maggio 2018
anno cXXiii (LiX della 7aSerie) Fascicolo V
Fondata neLL’anno 1893
da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI
comitato ScientiFico
direttore
PIETRO NOCITA
LA GIUSTIZIA PENALE
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FRANCESCO CALLARI, Dottore di Ricerca procedura penale; ANTONELLA DE BENEDICTIS, Avvocato; LORENZO DELLI PRISCOLI, Magistrato; FABIANA FALATO, Ricercatore procedura penale Univ. di Napoli “Federico II”; ALESSANDRO LEOPIZZI, Magistrato; ROBERTA MARRONI, Avvocato; IRENE SCORDAMAGLIA, Magistrato; CLAUDIA SQUASSONI, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione;
MELISSA TARSETTI, Avvocato.
ERCOLE APRILE, Magistrato; GIOVANNI ARIOLLI, Magistrato; VITTORIO CORASANITI, Magistrato; DIANA CAMINITI, Magistrato; LUIGI CIAMPOLI, Magistrato;
FRANCESCO FALCINELLI, Avvocato; MARCO MARIA MONACO, Magistrato; CARLO MORSELLI, Professore a contratto "Unitelma Sapienza" Roma; GIUSEPPE NOVIELLO, Magistrato; ANTONIO UGO PALMA, Avvocato; MARCO PIERDONATI, Ricercatore diritto penale Univ. di Teramo; NICOLA PISANI, Professore associato diritto penale Univ. di Teramo; ALESSANDRO ROIATI, Ricercatore diritto penale Univ. di Roma “Tor Vergata”; MARIA ISABELLA SCAMARCIO, Magistrato; PAOLO SIRLEO, Magistrato; DELIO SPAGNOLO, Magistrato; TIZIANA TREVISSON LUPACCHINI, Ricercatore procedura penale Univ. “Guglielmo Marconi”; ROBERTO ZANNOTTI, Professore associato diritto penale Univ. “LUMSA”.
Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione
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D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, C/RM/21/2012
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FERRANDO MANTOVANI
Emerito di diritto penale
CORRADO CARNEVALE
Presidente di Sezione della Corte di Cassazione
ORESTE DOMINIONI
Ordinario di procedura penale
FAUSTO GIUNTA
Ordinario di diritto penale
ENRICO MARZADURI
Ordinario di procedura penale
RENZO ORLANDI
Ordinario di procedura penale
PAOLO DELL’ANNO
Ordinario di diritto amministrativo
ANGELO GIARDA
Emerito di procedura penale
CARLO FEDERICO GROSSO
Ordinario di diritto penale
ANTONIO SCAGLIONE
Ordinario di procedura penale
FRANCESCO BRUNO
Ordinario di pedagogia sociale
OLIVIERO MAZZA
Ordinario di procedura penale
GIUSEPPE RICCIO
Emerito di procedura penale
VINCENZO SCORDAMAGLIA
Ordinario di diritto penale
Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.
In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.
NOTE A SENTENZA
MORSELLI C., È più facile che un cammello passi per la cruna d’un ago che una scelta archiviativa errata (smentita in udienza) valichi il potere iussivo del G.i.p. (“indiziato” di abnormità), III, 272
SEBASTIANI G., Revival della tesi soggettivistica in tema di accesso abusivo a un sistema informatico: un orientamento dav- vero in linea con i principi costituzionali?, II, 281
DIBATTITI
DI MARCO A., Diritto di difesa e “doppia pregiudizialità” nel d. lgs. 21 giugno 2017, n. 108, III, 310
MACRINA G., Profili di diritto penale nella partecipazione alle procedure di gara: la “moralità professionale” tra vecchia e nuova disciplina dei contratti pubblici, II, 315
TORNATORE G., Relazione sull’amministrazione della giustizia
SOMMARIO
militare nell’anno 2017 del Presidente Vicario della Corte mili- tare di appello, I, 141
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE DECISIONI DELLA CORTE
CIRCOLAZIONE STRADALE - Requisiti morali per ottenere il rilascio di titoli abilitativi di cui all’articolo 116 Cod. Strada–
Condanna successiva all’ottenimento della patente di guida per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. 309 del 1990 – Dovere del prefetto di disporre la revoca della patente – Violazione del- l’art. 3 Cost. - Questione di legittimità costituzionale – Fonda- tezza, I, 135
ESECUZIONE - Sospensione dell’esecuzione pena detentiva - Legge 21 febbraio 2014, n. 10 - Delimita sospensione a pena non superiore a quattro anni - Illegittimità art. 656, comma 5, C.p.p, I, 129
GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA
ACCESSO ABUSIVO AD UN SISTEMA INFORMATICO O TELEMATICO - Fatto commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio - Accesso o mantenimento nel sistema per ragioni ontologica- mente estranee e comunque diverse rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita - Configurabilità del reato, II, 280
APPALTI -Appalti di opere pubbliche - Affidamento a contra- ente generale - È incaricato di pubblico servizio - Nella qualità di ente aggiudicatore è obbligato al rispetto delle regole del Co- dice degli appalti - Violazione - Applicazione art. 194, D.Lgs.
n. 50 del 2016, II, 298
APPELLO - Impugnazione dell’imputato - Associazione fina- lizzata al traffico di stupefacenti - Esclusione circostanza asso- ciazione armata - Determinazione della pena base in misura identica a quella di primo grado - Violazione del divieto di re- formatio in peius - Sussistenza, III, 302, 64
APPELLO - Sentenza di condanna emessa in riforma della de- cisione di primo grado - Correzione di errore di diritto - Obbligo di motivazione rafforzata - Non sussiste, III, 303, 65
APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA - Richiesta di patteggiamento limitata ad un frammento della condotta og- getto di imputazione - Inammissibilità - Fattispecie, III, 303, 66 APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA - Ricorso per cassazione - Omessa valutazione da parte del giudice su pro- scioglimento ex art. 129 c.p.p. - Inammissibilità, III, 303, 67 APPROPRIAZIONE INDEBITA - Beni associazione - Impos- sessamento da parte di associato escluso con delibera invalida inoppugnata - Sussistenza del reato, II, 309, 59
ARCHIVIAZIONE - Richiesta di archiviazione per infonda- tezza della notizia di reato - Opposizione persone offese - Udienza camerale - P.M. conclude per imputazione coatta - Emissione dell’ordine di imputazione coatta da parte del g.i.p.
- Legittimità - Revoca implicita archiviazione - Abnormità - Esclusione, III, 270
AUTORICICLAGGIO - Soggetto attivo - Soggetto che ha com- messo, o concorso a commettere, il delitto non colposo presup- posto - Condotte concorsuali di terzi estranei - Configurabilità di concorso nel reato di autoriciclaggio - Esclusione - Condotte rilevanti ex art. 648 bis c.p., II, 266
BANCAROTTA FRAUDOLENTA - Bancarotta preferenziale - Presupposto - Violazione della par condicio creditorum - Prova dell’esistenza di creditori insoddisfatti per effetto del pa- gamento eseguito ad altro creditore in via preferenziale - Ne- cessità - Principio civilistico di “non contestazione” - Applicabilità - Esclusione, II, 309, 60
CARTE DI CREDITO, DI PAGAMENTO E DOCUMENTI CHE ABILITANO AL PRELIEVO DI DENARO CONTANTE - Reato di indebito utilizzo del documento ex art. 12, l. n. 143 del 1991 - Concorso con il delitto di furto - Possibilità, II, 294 CASSAZIONE (RICORSO PER) - Annullamento senza rinvio - Casi - Rideterminazione della pena - Possibilità - Condizioni, III, 304, 68
CASSAZIONE (RICORSO PER) - Cognizione della Corte di cassazione - Potere di riqualificazione giuridica del fatto - Sus- sistenza - Limiti, III, 304, 69
CIRCOSTANZE DEL REATO - Applicazione degli aumenti e delle diminuzioni di pena - Aumento di pena facoltativo ex art.
63, comma 4, c.p. - Aumento applicato sulla pena determinata con riferimento alla più grave circostanza aggravante ad effetto speciale - Limite di anni trenta all’aumento di pena - Sussi- stenza, II, 310, 61
COMPETENZA PER TERRITORIO - Regole generali - Asso- ciazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti - È il luogo ove si manifesta e realizza l’operatività della struttura, III, 604, 70
CONFISCA - Ipotesi particolari - Reato di cui all’art. 73, D.P.R.
n. 309/1990 - Applicazione della confisca ex art. 12 sexies, l. n.
356 del 1992 - Riesame - Emissione di ordinanza di conferma della confisca sulla base dell’art. 73, comma 7 bis, D.P.R. 309 del 1990 - Illegittimità - Ragioni, III, 305, 71
CROLLO COLPOSO DI COSTRUZIONI - Lavori edilizi affi- dati in appalto o autorizzati dalla pubblica amministrazione - Scelta del contraente qualificato e diligentemente selezionato - Responsabilità del committente - Esclusione, II, 310, 62 DETERMINAZIONE DELLA PENA DA ESEGUIRE NELLO STATO - Applicazione della Convenzione di Strasburgo sul tra- sferimento delle persone condannate - Dovere di mero recepi- mento da parte del giudice interno della pena inflitta dal giudice straniero - Sussistenza - Potere di convertire la pena inflitta dal giudice straniero - Limiti di cui all’art. 10 della Convenzione, III, 288
DIFESA E DIFENSORI - Patrocinio a spese dello Stato - Istanza di ammissione al patrocinio - Dichiarazione sostitutiva di certificazione o dichiarazioni previste per l’ammissione - False indicazioni o omissioni di dati di fatto - Reato di cui al- l’art. 95, D.P.R. n. 115 del 2002 - Configurabilità - Condizioni SOMMARIO
- Condotta sorretta da dolo generico rigorosamente provato - Necessità, III, 305, 72
ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO - Automatica esclusione della respon- sabilità amministrativa dell’ente - Non sussiste, II, 278 ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO - Reato continuato - Applicabilità - Reato abituale - Esclusione, II, 311, 63
FALSITÀ IDEOLOGICA COMMESSA DAL PRIVATO IN ATTI PUBBLICI - Presupposti - Atto pubblico destinato a pro- vare la verità dei fatti attestati - Sussistenza dell’obbligo giuri- dico del privato di dichiarare il vero - Necessità - Fattispecie, II, 311, 64
INDEBITO UTILIZZO DI CARTE DI CREDITO O DI PAGA- MENTO O DI ALTRO DOCUMENTO ANALOGO - Carta
“bancomat” - Digitazione casuale di sequenze numeriche per indovinare il PIN - Reato consumato, II, 294
INFORTUNI SUL LAVORO - Obblighi connessi ai contratti di appalto - Cantieri temporanei o mobili in presenza di più im- prese esecutrici - Obblighi del datore di lavoro committente - Individuazione - Fattispecie, II, 311, 65
INFORTUNI SUL LAVORO - Obblighi connessi ai contratti di appalto - Responsabilità del datore di lavoro committente in caso di subappalto - Responsabilità per scelta dell’impresa e per omesso controllo dell’adozione delle misure di tutela della sa- lute e della sicurezza dei luoghi di lavoro da parte dell’appalta- tore - Sussistenza - Fattispecie, II, 312, 66
INFORTUNI SUL LAVORO - Obblighi connessi ai contratti di appalto - Subappalto - Obblighi del datore di lavoro dell’im- presa affidataria a sua volta appaltatrice - Individuazione, II, 313, 67
INFORTUNI SUL LAVORO - Responsabilità del datore di la- voro - Esonero - Comportamento abnorme del dipendente - No- zione, II, 313, 68
MANCATA ESECUZIONE DOLOSA DI UN PROVVEDI- MENTO DEL GIUDICE - Atti oggettivamente finalizzati alla sottrazione degli adempimenti indicati nel provvedimento - In- sufficienza - Fattispecie, II, 313, 69
MANCATA ESECUZIONE DOLOSA DI UN PROVVEDI- MENTO DEL GIUDICE - Querela - Termini - Decorrenza - Data conoscenza inottemperanza da parte del creditore, II, 314, 70
MANDATO DI ARRESTO EUROPEO - Consegna per l’estero - Casi di doppia punibilità - Fatto previsto da entrambi gli ordi- namenti come reato - Necessità - Eterogeneità delle previsioni inerenti le circostanze aggravanti - Irrilevanza - Limiti - Valu- tazioni discrezionali relative a condizioni di non punibilità pre- viste nell’ordinamento interno. - Irrilevanza, III, 306, 73 MANDATO DI ARRESTO EUROPEO - Consegna per l’estero - Contenuto del mandato d’arresto europeo - Allegazione del testo delle disposizioni di legge applicabili - Necessità - Man- cata allegazione - Causa di rifiuto della consegna - Esclusione, III, 306, 74
MANDATO DI ARRESTO EUROPEO - Consegna per l’estero - Ordinanza di applicazione di pena concordata dall’imputato - Mancata previsione del doppio grado di giudizio nello Stato ri- chiedente - Causa di rifiuto della consegna ex art. 18, lett. g), l.
n. 69 del 2005 - Esclusione, III, 307, 75
MANDATO DI ARRESTO EUROPEO - Consegna per l’estero - Rifiuto della consegna ex art. 18, comma 1, lett. p), l. n. 69 del 2005 - Richiesta di consegna per ragioni processuali - Ap- plicabilità del rifiuto - Richiesta presentata per procedere al- l’esecuzione di una condanna - Inapplicabilità, III, 307, 76 MISURE CAUTELARI PERSONALI - Arresti domiciliari con sistemi di controllo a distanza - Obbligo del giudice di verificare la disponibilità del c.d. braccialetto elettronico - Impossibilità di decisione subordinata alla esistenza dello stesso, III, 307, 77 MISURE CAUTELARI REALI - Sequestro preventivo - Reati tributari commessi dall’amministratore di una società - Seque- stro dei beni dell’amministratore finalizzato alla confisca per equivalente - Possibilità - Condizioni - Previa valutazione, allo stato degli atti, della possibilità di eseguire il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti della società, III, 308, 78 MISURE CAUTELARI REALI - Sequestro preventivo - Terzo interessato alla restituzione dei beni - Mancato intervento nel giudizio di riesame o appello - Intervento in sede di legittimità - Esclusione, III, 308, 79
NOTIFICAZIONI - Notificazioni all’imputato - Sopravvenuto stato di detenzione noto al giudice procedente - Notificazione effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto - Nullità, III, 290
OMESSO VERSAMENTO DI IVA - Condotta - Mancato ver- samento all’erario delle somme sulla base della dichiarazione annuale - Effettiva riscossione del corrispettivo delle prestazioni effettuate - Irrilevanza - Limite - Applicazione del regime “IVA per cassa”, II, 314, 71
OMICIDIO - Elemento soggettivo - Dolo - Consapevole accet- tazione alla stregua delle regole di comune esperienza dell’even- tualità di cagionare la morte - Omicidio preterintenzionale - Insussistenza - Fattispecie, II, 314, 72
PARTECIPAZIONE AL DIBATTIMENTO A DISTANZA - As- senza di condizioni impeditive alla presenza dell’imputato in udienza - Istanza non accolta - Nullità di ordine generale a re- gime intermedio - Presenza due difensori - Omessa notifica av- viso ad uno dei due difensori - Irrilevanza in ordine mancata eccezione immediata, III, 257
PARTECIPAZIONE AL DIBATTIMENTO A DISTANZA - Presenza alle udienze - Esclusione per le persone sottoposte alle misure in atto di cui all’art. 41 bis della l. n. 354 del 1975, III, 257
PROCEDIMENTO PER DECRETO - Richiesta di emissione di decreto penale di condanna - Decisione del g.i.p. - Restitu- zione degli atti al p.m. per valutare se chiedere l’archiviazione ex art. 131 bis c.p. - Abnormità - Esclusione, III, 291
REVISIONE - Revisione di sentenza emessa ai sensi dell’art.
444, comma 2, c.p.p. - Sopravvenienza o scoperta di nuove SOMMARIO
prove - Valutazione - Applicazione della regola di giudizio del rito alternativo - Nozione, III, 309, 80
RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Condi- zioni ostative - Colpa grave dell’imputato - Valutazione - Con- dotta integrante fattispecie criminosa, per cui è intervenuto il proscioglimento con formula non di merito, non idonea a costi- tuire titolo custodiale - Rilevanza, III, 309, 81
RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Termine per la presentazione della domanda di riparazione - Decorrenza
- Emissione di ordinanza di restituzione degli atti al p.m. ex art.
521, comma 2 c.p.p. - Rilevanza - Esclusione, III, 309, 82 SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI - Omicidio stradale - Condotta posta in essere sotto il vigore della legge previgente più favorevole - Evento intervenuto nella vigenza del nuovo art.
589 bis c.p. - Trattamento sanzionatorio applicabile - Individua- zione - Questione rimessa alle Sezioni Unite, II, 257
TURBATA LIBERTÀ DEGLI INCANTI - Sussiste anche in as- senza di formalità - Indispensabile scelta contraente, II, 298 SOMMARIO
codice etico
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LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno undici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).
Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sentenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.
A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:
a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costituzionale, ammini- strativo e civile;
b) sentenze con note critiche;
c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scienze giuridiche e sociali in genere;
d) resoconti e commenti;
e) varietà
B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:
a) articoli originali di dottrina;
b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;
c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giurisprudenza civile re- lativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stradale, con note di richiami;
d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;
e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;
f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;
g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;
h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE*
1) DECISIONI DELLA CORTE
Sentenza n. 41 - 6 febbraio 2018 Pres. Lattanzi - Rel. Lattanzi
Esecuzione - Sospensione dell’esecuzione pena detentiva - Legge 21 febbraio 2014, n. 10 - Delimita sospensione a pena non superiore a quattro anni - Illegittimità art. 656, comma 5, C.p.p (Cost. art. 3; Cod. proc. pen. art. 656, comma 5)
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospenda l’esecuzione della pena detentiva non superiore a tre anni, anche se costituente residuo di maggiore pena, anziché a quattro anni.
Mancando di elevare il termine previsto per sospendere l’ordine di esecuzione della pena detentiva, così da renderlo corrispondente al termine di concessione dell’affidamento in prova allargato, il le- gislatore non è incorso in un mero difetto di coordinamento, ma ha leso l’art. 3 Cost. Si è infatti derogato al principio del parallelismo senza adeguata ragione giustificatrice, dando luogo a un trattamento normativo differenziato di situazioni da reputarsi uguali, quanto alla finalità intrinseca alla sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva e alle garanzie apprestate in ordine alle modalità di incisione della libertà personale del condannato.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 13 marzo 2017 (r.o. n. 109 del 2017), il Giu- dice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Lecce ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costitu- zione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che l’ordine di sospensione della pena debba essere emesso anche nei casi di pena non superiore a quattro anni di detenzione».
Il giudice a quo è investito, in qualità di giudice dell’esecuzione, della domanda di sospensione di un ordine di esecuzione della pena detentiva di tre anni, undici mesi e diciassette giorni, che il pubblico ministero ha emesso in base all’art. 656, comma 1, cod. proc. pen., senza sospenderlo, perché la pena da scontare eccedeva il limite di tre anni fissato dal quinto comma dello stesso articolo.
Questo comma impone la sospensione dell’ordine di esecuzione in modo da consentire al condannato di presentare istanza per ottenere una delle misure alternative alla detenzione previste dagli artt. 47, 47 ter, e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sul- l’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), e dall’art. 94 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).
Il condannato ha quindi chiesto al giudice a quo di dichiarare inef- ficace l’ordine di esecuzione, sostenendo che esso avrebbe dovuto essere sospeso nonostante la pena da espiare eccedesse il limite trien- nale, perché l’art. 47, comma 3 bis, della legge n. 354 del 1975, in-
trodotto dall’art. 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 10, con- sente una particolare forma di affidamento in prova quando la pena detentiva da eseguire non è superiore a quattro anni.
Il condannato rileva che la sospensione dell’ordine di esecuzione è finalizzata ad ottenere l’applicazione della misura alternativa prima dell’ingresso in carcere; poiché l’art. 47, comma 3 bis, della legge n.
354 del 1975 permette l’affidamento in prova anche quando la pena da espiare non è superiore a quattro anni, a suo avviso il limite cui subordinare la sospensione dell’ordine di esecuzione dovrebbe ar- monizzarsi con tale tetto e ritenersi fissato anch’esso in quattro anni, anziché in tre come prevede la lettera della disposizione censurata.
Il giudice a quo, escluso di poter interpretare la disposizione nel senso auspicato dal ricorrente, dato l’univoco tenore letterale della stessa, dubita della sua legittimità costituzionale, nella parte in cui la sospensione dell’esecuzione continua a essere prevista quando la pena detentiva da espiare non è superiore a tre anni, anziché a quattro.
2.– In punto di rilevanza il rimettente osserva che l’accoglimento delle questioni comporterebbe l’inefficacia dell’ordine di esecuzione, poiché il condannato, che non è soggetto a una misura cautelare di carattere custodiale, deve scontare una pena superiore a tre anni di detenzione, ma non a quattro, e la condanna si riferisce al reato punito dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, ovvero a un reato che non rientra nel catalogo di quelli per i quali l’art. 656, comma 9, cod. proc. pen. esclude la sospensione di tale ordine.
3.– In punto di non manifesta infondatezza il rimettente rileva che la sospensione dell’ordine di esecuzione è «strutturalmente e funzio- nalmente» collegata alla possibilità di ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, misura di cui condivide lo scopo di «deflazione carceraria» e di prevenzione speciale, sulla base della comune «pre- sunzione di una ridotta pericolosità del condannato». È per questa ra- gione che il limite di tre anni stabilito dall’art. 656, comma 5, censurato corrisponde a quello fissato dall’art. 47, comma 1, della legge n. 354 del 1975 ai fini dell’affidamento in prova.
Il nuovo art. 47, comma 3 bis, della legge n. 354 del 1975 ha introdotto un’ulteriore ipotesi di affidamento in prova, quello co- siddetto allargato, che può essere concesso «al condannato che deve espiare una pena detentiva, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nel- l’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire» un giudizio po- sitivo circa la rieducazione del condannato e la prevenzione dal pericolo che commetta altri reati.
Il rimettente ritiene che l’affidamento allargato abbia la medesima ratio dell’affidamento già previsto dall’art. 47, comma 1, della legge n. 354 del 1975, dal quale si distinguerebbe solo perché il periodo di osservazione del comportamento del condannato è di almeno un anno, anziché di almeno un mese come è invece previsto dall’art. 47, comma 2, della legge n. 354 del 1975.
3.1.– Ciò posto, l’omesso adeguamento del limite quantitativo di pena previsto dalla norma censurata a quello ora indicato ai fini del- l’affidamento in prova allargato determinerebbe un «disallineamento sistematico», frutto di un «mancato raccordo tra norme», che il ri- mettente reputa lesivo anzitutto dell’art. 3 Cost., dato che discrimina ingiustificatamente coloro che possono essere ammessi alla misura alternativa perché debbono espiare una pena detentiva non superiore a quattro anni, da coloro che, potendo godere dell’affidamento in prova relativo a una pena detentiva non superiore a tre anni, ottengono la sospensione automatica dell’ordine di esecuzione.
Inoltre la disposizione censurata, comportando l’ingresso in carcere di chi può godere dell’affidamento in prova allargato, sarebbe in con- trasto con la finalità rieducativa della pena prevista dall’art. 27, terzo comma, Cost.
5.I.2018
LA GIUSTIZIA PENALE 2018 (Parte Prima: I Presupposti)
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*a cura di Lorenzo Delli Priscoli
4.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei mini- stri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chie- dendo che le questioni siano dichiarate inammissibili, o, in subordine, infondate.
L’Avvocatura dello Stato ritiene che il «disallineamento» denun- ciato dal rimettente sia frutto non di una casuale omissione del legi- slatore ma di una scelta dipendente dal maggior grado di pericolosità del condannato, desumibile dalla «maggiore misura della pena» che gli è stata inflitta.
Mentre l’affidamento in prova allargato è subordinato ad una va- lutazione giudiziale della personalità del condannato, l’ordine di ese- cuzione viene sospeso automaticamente; perciò, in presenza di una pena elevata, sarebbe «tutt’altro che illogica ed irragionevole» l’op- zione legislativa di escludere tale sospensione, riservando la rimes- sione in libertà al positivo giudizio prognostico sugli effetti della misura alternativa alla detenzione.
Le questioni sarebbero perciò inammissibili perché invasive della discrezionalità del legislatore sulla necessità di un apprezzamento della mancanza di pericolosità.
5.– Nel merito l’Avvocatura dello Stato contesta che l’affidamento in prova allargato sia equiparabile per ratio all’affidamento regolato dall’art. 47, comma 1, della legge n. 354 del 1975, posto che que- st’ultimo previene l’ingresso in carcere, mentre il primo avrebbe una finalità meramente deflattiva del sovraffollamento carcerario.
Il legislatore avrebbe introdotto una misura alternativa alla deten- zione pensata per chi è già detenuto, con la conseguenza che sarebbe stato incongruo elevare parallelamente il limite della pena detentiva prevista ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione.
Secondo l’Avvocatura dello Stato sarebbe «più che ragionevole ri- tenere che a fronte di una maggiore misura della pena, sia necessario un più attento ed approfondito esame della personalità del reo», senza escludere l’ingresso in carcere. Del resto la detenzione sarebbe limi- tata al tempo strettamente necessario, in forme compatibili con la fun- zione rieducativa della pena.
6.– Si è costituito in giudizio il ricorrente nel processo principale chiedendo l’accoglimento delle questioni.
La parte privata auspica un’interpretazione adeguatrice della di- sposizione censurata, pur dando atto della difficoltà di addivenirvi, e reputa che altrimenti la questione dovrebbe essere accolta. Non ritiene possibile giustificare la norma censurata con l’argomento che l’affi- damento in prova allargato ha lo scopo di diminuire la popolazione carceraria già presente, e non anche quello di prevenire ulteriori in- gressi in carcere, dato che la misura alternativa è espressamente ri- volta anche a chi si trova in libertà.
Considerato in diritto
1.– Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha sollevato, in ri- ferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, del codice di pro- cedura penale, «nella parte in cui non prevede che l’ordine di sospen- sione della pena debba essere emesso anche nei casi di pena non superiore a quattro anni di detenzione».
Il rimettente deve decidere su una domanda volta alla declaratoria di temporanea inefficacia di un ordine di esecuzione della pena de- tentiva di tre anni, undici mesi e diciassette giorni di reclusione, che il pubblico ministero ha emesso in base all’art. 656 cod. proc. pen.
Il pubblico ministero non ha sospeso l’ordine, come è invece tenuto a fare ove la pena da espiare non superi i tre anni di detenzione. In questo caso infatti si preserva la libertà del condannato per consen- tirgli di presentare al tribunale di sorveglianza una richiesta di affi- damento in prova al servizio sociale e di rimanere libero fino a quando non sopraggiunga una decisione sulla richiesta. Così si evita l’ingresso in carcere di persone che possono godere della misura al- ternativa alla detenzione.
In ragione del collegamento che esiste tra la sospensione dell’or-
dine di esecuzione e la possibilità di fruire dell’affidamento in prova, la disposizione censurata prescrive in via generale l’effetto sospensivo relativo alle sole pene che non eccedono il tetto cui è subordinato l’accesso alla misura alternativa.
L’art. 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), con- vertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 10, ha intro- dotto un comma 3 bis nel corpo dell’art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), delineando un’ulte- riore forma di affidamento in prova, cosiddetto allargato, per il con- dannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, misura che può essere concessa al con- dannato che ha serbato, quanto meno nell’anno precedente alla pre- sentazione della richiesta, un comportamento tale da consentire un giudizio prognostico favorevole quanto alla sua rieducazione e alla prevenzione del pericolo di commissione di altri reati.
La nuova misura alternativa può perciò essere concessa anche per pene comprese tra tre anni e un giorno e quattro anni di detenzione, ma esse non possono venire sospese in attesa della decisione del tri- bunale di sorveglianza perché il limite triennale a tal fine previsto dalla disposizione censurata non è stato adeguato.
In tale condizione si trova appunto l’istante nel giudizio principale, la cui carcerazione appare al giudice a quo, allo stato della legisla- zione vigente, inevitabile, benché questi possa aspirare a conseguire in seguito il beneficio dell’affidamento in prova allargato.
Il rimettente dubita che quest’assetto normativo sia conforme all’art.
3 Cost., perché discrimina irragionevolmente coloro che, dovendo espiare una pena detentiva non superiore a tre anni, usufruiscono della sospensione dell’ordine di esecuzione in vista dell’accesso all’affida- mento in prova ordinario, da coloro che, destinati ad espiare una pena detentiva compresa tra tre anni e un giorno e quattro anni, non possono sottrarsi alla carcerazione, nonostante sia loro concedibile in astratto l’affidamento in prova allargato.
Sarebbe violato anche l’art. 27, terzo comma, Cost., perché con- trasterebbe con la finalità rieducativa della pena tradurre in carcere, per un breve periodo, chi possa poi sottrarvisi grazie alla misura al- ternativa.
Il rimettente chiede pertanto che il limite cui è subordinata l’auto- matica sospensione dell’ordine di esecuzione sia elevato a quattro anni di detenzione, così da ripristinare il parallelismo tra esso e il tetto previsto per l’accesso all’affidamento in prova allargato.
Le questioni, conclude il rimettente, sono rilevanti, perché il con- dannato che deve espiare una pena compresa tra i tre anni e un giorno e i quattro anni di reclusione non versa in alcuna delle condizioni im- pedienti stabilite dall’art. 656, comma 9, cod. proc. pen. quanto alla so- spensione della carcerazione, ovvero non è stato condannato per i delitti indicati dalla lettera a) di tale comma, né si trova in stato di custodia cautelare (lettera b). Perciò, ove le questioni fossero accolte, il rimet- tente dovrebbe dichiarare l’inefficacia dell’ordine di esecuzione adot- tato dal pubblico ministero, in quanto illegittimamente non sospeso.
2.– Il rimettente osserva che la lettera della disposizione censurata non permette alcuna interpretazione costituzionalmente orientata, a causa dell’inequivoco riferimento al limite di tre anni previsto ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva. Così argomentando, il giudice a quo ha assolto con motivazione adeguata e convincente il proprio obbligo di verificare la praticabilità dell’in- terpretazione adeguatrice prima di sollevare un incidente di legittimità costituzionale, sicché le questioni sono per tale verso ammissibili (sentenze n. 253 del 2017, n. 36 del 2016 e n. 221 del 2015).
3.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammis- sibilità delle questioni, giacché esse sarebbero tese a comprimere la discrezionalità del legislatore nel decidere in quali casi sospen- dere l’esecuzione della pena detentiva. Si tratta però di un profilo che attiene al merito della decisione, che sarebbe di infondatezza LA GIUSTIZIA PENALE 2018 (Parte Prima: I Presupposti)
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laddove la Costituzione non imponesse alcun limite a tale scelta.
Esso andrà perciò scrutinato in sede di esame delle censure di il- legittimità costituzionale.
4.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., in riferimento all’art. 3 Cost., è fondata.
Il rimettente parte dall’idea che il limite di pena indicato dalla di- sposizione censurata ai fini della sospensione dell’ordine di esecu- zione non possa che equivalere al corrispondente limite previsto ai fini dell’accesso alla misura alternativa alla detenzione.
Indubbiamente la genesi dell’istituto definito dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. e lo sviluppo che esso ha trovato nella legislazione confermano che immanente al sistema, e tratto di imprescindibile coerenza intrinseca di esso, è un tendenziale parallelismo tra i due termini posti a raffronto.
Va osservato anzitutto che la sospensione automatica dell’ordine di esecuzione è conseguente alla sentenza n. 569 del 1989, con cui questa Corte estese a chi si trovava in stato di libertà la possibilità di accedere all’affidamento in prova, riservato in precedenza alla sola popolazione carceraria.
Il legislatore allora si avvide che sarebbe stato in linea di principio incongruo disporre temporaneamente la carcerazione di chi avrebbe poi potuto godere di una misura specificamente pensata per favorire la risocializzazione fuori dalle mura del carcere e giunse a perseguire al massimo grado l’obiettivo di risparmiare il carcere al condannato, sostituendo, con la legge 27 maggio 1998, n. 165 (Modifiche all’ar- ticolo 656 del codice di procedura penale ed alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni), l’art. 656 cod. proc. pen. e intro- ducendo l’automatica sospensione dell’esecuzione della pena deten- tiva, entro un limite pari a quello previsto per godere della misura alternativa.
In seguito il principio del tendenziale parallelismo ha trovato con- ferma nella trama legislativa, posto che all’incremento della soglia di accesso alla misura alternativa ha corrisposto una pari elevazione del limite stabilito ai fini della sospensione. Così, l’art. 4 undevicies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per ga- rantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi in- vernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno.
Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stu- pefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309), convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2006, n. 49, ha alzato a sei anni questo limite, in collegamento con l’art. 4 unde- cies del medesimo testo normativo, che aveva aumentato in uguale misura l’entità della pena detentiva da espiare in affidamento in prova per l’alcooldipendente o il tossicodipendente sottoposti a un pro- gramma di recupero. Allo stesso modo, il decreto-legge I luglio 2013, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena), con- vertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 94, ha portato a quattro anni il termine valido per la sospensione dell’ordine di ese- cuzione, ai fini della concessione della detenzione domiciliare, allo scopo di renderlo equivalente al nuovo termine previsto per godere della misura dell’art. 47 ter della legge n. 354 del 1975.
Si è trattato di interventi correttivi conseguenti al carattere com- plementare che l’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. riveste rispetto alla scelta legislativa di aprire la via alla misura alternativa. La natura servente dell’istituto oggetto del dubbio di legittimità costituzionale lo espone a profili di incoerenza normativa ogni qual volta venga spezzato il filo che lega la sospensione dell’ordine di esecuzione alla possibilità riconosciuta al condannato di sottoporsi ad un percorso ri- socializzante che non includa il trattamento carcerario.
Tuttavia nel caso di specie all’introduzione dell’affidamento in prova per pene da espiare fino a quattro anni di detenzione non ha corrisposto un’analoga modificazione del termine indicato dalla di- sposizione censurata. Infatti non è stata ancora esercitata la delega legislativa conferita con l’art. 1, comma 85, lettera c), della legge 23
giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di proce- dura penale e all’ordinamento penitenziario), il quale prevede che il limite di pena che impone la sospensione dell’ordine di esecuzione sia fissato, in ogni caso, in quattro anni.
Oggetto dell’odierno scrutinio di legittimità costituzionale è l’at- tuale incongruità del disegno legislativo. Bisogna perciò accertarsi se essa possa trovare una non irragionevole giustificazione per allon- tanarsi, in questo peculiare caso, dal parallelismo di cui si è detto.
5.– Il tendenziale collegamento della sospensione dell’ordine di esecuzione con i casi di accesso alle misure alternative costituisce un punto di equilibrio ottimale, ma appartiene pur sempre alla discre- zionalità legislativa selezionare ipotesi di cesura, quando ragioni osta- tive appaiano prevalenti. Naturalmente è proprio la dimensione normativa ancillare della sospensione rispetto alle finalità delle mi- sure alternative che rende particolarmente stretto il controllo di legit- timità costituzionale riservato a dette ipotesi.
Resta nondimeno possibile che peculiari situazioni suggeriscano al legislatore di imporre un periodo di carcerazione in attesa che l’or- gano competente decida sull’istanza di affidamento in prova. Ciò po- trebbe ad esempio dipendere dalla particolare pericolosità di cui, secondo il legislatore, sono indice i reati in questione, alla quale si intende rispondere inizialmente con il carcere, secondo la ratio cui si ispira l’art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. nell’indicare spe- cifici delitti per i quali è esclusa la sospensione dell’ordine di esecu- zione. Ovvero il legislatore potrebbe anche prendere atto che l’accesso alla misura alternativa è soggetto a condizioni così stringenti da rendere questa eventualità meramente residuale, sicché appare tol- lerabile che venga incarcerato chi all’esito del giudizio relativo alla misura alternativa potrà con estrema difficoltà sottrarsi alla deten- zione: è quanto (oltre che per la gravità dei reati) accade per i delitti elencati dall’art. 4 bis della legge n. 354 del 1975, che l’art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. esclude dal beneficio della so- spensione dell’ordine di esecuzione.
L’esito dello scrutinio di legittimità costituzionale su queste e altre ipotesi analoghe dipende perciò dall’adeguatezza degli indicatori che nella visione del legislatore dovrebbero opporsi all’esigenza della coerenza sistematica, fino a poter prevalere su di essa.
6. – Sotto questo aspetto non può non osservarsi che nel caso di specie la rottura del parallelismo, imputabile al mancato adeguamento della disposizione censurata, appare di particolare gravità, perché è proprio il modo con cui la legge ha configurato l’affidamento in prova allargato che reclama, quale corollario, la corrispondente sospensione dell’ordine di esecuzione.
In proposito va in primo luogo osservato che non ha pregio l’ar- gomento dell’Avvocatura dello Stato secondo cui l’affidamento al- largato sarebbe precipuamente indirizzato a chi è già detenuto, al fine di ridurre la popolazione carceraria per ottemperare a quanto deciso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri contro Italia.
In senso contrario è sufficiente osservare che l’art. 47, comma 3 bis, della legge n. 354 del 1975 si rivolge espressamente anche ai condannati che si trovano in stato di libertà, senza alcuna distinzione di rilevanza rispetto ai detenuti, come è riconosciuto anche dall’Av- vocatura dello Stato e si desume dalla destinazione dell’affidamento in prova allargato «al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione».
L’inciso «anche residua» dimostra che la misura è destinata pure a chi non deve espiare una pena residua e cioè a chi non è detenuto. È per questa ragione che la disposizione in questione, ai fini dell’appli- cazione della misura, richiede una valutazione del comportamento del condannato «quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà».
È vero che in linea di principio non è fatto divieto al legislatore di dare vita a forme alternative alla detenzione riservate ai soli detenuti, ma nel caso dell’affidamento allargato la legge non si è valsa di tale
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spazio di discrezionalità perché ha esplicitamente optato per l’equi- parazione tra detenuti e liberi ai fini dell’accesso alla misura alterna- tiva. Del resto si è trattato di una scelta del tutto coerente con lo scopo di deflazionare le carceri, visto che esso si persegue non solo liberando chi le occupa ma anche evitando che vi faccia ingresso chi è libero.
Bisogna allora considerare che è espressamente prevista la con- cessione dell’affidamento allargato al condannato in stato di libertà, ma, se l’ordine di esecuzione di una pena detentiva tra tre anni e un giorno e quattro anni non potesse essere sospeso, si tratterebbe di una previsione in concreto irrealizzabile, per quanto normativamente sta- bilita e voluta. Infatti l’esecuzione dell’ordine di carcerazione, avve- nuta senza aver dato al condannato il tempo di chiedere l’affidamento in prova allargato e comunque senza attendere una decisione al ri- guardo, renderebbe impossibile la concessione della misura alterna- tiva prima dell’ingresso in carcere.
Tale è appunto la situazione normativa che si è realizzata a causa del mancato adeguamento dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.
Omettendo di intervenire sulla normativa ancillare, il legislatore smentisce sé stesso, insinuando nell’ordinamento una incongruità si- stematica capace di ridurre gran parte dello spazio applicativo riser- vato alla normativa principale.
7.– Mancando di elevare il termine previsto per sospendere l’ordine di esecuzione della pena detentiva, così da renderlo corrispondente al termine di concessione dell’affidamento in prova allargato, il legi- slatore non è incorso in un mero difetto di coordinamento, ma ha leso l’art. 3 Cost. Si è infatti derogato al principio del parallelismo senza adeguata ragione giustificatrice, dando luogo a un trattamento nor- mativo differenziato di situazioni da reputarsi uguali, quanto alla fi- nalità intrinseca alla sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva e alle garanzie apprestate in ordine alle modalità di incisione della libertà personale del condannato.
L’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. va perciò dichiarato costitu- zionalmente illegittimo, nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospende l’esecuzione della pena detentiva, anche se co- stituente residuo di maggiore pena, non superiore a tre anni, anziché a quattro anni.
8.– La questione di legittimità costituzionale basata sull’art. 27, terzo comma, Cost. resta assorbita. (omissis)
Sentenza n. 22 - 24 gennaio 2018 Pres. Lattanzi - Rel. Morelli
Circolazione stradale - Requisiti morali per ottenere il rilascio di titoli abilitativi di cui all’articolo 116 Cod. Strada– Condanna successiva all’ottenimento della patente di guida per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. 309 del 1990 – Dovere del prefetto di disporre la revoca della patente – Violazione dell’art. 3 Cost. - Questione di legittimità costituzionale – Fondatezza (Cost. art. 3;
D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 120, comma 2; D.P.R 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73 e 74)
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui - con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabili- tazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto «provvede» - invece che «può provvedere» - alla revoca della
patente. L’art. 120 del Nuovo codice della strada dispone: «1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, profes- sionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a mi- sure di sicurezza personali […], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi […]»; «2. […] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del pre- sente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida». L’irragionevolezza della disposizione in esame è ravvisabile nell’automatismo della “re- voca” amministrativa rispetto alla discrezionalità della parallela mi- sura del “ritiro” della patente che, ai sensi dell’art. 85 del d.P.R. n.
309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in que- stione «può disporre», motivandola, «per un periodo non superiore a tre anni». La contraddizione sta in ciò che - agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identi- camente negativo sulla titolarità della patente) – mentre il giudice ha la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il “dovere” di disporne la revoca.
Ritenuto in fatto
1. Nel corso di un giudizio civile cautelare – avente ad oggetto istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, adottato nei confronti della ricorrente, in quanto non più in possesso dei «requisiti morali» previsti dall’art.
120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) – il Tribunale ordinario di Genova, in composizione collegiale, adito in sede di reclamo dei competenti ministeri avverso il provvedimento di sospensione, adottato in prima istanza, ha ritenuto rilevante, al fine del decidere, e non manifestamente infondata - ed ha per ciò sollevato con l’ordinanza in epigrafe (r.o. n. 210 del 2016) - duplice questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 1 e 2 del predetto art. 120 del codice della strada, in riferimento agli artt.
11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle li- bertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ra- tificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché agli artt. 3, 16, 25 e 111 Cost.
Con la prima questione, il Tribunale rimettente chiede a questa Corte di accertare se il novellato art. 120 cod. strada – nel prevedere l’applicabilità della revoca della patente di guida nei confronti di sog- getti condannati, per reati previsti dagli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipen- denza), ancorché commessi (come nel caso della ricorrente del giu- dizio a quo) in data anteriore a quella (8 agosto) di entrata in vigore della novella del 2009 – non leda il principio di irretroattività delle sanzioni penali, riferibile anche alle sanzioni, come quella prevista dalla norma denunciata, da ritenere «sostanzialmente» tali, poiché seriamente afflittive, in applicazione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Dal che, appunto, la sospettata viola- zione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 7 della CEDU.
La seconda questione investe l’“automatismo” della revoca pre- fettizia, che la normativa censurata ricollega alla condanna per reati, in materia di stupefacenti, con riguardo ai quali la disciplina speciale (art. 85 dello stesso D.P.R. n. 309 del 1990) prevede, invece, che sia il giudice penale a decidere se applicare o meno (e per quale durata) la pena accessoria del «ritiro della patente».
Il che evidenzierebbe, secondo il giudice a quo, «profili di irragio- nevolezza e di […] disparità di trattamento», rilevanti, «oltre che per
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l’incidenza sulla libertà personale e sulla libertà di circolazione […], anche dal punto di vista della sottrazione del soggetto al giudice na- turale e ad un giusto processo», con conseguente violazione degli artt.
3, 16, 25 e 111 Cost.
1.1. Nel giudizio innanzi a questa Corte si è costituita la parte privata, per chiedere «che sia accolta la questione di legittimità co- stituzionale sollevata dal Tribunale di Genova», con riferimento sia all’uno che all’altro profilo di censura, ribadendo e argomentando con successiva memoria tale conclusione.
1.2. È intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha viceversa escluso la fondatezza di entrambe le questioni in esame.
Nel sollevarle, il rimettente non avrebbe, infatti, considerato che «il decreto di revoca della patente non costituisce […] una conseguenza accessoria della violazione di una disposizione del Codice della strada, bensì consegue alla accertata inesistenza originaria o soprav- venuta dei requisiti morali prescritti per il conseguimento della pa- tente»: requisiti «necessari ad ottenere [e mantenere] il permesso di guida, stante la preminente necessità di privare della patente di guida oggetti coinvolti nel traffico di sostanze stupefacenti».
2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia – nel corso di altro giudizio avente ad oggetto istanza di an- nullamento di un provvedimento prefettizio di revoca della patente a seguito di condanna del titolare per reati in materia di stupefacenti – ha sollevato, a sua volta (r.o. n. 20 del 2016), questione di legittimità costituzionale del novellato art. 120 cod. strada, in relazione al (solo) profilo dell’ “automatismo” della revoca ed in riferimento all’art. 27, oltre che all’art. 3, Cost.
2.1.– Anche in questo giudizio si è costituito il ricorrente nel pro- cesso a quo, il quale ha concluso per l’accoglimento della questione sollevata dal Tribunale rimettente e, con successiva memoria, ha ri- badito e ulteriormente argomentato tale conclusione.
2.2. È, altresì, intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha prelimi- narmente eccepito l’inammissibilità della sollevata questione e, nel merito, ne ha contestato la fondatezza.
3. Il Tribunale ordinario di Genova, in composizione monocra- tica – adito, «dopo declinatoria di giurisdizione da parte del TAR Li- guria», con ricorso ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile, avverso altro provvedimento prefettizio di revoca della patente – ha nuovamente sollevato, con successiva ordinanza (r.o. n. 97 del 2017), questione di legittimità costituzionale del predetto art. 120 cod. strada
«nella parte in cui: 1) [n]on consente una valutazione discrezionale della durata dell’inibitoria o revoca del titolo abilitativo alla guida, commisurata alla gravità dei fatti per cui è stata inflitta condanna e delle pene in concreto comminate; 2) [p]revede l’applicazione delle limitazioni al rilascio o uso del titolo abilitativo alla guida anche nei confronti dei condannati per l’art. 73 TU 309/90 a cui sia stata appli- cata la sospensione condizionale della pena, determinando ingiusti- ficata disparità di trattamento rispetto ad ogni altra categoria di condannati con pena sospesa; 3) [p]revede diversa decorrenza e du- rata del divieto di conseguimento della patente, o della durata della revoca, tra condannati per fatti di stupefacenti che richiedano l’am- missione all’esame abilitativo e condannati già titolari di patente di guida; 4) [p]revede diversa decorrenza e durata del divieto di conse- guimento della patente, o della durata della revoca, tra condannati per fatti di stupefacenti (con pena sospesa) che richiedano l’ammis- sione all’esame abilitativo, e condannati (con pena sospesa) già tito- lari di patente di guida».
In motivazione della suddetta ordinanza (che si conclude con il tra- scritto dispositivo, che non indica i parametri costituzionali in tesi vio- lati), il giudice a quo premette di “far propri” tutti i profili di incostituzionalità dell’art. 120 cod. strada evidenziati nelle (da lui ri- chiamate) precedenti ordinanze del Tribunale di Genova (in composi- zione collegiale) e del TAR Friuli-Venezia Giulia. Precisa, quindi, che
«intende solo aggiungere a tali dubbi già palesati – e prospettare alla
Corte – ulteriori corollari sui profili di incompatibilità dell’art. 120 in questione con i principi costituzionali messi in luce nei due richiamati provvedimenti dei Tribunali rimettenti» (artt. 3, 16, 25, 27 e 111 Cost.).
E, a tal fine, argomenta che il carattere sostanzialmente penale delle limitazioni previste dalla disposizione denunciata troverebbe con- ferma dal rilievo che, ai fini dell’ottenimento della patente di guida, essa attribuisce alla riabilitazione, e cioè all’istituto che fa venir meno
«gli effetti penali» della condanna; sostiene poi che del tutto irragio- nevole sarebbe il trattamento “più gravoso”, che l’art. 120 riserva ai soggetti condannati che non abbiano ancora conseguito la patente di guida rispetto a quello riguardante coloro cui la patente di guida sia stata revocata; aggiunge ancora che la revoca o l’inibitoria all’esame di guida, senza modulazione di durata e senza sospensione, costitui- rebbe un «macigno difficilmente valicabile» sul percorso riabilitativo dei condannati per reati connessi agli stupefacenti che abbiano usu- fruito della sospensione condizionale della pena.
3.1. L’Avvocatura generale dello Stato – per il Presidente del Consiglio dei ministri, anche in questo giudizio intervenuto – ha ec- cepito l’inammissibilità per irrilevanza, ovvero per difetto di moti- vazione sulla rilevanza, delle questioni sollevate e, in subordine, ne ha contestato la fondatezza, per erroneità del correlativo presupposto ermeneutico.
Considerato in diritto
1.– L’art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sotto la rubrica «Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’art. 116», nei suoi commi 1, 2 e 3, così testualmente dispone:
«1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abi- tuali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sot- toposti a misure di sicurezza personali […], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi […]»;
«2. […] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al ri- lascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La re- voca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data […] del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1»;
«3. [l]a persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni».
2. Le tre ordinanze, di cui si è in narrativa detto, convergono nel denunciare, per contrasto con i parametri costituzionali in esse rispet- tivamente evocati, la disposizione di cui al comma 2, in correlazione al precedente comma 1, dell’art. 120 del codice della strada, con spe- cifico ed esclusivo riguardo alla revoca della patente di guida che consegua a condanna per reati in materia di stupefacenti. E, per tale comunanza di oggetto, possono riunirsi, per essere decise con unica sentenza.
3. Preliminarmente, va però dichiarata la manifesta inammissi- bilità della questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia (r.o. n. 20 del 2016). Ciò in quanto detto giudice difetta ictu oculi di giurisdizione.
Per risalente e consolidata giurisprudenza della Corte di cassa- zione, giudice regolatore della giurisdizione, i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 120 cod. strada (incidenti su diritti soggettivi non de- gradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, né ine- renti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) sono riservati, infatti, alla cognizione del giudice or- dinario (ex multis, sezioni unite, sentenze 14 maggio 2014, n. 10406;
6 febbraio 2006, n. 2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8
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