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Capitolo 1 SISTEMI ALL OPTICAL E OPTICAL PACKET SWITCHING

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Academic year: 2021

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OPTICAL PACKET SWITCHING

1.1 -Evoluzione delle comunicazioni ottiche

La velocità di trasmissione dei dati è cresciuta notevolmente dall’iniziale sviluppo dei trasporti digitali su rete dorsale nazionale (1980).

Con l’incremento della tecnologia disponibile i collegamenti su fibra ottica monomodo hanno via via assunto un ruolo dominante nel campo del trasporto digitale costituendo la “spina dorsale" delle reti telefoniche nazionali.

Fino ad oggi, la trasmissione su fibra ottica ha trovato applicazione quasi esclusivamente nell’ambito dei collegamenti punto-punto. In questi collegamenti si ha interesse a connettere direttamente una sorgente dati ed il relativo utilizzatore. Tipicamente, tali collegamenti trasportano traffico ad alta capacità su distanze che possono variare da qualche chilometro fino a migliaia di chilometri nei cavi sottomarini per i collegamenti internazionali.

I noti problemi di incompatibilità degli standard PDH (Plesiochronous Digital Hierarchy) europei e americani hanno portato alla definizione di uno standard denominato SDH (Sychronous Digital Hierarchy) scaturito da un’estensione e perfezionamento dello standard SONET (Synchronous Optical NETwork) americano [11,15].

Lo standard SDH è riconosciuto a livello mondiale, sancisce l’aggregazione del traffico secondo alcune precise velocità di trasmissione e prevede la sincronizzazione globale di tutti i trasmettitori/ricevitori secondo specifiche molto stringenti.

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Denominazione SDH Denominazione SONET Velocità (Mbit/s) STM-1 STM-4 STM-8 STM-16 STM-64 OC-1 OC-3 OC-12 OC-24 OC-48 OC-192 51,840 155,520 622,080 1244,16 2488,32(2,5Gb/s) 9953,28 (10Gb/s)

Tabella 1: Velocità di trasmissione secondo gli standard SONET e SDH

Ulteriori sviluppi dello standard hanno portato a definire velocità sempre più alte e già dal 2001 è stato implementato il 40 Gbit/s (STM-128 a 39813,12 Mbit/s).

La necessità di aumentare la velocità di trasmissione è stata dettata anche dall’enorme sviluppo delle applicazioni Internet a partire dal 1996, fenomeno che ha così determinato una crescita del traffico e quindi una richiesta di banda sempre maggiore.

Alcune applicazioni che richiedono una banda larga sono ad esempio i vari -DSL (Digital Subscriber Line), la TV via cavo, la Gbit Ethernet e la connetitività ottica fino a casa.

La crescita della velocità di trasmissione dei dati in fibra fino ad oggi non è riuscita a far fronte al vertiginoso aumento del traffico.

Le tecniche che mirano all’ aumento della velocità di trasmissione incontrano uno scoglio enorme rappresentato dall’elaborazione dei dati, che deve avvenire obbligatoriamente per via elettronica. La conversione optoelettronica (e viceversa) impone dei limiti in termini di massima velocità di elaborazione superabili solamente orientandoci verso un trattamento dei segnali direttamente in ottico.

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1.2 – Progetto del nodo fotonico

Fino ad oggi i canali ottici sono stati utilizzati nel collegamento punto-punto di grandi nodi che accentrano enormi quantità di traffico, ma la rete che compongono è una rete a commutazione di circuito, orientata alla connessione. L’operazione di commutazione non è effettuata basandosi direttamente sulla trama, ma è stabilita a priori attraverso i dispositivi di frontiera appartenenti al piano di controllo [2, 3, 4].

Nasce dunque la necessità di spostare il più possibile le funzionalità di commutazione nel dominio ottico. In questa prospettiva, la commutazione di pacchetto ottico diventa la tecnologia abilitante per sfruttare ulteriormente la capacità di comunicazione del canale ottico. La commutazione di pacchetto ottico (Optical Packet Switching – OPS) consente l’introduzione del concetto di multiplazione statistica direttamente nel dominio ottico e garantisce un certo livello di trasparenza per quanto riguarda il payload del pacchetto [1, 5, 6, 7, 8, 9, 10].

Numerosi sforzi di ricerca nell'ultimo decennio hanno riguardato la realizzazione di reti nelle quali vi sia una diretta manipolazione del pacchetto ottico. Il principale obiettivo è di costruire una rete fotonica trasparente, adatta a supportare una vera commutazione di pacchetto ottico nel piano dei dati e capaci di trasportare traffico a frequenze di cifra elevatissime. Nel dettaglio, trasportare informazione in modo trasparente significa che il payload del pacchetto dati deve essere trattato come un "contenitore" che viene commutato in maniera indipendente dal protocollo e dal formato, ed instradato sulla base delle indicazioni contenute in un’etichetta o header ad esso associato.

Un obiettivo intermedio consiste nel progettare una tecnica di elaborazione dell'etichetta. Una scelta fatta è quella di adottare una politica di instradamento della sorgente, cosicché la riscrittura dell'header non sia strettamente necessaria. Le reti tradizionali orientate al pacchetto possono essere interfacciate col dominio ottico come reti "clienti" iniettando traffico basato su formati eterogenei attraverso un elemento di rete di frontiera, quest'ultimo responsabile dell'assemblaggio dei pacchetti ottici (secondo il formato adottato dalla rete). Nelle reti ottiche la funzionalità di commutazione (switching) rappresenta un notevole collo di bottiglia per la capacità della rete. La scelta di un'architettura "tutto in ottico" permette di ridurre la latenza dello switch ed incrementare la velocità di commutazione.

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La migrazione verso il dominio ottico tuttavia non è immediata: le funzionalità del router devono essere riprogettate. In questa linea di ricerca ciascun servizio implementato da un router elettronico verrà analizzato e messo in relazione a tutti i vincoli tecnologici tipici del dominio ottico.

Grazie allo sviluppo di tecniche per la multiplazione ottica nel dominio del tempo (Optical Time Division Multiplexing - OTDM), che consiste nell’immettere in fibra diversi canali precedentemente interallacciati temporalmente su una stessa trama per mezzo di multiplatori interamente ottici, si sono raggiunti numerosi risultati per quanto riguarda rigenerazione del segnale, recupero del sincronismo, conversione di lunghezza d’onda, tutto effettuato rigorosamente in ottico. Non è pensabile di trasferire l’architettura di un router elettronico, visto che la discrepanza più rilevante è l’assenza di buffer ottici, per quanto alcune soluzioni di flip-flop, sfruttando la bistabilità di qualche componente, siano state già proposte. Comunque la non disponibilità di memorie ottiche rappresenta un grande vincolo all’implementazione di funzionalità di buffering: lo scarto del pacchetto od una deflessione dal percorso previsto sembrano essere ad oggi le sole soluzioni praticabili.

Una prima importante proprietà richiesta al nodo fotonico consiste nella trasparenza alla velocità trasmissiva ed alla scalabilità al crescere della velocità di segnalazione e del numero di porte. Inoltre il supporto di classi di traffico con diversa qualità del servizio può essere utile specialmente per gestire correttamente la risoluzione delle contese tra i pacchetti.

Con riferimento all’architettura di rete ottica in considerazione distinguiamo tra nodi edge e nodi core.

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Concentrandoci sul nodo di core si definisce un diagramma a blocchi che descrive le operazioni fondamentali che si devono compiere all’interno del nodo stesso. Verrà evitata ogni conversione opto-elettronica all’interno del nodo.

Figura 1-2: Architettura di un nodo core all-optical

Si prendono in considerazione nodi con due ingressi e due uscite, da usarsi come blocchi elementari per realizzare switch più complessi.

Il pacchetto in arrivo è suddiviso in due cammini separati, il primo che porta l’informazione del payload, il secondo dedicato al riconoscimento ed al processing dell’etichetta.

Il primo cammino è ritardato e rappresenta l’ingresso allo switch 2x2, mentre l’altro è utilizzato per generare il segnale di controllo dello switch.

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Figura 1-3: Schema del nodo

Possono essere seguiti due approcci in funzione della struttura del pacchetto. L’etichetta viene trasmessa in banda e può essere codificata in maniera seriale (trasmettendola prima del payload) o parallelo (ad esempio usando una polarizzazione ortogonale). Nel primo caso l’intestazione è preservata lungo tutto il percorso della rete, nel secondo l’intestazione viene separata dal payload e deve essere riscritta alla porta d’uscita.

Il processore dell’intestazione ha il compito di produrre il segnale corretto per lo switch: ciò implica la lettura dell’intestazione, la scelta della porta di uscita e la generazione di un opportuno segnale di controllo. Queste funzionalità possono essere realizzate in modo semplice considerando un’intestazione in cui ogni bit rappresenta una porta d’uscita di ciascun nodo. Il bit corretto viene letto usando un segnale di sincronizzazione e tale informazione è utilizzata per settare un flip-flop ottico responsabile della produzione del segnale di controllo dello switch. Il segnale di controllo deve essere sufficientemente veloce da evitare l’inserimento di lunghi tempi di guardia tra intestazione e payload.

Lo switch ottico opererà in tre modalità differenti: commutazione spaziale, commutazione in lunghezza d’onda e commutazione ibrida (spazio-lunghezza d’onda).

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Questa caratteristica può incrementare la flessibilità del nodo in termini di risoluzione delle contese. Nel nodo non sono implementate operazioni di buffering e di sincronizzazione, la contesa tra pacchetti è risolta tramite la tecnica del deflection routing (sia spaziale che in lunghezza d’onda.

Per mettere il nodo in grado di svolgere otticamente le funzioni di instradamento e commutazione si rende necessario lo sviluppo di sottosistemi.

In particolare il blocco a cui è affidata l’operazione di riconoscimento dell’etichetta del pacchetto e che comanda il controllore dello switch deve compiere l’elaborazione dei dati scritti nell’header, ovvero deve sostanzialmente compiere un confronto tra sequenze ottiche, e necessita dunque di “circuteria logica” a livello ottico.

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1.3 – Porte logiche nel dominio ottico

L’obiettivo di questo lavoro è la realizzazione di funzionalità logiche nel dominio ottico. Per raggiungere alte velocità di riconoscimento dell’indirizzo è necessario investigare i fenomeni ultraveloci in mezzi non lineari. Tra i vari dispositivi utilizzabili è stato scelto l’Amplificatore Ottico a Semiconduttore (Semiconductor Optical Amplifier - SOA).

Essendo un amplificatore facilmente saturabile (saturabile cioè con potenze in ingresso non troppo elevate), il SOA si presta bene per la realizzazione di porte logiche, dove le funzioni booleane vengono implementate grazie ai suoi effetti non lineari.

Esistono altre tecniche di realizzazione di porte logiche che sfruttano sempre fenomeni non lineari. E’ possibile infatti implementare funzioni logiche usando le fibre ottiche ad elevato coefficiente di non linearità (HNLF – Highly NonLinear Fiber).

Gli effetti sfruttati sono sostanzialmente i medesimi che poi andremo ad investigare nel SOA.

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CARATTERISTICA FIBRA SOA

Tempo di risposta (TR) TR < ps

Interbanda TR >> ps

Intrabanda TR < ps (bassa efficienza)

Walk off Presente Assente Stabilità Meno stabile Più stabile

Rumore/Guadagno Assente/Assente Presente/presente Sensibilità alla

Polarizzazione Più sensibile Meno sensibile

Costo Basso Alto

Integrabilità Impossibile Possibile Potenza di commutazione Alta Bassa

Ritardo (τ) τ ≈ µs τ ≈ ps Dipendenza dal pattern Assente Presente Tabella 2: Confronto tra le proprietà del SOA e della Fibra

Come si può notare dalla tabella, non è possibile stabilire quale tra i due mezzi è il migliore, la scelta è basata unicamente su quale delle proprietà rende il dispositivo più performante. La scelta è ricaduta sul SOA grazie soprattutto all’elevato grado di integrabilità di questo dispositivo, che consente così di creare sistemi utilizzanti più porte contenendo le loro dimensioni. Inoltre, sempre in previsione di poter mettere in cascata più porte logiche, il

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In letteratura sono presenti numerosi schemi di porte logiche ottiche, alcune utilizzano fibre ottiche (anche in una configurazione detta NOLM –Nonlinear Optical Loop Mirror [19]) e altre che utilizzano i dispositivi a semiconduttore come i SOA.

Figura 1-4: Porta logica ottenuta sfruttando l'effetto di Self Phase Modulation

Lo schema della porta logica riportato sopra funziona con un NOLM, uno schema di tipo interferometrico, che sfrutta l’effetto di Self Phase Modulation (modulazione di fase autoindotta sul segnale che transita nella fibra ad alta non linearità). Si riescono ad ottenere le funzioni logiche AND, OR, e XOR [12].

Figura 1-5: Schema di una porta NOR che sfrutta l'effetto di Cross Gain Modulation (XGM) in due SOA

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Figura 1-6: Schema di una porta XOR che sfrutta l'effetto di XGM in due SOA.

In entrambi gli schemi basati sul SOA riportati in figg. 1-5 e 1-6, vengono utilizzati due di questi dispositivi per realizzare una sola funzione logica. Entrambe le porte sfruttano l’effetto di Modulazione Incrociata del Guadagno (Cross Gain Modulation - XGM) che segnali potenti (detti di pompa) iniettati nel SOA inducono su segnali a bassa potenza [13,14].

In questa tesi si è cercato di creare, in prima battuta, un sistema che realizzasse la funzione logica XNOR (detta anche EQUIVALENCE) utilizzando un solo componente, un unico SOA, con il vantaggio di ridurre le dimensioni dello schema ed incrementare le possibilità di integrazione. Tale porta logica è in grado, come si evince dalla tabella di verità sotto riportata, di riconoscere l’uguaglianza tra due sequenze di bit.

Input1 Input2 XNOR

0 0 1

0 1 0

1 0 0

1 1 1

Tabella 3: Tabella di verità della funzione XNOR (EQUIVALENCE). L’uscita è alta quando gli ingressi sono uguali

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Successivamente, modificando in minima parte lo schema utilizzato, è stato possibile realizzare altri tipi di porte logiche utilizzando sempre un unico dispositivo. In particolare sono state analizzate e implementate, oltre alla porta XNOR, le porte AND, NOT e NOR. Prima di passare all’implementazione del setup, si è reso necessario eseguire una preliminare caratterizzazione dei SOA presi in considerazione, per poter poi sfruttare al meglio le loro proprietà..

Dopo una breve trattazione teorica e matematica delle caratteristiche del dispositivo, si passa ad un’osservazione direttamente in laboratorio dei suoi comportamenti, avendo a disposizione diversi modelli di SOA con differenti attributi.

Scegliendo poi tra i vari dispositivi caratterizzati, si passa alla realizzazione del circuito che deve assumere la funzionalità logica voluta.

Infine si passa all’analisi del funzionamento con diversi segnali ottici, aggiustando via via la lunghezza d’onda e la potenza dei segnali in gioco al fine di ottimizzare le prestazioni del sistema, utilizzando sperimentalmente diverse velocità di cifra (fino a 10 Gbit/s). Sono state utilizzate sequenze di bit sia Non-Return-to-Zero che Return-to-Zero, quest’ultimi generati usando una sorgente di impulsi ultracorti di tipo ad Aggancio di Modi (Mode Locking – ML) attivo in fibra.

A conclusione, una volta stabilita la configurazione ottimale, vengono riportate le curve di BER dell’uscita della porta logica confrontate con quelle di uno dei segnali in ingresso (back-to-back).

Figura

Tabella 1: Velocità di trasmissione secondo gli standard SONET e SDH
Figura 1-1: Architettura di riferimento per una rete OPS
Figura 1-2: Architettura di un nodo core all-optical
Figura 1-3: Schema del nodo
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