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La comunicazione digitale nelle imprese calcistiche

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di economia e

management

Corso di Laurea Magistrale in

Marketing e ricerche di mercato

Tesi di Laurea

“LA COMUNICAZIONE DIGITALE

NELLE IMPRESE CALCISTICHE”

Relatore: Prof. Antonella Angelini Candidato: Niko Paolieri

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INDICE

INTRODUZIONE ... 6

CAPITOLO 1... 8

LO SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE ... 8

La comunicazione d’impresa ...10

Tipologie di comunicazione ...10

I destinatari della comunicazione d’impresa...12

Nascita e sviluppo dei mezzi di comunicazione ...13

I mezzi di comunicazione tradizionali usati dalle imprese ...16

La stampa...16

Il cinema ...19

Il telefono...20

La radio...21

La televisione ...22

Il declino dei mezzi tradizionali ...23

Breve storia di Internet: dall’ARPANET al Web 3.0 ...24

Focus sulle caratteristiche del Web 2.0 ...27

Il Blog ...28

Il Wiki ...29

Il Podcast ...30

Il forum ...30

Social Network ...31

Web 2.0 ed il mondo del lavoro ...37

Le nuove professioni del web ...37

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Community Manager ...38

Transmedia Web Editor ...39

Digital PR ...40

Web Analyst ...40

SEO Specialist ...41

CAPITOLO 2...42

LA COMUNICAZIONE IN AMBITO CALCISTICO ...42

Imprese e comunicazione ...42

Risultati della comunicazione ...45

La comunicazione nei club di calcio dal 1900 ad oggi ...46

I primi passi nel calcio: i primi media ...46

Il cambiamento: l’avvento di Internet ...48

I motivi per determinare quale Mass media utilizzare ...48

Il calcio italiano sui Social ...49

Facebook ...50

Instagram...52

Twitter ...54

LinkedIn ...55

Youtube ...56

“Best practices” sportive in ambito social ...57

Comunicazione e brand equity ...60

Strategie di comunicazione e CSR ...62

CAPITOLO 3...64

L’ANALISI EMPIRICA ...64

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I top club italiani ...65

F.C. Internazionale ...65

A.C. Milan ...66

Juventus Football Club ...66

I tre club e lo sviluppo del sito web ...66

Sviluppo della comunicazione su Facebook ...67

Metodologia d’indagine ...68

Analisi delle metriche inerenti Facebook ...69

Analisi del sentiment ...87

Pro e contro dell’analisi del sentiment ...87

Obiettivi della sentiment analysis ...88

Come è stata strutturata l’analisi ...89

Metodologia analisi del sentiment su Facebook ...89

Svolgimento dell’analisi ...91

CONCLUSIONI ...95

BIBLIOGRAFIA ...98

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INTRODUZIONE

Il mondo della comunicazione, sin dall’antichità, è stato caratterizzato da una continua diffusione ed un esponenziale progresso. La comunicazione si è pian piano evoluta, passando dal semplice passaparola fino alla dimensione odierna che passa attraverso anche e soprattutto attraverso il web. Nella fase attuale, i portali di condivisione come social media, forum e blog, rappresentano le finestre grazie alle quali l’azienda può attivamente entrare a far parte delle dinamiche della rete ed interagire proattivamente con i propri utenti. In questo panorama, il web si configura come un portale universale in quanto, a prescindere dalla natura dell’utente (che sia un privato, un’azienda, un’impresa) e del campo di applicazione (che si tratti di relazioni interpersonali, o dinamiche riguardanti il mondo del lavoro), afferma sempre e comunque la sua grande efficacia comunicativa. Tale discorso può essere benissimo applicato alle imprese calcistiche, le quali si sono dovute attivare attraverso varie azioni sul web per rimanere al passo con i tempi e perciò relazionarsi con i propri stakeholder. Alla luce di quanto affermato, l’obiettivo di tale elaborato è quello di andare ad indagare come è mutata la comunicazione per le imprese calcistiche, ponendo come punto di svolta proprio il web. Si cercherà indagare vari aspetti della comunicazione digitale e si focalizzerà l’attenzione sugli strumenti utilizzati dalle imprese calcistiche per informare i propri sostenitori o più semplicemente gli utenti. Prima di entrare nel merito di tali questioni, l’argomentazione del primo capitolo di tale scritto ruoterà attorno a temi di carattere generale, con funzioni puramente introduttive. Nello specifico, in prima istanza verrà intrapreso un breve “viaggio nel tempo”, il quale ci condurrà alla scoperta dello sviluppo dei mezzi di comunicazione. Si passerà dal passaparola utilizzato secoli fa alla scoperta di Internet, focalizzando l’attenzione proprio sul web ed i suoi strumenti. Si discuterà inoltre anche di tutte le nuove professioni di cui hanno avuto bisogno le aziende per riuscire ad emergere dal “labirinto” della rete. In seguito, nel secondo capitolo si è inizialmente cercato di creare un quadro generale della comunicazione in rete di un’azienda prototipo. In seguito si è ripreso il discorso degli strumenti utilizzati dalle imprese sul web (forum, sito, social network), incentrando il discorso sui club di calcio della seria A, riferendosi alla stagione 2017/2018 e focalizzando il discorso su come questi club di calcio utilizzano i social media. Le argomentazioni del secondo capitolo saranno imperniate

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attorno ad un processo di rilevazione di dati, all’interno del quale verranno prese in considerazioni variabili relative alla presenza ed all’azione sul web, delle società del calcio italiano professionistico; in tal senso, i valori raccolti verranno confrontati e combinati tra loro, col fine di ricavare spunti di interesse riguardanti le modalità di utilizzo degli applicativi del web da parte delle società in esame. Si è poi concluso il secondo capitolo, trattando di due tematiche molto importanti, cioè la brand equity e la responsabilità sociale in relazione sempre alla comunicazione. Il terzo ed ultimo capitolo, invece, sarà caratterizzato da un approccio più specifico; all’interno di tale sezione, infatti, verranno posti sotto esame i tre club di calcio più importanti della Serie A, prendendo in considerazione ed analizzando la comunicazione effettuata dai tre club sopracitati nel social network di maggiore prestigio, cioè Facebook. Si è in primo luogo analizzato il modo di comunicare dei tre club in questione, raccogliendo anche in questo caso una grande quantità di dati. In seguito si è fatto un’analisi del sentiment, mettendo a confronto lo stesso post, pubblicato in due pagine diverse e si è tratto infine delle conclusioni.

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CAPITOLO 1

LO SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE

La comunicazione è uno degli elementi fondamentali della vita degli uomini. Quello della comunicazione può essere definito l’avvenimento primordiale della coesistenza, delle relazioni e interazioni umane ed è quindi antico quanto la civiltà stessa dell’uomo. Il termine deriva dal latino e significa condividere con gli altri pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti. Comunicare indica stabilire dei rapporti tra individui e ricevere informazioni tramite messaggi codificati. È diventato, specialmente nell’ultimo secolo, sempre più esteso, multidimensionale e complesso. Una comunicazione efficace è la base che consente di sviluppare qualsiasi attività lavorativa. Padroneggiare le tecniche e i comportamenti della comunicazione significa farsi conoscere e conoscere chi ci sta di fronte, significa adeguare il proprio e l’altrui comportamento in funzione dell’obiettivo. Si comunica non solo per mezzo della parola scritta o parlata, ma anche tramite il silenzio, il movimento, l’immobilità, i gesti, il tono della voce e soprattutto anche le cose possono essere utilizzate nel processo di comunicazione. Come afferma un famoso psicologo austriaco, che si chiama Paul Watzlawick “È impossibile non comunicare, non esiste un comportamento che non sia comunicativo”, cioè tutto crea un rapporto fra l’individuo e l’ambiente sociale, tutto comunica. Ogni comportamento è di per sé comunicativo, anche come precedentemente citato restare in silenzio oppure isolarsi è un comportamento che si può definire negativo ed è perciò impensabile avere un non-comportamento.

I tipi di comunicazione possono essere generalmente due:  Comunicazione sociale

 Comunicazione interpersonale

La comunicazione sociale più nota come comunicazione di massa viene realizzata da una o poche persone ed è rivolta a molti individui (televisione, stampa, radio).

La comunicazione interpersonale coinvolge due o più persone e si basa sempre su una relazione in cui gli interlocutori si influenzano sempre l’un l’altro, anche quando non se ne rendono conto. Una comunicazione esaustiva avviene se sono presenti i seguenti elementi:

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L’emittente, cioè la fonte, è colui che invia il messaggio e da inizio alla comunicazione.

Il ricevente o destinatario è colui che riceve il messaggio. Il ricevente solitamente rimanda un altro segnale, che prende il nome di feedback.

Il messaggio o contenuto è ciò che viene comunicato e può essere di varia natura. Il codice che viene anche detto linguaggio (verbale, non verbale, para verbale), riguarda il modo in cui si comunica dando un significato convenzionale al messaggio. La decodifica rappresenta quel processo mentale e psicologico con il quale che riceve il messaggio, da una sua personale interpretazione al messaggio e cioè gli attribuisce un significato.

Il canale è il mezzo con cui avviene la comunicazione.

Il contesto riguarda il luogo, il momento e le circostanze in cui si comunica.

I filtri, riguardano tutto ciò che disturba, altera o più raramente, facilita la comunicazione; possono essere fisici (rumore, brusio, volume basso della voce, silenzio) che psicologici (aspettative, bisogni, pregiudizi, vissuti emotivi). Mentre i filtri fisici sono più facilmente gestibili, quelli psicologici sono più complessi da evitare proprio perché sono quasi sempre inconsapevoli.

Gli elementi della comunicazione agiscono in modo circolare perché il ricevente, se risponde, diventa a sua volta emittente e il processo continua fino al termine della conversazione.

È altresì importante il ruolo del ricevente il quale deve ascoltare e comprendere senza fraintendimenti.

Nella comunicazione bisogna fare uno sforzo consistente per ascoltare; infatti l’ascolto è la vera premessa per mettere in comune opinioni o emozioni con l’altro. Saper ascoltare quindi significa porsi in modo attivo nei confronti dell’interlocutore, costringendo sé stesso e l’altro ad una maggiore comprensione reciproca, prima di formulare giudizi.

L’efficacia comunicativa di un’azienda dipende dal grado di interazione fra tutti questi elementi. La complessità sta nel fatto che il processo psicologico di ogni persona è diverso, perciò non si avrà mai un messaggio che sarà compreso da tutti allo stesso modo. Più sarà alto il grado conoscenza di un’impresa del target group e più la codifica e decodifica andranno a coincidere e di conseguenza anche il grado di congruenza fra il significato del messaggio e la risposta dell’individuo.

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10 La comunicazione d’impresa

La comunicazione va interpretata in senso ampio e non limitata alla sola pubblicità, con cui viene talvolta fraintesa come sinonimo.

La pubblicità, pur essenziale e importante per la capacità dell’impresa di esprimersi e farsi conoscere, è solo una componente, e talvolta neanche la più importante, dell’insieme delle attività di comunicazione che l’azienda sviluppa o dovrebbe sviluppare. Fanno parte della comunicazione dell’impresa l’immagine che essa trasmette e come è percepita dal proprio mercato di riferimento, l’identità, la marca e il suo valore riconosciuto o misconosciuto, la reputazione e l’affidabilità che l’impresa costruisce faticosamente con la propria storia, la cultura che l’impresa afferma con i propri comportamenti e valori di riferimento. Gli strumenti con cui l’impresa comunica sono vari ed articolati: la pubblicità vera e propria, le promozioni, le pubbliche relazioni, le eventuali sponsorizzazioni, il marketing diretto, la comunicazione interna, le modalità di contatto e di presentazione da parte della propria forza di vendita, gli eventi, la partecipazione a fiere e manifestazioni, i manuali che accompagnano i prodotti, il packaging di prodotto e gli imballi. Non si può pensare che le modalità di comunicazione siano indifferenti oppure onnicomprensive per ognuna di queste componenti. Infatti ogni mezzo ed occasione di comunicazione ha una propria specificità, e ognuno va utilizzato per le potenzialità e le possibilità che esso offre. I mezzi e le modalità di comunicazione non sono intercambiabili tra loro, perché rispondono a differenti esigenze ed obiettivi, e dispiegano appieno la loro efficacia se finalizzati a certi scopi e non ad altri. Non è la stessa cosa, per esempio, realizzare una campagna pubblicitaria utilizzando i quotidiani piuttosto che partecipare ad una fiera, invece che magari dedicare gran parte delle proprie risorse di comunicazione ad un intenso programma di attività di direct marketing. Inoltre per ogni combinazione del marketing-mix va costruita e dosata l’opportuna articolazione dei vari componenti della comunicazione.

Tipologie di comunicazione

La comunicazione che veniva fatta dalle imprese negli anni a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, era una comunicazione massificata, cioè one-to-market. I

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media principalmente utilizzati erano la stampa, la radio ed in maniera più marginale il cinema. Dopo le guerre fu inventata la televisione, la quale contribuì ancor di più a questo tipo di comunicazione. Questi mezzi venivano usati per comunicare alle masse e spostare l’attenzione sul loro prodotto. La comunicazione è prodotta dall’impresa stessa e raggiunge un numero di persone elevatissimo, le quali non hanno relazioni tra di loro. In seguito è la comunicazione è passata da massificata ad individuale, fino a diventare internazionale e globale. Si è passati dal one-to-market al one-to-one fino al one-to-many. Si è giunti infine alla comunicazione many-to-many, che è paritaria e condivisa, in riferimento ai new media. Nello specifico, il modello one-to-one (uno ad uno) prevede un flusso comunicativo che parte da una sola fonte e giunge ad un singolo utente, quindi un’interazione fra due soggetti, mittente e destinatario, che comunicano fra di loro. Il modello one-to-many (uno a molti), invece, comporta la presenza di più riceventi e di un unico mittente. Infine, il modello più recente e interattivo è quello many-to-many: il flusso di comunicazione in questo caso vede coinvolte più persone che si scambiano informazioni. Il flusso del processo comunicativo, poi, può essere unidirezionale, bidirezionale e multidirezionale:

 unidirezionale: la ricezione di un messaggio non prevede risposta (ad es. cartellonistica);

 bidirezionale: rapporto di tipo circolare, cioè il mittente e destinatario interagiscono;

 multidirezionale: il processo di comunicazione vede coinvolti più utenti che interagiscono fra loro, si tratta quindi di un tipo di flusso che parte da molti ed arriva a molti. A questo, poi, può aggiungersi il flusso multimediale, che consiste nell’utilizzare, durante la comunicazione, mezzi di comunicazione tecnologici.

L’ultimo punto che spiega com’è cambiata negli anni la comunicazione e nello specifico il messaggio, il contesto e la diffusione è quello che riguarda la tempistica di interazione. Essa, infatti, può essere sincrona o asincrona: la prima prevede la contemporaneità dei flussi e cioè l’immediatezza di ricezione del messaggio, impegnando così mittente e ricevente continuamente e creando un flusso di co-evoluzione per il processo di comunicazione stesso. L’altra, al contrario, non comporta un rapporto face to face e la contemporaneità; un’interazione asincrona è, infatti, ad esempio un sms o una e-mail che non necessariamente presuppongono una risposta

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immediata, anche se è opportuno sottolineare che le piattaforme di instant messaging consentono, come suggerisce il nome, la quasi-contemporaneità.

“Oltre ai cambiamenti che riguardano il processo di comunicazione, anche i mezzi che si usano per poterlo attuare hanno subito importanti variazioni. Notiamo, infatti, come essi siano strettamente legati al concetto di cambiamento: tutta la loro storia può essere letta come una metamorfosi continua, così come anche il nostro rapporto con essi, che dalla stampa alla radio, dalla TV ad Internet si è trasformato nel tempo.”3

I destinatari della comunicazione d’impresa

L’impresa deve intrattenere una fitta rete di relazioni di natura economico e sociale. Un’azienda oggi non interagisce più solo con i suoi clienti o i suoi fornitori ad esempio, bensì interagirà con un numero sempre maggiore di interlocutori. Nel corso dei differenti contesti storici, l’impresa ha assunto una specifica funzione organizzativa ed una determinata impronta culturale che si è adeguata di volta in volta. È dagli anni Novanta in poi che la comunicazione muta la sua natura in risposta al nuovo contesto economico e sociale: da strumento utile impiegato per sostenere l’immagine aziendale, diventa indispensabile per il funzionamento dell’impresa stessa, strutturata sempre più quale rete di comunicazioni complessa. Esistono infatti due tipi di comunicazione che può compiere l’impresa:

 Comunicazione interna  Comunicazione esterna

La comunicazione interna è rivolta al personale interno all'impresa ed influisce su comportamenti e processi decisionali al fine di incrementare una forza coesiva. Si riferisce all’analisi di alcuni fattori: i flussi di comunicazione all'interno di un determinato ambiente di lavoro, il clima aziendale, l’impressione che il personale ha dell'immagine dell'azienda con cui collabora o per cui lavora, l'individuazione di soluzioni migliorative per comunicare e consolidare i rapporti con i propri collaboratori.

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La comunicazione esterna è rivolta ai sistemi ambientali all'interno dei quali opera l'impresa ed ha il fine d'integrare l'impresa con i suoi diversi ambienti di riferimento. Si riferisce all' analisi e alla verifica della percezione dell'immagine aziendale che si ha all'esterno, nonché all’ elaborazione della comunicazione (pubblicitaria e non) per divulgare in maniera efficace e distintiva i propri prodotti/servizi e la propria immagine puntando ad una collocazione ed un ruolo chiari ed esclusivi con un’identità precisa, inequivocabile, lineare e per questo riconoscibile. L’immagine, infatti, identifica l´azienda agli occhi del pubblico e ne determina il posizionamento nel contesto sociale a cui appartiene.

La distinzione tra comunicazione interna ed esterna è limitativa perché non consente di cogliere tutti gli elementi di differenziazione della comunicazione, soprattutto in presenza di pubblici che si collocano su posizioni intermedie.

Nascita e sviluppo dei mezzi di comunicazione

A partire dalla prima metà dell’Ottocento, gli studi sulla comunicazione trovano nei mezzi di comunicazione la loro principale fonte di studio. L'ingresso dei mezzi di comunicazione nella società ha prodotto diversi mutamenti sociali e culturali. È l’Ottocento il secolo in cui prende forma la cosiddetta società dell’informazione, che deriva da un preciso bisogno: praticare un efficace controllo sia sulla produzione materiale sia sui mercati, in quanto essi sono sempre più distanti dai luoghi di produzione. Questa necessità stimola la scoperta di tecnologie di comunicazione e di elaborazione delle informazioni che produce una vera e propria rivoluzione interessando, in primo luogo, la produzione, la distribuzione e il consumo di beni materiali. In secondo luogo la “rivoluzione dell’informazione” viene vista più come un modo di vivere che come un modo per controllare la produzione di un bene materiale. Gli effetti perciò non rimangono circoscritti all’ambito della produzione, ma abbracciano tante altre sfere, fra cui quella di marketing in cui la comunicazione ed il passaggio di informazioni svolgono un ruolo fondamentale.

Infatti nel momento in cui viene creata un’azienda, essa ha la necessità di farsi conoscere e riconoscere; ne va della sopravvivenza stessa della nuova entità. Essa deve necessariamente sfruttare i più svariati mezzi di comunicazione disponibili come ad esempio il telefono, la stampa, un messaggio di posta elettronica, un cartellone a lato di una strada e tramite essi, deve cercare di comunicare la propria offerta. Il contenuto

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del messaggio deve essere chiaro per poter essere percepito ed interpretato nel modo corretto.

La comunicazione d'impresa ha generalmente tre tipologie di obiettivo:

 Informare: deve far conoscere l’azienda ed i suoi servizi e divulgarne l'immagine

 Persuadere: deve dare sicurezza sulla qualità dei servizi o dei prodotti offerti e deve inoltre convincere sulla solidità della impresa.

 Motivare: deve incoraggiare il cliente ad acquistare il bene o il servizio per il buon rapporto prezzo/qualità e per i vantaggi che egli ne può trarre.

A volte ciò che viene comunicato non ha un'origine volontaria; possono essere trasmessi messaggi percepiti dal soggetto ricevente senza che l'emittente se ne renda conto. Si deve inoltre precisare che la comunicazione d’impresa prima dell’introduzione della televisione e soprattutto di internet, era piuttosto semplice ed elementare. Con l’avvento di questi media, che si rivolgono ad un pubblico più vasto, la comunicazione si arricchisce di nuovi elementi ed anche di un numero sempre maggiore di concorrenti. Una cultura della comunicazione è, dunque, decisiva per l’impresa: incide sui valori, sugli atteggiamenti, sulle credenze di chi ne è partecipe, condiziona le motivazioni e modifica il comportamento dei destinatari. Tale cultura ha preso sempre più campo, finendo per essere oggi il motore dell’impresa. Perciò tale ricchezza va gestita: per questo è doveroso domandarsi di quali strumenti essa si serva ed attraverso quali mezzi si attui. Nel cercare di rispondere a questo interrogativo, è necessario partire dalla considerazione che i messaggi emessi dalle organizzazioni sono di tipo molto vario ed i mezzi utilizzati per veicolare questo messaggio sono cambiati nel corso degli anni, evolvendosi. Fino alla metà dell’Ottocento, la comunicazione veniva fatta dalle organizzazioni dell’epoca tramite il passaparola e la stampa. In seguito si sono susseguite numerose invenzioni tra cui il telegrafo, il telefono ed il cinema. Ma la vera rivoluzione nelle comunicazioni si ha dopo la Prima Guerra Mondiale con l’invenzione della televisione e negli anni ’60 con la creazione dell’ARPANET, poi trasformatosi in Internet. Quest’ultimo segna l’apice della società dell’informazione in quanto tecnologia “ineguagliabile nella sua capacità di manipolare e trasformare l’informazione e perciò di svolgere, automaticamente e senza l’intervento degli uomini, funzioni eseguibili in precedenza solo dal cervello umano”4

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Si possono così individuare generalmente cinque periodi fondamentali nella storia della comunicazione:

 Il linguaggio, il quale è stato impiegato dagli uomini all’incirca 40.000-30.000 anni fa.

 La scrittura, che è stata introdotta nel 400 a.C. È stato una creazione importante in quanto quest’ultima permetteva di costudire le informazioni e dava la possibilità di riproduzione del testo e di comunicarlo a distanza.

 La stampa, che è stata una scoperta fondamentale per la riproducibilità tecnica della scrittura. Era possibile perciò copiare tante volte uno stesso documento ad un costo piuttosto basso e con tempi contenuti. Questo è stato alla base dello sfruttamento commerciale dei prodotti culturali e decreta quindi uno dei requisiti fondamentali per l’avvio della fase di commercializzazione della cultura. Altri tipi di tecnologie di riproduzione che si sono affermate in epoca più recente sono la fotografia, il cinema e la riproduzione del suono.

 La telecomunicazione, attraverso l’invenzione del telegrafo e del telefono, segna la possibilità di trasmettere informazioni ad “uno ad uno” istantaneamente ed a distanza. In seguito nascono la radio e la televisione che portano con sé la possibilità di comunicare “da uno a molti”. Se da una parte i sistemi di comunicazione “uno ad uno” portano una grande rivoluzione nella vita delle persone, non si può dire lo stesso per quanto riguarda la vita delle imprese che sotto il profilo comunicativo dall’interno verso l’esterno, non vengono interessate molto da questo cambiamento. Il vero point-break per le imprese sotto il punto di vista comunicativo verso gli stakeholder sono le invenzioni della radio e della televisione, le quali consentono la divulgazione di informazioni standardizzate ad una grande quantità di persone. Esse danno origine a un processo comunicativo di tipo nuovo, cioè la comunicazione di massa e fanno capo ad apparati organizzativi e a modelli industriali ed economici di tipo inedito.

 L’informatica, attraverso la telematica e l’adozione del codice digitale, hanno stravolto la comunicazione, sia nel tempo che nello spazio. Grazie ad Internet le persone possono comunicare a grandi distanze in tempo reale, possono accedere a contenuti relativi al passato e al futuro, nonché possono essere creatori di contenuti nel presente.

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La rete comunicativa diventa perciò via via più fitta, capillare e diversificata. È interessante anche notare come fra l’invenzione della scrittura a quella della stampa intercorrono all’incirca cinquemila anni, mentre tra l’invenzione della stampa e i media elettrici non intercorrono neppure quattro secoli ed infine il passaggio dal telegrafo al World Wide Web richiede soltanto circa 150 anni.

I mezzi di comunicazione tradizionali usati dalle imprese

Come si è precedentemente affermato, nella seconda metà dell’Ottocento nascono i primi mezzi di comunicazione di massa e inizia la globalizzazione delle comunicazioni. Perciò, a seconda dell’epoca in cui un’impresa esisteva, essa poteva usare i mezzi di comunicazione inventati in quel periodo, in modo da comunicare con i propri stakeholder. Ad esempio, un’impresa negli anni venti utilizzava principalmente la stampa e il telefono, mentre un’impresa negli anni ‘80, avrà utilizzato anche la televisione e la radio per rivolgersi agli individui. Si è parlato dei mezzi di comunicazione tradizionali e non, in maniera piuttosto generale. In questo paragrafo si andrà a vedere più nello specifico come comunicavano le imprese prima dell’avvento di Internet.

La stampa

La stampa nasce nel 1400 ma diventa mezzo di comunicazione di massa per le imprese solo nella prima metà dell’Ottocento. Infatti ci sono stati dei fattori favorevoli che hanno portato questo mezzo di comunicazione a svilupparsi così tanto. Ci sono stati dei mutamenti sociali, quali l’industrializzazione e l’urbanizzazione che hanno spinto le persone a spostarsi verso le città. In questo periodo c’è stata una grossa scolarizzazione, che ha ridotto sensibilmente l’analfabetismo, creando così persone in grado di saper leggere un giornale. Altri fattori da considerare, seppur più marginali, sono l’invenzione dell’elettricità che permise la lettura anche la sera e l’ampliamento del diritto al voto, che aumentò la necessità di raccogliere informazioni. Ci furono dei mutamenti tecnologici, che aumentarono la qualità degli strumenti con cui venivano creati i giornali. In questo modo, attraverso l’implementazione di queste migliorie, i giornali venivano stampati progressivamente con l’avanzare degli anni, ad un costo

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minore e con tempi più brevi. Ci sono infine anche dei mutamenti economici, come l’abolizione di alcune tasse che portarono i giornali verso un pubblico più ampio. È proprio in questo momento, verso la fine dell’Ottocento, che comincia la comunicazione da parte delle imprese sui quotidiani, attraverso la pubblicità. All’inizio la pubblicità veniva fatta solo con testi e disegni ed era molto immediata. Ad esempio venivano usati verbi imperativi come “Bevete…” oppure “Comprate…”. Negli anni a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, la pubblicità fece un passo in avanti. Le prime istanze di cambiamento si ebbero negli Stati Uniti, dove in virtù della maggior efficienza ottenuta nella gestione dei processi industriali, le aziende avevano la necessità di “sostenere” i consumi per evitare che si generasse un surplus di offerta. Infatti la produzione a quell’epoca mirava alla standardizzazione del prodotto e alla massima efficienza degli impianti e dell’attrezzatura, creando così il maggior numero possibile di beni. La finalità della stampa in questo periodo era proprio quella di attirare le persone in modo da vendere più prodotti possibili. In seguito, dopo questa prima forma piuttosto elementare di pubblicità, è stata avvertita dalle imprese la necessità non solo di far sapere che c’era sul mercato un determinato prodotto, bensì voleva che il cliente preferisse quel prodotto rispetto a quello dei concorrenti. “Negli anni ’20 in America e nel dopoguerra in Italia, anche grazie all’evoluzione della cultura di marketing, si fa strada nella pubblicità una tendenza che imporrà il superamento di una impostazione finalizzata alla generica presentazione di un marchio o di un prodotto, per favorire un orientamento teso ad enfatizzarne le qualità e le prestazioni.”5

Nel dopoguerra, la stampa acquista sempre più campo, favorita dalla disponibilità economica sempre maggiore delle persone, che eccede quella necessaria per fronteggiare i consumi di prima necessità. In questo modo, resta una parte dello stipendio da spendere in beni voluttuari, cioè beni di seconda necessità, tra cui i giornali. Il sistema dell’offerta non è in grado di far fronte all’aumento della domanda, quindi le aziende concentrarono la propria attività sul raggiungimento di un’elevata efficienza produttiva che consenta la riduzione dei costi unitari ed un incremento della produttività; nonché su un processo capillare di distribuzione dei prodotti. Si ritiene che l’obiettivo fondamentale sia quello di consentire ai prodotti un’ampia diffusione a basso costo. Alla pubblicità, sia sui giornali che in televisione, viene chiesto prevalentemente di far conoscere il prodotto. Negli anni Settanta ci fu un rallentamento

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economico generale, con due shock petroliferi nel 1973 e nel 1979 che fecero tremare l’economia. Gli individui avevano minore potere d’acquisto, perciò le imprese si trovarono in un ambiente più competitivo. Dovettero perciò cominciare ad attuare politiche commerciali più aggressive, agendo in modo più massiccio sulla leva pubblicitaria. La stampa in quest’epoca segue gli insegnamenti di Rosser Reeves, il quale ha creato la teoria della Unique Selling Proposition (USP). Ogni campagna pubblicitaria deve proporre un solo beneficio per il consumatore, che la concorrenza non offre o non può offrire e che deve essere così forte da spingere all’acquisto milioni di consumatori. La pubblicità deve così aiutare le vendite facendo preferire il prodotto. Perciò la comunicazione d’impresa diventa uno strumento molto importante all’interno dell’azienda. Inoltre le ricerche psicografiche e sugli stili di vita contribuiscono all’affinamento del linguaggio pubblicitario. A fine degli anni Ottanta, si registra una ripresa economica che sancisce la ripresa della domanda. Il consumatore diventa più edonista, aumenta la concorrenza e la competenza del consumatore sul prodotto. Le imprese perciò quando vanno a comunicare con i clienti, cercano sempre più di differenziarsi dai concorrenti. La crescita economica registrata nella seconda metà degli anni ’80, si esaurisce progressivamente sino ad esaurirsi nei primi anni novanta. Le famiglie, principalmente europee, si trovano così a vivere una situazione di duplice disagio: da un lato la diminuzione del potere di acquisto del reddito disponibile, e dall’altro l’incertezza sul futuro. Tutto ciò favorisce una maggior attenzione nei consumi ed una maggior selettività nelle scelte che tendono a privilegiare i prodotti che offrono un vantaggioso rapporto tra la qualità offerta ed il prezzo. Si espandono così nel mondo i cosiddetti prodotti unbranded, cioè quei prodotti senza marca che hanno una buona qualità ad un prezzo molto competitivo. Essi non hanno bisogno di comunicare alle persone la propria offerta, risparmiando in promozione e pubblicità. Il brand entra in crisi in questo periodo. In seguito, sotto il profilo del marketing, si registra uno spostamento dell’attenzione dal concetto di massa al concetto di singolo, inteso come insieme di valori. Alla fine del 1990, “la comunicazione diviene meno emotiva, più razionale e di tipo informativo. Si torna a parlare del “prodotto” e delle sue caratteristiche.”6

Il nuovo Millennio, con l’espansione di Internet, sconvolge la situazione competitiva nel mercato. “È sufficiente pensare che le vendite complessive di quotidiani nel

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periodo 2007-2016 sono passate da 5,8 milioni a 3 milioni di copie giornaliere, con una riduzione di oltre il 48%. Se si considerano i primi sei quotidiani di informazione per vendite (Corriere della Sera, La Repubblica, Stampa, Il Messaggero, Il Sole24Ore), nello stesso periodo di tempo, il numero di copie giornaliere vendute supera di poco il milione di copie, con i due principali quotidiani che al massimo arrivano a vendere 200 mila copie.”7

Il cinema

La prima proiezione grafica risale al 1895. Il cinema utilizza sia l’immagine (in movimento) che il suono. Da questo punto di vista, il cinema si può considerare più potente della radio e dei giornali poiché grazie a questi due fattori combinati ci fa provare emozioni diverse e molto più intense rispetto al solo suono, oppure alle sole immagini commentate. Proprio per questo motivo i prodotti cinematografici, rispetto agli altri mezzi di comunicazione tradizionali, hanno una enorme capacità di influenzare le masse. In Italia, il primo a capire le grandi potenzialità del cinema fu proprio Benito Mussolini, il quale plasmava il suo regime basendolo sul controllo delle masse. Lo stesso Mussolini asserì in uno dei sui discorsi che “il cinema era l’arma più forte dello Stato”. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si assiste a un vero boom della cinematografia d’impresa, anche perché esso è un mezzo a metà fra arte ed impresa culturale di massa. Il cinema diventa perciò un ottimo mezzo di comunicazione. Le persone cominciano a frequentare più assiduamente le sale cinematografiche. Questo fa sì che anche le imprese si interessino a questo media, cercando di capire come comunicare attraverso di esso. La risposta risiede nella pubblicità più o meno occulta all’interno della pellicola. La particolarità di questo mezzo è che la gente ci va esprimendo la volontà di andarci. Perciò il cinema venne considerato fin da subito un ottimo veicolo per reclamizzare articoli di vario tipo, poiché il pubblico, affascinato dal poter emulare i divi della celluloide, poteva essere facilmente coinvolto e indirettamente sedotto all’acquisto. Tra gli esempi più celebri, c’è quello delle sigarette, che per decenni a partire dagli anni ‘40 furono le amiche più care delle stelle di Hollywood e resero l’uso e l’abuso di questi prodotti più accettabile socialmente. Un altro esempio lampante, che ha poi dato la svolta per aumentare gli investimenti di

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questo genere, è il film E.T. di Steven Spielberg. “In E.T. l'extra-terrestre, Steven Spielberg ha inserito in diverse scene le caramelle Reese's Pieces (molto simili alle M&M's): ad esempio, E.T. viene attirato nella casa del protagonista da una fila di Reese's Pieces. Associando il prodotto al simpatico alieno rugoso le vendite del Reese's Pieces subito dopo l'uscita del film aumentarono dell'80%. Per il caso di E.T. era stata prima contattata la M&M's che ha rifiutato per non voler associare le sue caramelle a un extraterrestre.” 8. Il cinema è un mezzo di comunicazione tradizionale ma ancora

redditizio per le imprese che necessitano di comunicare con il cliente. Si pensi che “a livello mondiale – riporta PQ Media – le stime di crescita di questo particolare settore viaggiano ad un tasso medio annuo del 18,4% nel 2006, addirittura del 20,3% per il 2007, raggiungendo un valore complessivo di mercato di 9,36 miliardi di dollari. Di questi, 4,38 miliardi riguardano il paid product placement, l'inserzione a pagamento, mentre l'altra pratica più diffusa è l'opzione di scambio: l'impresa offre servizi, beni, scenografie o addirittura location, nel caso di un film, e in cambio ottiene visibilità.” 9

Il telefono

La nascita del telefono risale alla seconda metà dell’Ottocento. Questo mezzo di comunicazione entra gradualmente a far parte della vita quotidiana delle persone. Nel Novecento nasce la necessità di mettere in contatto continuo tra loro i grandi dirigenti di industrie e aziende private e questo favorirà la nascita di un uso ‘privato’ del mezzo. La cultura del telefono infatti si diffuse inizialmente soprattutto negli Usa, rese meno isolata la vita nelle fattorie e mutò i metodi della distribuzione commerciale, le pratiche mediche, la vita politica e il giornalismo. Modificò anche le abitudini sociali, non ultime quelle delle donne, che presto iniziarono a apprezzare la chiacchierata telefonica. Dal telefono fisso si è passati nel 1910 alla telefonia mobile in auto per arrivare al Brick phone, il primo cellulare presentato ufficialmente nel 1985. Si può comunque asserire che il telefono, fisso o mobile che sia, abbia rivoluzionato il modo di comunicare degli individui ma soprattutto delle imprese ed i vari stakeholder, ma non delle imprese verso più individui contemporaneamente. Per questo servì la radio ed ancor di più la televisione.

8 https://it.wikipedia.org/wiki/Pubblicit%C3%A0_indiretta

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La radio

Alla fine del Novecento, più precisamente nel 1896 iniziarono le prime trasmissioni radio di Guglielmo Marconi, che aprirono la via ad un sistema di comunicazioni di massa. La radio fu il primo sistema di comunicazioni a distanza, senza filo, ottenuto mediante onde elettromagnetiche. Queste onde sono emanate mediante un'antenna trasmittente alimentate da correnti ad alta frequenza, che vengono generate dal radiotrasmettitore. Durante la Prima Guerra Mondiale la radio venne utilizzata come mezzo di diffusione d'informazioni e di controllo dell'opinione pubblica. Essa diventa così un mezzo di comunicazione di massa. Il termine tecnico per definire tale diffusione è broadcasting. Tale termine identifica la comunicazione unidirezionale da uno verso molti. Come mezzo di informazione, la radio, non aveva confronti prima della fine della Seconda Guerra Mondiale: i notiziari radiofonici entravano nelle case, potevano essere ascoltati in qualsiasi ora, non richiedevano particolari sforzi di attenzione né spese supplementari ed erano molto più tempestivi dei giornali. Capostipite di una serie di invenzioni destinate a improntare di sé la civiltà contemporanea, la radio segnò una tappa decisiva nel cammino della società di massa e inaugurò un'era nuova nel campo delle telecomunicazioni. Fin dall’inizio l’organizzazione radiofonica prese due vie diverse: negli USA quella della libertà commerciale, per cui in ogni città era possibile all’utente scegliere fra diverse emittenti; in Europa in generale quella del monopolio pubblico, per cui era lo Stato a fornire il servizio dietro pagamento di una sorta di abbonamento. Nonostante il suo utilizzo, nel dopoguerra la radio fu superata in celebrità dal cinema e dalla TV. Infatti a partire dagli anni Quaranta negli Stati Uniti e dagli anni Cinquanta in Europa la televisione prese rapidamente piede e rubò la scena alla radio perché questo nuovo mezzo di comunicazione di massa poteva trasmettere anche immagini, grazie a un’evoluzione della tecnica utilizzata per le trasmissioni radio. Molti pensarono che i giorni della radio fossero finiti: la televisione prese rapidamente il posto della sua antenata come centro di intrattenimento domestico, e le famiglie che prima si radunavano attorno all’apparecchio radiofonico per ascoltare sceneggiati, notiziari e programmi musicali iniziarono presto a radunarsi attorno all’apparecchio televisivo, che proponeva uno spettacolo più coinvolgente. Due fattori, tuttavia, permisero alla radio di sopravvivere. Prima di tutto il diffondersi delle radio a transistor, piccole,

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leggere ed economiche, che mutarono completamente il modo di utilizzare questo mezzo. Come affermato precedentemente, negli anni tra le due guerre, la radio veniva ascoltata in casa, spesso di sera, da tutta la famiglia riunita. Con la radio a transistor, comparsa dopo la guerra, le generazioni più giovani, trovarono in essa uno strumento perfetto e portatile per ascoltare la musica in qualunque luogo. La radio sopravvisse, inoltre, perché a partire dagli anni Sessanta, nell’epoca delle contestazioni politiche negli Stati Uniti e in Europa, divenne il mezzo di comunicazione preferito dai gruppi politici giovanili, perché diretto e immediato, per far sentire la propria voce. Per quanto con l’avvento della televisione, ed in seguito di internet, la radio poteva perdere molto campo e magari smettere di esistere, come è successo per il telegrafo, a causa dell’evoluzione tecnologica. Così non è successo. I fattori che spiegano tale durevolezza nel tempo sono la possibilità di utilizzarla lì dove tutti gli altri mezzi di comunicazione non possono, cioè in macchina. Qui ha una sorta di esclusività. Inoltre raggiunge un target pressoché eterogeneo, ma soprattutto in diversi momenti della giornata. Ha inoltre un basso costo di contatto. Il tipo di comunicazione che vanno a fare le aziende attraverso questi apparecchi è rimasto pressoché invariato dagli anni ’40 ad oggi. Questo perché la radio non si è più di tanto sviluppata sotto il punto di vista degli aspetti essenziali. Le imprese cercano di comunicare attraverso la messa in onda delle pubblicità tra una canzone e l’altra. Le campagne radiofoniche potrebbero sembrare un “gradino sotto” alle campagne televisive che uniscono al suono, anche l’immagine. Questo non è sempre vero, in quanto alcune pubblicità passate in radio sono così creative che proprio l’assenza di immagini può costituire un vantaggio, poiché un utilizzo ingegnoso dei suoni, può favorire la formazione nella mente di vere e proprie scene da parte del ricevente che possono essere ricordate meglio dal ricevente proprio perché sono state create da lui.

La televisione

All'inizio del Novecento nacque la televisione. Le prime trasmissioni furono trasmesse negli Stati Uniti e in Gran Bretagna nel 1929 ma erano molto sperimentali. Vennero riprodotte stabilmente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi. In seguito si è creato un processo di digitalizzazione attraverso una rivoluzione tecnologica che è partita grazie all’invenzione di Internet nel 1969. Si è perciò potuto trasmettere informazioni attraverso una serie di cifre, così da essere più facilmente

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elaborabile. Inoltre vengono rappresentati immagini, testi e suoni ed andando, migliorando la loro qualità andando avanti con gli anni. Le aziende capirono pressoché subito le potenzialità della televisione. In Italia fu inventato addirittura Carosello, che era un programma che trasmetteva solo pubblicità, con alcune particolarità. La pubblicità doveva raccontare una storia, una sorta di sketch, che non c’entrava niente con il prodotto che si voleva pubblicizzare. Inoltre erano predeterminati i secondi dedicati alla pubblicità, il numero di citazioni del prodotto e i secondi dedicati allo spettacolo. La televisione era il mass media per eccellenza, soppiantata oggi solo da internet. Le possibilità che dava la televisione erano molto più ampie rispetto agli altri mass media. Attraverso di essa è possibile raggiungere elevati livelli di copertura, cioè trasmettere il proprio messaggio ad un gran numero di persone e la possibilità di trasmetterlo con un grado di espressività e creatività molto alto. Naturalmente, ci sono anche dei fattori negativi legati alla comunicazione in televisione, tra cui la necessità di elevati investimenti iniziali, la difficoltà a selezionare il target, l’elevato affollamento di comunicazioni e la facilità di zapping. Inoltre, si corre spesso il rischio che i messaggi legati al prodotto e alla marca vengano sottovalutati data la natura transitoria del messaggio e a causa degli elementi creativi presenti negli spot che potrebbero distrarre lo spettatore. Visto l’elevato numero di messaggi pubblicitari si rischia che il destinatario del messaggio possa dimenticare il contenuto dello spot. Ciononostante i messaggi televisivi studiati e realizzati in modo consono sono in grado di aumentare il brand equity e di incidere notevolmente sulle vendite.

Il declino dei mezzi tradizionali

Se da un lato i mezzi digitali sono cresciuti esponenzialmente dagli anni 2000 in poi, dall’altro lato si è assistito ad un lento ma inesorabile declino dei mezzi tradizionali.

Lo scenario che ha dominato il secolo scorso, dove stampa e televisione hanno fatto da padroni, adesso stanno lasciando il passo alla rete, dove le immagini animate e la scrittura convergono creando un’esperienza che non ha eguali. La comunicazione delle aziende diventa così più interattiva ed immediata. Le aziende vanno ad eliminare in alcuni casi l’intermediazione nel processo comunicativo. Si riducono i costi, riuscendo a comunicare quello che vogliono in maniera immediata, senza dimenticarsi che le aziende possono raggiungere tutto il mondo, eliminando i confini. Infatti i tempi di

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fruizione delle informazioni si sono notevolmente abbreviati e i media tradizionali sono diventati troppo statici rispetto all’interattività delle più moderne applicazioni del web 2.0. I tempi legati alla produzione e distribuzione di informazioni si sono ridotti, lasciando spazio ad un tipo di offerta che raggiunge immediatamente un numero incredibile di utenti, i quali hanno anche la possibilità di intervenire direttamente, aggiornare o rettificare qualsiasi informazione. Ad esempio, se si disputa una partita di calcio in un determinato giorno, per leggere ad esempio un commento oppure un riassunto sulla partita, oppure i voti dati ai giocatori, nell’era pre-internet, si doveva aspettare il giorno dopo, quando usciva il giornale. Oggi è possibile avere un riassunto della partita ed i voti dei giocatori subito dopo la stessa. È possibile commentare, far notare un errore oppure esprimere la propria soddisfazione riguardo all’articolo oppure ai commenti degli altri utenti, in ogni momento ed in maniera istantanea.

Questa interattività e immediatezza di internet, unita all’assenza di confini, è alla base dello sviluppo dell’e-commerce, che permette alle imprese di avere un negozio perennemente aperto con vetrine in tutto il mondo. “Solo recentemente gli uffici “marketing “si sono resi conto dell’utilità e dell’efficienza delle nuove strategie della comunicazione ed hanno iniziato a diversificare gli investimenti pubblicitari, avendo compreso che internet è un enorme palcoscenico nel quale è opportuno inserirsi al più presto per avviare il dialogo con potenziali clienti e partner commerciali.” 10

Breve storia di Internet: dall’ARPANET al Web 3.0

Internet, che è oggi la nuova frontiera della democrazia e della comunicazione globale, nasce in realtà come figlio delle tensioni della Guerra Fredda. Durante il periodo di massima tensione fra Stati Uniti e Unione Sovietica, il Dipartimento della Difesa americano avviò un progetto di ricerca che aveva il fine di preservare le telecomunicazioni in caso di guerra nucleare e, a questo scopo, creò l’agenzia governativa ARPA (Advanced Research Projects Agency), nata nel 1957 in risposta al lancio dello Sputnik da parte dell’Unione Sovietica. Poiché era praticamente impossibile creare un sistema di telecomunicazioni in grado di rimanere intatto in seguito ad un attacco nucleare, si pensò ad una rete di telecomunicazioni dotata di una infinità di strade alternative per la circolazione dei dati, in modo tale che l’eventuale

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distruzione di alcuni nodi non interrompesse il flusso delle informazioni all’interno della rete stessa. Oltre a preservare le comunicazioni, questo sistema creava una rete decentralizzata, all’interno della quale la sopravvivenza di un nodo non era compromessa dal danneggiamento o dalla distruzione di un altro nodo e riduceva nello stesso tempo la possibilità di identificare e distruggere obiettivi strategici da parte del nemico. La chiave del sistema sta nel “packet switching”, cioè nella possibilità di dividere i dati in piccoli “pacchetti”, identificati e inoltrati da un computer ad un altro fino a che essi non giungono a destinazione trovando la strada più semplice e veloce tra un computer e l’altro; se il percorso è bloccato oppure sovraccarico, i “pacchetti” vengono automaticamente reindirizzati attraverso un altro percorso e ricostituiti al loro arrivo alla destinazione finale. La rete così creata si chiamò inizialmente ARPANET: nel 1969 connetteva quattro elaboratori, nel 1972 univa 37 nodi, nel 1973 aveva raggiunto postazioni oltreoceano in Gran Bretagna e Norvegia, nel 1975 contava un centinaio di nodi. Uno dei momenti di svolta che stimolarono l’eccezionale diffusione delle reti si ebbe nel 1979, quando alcuni scienziati esclusi da ARPANET, che mirava ad essere una rete di interesse prevalentemente militare alla quale poteva avere accesso solo una ristretta élite di ricercatori e scienziati, crearono un proprio network, USENET, nel quale discutere liberamente di informatica, hardware e software. Poiché USENET era aperta a tutti, il tasso di crescita di questa rete si rivelò sorprendentemente alto, così come il numero dei newsgroup, le conferenze elettroniche, che cominciarono a spaziare tra gli argomenti più disparati e non necessariamente di contenuto strettamente scientifico: net. chess, net. music e net.

food, dedicati rispettivamente al gioco degli scacchi, alla musica e al cibo, furono tra i

primi gruppi di discussione a calamitare l’attenzione degli utenti. La libertà e la velocità di crescita della rete, che veniva ormai utilizzata da numerose università in tutto il mondo in particolare per lo scambio di posta elettronica, era dovuta al fatto che non esistevano strutture direttive centrali e che ogni sistema connesso era responsabile, da un punto di vista finanziario e amministrativo, delle proprie macchine e del proprio tratto di rete.

Il web è stato originariamente utilizzato per visualizzare documenti statici; in particolare, i primi siti Web erano formati da un insieme di pagine statiche con testo e immagini. Le pagine erano realizzate una ad una ed allo stesso modo modificate, in caso di necessità, dagli sviluppatori. Questo è in estrema sintesi, il web 1.0. intendendo definire con la sigla “1.0” la prima fase di diffusione del web, avvenuta sfruttando una

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notazione puramente informatica che distingue le versioni di un software durante il suo ciclo di vita. A partire dai primi anni ’90, Internet era ormai chiamata semplicemente la rete, cioè il network per eccellenza, la rete che collegava tutte le reti. Tuttavia essa era ancora ben lungi dal diventare un fenomeno di massa: all’epoca di cui stiamo parlando Internet era piuttosto diffusa tra docenti universitari e scienziati, era conosciuta ed era oggetto del desiderio degli appassionati che per il momento si accontentavano dei propri network amatoriali, ma non contemplava ancora un accesso libero e commerciale.

Lo sviluppo del World Wide Web ha invece inizio nel 1991 presso il CERN – il centro ricerche sulla fisica delle particelle di Ginevra – come tentativo di sviluppare un sistema di pubblicazione e reperimento dell'informazione distribuito su rete geografica che tenesse in contatto la comunità internazionale dei fisici. È l’applicazione più recente di Internet, ma il suo successo è stato tale da rivoluzionare il modo in cui la Rete stessa viene concepita ed è alla base della crescita esponenziale della rete negli ultimi anni, tanto che Internet e World Wide Web vengono oggi usati sempre più spesso, ma erroneamente, come sinonimi.

Si può inoltre fare un piccolo precisazione sull’Italia e per l’appunto su Pisa. Il primo segnale Internet dall’Italia è partito proprio dalla cittadina toscana il 30 aprile 1986 ed è arrivato a Roaring Creek in Pennsylvania spedito sulla rete Internet grazie ai satelliti del Telespazio in Abruzzo.

Un evento per niente scontato per due motivi: Internet era ancora una rete giovane che collegava pochi centri di supercomputing tra vari stati americani e secondo, in Italia c’erano altre reti di computer che collegavano aziende e università. Se la paternità del web è da attribuire a Tim Berners-Lee, la concettualizzazione della nuova visione, ovvero il web 2.0 spetta invece a Tim O’Reill. Durante una sessione di brainstorming, tenutasi nel 2004 nel corso di una conferenza con il vice presidente della stessa casa editrice Dale Dougherty, O’Reilly ebbe modo di dare vita a questo termine per definire l’importanza che stava acquisendo la rete dopo la crisi delle dot-com. Il web non è più come una TV ma come una “piattaforma”. Nella visione del web come piattaforma, oltre al processo di elaborazione di applicazioni, vi è il processo di costruzione di nuove applicazioni. Possiamo esemplificare questo concetto facendo un esempio: i componenti software elementari sono come dei mattoncini lego. Componendo i singoli “mattoncini” otteniamo una vasta tassonomia di nuove applicazioni o di nuovi contenuti che possono essere utilizzati dagli utenti. Il web 2.0 è inoltre, spiega

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O’Reilly, partecipativo, cioè sfrutta l’intelligenza collettiva degli utenti del web. Ciò vuol dire che se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo generale, è questa in fondo una manifestazione di intelligenza collettiva. Infine, spiega O’Reilly, che il web 2.0 è basato sui database, cioè le applicazioni del web 2.0 sono quelle che permettono di ottenere la maggior parte delle funzionalità usando il “software come un servizio” in un continuo aggiornamento che migliora più le persone lo utilizzano. I dati si alimentano sfruttando e mixando sorgenti multiple, generate dagli utenti. Utenti che forniscono i propri contenuti e servizi con modalità che ne permette il riutilizzo da parte di altri.

Un piccolo accenno si può fare anche per quanto riguarda il web 3.0. Ci sono diversi dibattiti sul significato del termine web 3.0 e su quale possa esserne definizione adatta. Il web 3.0 ad oggi non è realizzato e non se ne conosce neppure una definizione univoca, ma possiamo fare delle ipotesi su come potrebbe diventare. Si va verso l’intelligenza artificiale, l’evoluzione verso il 3D e verso il web “semantico” con motori di ricerca capaci di comprendere il significato. Per concludere, il web 3.0 potrebbe essere un percorso evolutivo che conduce ad una intelligenza artificiale capace di interagire in modo quasi umano. Aziende come IBM e Google stanno già implementando nuove tecnologie per ottenere informazioni sorprendenti (come prevedere il comportamento dell’utente in tutte le situazioni) attraverso il “data mining” sui siti web frequentati. Proprio questo è un fattore fondamentale per molte aziende, tra cui anche le squadre sportive, che sono molto interessate a raccogliere questo tipo di dati, in modo da comprendere cosa pensa il consumatore e come agisce. Non è ancora delineato se la forza trainante, dietro il web 3.0 saranno i sistemi intelligenti “per sé” oppure se l'intelligenza verrà estratta dal web a seconda di come gli utenti vi interagiscono. Importanza dei dati come merce è in ogni caso fondamentale.

Focus sulle caratteristiche del Web 2.0

In questo sottoparagrafo, si cercherà di spiegare meglio le caratteristiche del web 2.0. Innanzitutto nel web 2.0 troveremo un approccio più collaborativo rispetto a quanto succedeva nel web 1.0; infatti gli utenti hanno un ruolo attivo e di innovazione

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nei confronti di Internet. Essi non si avvalgono più solo delle risorse e dei contenuti messi a disposizione dagli autori dei siti, ma viene data loro la possibilità di diventare loro stessi autori del web e di contribuire all’arricchimento e all’aggiornamento dei contenuti, delle risorse e degli ambienti virtuali. Un esempio di tutto ciò è Wikipedia, la quale è un’enciclopedia gestita da persone comuni che contribuiscono con il proprio sapere a creare sempre nuovi contenuti e ad aggiornarli. Gli utenti perciò condividono il proprio sapere con gli altri e contribuiscono alla costruzione della conoscenza condivisa attraverso la collaborazione con più soggetti, il dialogo e l’interazione. Questo primo concetto ci porta direttamente al secondo: la bidirezionalità. Gli utenti non ricevono soltanto informazioni, bensì le creano, generando così un continuo interscambio di materiali e contenuti, dove nessuno è esclusivamente autore o fruitore del web. Come descrive Tim Bourners-Lee in un’intervista “l’idea del web, quello che sta dietro tutto, è che se una persona ha una mezza buona idea e l'altra metà sta nella testa di un altro, il web è il connettore che permette alle due metà del cerchio di unirsi. L'idea è una rete da tessere" 11.

Infine, come introdotto in precedenza, i soggetti non sono più solo autori o fruitori, bensì possono assumere alternativamente entrambi i ruoli in quanto esiste una progressiva semplificazione di molti aspetti tecnici che facilita gli utenti a creare e a produrre nuovi contenuti, anche se essi non hanno particolari competenze informatiche.

Il Blog

Il blog è un termine informatico che deriva da “web” e “log”, la cui forma contratta va a creare appunto il nome “blog”. Quest’ultimo è un ambiente virtuale che si presenta come un qualsiasi sito web. L’autore del blog viene definito blogger. Qualsiasi utente ha la possibilità di creare un blog e di esserne l’autore e lo scrittore di esso, in quanto non necessità di conoscenze e competenze informatiche avanzate. Come già descritto nel paragrafo precedente, il blog viene creato tramite una maschera predisposta, scegliendo il modello di pagina che si preferisce e selezionando il tema grafico messo a disposizione. Perciò, come già descritto nel paragrafo precedente, questi nuovi

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ambienti del web sono strutturati attraverso un’interfaccia sensibile che consente all’autore una pubblicazione facile e immediata dei contenuti.

Nel blog vengono pubblicati, in ordine cronologico inverso, gli articoli, chiamati post, scritti dagli autori/gestori del blog stesso, suddivisi generalmente secondo una gerarchia mensile e/o per tematica trattata, articoli che possono poi essere commentati da chiunque vi abbia accesso.

Il blog è uno degli ambienti 2.0 che in modo più completo e semplice realizzano l’idea di bidirezionalità della rete in cui ognuno è coinvolto alternativamente in momenti diversi con ruoli diversi, e cioè nella veste di fruitore e autore. Questo ambiente-diario infatti vive grazie al contributo dei lettori che passano poi ad essere autori e commentatori animando la conversazione a partecipando attivamente alla costruzione dell’ambiente stesso e al suo arricchimento. Questa essenza partecipativa è un’altra delle caratteristiche essenziali dei blog, riconosciuti da alcuni esperti e studiosi come veri luoghi di socializzazione.

Il Wiki

Wikipedia è un sito web nel quale sono raccolti un insieme di documenti ipertestuali. Apparentemente essa può essere interpretata come una sorta di enciclopedia on line: attraverso l’utilizzo del motore di ricerca inserendo una voce nel campo predefinito, in pochi secondi è possibile ottenere una pagina che parla del tema di interesse. L’elemento, però, che distingue Wikipedia dai comuni siti e, in particolare, che li distingue rispetto ai tradizionali siti di raccolta di contenuti come possono essere le enciclopedie on line è l’opportunità data a tutti gli utenti di essere, contemporaneamente, fruitori ma anche creatori delle pagine che costituiscono il sito. Ogni utente di Wikipedia ha, infatti, l’accesso alle diverse voci per la consultazione delle stesse ma anche, attraverso una registrazione apposita, all’applicazione che consente l’inserimento di nuove pagine o la modifica, implementazione e aggiornamento di quelle esistenti. Perciò Wikipedia si costruisce progressivamente con il contributo di tutti gli utenti del sito stesso e fa sì che esso non sia mai completamente esaustivo e nemmeno completo; potenzialmente le pagine sono sempre in progress. Va anche sottolineato che, in alcuni casi, non vi è garanzia di veridicità e di completezza dei contenuti messi a disposizione dei fruitori poiché non sempre sono assicurati la moderazione e il filtraggio dei contenuti inseriti da parte dei gestori

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dell’ambiente. Come emerge dalla descrizione Wikipedia, come il blog, punta sul ruolo attivo dei soggetti e sulla loro collaborazione alla costruzione e al mantenimento dell’ambiente stesso favorendo lo scambio sia attraverso la sua forma e le applicazioni semplici sia nella sua strutturazione.

Il Podcast

Con il termine podcasting non ci si riferisce ad uno strumento informatico o ad un’applicazione offerta dal web e nemmeno ad un ambiente virtuale per la condivisione di risorse, conoscenze, pratiche. Il podcasting fa riferimento invece a tutte quelle tecniche attraverso le quali è possibile produrre, condividere in rete e accedere in rete a materiali audio, video e audiovisivi denominati appunto podcast. Attraverso il podcasting è possibile sentire e farsi sentire, vedere e farsi vedere sfruttando il canale offerto dalla rete in alternativa al tradizionale canale dell’etere. Oltre alla novità rappresentata dal canale di erogazione/trasmissione e di accesso/fruizione, troviamo anche un altro elemento e cioè la modalità di fruizione: i podcast non devono necessariamente essere fruiti in diretta contestualmente alla loro trasmissione, una volta depositati in rete dagli autori, infatti, è l’utente a scegliere la modalità e il momento di accesso ai materiali. I podcast possono, ad esempio, essere scaricati attraverso il download per accedervi in modalità off line e, in generale, possono essere utilizzati in modalità asincrona e flessibile. La creazione e la pubblicazione dei podcast sono operazioni molto semplici: è sufficiente produrre una clip audio o video oppure audio-video, in formato mp3 utilizzando un programma per l’audio-video editing fra i molti disponibili e caricare poi il podcast prodotto in un ambiente on line come ad esempio il blog di cui abbiamo parlato precedentemente.

Il forum

Il forum è la sezione di un sito web dedicata alla discussione con e tra gli utenti, in cui viene a crearsi una comunità virtuale di persone con un interesse, o bisogno, comune. Si tratta di un’area divisa in sezioni (argomenti) e sottosezioni, a cui generalmente è necessario iscriversi per poter partecipare. Gli utenti registrati possono aprire nuove discussioni, rispondere a quelle esistenti e interagire con gli altri iscritti

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attraverso messaggi privati o, in alcuni casi, la chat del forum. Ciascun utente è titolare di un profilo privato, a cui corrisponde un username, un avatar e una firma. Ogni forum ha delle regole specifiche ed è compito dei moderatori farle rispettare. Chi si occupa della manutenzione strutturale del forum sono gli amministratori, che possono modificare o creare le sezioni, spostare, chiudere o cancellare le discussioni, e nominare i moderatori. Queste figure non hanno solo un ruolo autoritario, ma solitamente partecipano al forum come gli altri utenti.

Social Network

Il significato di Social Network è “rete sociale”, cioè le persone si connettono tra di loro sia a livello umano che a livello virtuale. Essa può quindi essere intesa come una rete di persone legate tra loro tramite vincoli familiari, lavorativi, amichevoli e anche come una rete di persone connesse tra loro soltanto virtualmente e senza alcun legame fisico e di conoscenza. Nel nostro millennio tutti abbiamo sentito parlare di “piattaforme sociali” e quindi di Facebook, Twitter o Instagram. Lo scopo di ciascuna piattaforma è la conoscenza. Ogni social è in grado di connettere contemporaneamente persone di tutto il mondo tra cui celebrità o chiunque voglia essere presente. Ci si può quindi trovare a parlare con una persona dell’altra parte del mondo se si vuole. Questo favorisce la conoscenza non solo della persona che abbiamo dall’altra parte dello schermo ma anche della cultura che lo circonda. Ma può essere usato semplicemente anche come svago dopo una giornata stressante a casa o a lavoro. Le persone ci accedono quasi spontaneamente al social anche solo per vedere le ultime notizie, per passatempo, per rimanere in contatto con una persona cara che magari è distante da loro, per condividere foto o momenti della giornata. I social più utilizzati sono: Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn e Youtube anche se quest’ultimo è una piattaforma dove è possibile caricare video più che un vero e proprio punto di ritrovo fra persone. Tutte le grandi e medie imprese oggigiorno hanno un sito web navigabile anche dal cellulare ma essere presenti su un social è tutta un’altra cosa perché avere un profilo social non implica l’utilizzo di linguaggio formale ma si può parlare con gli eventuali clienti in modo più coinvolgente e diretto. Si può parlare in tempo reale ed inoltre si può coinvolgere il cliente organizzando iniziative dedicate a loro e quindi far apprezzare il brand.

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Facebook

Facebook è ormai lo strumento d’elezione della maggior parte delle aziende che sbarcano sui social. “Facebook in una riga: il più potente “mass media marketing engine” di sempre” 12. Facebook è un sito web nato il 4 febbraio del 2004 da Mark

Zuckerberg. “Nel 2016 Facebook è il secondo sito più visitato al mondo dopo Google e nel terzo semestre 2012 è stato il primo social network a superare il miliardo di utenti attivi, arrivando al miliardo e mezzo nel primo semestre 2016” 13. Scegliere di rappresentare la propria azienda su Facebook, vuol dire mettersi in gioco in tutti gli aspetti di comunicazione: dai prodotti alla CSR, dal management alle risorse umane. Le persone sui social network sono, infatti, abituate a interagire con altre persone e a rivolgersi a loro per qualunque esigenza. Le persone che incontrano un brand su Facebook pensano di potersi rivolgere qualsiasi tipo di domanda al brand e si aspettano una risposta come fossero nella realtà non virtuale. Su questo social si può essere presenti su Facebook come azienda attraverso tra macro categorie di presenza:

 Il prodotto, o la linea di prodotti: si tratta di pagine centrate fortemente sul prodotto finale e il suo utilizzo. Solitamente generano community di appassionati che se da un lato vogliono discutere sino nei minimi dettagli di una marmitta o di un dolcificante, dall’altro spesso si dimostrano meno interessati a temi aziendali.

 Il brand, per quelle aziende che il brand non coincide con l’azienda e che producono molti marchi. In casi come questi ci si può aspettare una conversazione ampia e complessa, che sicuramente sarà centrata sui prodotti e la loro fruizione, ma che, data la natura di sovrastruttura del brand, può allargarsi a temi quali la manifattura del prodotto, le fabbriche, i valori nutrizionali o ecologici del prodotto e del modo in cui viene fatto, il suo prezzo e le persone che ci sono dietro la sua fabbricazione.

 L’azienda vera e propria nella sua interezza. Ci saranno implicazioni notevoli sulla riservatezza e sulla privacy della persona stessa, che si troverà analizzata e dibattuta in pubblico.

12 Social media Marketing, Barbara Boasso e Marco Saracino, pag. 19 13 Social media Marketing, Barbara Boasso e Marco Saracino, pag. 29

Riferimenti

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