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Sensori di portata

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Academic year: 2021

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Sensori di portata

I sensori di portata sono usati in molte applicazioni di monitoraggio e di controllo, per la misura sia di liquidi che di gas. Per portata possiamo intendere un flusso di massa [K g m −2 s −1 ] o di volume [m s −1 ]; normalmente la quantit` a pi` u interessante per la maggior parte delle applicazioni ` e la quantit` a di massa associata al movi- mento del fluido, tuttavia nei casi in cui possiamo supporre la densit` a del fluido costante, nello spazio e nel tempo, una misura del flusso volumetrico, generalmente pi` u semplice da effettuare, ` e sufficiente.

Le tipiche applicazioni dei sensori di portata sono in ambito industriale, nei settori chimico, petrolchimico ed energetico, dove una grande variet` a di fluidi deve essere monitorata in un vasto range di precisione e di condizioni a seconda della specifica applicazione; in ambito civile, nelle reti di distribuzione di acqua e gas. Pi` u recenti sono le applicazioni dei sensori di portata in campo automobilistico per il controllo dei gas derivanti da combustione incompleta, in campo aerospaziale nel controllo del propellente in sistemi di propulsione a ioni, e in campo industriale e civile per il controllo degli impianti di ventilazione in ambienti controllati. In ambito medico- sanitario sono utilizzati per il monitoraggio del consumo di ossigeno e azoto in macchinari per la respirazione artificiale, monitoraggio della capacit` a polmonare e controllo della ventilazione in ambienti asettici.

La classificazione dei sensori di portata ` e generalmente effettuata in base al prin- cipio fisico sul quale si basa il funzionamento del sensore. ` E per` o opportuno intro- durre una ulteriore distinzione. Infatti, accanto alle consuete categorie riguardanti il tipo di fluido, il grado di pulizia dello stesso, il range di flusso e l’intrusivit` a del sensore, si ` e aggiunta, ormai in modo consolidato, la possibilit` a di realizzare sensori

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di portata in forma integrata. I principi fisici che quest’ultimi utilizzano sono fon- damentalmente gli stessi degli analoghi macroscopici, ma vi sono grandi vantaggi derivanti principalmente dalle ridotte dimensioni (aumento della sensibilit` a, mag- gior risoluzione spaziale) e dalla possibilit` a di abbattere i costi mediante processi produttivi di tipo batch. Introdurremo quindi le tecniche di misura della portata di un fluido finora utilizzate nei sensori macroscopici per poi trattare in dettaglio quelle attualmente impiegate in sensori integrati con tecnologie microelettroniche.

1.1 Sensori Macroscopici

Alcune delle principali famiglie in cui si dividono i tradizionali sensori di portata sono:

• Flussimetri a differenza di pressione

• Flussimetri ad area variabile

• Flussimetri a spostamento

• Flussimetri a turbina

• Flussimetri elettromagnetici

• Flussimetri ultrasonici

• Flussimetri vortex

• Flussimetri termici

• Flussimetri ad effetto Coriolis

1.1.1 Flussimetri a differenza di pressione

Pi` u del 40% di tutte le misure su liquidi, gas e vapori fatta in ambito industriale ` e eseguita con “Differential Pressure Flowmeters” (sensori DP), in particolare appar- tengono a questa classe il tubo di Venturi, il tubo di Pitot, il flussimetro a orifizio (Orifice Plate Flowmeter) e quello a ugello (Nozzle Flowmeter).

Questa classe di sensori basa il proprio funzionamento sul teorema di Bernoulli, che

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Figura 1.1: Differential Pressure Flowmeter.

descrive il moto unidimensionale stazionario di un fluido omogeneo in un condotto, senza effetti dissipativi, n´ e scambi di energia.

p 1

ρg + v 1 2 2g = p 2

ρg + v 2 2

2g (1.1)

Dove v i e p i sono rispettivamente la velocit` a e la pressione statica del fluido nelle differenti sezioni del condotto, come visibile in Figura 1.1.1, mentre ρ ` e la densita del fluido in esame.

Nel caso di un sensore DP, il teorema afferma che il fluido, nell’attraversare una restrizione nel condotto, aumenta la sua energia cinetica a spese dell’energia as- sociata alla pressione statica. Si ha quindi una diminuzione della pressione statica che produce ai capi della restrizione una caduta di pressione legata al flusso del fluido nel condotto.

Infatti il principio di conservazione della massa impone che

v 1 A 1 ρ = v 2 A 2 ρ (1.2)

con A i area della sezione corrispondente. Sostituendo v 2 nell’equazione 1.1 otte- niamo:

Q = v 1 A 1 = A 2

q 1 − ( A A

2

1

) 2 s

2(p 1 − p 2 )

ρ (1.3)

L’equazione 1.3 ci mostra che ` e quindi possibile esprimere il flusso volumetrico

del fluido, Q, in funzione della caduta di pressione (p 2 − p 1 ) ai due estremi della

restrizione del condotto. Questa equazione ` e stata ricavata sotto le ipotesi di fluido

incomprimibile e di viscosit` a nulla (profilo di velocit` a piatto), ` e perci` o necessario in

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Figura 1.2: a) Orifice Plate Flowmeter; b) Nozzle Flowmeter.

Figura 1.3: Tubo di Venturi.

applicazioni pratiche modificare l’equazione teorica 1.3 con dei coefficienti correttivi, ricavati empiricamente.

In funzione delle diverse geometrie della restrizione distinguiamo:

• i flussimetri a orifizio, nei quali la restrizione del condotto ` e realizzata con una lamina forata inserita nella conduttura, come visibile in Figura 1.2a).

• il tubo di Venturi: impiegato per la prima volta nel 1887 ` e il pi` u antico di

questa classe di flussimetri. Come visibile in Figura 1.3, la restrizione ` e in-

trodotta nel flusso in modo pi` u graduale che nei flussimetri a orifizio. Questo

permette una caduta di pressione sulla linea minore, ma al contempo pro-

duce una pressione differenziale ai capi della restrizione proporzionalmente

inferiore a parit` a di dimensioni della fenditura.

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• il flussimetro a ugello (Figura 1.2b)), che combina i vantaggi del flussimetro a orifizio con un ingresso pi` u graduale tipico del tubo di Venturi.

Ci sono inoltre altri tipi di Differential Pressure Flowmeters, che offrono vantaggi rispetto alle tipologie viste solo in casi specifici.

Confrontati con gli altri sensori di portata, i flussimetri a differenza di pressione offrono una accuratezza non elevatissima (2% della lettura), una caduta di pressione permanente che pu` o essere elevata nel caso del flussimetro a orifizio, ed una sen- sibilit` a pi` u o meno accentuata, dovuta alla presenza di una restrizione, ad impurit` a nel fluido sotto misura. Per quanto riguarda il range di regolazione i Differential Pressure Flowmeters offrono un range massimo di 4 : 1 in condizioni di Re > 10000 per gli Orifice Plate Flowmeters, di Re > 50000 per gli altri [1]. Il range non molto elevato rispetto ad altri tipologie ` e principalmente dovuto alla dipendenza della portata dalla radice quadrata della caduta di pressione.

1.1.2 Flussimetri ad area variabile

Il flussimetro ad area variabile ` e un sensore di portata nel quale la sezione trasver- sale mostrata al flusso varia in funzione della portata. Una tipica applicazione di questo principio ` e presente nel Rotametro, un semplice e robusto sensore di porta- ta per gas e liquidi, molto diffuso per condutture con diametri inferiori ai 100 mm.

Nella sua configurazione base il Rotametro consiste in un tubo verticale, conico e trasparente, contenente un galleggiante, come visibile in Figura 1.4, che sale nel tubo all’aumentare del flusso fino a che non viene raggiunto un equilibrio fra la forza gravitazionale, quella di galleggiamento e quella di trascinamento sul galleggiante (in realt` a non si tratta di un vero galleggiante in quanto la spinta idrodinamica non

`

e sufficiente a farlo galleggiare). All’interno di un certo range di flusso, l’altezza raggiunta dal galleggiante ` e lineare con il flusso volumetrico di fluido, che ` e cos`ı possibile misurare semplicemente leggendo l’altezza del galleggiante. All’equilibrio abbiamo che la forza gravitazionale ` e uguagliata dalla forza di trascinamento del fluido in movimento pi` u la spinta idrodinamica, possiamo cos`ı scrivere:

ρ b gV b = ρgV b + F d (1.4)

con ρ b e ρ le densit` a rispettivamente del galleggiante e del fluido, V b il volume

del galleggiante, g l’accelerazione gravitazionale e F d la forza di trascinamento del

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Figura 1.4: a) Sezione di un rotametro; b) Nutating disc Flowmeter [1].

fluido sul galleggiante. La particolare espressione per la forza di trascinamento dipende dal moto del fluido, in particolare se si trova in regime laminare o turbo- lento. Definiamo µ la viscosit` a del fluido, D b il massimo diametro del galleggiante, U la velocit` a del fluido nel gap attorno al galleggiante nella sua minima sezione, e C L o C T dei coefficienti empirici rispettivamente del moto laminare e turbolento.

E’ possibile cos`ı esprimere la forza di trascinamento sul galleggiante con questa relazione:

Flusso laminare F d = C L µD b U (1.5) Flusso Turbolento F d = C T ρD b 2 U 2 (1.6) Il flusso volumetrico attraverso il Rotametro ` e quindi:

Q = ˙ π

4 (D 2 − D 2 b )U (1.7)

o

Q = M ˙ π

4 (D 2 b )U (1.8)

dove m ` e un rapporto cos`ı definito:

m = D 2 − D b 2

D 2 b (1.9)

e D ` e il diametro del tubo all’altezza del galleggiante. Combinando le equazioni 1.4, 1.5 e 1.7 otteniamo per il regime laminare:

Q ˙ L = αD b 4 b − ρ)g

µ (1.10)

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con il parametro α definito in termini della costante K = V b /D b 3 , caratteristica della forma del galleggiante:

α = πmK 4C L

(1.11) Usando l’equazione 1.6 invece della 1.5 otteniamo un risultato analogo per il regime turbolento:

Q ˙ T = βD 5/2 b s

b − ρ)g

ρ (1.12)

dove

β = πm 4

s K C T

(1.13) E chiaro dalle equazioni 1.10 e 1.12 che il flusso ` ´ e proporzionale al rapporto m. Se il condotto ` e realizzato in modo che l’area della sezione aumenta in modo lineare con l’altezza:

D = D b (1 + h tan φ) (1.14)

e dato che φ ` e piccolo l’equazione 1.9 pu` o essere riscritta in questo modo:

m = 2h tan φ (1.15)

e il flusso ` e cos`ı proporzionale all’altezza h del galleggiante.

Il Rotametro ` e caratterizzato quindi da una risposta lineare, ha una struttura ro- busta e semplice; introduce inoltre una bassa caduta permanente di pressione. ´ E applicabile ad un elevato numero di gas e liquidi; ha un range di regolazione ti- pico di 10 : 1 con una incertezza che va dallo 0, 4% al 4% del flusso massimo. I range tipici su liquidi vanno da 0.04 Lh −1 a 150 m 3 h −1 , mentre per gas da 0.5 Lh −1 a 3000 m 3 h −1 [2].

1.1.3 Flussimetri a spostamento

Un flussimetro a spostamento, normalmente chiamato “PD Mete” (Positive Displa-

cement Meter), misura la portata volumetrica di un flusso continuo intrappolandone

una quantit` a conosciuta in una camera, riempita la quale il fluido viene rilasciato

nel flusso a valle del sensore. Monitorando il numero di riempimenti, in un interval-

lo determinato di tempo, ` e possibile risalire al flusso di volume del fluido. Un PD

Meter pu` o essere visto come un motore idraulico che assorbe una piccola quantit` a

di energia dal fluido che scorre, principalmente per vincere la resistenza interna

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delle parti in movimento nel sensore stesso. Questa perdita di energia si osserva nella caduta di pressione ai capi del sensore, indipendente dal flusso.

La struttura del flussimetro a spostamento ` e composta da tre componenti: un con- tenitore esterno, un meccanismo interno che attraverso un movimento ripetitivo crea le camere di accumulo per il fluido, ed infine un meccanismo di conteggio dei riempimenti-svuotamenti attraverso degli switch elettromeccanici, magnetici o ot- tici. Le configurazioni pi` u comuni sono quelle a pistone oscillante, nutating disk, oval gear, sliding vane, birotore e trirotore.

Sebbene ci sia una grande variet` a di configurazioni di PD Meters, ognuno di essi sfrutta un meccanismo che intrappola momentaneamente il fluido in una camera prima di rilasciarlo. Questo comporta che il fluido in uscita dal sensore abbia una pulsazione, introdotta dal rilascio periodico di fluido del PD Meter, tanto pi` u elevata quanto pi` u il flusso ` e basso.

Alcune tipologie di PD Meters possono lavorare sia con liquidi che con gas di varie viscosit` a, altre solo con liquidi o gas. Possiedono una notevole precisione su vasti range di flusso (1% della lettura) ed un range di regolazione di 10 : 1 in ogni condizione di regime di flusso. Data poi l’elevata precisione delle parti meccaniche in movimento e la scarsa tolleranza nelle geometrie per un corretto funzionamento, i PD Meters sono usati con fluidi puliti, privi di impurit` a.

1.1.4 Flussimetri a turbina

Inventati da Reinhard Woltman nel 1790, i sensori di portata a turbina sono un si- stema di misura di flusso accurato e affidabile sia per liquidi che gas. La trasduzione

`

e effettuata attraverso un rotore multi laminato montato perpendicolarmente rispet- to al flusso sotto misura e sospeso. Il diametro del rotore ` e leggermente inferiore del diametro della camera di misura, e la sua velocit` a di rotazione ` e proporzionale al flusso volumetrico. La rotazione della turbina pu` o essere rilevata da dispositivi a stato solido (sensori magnetici, capacitivi ed ad effetto Hall) o da sensori meccanici.

I moderni flussimetri a turbina, quando propriamente installati e calibrati, sono

capaci delle misure pi` u accurate di flusso sia su liquidi che gas. La loro applicazione

va dalla misura della portata di acqua, latte e bevande al gas naturale, nell’industria

petrolchimica, chimica, criogenica, spaziale e biomedica. La loro precisione va da

0.1% della lettura per i liquidi a 0.25% per i gas; il range di regolabilit` a inoltre va

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Figura 1.5: Electromagnetic Flowmeter.

da 10:1 a 100:1, in condizioni di flusso subsonico. Questi sensori offrono le migliori prestazioni in condizione di fluido pulito, in regime statico e con bassa viscosit` a cinematica (al di sotto di 10 −5 m 2 s −1 ).

1.1.5 Flussimetri elettromagnetici

Diversamente da altri tipi di sensori di portata, i flussimetri elettromagnetici offrono una misura realmente non invasiva. Possono misurare la direzione del flusso e sono insensibili alla viscosit` a, alla densit` a ed ai disturbi nel flusso. Possono rispondere rapidamente ai cambiamenti di flusso e sono lineari per un vasto range di misura.

Il principio fisico su cui si basano gli Electromagnetic Flowmeters ` e la legge di induzione di Faraday: la tensione indotta in un flussimetro elettromagnetico ` e linearmente proporzionale alla velocit` a media del fluido o al flusso volumetrico.

Se le pareti delle condutture sono di materiale non conduttivo, allora la tensione indotta ` e indipendente dalle propriet` a del fluido.

Come visibile in Figura 1.5, degli elettromagneti esterni generano un campo magnetico omogeneo attraverso la conduttura e il fluido al suo interno. Quando un fluido conduttivo attraversa il campo magnetico, una tensione viene generata nel fluido ed ` e rilevata da un’altra coppia di elettrodi posizionati perpendicolarmente rispetto al campo magnetico. Possiamo esprimere la tensione indotta come:

e = BDv (1.16)

dove D ` e il diametro del tubo, B il campo di induzione magnetica e v la velocit` a

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media del fluido. Quindi se la sezione del tubo ` e costante, come anche il campo magnetico generato, si ottiene una relazione lineare fra la tensione indotta e la velocit` a media. Esprimendo il flusso volumetrico come Q = Av, con A area del condotto pari a A = πD 4

2

, otteniamo:

e = 4BQ

πD (1.17)

Sebbene la tensione indotta sia proporzionale al valore medio del flusso di fluido, il problema principale del flussimetro elettromagnetico ` e l’ampiezza della tensione indotta, piccola rispetto alle possibili sorgenti di rumore (accoppiamenti capacitivi dei circuiti di alimentazione o di lettura, accoppiamenti induttivi dei magneti, ten- sioni indotte per cause elettromeccaniche). L’accuratezza che possiamo raggiungere con questi sensori va dallo 0.25% fino al 1% del valore letto. Il range di linearit` a ` e piuttosto ampio: 10 : 1, in condizioni di flusso con Re > 4500. Inoltre perch´ e questa classe di sensori possa funzionare ` e necessario che il fluido sotto osservazione sia conduttivo, ` e richiesta generalmente una conduttivit` a superiore a 1 ÷ 5 µScm −1 .

1.1.6 Flussimetri ultrasonici

I sensori di portata che azzerano le perdite di pressione dovute all’inserzione del trasduttore sono i flussimetri elettromagnetici e quelli ultrasonici. Entrambe le tipologie offrono un metodo di rilevazione non invasivo, ma mentre i flussimetri elettromagnetici hanno bisogno di un fluido conduttivo, quelli ultrasonici operano con qualsiasi tipo di fluido ed il costo del sensore ` e praticamente indipendente dal diametro della conduttura.

Ci sono vari tipi di flussimetri ad ultrasuoni:

1. Tempo di volo: ` e la tipologia di misura pi` u usata, utilizza la differenza nel tempo di attraversamento di una distanza determinata di un impulso ad ul- trasuoni, prima contro il flusso e poi nella direzione del flusso. Si risale cos`ı alla velocit` a media del flusso e quindi al flusso volumetrico. I ricetrasmettitori sono posti secondo un certo angolo rispetto alla direzione del flusso, come visibile in figura 1.6. Chiamando t 21 e t 21 i due tempi di attraversamento della distanza L W otteniamo:

t 12 = L W

c + v a cos φ and t 21 = L W

c − v a cos φ (1.18)

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Figura 1.6: Ultrasonic Flowmeter: transit time method.

con c velocit` a del suono nelle condizioni operative, φ l’angolo fra l’asse del tubo e il percorso acustico, v a velocit` a media lungo la distanza L W . Dalle equazioni 1.18 ricaviamo:

v a = L W

2 cos φ ( 1 t 12

1 t 21

) = D

2 cos φ sin φ ( 1 t 12

1 t 21

) (1.19)

La precisione che si raggiunge con questo metodo ` e attorno all’1% del valore letto, con un range lineare di 10 : 1 in condizioni di flusso con Re > 10.000.

Il problema principale di questo metodo ` e la sensibilit` a a bolle nel fluido o a particelle solide sospese.

2. Effetto Doppler: pi` u popolare e meno costoso del sistema precedente, ma non cos`ı accurato, fa uso dello scostamento in frequenza, dovuto all’effetto Doppler, che si ha nelle onde sonore riflesse o scatterate da particelle in sospensione in movimento con il fluido.

3. Shift di fase: la fase del segnale inviato e ricevuto sono misurate nella dire- zione del flusso e contro questo. L’angolo risultante di scostamento di fase ` e proporzionale alla velocit` a media del fluido.

4. Drift: lo spostamento di un segnale ad ultrasuoni che attraversa un flusso ` e rilevato attraverso la misura dell’attenuazione del segnale.

1.1.7 Flussimetri Vortex

Il flussimetro Vortex ` e entrato in uso circa 30 anni fa e il suo impiego ` e in continuo

aumento. Offre un principio di funzionamento che non richiede parti in movimento

e produce un segnale di uscita che varia linearmente con il flusso del fluido in un

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Figura 1.7: Von Karman vortex street.

vasto intervallo del numero di Reynolds. Il flussimetro Vortex ha una costruzione molto semplice e permette un’accuratezza dell’1% o migliore sia con gas che con liquidi.

Il principio di funzionamento si basa sull’instaurarsi di un regime periodico di vortici a valle di un oggetto smussato investito da un flusso (fig. ??). Questo fenomeno, studiato per la prima volta da Theodore Von Karman nel 1911, mette in relazione la velocit` a del flusso che investe l’oggetto con la frequenza di formazione dei vortici.

Il numero adimensionale di Strouhal, St, ` e usato per descrivere la relazione fra la frequenza con cui si formano i vortici e la velocit` a:

St = f · d

U (1.20)

dove

• f =frequenza di formazione dei vortici

• d =larghezza dell’oggetto investito dal flusso

• U =velocit` a del fluido

Questo fenomeno avviene sia in flussi non confinati che confinati; in quest’ulti- mo caso dovremo usare ¯ U, velocit` a media, e St 0 , numero di Strouhal del sensore, rispettivamente al posto della velocit` a e del numero di Strouhal. Avremo cos`ı:

St 0 = f · d

U ¯ (1.21)

Scrivendo il flusso Q come: Q = A · ¯ U, possiamo sostituire ad ¯ U la sua espressione in funzione di St 0 , ottenendo:

Q = A · d

St 0 · f (1.22)

e definendo K = A·d St

0

possiamo scrivere:

Q = f

K (1.23)

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Le frequenze tipiche di formazione dei vortici vanno da circa 1 Hz a frequenze dell’ordine di 3000 Hz o pi` u, in dipendenza dalla velocit` a del flusso e dal diametro del condotto. Per un flussimetro Vortex l’ostacolo viene scelto in modo che offra un K costante su un range pi` u vasto possibile di numero di Reynolds; in questo modo dalla misura del numero dei vortici ` e possibile risalire all’entit` a del flusso.

Tipicamente accade che, per numeri di Reynolds fra 15.000 a 2.000.000, il fattore K si mantiene pressoch´ e lineare.

1.1.8 Flussimetri termici

Un Thermal Mass Flow Sensor genera in uscita un segnale proporzionale al flusso di massa nel condotto attraverso un’interazione termica fra sensore e flusso [4].

Definita la variazione di volume come Φ V = dV /dt = vA, con v velocit` a media lungo la sezione di area A, la variazione di massa per unit` a di tempo sar` a:

Φ m = d

dt (V ρ) = (Φ V ρ) + (V

dt ) (1.24)

e nel caso di densit` a costante nel tempo:

Φ m = (Φ V ρ) = Avρ (1.25)

Si ottiene cos`ı, dividendo per l’area del condotto, il flusso di massa:

φ m = Φ m

A = vρ (1.26)

La trasduzione avviene convertendo la variabile meccanica (φ m ) attraverso una va- riabile termica (trasferimento di calore) in un segnale elettrico (corrente o tensione).

I tre principali metodi di misura sono:

• Sensori a filo o a film caldo: la misura viene effettuata monitorando l’effetto del flusso del fluido su un corpo riscaldato.

• Sensori calorimetrici: misurano la deformazione di un profilo di temperatura, generato da un riscaldatore, causato dalla presenza di flusso.

• Sensori a tempo di volo: misurano il tempo di percorrenza, di un impulso di

calore, nell’attraversare una distanza nota.

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Figura 1.8: Schema della struttura di un sensore a filo caldo.

Sensori a filo caldo

Questa sensori sono normalmente utilizzati come anemometri e permettono di risa- lire alla velocit` a del flusso che li investe. Nel caso per` o siano inseriti in un canale che definisce un flusso di massa ben definito ` e possibile utilizzarli come sensori di portata.

Il principio di funzionamento ` e legato alla presenza di un elemento riscaldante che, investito dal flusso, cede calore al fluido per convezione e in parte anche ai supporti che lo sostengono e alle pareti del canale per conduzione. Il calore cos`ı ceduto pu` o essere espresso dalla legge di King [3]:

Q = (ζ + β

v)∆T (1.27)

dove Q ` e il calore totale ceduto dal sensore (uguale a quello fornito per effetto Joule), ζ∆T il calore ceduto ai supporti e alle pareti del condotto, (β

v)∆T il calore ceduto al fluido per convezione (v ` e la velocit` a del fluido) e ∆T il salto di temperatura fra il riscaldatore e il fluido. Dalla relazione 1.27 possiamo ricavare la resistenza termica del sensore:

R = 1

ζ + β

v (1.28)

I parametri ζ e β dipendono sia dalla geometria del sensore, sia dalle propriet` a

del fluido. I sensori a filo caldo sono ottimizzati in modo che ζ sia il pi` u piccolo

possibile, tramite la scelta di materiali a bassa conducibililt` a termica, in modo da

aumentare la sensibilit` a del sensore. Per quanto riguarda le perdite di calore per

conduzione verso le pareti, attraverso il fluido, troviamo in letteratura (Fingerson e

Freymuth,[3]) che queste sono trascurabile quando la distanza fra le pareti ` e circa

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Figura 1.9: Circuiti di pilotaggio: a) T costante; b) Q costante.

500 volte il diametro del filo.

La perdita di calore del sensore in presenza di flusso viene normalmente misurata dalla variazione di resistenza del filamento stesso, il cui andamento, approssimato al primo ordine, sar` a:

R = R r [1 + α(T − T r )] (1.29) con R resistenza del filamento alla temperatura T , R r resistenza alla temperatura di riferimento T r , ed α il coefficiente di temperatura.

I sensori a filo caldo sono generalmente pilotati in due modi:

• Temperatura costante (∆T costante): la velocit` a ` e ricavata misurando la po- tenza (Q) necessaria per mantenere la temperatura del riscaldatore costante.

Il filamento viene pilotato tramite un ponte di Wheatstone inserito in un anel- lo di reazione,(Fig. 1.9a)), in modo che la sua temperatura rimanga costante.

Per fare questo il ponte deve essere bilanciato in assenza di flusso agendo

sulla resistenza R 2 . Cos`ı facendo una variazione di resistenza del sensore,

dovuta ad una variazione di flusso, sbilancia il ponte e l’amplificatore, tramite

la reazione, aumenta la corrente sul sensore in caso di raffreddamento o la

diminuisce nel caso contrario, in modo da riportare la temperatura al valore di

riferimento. Il segnale utile sar` a quindi la corrente in uscita dall’amplificatore

che varier` a in funzione della velocit` a del fluido. Per il corretto funzionamento

del circuito al variare della temperatura ambiente, o del fluido, R 1 e R 2 devono

avere lo stesso coefficiente α cos`ı come R 3 e R 4 ; inoltre R 2 deve essere posta

a contatto termico con il fluido senza esserne esposta al flusso.

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Figura 1.10: Distribuzione di temperatura attorno al riscaldatore.

• Potenza costante (Q costante):la velocit` a del fluido ` e calcolata misurando la T dell’elemento riscaldato per una determinata potenza di pilotaggio (Q).

Al variare della velocit` a del fluido la resistenza termica del sensore varier` a secondo la relazione 1.29, la sua T varier` a quindi in funzione della velo- cit` a. Inserendo quindi il sensore all’interno di un ponte di Wheatstone (fig.

1.9b))possiamo risalire alla variazione di temperatura del sensore dalla sua variazione di resistenza, leggendo la tensione in uscita dall’amplificatore. Co- me gi` a detto ` e necessario, per il corretto funzionamento del pilotaggio, che le coppie di resistori corrispondenti abbiamo lo stesso coefficiente α.

L’elemento riscaldante del sensore ` e generalmente realizzato con un sottile filo di platino, o di una sua lega con altri metalli (iridio ad esempio), di qualche mil- limetro di lunghezza e con un diametro variabile a seconda delle applicazioni da circa 0.02 mm a 2 mm in applicazioni industriali, da 1 µm a 150 µm nell’ambito della ricerca [2].

In sostituzione di un sottile filo riscaldato, in alcune applicazioni vengono utilizzati dei film di platino deposti direttamente su degli elettrodi e ricoperti da uno strato di quarzo o di allumina in modo da renderli utilizzabile anche con sostanze chimi- camente aggressive.

Sensori calorimetrici

Il principio di funzionamento dei sensori calorimetrici si basa sulla deformazione

di un profilo di temperatura, generato da un elemento riscaldatore, in presenza

di flusso. Come possiamo vedere in Figura 1.10, le tre curve si riferiscono a tre

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Figura 1.11: Uscita del sensore con acqua come fluido, in un canale di 1000 µm × 500 µm; una velocit` a v = 20 mm/s ` e uguale ad un flusso di 0.6 ml/min.[6]

differenti velocit` a di un fluido che investe una superficie riscaldata. Questo riscal- datore si estende da −l a +l e nelle posizioni −l − x S e l + x S sono posti dei sensori di temperatura. Si pu` o notare che in assenza di flusso (curva a) il profi- lo ` e perfettamente simmetrico, e quindi i due sensori, riscaldati allo stesso modo, misureranno la medesima temperatura. In presenza di flusso (curva b) il profilo si dissimmetrizza e mentre un lato si raffredda, il lato a valle si riscalda per effetto del calore trasportato dal fluido; in questa situazione la differenza delle tempera- ture misurate dai sensori a valle e a monte del riscaldatore ` e proporzionale alla quantit` a di massa che attraversa la sezione del condotto per unit` a di tempo. La differenza di temperatura, opportunamente rilevata, costituisce, quindi, il segnale di uscita del sensore ed ha un andamento lineare con il flusso solo fino ad una certa velocit` a. Vi ` e infatti una soglia per la velocit` a del flusso (curva c) oltre la quale il calore generato dal riscaldatore non raggiunge pi` u il sensore a monte e si ha un massimo nella caratteristica ∆T /v, con v velocit` a del fluido, come possiamo vedere in Figura 1.11. Dopo il massimo si ha la saturazione dell’uscita del sensore in funzione della velocit` a in quanto il sensore di temperatura a monte ` e praticamente alla stessa temperatura del fluido, mentre quello a valle si avvicina gradualmente alla temperatura del riscaldatore.

I sensori calorimetrici possono essere sia intrusivi, con il riscaldatore e i sensori di

temperatura inseriti all’interno del condotto, sia non intrusivi, ossia con gli elementi

sensibili esterni al condotto; una schematizzazione di queste due tipologie ` e visibile

in Figura 1.12. I sensori intrusivi hanno molti limiti: il riscaldatore e i sensori di

temperatura devono essere immersi nel fluido e questo provoca inevitabili problemi

di corrosione e danneggiamento, oltre ad aumentare la possibilit` a di perdite nel

(18)

Figura 1.12: Struttura tipica di sensori calorimetrici.

condotto a causa dell’inserimento del sensore. Questi problemi non si hanno nei sensori non intrusivi, dove sia il riscaldatore che i sensori di temperatura vengono posizionati esternamente al condotto o nel tubo stesso. Il riscaldatore pu` o essere realizzato come un resistore avvolto attorno al tubo o come un film sottile sulla parete esterna. Allo stesso modo i sensori di temperatura, generalmente termopile, posti a valle e a monte del riscaldatore. Questa tecnica ` e applicabile a flussi che vanno da 1 mLmin −1 a 500 Lmin −1 , e, dato le basse velocit` a per cui la risposta del sensore ` e lineare, i flussi pi` u elevati sono gestiti con opportuni bypass dalla linea principale (normalmente infatti il sensore ` e un piccolo capillare di circa 3 mm di diametro).

I sensori a filo caldo (anemometri a filo caldo in sistemi con flusso non definito da un canale) hanno una caratteristica che contiene la radice quadrata della velocit` a del flusso. La ragione fisica ` e l’instaurarsi sulle pareti e sugli elementi riscaldati di strati limite. Nei sensori calorimetrici gli elementi sensibili alla temperatura sono molto vicini e il trasporto di calore dal riscaldatore a quest’ultimi non ` e dominato dallo strato limite. La condizione per una dipendenza secondo

v ` e sia δ  l, dove δ ` e l’ampiezza dello strato limite e l la distanza fra il sensore di temperatura e il riscaldatore. I sensori di flusso calorimetrici sono invece progettati in modo che la distanza fra i sensori di temperatura e il riscaldatore sia molto piccola, essendo il regime lineare caratterizzato dalla condizione δ  l, (Elwenspoek 1999). Nel regi- me lineare della dipendenza della ∆T dal flusso troviamo allora che δ =

q ζl

v  l,

(19)

con ζ viscosit` a cinematica, e questo ` e equivalente a:

s vl

ζ = R e  1 (1.30)

Il massimo della caratteristica di un sensore calorimetrico (un esempio in Fig. 1.11) si ha approssimativamente quando si raggiunge la condizione di δ th ∼ l con l la distanza fra riscaldatore e sensore di temperatura e δ th lo strato limite termico al di sopra del sensore; questa ` e la condizione limite in cui il calore estratto dal fluido, in movimento sopra il sensore di temperatura a monte, ` e uguale a quello fornito per conduzione dal riscaldatore. Essendo:

δ th δ P r 1/3

(1.31) e considerando che generalmente per un gas vale P r ≈ 1, otteniamo che la 1.31 diviene:

δ = r ζl

v ≈ l (1.32)

Sapendo quindi che ζ = η/ρ, con η viscosit` a dinamica e ρ densit` a del fluido, si ha:

ρlv max

η ≈ 1 (1.33)

da cui possiamo ricavare la v max del fluido per cui si ha il massimo dell’uscita. Una relazione simile ` e stata ricavata da Elwenspoek (1994) assumendo che: (i) si ha il massimo quando il flusso ` e cos`ı elevato che il calore non pu` o pi` u raggiungere il sensore a monte per diffusione, e (ii) comparando i tempi di diffusione e di flusso.

Per descrivere i profili di temperatura che si instaurano attorno al riscaldatore in presenza di flusso possiamo utilizzare il modello proposto da Lammerink [6].

Questo modello descrive il trasporto di calore dal riscaldatore al fluido e alle pa- reti del canale tramite i parametri concentrati. L’equazione differenziale risultante (monodimensionale lungo x, direzione del flusso) ` e:

D T

d 2 T dx 2 + U x

dT

dx − βT + s = 0 (1.34)

con s l’intensit` a della sorgente di calore, β un parametro dipendente dalla geo- metria, U x la velocit` a del fluido lungo x e D T il coefficiente di diffusione termica.

Lammerink d` a una soluzione della 1.34:

sensore a monte: T (x) = T 0 exp (γ 2 (x − L)) (1.35)

(20)

Figura 1.13: Sensori a tempo di volo: a) schema di funzionamento; b) temperatura sul sensore a valle; c) caratteristica del sensore.

sensore a valle: T (x) = T 0 exp (γ 1 (x + L)) (1.36) con

γ 1,2 = 1 2D T

U ± r

U 2 + 4D T 2

h 2 (1.37)

dove T 0 ` e la temperatura del riscaldatore, L la larghezza del riscaldatore e h met` a altezza del canale in cui scorre il fluido. L’andamento dei profili ` e quello gi` a mostrato in Fig. 1.10.

Sensori a tempo di volo

I sensori a tempo di volo consistono in un riscaldatore e in uno o pi` u sensori di temperatura posti a valle, come schematizzato in Figura 1.13a). Il riscaldatore ` e alimentato con un impulso di corrente e il calore cos`ı generato si propaga fino al sensore di temperatura per convezione forzata e per diffusione. Il segnale in uscita dal sensore di temperatura ` e cos`ı una funzione del tempo e della velocit` a del flusso. L’uscita del sensore ` e la differenza fra l’istante di generazione dell’impulso di calore e il momento in cui il sensore di temperatura rileva un massimo nel profilo di temperatura (Fig. 1.13b)); l’intervallo ∆t dipende indirettamente dalla velocit` a del fluido, indipendentemente dal tipo di fluido.

Per bassi flussi l’intervallo ∆t dipende principalmente dalla diffusivit` a del fluido; si ha, quindi, una dispersione dell’impulso di calore che crea un effetto soglia per basse velocit` a del fluido (Fig. 1.13c)). Mentre per flussi elevati ∆t tende a dipendere dal rapporto fra la distanza del riscaldatore dal sensore di temperatura e la velocit` a media del flusso [5].

Analiticamente il trasporto di calore attraverso un fluido ` e governato dalla seguente

(21)

equazione del bilancio energetico:

∂T

∂t + v∇T = ( λ

ρc )∇ 2 T + q 0

ρc (1.38)

dove T ` e la temperatura, v la velocit` a, ρ la densit` a, c il calore specifico, q 0 (in W m −3 ) il calore generato per unit` a di volume e di tempo all’interno del materiale stesso, e λ (in W K −1 m −1 ) la conducibilit` a termica. La soluzione analitica di questa equazione differenziale per un impulso di calore di intensit` a q 0 0 (W m −1 ) ` e data in [5]:

T (x, y, t) = ( q 0 0

4πλt ) exp − [(x − vt) 2 + y 2 ]

4at (1.39)

dove a denota la diffusivit` a termica. Misurando il tempo τ al quale il segnale passa per il sensore di temperatura (y = 0) si pu` o ottenere l’equazione base per i sensori a tempo di volo dell’impulso del calore:

v = x

t (1.40)

Perch´ e l’equazione 1.39 sia valida, ` e necessario che il termine 4at sia molto pi` u pic- colo della distanza sensore-riscaldatore x. In questo modo supponiamo che la con- vezione forzata prevalga sulla componente diffusiva. Quando invece la componente diffusiva ` e rilevante il tempo di volo ` e dato da:

∆t = τ = [−2a + (4a 2 + v 2 x 2 ) 1/2 ]

v 2 v 6= 0 (1.41)

τ = x 2

4a v = 0 (1.42)

A causa della disposizione degli elementi sensibili all’interno del condotto in cui scorre il fluido, questi sensori sono esposti a corrosione, erosione e perdite. Il vantaggio di questo sistema di misura del flusso volumetrico sta nell’indipendenza per flussi elevati, dalla temperatura del fluido e dalle sue propriet` a.

1.1.9 Flussimetri ad effetto Coriolis

I flussimetri ad effetto Coriolis sono stati sviluppati negli anni ’80 per rispondere

all’esigenza di una misura diretta della massa del fluido in movimento piuttosto

che dedurla da una misura del velocit` a del fluido o dal flusso volumetrico. Questi

flussimetri offrono, infatti, questa caratteristica e sono virtualmente insensibili a va-

riazioni della pressione del fluido, della sua temperatura, viscosit` a e densit` a. Come

(22)

Figura 1.14: Viste del tubo oscillante senza flusso.

Figura 1.15: Risposta del tubo all’accelerazione di Coriolis.

conseguenza di questa caratteristica, i Coriolis Effect Mass Flowmeters possono essere usati per una grande variet` a di fluidi senza necessit` a di ricalibrazione e di compensazione con parametri specifici del fluido sotto misura.

Il principio di funzionamento di questi flussimetri si basa sull’effetto Coriolis e ti-

picamente consistono in uno o due tubi, messi in vibrazione, con un ingresso e

un’uscita (Fig. 1.14). Il fluido entra nel tubo dal lato etichettato INLET ed esce

dal lato OUTLET. La misura della quantit` a di massa che attraversa il condotto

per unit` a di area ` e effettuata misurando l’effetto che il passaggio del fluido ha sul

tubo (o sui tubi) posto in vibrazione. Come visibile in Figura 1.15 la vibrazione del

tubo attorno ad un asse (Support Axis in figura) fa si che nel percorrere il tubo la

componente verticale della velocit` a aumenti nel lato INLET per poi decrescere in

(23)

Figura 1.16: Viste del tubo oscillante in presenza di flusso.

quello OUTLET. Questa accelerazione sul lato INLET e decelerazione su quello OUTLET genera delle forze che fanno flettere il tubo rispetto alla sua posizione di vibrazione in assenza di flusso, come si vede in Figura 1.16. I flussimetri ad effetto Coriolis posseggono un’accuratezza maggiore di ogni altro tipo di sensore di portata (fino a 0.15% del valore letto) e possono essere usati per qualsiasi numero di Reynolds. Questi flussimetri, inoltre, sebbene inizialmente usati solo per liquidi (anche corrosivi e con particolato) sono disponibili anche per gas.

1.2 Sensori Integrati

Come abbiamo visto nel precedente paragrafo esiste una grande variet` a di sensori

di flusso convenzionali, ma quest’ultimi, spesso, non sono di grande utilit` a in ambito

microscopico. La limitata sensitivit` a, le grandi dimensioni e la difficolt` a di interfac-

ciamento con dispositivi microfluidici ne restringe il loro uso. La microfabbricazione

tuttavia offre i benefici di una elevata risoluzione spaziale, rapidi tempi di risposta,

elaborazione del segnale on board e un basso costo di produzione, grazie all’impie-

go delle tecniche di integrazione microelettroniche. I sensori di flusso realizzati con

tecniche di microlavorazione del silicio sono in grado di misurare un ampio range

di flussi: da litri al minuto, a pochi µl all’ora. Da puro argomento di ricerca sono

divenuti nel tempo applicazioni commerciali e sono attualmente in stretta competi-

zione con i sensori convenzionali in certe applicazioni.

(24)

I primi sensori di flusso realizzati con tecniche di microlavorazione del silicio furono presentati da van Putten (1974) [7] e da van Riet (1976) [8]. Entrambi usarono il dominio termico come principio di misura, e da allora le performance dei sensori di flusso sono incrementate e molti altri principi di trasduzione sono stati trasferiti dal mondo macroscopico a quello microscopico. In questo capitolo ` e riportata una pa- noramica dei sensori di flusso realizzati con tecniche di microlavorazione del silicio presenti sia in ambito di ricerca che in ambito commerciale. In particolare, dato che i principi di trasduzione delle grandezze fisiche sono gi` a stati in parte evidenziati, ci soffermeremo in dettaglio sulle tecniche di costruzione e sulle caratteristiche di questi sensori.

1.2.1 Flussimetri termici

La stragrande maggioranza dei microsensori di flusso descritti in letteratura lavora- no nel dominio termico: sono microsensori termici quelli prodotti in milioni di unit` a e installati nei motori delle automobili per il controllo dei gas combusti e in sistemi di climatizzazione. La produzione commerciale di sensori di flusso microlavorati comincia circa dieci anni fa con la sostituzione dei sensori convenzionali nelle auto.

Come si ` e gi` a mostrato i sensori termici di flusso possono essere classificati in tre categorie:

• Sensori a filo o film caldo ( spesso chiamati anemometri anche con flussi definiti da un canale)

• Sensori calorimetrici

• Sensori a tempo di volo

In tutte e tre le modalit` a ` e necessaria almeno una misura della temperatura. Que-

sta pu` o essere effettuata impiegando differenti tecnologie e materiali derivanti da

tecnologie standard del silicio (Bipolare/CMOS); si utilizzano infatti resistori, ter-

mopile, diodi e transistori. In passato era frequente l’uso di diodi e transistori

sfruttando la dipendenza della tensione ai capi di una giunzione p-n dalla tempe-

ratura. Questa soluzione ha una buona sensibilit` a, ma ha il grande svantaggio di

avere un drift elevato delle caratteristiche dei transistori e inoltre richiede l’iso-

lamento di grosse porzioni di silicio dove risiedono i transistori. I resistori sono

(25)

quindi preferibili sotto l’aspetto della riproducibilit` a, del drift, della linearit` a e dei costi. Sono generalmente utilizzati materiali ad alto TCR (coeffciente di tempera- tura della resistivit` a), come: platino, oro, polisilicio, Ni − Z rO 2 , germanio amorfo e carburo di silicio. A partire dagli anni ’80 si ` e assistito ad un impiego sempre pi` u frequente delle termopile integrate nei sensori di temperatura, in generale per i maggiori vantaggi in termini di offset, drift delle caratteristiche e sensibilit` a, nonch´ e nella facilit` a di integrazione tramite processi standard (un approfondimento sulle termopile ` e riportato in Appendice A).

Sensori a filo caldo

L’analisi gi` a effettuata dei sensori a filo caldo macroscopici continua ad essere va- lida anche nei sensori realizzati con la microlavorazione del silicio. Una differenza sostanziale ` e per` o la ridotta massa termica di quest’ultimi che consente di avere tempi di risposta pi` u brevi. Inoltre, accanto alle consuete tecniche di pilotaggio a potenza costante e a temperatura costante, recentemente ` e stato proposto una tecnica di pilotaggio a differenza di temperatura (∆T ) costante [11], che presuppone l’utilizzo di due sensori a filo caldo: in questo metodo ` e mantenuta costantemente a zero la differenza di temperatura fra il sensore a monte e quello a valle. Questo tipo di pilotaggio si realizza diversificando la potenza fornita ai due sensori. Il rapporto fra le due potenze fornisce una misura del flusso. La temperatura assolu- ta naturalmente non rimarr` a costante al variare del flusso per entrambi i sensori, ma cos`ı facendo ` e possibile utilizzare anche sensori con caratteristiche in funzione della temperatura non lineari. E’ sufficiente infatti che le caratteristiche dei due sensori siano simmetriche. In questo modo il segnale di uscita del sistema non va a dipendere dalla sensibilit` a del singolo sensore e si possono utilizzare termopi- le ad alta sensibilit` a metallo/semiconduttore, che sono fortemente non lineari, ma possiedono una buona simmetria.

Come gi` a detto per i sensori a filo caldo macroscopici, questo metodo di misura ha bisogno di una accurata calibrazione ed ` e importante avere un riferimento di tem- peratura tramite un sensore di temperatura non investito dal flusso, ma in contatto termico con quest’ultimo.

In letteratura troviamo numerose soluzioni sia per applicazioni anemometriche, sia

come sensori di flusso. In particolare Stemme [12] riporta un sensore di flusso per

(26)

Figura 1.17: Esempi di sensori a filo caldo: a) L’area sensibile ha dimensioni di 400 × 300 µm 2 sospeso alla fine di una trave di silicio, lunga 1.6 mm, e spessa 30 µm, isolata termicamente da uno scavo in poliammide [12]; b) Le dimensioni del canale sono di 2 × 20 × 2, 00 µm 3 . Sulla struttura a destra il canale viene sospeso per un miglior isolamento termico [13].

gas nel quale l’area sensibile ` e stata termicamente isolata dal substrato di silicio attraverso una sottile trave sospesa nel quale viene realizzato uno scavo riempito di poliammide (Fig. 1.17a)). Una configurazione differente ` e utilizzata nel lavoro di Wu [13]: viene utilizzato un resistore di polisilicio, drogato con una impianta- zione di boro, integrato nelle pareti del canale realizzato attraverso un processo di micromachining. La struttura del sensore ` e visibile in Figura 1.17(b); sono visibili due configurazioni: quella a destra si differenzia dall’altra per un miglior isolamento termico del canale rispetto al substrato, ottenuto sospendendo il canale. Sono state inoltre effettuate anche delle prove sulla concentrazione da usare nel drogaggio del polisilicio: si ` e visto che una concentrazione di 2 × 10 18 cm −3 consentiva di avere un TCR pi` u elevato e sensibilit` a migliori rispetto ad un drogaggio di 2 × 10 19 cm −3 . Questo sensore ha una caduta di pressione piuttosto elevata a causa delle piccole dimensioni del canale. Un anemometro tridimensionale ` e stato realizzato da Ebe- fors [14] e consiste in tre filamenti di polisilicio ricoperti da nitruro di silicio per prevenirne l’ossidazione. Come visibile in Figura 1.18, attraverso delle giunzioni di silicio intervallate da scavi a forma di V di poliammide, si riesce, scaldando a circa 350 ÷ 400 C , a sollevare uno dei tre filamenti, per effetto della riduzione delle dimensioni delle giunture di poliammide. Si hanno cos`ı i tre sensori su tre assi perpendicolari.

Le caratteristiche dei sensori appena visti sono riassunte nella Tabella 1.1.

(27)

Figura 1.18: Vista schematica del sensore basato su giunzioni di poliammide. Le dimensioni del chip sono di 3, 5 mm × 3 mm × 0, 5 mm e quelle dei filamenti sono di 500 µm × 5 µm × 2 µm. ε ` e il coefficiente di riduzione delle dimensioni.

Tabella 1.1: Caratteristiche di sensori a filo caldo

Author; Year Flow Range Sensitivity Response Time Fluid Stemme; 1986 [12] 0.8 − 30m/s 0.01 − 0.5(mW /m/s)/(mW ) 50ms Air

Ebefors; 1998 [14] 0 − 60l/min - 120 − 330µs Air

Wu ; 2001 [13] < 20nl/min 8 − 180ppm/(nl/min) - Water

Sensori calorimetrici

I sensori calorimetrici realizzati con tecniche di micromachining del silicio si distin- guono dagli analoghi sensori macroscopici innanzitutto per le ridotte dimensioni degli elementi sensibili e delle distanze fra di essi rispetto alle dimensioni del condotto. Inoltre, il riscaldamento ` e ristretto praticamente al solo strato limite del fluido e questo comporta una sensibilit` a maggiore ai bassi flussi ed una dissipa- zione di calore molto ridotta.

I sensori calorimetrici consistono in strutture isolate termicamente su cui sono al-

loggiati il riscaldatore e i sensori di temperatura. Queste strutture sono realizzate

utilizzando sia processi dedicati per la realizzazione di strutture MEMS, sia proces-

(28)

Figura 1.19: Viste schematiche di sensori calorimetrici a struttura sospesa: a) simple bridge sensor; b) air gap sensor [16].

si standard microelettronici come i processi bipolare e CMOS. Due tipiche tecniche di isolamento degli elementi sensibili sono l’utilizzo di membrane e travi sospese in aria. Si sfrutta, in questo modo, la bassa conducibilit` a termica dell’aria riducendo con opportune tecniche la dispersione di calore verso il substrato. Si utilizzano, infatti, strutture sospese di ridotto spessore e costituite da materiali isolanti come il nitruro di silicio (Si 3 N 4 ).

Un esempio dell’uso di un processo CMOS standard per la progettazione di un sen- sore calorimetrico ` e visibile in Figura 1.19 in due differenti configurazioni. Si nota che entrambe le strutture sono isolate dal substrato da un profondo scavo realizzato con un attacco anisotropo del silicio (EDP); le strutture differiscono per il tipo di isolamento fra riscaldatore e termopile. Tutta la struttura sospesa ` e composta dai dielettrici e dall’ossido di campo del processo CMOS oltre allo strato di polisilicio per il riscaldatore e la coppia poly-metal per le termopile. Queste strutture [16]

sono state impiegate per lo studio dell’influenza dei parametri geometrici e del pac-

kage sulla sensibilit` a del sensore, ottenendo un valore massimo di 0.92 V W −1 m −1 s

con la tipologia mostrata in Figura 1.19b). In Figura 1.20 si pu` o vedere una ri-

sposta tipica di un sensore calorimetrico, con un’andamento lineare fino ad una

(29)

Figura 1.20: Segnale di uscita in funzione della velocit` a media, l’altezza del canale

`

e di 0, 8 mm e il gas utilizzato ` e azoto [16].

Figura 1.21: Immagine del sensore di flusso realizzato da Oda [17], gi` a processato.

certa velocit` a, oltre la quale il segnale d’uscita diminuisce la sua pendenza fino a raggiungere un massimo.

Un’altro lavoro che fa uso di membrane sospese ` e quello di Oda [17], nel quale

`

e presente un diaframma di silicio sul quale sono state realizzate le giunzioni calde delle quattro termopile presenti (T P i in Figura 1.21) e il riscaldatore. Il chip ha dimensioni 2 mm × 2 mm e le quattro termopile che lo circondano sono composte da platino e silicio di tipo p pesantemente drogato; il riscaldatore ` e anch’esso rea- lizzato in platino. Le due termopile T P 1 e T P 2 sono disposte lungo la direzione del flusso per misurare il calore trasportato dal flusso, mentre le termopile T P 3 e T P 4 , disposte perpendicolarmente al flusso, sono utilizzate per monitorare il calore ceduto al flusso. Normalizzando il segnale proveniente da T P 1 e T P 2 con quello fornito da T P 3 e T P 4 si riesce ad aumentare il range lineare del sensore.

In letteratura sono presenti anche altri metodi per aumentare il range di utilizzo

(30)

Figura 1.22: Schema della sezione del sensore di flusso realizzato da Sabat´ e [18]

dei sensori calorimetrici. Ad esempio, dato che la risposta di un sensore calori- metrico dipende dai parametri geometrici del progetto, in particolare la distanza fra riscaldatore e sensori di temperatura, nel lavoro di Sabat´ e [18] viene utilizzata una struttura che pu` o modificare questa distanza a seconda del range di flusso. In particolare come si pu` o vedere in Figura 1.22 si utilizzano 7 resistori, dei quali uno agisce da riscaldatore (R 4 ), mentre gli altri agiscono da sensori di temperatura posizionati su tre distanze diverse: 75, 150 e 225 µm. La membrana su cui sono posti i resistori ` e uno strato di nitruro di silicio di 300 nm deposto su un sottile strato di ossido, e per sospenderla viene utilizzato un attacco in KOH. I resistori sono realizzati con un layer spesso 150 nm di titanio e nickel.

Un altro metodo utilizzato per isolare termicamente aree sensibili ` e l’uso del silicio poroso. Questa scelta, presente in letteratura nel lavoro di Kaltas [19], permette di avere un buon isolamento termico a fronte di una maggiore robustezza del sen- sore a successive lavorazioni. La struttura, visibile in Figura 1.23, ` e composta da uno strato spesso 40 µm di silicio poroso (area scura), la cui conducibilit` a termica quando la porosit` a ` e superiore al 60% ` e circa 1, 2 W /mK , dello stesso ordine di grandezza dell’ossido di silicio. Su questo strato vi sono le giunzioni calde delle termopile realizzate con polisilicio di tipo p e alluminio; il riscaldatore ` e realizzato in polisilicio.

I sensori calorimetrici finora visti sono sensibili al flusso proveniente da un’unica direzione, e vengono impiegati all’interno di condotti in cui scorre il fluido, di cui

`

e possibile stabilirne il verso. Cambiando la struttura del sensore e aggiungendo

elementi sensibili ` e possibile misurare il flusso in due dimensioni. Naturalmente

il flusso non sar` a pi` u definito da un canale, ed il sensore verr` a utilizzato in spa-

zio aperto. Un esempio ` e il progetto proposto da Makinwa [20]: questo sensore ` e

realizzato con un processo CMOS standard ed ` e composto da quattro riscaldatori

(31)

Figura 1.23: Immagine del sensore di flusso realizzato da Kaltas [19]

Figura 1.24: Schema di un sensore di flusso sensibile alla direzione [20].

(resistori di polisilicio) e quattro termopile (alluminio/silicio p + ) come visibile nello schema di figura 1.24. L’elettronica del sensore ` e integrata nel chip; la velocit` a e la direzione sono misurate con una accuratezza rispettivamente di ±4% e ±2 su un range di velocit` a da 2 a 18 m/s. La misura della direzione e della velocit` a si ottiene combinando le tensioni ∆V delle due coppie di termopile:

∆V NS = α∆T f (v) cos φ (1.43)

∆V EO = α∆T f (v) sin φ (1.44)

con α sensibilit` a delle termopile, ∆T differenza di temperatura fra il sensore ed il flusso e f (v) esprime la dipendenza dell’uscita dalla direzione del flusso. Quest’ul- tima funzione ad alte velocit` a non ` e altro che la dipendenza secondo

v tipica dei sensori a filo caldo. Possiamo quindi risalire all’angolo φ tramite:

φ = tan −1 (V EO /V NS ) (1.45)

(32)

Figura 1.25: a) Struttura della superficie del sensore; b) sezione del sensore progettato da Gao [28].

e al modulo con:

V 0 = q

V NS 2 + V EO 2 (1.46)

Un altro progetto di anemometro bidirezionale ` e quello presentato da Gao [28];

questo sensore, realizzato in tecnologia CMOS, utilizza come isolamento per le strutture sensibili degli scavi profondi nel substrato realizzati con attacchi ICP. Il flusso scorre non dal lato dove sono realizzate le strutture, ma sul back del wafer.

Come possiamo vedere in Figura 1.25, nel centro del chip sono posizionati quattro resistori (diffusioni p + ) che formano il riscaldatore. Le termopile, poste perpendi- colarmente rispetto al flusso nelle quattro direzioni, sono realizzate con giunzioni polisilicio/alluminio. Inoltre, al centro del chip ` e integrato un transistor per la mi- sura della temperatura media del chip. Essendo la superficie sensibile il retro del wafer, le saldature del sensore possono essere effettuate con tecniche standard, dopodich´ e il lato frontale ` e inglobato in una resina a bassa conducibilit` a termica che isola il sensore e riempie gli scavi di isolamento.

Il sensore cos`ı progettato ` e stato pilotato sia in configurazione CP (constant power mode) che in CTD (constant temperature difference), mostrando una sensibilit` a e un range pi` u elevato di linearit` a nell’ultimo caso. L’accuratezza nella rilevazione della direzione del flusso ` e risultata di 6 e quella per la velocit` a di 0.5 m/s all’interno di un range di velocit` a di 0 − 10 m/s.

Una configurazione che prevede l’utilizzo di due elementi sensibili, ognuno dei

quali pu` o agire come sensore di temperatura o riscaldatore, ` e stata proposto da

de Bree [27], ed ` e mostrata in Figura 1.26. Questo sensore pu` o essere usato sia

(33)

Figura 1.26: Scanning electron microscope (SEM) foto di un Microflown a cantile- ver. I due fili che sporgono sono gli elemnti sensibili, i tre pad sono le piazzole per le saldature per i contatti elettrici [27].

in configurazione calorimetrica per bassi flussi, in cui viene misurata la differenza di temperatura fra i due sensori, sia come anemometro per flussi elevati, in cui ` e misurata la somma delle temperature dei due elementi.

Il sensore mostrato in Figura 1.26 pu` o essere usato anche come microfono a bassa frequenza, chiamato µF lown. Questo sensore ` e sensibile al suono fino ad una fre- quenza di taglio di qualche K Hz, e, a differenza dei normali microfoni a pressione,

`

e sensibile al flusso di particelle piuttosto che alla pressione acustica. Inoltre non ha una frequenza di taglio per basse frequenze ed ` e sensibile alla direzione di provenienza dell’onda acustica.

Le caratteristiche dei sensori citati sono riassunte in Tabella 1.2.

Tabella 1.2: Caratteristiche di sensori calorimetrici

Author; Year Flow Range Sensitivity Fluid

Mayer; 1995 [16] 0 − 1m/s 0.23 − 0.92(V W −1 m −1 s) azoto

Sabat´ e; 2003 [18] 0 − 8slm - -

Kaltas; 1999 [19] 0, 41 − 40cm/s 6(mV /W )/(m/s) azoto

Oda; 2002 [17] < 12000l/h - aria

Makinwa; 2002 [20] 2 − 18m/s - aria

(34)

Figura 1.27: a) Vista schematica e b) microfotografia della membrana (600 µm × 600 µm) del sensore progettato da Ashauer [21].

Sensori a tempo di volo

Come abbiamo gi` a visto nel paragrafo 1.1.8 questa classe di sensori pilota un ri- scaldatore con impulsi periodici. L’impulso di calore cos`ı generato ` e trasportato dal fluido e un sensore di temperatura ` e utilizzato per rilevarne il ritardo fra l’istante di generazione dell’impulso e quello di rivelamento del sensore di temperatura. Que- sta tecnica ` e meno sensibile delle altre gi` a citate ai cambiamenti nella temperatura d’esercizio, e quindi sono sufficienti solo due elementi (un riscaldatore e un sensore di temperatura); un ulteriore sensore di temperatura ` e necessario per rendere il sensore bidirezionale.

I sensori a tempo di volo lavorano bene ad alte velocit` a: in queste condizioni, infatti, la forma d’onda del gradiente di temperatura, generata dall’impulso, si deforma in modo minore per effetto della diffusione. Come per i calorimetri, la distanza fra gli elementi sensibili ne condiziona la sensibilit` a e il range di utilizzo.

Questa metodo di misura non ` e usato molto spesso in dispositivi integrati per la

misura del flusso, anche se, in letteratura, sono riportati dei lavori nei quali il me-

todo di rivelazione a tempo di volo viene usato per estendere il range di utilizzo

dei sensori calorimetrici. In un lavoro pubblicato da Ashauer [21] i due principi,

appena citati, vengono combinati in modo da avere un range utile che va da 0.1 a

140 mm/s. Come visibile in Figura 1.27 il sensore consiste in una membrana di ni-

truro di silicio (LPCVD) spessa 150 nm sulla quale ` e stato realizzato il riscaldatore

tramite un resistore di polisilicio, e le giunzioni calde delle termopile, composte da

venti termocoppie di oro-polisilicio. Il sensore cos`ı realizzato ` e stato usato sia in

(35)

Figura 1.28: a) Caratteristiche di uscita del sensore nelle due modalit` a di pilotaggio; b) ∆T delle termopile a differenti velocit` a [21].

modalit` a calorimetrica che in tempo di volo. Le dimensioni geometriche, in partico- lare la distanza fra il riscaldatore e le termopile sono state progettate in modo da ottenere, utilizzando due sensori, due range di utilizzo, che fossero consecutivi uno all’altro. In questo modo si ` e ottenuto un sensore calorimetrico che risolve velocit` a di 0.1 mm/s fino ad una velocit` a massima di 2.5 mm/s oltre il quale satura; ed un sensore a tempo di volo che arriva a misurare velocit` a di 140 mm/s 1.28a).

Gli inconvenienti di questo approccio sono la complicazione nell’elettronica di lettu- ra, la possibilit` a di crosstalk (visibile nelle ondulazioni di fig. 1.28b)) fra il segnale che pilota il riscaldatore e il segnale di uscita (presente in [21], ma inifluente) e la potenza pi` u elevata necessaria a pilotare il sensore. A questo riguardo in un lavoro realizzato da Meng [22], in una struttura simile a quella utilizzata da Sabat´ e [18], viene osservato come l’uso del sensore in modalit` a tempo di volo, piuttosto che ca- lorimetrico, comporta una minore sensibilit` a e necessita di potenze sul riscaldatore pi` u elevate a vantaggio per` o di un range pi` u elevato. Il sensore appena citato consi- ste in una schiera di sette resistori di platino deposti su una membrana di parylene accoppiata con un microcanale realizzato con tecniche di bulk micromachining (Fig.

1.29). Questo sensore ` e stato testato in modalit` a calorimetrica, come sensore a filo caldo e a tempo di volo, ottenendo la migliore sensibilit` a come calorimetro.

1.2.2 Sensori di flusso a differenza di pressione

Come abbiamo visto per i sensori macroscopici, la misura del flusso di un fluido

si pu` o effettuare dalla caduta di pressione attraverso una generica restrizione. I

(36)

Figura 1.29: a) Vista schematica e b) dettaglio del canale, con i sensori sospesi sulla membrana, del sensore progettato da Meng [22].

sensori di pressione possono cos`ı essere usati per misurare la caduta di pressione lungo un canale con una resistenza fluidica nota R f in modo da ottenere, tramite l’equivalente fluidico della legge di Ohm, il flusso volumetrico Q come Q = ∆p/R f . Il sensore presentato da Cho [23] usa una struttura di silicio e vetro con lettura capacitiva della pressione (Fig. 1.30a)). Il fluido entra attraverso il chip a pressione p 1 , fluisce attraverso un canale e lascia il sensore a pressione p 2 . Se il canale

`

e sufficientemente piccolo da creare una resistenza al flusso, una pressione δp appare ai capi del canale stesso. La pressione sulla membrana e la pressione all’ingresso sono mantenute uguali. La differenza di pressione ` e misurata da un sensore capacitivo, commutato ad una frequenza di 100 K hz; si raggiunge con questo sensore una sensibilit` a di 200 ppm/mTorr in un range di flusso utile di 0.001 − 4 Torr.

Anche nel lavoro presentato da Oosterbroek [24] si fa uso di sensori capacitivi,

che possono per` o essere sostituiti da sensori piezoresistivi in una variante del

processo. In una struttura a “sandwich” di vetro-silicio-vetro, due differenti sensori

di pressione sono utilizzati, (come si vede in Figura 1.30b)), per la misura sia della

pressione che del flusso del fluido. Il vantaggio di questa architettura ` e l’isolamento

galvanico degli elettrodi, delle capacit` a di misura, rispetto al fluido, cos`ı da evitare

degradazioni e cortocircuiti. Un altro vantaggio di questo sistema di misura, in

generale, ` e l’assenza, o quasi, di calore trasferito al fluido; requisito importante per

(37)

Figura 1.30: Viste schematiche di sensori di flusso a differenza di pressione: a) [23]

b) [24].

applicazioni chimiche e biomediche. Gli svantaggi sono principalmente legati alla presenza di particelle nel fluido che a causa delle piccole restrizioni possono indurre errori o malfunzionamenti; inoltre sono molto sensibili a variazioni di temperatura e hanno un impiego solo per liquidi, in quanto la comprimibilit` a dei gas crea errori nella misura.

1.2.3 Sensori ad effetto Coriolis

Un sensore risonante in silicio per misura di flusso di massa per effetto Coriolis ` e

stato sviluppato da Enoksson [25]. Il sensore consiste in un canale a doppio anello,

risonante, che elettrostaticamente ` e eccitato in un modo risonante di torsione o

flessione. La tensione di eccitazione ` e di 100 V , ed ` e applicata fra gli elettrodi e

la struttura (Fig. 1.31a)). Un flusso di fluido (liquido in questo caso) che passa

nel tubo induce una forza di Coriolis F c , provocando una oscillazione di angolo

θ c , sfasato e perpendicolare a quello provocato dall’eccitazione θ exc . Il movimento

angolare dovuto all’eccitazione e alla forza di Coriolis ` e rilevato focalizzando un

raggio laser sulla struttura e raccogliendo il raggio deflesso con un sensore ottico

bidimensionale. L’ampiezza del movimento angolare indotto ` e linearmente propor-

zionale al flusso di massa, e pu` o, quindi, essere usata per la misura del flusso. Come

visibile in Figura 1.31b) attraverso attacchi anisotropi (KOH) di due substrati di

silicio, e la successiva fusione tramite fusion bonding si realizza il canale che forma

l’anello in cui fluisce il fluido (1 mm di altezza). Un ulteriore attacco anisotropo,

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