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Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta

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Academic year: 2021

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Caso clinico

Piede di Charcot: una complicanza del diabete ancora poco conosciuta

Storia clinica

Diverse settimane prima di venire presso il nostro day hospi- tal, un uomo di 65 anni si è presentato al pronto soccorso lamentando un senso di fastidio, con accenno di lieve dolen- zia, da circa un mese, al piede destro e, da qualche giorno, dolore, gonfiore e arrossamento tanto del piede destro quanto della zona pretibiale. Il paziente ha riferito di non avere subito traumi, di aver avvertito il dolore per la prima volta mentre saliva le scale, descrivendolo come un dolore costante e indicandolo con un valore di 7 in una scala da 0 a 10

1

. Si tratta di un paziente che ha diagnosi di diabete di tipo 2 da circa 15 anni, in trattamento con metformina 2 g/die e glimepiride 6 mg/die. Inoltre il paziente risulta affet- to da retinopatia diabetica laser-trattata, polineuropatia sen- sitivo-motoria, ipertensione arteriosa in trattamento farmaco- logico con ACE-inibitore e calcio-antagonista diidropiridinico, dislipidemia in trattamento con statine non ad alto dosaggio;

fumatore di 10 sigarette/die. Il paziente riferisce di avere spontaneamente sospeso la terapia antiaggregante da circa 2 anni, data in cui ha eseguito l’ultima visita specialistica dia- betologica. Ha un’anamnesi familiare positiva per diabete di tipo 2 da parte di entrambi i genitori con padre deceduto all’età di 59 anni per infarto miocardico acuto (IMA) e madre a 60 anni per ictus.

In sede di visita veniva rilevata una pressione arteriosa di 160/90 mmHg, frequenza cardiaca 87 b/min, temperatura 36,4 °C, peso 124 kg, altezza 184 cm; ROT (reperto obietti- vo toracico) e ROA (reperto obiettivo addominale) normali. Il paziente mostrava un piede sinistro normale e il piede destro gonfio, caldo e rosso, fino alla gamba, specialmente in sede pretibiale. Venivano eseguiti i seguenti esami ematochimici:

glicemia 198 mg/dl, HbA

1c

8,8%, colesterolo totale 220 mg/dl, trigliceridi 150 mg/dl, HDL 37 mg/dl, LDL 153 mg/dl, acido urico 8,2 mg/dl, creatinina 1,4 mg/dl, azotemia 28 mg/dl, microalbuminuria 32 mg/24 h, albumina/creatinina 29 µg/mg,

G. Scavone, M. Galli, D. Pitocco, S. Caputo, T. Musella, F. Zaccardi, F. Costantini, G. Ghirlanda

Istituto di Patologia Medica, Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma

Corrispondenza: dott. Giuseppe Scavone,

Patologia Medica, Policlinico Universitario A. Gemelli, largo Agostino Gemelli 8, 00168 roma

G It Diabetol Metab 2012;32:126-133 Pervenuto in Redazione il 28-05-2012 Accettato per la pubblicazione il 02-07-2012 Parole chiave: piede di Charcot, diabete mellito, neuropatia diabetica, piede diabetico

Key words: Charcot osteoarthropathy, diabetes mellitus,

diabetic neuropathy, diabetic foot

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emocromo caratterizzato da leggera leucocitosi di natura neutrofila. Il paziente veniva sottoposto all’esecuzione di un ecocolordoppler venoso per sospetto di tromboflebite che risultava negativo. Sulla base della negatività del referto si consigliava di iniziare terapia antibiotica (ciprofloxacina 500 mg × 2) per sospetta cellulite e di eseguire accertamen- ti diagnostici al fine di escludere la presenza di un processo di natura vasculitica o reumatica. Il paziente esegue i seguenti esami: anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina, tutti negativi; fattore reumatoide e complemento nella norma;

marker epatite B e C negativi. Dopo ulteriori 3 settimane il paziente giunge alla nostra osservazione per ulteriore con- trollo vista la mancata risoluzione del problema.

Diagnosi differenziale

Il paziente si presenta presso il nostro day hospital dopo 3 settimane dall’accesso in pronto soccorso. Il piede destro appare ancora gonfio, rosso, edematoso e con evidenti segni di deformità:

– crollo della volta legata probabilmente all’interessamento dell’articolazione metatarso-cuneiforme del secondo raggio, punto di sostegno dell’arco metatarsale;

– instabilità articolare del mesopiede con disarticolazione tarso-metatarsale;

– deformità del tarso con protrusione dei cuneiformi;

– piede a dondolo;

– lesione ulcerosa in corrispondenza del cuneiforme (Fig. 1).

Nonostante la diagnosi di cellulite risultasse verosimile, per un paziente con una lunga storia di diabete e scarso com- penso metabolico, affetto da neuropatia sensitivo-motoria,

che si presenta in sede di visita con un piede rosso, caldo, edematoso, con evidenti segni di deformità, senza episodi attivi o pregressi di ulcerazioni aperte, dovrebbe essere sem- pre presa in considerazione, in relazione al quadro clinico esposto, la diagnosi di osteoartropatia di Charcot.

La diagnosi differenziale deve essere posta con le seguenti patologie: gotta acuta, osteomielite, cellulite, ascessi, frattu- re in paziente con neuropatia sensitivo-motoria e con trom- bosi venosa profonda. Tuttavia, se il paziente non ha ulcera- zioni aperte o storia di pregressi episodi ulcerativi, difficilmen- te un’infezione del piede può essere la causa del quadro cli- nico descritto. La maggior parte delle infezioni del piede ini- ziano con inoculo diretto dei germi attraverso le ulcerazioni.

Inoltre, nel caso di cellulite o trombosi venosa profonda, la caratteristica predominante risulta essere l’edema asimme- trico della gamba. Diversamente, l’edema nel nostro pazien- te, legato prevalentemente al crollo dell’arcata plantare e del- l’articolazione metatarso-cuneiforme del primo e secondo raggio, fa sospettare un trauma muscoloscheletrico acuto tipico delle fratture della parte mediana del piede che si osservano nella neuroartropatia di Charcot. Diagnosi diffe- renziale va fatta anche con la gotta acuta che si manifesta, però, con un dolore grave, a rapida insorgenza, che migliora lentamente anche senza trattamento

2-4

(Fig. 2).

Il piede di Charcot

La neuroartropatia di Charcot o piede di Charcot è una delle complicanze più temibili del diabete in quanto gravata da un’alta incidenza di amputazioni

5

. Il piede di Charcot è carat- terizzato, da un punto di vista morfo-strutturale, da una com- pleta alterazione dei normali rapporti osteoarticolari con pre- senza di fratture ossee che comportano vari gradi di defor- mità del piede (uno dei quadri clinici più caratteristici è il piede rocker bottom con presenza o meno di ulcerazioni)

6,7

. La sua patogenesi, sebbene non ancora del tutto chiarita, sembra coinvolgere la neuropatia, sia nella sua componente sensitivo-motoria sia autonomica, la presenza di traumi ripe- tuti, un’alterazione del metabolismo osseo che è stata ipotiz- zata essere su base genetica e, infine, una disregolazione del processo infiammatorio. La mancata o parziale percezione degli stimoli dolorosi in pazienti affetti da neuropatia diabeti- ca sottopone le articolazioni del piede (più comunemente nel metatarso) a lesioni da stress che possono innescare il pro- cesso di Charcot

8-11

.

Clinicamente, nella sua fase acuta e precoce, il piede si pre- senta gonfio, caldo, eritematoso. Il dolore può essere da moderato a più accentuato e spesso i segni di infiammazione locale sono gli unici che sottendono un danneggiamento a livello delle ossa e delle articolazioni. Questi elementi rendono facilmente confondibile il quadro clinico iniziale con una cellu- lite o una trombosi venosa profonda o un attacco di gotta.

La maggior parte dei pazienti affetti da osteoartropatia di Charcot ha un’età compresa fra i 50 e i 60 anni, con una pre- valenza fra lo 0,08-13% delle persone con diabete, tuttavia la prevalenza reale è probabilmente molto maggiore a causa Figura 1 Immagine del piede destro del paziente all’arrivo

presso il nostro day hospital.

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di diagnosi errate o tardive

12

. Mediamente la diagnosi di que- sta complicanza del diabete viene fatta con ben 29 settima- ne di ritardo. L’alta frequenza di diagnosi sbagliate è in gran parte causata da una mancanza di consapevolezza, piutto- sto che da una reale difficoltà diagnostica che può essere facilmente superata esaminando il profilo di rischio del paziente, eseguendo un’attenta valutazione clinica e ricor- rendo a esami di imaging. Frequentemente un ritardo nella diagnosi può portare a gravi e debilitanti deformità struttura- le del piede che, associate alla neuropatia sensitivo-motoria tipica di questa complicanza, aumenta notevolmente il rischio di ulcerazione e di amputazione degli arti inferiori

13-15

. Di fatto, l’osteoartropatia di Charcot va considerata come un’emergenza medica il cui potere distruttivo può essere arginato soltanto attraverso una diagnosi precoce seguita da un appropriato e immediato trattamento

16

.

Questa condizione è stata riscontrata anche in associazione con altre patologie quali lebbra, siringomielia, osteomielite, sinovite, poliomielite, artrite reumatoide, sclerosi multipla, neuropatie congenite e sifilide terziaria. Altre condizioni inclu- dono le lesioni traumatiche, esposizione a sostanze tossi- che, interventi chirurgici del piede e di trapianto renale

5-17

. È possibile inquadrare l’osteoartropatia di Charcot utilizzan- do una classificazione anatomica (classificazione di Sanders e Frykberg, Tab. 1), che tiene conto delle aree anatomiche del piede interessate dai processi degenerativi ossei e artico- lari, e una clinica (classificazione di Eichenholz) che descrive l’evoluzione della patologia nel corso del tempo.

Classificazione di Eichenholz: clinicamente vengono distinti quattro stadi di neuroartropatia di Charcot:

stadio 0 (infiammazione), detta anche Charcot in situ o pre-

fase 1. Si tratta di una fase caratterizzata da eritema, edema e calore, senza anomalie strutturali. Una radiografia eseguita in questo momento della patologia non evidenzie- rebbe alcuna anomalia ossea. Tuttavia, se l’instabilità, lo stress meccanico e l’infiammazione persistono, questa fase può passare improvvisamente a quella successiva;

– fase 1, detta di sviluppo, è caratterizzata da riassorbi- mento osseo, frammentazione delle ossa e lussazione dei rapporti articolari. Gonfiore, calore e rossore persisto- no, ma in questo momento compaiono alterazioni radio- grafiche più o meno evidenti;

– fase 2, detta di coalescenza, è caratterizzata da fenome- ni di consolidamento osseo, osteosclerosi e di fusione che seguono i precedenti fenomeni di distruzione ossea;

Figura 2 Algoritmo diagnostico per la neuroartropatia di Charcot.

RMI e scintigrafia ossea trifase con tecnezio-99m sono esami diagnostici utili per distingeure l’osteoartropatia di Charcot da un processo osteomielitico.

Diagnosi clinica di osteartropatia di Charcot

Raggi X

Positiva Negativa

Management chirurgico

Trattamento osteomielite

Positiva per osteomielite Scarico

oppure RMI Scintigrafia

consolidamento Dopo scarico e follow-up

Positiva

Negativa Inefficace

Efficace

consolidamento Dopo prescrizione di calzature e follow-up

Diagnosi di osteoartropatia

di Charcot non verosimile

Tabella 1 Classificazione di Sanders e Frykberg, 1991

– I modello: interessamento dell’avampiede, 10-30%

dei casi

– II modello: interessamento dell’articolazione di Lisfranc, condizione più comune

– III modello: interessamento dell’articolazione mediotarsica, caratterizzata dal frequente coin- volgimento dell’articolazione navicolo-cuneiforme – IV modello: interessamento dell’articolazione sot-

toastragalica e della caviglia, 8-10% dei casi – V modello: (“pilastro posteriore”) le fratture del cal-

cagno, 2% dei casi

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– fase 3, detta di ricostruzione, è caratterizzata da osteo- genesi, diminuzione dei fenomeni di osteosclerosi e di incremento progressivo di quelli di fusione. Con il verifi- carsi dei fenomeni di guarigione, rimodellamento e for- mazione di nuovo osso le deformità del piede diventano permanenti

18-19

.

Test di laboratorio e diagnosi differenziale

Non abbiamo a disposizione criteri di laboratorio per la dia- gnosi di neuroartropatia di Charcot, né marcatori ematologi- ci, anche se alcuni possono aiutare a restringere il campo delle diagnosi differenziali. Leucocitosi, un elevato valore di proteina C-reattiva e di velocità di sedimentazione degli eri- trociti, iperglicemia recente e inspiegabile suggeriscono un quadro clinico con un’eziologia di natura infettiva. Utile l’esecuzione di test quali anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crioglobulina, fattore reumatoide, complemento marker epatite B e C per escludere fenomeni di natura vasculitica o reumatica

20

.

Gli studi di imaging

Gli studi di imaging sono fondamentali per formulare una dia- gnosi di osteoartropatia di Charcot nella fase iniziale (fasi 0 e 1) o per confermare la diagnosi fatta su base clinica formu- lata nei casi in fase successiva (fasi 2 e 3).

Radiografia

Il reperto radiografico rappresenta il primo esame strumenta- le da eseguire in caso di sospetto di osteoartropatia di Charcot. Tuttavia, esso risulta di scarsa utilità nei pazienti con malattia allo stadio 0, data l’assenza di fratture o lussa- zioni articolari apprezzabili. In ogni caso la radiografia del piede va eseguita in triplice proiezione sotto carico per apprezzare anche piccole variazioni morfologiche nei rappor- ti articolari. Nel caso del nostro paziente, l’indagine radiogra- fica ha evidenziato i seguenti aspetti:

– frattura della falange prossimale della prima testa meta- tarsale e del collo del secondo e terzo raggio alla proie- zione antero-posteriore;

– disarticolazione della Lisfranc con frattura dei cuneiformi (cuboide scheggiato ma non fratturato con disarticolazio- ne del quarto e quinto metatarso) alla proiezione obliqua;

– si apprezza la calcificazione vascolare della tibiale poste- riore alla proiezione laterale che conferma la diagnosi di neuropatia sensitivo-motoria alla elettromiografia prece- dentemente eseguita.

Tali informazioni permettono di inquadrare l’osteoartropatia di Charcot del nostro paziente come appartenente al I e al II modello della classificazione anatomica di Sanders e Frykberg (Figg. 3 e 4).

Figura 3 Proiezione obliqua: disarti colazione della Lisfranc con frattura dei cuneiformi (cuboide scheggiato ma non frattu- rato con disarticolazione del quarto e quinto metatarso).

Figura 4 Proiezione antero-posteriore: frattura della falange

prossimale della prima testa metatarsale e del collo del

secondo e terzo raggio.

(5)

Risonanza magnetica

Lo studio radiografico eseguito al momento dell’insorgenza dei segni clinici può risultare negativo, per questo è giustifica- ta l’esecuzione di una risonanza magnetica, in quanto capa- ce di svelare l’iniziale quadro infiammatorio permettendo una diagnosi e un trattamento precoce. La risonanza magnetica può mostrare cambiamenti già a partire dalla fase 0; eviden- ziando l’eventuale presenza di edema della componente midollare dell’osso, interruzione dei legamenti, associati a deformità dei rapporti articolari. Nel caso del nostro paziente la RM ha documentato i seguenti aspetti: marcato e diffuso edema spongioso di tutti i segmenti scheletrici del meso- piede senza evidenza di lesioni ossee focali in atto. Non evi- denza nei tessuti molli di ascessi o fistole. “Crollo” della volta plantare. Esiti della frattura della falange prossimale del primo raggio in assenza di edema spongioso osseo (Fig. 5).

La RM può anche differenziare la neuroartropatia di Charcot dall’osteoporosi regionale transitoria. Quest’ultima ha una diversa collocazione anatomica e non provoca fratture e lus- sazioni, e i pazienti non hanno una storia clinica caratterizza- ta da sintomatologia dolorosa.

Un’altra condizione identificabile attraverso la RM è la sindro- me dolorosa regionale complessa. In questa condizione, i pazienti non hanno anomalie radiografiche, a eccezione di osteopenia periarticolare, e possono sviluppare una forte sintomatologia dolorosa che non trova riscontro con il qua- dro clinico. In alcuni casi è possibile osservare la presenza di deformità a carico dei tessuti molli, che non si riscontrano nella neuroartropatia di Charcot

21-23

.

Trattamento: immobilizzazione, bifosfonati, chirurgia

Gli obiettivi del trattamento dell’osteoartropatia di Charcot in fase acuta o quiescente dovrebbero garantire il raggiungi-

mento e il mantenimento della stabilità strutturale del piede e della caviglia, per prevenire l’ulcerazione della pelle e conser- vare la forma del piede plantigrado in modo che le calzature ortopediche prescritte possano essere utilizzate dal paziente senza problemi per assicurare una deambulazione sicura ed efficace.

Nelle fasi 0 e 1, il trattamento iniziale è l’immediata immobi- lizzazione dell’arto evitando qualsiasi stress da carico. Tem - peratura cutanea elevata ed edema persistente suggerisco- no che la condizione non è ancora progredita alla fase 2. Se il problema viene diagnosticato precocemente e il trattamen- to è iniziato tempestivamente, la probabilità di preservare l’architettura ossea del piede è abbastanza elevata. Se la diagnosi è ritardata o se il trattamento non è rispettato, pos- sono svilupparsi gravi deformità. L’educazione terapeutica del paziente e dei familiari è fondamentale soprattutto perché i pazienti con neuropatia diabetica non hanno la risposta protettiva fornita dal dolore.

Immobilizzazione

È indispensabile indossare un gambaletto gessato fino a quando il rossore, il gonfiore e il calore del piede non dimi- nuiscano, in genere ciò avviene in un periodo di 8-12 setti- mane al termine delle quali il paziente può iniziare a indossa- re delle ortesi che consentono una limitata mobilità. Esse dovranno essere indossate per un periodo variabile di tempo che va da 4 a 6 mesi. Solitamente il gambaletto gessato va cambiato ogni 1 o 2 settimane con la diminuzione del gon- fiore; utile in questa fase indossare calze elastiche o bendag- gi elastici in grado di ridurre il rischio di irritazione da contat- to con il gambaletto e agevolare la riduzione del gonfiore.

Indispensabile, prima di ricorrere all’applicazione del gamba- letto gessato, escludere un’arteriopatia obliterante cronica degli arti inferiori (arteriopatia obliterante cronica periferica, AOCP) attraverso esame obiettivo, indice di Winsor, ecoco- lordoppler arti inferiori. L’immobilizzazione del paziente può

Figura 5 La RM è utile sia per svelare l’iniziale quadro infiammatorio a carico della componente midollare del- l’osso, sia per fare diagnosi differenziale con un quadro di osteomielite o di osteomie - lite sovrapposta a una pre - cedente osteoartropatia di Charcot.

A B

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essere raggiunta anche utilizzando un gambaletto rimovibile (stivale pneumatico Aircast FP Walker) o tutore ortopedico Optima, da preferire questi ultimi in caso di AOCP

24

.

Bifosfonati

Recentemente sono stati introdotti i bifosfonati nelle fasi iniziali del trattamento, poiché il piede di Charcot è un piede caratte- rizzato da una densità minerale ossea molto bassa. Purtroppo, anche se questi farmaci sono in grado di ridurre significativa- mente i livelli dei marker del turnover osseo, prove a favore di un reale beneficio clinico, come un più rapido ritorno alla deambulazione o miglioramento radiografico, sono deboli

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.

Chirurgia

La chirurgia è riservata ai piedi e/o caviglie affette da gravi deformità, suscettibili, pertanto, di ulcerazioni della pelle costringendo il paziente all’utilizzo di ortesi difficilmente com- patibili con le esigenze di vita del quotidiano.

Schema terapeutico del nostro paziente

L’esame obiettivo evidenzia assenza del polso tibiale poste- riore e iposfigmico del pedidio. A causa degli evidenti segni di calcificazione vascolare emersi all’indagine radiografica, che rendono inattendibile l’indice di Winsor, il paziente è stato sottoposto a ecocolordoppler arterioso arti inferiori per confermare l’obiettività clinica. L’esame ha documentato pervietà dell’asse femoro-popliteo, flusso demodulato a livel- lo dell’arteria tibiale anteriore, arteria tibiale posteriore atero- masica e occlusa nel tratto medio distale, riabilitata ma cal- cifica l’arteria plantare. Tali informazioni fanno propendere la scelta tra gambaletto gessato e Aircast su quest’ultima. Il paziente ha indossato lo stivale pneumatico Aircast per 60 giorni prima di osservare una completa remissione dei

segni clinici di infiammazione locale. Contemporaneamente viene prescritto al paziente di iniziare terapia con alendrona- to 70 mg una compressa a settimana per 6 mesi. La grave deformità del piede, mettendo a rischio la funzionalità dell’ar- to, facendo aumentare notevolmente il rischio di ulcerazione, infezione e amputazione, pone indicazione di intervento chi- rurgico ortopedico di artrodesi per piede di Charcot al rag- giungimento della remissione dei segni clinici di infiammazio- ne locale. Dopo 8 settimane il paziente è stato sottoposto a intervento chirurgico con incisione longitudinale in corrispon- denza del I raggio del piede destro. In sede di intervento si repertava diffusa alterazione morfo-strutturale delle ossa delle articolazioni della Lisfranc e dell’innominata, con sosti- tuzione fibrosa delle ossa cuneiformi. Si eseguiva debrid- ment del tessuto fibroso, cruentazione dei capi articolari del mesopiede e artrodesi in buona posizione, stabilizzata con vite cannulata 7,3 in titanio (Fig. 6). A seguito dell’intervento il paziente ha indossato per i successivi 2 mesi una doccia gessata che veniva rimossa con cadenza settimanale e per i successivi 3 mesi stivale pneumatico Aircast prima di passa- re a una calzatura ortopedica a suola rigida, previo controllo radiografico. Attualmente il paziente ha ripreso una vita nor- male, continua a indossare calzature ortopediche a suola rigida e ripete il controllo radiografico con cadenza seme- strale.

Discussione

Il caso in esame dimostra, in modo eclatante, come una dia- gnosi tardiva di osteoartropatia di Charcot possa determina- re l’insorgenza di gravi deformità strutturali a carico del piede interessato. Nel nostro caso la diagnosi è stata ritardata di circa 3 settimane. In questo frangente il paziente ha conti- nuato a svolgere normalmente la sua attività lavorativa e le sue abitudini di vita continuando a sottoporre il piede destro a una condizione di stress da carico (nel caso specifico di

Figura 6 Una grave deformi- tà diventa la più importante indicazione a un intervento di artrodesi per un piede di Charcot quando mette a rischio la funzionalità dell’arto, esponendolo continuamente al pericolo di ulcerazione,

infezione e amputazione. A B

(7)

Flow-chart diagnostico-terapeutica

Uomo di 65 anni giunge al pronto soccorso lamen- tando un senso di fastidio, con accenno di lieve dolenzia, da circa un mese, del piede destro e, da qualche giorno, dolore, gonfiore e arrossamento tanto del piede destro quanto della zona pretibiale

Esame obiettivo

Il paziente mostrava un piede sinistro nor- male; il piede destro appariva gonfio, caldo con evidenti segni di deformità, senza epi- sodi attivi o pregressi di ulcerazioni aperte Anamnesi

Paziente affetto da diabete di tipo 2 da circa 15 anni, complicato da retinopatia laser- trattata, polineuropatia sensitivo-motoria, ipertensione arteriosa in trattamento farma- cologico con ACE-inibitore e calcio-antago- nista diidropiridinico, dislipidemia in tratta- mento con statine non ad alto dosaggio;

fumatore di 10 sigarette/die

Esami di laboratorio e

strumentali

Esami di laboratorio

Anticorpi anti-nucleo, anti-nucleo estraibile (ENA), anti-citrullina, c-anca, p-anca, crio- globulina negativi; fattore reumatoide e complemento nella norma; marker epatite B e C negativi (per escludere un processo di natura vasculitica o reumatica)

Esami strumentali

– Ecocolordoppler venoso per sospetto di tromboflebite che risultava negativo – Radiografia piede destro (il reperto radio-

grafico rappresenta il primo esame stru- mentale da eseguire in caso di sospetto di osteoartropatia di Charcot)

– RMN (lo studio radiografico eseguito al momento dell’insorgenza dei segni clinici può risultare negativo, per questo è giu- stificata l’esecuzione di una risonanza magnetica in quanto capace di svelare l’iniziale quadro infiammatorio permet- tendo una diagnosi e un trattamento pre- coce)

Diagnosi eziologica

Osteoartropatia di Charcot appartenente al I e al II modello della classificazione anato- mica di Sanders e Frykberg

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale deve essere posta con le seguenti patologie: gotta acuta, osteomielite, cellulite, ascessi, fratture in paziente con neuropatia sensitivo-motoria, trombosi venosa profonda

Trattamento

– Immobilizzazione (immobilizzazione con gambaletto gessato fino a quando il ros- sore, il gonfiore e il calore del piede non regrediscono, in genere 8-12 settimane;

successivamente il paziente può iniziare a indossare delle ortesi che consentono una limitata mobilità come lo stivale pneumatico Aircast o il tutore ortopedico Optima)

– Bifosfonati

– Chirurgia (riservata ai piedi e/o caviglie affette da gravi deformità)

notevole rilevanza considerando che il nostro paziente sof - friva al momento della diagnosi di una obesità severa di III grado).

Le gravi deformità mostrate dal piede quando il paziente è giunto presso la nostra struttura hanno imposto un periodo di assoluto riposo di circa 8 settimane attraverso l’ausilio dello stivale pneumatico Aircast, in vista di un successivo intervento ortopedico di consolidamento e rimodellamento della morfologia del piede. Obiettivo dell’intervento ortopedi- co: ridare una forma al piede che riduca il rischio di ulcera- zioni nel momento in cui il paziente sarà pronto a indossare delle calzature ortopediche a suola rigida e di consolidare il piede in modo da evitare altre variazioni strutturali nel momento in cui il paziente sottoporrà il piede nuovamente a una condizione di stress da carico.

Questo caso dimostra la necessità che tutti gli operatori sanitari abbiano piena conoscenza di questa patologia e un alto indice di sospetto ogni volta che un paziente affetto da diabete si presenti in sede di visita con un piede caldo, gon- fio ed edematoso. Una diagnosi accurata può portare a un trattamento adeguato e conseguente riduzione del rischio di ulcerazione cutanea, infezioni osteomielitiche e di amputa- zioni degli arti inferiori in una popolazione già ad alto rischio.

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