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CAPITOLO II LA GESTIONE DEI RIFIUTI NELL’AMBITO DELLA PROVINCIA DI MASSA CARRARA

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CAPITOLO II

LA GESTIONE DEI RIFIUTI NELL’AMBITO DELLA

PROVINCIA DI MASSA CARRARA

La Regione Toscana si compone di dieci Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) di cui il numero uno è quello coincidente con la Provincia di Massa Carrara.

Nel mese di Novembre del 2007 è stato approvato in consiglio regionale il provvedimento per ridurre il numero degli ATO a tre, secondo questa modifica la Provincia di Massa Carrara entrerà a far parte dell’ATO di Costa insieme alle Province di Lucca, Pisa e Livorno.

L’aggregazione dei comuni che si trovano nel territorio della ATO 1, associati secondo i modi stabiliti dalla legge, porta alla formazione della Comunità d’Ambito. Per ciascuna Comunità d’Ambito è responsabilità delle Province stabilire i modi e i tempi per la coordinazione e la collaborazione fra gli Enti Pubblici, spetta invece ai Comuni definire i metodi della raccolta degli RU secondo criteri di economicità, efficacia ed efficienza.

La Provincia di Massa Carrara si compone di 17 comuni con una superficie di 1.157 Km2 e 200.286 abitanti per una densità di 173 ab/ Km2.

Da un punto di vista morfologico il territorio può essere suddiviso in due macro aree, quella di costa composta dai Comuni di Massa, Carrara e

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nell’area della Lunigiana, con il Comune di Fosdinovo a cavallo delle due macro aree individuate.

Sul territorio di costa si è sviluppato un tipo di attività a carattere commerciale – industriale – turistico mentre nella zona collinare le attività svolte sono principalmente di tipo agricolo.

I comuni di Massa, Carrara e Montignoso sono interessati da un forte aumento di popolazione nel periodo estivo a causa dell’arrivo di numerosi turisti che incidono quindi sulla produzione degli RSU.

Figura 2.1 - Comuni Provincia Massa Carrara

Nella Provincia, mentre la raccolta è suddivisa fra due aziende municipalizzate ed una privata, il trattamento è assegnato esclusivamente al Consorzio Ecologie e Risorse di Massa E Carrara (CERMEC).

Il CERMEC riceve in ingresso annualmente 106.000 tonnellate conferite dai vari Comuni secondo i seguenti rapporti riportati nella tabella sotto

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COMUNE DI AULLA 4.367 COMUNE DI BAGNONE 747 COMUNE DI CARRARA 33.398 COMUNE DI CASOLA 373 COMUNE DI COMANO 415 COMUNE DI FILATTIERA 830 COMUNE DI FIVIZZANO 3.295 COMUNE DI FOSDINOVO 2.002

COMUNE DI LICCIANA NARDI 1.912

COMUNE DI MASSA 46.843 COMUNE DI MONTIGNOSO 5.058 COMUNE DI MULAZZO 1.048 COMUNE DI PODENZANA 568 COMUNE DI PONTREMOLI 2.865 COMUNE DI TRESANA 686 COMUNE DI VILLAFRANCA 1.737 COMUNE DI ZERI 426 TOTALE 106.570

Come imposto dalla certificazione ISO 9001 nel laboratorio interno a CERMEC viene eseguita l’analisi merceologica obbligatoriamente sei volte l’anno e in caso di necessità anche un numero maggiore di volte.

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R.S.U. IN ENTRATA NEL 2007 Materie Ferrose 0,9% Vetro 8,0% Materie Plastiche 4,1% Organico Putrescibile 25,9% Organico Verde 6,9% Materie Inerti 7,6% Legno 3,2% Tessili e Cuoio 4,6% Plastica in film 13,6% Carta Accoppiata 2,9% Carta e Cartone 19,9% Gomma 2,4% Grafico 2.1

Da questo tipo di analisi emerge che la composizione degli RSU in ingresso all’impianto è data per la maggior parte da sostanza putrescibile, carta e cartone e in quantità minori delle altre componenti. Già questo dato ci fa sospettare della presenza di alcune carenze nella raccolta differenziata degli RSU che nella Provincia di Massa Carrara arriva 24.78 %

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Il Consorzio Ecologia Risorse di Massa–Carrara( CERMEC)

Il CERMEC è una società pubblica partecipata dal Comune di Carrara (48%), Comune di Massa (47%) e dalla Provincia di Massa-Carrara (5%). Il Consorzio era già attivo negli anni 60 quando lo scenario provinciale in materia di rifiuti registrava soltanto la discarica, che oggi è inattiva e si colloca, comunque, nell’area dell’impianto stesso.

Per molti anni il “lavoro” del CERMEC è stato relegato alla semplice attività di registrazione dei dati provenienti dalla stessa discarica, o da quelle esterne e dall’inceneritore che fu costruito nelle immediate vicinanze.

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Successivamente, nel 1992, il Consorzio assorbì tutti i dipendenti che fino ad allora erano stati assunti dalla Ditta che aveva costruito l’impianto e che per cinque anni, dal 1987 al 1992, l’aveva anche gestito.

Oggi CERMEC copre un’area di 40.000 metri quadrati circa, a cavallo dei Comuni di Massa e di Carrara, e si interessa del trattamento e della gestione dei RSU.

Nel corso degli anni, allineandosi alla Normativa e alle esigenze del momento e ampliandosi si è potuta dedicare alle matrici provenienti dalla raccolta differenziata.

L’area complessiva considera quindi la discarica, oggi messa in sicurezza e bonificata, e la superficie adiacente per la realizzazione dell’impianto di bricchettaggio.

L’impianto ha una potenzialità di 120.000 tonnellate annue di rifiuto urbano in ingresso, raccolto in modo indifferenziato, da trattare mediante selezione meccanica ed una capacità di stabilizzazione della frazione umida derivante da questo per 50.000 ton annue.

Oltre alle linee di trattamento dei rifiuti indifferenziati, sono presenti, per quanto riguarda la raccolta differenziata:

- tre linee per il trattamento delle matrici putrescibili e lignocellulosiche, per una potenzialità annua pari a circa 30.000 ton

tra organico, fanghi e matrice “verde”;

- piazzole per lo stoccaggio e la valorizzazione delle matrici secche, con capacità di trattamento pari a circa 10.000 ton provenienti dall’utenza privata

- carta, cartone e plastica da avviare ai Consorzi di filiera dedicati.

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Tutte le aree produttive sono pavimentate, impermeabilizzate e, dove necessario, tamponate ed in depressione, data la necessità di tutelare i diversi comparti ambientali.

Per la salvaguardia del comparto aria l’impianto è stato dotato di due efficaci sistemi di biofiltrazione, per la bonifica dell’aria esausta proveniente dai locali, posti in depressione, dedicati al trattamento dei rifiuti, oltre che di due filtri a maniche, posizionati allo scarico del rifiuto urbano ed al termine del processo, che provvede alla sua depolverizzazione prima del rilascio in atmosfera.

Per la tutela delle acque superficiali e di falda, il percolato, proveniente dalle fasi di compostaggio, viene raccolto in ampie vasche per essere inviato presso impianti autorizzati al trattamento; allo stesso modo le acque dei piazzali, come quelle della viabilità interna, sono raccolte in diverse vasche, posizionate in modo tale da intercettare tutta la superficie dell’impianto (per una descrizione particolareggiata delle attività riguardanti il rispetto ambientale si rimanda al paragrafo 2.3).

Tutte le operazioni di recupero dei rifiuti sopra indicate sono svolte nel rispetto delle norme per la sicurezza sul lavoro previste dal Decreto Legislativo N° 626 del 19/09/1994 e sue successive modifiche.

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1.1 Le linee produttive

1.1.1 Il trattamento del rifiuto indifferenziato

Fasi del flusso del rifiuto

Fosse ricevimento e stoccaggio Triturazione Vagliatura Deferizzazzione Primaria e secondaria sovvallo sottovaglio Deferizzazzione primaria e secondaria Stoccaggio Stabilizzazione Allontanamento Allontanamento Stoccaggio

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L’impianto ha subito recentemente una totale ristrutturazione ed un completo ammodernamento. Dotato di ampia fossa di conferimento, di volumetria totale pari a circa 1200 metri cubi, è in grado di ricevere tutti i rifiuti urbani prodotti giornalmente nella Provincia di Massa – Carrara .

I mezzi in arrivo all’impianto, prima di entrare, devono effettuare la pesatura, con sistema informatizzato del controllo istantaneo della tipologia di rifiuto, della sua provenienza, del trasportatore e delle documentazioni necessarie al riconoscimento, i mezzi sono indirizzati ai punti di scarico.

Il trattamento primario dei rifiuti urbani indifferenziati si avvale di trituratore e vaglio Doppstadt con capacità di trattamento del tal quale pari 35-40 ton ora.

Dalla fossa di accumulo una benna su carroponte provvede ad alimentare la tramoggia di carico del trituratore a martelli.

Avvenuta la triturazione del rifiuto tal quale il materiale è avviato al vaglio, per la separazione nelle frazioni secche ed umide. Il vaglio installato è un Doppstadt a tamburo rotante, con maglie quadre da 55 millimetri, che consente una separazione pari, circa, al 50 % di materiale secco e 50 % di materiale umido.

La frazione secca (sovvallo), dopo essere stata deferrizzata, una prima volta all’uscita del vaglio ed una seconda poco prima della caduta nel parco di stoccaggio, viene destinata alla produzione di CDR (Combustibile Da Rifiuti) presso un impianto di bricchettaggio. La sua composizione si può vedere nel grafico sotto

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LA FRAZIONE SECCA DA SELEZIONE MECCANICA Organico Putrescibile 6,9% Organico Verde 8,3% Materie Inerti 6,6% Materie Plastiche 4,2% Vetro 4,0% Materie Ferrose 1,2% Legno 4,7% Tessili e Cuoio 6,8% Plastica in film 20,4% Carta Accoppiata 3,6% Carta e Cartone 29,6% Gomma 3,7% 2007 Grafico 2.2

La frazione umida viene avviata alla stabilizzazione, previa deferrizzazione. La sua composizione si discosta da quella del sovvallo per la presenza di una magior percentuale di materiale organico putrescibile come si può vedere nel grafico 2.3.

LA FRAZIONE UMIDA DA SELEZIONE MECCANICA

Carta e Cartone 8,0% Carta Accoppiata 2,1% Plastica in film 5,3% Gomma 0,9% Tessili e Cuoio 1,9% Legno 1,3% Materie Ferrose 0,5% Vetro 12,9% Materie Inerti 8,9% Organico Verde 5,1% Materie Plastiche 4,0% Organico Putrescibile 49,2% 2007 Grafico 2.3

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Il trattamento di stabilizzazione avviene in un ampio parco di maturazione (2398 m2), con insufflazione forzata dell’aria, somministrata da canalette poste nella pavimentazione, che consentono allo stesso tempo la raccolta del percolato.

La potenzialità massima di portata d’aria in insufflaggio è pari a 79.000 Nmetri cubi/ora e l’aspirazione massima, effettuata da 3 ventilatori da 63.000 Nmetri cubi/ora, è pari a 189.000 Nmetri cubi/ora; per consentire i ricambi d’aria minimi è sufficiente la funzionalità di solo 2 ventilatori – pari a 126.000 Nmetri cubi/ora – che, in presenza di una volumetria di 50.000 metri cubi, consentono 2.5 ricambi / ora.

I cumuli sono allestiti in continuo mediante una macchina di messa parco e non sono movimentati. La regolazione dell’aria dentro il parco di maturazione, insufflata nei cumuli, consente il raggiungimento della stabilizzazione dopo un periodo di stazionamento del materiale pari a 28 - 30 giorni. La perdita di carico è del 18 % costituita, quasi in parti uguali, da vapor d’acqua e percolato.

Il parco di maturazione e le fosse di conferimento sono tenuti in depressione, con aspirazione delle arie esauste, inviate al biofiltro prima del loro rilascio in atmosfera. Quest’ultimo ha dimensioni pari a 1040 metri quadrati di superficie, con letto filtrante spesso 1.2 metri, per un totale di 1248 metri cubi.

Il letto filtrante consente l’abbattimento di oltre il 95% delle molestie olfattive e quindi permette l’emissione in aria di un effluente i cui valori di odore sono ampiamente al di sotto dei limiti richiesti dalla vigente normativa che la Regione Toscana ha adottato: 300 Unità Odorimetriche (Linee Guida Regione Lombardia).

Terminata questa fase, il materiale stabilizzato è inviato alla raffinazione, che consta di un tamburo rotante con maglia da 20 millimetri in linea con una tavola densimetrica che, eventualmente secondo le necessità di collocamento del materiale, può essere bypassata.

Dalla raffinazione si ottengono 2 tipologie di materiali: lo scarto con dimensioni superiori a 20 mm (CER – Codice Europeo Rifiuto – 191212),

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destinato al recupero energetico dato che ha una composizione merceologica con presenza consistente di materiali cartacei e plastici, sia rigidi che in film; il compost cosiddetto “grigio” (CER 190503), al quale vengono correlate le analisi specifiche e le normative per il suo destino finale: per i recuperi e ripristini ambientali il rispetto della D.C.I. 27/07/84 ovvero le prime applicazioni della legge 915/82, per la collocazione a discarica il DM 03/08/2005 e la disposizione Regionale Toscana, inerente l’Indice Respirometrico Dinamico, oggi espresse nel Testo Unico 152/06.

1.1.2 Piazzole ecologiche – recupero frazioni secche (carta, cartone e plastica)

Fasi del recupero di carta cartone e plastica:

• Pesatura e controllo di qualità sul rifiuto in ingresso. • Scarico nella postazione prestabilita.

• Controllo qualità pre-pressatura. • Pressatura.

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1.1.3 Linea Ammendante Compostato Verde

Fasi della produzione dell’Ammendante Compostato Verde:

Fosse ricevimento e stoccaggio Triturazione e miscelazione Maturazione in biotunnel Insaccamento Stoccaggio Raffinazione Pesatura e controllo qualità materiale 30 giorni Cura in cumuli

statici esterni 60 giorni

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Questa linea, dedicata alla lavorazione dei rifiuti vegetali provenienti dalla manutenzione del verde, pubblico e privato, consta di un biotunnel completamente tamponato e aspirato, all’interno del quale i rifiuti ligno-cellulosici, opportunamente triturati, vengono movimentati giornalmente tramite un sistema Scolari.

All’interno del tunnel è stata ricavata una trincea in cemento, lunga 70 m per 6 di larghezza per 1,20 di altezza. Il primo tratto, per una lunghezza di 30 metri, è servito da due ventilatori per l’insufflaggio di aria dalla pavimentazione.

La macchina rivoltatrice provvede anche ad irrorare, con semplice acqua, la massa di materiale, che sottoposto ai rivoltamenti giornalieri, allo stesso processo di compostaggio ed al passaggio dell’aria, tende ad asciugarsi.

Il materiale, introdotto in testa alla trincea previa trito-miscelazione, completa il suo ciclo in trenta giorni ed è quindi allestito in cumuli esterni, per completare la maturazione, per un periodo di tempo pari a 60 giorni. L’intero ciclo ha una durata di 90 giorni così come richiesto dalla Normativa.

La linea consente la lavorazione di 3.000 ton alla quale si sommano cumuli statici all’aperto, posti su piazzola pavimentata di 2000 metri quadrati, per un quantitativo complessivo di 6.000 ton.

L’impianto a pieno regime può trattare complessivamente una massa di materiale ligno-cellulosico pari a 12.000 ton. Completato il ciclo si avvia il materiale al vaglio vibrante, maglia elastica a sezione quadrata da 8 mm o mobile con sezione tonda da 10 mm, che consente una elevata pulizia, il rispetto delle ristrette norme in materia di materiali inerti e plastiche residue ed una granulometria di pregio.

L’evoluzione del processo è monitorata in modo cadenzato; mensilmente o trimestralmente, a seconda dell’origine dei controlli vengono eseguiti monitoraggi, sulle efficienze operative, riguardanti alcuni parametri, quali la temperatura, l’umidità, il pH, la % di CO2. Nella seconda fase, detta di

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Al termine dei 90 giorni, prima dell’immissione sul mercato, sia come prodotto sfuso, che in sacchi termosaldati, vengono eseguite le analisi chimiche – fisiche e biologiche per verificare il rispetto dei parametri previsti dalla Normativa vigente in materia.

Il processo garantisce la produzione di Ammendante Compostato Verde ai sensi dell’allegato 1 C della Legge 748/84 “Nuove norme per la disciplina sui fertilizzanti” modificata dal D.M. 27 marzo 1998. Oggi la Norma di riferimento è riconosciuta con le Nuove Norme in materia di Fertilizzanti D.Lgs 217/06 allegato 2 del 29/04/2006.

L’ammendante Compostato Verde, prodotto dal CERMEC, è ammesso, inoltre, in Agricoltura Biologica ai sensi della ex Circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n. 8 del 13 settembre 1999, con il nome di VERDEBIO e compare nel “Registro dei Fertilizzanti per l’Agricoltura Biologica” redatto sino al 2006 dall’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante e da quest’anno dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con nuove norme applicate che regolano i produttori e la commercializzazione dei fertilizzanti.

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1.1.4 Linea Ammendante Compostato Misto

Fasi della produzione di Ammendante Compostato Misto

Fosse ricevimento e stoccaggio Triturazione e miscelazione Maturazione in biotunnel Insaccamento Stoccaggio Raffinazione Pesatura e controllo qualità materiale 30 giorni Cura in cumuli statici in capannoni 60 giorni Commercializzazione

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La tipologia di rifiuto detta “umido domestico”, raccolta sul territorio provinciale mediante cassonetto stradale, consente l’intercettazione della frazione residua di cucina ed in parte anche di quella proveniente dai mercati. La potenzialità della linea è di 15.000 ton annue.

L’umido, miscelato alla matrice verde, opportunamente trattato, permette di ottenere un prodotto classificato come Ammendante Compostato Misto, ai sensi dell’allegato 1 C della legge 748/84 “Nuove norme per la disciplina sui fertilizzanti” modificata dal D.M. 27 marzo 1998. Oggi la Norma di riferimento è riconosciuta con le Nuove Norme in materia di Fertilizzanti D.Lgs 217/06 allegato 2 del 03/04/2006

La linea consta di una fossa di ricevimento del volume di 300 m3 ed è dotata di un trituratore – miscelatore Seko della capacità di 20 m3. Il materiale triturato e miscelato viene inviato alla maturazione accelerata all’interno di un capannone dedicato, di ampiezza pari a 974 m2.

Questa fase del processo è importante per la qualità del prodotto finale e pertanto viene realizzata allestendo dei cumuli nei quali la fase ossidativa è assicurata da un sistema di aerazione forzata e da periodici rivoltamenti.

L’evoluzione del processo è tenuta sotto controllo monitorando alcuni parametri quali la temperatura, l’umidità, il pH, la % di CO2.

Nella seconda fase, detta di cura, si riducono i tempi di insufflazione e il numero delle movimentazioni. Completato il ciclo si avvia il materiale al vaglio vibrante con maglia elastica a sezione quadrata da 8 mm o mobile con sezione tonda da 10 mm, che consente una elevata pulizia, il rispetto delle ristrette norme in materia di materiali inerti e plastiche, ed una granulometria di pregio.

L’intero processo ha una durata di almeno 90 giorni, al termine del quale vengono eseguite le analisi chimiche – fisiche e biologiche, per verificare il rispetto dei parametri con i limiti previsti dalla Normativa vigente in materia.

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Tutto il processo si svolge all’interno di un capannone completamente tamponato e aspirato come prescritto dal Decreto Ronchi.

Il prodotto è commercializzato sia sfuso che insaccato.

Dal 2005, a causa dei lavori per la bonifica della vecchia discarica, è stata chiusa la fossa di conferimento della matrice umida proveniente da raccolta stradale, è quindi stata sospesa la produzione di compost misto con questa tipologia di rifiuto. Dal 2006 è però in sperimentazione il compostaggio delle frazioni lignocellulosiche con fanghi provenienti dalla depurazione delle acque civili.

PRODUZIONI CERMEC

PRODOTTI DEFINIZIONE SETTORI

D’IMPIEGO CARATTERISTICHE ACM Prodotto del compostaggio delle matrici putrescibili e lignocellulosiche Agricoltura estensiva, orticoltura, frutticoltura,

Buon tenore di S.O. (65%), di azoto (2.5%) e basse % di metalli e microinquinanti ACV Prodotto del compostaggio delle matrici lignocellulociche Agricoltura biologica, floricoltura, vivaismo, nuovi impianti

Bassa aggressività (S.O. =50%), bassa salinità e tenore di metalli e microinquinanti GRIGIO Prodotto del compostaggio della frazione umida degli

RSU Ripristini o recuperi ambientali, copertura di discariche Pur dimostrando particolari difetti su inquinanti fisici ha buona

dose di S.O. e metalli nella norma

Mi sembra, a questo punto, opportuno fare un piccolo approfondimento sul processo di compostaggio.

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2 Il Processo di Compostaggio

Con compostaggio si intende “la decomposizione della sostanza

organica tramite attività biologica in relazione all’interazione di microrganismi ad azione spontanea”.

Il compostaggio, processo di decomposizione biologica in condizioni controllate, può essere suddiviso in due fasi:

 la Biossidazione, fase caratterizzata da intensi processi di degradazione della componente organica, con relativa diminuzione della fermentescibilità e igienizzazione;

 la Maturazione, fase in cui vengono decomposte le molecole più complesse, con la formazione di sostanze umiche, che rendono il compost molto simile, anche nell’aspetto, a un terriccio

Queste reazioni biossidative, promosse dai microrganismi aerobici, portano a trasformazioni della massa di partenza, in particolare:

a) riduzioni di volume e peso (maturazione);

b) perdita di putrescibilità, con parziale umificazione e mineralizzazione (stabilizzazione);

c) disattivazione dei microrganismi patogeni e dei semi infestanti (igienizzazione).

Il materiale di partenza, da avviare al processo di compostaggio, e’ principalmente materiale proveniente da scarti di attività di tipo agricole, urbane, industriali, che spesso finiscono in canali di smaltimento non appropriati.

Si tratta quindi di un processo di considerevole importanza per la restituzione della sostanza organica al suolo come ritorno di fertilità, persa per varie cause e non ottenibile in altro modo.

Si avviano, pertanto, alla pratica del compostaggio, per il mantenimento di quanto sopra espresso, frazioni di natura lignocellulosica, scarti mercatali, scarti organici da utenze pubbliche o private, o grande ristorazione.

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In realtà, qualsiasi materia di natura biologica può essere conferita al trattamento. Spesso, infatti, si riscontrano nei processi matrici quasi impensabili come: cascami, cornunghie, sangue, fango di depurazione civile ecc. Spetta ai gestori delle linee di compostaggio impostare attentamente le miscele in base ai materiali di partenza, per evitare problemi d’innesco del processo.

Una frazione che in molti casi non può mancare è quella verde, matrice essenziale del processo, in quanto riscontra le seguenti caratteristiche:

- capacità di tamponare eccessi d’umidità;

- buona presenza di carbonio, per il mantenimento e gestione dei cumuli;

- buona biodegradabilità degli eventuali fitofarmaci impiegati;

- eccezionale porosità della miscela di partenza a tutto vantaggio dell’innesco.

Il verde presenta, in particolari casi, anche aspetti negativi quali il facile inquinamento da metalli, in certe situazioni logistiche di provenienza (le grandi arterie di collegamento stradale, ad esempio, influiscono sulla presenza di metalli negli scarti lignocellulosici), ed anche l’elevato tenore del rapporto C/N, che comporta la necessaria miscelazione del verde con altri scarti, per l’ottenimento di tempi di processo più brevi.

Una frazione di scarti spesso miscelata ed associata alla frazione verde è la frazione organica, ovvero gli scarti provenienti da mense, piccola e grande ristorazione, ricca di fermentescibilità e di acqua, bilanciata appunto dallo scarto verde sopra citato.

Gli aspetti negativi legati a questa matrice sono l’elevata salinità, tamponata attraverso il mescolamento con il verde, la presenza di matrici fisiche indesiderate, legate allo scorretto conferimento nei cassonetti, e in rari casi la presenza di metalli pesanti.

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Bisogna poi ricordare che possono essere compostati, allo scopo di produrre ammendante, altri scarti di diversa natura provenienti da canali industriali, che l’attuale normativa ammette, tra cui: scarti di industrie agroalimentari, cartarie, reflui, lettiere ecc.

La degradazione biologica delle matrici sopra indicate avviene ad opera di microrganismi, in particolare dei batteri, più numerosi degli altri, che rappresentano i decompositori a più rapida crescita a carico del materiale putrescibile. Questi si suddividono, a seconda della temperatura d’esercizio, in

Mesofili, dalla temperatura ambiente a circa 40°C, e Termofili, dai 40°C sino

a punte di 70°C.

I microrganismi/batteri in gioco sono:

Attinomiceti: tendono ad aumentare nelle matrici in compostaggio dopo

che le sostanze facilmente degradabili sono state metabolizzate e quando il tenore di umidità si abbassa; hanno scarsa tolleranza agli ambienti acidi

Eumiceti: muffe, funghi filamentosi, possono essere individuati per la

formazione di lunghi ed intricati filamenti; sono i più attivi decompositori dei materiali ligno-cellulosici

Lieviti: rivestono un ruolo secondario nella stabilizzazione della

sostanza organica.

Si sottolinea comunque l’intervento di più popolazioni microrganiche regolate soprattutto dalla temperatura locale, ma in nessun caso siamo di fronte ad assoluta dominanza di una specie piuttosto che un’altra, in quanto nel processo si verificano diversi e differenti condizioni operative tali da caratterizzare i cumuli come l’insieme di condizioni locali, spesso molto diverse, anche in presenza di non significative distanze metriche.

Tutto questo è causato dalla continua attività del sistema, che lo rende mai uguale per diverse condizioni chimico – fisiche, che variano nel tempo e nello spazio.

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Queste condizioni sono determinate dalle reazioni, esotermiche – ossidative, che tali microrganismi innescano all’interno dei cumuli, e che segnano l’inizio dell’attività di compostaggio. Questo processo si evolve non appena la biomassa è sistemata in cumulo che, per conformazione geometrica e per le proprietà autocoibentanti delle matrici che lo compongono, permette l’ innalzamento della temperatura e trattiene il calore emesso, facilitato da miscele di partenza, che inducono presenza di ossigeno.

L’ossigeno, fonte di vita per gli stessi microrganismi che procedono nella loro attività di aggressione verso la sostanza organica, è, assieme al tenore d’umidità, tra i principali autori dell’innalzamento della temperatura, molto importante in quanto le temperature raggiunte nei processi di compostaggio, in aggiunta alle competizioni ed antagonismi microbici, riescono a disattivare, o quanto meno a ridurre drasticamente, la pericolosità per l’uomo e gli animali.

Principalmente il compostaggio nasce come attività aerobica, anche se sono presenti in Italia ed in Europa altre realtà produttive, che adottano processi anaerobici.

Durante le varie fasi del processo occorre tenere sotto stretto controllo alcuni parametri, rilevabili molto facilmente con letture dirette, da sonde fisse o portatili, che rappresentano i cosiddetti “regolatori” del compostaggio, in primis: ossigeno, temperatura, pH e umidità.

Nella prima fase (chiamata termofila), che evidentemente deve essere molto rapida e intensa, per evitare fenomeni di anaerobiosi, si libera energia sotto forma di calore (la temperatura infatti supera i 60 °C, fino a raggiungere punte di 65 – 70 °C, indicazione di un compostaggio ottimale); in questa fase che dura circa un mese e che è la fase limitante di tutto il processo, si ha un'elevata richiesta di ossigeno e la formazione temporanea di composti intermedi di degradazione (acido acetico, propionico e butirrico), tossici per le piante, ma velocemente metabolizzati.

Nella seconda fase (40 – 45 °C) i processi metabolici diminuiscono di intensità; accanto all'attività batterica se ne evidenziano altre dovute a varie

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importanti per la sintesi delle sostanze umiche. In questa fase diminuisce sensibilmente la richiesta di ossigeno e la sostanza organica è sufficientemente stabile, quindi non esplica più un'azione tossica sui vegetali.

Gli attinomiceti svolgono un ruolo importante in questa fase, in quanto producono composti aromatici, presenti tipicamente nel suolo e, quindi, conferiscono al compost il tipico odore di terriccio fresco definito “geosmina”.

La terza fase del processo, infine, è caratterizzata da un 'intensa colonizzazione da parte di animali di piccole dimensioni (per esempio i lombrichi), che contribuiscono allo sminuzzamento e al riescolamento dei composti organici e minerali formatisi.

Nel dettaglio si descrive l’andamento dei parametri fondamentali:

- ossigeno: viene fornito alla massa da compostare in due diverse modalità: areazione forzata, mediante pompe soffianti, e/o rivoltamenti meccanici. Nella prima fase del processo, dove l'ossigenazione è più importante, è opportuno evitare continui rimescolamenti od insufflazioni d'aria, che porterebbero i cumuli ad un repentino raffreddamento, quindi all'abbattimento della temperatura sopra menzionato.

Di conseguenza nella fase iniziale la percentuale di ossigeno è piuttosto bassa, 2-3 %, per poi risalire, nel corso dell’intero processo, fino a valori del 15%. Bisogna ricordare che, oltre a un buon funzionamento, valori di ossigeno superiori al 5 % sono necessari per evitare che prevalgano batteri facoltativi, quindi processi putrefattivi, con produzione (a seconda delle matrici di partenza) di acido solfidrico, ammoniaca, aldeidi, chetoni ed ammine, che conferiscono alla massa cattivi odori. L’andamento opposto è ovviamente seguito dall’anidride carbonica.

- temperatura: deve obbligatoriamente, secondo il Decreto Ronchi e sue successive modifiche, superare il valore di 55 °C per almeno tre giorni, per poter abbattere principalmente i patogeni umani e animali, ma anche,

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contemporaneamente, per disattivare la totalità delle semenze estranee e delle erbe infestanti.

La temperatura non deve però necessariamente salire verso i tenori vitali dei microrganismi stessi, ovvero superare la soglia dei 70 °C, per non incappare in stati cosiddetti “dormienti”, che possono bloccare il sistema ed allungare i tempi del processo.

- porosità: ovvero l’insieme degli spazi vuoti in un volume definito, il cui valore ottimale nel compostaggio è pari a circa 70 - 85%, per consentire la circolazione dell’aria all’interno della massa e favorire così le condizioni aerobiche del processo, limitando quindi fenomeni di maleodoranze;

- dimensione delle particelle: parametro strettamente legato alla porosità, con dimensioni ottimali tra i 15 ed i 50 mm, ottenibili con la triturazione, per la matrice verde, e con la miscelazione, per le matrici organiche;

- pH: il cui trend ottimale e’ indicato da tenori bassi durante le prime decomposizioni, a causa del rilascio di acidi organici, per poi risalire verso la neutralità, durante la decomposizione proteica ed il rilascio di anidride carbonica per aerazione, sino a raggiungere un’alcalinità pronunciata, per rilascio di ammoniaca, e infine ritornare nuovamente verso la definitiva neutralità, a causa dell’attacco dei batteri nitrificanti, che decompongono l’ammoniaca stessa in acido nitrico e nitroso.

- umidità: il cui valore ottimale iniziale è necessariamente tra il 50 / 60% (con valore che si attesta intorno al 35% a fine processo), in quanto casi di eccesso inducono stati anaerobici, mentre casi in difetto producono scarso innesco delle reazioni ossidative e colonizzazione microrganica. Tale valore e’ ottenibile miscelando e bilanciando le matrici verdi, più secche, con quelle organiche, più umide.

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Entrando nel particolare, per quanto riguarda l’umidità, questo elemento naturale è il veicolo dove avvengono le reazioni chimiche, le migrazioni dei microrganismi e la diffusione dei fitonutritivi.

Per tali motivi è facile intuire quanto sia importante controllare che questo fattore segua il suo trend ottimale durante le varie fasi di processo.

Con i valori corretti d’umidità la massa non subisce fenomeni di anossia o anaerobiosi, causati dall’espulsione dell’ossigeno da parte dell’acqua in eccesso, che provocherebbero putrefazioni ed esalazioni moleste, ne subisce, in termini opposti, blocchi di processo per migrazioni microrganiche rallentate, a causa di secchezza eccessiva.

Il rispetto di tutti questi parametri durante l’intero processo, unitamente alla qualità delle matrici di partenza, permette di ottenere, al termine dei 90 giorni previsti, un ammendante di qualità, pronto per la commercializzazione.

Non bisogna comunque dimenticare, nel corso e al termine dell’attività di compostaggio, l’importanza dei monitoraggi e dei controlli per verificare l’osservanza dei limiti previsti dalla normativa.

3 Il Rispetto Ambientale

Le diverse attività di gestione e smaltimento dei rifiuti svolte da CERMEC, sono condotte secondo il concetto di rispetto ambientale, concepito come un elemento fondamentale della politica aziendale. Secondo questa politica il sistema di gestione integrato qualità - ambiente dell’azienda, nel 2005, è stato riconosciuto conforme alle normative UNI-EN-ISO 9001 e 14001.

CERMEC ha conseguito anche il marchio per l’ammissione degli ammendanti prodotti nell’agricoltura biologica, il marchio CIC per la qualità dell’ammendate e il sistema di compostaggio e la SA 8000 per l’etica.

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La stessa mission dell’azienda “Accettiamo rifiuti per trasformarli in risorse” esprime il senso delle attività svolte da CERMEC che seguono i concetti di recupero, riutilizzo, riuso e riciclaggio.

La particolare attività svolta da CERMC necessita di un miglioramento continuo delle tecnologie utilizzate per ottenere un prodotto finale di qualità.

Nel rispetto della Normativa italiana e comunitaria l’azienda persegue l’obiettivo della salvaguardia delle zone operative dove svolgono le attività i dipendenti, delle aree adiacenti interne al sito di produzione e trattamento e, non di minore importanza, la tutela delle zone limitrofe all’impianto, le quali presentano un centro abitativo nelle ristrette vicinanze – 500 metri in linea d’aria – e quindi con particolare attenzione verso la “vita” dell’Azienda.

Nel perseguire gli obiettivi di salvaguardia ambientale ed uso sostenibile delle risorse vengono utilizzate le migliori tecnologie disponibili.

Per quanto concerne tutti gli effluenti liquidi, l’impianto è dotato di intercettazione delle acque pluviali, che ricadono su tutta l’area dell’insediamento industriale, così come delle acque scaricate dai tetti dei capannoni, che, dopo la raccolta e lo stoccaggio provvisorio in vasche interrate nel cuore del piazzale principale, sono inviate a depurazione, se è il caso, o scaricate nel fosso adiacente, se entro i limiti di Legge consentiti.

Le acque industriali, ovvero i percolati provenienti dal trattamento della matrice organica, sia dal circuito della raccolta differenziata che indifferenziata, vengono invece inviate a apposite vasche di stoccaggio e settimanalmente trasferite a depurazione presso impianti esterni.

Relativamente invece alla matrice suolo, questo viene tutelato attraverso una pavimentazione, impermeabile, che si estende per tutto il perimetro dell’insediamento e che impedisce un contatto diretto fra il suolo e i possibili inquinanti.

Per la salvaguardia del comparto aria, in due zone dell’impianto, a monte e a valle, sono posizionati due potenti filtri a maniche; il loro utilizzo permette l’intercettazione, previa aspirazione, delle polveri che si generano sia

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durante lo scarico del rifiuto appena conferito all’impianto, che nella zone di raffinazione della linea indifferenziata.

Le polveri, raccolte in appositi sacchi, sono così destinate al conferimento in discarica.

La gestione di questi due nuclei operativi e la loro funzionalità è sottoposta ai controlli previsti dalla Normativa vigente ovvero il DM 152/06 Sezione ARIA che riprende l’art. 15/A del DPR n. 203 del 24/05/1988.

Le zone, invece, che presentano particolari problematiche di impatto ambientale per la produzione di “molestie olfattive” sono: la zona di ricezione del rifiuto, le zone dove avvengono le prime fasi lavorative dello stesso, lo stoccaggio ed il compostaggio della parte organica.

Tutte queste zone sono poste in depressione con aspirazione forzata ed invio delle arie esauste alla biofiltrazione.

Le zone che non possono essere messe in depressione vengono trattate con formulati battero – enzimatici, nebulizzati sul posto tramite apparecchiature fisse e/o mobili.

La biofiltrazione avviene per mezzo di un letto filtrante (Fig 2), posizionato sul tetto di uno dei grandi capannoni e costituito da materiale vegetale a triplice dimensione:

- grossolano in basso

- media granulometria nello strato intermedio - fine nella parte terminale.

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Figura 2.2 - Letto filtrante

Tutto il letto filtrante è colonizzato da batteri che, demolendo le molecole delle molestie olfattive, permettono l’emissione in atmosfera di aria con tenori praticamente azzerati.

Il letto filtrante ha una volumetria pari a circa 1.200 m3 e copre una superficie di circa 1.040 m2 per uno spessore di circa 1,2 m; questo strato permette all’aria in ingresso, aspirata dalle zone di lavorazione, di percorrere l’interno del letto e subire la filtrazione.

Lo strato che viene incontrato per primo dall’aria ha dimensione grossolana, per permettere un facile inserimento nel letto; via via che l’aria sale, per cercare un’uscita, incontra strati più fini che ne bloccano, in modo lieve, il percorso, favorendo l’attività batterica di abbattimento.

Tutto il sistema di aspirazione è servito da tre potenti ventilatori (aspiratori della portata di 75.000 N m3 /h) e, con il funzionamento di due ventilatori su tre, in alternanza, si garantisce l’invio ogni ora di quasi tre ricambi d’aria totale all’interno delle aree messe in depressione.

Vengono effettuati monitoraggi in continuo, ogni ora, per la verifica della temperatura dell’aria in uscita dal biofiltro e controlli, giornalieri, sul tenore di umidità della stessa.

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L’umidità del letto viene mantenuta su standard vicini alla saturazione, con appositi ugelli che coprono tutta la superficie, per favorire l’attività di filtrazione.

In uscita le arie sono così depurate; dai dati in possesso, sin dalla messa in funzione del biofiltro, nel 2004, riscontriamo, mediamente, un abbattimento pari al 98% delle molestie olfattive registrate all’ingresso, che permettono, all’azienda, di rispettare i limiti normativi.

A rafforzare questi dati, l’azienda ha commissionato uno studio sugli “ Indici di Ricaduta”, ovvero sulle molestie residue, che sfuggono dal

controllo diretto o che sono reduci dai trattamenti.

Tali I.R. si possono evincere dalla cartina in seguito riportata (fig 2.3), ottenuta valutando modelli di dispersione che tengono conto delle caratteristiche metereologiche: temperatura media, pressione atmosferica, umidità e Joint Frequency Function.(cioè la probabilità, espressa in percentuale, che si verifichino, per le classi di stabilità atmosferica verticale tipiche del sito, venti con particolari intensità e direzione).

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Figura 2.3 - Studio dell'impatto olfattivo delle emissioni atmosferiche - Progress S.r.l

I controlli sull’efficienza del sistema, sull’aspirazione e sulle perdite di carico, sono effettuate con cadenze precise, stabilite preventivamente; le analisi dell’aria in uscita sono effettuate con il sistema “olfattometrico”.

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Questo sistema prende spunto dal presupposto che il naso umano è l’agente di controllo più rigido e sensibile di qualsiasi strumentazione che, al momento, può essere posta in opera per tali controlli.

Per il campionamento dell’aria da analizzare si impiegano delle cappe tronco piramidali a base quadrata, che impediscono la diluizione degli effluenti da parte dell’aria esterna (fig. 2.4 e 2.5).

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Figura 2.5 - Letto filtrante con istallazione della strumentazione per il monitoraggio olfattometrico

Nella parte terminale superiore è posto un camino di campionamento dove viene posizionata la pompa di prelievo, per aspirare l’aria proveniente dal letto filtrante, che viene raccolta in sacchetti specifici di Nalophan, per evitare contaminazioni esterne durante il trasporto in laboratorio.

Una volta prelevato il campione, questo è inviato immediatamente al laboratorio olfattometrico, dove si procede all’analisi. L’obbiettivo di questa prova è la determinazione della soglia di rivelazione del campione aeriforme odorigeno, ossia del confine al quale il campione, dopo essere stato diluito, tende ad essere percepito dal 50% degli esaminatori, Gruppo Prova o Panel, che partecipano al test di misurazione.

Si impiega uno strumento chiamato “olfattometro” che è in grado di diluire il campione con aria neutra, ossia aria priva di odore, secondo precisi rapporti fino al raggiungimento della soglia di rivelazione olfattiva.

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Ogni esaminatore è selezionato ed addestrato, valutando criteri sensoriali e comportamentali, secondo quanto previsto dalla norma europea EN 13725:2003.

Durante una misurazione olfattometrica, il campione odorigeno è presentato agli esaminatori secondo una serie di diluizioni decrescenti; ciascun membro del gruppo di prova deve segnalare, tramite segnale acustico – luminoso, quando egli percepisce l’odore.

Le risposte del gruppo sono registrate ed elaborate. Il risultato della prova olfattometrica di un campione è il suo valore di concentrazione di odore, espresso in Unita Odorimetriche Europee per metro cubo di aria, che indica quante volte il campione odorigeno è stato diluito, affinché raggiunga la sua soglia di rivelazione olfattiva.

Il limite da rispettare, per la Regione Toscana, è posto a di 300 U.O.E./m3, così come espresso dalla Regione Lombardia nel DGR n. 7/12764 del 16 Aprile 2003, cui sia la Regione Toscana ed altre fanno riferimento.

Le prove olfattometriche sono eseguite, sin dal campionamento, dalla Ditta Progress Srl di Milano e la mia esperienza è stata quella di affiancare il responsabile del laboratorio analisi di CERMEC nelle fasi di coordinamento delle operazioni.

Di tutt’altro genere e peso è stata la mia esperienza diretta nel laboratorio analisi dove ho potuto partecipare alle attività svolte così come illustrate nel prossimo capitolo.

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