbondante nella retina di topo: essi rappresentano circa il 70% dei fotorecettori (Young, 1985). Il CNTF, uno dei membri di una famiglia di citochine che include IL-6, IL-11, LIF e OSM, può alterare la specificazione dei progenitori bastoncellari ed il loro differenziamento. Il differenziamento dei bastoncelli è molto particolare, infatti questo avviene in una fase intermedia tra l’uscita del ciclo cellulare e l’inizio della sintesi del segmento esterno. In questo segmento si ha la formazione di dischi, sulla membrana dei quali si accumulano proteine fotosensibili, formate da opsina e retinale A, che catturano la luce. Quando viene aggiunto CNTF in colture postatali di retina di topo, non si ha più l’espressione di opsina nei progenitori dei bastoncelli che non hanno ancora cominciato ad esprimere questo gene. Contemporaneamente, si ha l’inizio del differenziamento delle cellule bipolari che in presenza di CNTF avviene a discapito dei bastoncelli.

Questo cambiamento di scelta nel differenziamento dimostra la plasticità dei progenitori retinici che in alcuni casi può estendersi ad un periodo postmitotico (Ezzeddine et al., 1997). Un’altro fattore che può determinare questa rispecificazione è il LIF, che si serve dello stesso recettore del CNTF per la traduzione del proprio segnale (Neophytou et al., 1997).

Un fattore estrinseco che gioca un ruolo fondamentale nel differenziamento retinico è il fattore di crescita delle cellule epidermiche (EGF). Sovraesprimendo il gene codificante per EGF, mediante l’utilizzo di retrovirus in precursori retinici, si ha un aumento del numero dei cloni contenenti cellule gliali (Lillien, 1995). Cambiamenti nella capacità di rispondere a questo fattore di crescita potrebbero conferire ai precursori retinici la competenza per diventare cellule gliali (Lillien and Cepko, 1992).

E’ stato dimostrato che in vitro lo sviluppo dei bastoncelli richiede il rilascio di

un’attività diffusibile da parte delle cellule della retina (Altshuler and Cepko, 1992). La

taurina sembra essere componente essenziale di questa attività. Essa, aggiunta a colture

cellulari di retina, stimola lo sviluppo dei bastoncelli. Questa, pur non essendo l’unico

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fattore che promuove lo sviluppo di questo tipo di fotorecettori, è richiesta in colture di cellule retiniche che promuovono lo sviluppo dei bastoncelli (Altshuler et al., 1993).

Infine l’espressione di un’antagonista della taurina è stato identificato e quando espresso mostra una inibizione parziale dello sviluppo bastoncellare in espianti di retina, suggerendoci che la taurina normalmente partecipa al differenziamento dei bastoncelli all’interno della retina

Altri esempi inerenti la funzione svolta dai fattori estrinseci si basano su esperimenti effettuati su cellule in coltura. E’ stato osservato che espianti di cellule retiniche a stadio E16 messe in coltura con cellule P0 (postnatali), mostrano una diminuzione della percentuale di amacrine ed un aumento di coni, nei confronti dei relativi controlli (Belliveau and Cepko, 1999). Questo dato ci suggerisce che le cellule P0 producono un fattore che inibisce la produzione di amacrine in progenitori E16. E’ stato dimostrato che l’origine dei fattori che inibiscono la produzione delle cellule amacrine è il differenziamento delle amacrine stesse che, tramite un meccanismo di “feedback”

negativo, indirizzano la scelta del destino di progenitori cellulari retinici. Tramite questo meccanismo, le cellule amacrine attuano un controllo, mirato alla regolazione della propria frazione.

Fattori intrinseci nella retinogenesi.

Nell’ultimo decennio sono stati isolati e caratterizzati alcuni dei geni chiave che

controllano i vari stadi dello sviluppo della retina neurale: i) identificazione del campo

morfogenetico dell’occhio ii) specificazione delle sue polarità iii) controllo della sua

proliferazione cellulare rispetto alle altre strutture del sistema nervoso centrale iv)

specificazione del destino differenziativo dei retinoblasti v) differenziamento in senso

neuronale o gliale dei retinoblasti. Molti di questi geni chiave codificano per fattori di

trascrizione, la maggior parte dei quali caratterizzata da un omeodominio. Per alcuni di

questi è ormai nota la cascata di attivazione genica a monte e a valle di essi. Essi

agiscono, per definizione, sulla stessa cellula in cui sono espressi, e costituiscono un

segnale intrinseco, o “cell-autonomous” di regolazione. Per la maggior parte di essi è

nota la necessarietà e/o sufficienza a svolgere un determinato ruolo. I più noti e

importanti fra questi geni vengono qui di seguito ricordati.

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Geni pax

I geni pax sono caratterizzati da due domini di legame al DNA: la “homeobox” ed il

“paired domain”. Quest’ultimo codifica per una sequenza di 128 aminoacidi che assume una struttura di tipo α-elica β-foglio β-giro (Xu et al., 1995). In generale, nei vertebrati Pax6 è espresso durante lo sviluppo del sistema nervoso, dell’occhio e del placode olfattivo.

Mutazioni di Pax6 causano in Drosophila il fenotipo “eyeless” (ey), caratterizzato dall’assenza di occhi (Quiring et al., 1994), dimostrandone la necessarietà alla formazione dell’occhio. Sulla base di questi importanti risultati, Pax6 è stato considerato il gene “capo regolatore” (“master control gene”) dello sviluppo dell’occhio, in grado da solo di attivare tutta la serie gerarchica dei geni che permette la morfogenesi completa dell’occhio. La sovraespressione di eyeless in dischi immaginali diversi di Drosphila causa infatti la formazione di occhi ectopici su ali, zampe ed antenne (Halder et al., 1995).

Successivamente è stato anche dimostrato che la sovraespressione di Pax6 di Drosophila in topo (Halder et al., 1995) è in grado di formare occhi ectopici. Questi lavori hanno messo in luce la straordinaria conservazione della funzione di Pax6 durante l’evoluzione. Nei topi con una mutazione eterozigote per il gene Pax6 si ha il fenotipo small eye (sey), cioè una marcata microftalmia (Hogan et al., 1988), mentre gli omozigoti non sopravvivono e sono privi degli occhi (Hill et al., 1991). Nell’uomo le mutazioni a carico di Pax 6 causano aniridia, cioè una riduzione o un’assenza totale dell’iride (Glaser et al., 1992).

Studi sulla retinogenesi hanno evidenziato un ruolo di Pax6 nel mantenimento della multipotenzialità dei precursori retinici (Brown et al., 1998). E’ stato visto inoltre che Pax6 controlla la trascrizione di fattori gHLH coinvolti nella retinogenesi e necessari alla generazione di tutti i tipi cellulari retinici ad esclusione di uno. Inattivando a stadi tardivi la funzione di Pax6, si ha la formazione di un solo tipo cellulare nella retina, le cellule amacrine (Marquardt et al., 2001). Quest’ultimo risultato mette in evidenza una caratteristica comune a molti geni contenenti omeodominio, e cioè la capacità di svolgere funzioni diverse in stadi successivi di sviluppo di una stessa struttura.

In Xenopus, l’espressione di Xpax6 nell’occhio è localizzata sia in regioni di

derivazione nervosa – la retina neurale e pigmentata – sia in porzioni di derivazione

ectodermica – la cornea e il cristallino. Temporalmente possiamo distinguere due fasi di

espressione di Xpax6 nella retina (Hirsch and Harris, 1997). Nella fase più precoce, da

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stadio 13 a stadio 33/34, il gene è espresso in tutta la retina in sviluppo. Nella fase più tardiva, a partire da stadio 35, la sua espressione si ritrova solo nelle cellule gangliari ed amacrine differenziate e nella zona marginale ciliare (CMZ) contenente progenitori staminali retinici (Perron et al., 1998).

Geni Otx

Questa famiglia comprende geni “homeobox” dei Vertebrati omologhi ad orthodenticle (otd) di Drosophila, un gene gap cefalico in grado di controllare lo sviluppo della testa e del sistema nervoso del moscerino della frutta (Finkelstein and Perrimon, 1990;

Finkelstein et al., 1990). Questi geni codificano per fattori di trascrizione con omeodominio di tipo paired-like. L’omeodominio è una regione di circa 60 aminoacidi in grado di legare DNA detta homeobox. Questo nome deriva dalla sua originale identificazione nei loci omeotici di Drosophila. Nella regione C-terminale, l’omeodominio possiede un motivo HTH (Helix-Turn-Helix), inizialmente identificato come dominio di legame al DNA dei repressori fagici. Nei vertebrati, sono stati trovati diversi membri appartenenti a questa famiglia, identificati come: Otx1, Otx2, Otx3, Otx4, Otx5, Otx5b e crx, tutti interessati nella formazione delle parti anteriori dell’embrione e degli organi sensoriali. I primi identificati sono stati Otx1 e Otx2, nel topo (Simeone et al., 1992); topi Otx2(-/-) muoiono precocemente durante lo sviluppo per difetti di gastrulazione e sono privi del neuroectoderma destinato a dare strutture del prosencefalo, del mesencefalo del romboencefalo rostrale (Acampora et al., 1995).

Anche in Zebrafish sono stati caratterizzati i due ortologhi dei geni Otx1 e Otx2 di topo:

zOtx1 è espresso nell’ipoblasto, nel mesoderma assiale e nel neuroectoderma, anticipando l’espressione di zOtx2 (Li et al., 1994). E’ stato anche descritto un nuovo membro, detto zOtx3 la cui espressione è simile a quella di zOtx1 (Mercier et al., 1995).

In Xenopus, Xotx2 sembra svolgere gli stessi ruoli dell’omologo murino, favorendo lo sviluppo delle strutture anteriori e della testa. Infatti, la sovraespressione di Xotx2 (analogamente a Xotx5), produce ghiandole del cemento e tessuti neurali ectopici, nonché grosse anomalie dello sviluppo, in cui si ha la perdita o riduzione delle strutture posteriori e mancata chiusura del tubo neurale (Andreazzoli et al., 1997; Vignali et al., 2000).

Così come per Pax6, studi di perturbazione dell’espressione genica tardiva di otx2 e

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dimostrato che Xotx2 ed Xotx5 sono sufficienti e necessari a specificare, rispettivamente, cellule bipolari e fotorecettori.

Strettamente imparentato con gli otx è il gene crx, espresso nei fotorecettori della retina e nei pinalociti (Furukawa et al., 1997b). Crx è in grado di attivare numerosi geni specifici come la rodopsina ed altri geni noti come irbp (Interphotoreceptor Retinoid Binding Protein), β-fosfodisterasi, arrestina. Topi crx (-/-) non sviluppano il segmento esterno dei fotorecettori e manifestano la perdita di ogni capacità fototrasduttiva (Furukawa et al., 1999).

Mutazioni di crx nell’uomo sono associate alla distrofia dei coni e dei bastoncelli, una grave degeneraione dei fotorecettori che causa cecità (Freund et al., 1997), retinite pigmentosa e amurosi congenita di Leber, una grave retinopata infantile dovuta alla degenerazione di coni e bastoncelli.

Geni Six

I geni appartenenti a questa famiglia codificano per dei fattori di trascrizione contenenti due domini genici molto conservati: l’omeodominio, presente in tutti i geni

“homeobox” ed il “Six-domain”, caratteristico della famiglia, che codifica per una sequenza di 110-115 amminoacidi. Entrambi i domini sono in grado di legare il DNA a livello di specifiche sequenze.

Sine oculis (so) è stato il primo gene isolato in Drosophila appartenente a questa famiglia (Cheyette et al., 1994). Mutazioni in so causano in Drosophila riduzione o assenza di occhi: questo è dovuto alla mancata formazione di cellule progenitrici retiniche, che vanno incontro ad apoptosi prima della formazione del campo morfogenetico della retina. Nel topo sono stati isolati sei geni Six (Six1-Six6), tra i quali Six3 e Six6/Optx2, che hanno un dominio di espressione limitato alle regioni anteriori dell’encefalo e dell’occhio in sviluppo.

Nell’occhio dei Vertebrati in sviluppo Optx2 si esprime sia nella vescicola ottica che nel sovrastante ectoderma, e successivamente nella retina neurale e nel peduncolo ottico.

Non è espresso nell’epitelio pigmentato, nel placode del cristallino o nel cristallino stesso (Toy et al., 1998). In Xenopus, la sua espressione permane nel margine ciliare dove le cellule retiniche continuano a dividersi per tutta la vita dell’animale (Perron et al., 1998).

Embrioni iniettati con mRNA di Xoptx2 mostrano un’espansione delle regioni di

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dimostra che è avvenuto un ampliamento del campo dell’occhio. L’espansione dell’occhio nel fenotipo “giant eyes” risulta essere dovuta ad un aumento della proliferazione cellulare (Zuber et al., 1999).

Nella regione ottica dei Vertebrati Six3 è inizialmente espresso nella vescicola e nel peduncolo ottico. In seguito, l’mRNA di Six3 compare nella retina neurale, nell’epitelio pigmentato e nel cristallino. Infine l’espressione di questo gene nella retina neurale, si restringe allo strato interno. L’iniezione di Six3 in embrioni precoci provoca la formazione di retina ectopica in Xenopus (Loosli et al., 1999).

Geni Rx

I geni Rx dei Vertebrati sono stati scoperti indipendentemente in tre laboratori diversi (Casarosa et al., 1997; Furukawa et al., 1997a; Mathers et al., 1997). Questi geni codificano per un fattore di trascrizione con omeodominio, appartenente alla classe

“paired-like”. Due omologhi del gene Rx sono state finora trovate nei Mammiferi (Wang et al., 2004) e in pollo (Ohuchi et al., 1999), mentre nel pesce zebra ne sono stati isolti tre (Chuang et al., 1999).

In Xenopus, Xrx1 comincia ad essere espresso, durante la gastrulazione, nella piastra neurale anteriore, a livello dei territori presuntivi di telencefalo, diencefalo e retina.

Successivamente la sua espressione si localizza nelle strutture neurali dell’occhio in sviluppo (retina ed epitelio pigmentato) ed in altre strutture derivanti dalla piastra neurale anteriore: l’epifisi e il pavimento del diencefalo, che formerà l’ipotalamo, l’ipofisi e il chiasma ottico. Esperimenti di ibridazione in situ “whole mount” (Casarosa et al., 1997) hanno dimostrato che l’espressione di Xrx1 è rilevabile fino a stadio 45.

La sovraespressione di Xrx1 in Xenopus causa un’iperproliferazione della retina neurale, dell’epitelio pigmentato e del tubo neurale; a livello istologico nell’occhio si osserva, oltre alla presenza di retina pigmentata ectopica, una disorganizzazione della struttura laminare della retina neurale. Inoltre la perdita di funzione di Xrx1 condotti in Xenopus portano ad occhi ridotti o assenti e alla mancanza di regioni anteriori, dimostrando che Xrx1 è necessario allo sviluppo delle strutture visive e dell’encefalo anteriore (Andreazzoli et al., 2003).

Xrx1 è necessario non solo alla specificazione dell’identità strutturale delle strutture

neurali anteriori, ma anche al controllo della proliferazione cellulare dei progenitori

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Xrx1 (Casarosa et al., 2003). E’ importante notare che in questi esperimenti Xrx1 svolge anche un ruolo di mantenimento della multipotenza dei progenitori retinici, che sono in grado di generare neuroni di tipo precoce (cellule gangliari) quando la retina normalmente produce neuroni di tipo più tardivo (Casarosa et al., 2003).

Gene Chx10

Durante lo sviluppo neurale, precursori cellulari, danno origine ad una grande varietà di neuroni e glia. E’ stato dimostrato che combinazioni di fattori di trascrizione come homeobox e bHLH (helix-loop-helix), sono coinvolti nella specificazione di molti sottotipi neurali (Guillemot, 1999).

In topo, recenti studi hanno dimostrato che lo sviluppo di cellule bipolari all’interno della retina è regolato almeno da due classi di fattori di trascrizione. Sia il gene homeobox Chx10 che i geni bHLH, Mash1 e Math3, sono inizialmente espressi nei precursori retinici e successivamente in cellule bipolari. Il gene Chx10 è ortologo di Vsx2 in zebrafish e Chx10-1 di mucca e dell’uomo. Mutazioni di Chx10 producono una riduzione dei precursori retinici ed una completa perdita di cellule bipolari (Burmeister et al., 1996). Mutazioni di Math3 non danno anomalie all’interno della retina, mentre si ha un piccolo decremento del numero di cellule bipolari nei mutanti Mash1. Invece doppi mutanti Mash1-Math3 mostrano una perdita completa di cellule bipolari nella retina di topo ed un aumento di glia di Müller, in cui permane l’espressione di Chx10.

Questa osservazione suggerisce che l’espressione di Chx10 sia compatibile con la

gliogenesi (Hatakeyama et al., 2001). Mutazioni di Chx10, Mash1 e Math3 fanno

diminuire le cellule bipolari dimostrando che questi fattori sono essenziali per la

specificazione del destino di queste cellule. Diversamente a questi fenotipi, nel doppio

mutante Mash1-Math3 si nota un aumento di glia di Müller, mentre ciò non accade nei

mutanti Chx10; questa differenza suggerisce che queste due classi di fattori svolgono

ruoli distinti nella specificazione delle cellule bipolari. In accordo con quanto detto, la

sovraespressione di Chx10, tramite retrovirus in espianti di retina messi in coltura,

induce la generazione delle cellule dello strato nucleare interno, incluso la glia di

Müller. La sovraespressione di Mash1-Math3 invece, non promuove la genesi di

bipolari ma inibisce la gliogenesi. Infine, la sovraespressione dei tre geni sopra citati

provoca un aumento della popolazione di cellule bipolari e una diminuzione di glia di

Müller.

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Possiamo perciò concludere che i geni omeobox producono l’identità specifica dello strato nucleare interno, mentre i bHLH regolano la determinazione del destino neurale a discapito di quello gliale; insieme, questi tre fattori promuovono il destino bipolare (Hatakeyama et al., 2001).

E’ importante notare che proteine appartenenti alla famiglia degli inibitori di kinasi dipendenti da ciclina (cdkis) Kip1, come p27, sono presenti in concentrazione molto elevata nei progenitori retinici di cellule deficienti di Chx10. Questo suggerisce che Chx10 sia necessario per la normale regolazione delle proteine Kip durante lo sviluppo della retina (Green et al., 2003).

Gene Xbh1

In Drosophila il gene BarH è necessario per la corretta specificazione dei fotorecettori dell’occhio R1/R6 (Hayashi et al., 1998). Nei vertebrati è stato identificato un gene homeobox omologo, Xbh1, espresso all’interno delle cellule gangliari durante il differenziamento retinico (Poggi et al., 2004).

E’ stato dimostrato che Xbh1 svolge un ruolo importante nella scelta differenziativa delle cellule della retina, promuovendo differenziamento di cellule gangliari a discapito dei fotorecettori. Xbh1 è un repressore trascrizionale ed è attivato dai geni proneurali Xath3 e Xath5. Il fatto che l’espressione di Xath5 preceda e più tardivamente si sovrapponga parzialmente all’espressione di Xbh1 nella CMZ ha suggerito la possibilità di un interazione regolatoria tra questi due geni (Poggi et al., 2004). Esperimenti condotti su “animal caps” in cui è stato iniettato mRNA Xath5 dimostrano che esso è in grado di attivare trascrizionalmente Xbh1. L’iniezione di Xath3 in “animal caps” è capace di attivare sia Xbh1 che XBrn3.0, una sottofamiglia di fattori di trascrizione homeobox “Pou” (Hutcheson and Vetter, 2001; Perron et al., 1998). Dato che l’espressione di XBrn3.0 è più tardiva di Xbh1 ed è ristretta alle gangliari post mitotiche della retina centrale (Perron et al., 1998), è possibile che Xbh1 induca espressione di XBrn3.0. Esperimenti su animal caps hanno infatti dimostrato infatti l’attivazione di XBrn3.0 seguita da iniezione di Xbh1 (Poggi et al., 2004).

Geni proneurali con dominio “helix-loop-helix”

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Entrambe queste fasi sono controllate da una serie di fattori di trascrizione denominati

“basic Helix-Loop-Helix” (bHLH). Nella Drosophila sono stati identificati gruppi di fattori bHLH, codificati da complessi di geni come “achaetescute complex” e “atonal complex”, denominati geni proneurali. Esistono anche geni bHLH, come hairy ed Enhancer of split, che antagonizzano i primi e inibiscono il differenziamento neuronale (Fig. 6). Queste classi di geni sono conservate sia strutturalmente che funzionalmente dalla Drosophila ai vertebrati (Kageyama and Nakanishi, 1997).

I fattori bHLH esplicano la loro funzione come omodimeri o eterodimeri e si legano ad una sequenza di DNA comune (CANNTG) chiamata “E-box”. La regione basica delle proteine bHLH prende contatto con il DNA, mentre il dominio helix-loop-helix (HLH) è responsabile della formazione di dimeri. E’ importante qui ricordare che eterodimeri formati da un monomero della classe proneurale e da un monomero della classe dei bHLH antagonisti sono funzionalmente inattivi.

I geni proneurali sono necessari, ma non sufficienti, ad indirizzare un progenitore verso un fenotipo neuronale. In questo contesto i geni neurogenici giocano un ruolo fondamentale, mediando il cosiddetto processo di “inibizione laterale”. Grazie a questo processo, da un gruppo di cellule esprimenti geni proneurali, denominato in Drosophila

“gruppo proneurale”, verrà selezionato un sottogruppo di cellule che diverranno precursori neurali (Chitnis et al., 1995).

I principali esecutori del processo di inibizione laterale sono i geni neurogenici Notch e Delta, anch’essi conservati nei vertebrati. Il primo è un recettore di membrana, mentre il secondo è il suo ligando, anch’esso legato alla membrana. Data la localizzazione cellulare dei prodotti di questi due geni, l’attivazione del recettore Notch di una cellula è possibile solo ad opera di un ligando delta situato su una cellula vicina. L’attivazione di Notch risulta in una repressione funzionale dei geni proneurali, mediante l’attivazione di geni bHLH antagonisti dei geni proneurali (Coffman et al., 1990; Wettstein et al., 1997) (Fig.6). I geni proneurali sono a loro volta responsabili della produzione del ligando delta. In un gruppo proneurale di progenitori proliferanti le cellule inibiscono cosi’

vicendevolmente l’espressione dei geni proneurali. Per un processo casuale, le cellule del gruppo proneurale che per prime producono una maggior quantità di geni proneurali esprimono Delta in concentrazioni più alte; questo fattore andrà ad attivare Notch nelle cellule limitrofe inibendone il differenziamento neuronale.

Il rapporto tra i complessi di geni bHLH antagonisti è importante per il “timing” del

differenziamento e per la generazione del corretto numero di neuroni anche nei

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vertebrati (Kageyama and Nakanishi, 1997). In particolare sono stati descritti alcuni esempi del ruolo dei geni proneurali e della via di segnale attivata da notch nel controllo della retinogenesi. Nel 1997 Harris e collaboratori hanno mostrato che cellule che sovraesprimono precocemente Delta vicine a cellule wild type adottano destini differenziativi precoci (gangliari e coni), suggerendo un ruolo chiave dell’inibizione laterale nella regolazione del “timing” retinogenetico(Dorsky et al., 1997). Gli omologhi di vertebrato del gene proneurale di Drosophila ath sono peraltro implicati nelle scelte differenziative dei progenitori retinici. Math5-Xath5 è necessario in topo (Yang et al., 2003) e sufficiente in Xenopus (Kanekar et al., 1997) al differenziamento delle cellule gangliari. XNeuroD induce differenziamento di cellule amacrine (Moore et al., 2002).

Tuttavia il tipo differenziativo indotto dalla sovraespressione di Xath dipende dal contesto di espressione (Ohnuma et al., 2002) e dal momento di sviluppo in cui esso agisce (Moore et al., 2002). Inoltre XneuroD e Xath5, se sovraespressi o attivati in modo eterocronico in progenitori retinici, possono indurre differenziamento di altri tipi cellulari, come bipolari per Xath5, o gangliari per XneuroD (Moore et al., 2002). In conclusione si può pensare che l’inibizione laterale regoli l’attivazione di geni proneurali in singoli progenitori di un gruppo proneurale a tempi diversi dello sviluppo.

L’attivazione dei geni proneurali agirebbe senz’altro inducendo un differenziamento

neuronale anziché gliale, e presumibilmente a spingere la cellula fuori dal ciclo

cellulare. Tuttavia il tipo di neurone non sarebbe determinato dal tipo di gene

proneurale attivato, bensì dalla combinazione di segnali estrinseci ed intrinseci cui il

progenitore è sottoposto al momento dell’uscita dal ciclo cellulare.

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Figura 6. Cascata di trasduzione della via di segnalazione Delta-Notch e inibizione laterale (dettagli nel testo).

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La CMZ:una ricapitolazione della retinogenesi.

In alcuni vertebrati, come i Pesci e gli Anfibi, l’occhio continua a crescere durante tutta la vita dell’animale, mantenendo le dovute proporzioni rispetto alle dimensioni dell’animale. In questi organismi, ai bordi della coppa ottica, esiste una zona denominata zona del margine ciliare (CMZ), formata da cellule indifferenziate da cui differenziano nuove cellule retiniche e pigmentate durante tutta la vita di questi organismi. Incorporazioni di BrdU (bromodesossiuridina)o timidina triziata, (composti in grado di marcare il DNA di cellule in mitosi) evidenziano anelli di cellule marcate, suggerendo una migrazione di nuove cellule a partire dalla CMZ che si aggiungono alla retina matura dalla periferia. In un pesce o in un anfibio adulto l’area più centrale della retina è così composta dalle cellule più vecchie, nate durante l’embriogenesi; più ci si allontana da quest’area e più recente è l’origine delle cellule. La CMZ può essere suddivisa in zone. L’ordine con cui sono espressi i geni nella CMZ rispecchia, molto probabilmente, l’ordine temporale con cui questi geni vengono espressi durante l’embriogenesi (Perron et al., 1998)(Fig. 7). Anche nei mammiferi esiste una regione omologa, detta margine ciliare pigmentato (PCM), contenente cellule staminali quiescent che rappresentano uno strato per la rigenerazione dei diversi tipi cellulari della retina adulta (Tropepe et al., 2000)

La CMZ presenta una precisa organizzazione cellulare dalla periferia fino al margine centrale. In Xenopus possono essere identificate quattro zone principali ciascuna caratterizzata dall’espressione differenziale di geni implicati nel programma di differenziamento retinico (Perron et al., 1998).

• Zona 1 (di specificazione): rappresenta la parte più periferica della CMZ dove l’epitelio pigmentato si ripiega sulla retina neurale. Qui troviamo cellule staminali in grado di dare origine sia a cellule della retina che all’epitelio pigmentato. Qui vengono espressi Xpax6, Xrx1, e Xsix3, che sono i geni ad espressione più precoce nello sviluppo dell’occhio.

• Zona 2 (proneurale e neurogenica): i retinoblasti qui presenti originano cloni di

cellule neurali e gliali. In questa zona ha inizio il differenziamento neurale e

contemporaneamente l’inibizione dello stesso mediante interazioni cellula-

cellula mediata dalla via di segnalazione di Notch; queste cellule continuano

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presenti ai primordi nella coppa ottica. I geni espressi in questi retinoblasti sono geni neurogenici come XNotch1 e proneurali come Xash1 e Xash3.

• Zona 3 (di determinazione): avviene qui la dterminazione del tipo cellulare. In questa zona della CMZ sono espressi geni omologhi al complesso “atonal “ di Drosophila, Xngnr, Xath3, Xath5 e XNeutoD. Questi geni sono espressi in un tempo successivo all’espressione di Xash anche nell’embriogenesi (Perron et al., 1998).

• Zona 4 (di differenziamento): è la zona più centrale. Le cellule presenti in questa regione sono già post-mitotiche e non esprimono più Notch, Delta e Xash; in questa zona cominciano ad essere espressi geni marcatori di specifici tipi cellulari come Brn-3 nello strato delle cellule gangliari (Hirsch and Harris, 1997).

La peculiare organizzazione della CMZ costituisce un importantissimo contributo alla

comprensione dello sviluppo della retina ed un ulteriore modello per lo studio del

differenziamento del sistema nervoso.

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Figura 7. Rappresentazione schematica della CMZ di Xenopus.

La zona 1 della CMZ contiene cellule staminali quiescenti. Le zone 2 e 3 contengono cellule in attiva proliferazione, mentre nella zona 4 le cellule sono già post-mitotiche e in fase di differenziamento terminale. Nella parte più centrale la retina appare già differenziata e sono riconoscibili i tipici strati cellulari; ONL (strato nucleare esterno), INL (strato nucleare interno), GCL (strato delle cellule gangliari) (Perronetal.,1998).

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Ciclo cellulare e differenziamento.

Un aspetto fondamentale della retinogenesi riguarda i rapporti esistenti tra il ciclo cellulare ed il differenziamento. La specificazione dei tipi cellulari retinici è infatti legata alla progressione ed all’uscita dal ciclo cellulare.

I progenitori retinici ciclanti intraprendono, durante lo sviluppo dell’occhio, diverse scelte che sono in grado di influenzare il destino della loro progenie. Una prima decisione concerne il tipo di divisione cui andranno incontro: simmetrica in cui le figlie rimangono entrambe mitotiche o post-mitotiche, oppure asimmetrica, in cui una cellula figlia rimane mitotica mentre l’altra post-mitotica. Durante l’intero sviluppo della retina si assiste ad un cambiamento nella modalità di divisione intrapresa dai retinoblasti:

negli stadi precoci la maggior parte di essi si divide simmetricamente, per aumentare il numero dei progenitori, mentre negli stadi tardivi avvengono divisioni asimmetriche per produrre neuroni post-mitotici che differenzieranno nei diversi tipi retinici (Livesey and Cepko, 2001).

Gli stati di competenza dei progenitori sono coordinati con il ciclo cellulare. In Drosophila il tipo di neurone generato da un neuroblasto è determinato dall’espressione sequenziale dei fattori di trascrizione Hunchback, Krüppel, Pdm e Castor, che sono necessari e sufficienti a generare e specificare i differenti tipi cellulari neurali della progenie, secondo un preciso ordine temporale (Isshiki et al., 2001). E’ stato dimostrato che i neuroblasti dei mutanti cdc25, il cui ciclo si arresta alla transizione G2 → M, non possono esprimere la corretta sequenza genica Hunchback → Krüppel → Pdm → Castor (Isshiki et al., 2001). Ciò suggerisce l’esistenza di un “orologio cellulare”

dipendente dal ciclo cellulare, in grado di guidare la trascrizione di questi geni e la relativa scelta del destino differenziativo intrapreso dai neuroblasti in Drosophila (Isshiki et al., 2001).

Nei Vertebrati osservazioni recenti suggeriscono che la progressione nel ciclo cellulare

possa influenzare il tipo differenziativo: la sovraespressione di Xcdk2/XciclinaA2 in

progenitori retinici di Xenopus porta al differenziamento di un minor numero di cellule

gangliari e coni (i primi a formarsi) e un maggior numero di cellule bipolari e

bastoncelli (le ultime a formarsi). Ciò si può spiegare pensando che i progenitori vadano

incontro nel il tempo a cambiamenti di competenza del destino differenziativo.

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Ritardando l’uscita dal ciclo cellulare si favorirebbe così il differenziamento di tipi cellulari tardivi (Casarosa et al., 2003).

Il corretto ordine temporale (“timing”) della specificazione del destino differenzitivo nella retina sembra quindi dipendere da un dialogo tra i due principali macchinari molecolari cellulari che controllano rispettivamente ciclo cellulare e il differenziamento (Cremisi et al., 2003).

L’identificazione di molecole con una duplice funzione, in grado cioè di regolare al tempo stesso ciclo cellulare e differenziamento, sembra avvalorare questa ipotesi. In Drosophila, prospero (i cui ortologhi nei Vertebrati sono Prox-1 e Prox-2b) è un fattore di trascrizione con un ruolo importante nello sviluppo del sistema nervoso centrale.

Dividendosi asimmetricamente, i neuroblasti di Drosophila originano un altro neuroblasto ed una cellula più piccola, la “ganglion mother cell” (GMC), che subirà un’ultima divisione, dando origine a due cellule figlie che differenzieranno in neuroni o glia. La proteina Prospero è sintetizzata nei neuroblasti, localizzata nel citoplasma e distribuita asimmetricamente. La cellula figlia che la eredita assume il destino di GMC.

Prospero viene infatti traslocata dentro il nucleo e questo evento coincide con l’arresto del ciclo nelle cellule derivanti dall’ultima divisione della GMC, attivando contestualmente il programma di differenziamento neuronale (Myster and Duronio, 2000). E’ stato dimostrato che prospero è responsabile dell’uscita dal ciclo cellulare:

mutanti prospero mantengono un’attività mitotica in tutto il sistema nervoso centrale, mostrando alti livelli di ciclinaA, ciclinaE e cdc25. La sua sovraespressione provoca un arresto precoce della divisione cellulare e i geni suddetti vengono repressi (Li and Vaessin, 2000).

Il ruolo giocato da prospero rivela uno stretto accoppiamento tra la regolazione del ciclo cellulare e l’avvio del programma di differenziamento che una cellula intraprende.

Occorre notare che l’uscita dal ciclo cellulare è una condizione necessaria per una

cellula affinché possa differenziare. Pertanto la stretta correlazione tra i due eventi

potrebbe rilevarsi spesso una contingenza, piuttosto che uno stretto accoppiamento

molecolare. Esiste tuttavia nei vertebrati un chiaro esempio di molecola con doppia

funzione che accoppia l’uscita dal ciclo cellulare alla specificazione di uno specifico

tipo differenziativo. Questa molecola è p27Xic1, un inibitore di cdki appartenente alla

famiglia cip/kip dei cdkis. La sovraespressione di p27Xic1 in progenitori retinici ne

causa la precoce uscita dal ciclo cellulare ed il differenziamento (Ohnuma et al., 1999).

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differenziativo gliale (Muller glia), che è dovuto all’azione di uno specifico domino proteico posto nella regione N-terminale della proteina; questo domino è vicino ma distinto dai domini di repressione del macchinario del ciclo cellulare che sono presenti e conservati in altri membri della famiglia cip/kip. Se deleto dalla proteina, questa perde la capacità di far differenziare in senso gliale i progenitori ma mantiene la funzione inibitoria del ciclo cellulare propria delle cdkis.

p27Xic ha verosimilmente anche un ruolo nella neurogenesi retinica. Il suo livello aumenta progressivamente nei progenitori retinici prima della loro uscita dal ciclo cellulare (Ohnuma et al., 2002). Inoltre la sua funzione è regolata dal contesto in cui esso viene espresso. La sua sovraespressione tardiva non produce infatti differenziamento di glia di Muller bensì tipi neuronali che dipendono dal momento della sovraespressione (Ohnuma et al., 2002). La sua azione è infatti dipendente dalla via di attivazione di Notch e dall’azione di geni proneurali. La co-espressione di p27Xic e Xath5 in progenitori lipotrasfettatti genera un maggior numero di cellule gangliari di quelle indotte dalla sola lipotrasfezione di Xath5 (Ohnuma et al., 2002). Un’ipotesi accattivante è che p27Xic regoli il “timing” di uscita dal ciclo cellulare dei progenitori retinici. Progenitori che accumulano p27Xic sopra una determinata soglia uscirebbero dal ciclo cellulare. A seconda della loro “competenza” al momento dell’uscita dal ciclo cellulare, i progenitori sceglierebbero destini differenziativi distinti in momenti diversi della retinogenesi. Progenitori che, a causa dell’inibizione laterale di neuroni vicini esprimenti Delta, non esprimono alti livelli di geni proneurali ma hanno accumulato p27Xic sopra una determinata soglia, uscirebbero dal ciclo cellulare e si differenzieranno come glia di Muller.

La progressione nel ciclo cellulare di un progenitore retinico sembra quindi un requisito

necessario per acquisire nel tempo distinti destini differenziativi e poter generare tutti i

tipi cellulari maturi della retina. Esiste tuttavia un’osservazione sperimentale che

contrasta parzialmente con questo modello. Il blocco della progressione del ciclo

cellulare, ottenuto in embrioni di Xenopus utilizzando gli inibitori della progressione

della fase S idrossiurea ed afidicolina (HUA), non impedisce il differenziamento

neuronale (Harris and Hartenstein, 1991). Retine trattate con HUA generano, anche se

con minore efficienza dei controlli, neuroni morfologicamente simili a cellule gangliari

e fotorecettori, o che esprimono marcatori molecolari di cellule amacrine. Le retine di

embrioni trattati con HUA non sono tuttavia correttamente stratificate, e non è stato

verificato che esse contengano nella giusta proporzione i diversi tipi cellulari cosi come

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retine normali (Harris and Hartenstein, 1991). Ulteriori studi sull’effetto di trattamenti farmacologici o di cdkis sono pertanto necessari a stabilire con esattezza il ruolo del ciclo cellulare sul corretto “timing” istogenetico.

Gene gadd45γ (growth arrest and DNA damage-inducible).

Gadd45, MyD118e CR6 (chiamati anche GADD45-α, β e γ), appartengono ad una famiglia di geni codificanti per piccole proteine nucleari che svolgono un importante ruolo nel controllo negativo della proliferazione cellulare. Dati riportati in letteratura descrivono per questi geni funzioni simili, ma non identiche, nel controllo dell’apoptosi ed in processi di soppressione della crescita. Il gene Xgadd45γ (omologo di CR6) è un inibitore del ciclo cellulare espresso in Xenopus durante il differenziamento del sistema nervoso centrale. Dato il suo ruolo centrale nel controllo della transizione tra stato di progenitore neurale proliferante e neurone post-mitotico, Xgadd45γ rappresenta anche un possibile strumento molecolare per indagare il ruolo del ciclo cellulare nella specificazione del destino differenziativo.

In Xenopus le omoproteine Xiro coordinano l’uscita dal ciclo cellulare e il differenziamento neuronale (de la Calle-Mustienes et al., 2002). In questo organismo la sovraespressione del gene Xiro promuove l’attivazione del gene proneurale Xngnr1; ciò nonostante essa sopprime anche il differenziamento neuronale. Questo è probabilmente dovuto alla sovraregolazione esercitata sui repressori del destino differenziativi neuronale XHairy2A e XZic2. In accordo con questo, i neuroni primari si sviluppano ai bordi del dominio di espressione di Xiro. Contemporaneamente a questo processo si ha una regolazione negativa di Xgadd45γ, che si esprime in territori in cui le cellule escono dal ciclo di divisione mitotica e dove si esprimono i neuroni primari. Si è dunque concluso che, durante la formazione dei neuroni primari in Xenopus, nei territori in cui viene espresso Xiro il differenziamento neuronale è impedito, mentre nelle cellule adiacenti, Xgadd45γ spingerebbe le cellule fuori dal ciclo cellulare favorendone il differenziamento neuronale (de la Calle-Mustienes et al., 2002).

E’ da notare che il profilo di espressione spaziale e temporale di Xgadd45γ coincide largamente con il ligando di XNotch1, XDl1 (omologo di delta in Xenopus; vedi Fig.9).

In accordo con il modello dell’inibizione laterale, l’attivazione della via di Notch

all’interno di un progenitore ne mantiene il potenziale mitotico, prevenendone il

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funzione di Xgadd45γ potrebbe essere quella di coordinare la via di segnalazione di

Notch e l’arresto del ciclo cellulre. Così cellule che nella piastra neurale di Xenopus

esprimono un alto livello di geni proneurali indurranno espressione di XDl1 e

Xgadd45γ. Il primo permette alle cellule di sfuggire all’inibizione laterale (inibendo

indirettamente l’espressione di XDl1 delle cellule vicine), il secondo ne permette

l’uscita dal ciclo cellulare. L’arresto delle divisioni mitotiche mediato da Xgadd45γ è

probabilmente dovuto all’interazione di questo con le cicline e con i cdkis. In cellule

confinanti con un neurone post-mitotico la via di segnalazione di Notch è attivata, i geni

proneurali e Xgadd45γ sono sottoregolati e non possono quindi verificarsi l’arresto del

ciclo cellulare ed il differenziamento. E’ interessante notare che l’induzione di

Xgadd45γ in colture cellulari arresta le divisioni nella fase G1. Questa fase comporta

l’uscita dal ciclo cellulare, richiesta fondamentale per il differenziamento neurale. (de la

Calle-Mustienes et al., 2002).

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Figura 8. Modello integrato per la scelta del destino differenziativo.

In questo modello si ipotizza un dialogo tra il macchinario del ciclo cellulare implicato nel differenziamento e quello di controllo del ciclo cellulare. Fattori intrinseci (IF) ed estrinseci, possono spingere un progenitore cellulare a differenziarsi nel tipo cellulare competente in quel determinato momento dello sviluppo (concesso dal Dott. Federico Cremisi).

Figura 9. Modello di funzionamento di Xgadd45γ nei territori della neurogenesi primaria.

Nei territori in cui si ha il diffrenziamento di neuroni primari (cellule rosse), Xgadd45γ viene attivato da Xneurogenin (Xngn) per provocare l’uscita di questi dal ciclo cellulare. Le cellule vicine, sottoposte all’inibizione laterale, inibiranno il differenziamento neurale reprimendo l’attivazione di Xngn e Xgadd45γ. Nei territori di espressione di Xiroquoi (Xiro), il differenziamento e l’uscita dal ciclo cellulare

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Le cellule di mammifero dispongono di complessi meccanismi di controllo che ne permettono il mantenimento dell’integrità genomica, prevenendo la formazione di danni permanenti prodotti da mutageni esogeni ed endogeni. All’interno delle cellule esistono, per questo motivo, due importanti punti di controllo del ciclo cellulare in G1/S e G2/M, che sono regolati in risposta a danni provocati al DNA e di cui. p53 (tumor suppressor gene product) è un componente essenziale. p53 è un fattore di trascrizione che regola un numero di geni, i quali modulano il ciclo cellulare; questi includono p21 (WAF1/CIP1) e Gadd45. p21 è un cdki che è capace di inibire la crescita cellulare quando sovraespresso (Wang, 1999).

In normali cellule umane, p21 forma un complesso quaternario con cdk, ciclina e con l’antigene di cellule proliferanti (PCNA). PCNA è un fattore ausiliario della DNA polimerasi δ ed ε che facilita il caricamento della polimerasi sul templato del DNA e ne aumenta la processività. PCNA è richiesto sia per la replicazione che per la riparazione del DNA. La capacità di p21 di legare simultaneamente cdk e PCNA ci suggerisce che questa proteina possa mediare la coordinazione tra la replicazione, la riparazione del DNA e la progressione del ciclo cellulare (Shibahara and Stillman, 1999). Esperimenti condotti tramite l’utilizzo del doppio ibrido hanno dimostrato che Gadd45 interagisce con PCNA e con p21 (Azam et al., 2001). Gadd45 raggiunge i livelli più alti nella fase G1 del ciclo cellulare e diminuisce durante la fase S, ed è stato dimostrato che si lega a PCNA in G1. Infatti Gadd45 utilizza 94aa N-terminali per legare PCNA ed usando una serie di delezioni nella sequenza di qust’ultima, sono stati mappati nella PCNA umana due siti, uno C-termilale e l’altro N-terminale con il quale essa si lega a Gadd45 (Hall et al., 1995). L’espressione dell’mRNA di Gadd45 è elevata in cellule che hanno teminato le loro divisioni o per danni al DNA. Il legame tra Gadd45 e PCNA permette il blocco del ciclo cellulare in G1/S ed in questo modo la cellula, ed in particolare PCNA, è in grado di correggere gli errori al DNA (Kazantsev and Sancar, 1995).

Inoltre è stato dimostrato che l’esposizione di cellule quiescenti a stimoli mitogeni

provoca un rapido incremento dell’espressione di c-Myc, seguito dalla rapida riduzione

dell’espressione di Gadd45γ. Infatti l’espressione ectopica di Myc in fibroblasti

imortalizzati risulta nella soppressione dei livelli di Gadd45 che permette in questo

modo la proliferazione cellulare.

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Infine possiamo dire che attivazione e repressione di Gadd45 sono mediate da segnali diversi. Infatti la soppresione di Gadd45 avviene tramite una via di segnalazione regolata da Myc ed indipendente da p53 (Marhin et al., 1997).

Scopo della Tesi.

I risultati sperimentali descritti in questa tesi costituiscono un contributo alla comprensione dei meccanismi molecolari con cui i progenitori retinici di Xenopus specificano le proprie competenze differenziative. Oggetto della tesi è il ruolo della progressione del ciclo cellulare dei progenitori retinici nella specificazione dei distinti tipi cellulari presenti nella retina differenziata L’attività sperimentale è stata mirata allo studio di segnali intrinseci che operano durante l’istogenesi retinica. Un importante strumento di indagine è stato l’utilizzo del gene Xgadd45γ per forzare l’uscita dal ciclo cellulare dei progenitori retinici in esperimenti in vivo su embrioni di Xenopus laevis.

Qui di seguito sono riassunti i principali punti analizzati:

• Verifica dell’esistenza di un “timing” retinogenetico in Xenopus

• Effetto del blocco proliferativo o della proliferazione forzata dei progenitori retinici sul destino diferenziativo

• Effetto del blocco proliferativo sull’espressione di alcuni geni chiave del destino differenziativo

• Effetto della sovraespressione di alcuni dei geni chiave del destino

differenziativo in assenza di divisione cellulare

Riferimenti

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