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I rapporti giuridico – patrimoniali tra conviventi more uxorio e la difesa delle parti cc.dd. deboli della relazione: i contratti di convivenza ed il trust come possibili ed auspicabili modelli di tutela - Judicium

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(1)

F ABRIZIO M IGLIACCIO

I rapporti giuridico – patrimoniali tra conviventi more uxorio e la difesa delle parti cc.dd. deboli della relazione: i contratti di convivenza ed il trust come possibili ed auspicabili modelli di tutela

S

OMMARIO

: 1. La vexata quaestio dei rapporti giuridico – patrimoniali tra conviventi more uxorio e l’imprescindibile necessità di tutela delle parti, cc.dd. “parti deboli”. – 2. L’approccio europeo in tema di unioni di fatto e gli orientamenti giurisprudenziali e delle istituzioni internazionali. – 3. I contratti di convivenza ed il trust per la famiglia di fatto: una proposta de iure condendo ed una realtà de iure condito per il superamento della “anomalia italiana”.

1. Il mutato contesto socio-culturale della società italiana negli ultimi quarant’anni

1

, in particolare dopo l’approvazione della legge sul divorzio

2

e di quella di riforma del diritto di famiglia

3

, ha prodotto notevoli conseguenze, tanto sul piano dei costumi, quanto su quello giuridico, occasionando, in particolare, la formazione di unioni stabili tra uomo e donna che, pur se non uniti dal vincolo del matrimonio, di quest’ultimo ricalcano sostalzialmente il modello

4

.

Si fa riferimento alla c.d. «famiglia di fatto», o more uxorio, che da autorevole dottrina è stata definita come

«una convivenza tra due soggetti, caratterizzata dall’affectio coniugalis dell’uno verso l’altro, tesa a dar vita ad una stabile comunione di vita e di interessi, la quale travalica l’esistenza di una mera relazione affettiva, sí da configurare una unione, in cui i conviventi si assistono reciprocamente, similmente a quanto accade in costanza di matrimonio»

5

.

Valicato il concetto di concubinato – che segna un (parziale) superamento del giudizio di contrarietà al buon costume presente nel tessuto sociale del nostro Paese

6

– infatti, la rilevanza giuridica del fenomeno della

1 Cfr., S.ROSSI,La famiglia di fatto nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in http://www.forumcostituzionale.it.

2 Ex multis, P.PERLINGIERI, Aspetti civilistici della separazione e del divorzio, in ID. (a cura di), Rapporti personali nella famiglia, pag.

207; L.ROSSI CARLEO, La separazione e il divorzio, in M.BESSONE, Il diritto di famiglia, I, pag. 161 e ss.; G.GIUSTI, Legge 1 dicembre 1970, n. 898, in Commentario al codice civile, a cura di P. Cendon, Milano, 2009, pag. 765 e ss.; A.ANCESCHI, Separazione personale dei coniugi, in Dig. Civ. Aggiorn., Torino, 2012, pag. 916 e ss..

3 Cfr., sulla legge 19 maggio 1975, n. 151, tra gli altri, G.CIAN, Sui presupposti storici e sui caratteri generali del diritto di famiglia riformato, in Comm. Rif. Dir. Fam., CARRARO,OPPO,TRABUCCHI, I, Padova, 1977, pag. 24 e ssM.BESSONE e V.ROPPO, Il diritto di famiglia. Prospettiva storica, disciplina costituzionale, lineamenti della riforma, Torino, 1979; V.SCALISI, La “famiglia” e le

“famiglie”, in La riforma del diritto di famiglia dieci anni dopo. Bilanci e prospettive, Padova, 1986, pag. 273 e ss..

4 P.PERLINGIERI e F.PROSPERI, Famiglia e rapporti parentali, in P.PERLINGIERI e AA.VV., Manuale di diritto civile, Napoli, 2013, p. 1136 e ss.

5 Così, T. BONAMINI, Sull’arricchimento senza causa tra conviventi more uxorio, in Fam. pers. succ., 2011, 5, p. 361. La bibliografia sulla c.d. famiglia di fatto, inoltre, è davvero monumentale. Tra i contributi piú significativi: A.TRABUCCHI,Natura, legge, famiglia, in Riv. dir. civ., 1977, I, p. 1 ss.; F. PROSPERI, La famiglia non “fondata sul matrimonio”, Napoli-Roma, 1980; F.

GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia di fatto, cit.; P. PERLINGIERI,La famiglia senza matrimonio tra l’irrilevanza giuridica e l’equiparazione alla famiglia legittima, in Rass. dir. civ., 1988, p. 601 ss.;F.D’ANGELI, La famiglia di fatto, Milano 1989; ID., La tutela delle convivenze senza matrimonio, Torino 1995; G. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, Milano 1991; V.

POCAR e P.RONFANI, Coniugi senza matrimonio. La convivenza nella società contemporanea, Milano 1992, spec. p. 18 ss.; F.D.

BUSNELLI e M.SANTILLI, La famiglia di fatto, in Comm. CIAN,OPPO E TRABUCCHI, Padova, 1993, VI, 1, p. 757 ss.;G.DE

LUCA, La famiglia non coniugale. Gli orientamenti della giurisprudenza, Padova, 1996. Tra le opere piú recenti, A.SPADAFORA, Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata, Milano, 2001; E.MOSCATI e A.ZOPPINI (a cura di), I contratti di convivenza, Torino, 2002; L.BALESTRA, La famiglia di fatto tra autonomia ed eteroregolametazione, in T.AULETTA (a cura di), Bilanci e prospettive del diritto di famiglia a trent’anni dalla riforma, Milano, 2007, p. 65 ss.; V.ZAMBRANO, La famiglia di fatto. Epifanie giuridiche di un fenomeno sociale, Milano, 2005; C.S.PASTORE, La famiglia di fatto, Torino, 2007; D.RICCIO, La famiglia di fatto, Padova, 2007; S.ASPREA, La famiglia di fatto, 2, Milano, 2009; E.FALLETTI, Famiglia di fatto e convivenze, Padova, 2009; R.

TOMMASINI, La famiglia di fatto, in Tratt. dir. priv. Bessone, IV, Torino, 1999, p. 499 ss.; nonché, in prospettiva anche europea, E.CALÒ, Le convivenze registrate in Europa. Verso un secondo regime patrimoniale della famiglia, Milano, 2000; F.BRUNETTA

D’USSEAUX e A.D’ANGELO (a cura di), Matrimonio, matrimonii, Milano, 2000; G.OBERTO, I diritti dei conviventi. Realtà e prospettive tra Italia ed Europa, Padova, 2012.

6 P.PERLINGIERI e F.PROSPERI, Famiglia e rapporti parentali, in P.PERLINGIERI e AA.VV., ult. op. cit..

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convivenza more uxorio appare, oggi, a giudizio di chi scrive, del tutto induscutibile. La decisione di non formalizzare il vincolo nell’orbita matrimoniale rientra pacificamente nell’ambito dell’autonomia privata, nonché, ritengo, in quello più ampio dei diritti fondamentali della persona

7

. Il mutamento di orientamento risulta, a nostro avviso, coerente con le scelte di fondo ispiratrici del nuovo assetto costituzionale che pone la persona al centro dell’ordinamento. Del resto, anche la giurisprudenza costituzionale

8

ha offerto un notevole contributo a sostegno di questa interpretazione, in quanto, da un lato, ha riconosciuto, nel tempo, la meritevolezza

9

della convivenza more uxorio – dato che le unioni di fatto vengono ricondotte tra le formazioni sociali tutelate dall’art. 2 cost., all’interno delle quali l’individuo svolge la propria personalità

10

–; dall’altro, perché, per espressa previsione costituzionale, di cui all’art. 30, «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio»

11

.

V’è da dire con estrema chiarezza, quindi, che siamo in presenza di tematiche che, nonostante, ormai, siano sempre piú comuni nel vissuto quotidiano, stanno solo lentamente (anche se progressivamente) avendo un riconoscimento giuridico sempre più intenso, nella auspicabile direzione, se non di equiparare totalmente la famiglia di fatto a quella legittima, di offrirle, quantomeno, adeguata tutela giuridica

12

.

Pertanto, se da un lato i rapporti more uxorio sono diventati, ad oggi, un fenomeno sociale in costante aumento

13

, situazioni giuridiche di fatto

14

certamente non più trascurabili, dall’altro, viceversa, ad un aumento

7 Tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrate tra i diritti inviolabili, la Corte ha incluso, senza dubbio, anche la libertà di contrarre matrimonio. Cfr., Sent. Corte Costituzionale n. 27 del 1969, ove vengano a giustificarsi quelle misure legislative che «perseguono lo scopo di sollevare la donna dal dilemma di dover sacrificare il posto di lavoro per salvaguardare la propria libertà di dar vita a una nuova famiglia o, viceversa, di dover rinunziare a questo suo fondamentale diritto per evitare la disoccupazione». Così, proprio in forza di tale riconoscimento, il giudice costituzionale ha ritenuto che «l’assenza di vincolo coniugale non possa essere legittimo requisito attitudinale per l‟accesso agli impieghi pubblici, poiché tale imposizione si tradurrebbe indirettamente in una limitazione all’esercizio di diritti fondamentali quali, nella specie, oltre al diritto a contrarre matrimonio, quello a non essere sottoposti ad interferenze arbitrarie nella vita privata». Cfr., sent. Cort. cost. n. 445 del 2002, in Consulta on line, http://www.giurcost.org/decisioni/2002/0445s-02.html.

8 In sintesi si può sostenere che la giurisprudenza della Corte, pur riaffermando la posizione costituzionale di privilegio della famiglia legittima, per effetto dell’enunciazione del favor matrimonii del primo comma dell’art. 29 Cost., confermato dal terzo comma dell’art. 30 Cost., riconosce tuttavia che la lettura dell’art. 29 non permette di escludere «il valore di forme naturali del rapporto di coppia diverse dalla struttura giuridica del matrimonio» quali la famiglia di fatto. Cfr., S.ROSSI,ult. op. cit.

9 Per quanto concerne la famiglia nella Costituzione, si veda C.GRASSETTI, I princípi costituzionali relativi al diritto familiare, in Comm. sist. cost. it. Calamandrei e Levi, I, Firenze, 1950, p. 285 ss.; P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, 3ª ed., Napoli, 2006, p. 919 ss.; G.CATTANEO, La famiglia nella Costituzione, in Il diritto di famiglia, I, p. 16 ss.; G.GIACOBBE, Il modello costituzionale della famiglia nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 2006, I, p.

481 ss..

10 V’è subito da dire che in diverse occasioni i giudici costituzionali hanno affrontato sia il problema del riconoscimento giuridico delle convivenze moro uxorio, sia il profilo della possibile estensione a tali rapporti di talune norme dettate per la famiglia legittima. In particolare, un mutamento radicale nei confronti della rilevanza giuridica di tali rapporti si è avuto con la sentenza della Corte cost., 13 novembre 1986, n. 237 (in Foro it., 1987, I, c. 2353 ss.), nella quale la Consulta ha chiarito la rilevanza giuridica della famiglia di fatto se posta in relazione all’art. 2 cost., quale formazione sociale nella quale si realizza e si sviluppa la personalità dell’individuo. Il mutamento di indirizzo ha quasi dell’«epocale», se solo si considera che, precedentemente a tale pronuncia, la convivenza more uxorio costituiva soltanto un mero rapporto di fatto, privo del carattere della stabilità, suscettibile, quindi, di venir meno in qualsiasi momento e, dunque, improduttivo di quei diritti e doveri reciproci nascenti dal matrimonio e propri della famiglia legittima. Sull’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in merito, si vedano anche le sentenze Corte cost., 7 aprile 1988, n. 404; Corte cost., 26 maggio 1989, n. 310; e Corte cost., 6 luglio 1994, n. 281, tutte in www. corte costituzionale.it. Piú di recente, cfr. al riguardo, A.G.ANNUNZIATA e R.F.IANNONE, Dal concubinato alla famiglia di fatto: evoluzione del fenomeno, in Fam. pers. succ., 2010, 2, p. 131.

11 In realtà, a mio avviso, non può essere taciuto che per molti anni – soprattutto nel periodo precedente alla riforma del diritto di famiglia – era diffuso un atteggiamento di totale «ostilità culturale» e chiusura verso il riconoscimento di una pur minima tutela della famiglia di fatto. Per un excursus storico-sociale, P.UNGARI,Storia del diritto di famiglia in Italia (1749-1942), Bologna, 2002.

12 P.PERLINGIERI, Sulla famiglia come formazione sociale, in P.PERLINGIERI (a cura di), Rapporti personali nella famiglia, Napoli, 1982, p. 39; F.GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia di fatto, Milano, 1983, p. 116 ss.

13 Sono ormai 500.000 le unioni libere. E l’incidenza delle nascite all'interno di queste famiglie è del 15%, il doppio rispetto a 10 anni fa. Cfr., www.istat.it.

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esponenziale del loro numero, non è seguita – vuoi per ragioni di scelta politica, vuoi per una generale

“pigrizia” del Legislatore nel leggere i fermenti ed i cambiamenti della società contemporanea – un’adeguata, corrispettiva (ed auspicabile) “offerta di tutela”, lasciando cristallizzate (ed insolute) nel tempo alcune perniciose problematiche.

È innegabile, infatti, ed stato correttamente osservato

15

, che nella c.d. famiglia di fatto, non diversamente da quanto accade in quella fondata sul matrimonio

16

, la sussistenza di una relazione sentimentale stabile e il trascorrere della vita in comune hanno necessariamente conseguenze giuridiche, tra le altre, anche di tipo patrimoniale

17

.

L’argomento in questione, inutile sottolinearlo, si presta alle più svariate interpretazioni circa la miriade di problematiche ivi sottese e, tutt’oggi, pressoché irrisolte.

Ritengo, in questo contesto, imprescindibile l’analisi, almeno, delle principali e più spinose questioni, ovvero, la qualificazione giuridica delle elargizioni tra le parti e la determinazione del regime patrimoniale applicabile ai beni acquistati durante la convivenza, nonché la tutela delle parti cc.dd. deboli del rapporto (partner economicamente debole e relativa discendenza).

Per quanto concerne le attribuzioni patrimoniali a titolo gratuito effettuate dal convivente economicamente

«forte» a favore dell’altro, c.d. «debole» ed eventuale prole, bisogna osservare che v’è stata, a riguardo, una lunga evoluzione che, nel tempo, ha qualificato e giustificato in vario modo tali operazioni. In particolare, esse sono state considerate a lungo donazioni remuneratorie

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; successivamente, a riguardo, s’è parlato di obbligo morale-sociale, il cui adempimento determinava la rilevanza giuridica, permettendo di utilizzare lo schema dell’obbligazione naturale

19

. Ancor più di recente, si è sollevata l’ipotesi secondo cui le elargizioni, effettuate ai fini della vita comune, sarebbero elementi costitutivo-caratterizzanti della famiglia di fatto e non adempimento di un dovere preesistente

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.

Tuttavia, è solo a partire dal secondo dopoguerra che la giurisprudenza italiana ha incominciato, seppur lentamente, a cambiare orientamento ed a configurare un vero e proprio dovere morale di assistenza tra i conviventi, tale da giustificare le elargizioni fatte da un soggetto all’altro o le spese affrontate per la vita comune, secondo lo schema tipico dell’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.

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.

Più di recente, viceversa, si è affermato un ulteriore, nuovo indirizzo, secondo cui, benché nella convivenza more uxorio non si dovrebbe parlare di doverosità – non sussistendo una fattispecie generatrice di doveri come nel matrimonio civile – la reciproca assistenza e contribuzione alla vita comune sarebbero elementi costitutivo- caratterizzanti della fattispecie famiglia di fatto

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. Secondo tale teoria, quindi, la mancanza di un vincolo legale

14 Da non confondersi, quindi, con i cc.dd. rapporti contrattuali di fatto. Cfr., sullo specifico argomento, F.GAZZONI, Manuale di diritto civile, XVI ed., p. 865 e ss..

15 L.BALESTRA, La famiglia di fatto, in G. FERRANDO (a cura di), Il nuovo diritto di famiglia, II, Bologna, 2008, p. 1047.

16 Tuttavia, è innegabile il principio di favor cui è ispirato il nostro ordinamento nei confronti della famiglia fondata sul matrimonio, improntato, dopo la riforma del diritto di famiglia, all’uguaglianza formale e sostanziale dei coniugi. A proposito, si veda, tra gli altri, L.V. MOSCARINI, Parità coniugale e governo della famiglia, Milano, 1975; P. PERLINGIERI, Sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, in ID. (a cura di), Rapporti personali nella famiglia, cit., p. 13 ss.; F.RUSCELLO,

«Appartenenza» e «amore». La fedeltà coniugale tra sacre scritture e codice civile, in Dir. fam., 2011, p. 286 ss.; M.PARADISO,I rapporti personali tra coniugi, 2ª ed., Milano, 2012.

17 Tra gli altri, M.BIN,Rapporti patrimoniali tra coniugi e principio di uguaglianza, Torino, 1971; R.PERCHINUNNO,Le obbligazioni nell’«interesse familiare», Napoli, 1982; E.QUADRI,Profili attuali del dovere di contribuzione, in Familia, 2004, p. 475 ss.; A.TESTA, Rapporti patrimoniali tra coniugi e famiglia nell’evoluzioneinterpretativa della riforma del diritto di famiglia, Milano, 2010; G.A.PARINI, Violazione dei doveri coniugali e responsabilità da break down coniugale, in Rass. dir. civ., 2011, p. 487 ss..

18 Ex multis, A. MAZZOCCA, Rapporti patrimoniali tra coniugi e tra conviventi, Milano, 1994.

19 Tra gli altri, L.BALESTRA, La famiglia di fatto , in G.FERRANDO, op. cit..

20 Cosí, A.G.ANNUNZIATA eR.F.IANNONE, Dal concubinato alla famiglia di fatto: evoluzione del fenomeno, in Fam. pers. succ., 2010, p. 131 ss..

21 In dottrina, in questi termini, F.GAZZONI, Manuale cit., p. 129; P.PERLINGIERI, Le vicende dell’obbligazione naturale, in Riv.

dir. civ., I, 1969, p. 357; Sull’obbligazione naturale in particolare, si veda, M.A.CIOCIA,L’obbligazione naturale. Evoluzione normativa e prassi giurisprudenziale, Milano, 2000, spec. p. 23 ss..

22 Cfr., L. BALESTRA, La famiglia di fatto, in I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, 2004, pag. 66 e ss..

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tra la coppia impedirebbe la nascita di veri e propri obblighi giuridici, in quanto per poter parlare di famiglia in senso stretto, sarebbe necessario che i doveri contenuti nel codice civile si concretizzino costantemente in comportamenti conformi

23

.

Circa, invece, la determinazione del regime patrimoniale applicabile ai beni acquistati durante la convivenza, occorre evidenziare quanto segue. L’esigenza di tutelare il convivente debole – nonché la relativa ed eventuale discendenza –, la circostanza, affatto trascurabile, che la convivenza more uxorio abbia gli stessi contenuti del matrimonio (nonché, aggiungerei, il probabile apporto di entrambi i conviventi ai fini degli acquisti effettuati nel corso della vita in comune), ha indotto, sin dagli anni ottanta del secolo scorso, una certa dottrina e giurisprudenza

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, a ritenere che tra i medesimi potesse applicarsi il regime la comunione legale dei beni, in maniera non dissimile da quanto avviene nel matrimonio civile.

Secondo il citato indirizzo, dunque, si riteneva dovessero applicarsi, in via analogica, gli artt. 177 e ss. c.c., onde evitare il vizio di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost.

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.

Tale orientamento può ritenersi, tuttavia, ormai ampiamente superato ed il problema principale su cui ci pare opportuno soffermare maggiormente la nostra attenzione appare quello relativo alla (presunta) efficacia esterna della (ipotetica) comunione dei beni tra conviventi

26

.

In questa circostanza, la giurisprudenza

27

ha concorso a fugare ogni dubbio, affermando che, per quanto la convivenza more uxorio sia un fenomeno giuridicamente rilevante, non è assimilabile alla famiglia legittima e che il regime di comunione legale può riferirsi soltanto a un nucleo familiare organizzato, stabile e non suscettibile di scioglimento meramente consensuale, mediante recesso ad nutum, e, per l’effetto, non è possibile l’applicazione analogica degli artt. 177 ss. c.c.

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.

Successivamente, viceversa, a seguito di una nuova interpretazione giurisprudenziale, si è iniziato a ritenere possibile che l’acquisto compiuto da uno solo dei conviventi possa estendersi all’altro per effetto di altri, singoli istituti, quali, ad esempio, la donazione indiretta o la simulazione, con o senza interposizione di persona

29

.

23 Cfr., A.G.ANNUNZIATA eR.F.IANNONE, Dal concubinato alla famiglia di fatto: evoluzione del fenomeno, in Fam. pers. succ., 2010, p. 134 e ss..

24F.PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, Napoli, 1980 e Trib. Bari 21.1.1997 in Giur. it. 1999, 254 o Pret. Torino 17.3.1988, in Dir. fam. pers., 1990, II, pag. 1314, secondo cui «in caso di convivenza more uxorio, in prospettiva di matrimonio, ciascun bene mobile apportato dai partners per lo svolgimento della vita comune debba considerarsi conferito in comunione pro indiviso».

25 A sostegno della tesi dell'applicazione analogica degli artt. 177 e ss. si aggiungeva che la comunione legale è uno dei più importanti elementi di novità della riforma del diritto di famiglia del 1975 e fa parte degli strumenti utilizzati per perseguire la parificazione tra uomo e donna all'interno della comunità familiare. Cfr., App. Firenze 12.2.1991, in Dir. fam. 1992, 633:

«l'assenza nella disciplina della comunione legale, dello scopo di protezione di esigenze fondamentali e irrinunciabili del coniuge, e l'assegnazione della stessa al settore individualistico dei rapporti coniugali sono confermate dal rilievo che il legislatore, se ha manifestato una preferenza di ordine generale nei confronti della comunione, tuttavia ha lasciato ai coniugi la possibilità di derogare ad essa e di optare per il regime di separazione dei beni con una convenzione matrimoniale (...), o con una scelta del regime di separazione (...), oppure, infine con un mutamento convenzionale del regime patrimoniale, senza bisogno di un'autorizzazione giudiziale ad hoc».

26 Tuttavia, mancando un vincolo formalizzato, ma soprattutto pubblicizzato, il regime legale - ribadiamolo - non è opponibile ai terzi, venendo così meno una delle caratteristiche fondamentali della comunione tra coniugi.

27 Per la precisione, la giurisprudenza ha in un primo momento escluso l'operare del regime legale ipotizzando però che l'acquisto compiuto durante la convivenza potesse assumere le caratteristiche di un affare familiare. Si riteneva infatti ragionevole presumere che i mezzi utilizzati per il negozio fossero di ambito familiare, anche nei casi in cui risultasse un unico acquirente. Cfr., Trib. Bari 31.1.1977 in Giur. it. 1977, I, pag. 254, in cui si legge «l'acquisto di bene immobile compiuto durante la convivenza finisce con l'assumere tutte le connotazioni sociali e psicologiche di un affare familiare, fatto con mezzi appartenenti a entrambi i soggetti».

28 I conviventi more uxorio potrebbero, dunque, “imitare” con un contratto la comunione legale, ma si tratterebbe di un vincolo meramente obbligatorio. Si veda, infra, paragrafo 3.

29 Per dare atto di tale evoluzione, possiamo, per esempio, citare la sentenza del Tribunale di Pisa 20.1.1988 in Dir. fam.

1988, pag. 1039: nella fattispecie il convenuto, in precedenza convivente con l'attrice, aveva investito una cifra consistente nell'acquisto a proprio nome di un appezzamento di terreno e nella costruzione in tale luogo di un immobile; la donna chiedeva al giudice di riconoscere che in quell'acquisto era compreso il suo contributo di lavoro domestico e retribuito, nonché la sua assistenza morale e materiale, e che di conseguenza il bene acquisito apparteneva a entrambi. Il Tribunale,

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Cionondimeno, ad oggi, preferiamo ritenere non strettamente applicabile il regime legale di comunione alle situazione more uxorio, ed i beni acquistati durante la convivenza, valutando più corretto considerarli di proprietà esclusiva del soggetto acquirente - anche e soprattutto per un generale principio di affidamento del terzo in buona fede -, salvo che i conviventi, nell’esercizio della propria autonomia privata, abbiano acquisito congiuntamente il medesimo bene

30

.

Detto ciò, non di rado, inoltre, potrebbe porsi l’esigenza di tutelare il convivente non intestatario, nel caso in cui l’acquisto determini un suo impoverimento e, più in generale, rendendo necessario tutelare il partner che abbia subito un sacrificio patrimoniale non sorretto o non più sorretto da giusta causa

31

.

Parte della dottrina

32

, cui sentiamo di concordare, ha sostenuto che sarebbe possibile far ricorso all’istituto dell’arricchimento senza causa, laddove si verificassero vantaggi economici ingiustificati in favore di un convivente, mediante la collaborazione dell’altro

33

.

Infine, la vexata quaestio della tutela giuridico-patrimoniale del convivente debole more uxorio e della relativa prole nata fuori dal matrimonio, situazione che, inutile tacerlo, non può più considerarsi di residuale importanza. A differenza, infatti, di quanto accade nel matrimonio civile - la cui causa concreta, ovvero la

«funzione economico-individuale» del negozio

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, risulta essere adeguatamente tutelata attraverso la previsione

tuttavia, escludeva la possibilità di applicare le norme in materia di comunione legale tra i coniugi, così argomentando: «ove si estendesse il regime della comunione legale alla famiglia di fatto, proprio la mancanza del dato formale – matrimonio – che solo può renderne certa e pubblica l'esistenza, impedirebbe la possibilità di opporre ai terzi tale regime». Prosegue superando anche i dubbi di illegittimità costituzionale, sempre sostenuti da quell'orientamento minoritario a cui facevamo riferimento all'inizio del paragrafo: «seppure è indubbia la valorizzazione dell'art. 2 Cost., e la conseguente rilettura della disciplina codicistica della famiglia alla luce dei principi ivi contenuti (...) non sembra giustificabile l'affermata pretesa incostituzionalità di certe norme del codice (...): innanzitutto, perché trattasi di due posizioni non del tutto omogenee (...) e poi perché un processo di assimilazione della famiglia di fatto alla famiglia legittima si risolverebbe in un inammissibile appiattimento di quest'ultima (...), in un'innaturale tipizzazione di un fenomeno caratterizzato da un'estrema variegatezza di figure e da un'assoluta atipicità dei contenuti», in conclusione quindi «la convivenza more uxorio, fenomeno sine ullo dubio giuridicamente rilevante, non legittima, tuttavia (...) un'assimilazione alla famiglia legittima, né tantomeno l'applicazione analogica del regime patrimoniale legale per questa dettato, con particolare riferimento alla disciplina degli acquisti (artt.

177-194 c.c.)». Quanto, poi, alla possibilità di utilizzare schemi diversi da quello della comunione legale per giustificare la comproprietà, il Tribunale escludeva chiaramente la configurazione di un affare familiare, richiamando la precedente sentenza Trib. Bari 21.1.1977, in cui tale teoria era stata elaborata; escludeva, inoltre, anche la figura della donazione indiretta, ammettendo, invece, la possibilità di far riferimento a schemi simulatori. Alle medesime conclusioni giungeva il successivo grado di giudizio. Anche la Corte d'Appello di Firenze escludeva, infatti, la possibilità di applicare gli artt. 177 e ss. c.c. e quella di configurare un affare familiare o una donazione indiretta: «il regime di comunione legale non può essere applicato in via di interpretazione analogica alla famiglia non fondata sul matrimonio, per la quale potrà, invece, parlarsi di comunione ordinaria sui singoli beni ove i conviventi more uxorio, in sede di regolamento dei loro rapporti patrimoniali, abbiano, nel pieno esercizio dell'autonomia privata, stabilito di far risultare formalmente, al momento della stipulazione, l'acquisto congiunto» Corte App. Firenze 12.2.1991 in Dir. fam. 1992, pag. 633.

30 Perché ciò avvenga sarà certamente necessaria la cointestazione degli immobili, mentre, per i beni mobili, alcuni autori ipotizzano la presunzione di comproprietà o comunque la possibilità di desumere la proprietà condivisa dalle circostanze in cui è stato effettuato l’acquisto. Cfr., F.GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia di fatto, Milano, 1983.

31 Cfr., Trib. Milano 5.10.1988, in Lavoro80, 1989, pag. 206. Secondo la giurisprudenza la semplice decisione di vivere insieme non può essere “giusta causa” delle attribuzioni fatte da un convivente all’altro. Per stabilire quale possa essere la tutela del soggetto impoveritosi sarà necessaria una valutazione ex post delle motivazioni della prestazione effettuata: infatti, l’attività del soggetto poteva essere sorretta da giusta causa al momento del compimento, sul presupposto della sussistenza di un rapporto affettivo destinato a durare per l'intero corso della vita, ma perdere giustificazione nel momento in cui la famiglia di fatto si dissolve.

32 F.D.BUSNELLI,M.SANTILLI, La famiglia di fatto, in Comm. dir. it. fam. CIAN,OPPO E TRABUCCHI, VI, 1, Padova, 1993, p.

757; G. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, Milano, 1991, p. 106 ss.

33 Cosicché, in questi casi, non sarebbe sufficiente – al fine di garantire tutela al partner economicamente debole e l’eventuale prole nata fuori dal matrimonio – la disciplina relativa alle obbligazioni naturali e alle donazioni, rimuneratorie e semplici.

34 Sulla nozione di causa in concreto, in dottrina, P.PERLINGIERI eA.FEDERICO, Causa, in P.PERLINGIERI eAA.VV., Manuale di diritto civile, Napoli, 2013, p. 488 ss.; S. PUGLIATTI, Nuovi aspetti del problema della causa nei negozi giuridici, in ID., Diritto civile, Metodo-teoria-pratica, Milano, 1951, p. 75 ss; C.SCOGNAMIGLIO, Problemi della causa e del tipo, in G.VETTORI (a cura di), Tratt. contratto V. ROPPO, II, Milano, 2006, p. 88 ss.; G. ALPA, La causa e il tipo, in E.GABRIELLI (a cura di), I contratti in generale, I, in Tratt. RESCIGNO E GABRIELLI, 2ª ed., Torino 2006, p. 550 ss.; di recente M.GIROLAMI, L’artificio della causa

(6)

di una disciplina ad hoc -, i rapporti more uxorio, privi di qualsivoglia tutela tipica, ma, nondimeno, da un lato, legámi dall’indubbio valore esistenziale

35

e, dall’altro, (potenzialmente) fonti di obbligazioni ai sensi ed agli effetti dell’art. 1173 c.c., sono suscettibili di dar luogo – specie, mutatis mutandis, nel momento conclusivo del rapporto di coppia – a situazioni di notevole debolezza, che possono recare forte pregiudizio, se non nocumento, ai soggetti deboli del rapporto ed alla relativa discendenza

36

.

Rebus sic stantibus, il nostro ordinamento – ricco, a riguardo, anche di ulteriori problematiche (si pensi, solo per fare qualche esempio, alla questione della reversibilità delle pensioni

37

, alla trasmissibilità del diritto di abitazione

38

, ovvero, più in generale, alle vicende successorie in casi di convivenza more uxorio)

39

–, tendenzialmente privo di una disciplina generale della famiglia di fatto, risulta particolarmente esposto a situazioni, per così dire, di estrema criticità.

Pertanto, come vedremo di seguito nel presente contributo

40

, a tutela di questi contesti, sarebbe auspicabile, a parere di chi scrive, un duplice ordine di strumenti di tutela, non necessariamente alternativi: da un lato, l’utilizzo, de iure condito, di istituti che, seppur non espressamente tipizzati, sono già presenti nel nostro ordinamento ed intensamente utilizzati nella prassi professionale

41

; dall’altro, l’intervento del legislatore, che superi le numerose ritrosie politiche a riguardo e tenga conto di chi, in dottrina, de iure condendo, propugna l’introduzione (stabile) degli accordi tra conviventi

42

, anche in considerazione di una nuova e condivisibile concezione «funzionale» della famiglia, espressa a livello internazionale, essenzialmente centrata sul c.d. primato del rapporto

43

, che ha influenzato, ed ancora adesso sta ispirando, il diritto degli altri ordinamenti europei

44

.

contractus, Padova 2012, p. 62 ss.; in giurisprudenza: Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, in Rep. Foro it., 2006, voce Contratto in genere, n. 438; nonché in Corr. giur., 2006, p. 1718, con nota di F. ROLFI, La causa come funzione “economico-sociale”: tramonto di un idolum tribus?; in Contratti, 2007, p. 621 ss., con nota di F.RIMOLDI, La causa quale ragione in concreto del singolo contratto; in Rass. dir. civ., 2008, p. 564 ss., con nota di F. ROSSI, La teoria della causa concreta e il suoi esplicito riconoscimento da parte della Suprema Corte. Sottolinea la massiccia presenza della causa concreta nelle motivazioni di sentenze, di merito e di legittimità, di àmbiti più disparati, V.ROPPO, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo non reticente, né compiacente con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Riv. dir. civ., 2013, 4, p. 957; S.PAGLIANTINI,La c.d. risoluzione per causa concreta irrealizzabile, in Riv. not., 2010, p. 1211 ss.;R.ROLLI,Causa in astratto e causa in concreto, Padova, 2008; M.MARTINO,L’expressio causae. Contributo allo studio dell’astrazione negoziale, Torino, 2012; V. ROPPO, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non reticente, né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Rivista di diritto civile , 4/2013, pag. 957 e ss..

35 Cfr., A.TRABUCCCHI, Istituzioni di diritto civile, Cedam edizioni, pag. 250.

36 Per i genitori sussiste, pertanto, la medesima responsabilità genitoriale per la prole nata fuori ed all’interno della famiglia legittima. Cfr., P.STANZIONE,Diritti fondamentali dei minori e potestà dei genitori, in Rass. dir. civ., 1980, p. 446 ss.; G. LISELLA, Usufrutto legale e contribuzione filiale al mantenimento della famiglia, Napoli, 2003.

37 Sullo specifico tema, uniforme la giurisprudenza costituzionale. Cfr., ex multis, ordinanza del 3 novembre 2000, n. 461;

ordinanza della Corte costituzionale 14 novembre 2000 n. 491.

38 Cfr., ex plurimis, Corte Cost. 13 maggio 1998, n. 166, in Consulta on line, Periodico telematico ISSN 1971-9892; ancora, sentenza Corte Costituzionale 21 ottobre 2005 n. 394, in Iurisdata 2013.

39 Sul punto, sulla c.d. «centralità della persona», si veda, V.BARBA, Recensione a V.VERDICCHIO, La circolazione dei beni di provenienza donativa, Napoli, 2012, pp. 1-158, in Foro nap., 2014, 2, p. 717 s.

40 Infra, paragrafo 3.

41 Vale a dire, in ambito soprattutto notarile, il trust. Infra, paragrafo 3.

42 In tal senso, infra. Cfr., A.ZOPPINI,L’autonomia privata nel diritto di famiglia, sessant’anni dopo, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 213 ss.; G.AUTORINO STANZIONE, Autonomia negoziale e rapporti coniugali, in Rass. dir. civ., 2004, p. 1 ss.; L.BALESTRA,I contratti di convivenza, in Fam. pers. succ., 2006, p. 43 ss.;M.COLELLA, Rapporti patrimoniali tra conviventi e uso dello strumento contrattuale, ivi, 2012, 11, p. 749; B.MARUCCI,Famiglia leegittima e famiglia «naturale»: un percorso verso la parificazione, Napoli, 2012. Su tale argomento, si veda infra.

43 Cfr., V.SCALISI, Le stagioni della famiglia nel diritto dall’Unità d’Italia ad oggi, in Riv. dir. civ., 2013, 6, p. 1287, ove si legge, tuttavia, che «le Corti europee hanno, tuttavia, lasciato sino ad ora irrisolta una delle questioni di fondo, la questione cioè del che cosa (è famiglia), «che poi si identifica con il problema stesso della rigorosa individuazione del “contenuto essenziale” del proclamato diritto di fondare una famiglia, senza di che riesce difficile non solo comprendere il da dove e il verso dove (del correlativo principio), ma persino determinare i necessari strumenti e rimedi atti a garantirne la concreta ed effettiva – come si dice – “messa in azione”». Per una risposta a tale ultimo quesito, si veda infra.

44 Infra, paragrafo 2.

(7)

2. L’appena accennata impostazione pluralista e funzionale della “famiglia”, fondata sulla centralità del

“rapporto”, alla base delle più recenti prese di posizioni delle Corti di Strasburgo e Lussemburgo

45

- ovvero le istituzioni che, mosse principalmente dall’esigenza di garantire una sempre maggiore effettività di tutela ai diritti fondamentali, riteniamo più fortemente abbiano contribuito, sino a oggi, all’evoluzione del diritto di famiglia in Europa

46

- non è che il traguardo di un lungo tragitto giurisprudenziale

47

che ha influito non poco, vedremo, dapprima sulle politiche europee, di poi sulle scelte di alcuni Stati continentali.

A livello internazionale, invero, è proprio grazie alla lunga marcia solcata dalle pronunzie giurisprudenziali

48

dei giudici continentali – nonché attraverso l’attività degli organi legislativi europei con l’emanazione di atti anche non giuridicamente vincolanti come raccomandazioni e risoluzioni – che i diritti, soprattutto patrimoniali, di individui non uniti in matrimonio, hanno ricevuto riconoscimento e adeguata tutela a dispetto del fatto che la legislazione dello Stato di appartenenza (o di residenza) non prevedesse alcuna disciplina in materia.

In particolare, mi sia consentito evidenziare quanto segue. Risulta incontrovertibile che l’Unione europea abbia, da sempre, manifestato una posizione favorevole e di decisa apertura verso le unioni di fatto, cercando di

45 Cfr., Sentenza Cedu 24/06/10, Shalk e Kopf c. Austria; nonché, sentenza CGCE 07/01/04, C-117/01.

46 Cfr., V.SCALISI, ult. op. cit..

47 L’orientamento dei Giudici internazionali, infatti, è mutato nel tempo. Di seguito, alcune pronunzie difformi rispetto all’orientamento attuale. Con la sentenza 17 giugno 1993, causa T-65/92, Arauxo-Dumay, il Tribunale ha deciso del ricorso presentato dalla signora Monique Arauxo-Dumay, vedova di Louis Dumay, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, contro la Commissione delle Comunità europee, ed avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione con cui la Commissione negava la concessione di una pensione di reversibilità. Ad avviso del Tribunale, i termini “coniuge”, “vedova” e “moglie”, sia nella loro definizione giuridica che nella loro accezione comune, sono riferiti a soggetti che abbiano formalmente contratto un “matrimonio” civile riconosciuto dall’ordinamento, con tutti i diritti e gli obblighi che ne derivano. Ciò precisato con riferimento al caso concreto, il Tribunale, pur consapevole del contesto sociale nel quale il ricorso è stato proposto, non si è ritenuto competente ad estendere l’interpretazione giuridica dei termini precisi utilizzati nello Statuto, al fine di far rientrare nella nozione di “matrimonio” situazioni di convivenza o di unioni di fatto, ovvero nella nozione di “coniuge” o di “moglie” la situazione di un(a) “convivente”. Questa lettura restrittiva della nozione di coniuge, strettamente ancorata al tenore letterale della disposizione, è stata confermata nella sentenza 17 aprile 1996, causa C-59/85, Reed, in cui la Corte di giustizia ha affrontato una serie di questioni vertenti sull’interpretazione degli artt. 7 e 48 del Trattato CEE, e dell’art. 10 del Regolamento n. 1612 del 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori nell’ambito della Comunità, questioni sorte in occasione di una lite avente ad oggetto il rigetto, da parte del Segretario di stato alla giustizia, della domanda di permesso di soggiorno presentata dalla signora Reed in quanto compagna di un lavoratore cittadino di un altro Stato membro.

Con l’ultima delle tre questioni sollevate, il giudice olandese chiedeva, poi, alla Corte se l’art. 10, n. 1, prima frase e lett. a), del regolamento n. 1612/68 dovesse essere interpretato nel senso che, a determinate condizioni, il compagno che abbia una stabile relazione col lavoratore di cui a tale disposizione viene equiparato al “coniuge”. La Corte ha risposto che, avendo il regolamento portata generale, essendo esso obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente efficace in ciascuno degli Stati membri, ed avendo quindi la sua interpretazione conseguenze in tutti gli Stati membri, l‟interpretazione di nozioni giuridiche basata sull’evoluzione della società deve essere effettuata esaminando la situazione nel complesso della Comunità, non già quella di un solo Stato membro. L’art. 10, n. 1, del Regolamento n. 1612/68 attribuisce a determinati membri della “famiglia” del lavoratore, ivi compreso il “coniuge”, qualunque sia la loro cittadinanza, “il diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro”: la Corte ha, dunque, ritenuto che in mancanza di qualsiasi indizio di un’evoluzione sociale di carattere generale atta a giustificare l’interpretazione estensiva, e in mancanza di qualsiasi indizio in senso contrario nel Regolamento, usando la parola

“coniuge”, l’art. 10 del Regolamento si riferiva unicamente al rapporto basato sul matrimonio e non poteva essere interpretato nel senso che il compagno che abbia una relazione stabile col lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato nel territorio di un altro Stato membro deve essere equiparato, a determinate condizioni, al “coniuge” di cui a detta disposizione.

48 Si pensi, ad esempio, alla sentenza della Corte di giustizia del 7 gennaio 2004 (causa c – 117/1), in Iurisdata, 2009, in virtù della quale quel che maggiormente è stato tenuto in considerazione nella valutazione della Corte di giustizia è stato l’art.

1213 della Convenzione europea del 1950 sulla salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali della persona umana.

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garantire alle famiglie more uxorio gli stessi diritti che l’ordinamento giuridico riconosce alla famiglia fondata sul matrimonio

49

.

Ciò nondimeno, occorre precisare che, nonostante le istanze giurisprudenziali a riguardo, i legislatori degli Stati membri dell’Unione europea, se da un lato, pur avendo equiparato, per certi aspetti, lo status dei conviventi e lo status dei coniugi (e pur avendo riconnesso alle unioni civili registrate taluni effetti tipici del diritto di famiglia), dall’altro – vuoi in virtù della circostanza che l’Unione europea non ha una specifica competenza in materia di famiglia

50

, di matrimonio o di unioni civili ed agisce esclusivamente in base al principio delle competenze di attribuzione per realizzare gli obiettivi stabiliti nei Trattati

51

-, i medesimi si sono ben guardati dall’utilizzare il termine “famiglia” in riferimento al regime di convivenza.

Questo, con ogni probabilità, anche in considerazione del fatto che, a livello europeo, la nozione di famiglia

52

non necessariamente coincide con quella legittima, potendo ricomprendersi in essa, in quanto stabile, anche quella naturale, come quella che si crea in una unione di fatto dovuta alla mancanza, nella disciplina dello Stato, del divorzio e che si sia concretata nella stabile coabitazione tra i partners

53

.

Ciò premesso, dunque, è altresì innegabile che, quanto agli Stati membri dell’Unione europea, una netta distinzione, in ordine al recepimento delle sollecitazioni di natura legislativa e giurisprudenziale, deve esser fatta fra i Paesi del nord Europa e i Paesi mediterranei o, quantomeno, dei quali, gli uni, hanno puntualmente dato seguito alle esortazioni delle Istituzioni europee, mentre gli altri registrano, ancor’oggi, un pesante ritardo nell’attuazione di quanto auspicato dalla accennata “sensibilità” europea

54

.

49 Cfr., A.L. VALVO, Il contributo della normativa europea in materia di unioni di fatto, in Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale, 44, 2013, p. 9 e ss.. Si vedano, in tal senso, la Risoluzione del Parlamento europeo (A3 0028/94) dell’8 febbraio 1994 sulla parità dei diritti per gli omosessuali nella Comunità o la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2000 C5-0058/1999 - 1999/2064 (COS) sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nell’Unione europea, con la quale il Parlamento riconfermava la necessità di garantire pari diritti alle famiglie monoparentali, alle coppie di fatto e alle coppie omosessuali in modo particolare per quel che riguarda la legislazione fiscale, il regime patrimoniale e i diritti sociali. Ed ancora, specificamente per quanto riguarda le unioni fra persone dello stesso sesso, la Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2003 sul riconoscimento dei matrimoni fra omosessuali e sul riconoscimento della facoltà di adottare figli da parte delle coppie omosessuali e, sempre sullo stesso tema, la Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 febbraio 2008.

50 «Eccezion fatta, ma entro certi limiti e a certe condizioni, per la cooperazione giudiziaria in materia civile nell’ambito della quale il Consiglio può adottare atti normativi in materia di diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali e facendo ricorso alla procedura legislativa speciale». Così, A.L.VALVO,ult. op. cit..

51 «In ragione di tale principio, e a parte la possibilità per l’Unione di agire in via sussidiaria, determinate competenze (la più gran parte), come quelle in materia di matrimonio e diritto di famiglia, rimangono in capo agli Stati membri. Sotto tale specifico profilo, appare emblematica la sentenza Maruko c. Versorgunsanstalt der deutschen Bühnne (Caso C-267/06) con la quale la Corte di Giustizia, pur ribadendo la necessità di rispettare il principio di non discriminazione, rinvia allo Stato nazionale la decisione sulla concessione di diritti sociali a persone dello stesso sesso legate da una unione registrata, rispettando in tal modo la competenza degli Stati membri in materia di stato civile e i diritti e le prestazioni da esso derivanti. La decisione in oggetto, dunque, rileva esclusivamente rispetto agli Stati che in qualche misura prevedono una qualsivoglia forma di riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso mentre non esplica alcun effetto rispetto agli Stati le cui legislazioni nulla dispongono in materia. Conclusivamente sul punto, occorre ribadire che in tema di unioni non fondate sul matrimonio, la Corte ha continuato a distinguere la posizione del coniuge e la posizione del convivente negando una equiparazione dei due status sia sotto il profilo formale che sotto il profilo sostanziale, e ha basato le sue pronunce sul principio di non discriminazione in base al quale, com’è noto, situazioni simili devono essere trattate in modo uguale e le situazioni diverse in modo differente; in difetto, e in mancanza di adeguate giustificazioni, il trattamento deve essere considerato discriminatorio». A.L.VALVO,ult. op. cit..

52 Pur mancando una definizione esplicita, riteniamo che per famiglia debba intendersi un organismo che presuppone una coabitazione stabile e lecita di due persone legate da un matrimonio, che necessita, in quanto tale, della protezione garantita dall’art. 8 Conv. eur., anche nell’ipotesi in cui tale vincolo non abbia ricevuto un riconoscimento giuridico, perché uno dei coniugi non è cittadino dello Stato.

53 Invero, la nozione di famiglia, secondo l’art. 8 Conv. eur. non si limita, quindi, alle sole relazioni basate sul matrimonio e può includere altri legami «familiari» de facto, quando gli individui convivano al di fuori del matrimonio. Ne consegue, tra l’altro, che un bambino, nato da una relazione, si inserisce di pieno diritto in tale nucleo «familiare» dalla sua nascita, per il solo fatto di essere nato. Esiste, quindi, tra il bambino e i suoi genitori un legame costitutivo di una vita familiare anche se, all'epoca della sua nascita, i genitori non vivevano più insieme o se la loro relazione era finita.

54Cfr., A.L.VALVO,ult. op. cit..

(9)

Tra questi ultimi, un discorso a parte merita, purtroppo, l’Italia, per la quale mi sia consentita una breve, quanto amara digressione. Nel Belpaese (?), infatti, una soluzione organica (ovvero, una legge sulle unioni civili, ad esempio) alle tematiche sin qui esposte, ancora, non è stata (scientemente?) trovata

55

. Tale anomalia – non credo vi sia nulla di nuovo nella miei affermazioni a riguardo – ritengo sussista per ragioni squisitamente di (lotta?) politica. Sono trent’anni e forse più, infatti, che nel nostro Paese si lambisce il problema e si parla di unioni civili, sotto le più svariate (e spesso infelici) sigle ed acronimi, con dibattiti (sterili) che non vedono mai una sintesi e non portano, soprattutto, ad una benché minima soluzione a riguardo

56

.

Autorevole dottrina

57

, viceversa, ha osservato come alcuni Paesi del nord Europa – Finlandia, la Svezia, la Norvegia e la Danimarca, per citarne alcuni – hanno adottato idonee misure che tengono in considerazione le unioni di fatto anche per il tramite della istituzione di appositi registri in cui vengono trascritti dette relazioni.

La legislazione svedese, ad esempio, ha cancellato la differenza fra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio prevedendo un regime di tutela dei membri della coppia di fatto anche in materia ereditaria.

Non solo. In Germania, sin dal 2001

58

, è stato introdotto l’istituto della convivenza registrata – la ehegattensplitting, ovvero, «frazionamento della coppia matrimoniale» – alla quale si applica, sia pur solo in parte, il regime giuridico previsto per le coppie unite in matrimonio dal punto di vista fiscale, contributivo, assistenziale ed ereditario, nella misura in cui, sotto il profilo successorio, al convivente sono attribuiti gli stessi diritti che per il “coniuge” discendono dal matrimonio

59

.

In Belgio

60

, viceversa, per le unioni civili (senza alcun distinguo tra etero ed omosessuali) vale il principio dell’autonomia privata

61

, a norma del quale le parti regolano i loro rapporti con atto notarile, sempre che le

55 Un “primato” che vede l’Italia in compagnia di Albania, Bielorussia, Bulgaria, Cipro, Lettonia, Lituania, Moldavia, Russia, Polonia, Romania, Ucraina, Slovacchia, Serbia e Turchia.

56 Mi riferisco ai Pacs, i Dico e persino i Didore, ovvero a tutti quei tentativi di disciplinare la materia che, nelle varie legislature, si sono susseguiti con un nulla di fatto. In realtà, prescindendo da qualsiasi giudizio politico, appare più che lampante la mancanza di una volontà politica di risolvere la questione. Questo, in quanto, è altresì innegabile che una maggioranza trasversale, da sinistra a destra, è – direi – alquanto ostile ad una soluzione legislativa che possa scontentare un l’elettorato cattolico.

57 A.L.VALVO,ult. op. cit..

58 Cfr., Gesetz zur Beendigung der Diskriminierung gleichgeshlechtlicher Gemeinschaften: Lebenspartnerschaften, 21 febbraio 2001, in Bundesgesetzblatt, 2001, I, p. 266. Questa normativa, in vigore dal 1 agosto 2001, “nacque” sotto la spinta della Corte costituzionale tedesca, che pur avendo stabilito che non fosse configurabile un obbligo costituzionale volto a consentire il matrimonio omosessuale, aggiunse che la presenza di situazioni di disparità fra coppie etero ed omosessuali avrebbe potuto integrare una violazione del principio di uguaglianza. A riguardo, amplius, M.B.BARALDI, Le nuove convivenze tra discipline straniere e diritto interno, in Nuovi percorsi di diritto di famiglia, a cura di M.SESTA, pag. 72 e ss..

59Cfr., A.L.VALVO,ult. op. cit., nonché, C.CARICATO, La legge tedesca sulle convivenze registrate, in Familia, 2002, p. 501 ss. La legge in questione consente alle persone dello stesso sesso il riconoscimento della loro unione, fondata sull’aiuto e l’assistenza reciproca. In proposito, la Corte di Giustizia con sentenza (grande sezione) del 10 maggio 2011 Jürgen Römer contro Freie und Hansestadt Hamburg, ha riconosciuto ad un cittadino di Amburgo che aveva regolarmente convissuto con un altro uomo, i benefici previsti dal sistema pensionistico per le persone sposate.

60 Nel 1998 è stata approvata la legge sulla cohabitation légale (Loi du 23 novembre 1998 instaurant la cohabitation légale), entrata in vigore il 1 gennaio 2000, di modifica del codice civile, art. 1476 bis, che ha regolarizzato la convivenza legale di coppie indipendentemente dal sesso dei conviventi. Cfr., G.A.M.TRIMARCHI, La famiglia di fatto e le altre convivenze, in N.LIPARI E P.

RESCIGNO, Diritto civile, Fonti, soggetti, famiglia, II, pag. 380.

61 Sul concetto di autonomia privata, P.RESCIGNO, Contratto in genere, in Enc. Gir. Treccani, Roma, 1988, IX, p. 10 ss.; D.

SERRANI, Brevi note in tema di libertà contrattuale e principi costituzionali, in Giur. cost., 1965, p. 290 ss.; A.PACE, Problematica delle libertà costituzionali – Parte speciale, Padova, 1990, p. 496. Ancora, nel vasto panorama sul tema sono dovuti, quantomeno, i richiami a P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 2006; ID., Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Rass. dir. civ., 1983, 95 ss.,; F.GALGANO, Il diritto privato tra codice e Costituzione, Bologna, 1978, p. 126; ID., Il negozio giuridico, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, Milano, 1988; N.IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Bari, 1998, p. 72; A.BALDASSARRE, Iniziativa economica privata, in Enc. Dir., 1971, p. 608; ID., Fonti, diritto internazionale, autonomia privata, classificazione, Torino, 2000, pp. 336 ss.; M.NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1975; G.ALPA, Libertà contrattuale e tutela costituzionale, in Riv. crit. dir. priv., 1995, pp. 35-54; L.FERRI, L’autonomia privata, Milano, 1959, p. 5 ss.; S.PUGLIATTI, Autonomia privata (voce), in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, p. 366 ss.; A.LISERRE, Tutele costituzionali dell’autonomia contrattuale. Profili preliminari, Milano, 1971; A. PACE, Libertà “del” mercato o “nel” mercato, Intervento al Convegno organizzato dall’Associazione italiana dei costituzionalisti (Ferrara, 11-12 ottobre 1991), Padova, 1997, nonché in Pol. dir., 1993; M. ESPOSITO, Profili costituzionali

(10)

clausole inserite nell’atto non siano contrarie all’ordine pubblico e al buon costume

62

. Il regime patrimoniale applicabile, salvo talune piccole differenze, è del tutto assimilabile a quello che regola i rapporti tra i coniugi

63

.

Nella vasta gamma delle legislazioni interne agli Stati membri dell’Unione europea, una menzione particolare merita – a parere di chi scrive – la legislazione francese ed il Pacte Civil de Solidarieté che rappresenta la più nota forma di riconoscimento delle unioni non matrimoniali

64

.

Caratterizzato dalla massima flessibilità e adattabilità alla pluralità di situazioni che si possono verificare, non esclusivamente previsto per i rapporti more uxorio

65

, l’obiettivo del pacs è quello di promuovere la solidarietà economica fra persone che hanno una vita in comune e, per limitare l’analisi all’oggetto dell’indagine, alle unioni di fatto, occorre sottolineare che esso conferisce alle coppie non sposate una certa legittimazione sotto il profilo giuridico, sociale e fiscale

66

.

D’altra parte, autorevole dottrina ha sottolineato come le norme di cui al Patto civile e di solidarietà, non a caso, siano state inserite dal legislatore francese nel Codice civile nel Libro I “Delle persone”, a conferma del fatto che il Patto non è solamente un “contratto” che regola i rapporti economici fra due persone, ma è anche un atto che assume rilevanza pubblica se pur fondamentalmente diretto a regolare la vita in comune fra i due contraenti

67

. Tuttavia, fermo restando che il pacs è diretto a creare fra i due contraenti obblighi di assistenza

dell’autonomia privata, Padova, 2003. P.SCHLESINGER, L’autonomia privata e i suoi limiti, in Giur. it., 1999, c. 229 ss.; R.

SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, Milano, 1980; ID., Negozio giuridico e autonomia privata, in La civilistica italiana dagli anni ’50 ad oggi, Atti del congresso dei civilisti italiani tenuto a Venezia, 23-26 giugno 1989, Padova, 1991, p. 289 ss.; A.DI MAJO, Libertà contrattuale e dintorni, in Riv. crit. dir. priv., 1995, p. 9 ss.; N.LIPARI, Fonti del diritto e autonomia privata, in Riv. dir. civ., 6, 2007, p.

728; R.SACCO, Autonomia nel diritto privato, in. Dig. disc. priv., Sez. civ., I, Torino, p. 517 ss.; ID., Contratto, autonomia, mercato in R.SACCO E G.DE NOVA, Il Contratto, in Trattato dir. civ. diretto da R. Sacco, Torino, 2005, p. 16 ss..

62 La dichiarazione di convivenza, che come per i pacs in Francia, può anche essere relativa a convivenze diverse da quelle more uxorio (ad esempio fra fratelli, genitore e figlio, ecc.), deve essere sottoscritta dalle “parti” e dopo la consegna all’Ufficiale di stato civile viene debitamente annotata nel registro della popolazione.

63 Numerose sono le esperienze europee a rigurado. In Olanda, con la legge 5 luglio 1997 (Wet van 17 december 1997, tot aanpassing van wetgeving aan de invoering van het geregistreerd partnerschap in Boek 1 van het Burgerlijk Wetboek (Aanpassingswet geregistreerd partnerschap) si è riconosciuta, alle coppie dello stesso sesso o di sesso diverso, la possibilità di registrarsi nei registri comunali delle unioni civili. Con la registrazione è previsto che le coppie di fatto acquistino, tranne che per alcuni aspetti, gli stessi diritti e doveri delle coppie sposate tra i quali: dovere di fedeltà, aiuto e reciproca assistenza, mantenimento e cura della prole (resta escluso l'esercizio congiunto della potestà genitoriale), responsabilità solidale per i debiti contratti in comune, diritti successori. Per quanto riguarda il regime patrimoniale, con la registrazione della convivenza si instaura una comunione dei beni, a meno che i conviventi non decidano diversamente. La convivenza registrata si scioglie: per assenza o morte di uno dei due conviventi; per provvedimento di scioglimento del giudice. Se di comune accordo è sufficiente un documento pubblico da trasmettere al registro dello stato civile. In caso di dissenso si procede con le stesse procedure del divorzio. In caso di separazione è previsto un diritto al mantenimento del partner con mezzi economici insufficienti.

Non è richiesta la nazionalità olandese dei partners. Anche la legislazione spagnola (legge 1 luglio 2005 n. 13) – pur con le dovute differenze riferibili al suo particolare sistema di autonomie locali – prevede, entro certi limiti, talune forme di protezione delle cosiddette “unioni registrate” e la giurisprudenza spagnola – pur ribadendo la sostanziale differenza fra famiglia fondata sul matrimonio e quella fondata sulla sola convivenza – in molti casi ha esteso le norme previste a protezione dei rapporti coniugali anche ai rapporti non fondati sul matrimonio. Cfr., S.ASPREA, La famiglia di fatto, in (a cura di) P.CENDON, Il diritto privato oggi, Giuffrè editore, pagg. 40 e ss..

64 Cfr., legge numero 944 del 15 novembre del 1999. Un paio di anni or sono, inoltre, l’ordinamento francese ha approvato anche una (contestata) legge che consente il matrimonio fra persone dello stesso sesso: legge n. 2013-404 del 17 maggio 2013. Cfr., S.ASPREA, ult. op. cit., pagg. 39 e ss..

65 Ad esempio, le unioni di studenti universitari o di anziani, relazioni di coppia fra persone dello stesso o convivenze fra genitore e figlio.

66 Riconducibile nella sua generalità all’istituto del matrimonio, il Patto disciplina e legittima qualsivoglia progetto di vita a due a prescindere dal sesso o, eventualmente (e come detto), dal rapporto di parentela intercorrente fra i due conviventi. Si tratta di un atto essenzialmente assimilabile ad un contratto fra persone maggiori d’età e capaci di agire; un atto di autonomia privata dal quale derivano, da un canto, diritti e correlativi doveri in capo ai due contraenti e, dall’altro, un vero e proprio status familiare; circostanza che si ricava, sia pur in via indiretta, dall’art. 1 della legge istitutiva del pacs a norma del quale è da considerare nullo il Patto allorché uno dei due contraenti (o entrambi) sia legato ad altra persona da vincolo coniugale o abbia contratto obblighi con altro e precedente pacs. Così, A.L.VALVO,ult. op. cit..

67 Cfr. artt. 515-1 ss., del Code civil, Livre I, Titre XII, Du pacte civil de solidarieté et du concubinage.

(11)

reciproca (in funzione della concreta capacità economica di ciascuno), del tutto evidenti sono le differenze fra il Patto e l’istituto del matrimonio tanto è vero che il primo è soggetto a registrazione per ragioni di ordine pubblico e per la sua eventuale opponibilità ai terzi, ma, a differenza del matrimonio, seppur strumento da considerarsi all’avanguardia rispetto alle problematiche qui affrontate, non attribuisce diritti di carattere successorio, non crea vincoli di parentela o affinità, non legittima all’adozione di minori e né da esso discendono effetti in ordine ai rapporti di filiazione

68

.

Dalla breve esposizione della congerie di discipline presenti in ambito internazionale, appare, icto oculi, evidente come tale quadro normativo europeo in materia sia piuttosto frammentato e tutt’altro che uniforme.

Pertanto, al di là di qualsivoglia previsione – più o meno ottimistica – sul futuro dell’Unione europea, non si può non riconoscere che la strada solcata dalla giurisprudenza europea, con i suoi provvedimenti, sia riuscita a garantire un innalzamento degli standards di tutela, molto più di quanto non riescano (o non vogliano) fare i giudici degli ordinamenti nazionali. Pertanto, è augurabile che questi ultimi, attraverso il prosieguo di un’auspicabile leale collaborazione delle corti

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, nazionali ed internazionali - ferma restando l’insuperabilità dei concetti di famiglia e matrimonio di cui all’art. 29 Cost. -, contribuiscano ad offrire moderne forme di tutele, nonché il riconoscimento giuridico di moderni profili di unioni sociali anche tra persone dello stesso sesso, non solo in conformità con la più recente giurisprudenza costituzionale

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, ma anche, e soprattutto, in corrispondenza con i più recenti orientamenti della Corte di Strasburgo

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che, a seguito della lettura sistematica degli artt. 9 e 12 CEDU, ha offerto, non infrequentemente, un’interpretazione evolutiva del concetto di matrimonio, includente anche il rapporto tra due persone del medesimo sesso e che interpreta, altresì, l’art. 8 CEDU (tutela della vita privata e familiare), nel senso di includervi anche la coppia omosessuale, purché di stabile relazione

72.

3. Questi orientamenti giurisprudenziali e il breve excursus, sin qui effettuato, sulle differenti scelte europee in materia, ci consentono, in ultimo, di provare ad avanzare qualche considerazione finale, nonché di offrire al lettore delle proposte – sia de iure condendo che de iure condito – in merito all’oggetto del nostro scrivere per provare ad porgere un contributo finalizzato all’auspicabile risoluzione di quella che – non bisogna aver timore nell’affermarlo – risulta essere una vera e propria falla del sistema a livello sociale.

In primis, occorre sottolineare un aspetto non certo trascurabile della questione. In merito alle convenzioni patrimoniali tra conviventi more uxorio – non solo all’esclusivo fine di tutelare le parti deboli del rapporto –, occorre dire, con estrema franchezza, che siamo di fronte ad un tema rimasto a lungo inesplorato nel nostro ordinamento, tanto che la stessa giurisprudenza non si è pronunciata fino agli anni Novanta del secolo scorso

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68 Il patto, in definitiva, rappresenta, né più e né meno, che un contratto sinallagmatico che vincola i contraenti a prestazioni di carattere economico e che, in una certa misura, richiama i presupposti e i profili di una convivenza per certi aspetti assimilabile ad una unione di tipo matrimoniale.

69 Cfr., A.L.VALVO,ult. op. cit. «È ampiamente noto il ruolo svolto dalla Corte di giustizia in merito all’ingresso dei diritti umani nei Trattati UE. Si deve, infatti, alla sua elaborazione giurisprudenziale e al, sia pur indiretto, costante riferimento ai diritti contenuti nella Convenzione di Roma del 4 novembre 1950, la codificazione dei diritti e delle libertà fondamentali nell’ambito dell’Unione europea».

70 Cfr., sentenza Corte costituzionale n. 138/2010del 15/04/2010, pubblicata in G. U. 21/04/2010 n. 16.

71 Cfr., Sentenza Cedu 24/06/10, Shalk e Kopf c. Austria; nonché, sentenza CGCE 07/01/04 C-117/01 in cui è stato espresso il favor nei confronti dell’inclusione del concetto di vita familiare del rapporto di convivenza tra persone dello stesso sesso.

72 Cfr., P.PERLINGIERI e F.PROSPERI, ult. op. cit., p. 1138. Pur tuttavia, il citato art. 9 specifica che «tali diritti sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio», con ciò implicitamente stabilendo che gli Stati non hanno alcun obbligo giuridicamente vincolante di riconoscere e disciplinare al proprio interno modelli di convivenza alternativi a quelli fondati sul matrimonio. Così, A.L.VALVO,ult. op. cit..

73 Sent. Corte di Cass. 8.6.1993, n. 6381, in Corr. Giur., 1993, 947, con nota V.CARBONE, Casa in comodato vita natural durante per una breve convivenza more uxorio o in Vita not., 1994, 225. Nel caso di specie il ricorrente Gr., che aveva convissuto con la convenuta Ga. e le aveva concesso in comodato vita natural durante un appartamento, di cui voleva ottenere il rilascio, sostenendo che il patto era da considerarsi illecito per contrarietà all'ordine pubblico e al buon costume, poiché basato sulla convivenza more uxorio e penalizzante nel caso di cessazione della convivenza, chiede la censura della sentenza della Corte

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