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anche la qualità della frazione acida varia, a causa di una maggiore demolizione dell’acido malico delle bacche esposte al sole

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LA SFOGLIATURA

L’operazione consiste nell’eliminare le foglie prossime ai grappoli con lo scopo di:

¾ Arieggiare i grappoli riducendo di conseguenza l’incidenza di malattie fungine

¾ Esporre le bacche alla radiazione solare, anche se indiretta

¾ Eliminare le foglie interne con ridotta attività fotosintetica

¾ Facilitare i trattamenti fitoiatrici

¾ Facilitare le operazioni di vendemmia

L’eliminazione di una parte delle foglie nella zona dei grappoli migliora la colorazione tramite l’illuminazione delle bacche, aumenta il tenore in zuccheri e una conseguentemente diminuisce l’acidità durante la maturazione dei grappoli; anche la qualità della frazione acida varia, a causa di una maggiore demolizione dell’acido malico delle bacche esposte al sole.

La defogliazione ha implicazioni sulla efficienza della parete fogliare (Campostrini et al. 2003).

Prove condotte in Svizzera hanno dimostrato che le viti defogliate hanno parzialmente compensato la perdita fogliare con un leggero incremento delle dimensione di quelle adiacenti e una aumento della superficie fogliare a opera delle foglie dei germogli secondari, soprattutto se la defogliazione è effettuata precocemente, mentre se avviene dopo l’inavaitura noN produce effetti sui germogli secondari. In aggiunta a ciò si è riscontrato che la defogliazione induce nelle foglie rimanenti un aumento di attività fotosintetica (Hunter et al. 1990).

La sfogliatura costituisce un importante strumento per modificare il rapporto vegeto-produttivo. La capacità di fruttificare di una vite in una data regione climatica è ampiamente determinata dall’area fogliare totale e dalla percentuale di superficie fogliare esposta alla luce. L’equilibrio vegeto- produttivo di una vite può essere espresso in vari modi, uno è il rapporto tra superficie fogliare richiesta per 1 kg di frutto, espresso come m²/kg, per produrre acini con massimi solidi solubili totali, colore della buccia, zuccheri totali. La premessa di questo criterio è che la fonte di zuccheri prodotti nella vite è la fotosintesi fogliare, che dipende dalla quantità totale di superficie fogliare esposta (Kliewer et al. 2005). Il peso dell’acino è il fattore più influenzato dalla defogliazione, prima avviene più si riduce il peso.

La sfogliatura modifica l’intercettazione luminosa della chioma e la temperatura del grappolo. Il sole influenza la composizione dell’acino in due modi: temperatura e radiazione solare. La relazione tra esposizione solare e temperatura del grappolo è importante per la composizione dell’acino e il metabolismo. La radiazione solare e la velocità del vento sono i più importanti fattori che determinano la temperatura del grappolo. Un’elevata temperatura assoluta riduce la concentrazione di antociani in grappolo esposti. Incrementare l’esposizione al sole in genere migliora la composizione del grappolo, ma il contemporaneo incremento della temperatura può essere dannoso, specialmente nelle regioni calde (Bergqvist et al 2001, Spayd et al. 2002). Lo stimolo diretto della luce sul grappolo influenza il contenuto di metaboliti secondari e aumenta la concentrazione di glicosidi. I metaboliti secondari possono essere influenzati dai cambiamenti nel movimento degli assimilati. L’incremento in glucosidi può risultare sia dalla riduzione dell’ombreggiamento del grappolo sia dalla competizione tra piante dovuta alla rimozione di foglie non funzionali o poco efficienti. Per quanto attiene gli aromi, è stato rilevato che le maggiori temperature, dovute all’insolazione sui grappoli defogliati, provocano una più veloce degradazione dei precursori aromatici, quali i carotenoidi, che danno origine a composti volatili percettibili alla degustazione, i C-13 nor-isoprenoidi (Fregoni). I metaboliti secondari della vite sono la principale fonte di aromi, colore, gusto e derivano da composti come i monoterpeni, i norisoprenoidi, le antocianine, i tannini, i fenoli volatili. Molti composti aromatici della vite sono presenti in forma volatile oppure legati agli zuccheri e quindi non volatili. Gli aromi coniugati possono subire un’idrolisi acida o enzimatica diventando volatilie aumentando l’aroma potenziale. Le pratiche viticole che influenzano i

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metaboliti secondari sono: regolazione del fabbisogno di acqua, regolazione del rapporto superficie fogliare-produzione e la gestione della chioma che aumenta l’esposizione al sole di foglie e frutti.

Il microclima è importante per determinare la composizione del frutto e del vino. Varie ricerche hanno evidenziato che un eccessivo ombreggiamento delle foglie produce mosti sbilanciati risultanti in vini di scarsa qualità. Chiome dense, ombreggiate, sono fattori avversi ad una produzione di qualità. Rispetto alla superficie fogliare, l’interno della chioma ha minor quantità e qualità di luce, meno vento e più umidità. Poca esposizione alla luce della zona dei grappoli risulta in frutti con pochi zuccheri e fenoli totali, alta acidità tartarica, malica, potassio e pH rispetto a frutti che maturano esposti. Inoltre la qualità di grappoli che maturano in chiome dense può essere ulteriormente danneggiata da marciumi che sono favoriti dalla scarsa ventilazione e penetrazione dei pesticidi. Panel di degustazione hanno valutato vini prodotti da grappoli esposti al sole più alti di quelli prodotti da grappoli ombreggiati (Stanley et al 1994, Hunter et al 1995, Arnold et al 1990, Bledsoe et al 1988, Zoecklein et al 1992, Zoecklein et al 1998 A e B, Ollat et Gaudillere 1998).

L’obiettivo principale della sfogliatura rimane quello di garantire nella zona dei grappoli delle ottimali condizioni di arieggiamento e illuminazione onde permettere una corretta maturazione e limitare l’incidenza di patologie fungine, botrite in particolare. Questo intervento risulta particolarmente importante per una corretta distribuzione dei prodotti antiparassitari a prescindere dalle motivazioni di ordine fisiologico (Fregoni). In particolare da una serie di prove effettuate dalla sezione di meccanica del Dei afa dell’Università di Torino, è emerso che, nel caso della forma di allevamento a guyot, grazie all’operazione di sfogliatura è possibile ridurre di circa il 50-70% il numero di strati fogliari della pianta di vite e del 30-70% la percentuali di grappoli coperti dalle foglie (Figura 15). L’asportazione delle foglie si è tradotta in un incremento di circa il 100% della quantità di miscela distribuita pervenuta sui grappoli e del 70% di quella che ha raggiunto il rachide (Balsari 2001).

Figura 15. Numero di strati fogliari e percentuale di grappoli coperti presenti sulla pianta in relazione al tipo di sfogliatura (Balsari 2001).

I risultati della sfogliatura dipendono dal tempo, dalla intensità, dalla cultivar, dal clima e dalla scelta di quali foglie rimuovere o tenere. Una sfogliatura selezionata della chioma di foglie con bassa Pn (fotosintesi netta) incrementa l’attività fotosintetica delle foglie rimanenti e modifica la composizione del grappolo. Intervenire su foglie molto mature in genere non comporta sostanziali riduzioni nella disponibilità di fotoassimilati per i grappoli. Questo aspetto è però legato all’intensità dell’intervento, all’epoca fenologica in cui viene eseguito, all’equilibrio foglie/frutti e non da ultimo all’epoca di maturazione della cultivar. Relativamente al momento più opportuno per eseguire tale intervento, sono da sconsigliare sfogliature prima della fioritura, in quanto ciò può stimolare la colatura delle infiorescenze e disturbare la differenziazione delle gemme per l’anno successivo. Le foglie vicine ai grappoli sono determinanti per una buona allegagione. Vanno

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soprattutto evitate sfogliature troppo severe nella zona dei grappoli per non ridurre il rifornimento di assimilati in questa fase. E’ necessario ricordare che durante la fioritura, le foglie basali si trovano nel momento della loro massima potenzialità funzionale. Nella fase di prechiusura del grappolo può essere utile una leggera sfogliatura per favorire l’ottimale distribuzione dei prodotti antibotritici.

Recenti riscontri sperimentali hanno evidenziato che le sfogliature più utili per un efficace prevenzione della botrite e per un miglioramento del patrimonio polifenolico sono quelle effettuate nella fase di chiusura del grappolo. Questo perché si ha un ispessimento dell’epidermide e una più intensa deposizione di pruina che tra l’altro limita i danni da eventuali ustioni solari. Dopo l’invaiatura è possibile intervenire in maniera più massiccia in quanto le foglie più vecchie, appunto quelle intorno al grappolo, hanno circa 3-4 mesi di età e hanno superato la loro massima attività. Se sono coperte e ombreggiate da altra vegetazione la loro efficienza si riduce, inoltre, più rapidamente. Per quanto attiene all’intensità dell’intervento, esso non deve essere tale da ridurre la superficie fogliare esposta sotto i valori di 0,8-1 m²/kg di produzione.

Relativamente al ruolo del vitigno bisogna ricordare che quelli a maturazione più precoce richiedono una minore quantità di massa fogliare per raggiungere la giusta maturazione. Non esistono in genere per essi limitazioni di ordine climatico in quanto maturano in un periodo in cui la luce e la temperatura non sono fattori limitanti per la fotosintesi e anche una relativamente ridotta superficie fogliare può garantire un ottimo accumulo zuccherino. Per queste varietà il ruolo della sfogliatura sulle condizioni microclimatiche dei grappoli appare importante per la definizione delle caratteristiche qualitative dell’uva. Si consigliano di non eseguire sui vitigni precoci interventi di sfogliatura che mettono i grappoli in condizioni di forte e costante insolazione (Campostrini et al 2003). La sfogliatura deve effettuarsi con il criterio di eliminare il meno possibile superficie fogliare utile alla nutrizione dei grappoli: è meglio cominciare dalle foglie vecchie basali, da quelli ombreggianti o che favoriscono i ristagni di umidità, rispettando le sei sette foglie sopra l’ultimo grappolo. E’ da ricordare che le foglie vecchie sintetizzano polifenoli e ormoni (ABA) per l’arresto vegetativo all’invaiatura. facilitare la vendemmia (manuale o meccanica). Il tempo di queste due ultime operazioni può essere ridotto, rispettivamente, del 30% e 50% circa dopo la sfogliatura.

Sono stati sperimentati anche prodotti chimici e ormonali per ottenere la sfogliatura pre- vendemmiale e facilitare così la meccanizzazione, ma con scarso successo pratico (Fregoni). Si vanno ormai espandendo le sfogliatrici meccaniche, che possono essere così classificate:

9 a soffio, ossia ad aria compressa, che rompe la lamina fogliare

9 ad aspirazione, dove le foglie vengono aspirate in una griglia nella quale i coltelli rotanti le tagliano

9 ad essiccazione, con le quali le foglie sono essiccate da aria calda prodotta da un bruciatore lambente la superficie fogliare; si deve rilevare che anche i grappoli sono investiti dalla stessa corrente di calore (danni alla buccia, ossidazioni) e che le foglie secche possono giungere in cantina.

La sfogliatura meccanica richiede un palizzamento regolare e la formazione di una fascia omogenea della zona dei grappoli (Fregoni). Un aspetto saliente della differenza tra l’operazione condotta manualmente e l’esecuzione meccanica risiede nel fatto che quest’ultima può interessare solo le foglie più esterne alla chioma, mentre nell’operazione manuale si possono eliminare anche le fogli interne, sulla scorta dei criteri selettivi adottati dall’operatore. Questo dato deve fare immediatamente riflettere su un aspetto fondamentale dell’esecuzione meccanica: essa è fortemente influenzata dalla forma di allevamento e dalla precedente gestione della chioma. Quanto più uniformi saranno la chioma e l’andamento lungo il filare di quest’ultima e ordinata la disposizione dei germogli nonché la loro legatura alla struttura della spalliera, tanto più preciso e uniforme potrà essere il lavoro delle macchine, indipendentemente dalla loro tipologia costruttiva. Si deve addirittura rilevare che anche l’aspetto varietale ha una non trascurabile importanza per l’influenza sulle dimensioni e consistenza delle foglie sottoposte all’azione dei flussi d’aria o di calore emessi dalla macchina. Non è raro dover far ricorso ad un intervento di cimatura appena prima delle operazioni di sfogliatura meccanica per cercare di ridare omogeneità alla superficie vegetativa. Una

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scelta agronomica che deve esse re fatta dai tecnici è quella se effettuare l’operazione di sfogliatura su entrambi i lati della spalliera o solo su quelli meno esposti alla radiazione solare, in modo da evitare eventuali scottature. In tal senso alcuni produttori di macchine hanno proposto modelli reversibili che possono, a comodo dell’operatore, spostare il punto di azione dal lato destro a quello sinistro del trattore, in modo che una volta raggiunta la capezzagna sia possibile eseguire il ritorno operando sul lato del filare avente il medesimo orientamento. Altri hanno costruito macchine a testata destra e sinistra con la possibilità di far lavorare entrambe contemporaneamente oppure alternativamente una sola delle due. Su trattori scavalcanti è più usuale l’applicazione doppia con lavoro su entrambi i lati del filare scavallato (Fregoni).

NUOVO APPROCCIO ALLA SFOGLIATURA

Solo recentemente la ricerca ha indagato sulla fisiologia della fotosintesi; negli ultimi anni sono state chiarite le esigenze delle foglie, i meccanismi che ne determinano la durata, le modalità con le quali la loro efficienza si sposta dalle foglie basali alle distali, quali sono le condizioni che favoriscono la fotosintesi e da queste è partito un nuovo approccio alla sfogliatura. La sfogliatura è un’operazione che nella maggior parte dei casi viene eseguita troppo tardi, all’invaiatura, per rendere i filari praticabili alle macchine e ridurre il rischio di infezioni botritiche. La sfogliatura appena dopo l’allegagione, invece, è uno strumento per guidare i meccanismi fisiologici dell’acino nella direzione di un aumento di qualità. La sfogliatura in questa epoca (precoce), permette di ottenere uve di migliore qualità, grazie all’influenza della radiazione solare e della temperatura sull’acino, che in questo momento si trova in fase di divisione cellulare. In particolare a beneficiare della sfogliatura precoce sono alcune cellule fondamentali per la qualità dell’uva. Si tratta delle cellule sottoepidermiche, che si trovano al di sotto della pruina e dei due strati di cellule epidermiche. Eseguire la sfogliatura dopo l’invaiatura, invece, vuol dire sottoporre questo stesso tessuto improvvisamente a un regime radiativo e termico che non è abituato a sostenere. Le cellule, infatti, sono nel frattempo passate alla fase di distensione cellulare, quindi subiscono un grande stress, che ne determina il collasso e il conseguente scadimento delle qualità enologiche. Dunque per scegliere l’epoca migliore per eseguire la sfogliature è indispensabile tener conto principalmente dei suoi effetti sulla fisiologia della pianta, positivi o negativi per la qualità delle uve, e non soltanto del rischio di infezioni botritiche e della necessità di rendere i filari praticabili per le macchine. Tra l’altro la sfogliatura precoce dopo l’allegagione ben si coniuga con la meccanizzazione di questa operazione che, effettuata in questa fase, permette di raggiungere ottimi livelli di efficienza delle macchine. Inoltre, va sottolineato che con una corretta gestione della chioma si ottiene il miglioramento sia della qualità dell’uva che dell’efficienza dei trattamenti fitoiatrici. C’è, infatti, coincidenza tra una chioma fotosinteticamente efficiente e difendibile dal punto di vista fitoiatrico efficacemente.

Per sostenere le affermazioni che portano a individuare l’epoca di sfogliatura precoce come la migliore, è necessario richiamare alcuni aspetti fisiologici e anatomici che riguardano le bacche.

Bisogna aver presente la curva a doppia sigmoide che descrive l’accrescimento delle bacche (Figura 16).

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Figura 16. Curva di accrescimento della bacca. A = allegazione; I = invasatura; V = vendemmia (Fregoni).

La prima fase di crescita è caratterizzata da processi di divisione cellulare a cui segue una fase di stasi che precede l’invaiatura. All’invaiatura segue la fase di maturazione, caratterizzata da processi di distensione cellulare. E’ necessario, inoltre, focalizzare l’attenzione non sulla polpa, ma sulle poche cellule dell’epidermide dell’acino e in particolare su quelle sottoepidermiche. Al di sotto della pruina, che è la cera che ricopre le bacche, oltre ai due strati di cellule epidermiche, che non hanno un grande significato tecnologico (anche se contengono un po’ di tannino), ci sono da 5 a 12 strati di cellule, a seconda delle varietà, che determinano la qualità dell’uva. Materia colorante e aromi sono contenuti in questa piccolissima parte dell’acino. Tutto il resto è importante sicuramente, perché contiene zuccheri, acidi, potassio, ecc…, ma le caratteristiche sensoriali dell’uva risiedono nelle cellule sottoepidermiche. Quindi maggiore sarà il numero di questi strati, migliore sarà l’espressione sensoriale ottenibile. Si tratta di caratteristiche determinate geneticamente, ma recenti ricerche hanno dimostrato che opportune tecniche colturali possono condizionarle. Seguendo l’evoluzione di questi strati di cellule dall’allegagione alla maturazione, si nota che esse cambiano di forma, diventano più allungate e presentano pareti più sottili.

Dall’invaiatura in poi l’acino accumula in queste cellule antociani, tannini e materia colorante, ma anche aromi. Nell’ultima fase si dispone a rilasciare queste sostanze, cioè a raggiungere quella che viene definita “maturità cellulare”, stato funzionale in cui le cellule sono in grado di liberare facilmente il contenuto dei vacuoli senza azioni meccaniche energiche. E’ importante che anche la maturità cellulare venga raggiunta, oltre alla maturità fenolica, fisiologica e aromatica, per avere un’estrazione selettiva dei composti polifenolici in poco tempo, senza cioè macerazioni lunghe che favoriscono la diffusione di tannini poco polimerizzati.

Quando l’acino è in fase di moltiplicazione cellulare, sotto lo stimolo degli ormoni promotori prodotti dai vinaccioli, se riceve una maggiore radiazione è in grado di reagire per proteggersi, aumentando lo spessore della buccia. Ricerche recenti hanno dimostrato che una sfogliatura precoce riesce ad aumentare in modo significativo lo spessore della buccia, per l’incremento del numero e soprattutto delle dimensioni di queste cellule e delle loro pareti. Nella seconda fase dell’accrescimento, che va dall’invaiatura alla maturazione, l’acino è incapace di fare questo e addirittura, se esposto a radiazione (sfogliatura dopo l’invaiatura), subisce dei danni. Le cellule superficiali sottoposte a radiazione e temperatura elevata collassano, non essendo state abituate a queste condizioni nella prima fase dell’accrescimento. L’intervento di sfogliatura prima o dopo l’invaiatura, quindi, ha risultati completamente diversi. Nella maggior parte dei casi la sfogliatura viene eseguita troppo tardi, quando non si riesce più a passare nei vigneti o quando il rischio di borite è elevato e bisogna migliorare il microclima nella zona dei grappoli. In questo modo non si utilizzano le potenzialità della pianta, del grappolo, dell’acino per fare qualità. Bisogna smettere di pensare agli interventi di cimatura e sfogliatura come a interventi correttivi, fare un salto culturale e pensarli come migliorativi.

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Diversi sono i parametri che vengono influenzati dall’esposizione alla radiazione. Per esempio, il contenuto di potassio è più elevato nei mosti provenienti da uve ombreggiate da parecchi strati di foglie, con tutte le conseguenze negative che questo comporta sulla stabilità dell’acido tartarico e del ph. La temperatura gioca un ruolo forse ancora più importante. Influenza, per esempio, il contenuto di acido malico, ma no quello di acido tartarico che è un acido costituzionale. I grappoli esposti rispetto a quelli ombreggiati accumulano un maggior quantitativo di antociani, con un ph più alto.

Con l’esposizione migliora anche il contenuto in aromi, sia per quanto riguarda gli aromi terpenici che per quelle derivati dai precursori d’aroma norisoprenoidi. Questi ultimi, su cui l’attenzione è stata posta negli ultimi anni, si formano dai caroteni. Il loro legame con la luce è strettissimo, visto che la biosintesi dei caroteni è fortemente influenzata dalla radiazione. Come pure i carotenoidi presenti nelle cellule se sottoposti a radiazioni solari troppo intense vengono da esse distrutti. Per questi motivi nei vitigni che hanno aromi di tipo norisoprenoide bisogna dosare molto bene l’esposizione. Con la sfogliatura dopo l’allegagione si garantirà una buona esposizione degli acini verdi, quindi una buona biosintesi di carotenoidi. Al momento dell’invaiatura, però, sarà necessario un ombreggiamento dei grappoli, che può essere realizzato da una cimatura eseguita precocemente, all’allegagione. Nei 30-40 giorni che separano l’allegagione dall’invaiatura, infatti, la pianta risponderà con l’emissione di femminelle che proteggeranno i grappoli dalla radiazione diretta. Nei vitigni che hanno aroma di tipo norisoprenoide, quindi, le due pratiche di cimatura precoce e sfogliatura precoce devono essere associate per evitare conseguenze indesiderate sulla qualità (Palese 2003).

Anche le sostanze polifenoliche sono positivamente influenzate dalla sfogliatura precoce. Una recente esperienza biennale condotta su Sangiovese in Toscana, in cui venivano messe a confronto con il testimone non defogliato la defogliazione dopo l’allegaione e quella dopo l’invaiatura, ha evidenziato che l’intervento precoce ha determinato un aumento, statisticamente significativo, di sostanze polifenoliche (polifenoli totali, flavonoidi totali, antociani totali). Questo in tutte e due le annate, il 1999 e il 2000, superando il fattore di variazione dovuto all’effetto dell’annata, per la grande diversità di andamento climatico (Figura 17).

Figura 17. Effetti della sfogliatura sul contenuto di polifenoli di Sangiovese

Risultati simili sono stati ottenuti per quanto riguarda gli aromi. Tra l’altro anche il Sangiovese ha una parte di aromi dovuti ai norisoprenoidi, quindi ai caroteni, quindi all’influsso precoce della luce. La defogliazione precoce ha conferito al vino un profilo sensoriale più elegante e più intenso rispetto alle altre tesi. I risultati ottenibili con la defogliazione all’allegagione riguardano, quindi, non soltanto la quantità di sostanze coloranti, ma anche la qualità delle sostanze aromatiche. I polifenoli sono contenuti nelle cellule sottoepidermiche in modo differenti. Possono essere uniformemente diffusi oppure presentarsi in piccoli granuli di dimensioni diverse: piccolo, medi oppure grandi. Dal punto di vista tecnologico è preferibile una presenza a granuli piccoli, che

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garantisce un buon equilibrio e reattività tra tannini e antociani e una loro buona estraibilità. In particolare i tannini sono presenti nelle cellule sottoepidermiche almeno in tre forme: liberi; legati alle membrane del vacuolo; legati saldamente alla parete cellulare. Queste forme hanno un diverso grado di polimerizzazione e quindi una diversa reattività e qualità ai fini enologici. Per avere morbidezza e carattere nei vini bisogna tendere a ottenere tannini il più possibile polimerizzati, con reattività non molto elevata, che nell’esemplificazione precedente sono rappresentati da quelli liberi, e presenti in forma di aggregazione ridotte. Se esponiamo tardivamente il grappolo a radiazioni eccessive con una sfogliatura tardiva, una quota di tannini si legherà alle membrane assumendo un carattere colloidale. I tannini colloidali sono destinati a precipitare in presenza di cambiamenti di pH o di temperatura del mosto, quindi a essere persi, oppure a perdere la loro capacità reattiva, quindi a non poter formare i composti con gli antociani che stabilizzano il colore, né a dare luogo alle polimerizzazioni più complesse e articolate che li rendono meno aggressivi in bocca.

Un altro aspetto, spesso trascurato, è il diverso comportamento varietale nei confronti della composizione antocianica negli strati di cellule sottoepidermiche. Per esempio in Primitivo, Lagrein e Teroldego, gli antociani sono presenti in cellule sottoepidermiche diverse da quelle dove sono presenti i tannini, che si trovano normalmente nella parte esterna degli strati cellulari. In Negroamaro, Cabernet Sauvignon e Nebbiolo, i tannini e gli antociani sono mescolati nelle stesse cellule, mentre in Schiava, Barbera e Syrah si trovano alcuni strati di cellule dove sono presenti tannini e antociani assieme, e altri successivi in cui ci sono soltanto antociani. Queste differenza non hanno soltanto ripercussioni tecnologiche, per esempio sulle tecniche di pigiatura, o sulla durata di macerazione o sulle temperature di fermentazione, ma anche sulla gestione della chioma.

Questa diversa localizzazione di antociani, tannini e sostanze che determinano gli aromi è influenzata nelle cellule sottoepidermiche dalla fase fenologica in cui il grappolo viene esposto alla luce e dalla quantità di pruina che si forma sulla superficie della bacca.

Fino a non molto tempo fa alle cere epicuticolari si attribuiva soltanto un ruolo di controllo della traspirazione delle bacche, di riflessione della radiazione per il controllo di temperatura e traspirazione, di difesa dai parassiti e di supporto per i lieviti che intervengono sulla fermentazione del mosto. Ultimamente si è visto che le cere hanno anche un significato evolutivo –adattivo molto interessante. In particolare l’azione delle cere si esplica nella selezione della radiazione che raggiunge le cellule epidermiche. Da uno studio finalizzato a capire come mai alcune varietà di vite trattenevano sulla buccia i prodotti fitoiatrici in maggior misura di altre è emerso che la morfologia delle cere si differenzia da vitigno a vitigno. Le caratteristiche della pruina sono determinate dal genotipo, dalle condizioni ambientali (radiazione) e dalla tecnica colturale (gestione della chioma).

La pruina può avere una conformazione ad ago, a filamento e a tegola. La struttura morfologica della pruina, per le sue caratteristiche di distribuzione, orientamento e spessore, selezione la radiazione, sfavorendo quella a bassa lunghezza d’onda con azione positiva sulla sintesi degli antociani; riduce la porzione dello spettro visibile, controllando così i danni da fotoinibizione.

Inoltre le caratteristiche della pruina modificano le dimensioni della bacca in post-invaiatura e quindi il rapporto superficie/volume e la sintesi di polifenoli attraverso una diversa permeabilità della radiazione ultravioletta.

Ma come è correlato il fattore pruina alla sfogliatura ? La pruina compare sull’acino soltanto all’invaiatura, ma la sua sintesi nelle cellule epidermiche più profonde, risulta tanto più anticipata quanto più precocemente la pianta percepisce l’esigenza di difendere l’acino dall’eccesso di radiazione. Sfogliando dopo l’allegagione, cioè sottoponendo precocemente il grappolo a radiazione, si avrà una maggiore sintesi di pruina che all’invaiatura si tradurrà in uno spessore maggiore in grado di difendere meglio le cellule epidermiche da eccessi radiativi. La defogliazione effettuata all’invaiatura, invece, mette a repentaglio le cellule epidermiche, esponendo improvvisamente a flussi radiativi importanti un acino con uno strato di pruina molto sottile e quindi non i grado di filtrare i raggi ultravioletti. Le cellule epidermiche collassato con conseguenze non solo sulla quantità delle sostanze che determinano la qualità, ma anche sulla loro quantità. Nelle

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prove effettuate su Barbera questa situazione è risultata evidente: il testimone non sfogliato disponeva di uno starto di pruina appena visibile alla vendemmia; la tesi sfogliatura precoce aveva le cellule epidermiche ispessite, mentre la sfogliatura tardiva tali cellule collassate. Le conseguenze qualitative riguardano la struttura delle sostanze polifenoliche e aromatiche, che è influenzata negativamente dall’esposizione tardiva alla radiazione.

La sfogliatura tardiva, quindi, su vitigni rossi destinati a produrre vini da invecchiamento, se aiuta contro la botrite, dà come risultato vini tannici, con tannini che rimarranno aggressivi; vini che hanno perso tutti i profumi varietali, quindi grossolani. Vini lontani da quelli richiesti dal mercato.

La sfogliatura precoce dopo l’allegagione, invece, permette di ottenere vini di livello qualitativo elevato con notevole complessità fenolica e aromatica, pur prevenendo gli attacchi di muffa grigia e migliorando l’efficienza fitoiatrica. La sfogliatura precoce deve essere associata a una cimatura precoce (in post-allegagione) nei vitigni che hanno aromi di tipo norisoprenoide, che temono la radiazione diretta, in modo da garantirsi un’emissione di femminelle che ombreggi i grappoli nella seconda fase dell’accrescimento dell’acino (Palese 2003).

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