FONDATA NELL’ANNO 1893 da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI
COMITATO SCIENTIFICO
FERRANDO MANTOVANI
Emerito di diritto penale
GIOVANNI CONSO
Ordinario di procedura penale Pres. em. Corte Costituzionale
CORRADO CARNEVALE
Presidente di sezione della Corte di Cassazione
PAOLO DELL’ANNO
Ordinario di diritto amministrativo
ORESTE DOMINIONI
Ordinario di procedura penale
ANGELO GIARDA
Ordinario di procedura penale
Direttore Responsabile
PIETRO NOCITA
LA GIUSTIZIA PENALE
REDAZIONE:
FAUSTO GIUNTA
Ordinario di diritto penale
CARLO FEDERICO GROSSO
Ordinario di diritto penale
GIUSEPPE RICCIO
Ordinario di procedura penale
GIORGIO SPANGHER
Ordinario di procedura penale
Sede della Rivista: 00195 ROMA - Viale Angelico, 38 E-mail: [email protected]
Telefono (06) 321.53.95 - Fax (06) 372.25.74 On line: www.lagiustiziapenale.org
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FRANCESCO BRUNO
Ordinario di pedagogia sociale GIUGNO 2014
Anno CXIX (LV della 7aSerie) Fascicolo VI
ERCOLE APRILE, Magistrato; GIOVANNI ARIOLLI, Magistrato; GUSTAVO BARBALI- NARDO, Magistrato; FRANCESCO BUFFA, Magistrato; VITTORIO CORASANITI, Ma- gistrato; DIANA CAMINITI, Magistrato; LUIGI CIAMPOLI, Magistrato; ANTONELLA DE BENEDICTIS, Avvocato; ALESSANDRO DIDDI, Ricercatore procedura penale Univ. di Roma “Tor Vergata”; FILIPPO DINACCI, Professore associato procedura penale Univ.
di Bergamo; FABIANA FALATO, Ricercatore procedura penale Univ. di Napoli “Federico II”; FRANCESCO FALCINELLI, Avvocato; ALESSANDRO LEOPIZZI, Magistrato; VANIA MAFFEO, Ricercatore procedura penale Univ. di Napoli “Federico II”; Dott.ssa ROBER- TA MARRONI; MARCO MARIA MONACO, Dottore di Ricerca procedura penale; GIU- SEPPE NOVIELLO, Magistrato; NITTO FRANCESCO PALMA, Magistrato; CATERINA PAONESSA, Dottore di Ricerca diritto penale Univ. di Firenze; PAOLO SIRLEO, Magistrato; DELIO SPAGNOLO, Magistrato; Dott.ssa TIZIANA TREVISSON LUPACCHINI, Università “Tor Vergata” di Roma; ROBERTO ZANNOTTI, Professore associato diritto penale Univ. LUMSA Roma.
NATALE MARIO DI LUCA
Ordinario di medicina legale
Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, C/RM/21/2012
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GIORGIO SANTACROCE
Primo Presidente della Corte di Cassazione
VINCENZO SCORDAMAGLIA
Ordinario di diritto penale
Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.
In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.
DIBATTITI
MORRA M., La disciplina del trading in influence in Europa e le distonie della soluzione italiana, II, 369.
TRACUZZI G., Il concetto di pena nel pensiero di Francesco Carnelutti, I, 183.
NOTE A SENTENZA
ESPOSITO A., È possibile rileggere la ‘sentenza Franzese’?, II, 336.
FALATO F., Il vizio di legalità convenzionale è rilevabile d’uffi- cio dal giudice della cassazione, III, 329.
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 1) DECISIONI DELLA CORTE
DIBATTIMENTO - Circostanze aggravanti - Contestazione - Ag- gravante già risultante dagli atti al momento dell’esercizio del- l’azione penale - Omessa previsione della facoltà dell’imputato di richiedere l’applicazione della pena ex art. 444 Cod. proc. pen.
- Violazione degli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione - Illegittimità costituzionale in parte qua, I, 161.
ISTIGAZIONE ALLA CORRUZIONE - Offerta o promessa di denaro o altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero per il compimento di una falsa consulenza - Configurabilità del reato - Pena superiore a quella prevista per il reato di intralcio alla giustizia - Questione di legittimità costituzionale - Inammis- sibilità, I, 167.
MISURE DI SICUREZZA - Applicazione - Procedimento di sor- veglianza - Istanza udienza pubblica - Udienza camerale - Ille- gittimità costituzionale, I, 176.
GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA
APPELLO - Cognizione del giudice - Divieto di reformatio in peius - Impugnazione del solo imputato - Applicazione di un au- mento per la recidiva superiore rispetto a quello determinato in primo grado - Legittimità - Esclusione, III, 373, 175.
APPELLO - Cognizione del giudice - Reformatio in peius di una sentenza di assoluzione per un diverso apprezzamento di prove orali decisive - Principi della Corte EDU - Rinnovazione del- l’istruzione dibattimentale - Obbligatorietà, III, 374, 176.
APPELLO - Dibattimento - Rinnovazione dell’istruzione - Teste non esaminato nel giudizio di primo grado perché irreperibile - Prova nuova - Configurabilità - Fattispecie relativa a teste arre- stato dopo il giudizio di promo grado e ancora detenuto, III, 375, 177.
APPELLO - Poteri del giudice - Reformatio in peius di sentenza assolutoria - Diverso apprezzamento di attendibilità di un teste ritenuto in primo grado inattendibile - Sentenza della Corte eu- ropea dei diritti dell’uomo del 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia - Rinnovazione dell’istruzione dibattimentale - Necessarietà, III, 321.
APPELLO - Sentenza - Motivazione - Riforma della sentenza di primo grado - Riesame del materiale probatorio vagliato dal primo giudice - Necessità, III, 376, 178.
APPELLO - Sentenza - Pronunce sull’azione civile - Assoluzione in primo grado non impugnata dalla parte civile - Declaratoria di estinzione del reato per prescrizione in sede di appello - Conse- guenze in ordine alle statuizioni civili - Applicabilità degli artt.
576 e 578 Cod. proc. pen. - Esclusione, III, 377, 179.
APPELLO - Termini - Omessa notificazione dell’avviso di de- posito della sentenza di primo grado a uno dei difensori dell’im-
SOMMARIO
putato - Decorrenza per esso del termine per impugnare - Esclu- sione - Attività svolta nel giudizio di appello - Sanatoria del vizio di notifica - Configurabilità - Fattispecie relativa alla notifica del verbale di rinvio dell’udienza al difensore non avvisato disposta dalla Corte di appello, III, 378, 180.
ARCHIVIAZIONE - Archiviazione disposta per il delitto di as- sociazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti - Ef- fetti preclusivi - Esercizio dell’azione penale per detenzione, trasporto e cessione di stupefacenti commessi nello stesso conte- sto temporale - Esclusione, III, 379, 181.
ARCHIVIAZIONE - Richiesta del P.M. - Opposizione della per- sona offesa - Diritto alla concreta partecipazione all’udienza in camera di consiglio - Fattispecie relativa all’annullamento per violazione del diritto al contradditore dell’ordinanza del g.i.p. di rigetto dell’istanza di rinvio dell’inizio dell’udienza presentata per fax dal difensore della persona offesa tre quarti d’ora prima del suo inizio per consentirgli di raggiungere la sede del g.i.p non oltre quaranta minuti dopo, III, 379, 182.
ARCHIVIAZIONE - Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato - Ordinanza del g.i.p. sulla necessità di ul- teriori indagini - Mancanza di predeterminazione normativa dei termini delle nuove indagini - Questione di legittimità costituzio- nale dell’art. 409, comma 4, Cod. proc. pen. in relazione agli artt.
3 e 111 della Costituzione e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali - Manifesta infondatezza, III, 380, 183.
ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE - Associazione di tipo mafioso - Circostanza aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare un’associazione mafiosa - Esistenza affettiva di un’associazione di tipo mafioso - Necessità, II, 346.
ASSOCIAZIONE PER L’INCITAMENTO ALLA DISCRIMI- NAZIONE O ALLA VIOLENZA PER MOTIVI RAZZIALI, ETNICI, NAZIONALI O RELIGIOSI - Comunità virtuale ope- rativa attraverso un blog inserito in un sito web registrato al- l’estero - Competenza del giudice italiano - Condizioni - Fattispecie relativa ad associazione finalizzata a fare proseliti tra gli utenti italiani del sito ed istigare il compimento atti dimostra- tivi a impronta razzista nel territorio italiano, II, 348.
ATTI PERSECUTORI - Reciprocità delle condotte - Configura- bilità del reato - Condizioni - Obblighi di motivazione del giudice di merito, II, 323.
ATTI PERSECUTORI - Reiterazione delle condotte - Duplicità delle condotte di minaccia o di molestia - Sufficienza, II, 323.
CASSAZIONE (RICORSO PER) - Dibattimento - Richiesta di rinvio motivata dal difensore dell’imputato con l’impossibilità di accedere agli atti del processo a causa della tardività della nomina - Rigetto - Legittimità - Fattispecie relativa a istanza di rinvio del difensore nominato una settimana prima dell’udienza con conte- stuale revoca del precedente, III, 380, 184.
CASSAZIONE (RICORSO PER) - Motivi - Mancanza o mani- festa illogicità della motivazione - Travisamento della prova - Nozione - Fattispecie relativa alla mancata valutazione di una conversazione tra l’imputato e la persona offesa, provata dalla di- fesa, astrattamente idonea a confutare l’ipotesi accusatoria, III, 381, 185.
CASSAZIONE (RICORSO PER) - Motivi - Mancata assunzione di prova decisiva - Omesso esame dell’imputato - Configurabilità - Esclusione - Ragioni, III, 382, 186.
CASSAZIONE (RICORSO PER) - Ricorso inammissibile - Ec- cezioni rilevabili d’ufficio - Preclusione, III, 321.
CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - Colpa medica - Parametri di determinazione fissati dalla sentenza c.d. Franzese - Validità at- tuale, II, 331.
CIRCOLAZIONE STRADALE - Guida in stato di ebbrezza da alcool - Assunzione di farmaci con eccipienti alcolici - Elemento psicologico del reato - Configurabilità, II, 352, 91.
COLPA - Giudizio di prevedibilità - Elementi di valutazione, II, 353, 92.
COMPETENZA - Conflitti - Configurabilità esclusivamente tra organi giurisdizionali e non anche tra un giudice e un P.M. - Fat- tispecie relativa a conflitto tra giudice e P.M. sulla competenza a provvedere sulla liquidazione del compenso a un consulente del P.M. dichiarato inammissibile con trasmissione degli atti al P.M.
che aveva nominato il consulente tecnico, III, 346.
CONCORSO DI PERSONE NEL REATO - Mandato di omicidio - Desistenza delle’esecutore materiale - Accordo per commettere un reato nei confronti del mandante - Configurabilità, II, 354, 93.
CORRUZIONE - Atto di ufficio - Parere consultivo - Configu- rabilità - Fattispecie relativa a un parere su un’istanza di riclassi- ficazione ed approvazione del piano di adeguamento di una discarica, II, 354, 94.
EDILIZIA - Costruzione edilizia - Cartello contenente gli estremi del permesso di costruire - Obbligo di esposizione - Violazione - Configurabilità del reato - Condizione, II, 355, 95.
ESECUZIONE - Poteri del giudice - Condanna all’ergastolo in- flitta a conclusione di un giudizio abbreviato conclusosi nel vi- gore dell’art. 7, comma 1, del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni con la legge 19 gennaio 2001, n. 4, dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale - Incidente di esecuzione promosso dal condannato - Potere del giudice di sostituire la pena dell’ergastolo con quella di anni trenta di reclusione prevista dall’art. 30, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, della presentazione della richiesta di giudizio abbreviato - Insussistenza, III, 354.
EVASIONE - Sentenza della Corte Costituzionale n. 177 del 2009 - Effetti su ipotesi di detenzione domiciliare diversa da quella speciale per madre di minore di anni 10 - Esclusione - Fat- tispecie relativa ad evasione di madre di minore di dieci anni sot- toposta a detenzione domiciliare per motivi di salute, II, 356, 96.
FALSA TESTIMONIANZA - Dichiarazione resa in un procedi- mento conclusosi per remissione di querela - Configurabilità del reato, II, 356, 97.
GIUDIZIO ABBREVIATO - Pena dell’ergastolo inflitta in un giudizio abbreviato richiesto dall’interessato in base all’art. 30, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479, ma conclusasi nel vigore della disciplina dettata dall’art. 7, comma 1, del decreto legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni SOMMARIO
con la legge 19 gennaio 2001, n. 4 - dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza 24 aprile 2013, n. 210, emessa dopo la formazione del giudicato - Inese- guibilità ulteriore, III, 354.
INQUINAMENTO - Gestione dei rifiuti - Conferimento a terzi non autorizzati - Responsabilità concorsuale del produttore dei rifiuti - Configurabilità - Fattispecie relativa a responsabilità del produttore dei rifiuti per aver fatto affidamento sulla assicura- zione verbale da parte del trasportatore di essere autorizzato, II, 356, 98.
MISURE CAUTELARI PERSONALI - Misure coercitive - Du- plice provvedimento cautelare nei confronti del medesimo sog- getto e per lo stesso fatto di cui uno restrittivo e l’altro liberatorio - Applicazione del principio del favor libertatis desumibile dal- l’art. 649 Cod. proc. pen. - Esecuzione del provvedimento più fa- vorevole all’imputato, III, 370.
MISURE DI SICUREZZA - Libertà vigilata - Prescrizioni del magistrato di sorveglianza - Contenuto - Limiti - Fattispecie re- lativa a ritenuta illegittimità della prescrizione del ricovero in una comunità, II, 357, 99.
OMESSA COMUNICAZIONE DI VARIAZIONI PATRIMO- NIALI - Art. 7, comma 1, lett. b), della legge 13 agosto 2010, n.
136 - Ampliamento dei reati presupposto - Conseguenze - Con- figurabilità del reato anche per i condannati prima dell’entrata in vigore della legge n. 136 del 2010 - Esclusione - Fattispecie re- lativa ad esclusione del reato che sarebbe stato commesso prima del 2009 con riferimento a disponibilità patrimoniali acquisite nel 2011, II, 357, 100.
OMICIDIO VOLONTARIO - Circostanze aggravanti - Preme- ditazione - Vizio parziale di mente - Compatibilità - Limiti - Fat- tispecie relativa a imputato affetto da sindrome paranoide, II, 358.
101.
ORDINAMENTO PENITENZIARIO - Condannato agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire - Re- voca degli arresti domiciliari prima della pronuncia del tribunale di sorveglianza sull’applicazione delle misure alternative - Di- vieto di concessione degli arresti domiciliari - Configurabilità, II, 359, 102.
PECULATO - Possesso di denaro pubblico facente capo a una pluralità di pubblici ufficiali che partecipano con funzioni diverse al procedimento per l’adozione dell’atto dispositivo - Emissione di quest’ultimo da parte di pubblici ufficiali tratti in errore da quelli che si sono occupati della fase istruttoria - Responsabilità esclusiva dei primi funzionari - Fattispecie relativa al riconosci- mento della responsabilità esclusiva di funzionari che avevano partecipato alla fase istruttoria dei quali gli altri funzionari ave- vano carpito la buona fede con falsi documenti e gli artefici con- tabili, II, 327.
PECULATO - Prezzo del reato - Nozione - Denaro indebitamente procurato dall’agente pubblico a terzi nella parte riversata al primo a titolo di corrispettivo dell’illecito - Inclusione - Sequestro preventivo finalizzati alla confisca “per equivalente” - Adottabi- lità, II, 327.
PENA - Rinvio dell’esecuzione - Rinvio facoltativo richiesto da madre di prole di età inferiore a tre anni - Presupposti - Prova
dell’affidamento del minore all’istante - Necessità - Esclusione, II, 359, 103.
REATI TRIBUTARI - Omesso versamento di IVA - Omesso ver- samento dell’imposta nell’anno 2005 - Configurabilità del reato - Violazione del principio dell’irretroattività della norma penale incriminatrice - Esclusione, II, 360, 104.
REATI TRIBUTARI - Omesso versamento di IVA e illecito am- ministrativo previsto dall’art. 13 del d. lgs. 18 dicembre 1997, n.
471 - Rapporto di specialità tra le rispettive norme - Esclusione - Applicabilità al trasgressore di entrambe le sanzioni, II, 360, 105.
REATO - Elemento soggettivo - Cause di esclusione - Difficoltà economiche del soggetto - Rilevanza - Esclusione - Fattispecie relativa a contravvenzione in tema di smaltimento di rifiuti, II, 361, 106.
REATO CONTINUATO - Detenzione in carcere o altra misura limitativa della libertà personale - Interruzione automatica del- l’unicità del disegno criminoso - Esclusione - Elementi rivelatori della continuazione - Verifica in concreto - Necessità, II, 361, 107.
REATO CONTINUATO - Dolo d’impeto e occasionalità di una delle condotte - Unicità del disegno criminoso - Incompatibilità, II, 362, 108.
RICETTAZIONE - Dolo - Beni ricevuti nell’ambito di un rap- porto familiare o obbligazionario - Consapevolezza della qualità criminale del dante causa - Sufficienza - Esclusione - Fattispecie relativa a denaro e titoli di credito ricevuti dal compagno in co- stanza del rapporto, II, 321.
RICETTAZIONE - Elemento soggettivo - Dolo eventuale - Con- figurabilità - Presupposti - Differenza dall’elemento soggettivo della contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza, II, 362, 109.
SENTENZA - Correlazione tra accusa e sentenza - Nozione di fatto contestato - Contestazione di ulteriori risultanze probatorie - Legittimità - Condizioni - Fattispecie relativa a condanna in ap- pello per tentato acquisto di sostanza stupefacente a fronte di una condanna in primo grado per detenzione della stessa sostanza, III, 383, 187.
SENTENZA - Sentenza di condanna - Mancata disposizione della confisca obbligatoria - Applicazione della confisca con ordinanza emessa all’esito di procedimento per la correzione degli errori materiali - Provvedimento abnorme - Configurabilità, III, 384, 188.
SEQUESTRO DI PERSONA - Sequestro di persona finalizzato a mantenere il profitto di altro reato - Configurabilità del reato - Fattispecie relativa a sequestro di persona commesso dopo una rapina per agevolare la fuga, II, 363, 110.
STRANIERI - Ingresso o soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Espulsione sostitutiva della pena pecuniaria - Presupposti pericolo concreto di fuga o pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico o presentazione di una domanda di soggiorno fraudo- lenta, II, 363, 111.
SOMMARIO
STUPEFACENTI - Circostanza attenuante della collaborazione - Caratteri - Fattispecie relativa ad esclusione della circostanza, II, 364, 112.
STUPEFACENTI - Sanzioni - Misure alternative alla detenzione - Affidamento in prova al servizio sociale - Revoca - Presupposti - Fattispecie relativa a revoca ritenuta illegittima per essere stato il condannato vittima di un agguato, II, 365, 113.
TRASFERIMENTO FRAUDOLENTO DI BENI O VALORI - Bene oggetto della fittizia intestazione - Configurabilità - Neces- sità - Fattispecie relativa a sequestro di un immobile per difetto di gravi indizi della sua provenienza da attività usurarie, II, 365, 114.
TRUFFA - Circostanze aggravanti - Truffa in danno dello stato o altro ente pubblico - False attestazioni nella dichiarazione per il rimpatrio di capitali detenuti all’estero - Ricorso ad artifici con
induzione in errore dell’amministrazione finanziaria sul momento dell’effettivo rientro delle somme dell’estero - Tentata truffa ag- gravata in danno dello Stato - Configurabilità - Fattispecie rela- tiva a prestito per un importo pari alla somma da far rientrare, da estinguere con le disponibilità detenute all’estero, II, 366, 115.
TURBATA LIBERTÀ DEGLI INCANTI - Evento naturalistico - Turbamento della gara - Sufficienza - Significato - Fattispecie relativa a riqualificazione come reato consumato di un fatto qua- lificato come reato tentato dal giudice di merito, II, 367, 116.
VIOLENZA SESSUALE - Atti sessuali - Nozione, II, 367, 117.
VIOLENZA SESSUALE - Atti sessuali - Tentativo - Requisiti - Fattispecie relativa alla programmazione di un incontro di natura sessuale con una minorenne all’uscita della scuola e alla preno- tazione di una stanza di albergo per l’intera giornata, II, 368, 118.
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codice etico
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LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno undici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).
Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sentenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.
A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:
a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costituzionale, ammini- strativo e civile;
b) sentenze con note critiche;
c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scienze giuridiche e sociali in genere;
d) resoconti e commenti;
e) varietà
B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:
a) articoli originali di dottrina;
b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;
c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giurisprudenza civile re- lativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stradale, con note di richiami;
d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;
e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;
f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;
g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;
h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.
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LA GIUSTIZIA PENALE 2014 (Parte Prima: I Presupposti)
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
1) DECISIONI DELLA CORTE
Sentenza n. 184 - 23 giugno 2014 Pres. Silvestri - Rel. Lattanzi
Dibattimento - Circostanze aggravanti - Contestazione - Ag- gravante già risultante dagli atti al momento dell’esercizio del- l’azione penale - Omessa previsione della facoltà dell’imputato di richiedere l’applicazione della pena ex art. 444 Cod. proc.
pen. - Violazione degli artt. 24, secondo comma, e 3 della Co- stituzione - Illegittimità costituzionale in parte qua (Cost. artt.
24, secondo comma, 3; Cod. proc. pen. art. 517)
È costituzionalmente illegittimo l’art. 517 del Codice di proce- dura penale - in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione - nella parte in cui non prevede la facoltà del- l’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione di pena, a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza ag- gravante che già risultava dagli atti di indagine al momento del- l’esercizio dell’azione penale.
(omissis) Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 21 febbraio 2013 (r.o. n. 4 del 2014), il Tri- bunale ordinario di Roma, ottava sezione penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 517 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede la facoltà del- l’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale a seguito della contestazione in dibattimento da parte del pubblico ministero di una circostanza aggravante non risultante dall’impu- tazione quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti d’indagine al momento dell’esercizio del- l’azione penale».
Il giudice a quo premette di essere investito del procedimento penale nei confronti di una persona imputata del reato previsto dall’art. 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel corso del quale - aperto il dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti - il pubblico ministero, dopo l’esame dei suoi testimoni, aveva con- testato le circostanze aggravanti previste dai commi 2-bis e 2-se- xies del citato art. 186.
Alla scadenza del termine richiesto dall’imputato ai sensi del- l’art. 519 cod. proc. pen. - prosegue il Tribunale rimettente - le parti avevano presentato una richiesta congiunta di applicazione della pena per la fattispecie aggravata risultante dalla nuova con- testazione.
La richiesta sarebbe inammissibile, perché è stata presentata dopo la scadenza del termine previsto dagli artt. 556, comma 2, e 555, comma 2, cod. proc. pen.; essa però - osserva il giudice a quo - è stata «originata dalla contestazione da parte del pubblico
ministero ai sensi dell’art. 517 c.p.p. delle circostanze aggravanti previste dai commi 2-bis e 2-sexies dell’art. 186 Cod. d. Strada […] suscettibili di un significativo mutamento sanzionatorio in danno dell’imputato». L’una comporta, infatti, il raddoppio della pena e rende inapplicabile la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità; l’altra determina «lo speciale e più severo giudi- zio di bilanciamento delle circostanze, derogatorio rispetto alla regola generale dell’art. 69 c.p.». La possibile richiesta di appli- cazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, peral- tro, era stata rappresentata dall’imputato fin dagli atti introduttivi del dibattimento, «attraverso la produzione della dichiarazione di disponibilità» del presidente di una onlus a far lavorare l’imputato nel caso di sostituzione della pena.
Ad avviso del Tribunale rimettente, sarebbe avvenuta una «con- testazione dibattimentale “tardiva”, frutto di errore sulla compiuta individuazione del fatto e del titolo del reato in cui è incorso il Pubblico Ministero, che ha determinato una patologica carenza dell’accusa, tale da convincere l’imputato ad affrontare all’origine il dibattimento e, solo all’esito del postumo recupero dell’errore originario, a chiedere l’ammissione al rito alternativo dell’appli- cazione della pena». La contestazione delle due circostanze ag- gravanti, infatti, non sarebbe stata determinata da nuovi elementi emersi in fase dibattimentale, «bensì da una miglior rilettura degli atti della parte pubblica, atteso che la notizia di reato certamente recava sin dall’origine tanto l’orario di consumazione del reato quanto le sue modalità, ovvero la connessione causale tra lo stato d’ebbrezza e la determinazione di un sinistro stradale, nulla di nuovo avendo sul punto aggiunto il verbalizzante» in sede di esame testimoniale. Questi elementi sarebbero emersi già dalla relazione di incidente stradale dell’Ufficio infortunistica della Po- lizia municipale presente nel fascicolo del pubblico ministero e dall’espressa indicazione dell’orario dell’incidente nel capo di im- putazione.
Ciò premesso, il giudice a quo richiama l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui «risulta lesiva del di- ritto di difesa oltre che del principio di uguaglianza qualsiasi pre- clusione processuale che impedisce all’imputato l’accesso ai riti speciali a seguito di nuove contestazioni per fatto diverso o per reato concorrente laddove la contestazione concerna un fatto già risultante dagli atti di indagine preliminare al momento dell’eser- cizio dell’azione penale». La valutazione dell’imputato sulla con- venienza di un rito speciale dipende, infatti, «dalla concreta impostazione data all’accusa, sì che ove questa sia affetta da errore sull’individuazione del fatto o del titolo del reato in cui è incorso il pubblico ministero, la sua variazione sostanziale deve consentire all’imputato il recupero di quelle facoltà di scelta definitoria del processo di cui è stato espropriato causa il decorso dei termini di proposizione della domanda».
Il caso di specie - prosegue il Tribunale rimettente - è connotato, rispetto alla nuova imputazione o al reato concorrente, cui si rife- riscono le precedenti pronunce della Corte costituzionale (sen- tenze n. 333 del 2009, n. 530 del 1995 e n. 265 del 1994),
«dall’inscindibilità ed unitarietà del fatto», quale risultato dell’ori- ginaria accusa e della nuova contestazione, che rende obbligata la contestazione tardiva da parte del pubblico ministero, «non es- sendo concepibile un separato ed autonomo giudizio futuro sulle sole circostanze aggravanti».
In tal modo, però, l’imputato è «privato del diritto di scegliere secondo convenienza il rito speciale dell’applicazione della pena che, secondo costante interpretazione, rappresenta una modalità di esercizio del suo diritto di difesa».
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 517 cod. proc.
pen., pertanto, sarebbe non manifestamente infondata con riferi- mento all’art. 24, secondo comma, Cost., perché contrasterebbe con il diritto di difesa «un sistema che osta alla restituzione in ter-
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6.I.2014
mini dell’imputato per la richiesta di applicazione della pena a fronte della contestazione tardiva, in qualche modo necessitata per il pubblico ministero, di circostanze aggravanti».
La norma censurata violerebbe, altresì, l’art. 3 Cost., in quanto determinerebbe una discriminazione dell’imputato «nell’accesso al rito speciale in ragione della maggiore o minore completezza ed esaustività dell’imputazione a fronte della diversa valutazione dei risultati delle indagini preliminari effettuata nel momento di esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero».
La questione, infine, sarebbe rilevante nel giudizio a quo, per- ché, se si rimuovesse il limite temporale attualmente posto dagli artt. 556, comma 2, e 555, comma 2, cod. proc. pen., non vi sa- rebbero altri ostacoli all’accoglimento della richiesta di applica- zione della pena formulata dall’imputato, con il consenso del pubblico ministero, «immediatamente dopo la scadenza del ter- mine per adeguare la propria difesa alle nuove contestazioni ele- vate dal pubblico ministero in corso di dibattimento».
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 21 febbraio 2013 (r.o. n. 4 del 2014), il Tribunale ordinario di Roma, ottava sezione penale, ha solle- vato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Co- stituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 517 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale a seguito della contestazione in dibattimento da parte del pubblico ministero di una circostanza aggravante non risultante dall’imputazione quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti d’indagine al mo- mento dell’esercizio dell’azione penale».
Secondo il giudice rimettente, la norma in questione viole- rebbe l’art. 24, secondo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con il diritto di difesa «un sistema che osta alla restituzione in termini dell’imputato per la richiesta di applicazione della pena a fronte della contestazione tardiva», da parte del pubblico mi- nistero, di circostanze aggravanti note già dalle indagini preli- minari, la cui compiuta e doverosa enunciazione sin dalla formulazione dell’imputazione «avrebbe convinto l’imputato a rinunciare al dibattimento, cui è in seguito costretto, essendogli a tal punto impedita quella scelta del rito che è regola fondante del sistema processuale».
La norma censurata violerebbe, altresì, l’art. 3 Cost., perché nell’accesso al rito speciale l’imputato sarebbe discriminato «in ragione della maggiore o minore completezza ed esaustività dell’imputazione a fronte della diversa valutazione dei risultati delle indagini preliminari effettuata nel momento di esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero».
2.- La questione è fondata.
2.1.- Il dubbio di legittimità costituzionale concerne la cosid- detta contestazione suppletiva «tardiva» di una circostanza ag- gravante.
Come questa Corte ha già rilevato (sentenze n. 237 del 2012 e n. 333 del 2009), la disciplina delle nuove contestazioni di- battimentali - tanto del fatto diverso (art. 516 cod. proc. pen.), che del reato connesso a norma dell’art. 12, comma 1, lettera b), cod. proc. pen. o delle circostanze aggravanti (art. 517 cod.
proc. pen.: non rileva, ai presenti fini, la contestazione del fatto nuovo, prevista dall’art. 518 cod. proc. pen., che presuppone il consenso dell’imputato) - si presenta coerente, in linea di prin- cipio, con l’impostazione accusatoria del vigente codice di rito.
In un sistema nel quale la prova si forma ordinariamente in di- battimento, la disciplina delle nuove contestazioni mira, infatti, a conferire un ragionevole grado di flessibilità all’imputazione, consentendone l’adattamento agli esiti dell’istruzione dibatti-
mentale, quando alcuni profili di fatto risultino diversi o nuovi rispetto a quelli emersi dagli elementi acquisiti nel corso delle indagini e valutati dal pubblico ministero ai fini dell’esercizio dell’azione penale.
Secondo la formulazione degli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., la diversità del fatto, il reato concorrente e le circostanze ag- gravanti debbono emergere «nel corso dell’istruzione dibatti- mentale», in connessione con la ricordata finalità dell’istituto.
Risultano così evocati i soli mutamenti dell’imputazione impo- sti dall’evoluzione istruttoria, sì che l’istituto si caratterizza come speciale e derogatorio rispetto alle ordinarie cadenze pro- cessuali relative all’esercizio dell’azione penale e al suo con- trollo giudiziale.
Nonostante il dato letterale, la giurisprudenza di legittimità, con l’avallo delle sezioni unite della Corte di cassazione (sen- tenza n. 4 del 28 ottobre 1998), ritiene che le nuove contesta- zioni previste dagli artt. 516 e 517 cod. proc. pen. possano essere basate anche sui soli elementi già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.
Per effetto di questa lettura estensiva, l’istituto delle nuove contestazioni si connota «non più soltanto come uno strumento - come detto, speciale e derogatorio - di risposta ad una eve- nienza pur “fisiologica” al processo accusatorio (quale l’emer- sione di nuovi elementi nel corso dell’istruzione dibattimentale), ma anche come possibile correttivo rispetto ad una evenienza “patologica”: potendo essere utilizzato pure per porre rimedio, tramite una rivisitazione degli elementi acquisiti nelle indagini preliminari, ad eventuali incompletezze od errori commessi dall’organo dell’accusa nella formulazione dell’im- putazione» (sentenza n. 333 del 2009).
A fronte di tale ragione giustificatrice, occorre, però, tenere conto delle contrapposte esigenze di salvaguardia del diritto di difesa.
In proposito, come questa Corte ha già avuto occasione di ri- levare, il codice di rito aveva specificamente previsto che, «di fronte alla nuova contestazione dibattimentale, l’imputato - salvo si trattasse della contestazione suppletiva della recidiva - avesse diritto ad un termine a difesa non inferiore al termine a comparire indicato dall’art. 429 cod. proc. pen. e potesse, in ogni caso, chiedere l’ammissione di nuove prove (art. 519 cod.
proc. pen.). Tale ultima facoltà risultava, peraltro, soggetta ad una condizione - quella dell’“assoluta necessità”, insita nell’ori- ginario richiamo all’art. 507 cod. proc. pen. - che venne ritenuta da questa Corte irragionevole e lesiva del diritto di difesa, nella misura in cui, ponendo “limiti diversi e più penetranti di quelli vigenti in via generale per i nova”, non consentiva un recupero integrale dell’ordinario “diritto alla prova” (sentenza n. 241 del 1992)» (sentenza n. 237 del 2012).
Nella prospettiva del codice di procedura penale rimanevano, però, preclusi i riti alternativi a contenuto premiale (giudizio ab- breviato e patteggiamento), riti che, per consolidata giurispru- denza di questa Corte, costituiscono anch’essi «modalità, tra le più qualificanti (sentenza 148 del 2004), di esercizio del diritto di difesa (ex plurimis, sentenze n. 219 del 2004, n. 70 del 1996, n.
497 del 1995 e n. 76 del 1993)» (sentenza n. 237 del 2012), tali da incidere, in senso limitativo, sull’entità della pena inflitta.
L’imputato, infatti, in seguito alle nuove contestazioni effettuate dal pubblico ministero nel corso del dibattimento, poteva trovarsi a fronteggiare un’accusa rispetto alla quale sarebbe stato suo in- teresse chiedere i riti alternativi, ma tale opportunità gli era pre- clusa essendo ormai decorsi i termini per le relative richieste.
2.2.- Rispetto alle nuove contestazioni “fisiologiche”, a quelle cioè effettivamente determinate dalle acquisizioni dibattimentali, questa Corte, con una serie di pronunce emesse negli anni imme- diatamente successivi all’entrata in vigore del codice, aveva
163 LA GIUSTIZIA PENALE 2014 (Parte Prima: I Presupposti) 164
escluso che la preclusione in discorso violasse gli artt. 3 e 24 Cost.: era stato, infatti, dato rilievo prevalente al principio di in- dissolubilità del binomio premialità-deflazione.
Esaminando la questione con riferimento ora al giudizio abbre- viato, ora al patteggiamento, si era ritenuto che l’interesse del- l’imputato a beneficiare dei vantaggi che discendono dai riti speciali ricevesse tutela «solo in quanto la sua condotta consenta l’effettiva adozione di una sequenza procedimentale, che, evitando il dibattimento», permetta di raggiungere «quell’obiettivo di ra- pida definizione del processo che il legislatore ha inteso perse- guire con l’introduzione del giudizio abbreviato e più in generale dei riti speciali» (sentenze n. 593 del 1990; n. 129 del 1993 e n.
316 del 1992; ordinanze n. 107 del 1993 e n. 213 del 1992).
Inoltre la Corte aveva osservato che la modificazione dell’im- putazione e la contestazione suppletiva costituiscono eventualità non infrequenti, in un sistema imperniato sulla formazione della prova in dibattimento, e non imprevedibili, sicché se ne doveva dedurre che il rischio della nuova contestazione dibattimentale rientrasse naturalmente nel calcolo in base al quale l’imputato si determina a chiedere o meno tali riti, «onde egli non ha che da addebitare a sé medesimo le conseguenze della propria scelta»
(sentenze n. 129 del 1993 e n. 316 del 1992; in prospettiva ana- loga, sentenza n. 593 del 1990; ordinanze n. 107 del 1993 e n. 213 del 1992).
3.- Con la successiva sentenza n. 265 del 1994, la Corte, però, nel caso di contestazioni dibattimentali “tardive”, è pervenuta, proprio rispetto al patteggiamento, a una diversa conclusione, perché in questo caso non può parlarsi «di una libera assunzione del rischio del dibattimento da parte dell’imputato», le cui de- terminazioni in ordine ai riti speciali sono state sviate «da aspetti di “anomalia” caratterizzanti la condotta processuale del pub- blico ministero». Le valutazioni dell’imputato circa la conve- nienza del rito alternativo vengono infatti a dipendere, anzitutto, dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico mini- stero: sicché, «quando, in presenza di una evenienza patologica del procedimento, quale è quella derivante dall’errore sulla in- dividuazione del fatto e del titolo del reato in cui è incorso il pubblico ministero, l’imputazione subisce una variazione sostan- ziale, risulta lesivo del diritto di difesa precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali». Anche il principio di eguaglianza viene violato perché l’imputato è irragionevolmente discriminato ri- spetto alla possibilità di accesso ai riti alternativi, in dipendenza della maggiore o minore esattezza o completezza della valuta- zione delle risultanze delle indagini preliminari da parte del pub- blico ministero e delle correlative contestazioni.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha dichiarato, quindi, costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli artt.
3 e 24 Cost., gli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non consentivano all’imputato di richiedere il “patteggiamento”
relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento del- l’esercizio dell’azione penale.
La sentenza n. 265 del 1994 ha dichiarato, invece, inammis- sibile l’analoga questione di legittimità costituzionale relativa al giudizio abbreviato, reputando che, rispetto a tale rito, la scelta tra le varie alternative ipotizzabili per porre rimedio al vulnus costituzionale - pure riscontrabile - spettasse in via esclu- siva al legislatore.
Successivamente la struttura del giudizio abbreviato è radi- calmente cambiata per effetto della legge 16 dicembre 1999, n.
479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tri- bunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all’ordina- mento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile
pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), e la Corte, con la sentenza n. 333 del 2009, venuti meno i precedenti ostacoli, ha dichiarato l’illegit- timità costituzionale degli artt. 516 e 517 cod. proc. pen. anche nella parte in cui non prevedevano la facoltà dell’imputato di ri- chiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato rela- tivamente al fatto diverso o al reato concorrente «contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell’azione penale».
Questa ulteriore pronuncia additiva era risultata necessaria, oltre che per rimuovere i profili di contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., già rilevati dalla sentenza n. 265 del 1994, «anche per eliminare la differenza di regime, in punto di recupero della facoltà di accesso ai riti alternativi di fronte ad una contestazione suppletiva “tardiva”, a seconda che si discuta di “patteggiamento” o di giudizio abbreviato» (sentenza n. 333 del 2009), differenza che, nel mutato panorama normativo, «si rivela[va] essa stessa fonte d’una discrasia rilevante sul piano del rispetto dell’art. 3 Cost.» (sentenza n. 237 del 2012).
4.- Prendendo spunto dalle affermazioni delle sentenze da ul- timo citate, il Tribunale ordinario di Roma, come si è ricordato, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 517 cod. proc. pen. nella parte in cui non consente il patteggiamento nel caso in cui il pubblico ministero abbia proceduto alla conte- stazione suppletiva “patologica” di una circostanza aggravante.
La questione può idealmente ricollegarsi alla sentenza n. 265 del 1994, ove però si avvertiva che la relativa dichiarazione di illegittimità costituzionale rimaneva «rigorosamente circoscritta alle specifiche situazioni dedotte dai giudici a quibus, che ri- guardano, come precisato, le contestazioni dibattimentali del fatto diverso e del reato concorrente (in quanto connesso ex art.
12, primo comma, lettera b, cod. proc. pen.)» e che, in partico- lare, era «ad essa estranea la diversa evenienza della contesta- zione delle circostanze aggravanti, non devoluta all’esame di questa Corte».
In realtà, però, la motivazione della sentenza può ugualmente riferirsi al caso di contestazione “tardiva” di una o più circostanze aggravanti, in quanto anche la trasformazione dell’originaria im- putazione in un’ipotesi circostanziata (o pluricircostanziata) de- termina un significativo mutamento del quadro processuale. Le circostanze in questione possono incidere sull’entità della san- zione, anche in modo rilevante, laddove il legislatore contempla la previsione di pene di specie diversa o di pene della stessa spe- cie, ma con limiti edittali indipendenti da quelli stabiliti per il reato base, o, talvolta, sullo stesso regime di procedibilità del reato o, ancora, sull’applicabilità di alcune sanzioni sostitutive (come nel caso oggetto del giudizio a quo).
Né varrebbe osservare, in senso contrario, che l’aggravamento dell’originaria situazione sarebbe soltanto potenziale, giacché l’aumento della pena potrebbe essere annullato dallo stesso giu- dice facendo uso del potere di bilanciamento delle opposte cir- costanze, attribuitogli dall’art. 69 cod. pen. Questa obiezione presuppone, infatti, il verificarsi di due condizioni del tutto eventuali, vale a dire che il giudice ritenga sussistenti le condi- zioni per l’applicazione di almeno una circostanza attenuante e che la giudichi prevalente (la sola equivalenza sarebbe di pre- giudizio per l’imputato, perché in conseguenza della contesta- zione dell’aggravante si vedrebbe privato degli effetti vantaggiosi dell’attenuante). È da aggiungere che il legislatore ha ampliato il catalogo delle circostanze aggravanti “privile- giate”, per le quali il giudizio di bilanciamento può essere im- pedito o limitato, in modo da escluderne la soccombenza nella comparazione con le attenuanti (sentenza n. 251 del 2012), e che alcune aggravanti possono incidere sulla procedibilità, anche a
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prescindere dal giudizio in questione.
Va poi sottolineato che l’imputato cui sia stata contestata, nel corso del dibattimento, una circostanza aggravante sulla base di elementi già acquisiti al momento dell’esercizio dell’azione penale, non si trova in una situazione diversa da chi analogamente si è sentito modificare l’imputazione con la contestazione di un fatto diverso, evenienza che in realtà potrebbe costituire per l’imputato anche un pregiudizio mi- nore. Sotto questo aspetto, quindi, essendo divenuta ammissibile la ri- chiesta di patteggiamento nel caso di modificazione dell’imputazione, a norma dell’art. 516 cod. proc. pen., potrebbe dar luogo a una dispa- rità di trattamento la sua esclusione nel caso della contestazione di una nuova circostanza aggravante, a norma dell’art. 517 cod. proc. pen.
In conclusione, poiché «le valutazioni dell’imputato circa la convenienza del rito speciale vengono a dipendere anzitutto dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico ministero», non vi è dubbio che, in seguito al suo errore e al conseguente ri- tardo nella contestazione dell’aggravante, l’imputazione subisce una variazione sostanziale, sì che «risulta lesivo del diritto di di- fesa precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali» (sentenza n. 265 del 1994).
Del resto va considerato che «il patteggiamento è una forma di definizione pattizia del contenuto della sentenza che non richiede particolari procedure e che pertanto, proprio per tali sue caratteristi- che, si presta ad essere adottata in qualsiasi fase del procedimento, compreso il dibattimento» (sentenza n. 265 del 1994; ordinanza n.
486 del 2002). L’adozione del rito speciale risulta comunque idonea a produrre un effetto, sia pure attenuato, di economia processuale.
Ugualmente deve ritenersi violato l’art. 3 Cost., venendo l’impu- tato irragionevolmente discriminato, ai fini dell’accesso ai procedi- menti speciali, in dipendenza della maggiore o minore esattezza o completezza della valutazione delle risultanze delle indagini preli- minari da parte del pubblico ministero alla chiusura delle indagini stesse (sentenza n. 265 del 1994).
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la fa- coltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’appli- cazione di pena, a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza ag- gravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell’eser- cizio dell’azione penale. (omissis)
Sentenza n. 163 - 21 maggio 2014 Pres. Silvestri - Rel. Frigo
Istigazione alla corruzione - Offerta o promessa di denaro o altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero per il compimento di una falsa consulenza - Configurabilità del reato - Pena superiore a quella prevista per il reato di intralcio alla giustizia - Questione di legittimità costituzionale - Inam- missibilità (Cost. art. 3; Cod. pen. artt. 322, 377, 371 bis, 371 ter, 372 e 373; Cod. proc. pen. art. 359)
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale del- l’art. 322, secondo comma, del codice penale - in riferimento al- l’art. 3 della Costituzione - nella parte in cui per l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità al consulente tecnico del pub- blico ministero per il compimento di una falsa consulenza prevede una pena superiore a quella di cui all’art. 377, comma primo, cod. pen., in relazione all’art. 373 cod. pen. (1)
(omissis) Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza depositata il 23 ottobre 2013, le sezioni unite penali della Corte di cassazione hanno sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 322, secondo comma, del codice penale, «nella parte in cui per l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità al consu- lente tecnico del pubblico ministero per il compimento di una falsa consulenza prevede una pena superiore a quella di cui all’art.
377, comma primo, cod. pen., in relazione all’art. 373 cod. pen.».
1.1.– La Corte rimettente riferisce che la vicenda oggetto del giudizio a quo trae origine da un incidente verificatosi il 1 giugno 2003 nello spazio sovrastante l’aeroporto di Milano Linate, che aveva causato la caduta di un aeromobile e la morte del pilota e del copilota.
Nell’ambito delle conseguenti indagini preliminari, il pubblico ministero aveva nominato, ai sensi dell’art. 359 del codice di pro- cedura penale, un consulente tecnico, il quale era stato avvicinato da un suo conoscente, che gli aveva prospettato la possibilità di ottenere una rilevante somma di denaro ove avesse redatto un ela- borato favorevole alla compagnia aerea cui apparteneva l’aero- mobile precipitato.
Il consulente tecnico aveva finto di accettare l’offerta, avver- tendo immediatamente del fatto il pubblico ministero. All’esito dei controlli predisposti sulla trattativa corruttiva, simulatamente proseguita, erano emerse responsabilità in capo a quattro soggetti (il conoscente dal quale il consulente tecnico era stato avvicinato, due soci della compagnia aerea e il loro legale), i quali erano stati quindi sottoposti a procedimento penale.
I giudici pronunciatisi nel corso di tale procedimento - dap- prima nei vari gradi del procedimento incidentale de libertate ori- ginato dalla richiesta di misura cautelare del pubblico ministero e poi nel processo principale sul merito dell’accusa - avevano ri- condotto, peraltro, a paradigmi punitivi volta a volta diversi la condotta contestata agli imputati (offerta di denaro, non accettata, al consulente tecnico del pubblico ministero per influire sui risul- tati della consulenza).
Da ultimo, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 2 mag- gio 2012, aveva condannato due degli imputati, giudicati con rito abbreviato, alla pena di un anno di reclusione, ravvisando nel fatto loro ascritto il delitto di istigazione alla corruzione, di cui all’art.
322 cod. pen., in conformità all’unico precedente della giurispru- denza di legittimità sullo specifico tema (Corte di Cassazione, se- zione sesta penale, 7 gennaio 1999-30 marzo 1999, n. 4062).
Investita del ricorso proposto dagli imputati contro la decisione, la sesta sezione della Corte di cassazione aveva ritenuto di dover dissentire da tale soluzione, anche perché idonea a determinare conseguenze contrastanti con gli artt. 3 e 25 Cost., e di dover scor- gere, invece, nella fattispecie il delitto di intralcio alla giustizia, di cui all’art. 377, primo comma, cod. pen., secondo quanto già deciso dal giudice di primo grado. Nella prospettiva di evitare un potenziale contrasto di giurisprudenza, aveva peraltro rimesso la questione alle sezioni unite.
1.2.– Al riguardo, le sezioni unite escludono anzitutto che nella fattispecie in esame possa ravvisarsi una ipotesi di tentativo di corruzione in atti giudiziari (artt. 56 e 319-ter cod. pen.), come ri- tenuto dalla stessa sesta sezione in sede di valutazione cautelare della posizione di uno degli imputati. In mancanza di un accordo corruttivo, infatti, l’istigazione non accolta alla corruzione po- trebbe essere ricondotta solo alla previsione punitiva dell’art. 322 cod. pen. (la quale, pur riferendosi formalmente alle ipotesi cor- ruttive di cui agli artt. 318 e 319 cod. pen., si attaglierebbe anche a quella di cui all’art. 319-ter cod. pen., posto che quest’ultimo
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(1) L’ordinanza di rimessione della questione di legittimità costituzio- nale è stata pubblicata in questa Rivista 2013, I, 328.
richiama «i fatti indicati negli articoli 318 e 319 cod. pen.»), ov- vero - quando si tratti di proposta rivolta a soggetti destinati ad assumere una veste processuale - alle figure criminose delineate dagli artt. 377 o 377-bis cod. pen.
Il fatto per cui si procede non potrebbe essere neppure qualifi- cato, contrariamente a quanto sostenuto dagli imputati ricorrenti, come istigazione non accolta a commettere una consulenza infe- dele (art. 380 cod. pen.), con conseguente sua irrilevanza penale (art. 115 cod. pen.). L’attività svolta dal consulente tecnico del pubblico ministero non potrebbe essere, infatti, definita come at- tività di parte - alla quale soltanto si riferisce il citato art. 380 cod.
pen. - discutendosi di soggetto che esercita una funzione pubblica e che contribuisce non già a tutelare gli interessi di una parte pro- cessuale, «ma ad accertare la verità».
1.3.– Il problema ermeneutico si concentrerebbe, di conse- guenza, sull’applicabilità di una delle due ipotesi delittuose, dianzi indicate, dell’istigazione alla corruzione o dell’intralcio alla giu- stizia.
Quanto a quest’ultima, l’art. 377 cod. pen., nel testo attual- mente in vigore, frutto di una serie di modifiche legislative, sta- bilisce, al primo comma, che «Chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni da- vanti all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal di- fensore nel corso dell’attività investigativa, o alla persona chia- mata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi, ridotte dalla metà ai due terzi».
Per quel che concerne, in particolare, il riferimento al «consu- lente tecnico» - introdotto nel testo della norma dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di pro- cedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità ma- fiosa), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 - le sezioni unite osservano come, nel caso del consulente tecnico del pubblico ministero, l’offerta o la promessa di denaro o di altra utilità non potrebbe essere finalizzata alla commissione del delitto di falsa perizia, di cui al richiamato art. 373 cod. pen., in quanto l’ausiliario tecnico dell’accusa non è un perito (nomi- nato invece dal giudice). Pur essendo verosimile che la discrasia dipenda da un difetto di coordinamento, non sarebbe, d’altra parte, possibile estendere in via interpretativa il concetto di «pe- rizia» alla «consulenza tecnica» senza violare il principio di tas- satività del precetto penale.
Conformemente a quanto ritenuto dalla sesta sezione nel ri- mettere la questione alle sezioni unite, la subornazione del con- sulente tecnico del pubblico ministero potrebbe, nondimeno, egualmente configurare il reato di intralcio alla giustizia, in quanto finalizzata alla commissione dei delitti di false informa- zioni al pubblico ministero (art. 371-bis) e di falsa testimonianza (art. 372 cod. pen.).
La parificazione del consulente tecnico al testimone trove- rebbe, in effetti, un solido appiglio ermeneutico nell’art. 501 cod.
proc. pen., che estende al consulente tecnico le disposizioni sul- l’esame dibattimentale dei testimoni. Pur non essendo un testi- mone in senso proprio - in quanto non chiamato a riferire su
«fatti», ma ad esprimere valutazioni su materie che richiedono specifiche competenze - il consulente tecnico ben potrebbe, d’al- tra parte, «affermare il falso o negare il vero», conformemente alla previsione dell’art. 372 cod. pen., o «rendere dichiarazioni false», secondo quella dell’art. 371-bis cod. pen., ad esempio ta- cendo o alterando determinati esiti obiettivi degli accertamenti espletati, ferma restando l’esclusione di «ogni sindacato sugli aspetti meramente valutativi relativi a detti accertamenti».
La conseguente configurabilità, sotto questo profilo, del delitto di intralcio alla giustizia, risulterebbe confermata anche dalla let- tera della norma incriminatrice, posto che il riferimento al «con- sulente tecnico», contenuto nell’art. 377 cod. pen., si presterebbe senz’altro a ricomprendere anche l’ausiliario tecnico dell’organo dell’accusa. Non potrebbe essere, infatti, condivisa la tesi, espressa in dottrina, secondo la quale la predetta formula riguar- derebbe il solo consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice civile: tesi che renderebbe superfluo il riferimento in questione, posto che l’estensione al consulente tecnico nominato in sede ci- vile delle disposizioni penali relative ai periti discende già dal- l’espressa previsione dell’art. 64, primo comma, del codice di procedura civile.
La configurabilità del delitto di intralcio alla giustizia non sa- rebbe, per altro verso, preclusa dalla circostanza che, nel caso oggetto di giudizio, il consulente tecnico del pubblico ministero non era stato ancora citato come testimone o come persona in- formata sui fatti al momento dell’offerta di denaro.
È ben vero che, secondo l’indirizzo prevalente in giurispru- denza, perché possa configurarsi il delitto di cui all’art. 377 cod.
pen. è necessario che i destinatari della condotta subornatrice ab- biano già formalmente assunto, nel momento in cui la condotta stessa è posta in essere, le qualifiche processuali indicate dalla norma: il che si verificherebbe, nel caso del testimone, solo al- lorché il giudice abbia autorizzato la citazione del soggetto in tale veste, ai sensi dell’art. 468, comma 2, cod. proc. pen.
Ad avviso delle sezioni unite, tuttavia, le peculiarità della fi- gura del consulente tecnico del pubblico ministero farebbero pro- pendere per una diversa soluzione.
A differenza dei consulenti tecnici nominati dalle parti pri- vate, chiamati a svolgere un ruolo di ausilio alla difesa - donde la loro equiparazione al difensore, quanto a funzioni e garanzie - il consulente tecnico del pubblico ministero ripeterebbe, in- fatti, «dalla funzione pubblica dell’organo che coadiuva i rela- tivi connotati». Nel compimento delle sue attività, egli assumerebbe, dunque, la qualifica di pubblico ufficiale o di in- caricato di pubblico servizio; avrebbe, in quanto tale, «il dovere […] di obiettività e imparzialità»; non potrebbe, altresì, esi- mersi dal dire la verità. Si dovrebbe, di conseguenza, ritenere che il consulente tecnico, con la nomina ad opera del pubblico ministero, rivesta già «una precisa veste processuale, potenzial- mente destinata a refluire sull’assunzione della qualità “testi- moniale” ex artt. 371-bis o 372 cod. pen.»: qualità che, dunque, anche se non ancora formalmente assunta, sarebbe «imma- nente» alla figura, «in quanto prevedibile e necessario sviluppo processuale della funzione assegnata».
1.4.– In concreto, tuttavia, alla configurabilità del delitto di in- tralcio alla giustizia osterebbe la natura dell’indagine affidata nel caso di specie al consulente.
Il consulente tecnico del pubblico ministero sarebbe, infatti, equiparabile al testimone solo in rapporto alle dichiarazioni che investano gli esiti obiettivi degli accertamenti espletati; non, in- vece, in relazione alle valutazioni tecnico-scientifiche, le quali, in quanto espressive di personali opinioni, non sarebbero quali- ficabili in termini di verità o di falsità: sicché, con riguardo ad esse, il consulente non potrebbe rispondere del reato di falsa te- stimonianza o di false informazioni al pubblico ministero.
Nella specie, al consulente sarebbe stata affidata una indagine
«di tipo squisitamente valutativo», essendogli stato chiesto di ri- ferire se l’addestramento del copilota, deceduto insieme al pilota nell’incidente aereo, potesse considerarsi idoneo.
Esclusa, di conseguenza, la possibilità di ricondurre il fatto al paradigma dell’intralcio alla giustizia, l’unica disposizione ap- plicabile nel caso in esame sarebbe quella dell’art. 322, secondo comma, cod. pen., che punisce l’offerta o la promessa di denaro
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