SOMMARIO: 1.1. Premessa – 1.2. I caratteri del fenomeno aziendale – 1.3. L’economicità in senso ampio– 1.4. Le peculiarità degli enti locali – 1.5. La creazione di valore per il soggetto economico – 1.6. La creazione di valore pubblico – 1.7. La focalizzazione sulle risorse immateriali.
1.1 Premessa
Il sistema pubblico è da più di un decennio al centro di un profondo processo di cambiamento, denominato «aziendalizzazione». Tale processo è volto a creare amministrazioni pubbliche “fortemente orientate verso la cultura economico-aziendale e quindi intrise dei principi, delle regole e delle metodologie che sottendono al governo delle unità che hanno un rilevante impatto economico e sociale”1.
L’aziendalizzazione è un percorso necessario da innescare per garantire miglioramenti significativi di efficienza ed efficacia del sistema pubblico. I numerosi interventi normativi degli anni ’90 hanno quale obiettivo proprio quello di dar vita ad amministrazioni pubbliche più «moderne» e, quindi, più efficienti e sensibili alle esigenze dei cittadini, sia per quanto riguarda la produzione/erogazione dei servizi che la rendicontazione dell’attività svolta e dei risultati conseguiti.
Il processo di cambiamento delineato coinvolge in modo significativo anche gli enti locali ai quali è rivolta l’attenzione nel presente lavoro.
Per esplicitare l’oggetto di studio «ente locale» riteniamo opportuno far riferimento alla definizione contenuta nel D.Lgs. 267/2000 - Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
L’articolo 2, comma 1, identifica quali enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni. La nostra analisi è, tuttavia, focalizzata sui comuni e sulle province, enti locali per eccellenza, nel cui ambito viene svolta una parte molto rilevante dei processi di produzione e consumo di ricchezza.
Al comune e alla provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, spetta il compito di rappresentare la comunità locale, di curarne gli interessi e di promuoverne lo sviluppo (art. 3, c. 2 e 3).
1 ANSELMI L., L’ente Locale come Holding di un Gruppo Aziendale,, IN ANSELMI L. (a cura di),
Il comune svolge principalmente funzioni pubbliche connesse con i servizi alla persona e alla comunità, con l’assetto e l’utilizzazione del territorio e con lo sviluppo economico (art. 13, c. 1).
Alla provincia, invece, competono attività di coordinamento dei comuni e di raccordo con la regione. Essa, inoltre, opera nei seguenti settori: tutela e valorizzazione dell’ambiente naturale, valorizzazione dei beni culturali, viabilità e trasporti, servizi sanitari di igiene e profilassi pubblica, istruzione secondaria di secondo grado, artistica e formazione professionale, raccolta ed elaborazione dati e assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali (art. 19, c. 1).
Lo studio dei comuni e delle province, nel presente lavoro, pur avvalendosi delle disposizioni normative, è effettuato adottando l’approccio economico-aziendale che qualifica gli enti locali come aziende2.
È sulla natura aziendale degli enti locali che è focalizzata l’attenzione del presente capitolo. A tal fine, sono analizzati i tratti caratterizzanti il fenomeno aziendale, in particolare il fine e le condizioni di funzionamento.
Per uno scopo prettamente strumentale, di comprensione del reale, l’azienda è distinta in privata e pubblica. Tale classificazione è operata nel rispetto di un principio cardine dell’economia aziendale, ossia l’unicità del fine perseguito dall’azienda. Quest’ultima, sia privata che pubblica, per-segue l’equilibrio economico a valere nel tempo ed ha, quindi, per fine se stessa. La distinzione in privata e pubblica attiene, piuttosto, alla natura del soggetto economico e, di conseguenza, alle finalità che lo stesso intende perseguire mediante lo strumento-azienda.
Nel corso del capitolo sono individuate le peculiarità dell’ente locale mediante un’analisi che tiene conto della compresenza della dimensione istituzionale, politica ed aziendale in senso stretto.
È, inoltre, analizzato il processo di creazione del valore che si realizza nelle realtà oggetto di indagine. L’attenzione è, pertanto, focalizzata sul concetto di valore pubblico e sulle sue modalità di produzione.
2 La dottrina economico-aziendale italiana ha sempre qualificato come aziende le amministra-zioni pubbliche territoriali, pur inquadrandole in classi/tipologie differenti identificate sulla base di criteri inerenti la funzione economica svolta, il fine, la natura del soggetto giuridico o economico. Si veda, fra gli altri, VILLA F.,La contabilità applicata alle amministrazioni private e pubbliche
ossia elementi di scienze economico-amministrativi applicati alla tenuta dei registri ed alla compilazione e revisione dei rendiconti, Angelo Monti, Milano, 1841; BESTA F., La Ragioneria, Vol. I, Vallardi, Milano, 1916; ZAPPA G., Le produzioni nell’economia delle imprese, Tomo I, Giuffrè, Milano, 1957; AMADUZZI A., L’azienda nel suo sistema e nel suo ordine di rilevazioni, Terza Edizione Aggiornata, Utet, Torino, 1978;
GIANNESSI E., Interpretazione del concetto di azienda pubblica, in AA.VV.,Saggi di economia aziendale e sociale in memoria di Gino Zappa, Vol. II, Giuffrè, Milano, 1961; MASINI C., Lavoro e risparmio, Utet,
Torino, 1970; ANSELMI L., Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni, Giappichelli, Torino, 2003; BORGONOVI E. (a cura di), Introduzione all’economia delle amministrazioni pubbliche, Giuffrè, Milano, 1984; FARNETI G., Introduzione all’economia dell’azienda pubblica: il sistema, i principi, i valori, Giappichelli, Torino, 1995; MUSSARI R., Economia dell’azienda pubblica locale, Cedam, Padova, 2002.
L’identificazione dei tratti caratterizzanti l’azienda pubblica «ente locale» è indispensabile per poter comprendere il ruolo che in tale ambito rivestono le risorse immateriali e, soprattutto, per evitare che gli strumenti di misurazione, gestione e comunicazione di tali risorse, originariamente sviluppati nelle aziende private, siano applicati in modo acritico, senza tener conto delle specificità che connotano gli enti locali.
1.2. I caratteri del fenomeno aziendale
Nella dottrina economico-aziendale, l’azienda è un fenomeno unitario; di conseguenza, l’individuazione di differenti tipologie di aziende ha valenza prettamente strumentale, di comprensione del reale. Le diverse classificazioni proposte in letteratura individuano dei sottosistemi di un fenomeno unitario e, in ragione di ciò, le differenze esistenti tra le diverse classi non riguardano i tratti fondamentali del fenomeno aziendale3.
Secondo Giannessi, la classificazione delle aziende non può essere basata su una diversità nel fine perseguito4. In quanto fenomeno unitario,
l’azienda ha un solo fine identificabile nel conseguimento di un determi-nato equilibrio economico a valere nel tempo5. Nel lungo andare l’azienda
deve essere in grado di garantire “una rimunerazione adeguata ai fattori utilizzati e un compenso, proporzionale ai risultati raggiunti, al soggetto economico per conto del quale l’attività si svolge”6.
3 A riguardo Zappa osserva “Le distinzioni avvertite nelle amministrazioni delle imprese e delle aziende di erogazione, private o pubbliche, consentono la percezione di caratteristiche proprie dei diversi settori della produzione e del consumo, ma non intaccano l’intima unità dell’economia d’azienda, né suscitano tra le gestioni e il volgere delle diverse aziende i profondi contrasti supposti da coloro che sanno isolare alcuni dei fenomeni considerati dagli altri, con essi intrecciati in palesi o in non appariscenti complessi economici.” (ZAPPA G., Le produzioni
nell’economia delle imprese, cit., p. 70).
4 Osserva in proposito Giannessi: “Le classificazioni delle aziende hanno sempre finalità operative. Esse servono a facilitare la comprensibilità di fenomeni osservati e ad avvicinare gradualmente l’indagine all’essenza fondamentale dei problemi: in quanto tali, conservano un carattere strumentale che non ha nulla a che vedere col fine perseguito.” (GIANNESSI E.,
Interpretazione del concetto di azienda pubblica, cit., p. 1027).
5 Il fine aziendale, secondo Giannessi, è unico; l’Autore, quindi, si pone in aperto contrasto con la dottrina tradizionale (si veda, in particolare, BESTA F., La Ragioneria, cit., p. 16) che attribuiva alle aziende di produzione (o imprese) il fine del conseguimento del lucro e alle aziende di erogazione il fine del soddisfacimento dei bisogni umani. (Cfr. GIANNESSI E., Appunti di
economia aziendale con particolare riferimento alle aziende agricole, Pacini, Pisa, 1979, pp. 28-40). L’unico
fine aziendale non va ricercato, secondo Giannessi, nel soddisfacimento dei bisogni umani; “L’uomo ha per scopo il soddisfacimento dei bisogni umani, l’azienda no […]. L’attribuzione dello scopo del «soddisfacimento dei bisogni» al sistema d’azienda serve solo a confondere l’equilibrio dell’attività umana con l’equilibrio dell’attività aziendale.” (GIANNESSI E., Interpretazione
del concetto di azienda pubblica, cit., pp. 1032-1033).
6 GIANNESSI E., Appunti di economia aziendale con particolare riferimento alle aziende agricole, cit., pp. 10-11. Secondo Giannessi, il soggetto economico (sia esso una persona fisica, una assemblea di
L’equilibrio economico non deve soltanto essere mantenuto dall’azienda ma anche migliorato nel lungo periodo. L’equilibrio economico durevole ed
evolutivo rappresenta una condizione essenziale per la sopravvivenza e lo
sviluppo dell’azienda e ne garantisce la funzionalità nel tempo7.
Il concetto di equilibrio economico a cui si fa riferimento risulta essere piuttosto ampio poiché in esso sono riassunti tutti gli aspetti della gestione8. Come osserva Ferraris Franceschi, il conseguimento
dell’equili-brio economico durevole ed evolutivo sottende la persistenza di un rappor-to favorevole tra i ricavi e i costi di competenza di un determinarappor-to periodo di tempo. Esso implica, inoltre, la presenza di situazioni di solidità patrimoniale, finanziaria e monetaria. Infine, considerando i rapporti con l’ambiente, l’equilibrio in oggetto è espressione della capacità competitiva dell’azienda oltreché delle sue potenzialità di sviluppo9. In sintesi, il
raggiungimento, la conservazione ed il miglioramento di tutti gli «equilibri parziali» individuati è garanzia di continuità e di sviluppo dell’azienda nel tempo.
Il conseguimento del fine aziendale, da un lato, presuppone e, dall’altro, favorisce il rispetto delle condizioni di funzionamento dell’azienda. Queste ultime sono rappresentate dalla proiezione dell’unità nel tempo e dallo stato di ordine che si forma con riferimento alla combinazione dei fattori produttivi, alla coordinazione delle operazioni gestionali e alla composi-zione di forze interne ed esterne10.
Bertini, nel riprendere ed ampliare l’impostazione teorica di Giannessi, sottolinea il carattere strumentale dell’azienda rispetto alle finalità del
soci o un ente pubblico) ha sempre diritto ad un compenso proporzionale ai risultati conseguiti. Se il compenso non esiste, rileva l’Autore, non si ha formazione di azienda. La natura del soggetto economico e le motivazioni perseguite incidono sulla destinazione del compenso. (Cfr. GIANNESSI E., Interpretazione del concetto di azienda pubblica, cit., pp. 1036 – 1037).
7 Cfr. GIANNESSI E., Appunti di economia aziendale con particolare riferimento alle aziende agricole, cit., p. 38. Si veda, inoltre, CORTICELLI R., Ordine ed equilibrio nell’azienda: interrelazioni, in “Rivista
Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale”, marzo-aprile, 1994.
8 A riguardo Ferraris Franceschi osserva “L’equilibrio economico è una condizione inderogabile per la sopravvivenza della combinazione, in esso si riassumono tutti gli aspetti della gestione. Perciò è arduo pensare di ricondurlo ad un valore che esprime lo scostamento positivo del sistema dei ricavi da quello dei costi. Le posizioni di equilibrio traggono origine da una molteplicità di cause ed effetti riconducibili ai rami fondamentali e anche a quelli collaterali della gestione”. (FERRARIS FRANCESCHI R., Appunti di Economia Aziendale. Introduzione. L’azienda: forme,
aspetti, caratteri e criteri discriminanti, Edizioni Kappa, Roma, 1995, p. 62).
9 Cfr. FERRARIS FRANCESCHI R., Appunti di Economia Aziendale. Introduzione. L’azienda: forme,
aspetti, caratteri e criteri discriminanti, cit., pp. 60-66.
10 Secondo Giannessi, non è possibile considerare aziende quelle unità economiche che presentano un difetto di economicità o un difetto di ordine. Cfr. GIANNESSI E, Appunti di economia aziendale con particolare riferimento alle aziende agricole, cit. pp. 9 e ss. Sulla natura e sulle relazioni tra
ordine e equilibrio si vedano, inoltre, CORTICELLI R., Ordine ed equilibrio nell’azienda: interrelazioni, cit. e FERRARIS FRANCESCHI R., Appunti di Economia Aziendale. Introduzione. L’azienda: forme, aspetti,
soggetto economico; l’azienda è, in altri termini, il mezzo di cui il soggetto economico si avvale per il raggiungimento dei propri fini11.
Il soggetto economico è generalmente identificato con la persona o il gruppo di persone che detiene ed esercita, direttamente o indirettamente, il potere volitivo12.
Nella dottrina economico-aziendale, la natura del soggetto economico è il criterio in base al quale si distinguono le aziende private da quelle pubbliche13.
Nelle aziende private, il potere di decisione spetta, generalmente, ai soggetti che detengono la maggioranza assoluta, ma talvolta anche relativa, del capitale sociale; il controllo aziendale, in altri termini, è collegato alla proprietà. L’eccezione è rappresentata dalle public companies; in esse, infatti, il potere volitivo è esercitato dal top management14.
11 BERTINI U., Il sistema d’azienda. Schema di analisi, Giappichelli, Torino, 1990, pp. 37-52. Anche Ferrero assegna all’azienda una funzione strumentale: “L’azienda esplica appunto una funzione
strumentale rispetto alle finalità che dati soggetti – uomini o istituzioni – perseguono e che
attengono al soddisfacimento di tali bisogni (umani, N.d.A.)” e ancora “I soggetti d’azienda – richiamati un po’ ovunque nelle pagine precedenti – sono quelli che la moderna dottrina suol compendiare nella figura del soggetto economico […].” (FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1968, pp. 3-4 e p. 48, corsivo nel testo dell’Autore).
12 Le nozioni di soggetto economico proposte in dottrina sono numerose e non sempre coincidenti. La definizione accolta in questo lavoro è coerente con la definizione proposta da Ferrero, secondo il quale il soggetto economico è la “persona singola o pluralità di persone che, di fatto detiene ed esercita il supremo potere volitivo e le connesse prerogative e facoltà di scelta e di decisione nell’ambito dell’azienda, direttamente, in quanto costituisca il massimo organo aziendale, o indirettamente, in quanto deleghi altri a rappresentare questo stesso organo e a praticarne la potestà di comando nel governo economico dell’azienda medesima. Questo soggetto è, di fatto, sempre costituito da persone fisiche. E ciò è vero anche quando l’azienda pertenga allo Stato o ad altri enti pubblici anziché a enti privati.” (FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, cit., p. 48, corsivo nel testo dell’Autore). Sulla stessa linea si pone anche la definizione proposta da Onida: “Chiamiamo soggetto economico dell’azienda la persona o il gruppo di persone che di fatto ha ed esercita il supremo potere nell’azienda, subordinatamente solo ai vincoli di ordine giuridico o morale ai quali deve o dovrebbe sottoporsi. Il soggetto economico costituisce l’organo dell’amministrazione e, precisamente, l’organo nel quale si accentra o al quale fa capo di fatto, il supremo potere volitivo.” (ONIDA P., Economia d’azienda, Utet, Torino, 1980, p. 21).
13 Giannessi, in particolare, osserva “La classificazione delle aziende in pubbliche e private viene attuata per discriminare le aziende secondo la natura del soggetto economico e le influenze che questo può avere sullo svolgimento della gestione.” (GIANNESSI E., Interpretazione del concetto di azienda pubblica, cit., p. 1042). Sulla stessa linea si pone anche Amaduzzi:“Il carattere privato o
pubblico dell’azienda viene comunque meglio rilevato dalla considerazione del suo soggetto economico, e tale carattere serve a spiegare gli obiettivi che l’azienda si propone, nell’aspetto tecnico e nell’aspetto economico, ed il modo con il quale gli obiettivi vengono raggiunti.” (AMADUZZI A., L’azienda nel suo sistema e nel suo ordine di rilevazioni, cit., p. 80). A riguardo si veda, inoltre, FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, cit., pp. 51-52.
14 Cfr. GIUSEPPONI K., Il soggetto economico e il soggetto giuridico, in MARCHI L. (a cura di),
Introduzione all’economia aziendale. Il sistema delle operazioni e le condizioni di equilibrio aziendale, Quinta
Nelle aziende pubbliche il soggetto economico ha natura pubblica. Per alcuni Autori, ciò si verifica quando chi ha il potere di decidere è una persona giuridica pubblica15.
In linea con la nozione di soggetto economico appena individuata, osserviamo che il potere volitivo può essere concretamente esercitato dalle sole persone fisiche. Sulla base di tale convinzione, e con esplicito riferi-mento alla realtà degli enti locali, riteniamo che il soggetto economico di un’azienda pubblica sia costituito, in prima approssimazione, dalle persone fisiche residenti in un determinato ambito territoriale e, più nel dettaglio, dai cittadini elettori. Questi ultimi non esercitano direttamente il potere volitivo, ma delegano l’esercizio dello stesso a propri rappresentanti scelti mediante il meccanismo delle elezioni. I rappresentanti sono designati sulla base delle idee politiche che esprimono e, in particolare, dei bisogni e delle attese sociali della cui soddisfazione si fanno portavoce16.
Nelle aziende pubbliche, a ben vedere, il potere volitivo non è esercitato unicamente dal corpo elettorale. Nelle aziende in parola, l’area del potere aziendale è più ampia e in essa confluiscono oltre agli elettori, che definia-mo soggetto economico originario, anche i dirigenti dell’azienda pubblica e le forze esterne promananti dal sistema pubblico17. Le decisioni aziendali,
15 Anselmi considera “pubblica un’azienda quando chi ha il potere di decidere è una persona giudica pubblica” tipicamente un ente pubblico tradizionale (stato, provincia, comune, regione). Di conseguenza, secondo l’Autore “aziende pubbliche sono direttamente gli enti pubblici tradizionali, e, indirettamente, le aziende che hanno come soggetto economico una o più aziende pubbliche tradizionali.” (ANSELMI L., Economicità e socialità nell’azienda pubblica, in AA.VV., Scritti in onere di Carlo Masini, Tomo II, Egea, Milano, 1993, p. 815).
16 Secondo Masini, il soggetto economico dell’azienda composta pubblica, ordine economico dell’istituto pubblico territoriale, “è costituito da tutti i membri della popolazione riunita in comunità territoriale per gli interessi di soddisfacimento dei bisogni pubblici […] Fanno parte del soggetto economico per le complesse attese ormai note quando sono proporzionatamente rilevanti anche tutti coloro che prestano lavoro di ogni specie e grado, come collaboratori diretti, nell’istituto territoriale.” Con riferimento alla popolazione, Masini osserva “La popolazione si attende il diritto al governo generale dell’istituzione, quindi anche al governo economico dell’azienda composta pubblica, nei tempi presenti secondo schemi democratici. Tale prerogativa è esercitata in modo indiretto per mezzo di organi collegiali i cui membri sono elettivi.” (MASINI
C., Lavoro e risparmio, cit., p. 65). Sul tema si veda, inoltre, MUSSARI R., Economia dell’azienda pubblica locale, cit., pp. 12-14; PAOLONI M., Il sistema informativo e le funzioni direzionali negli enti pubblici non economici, Giappichelli, Torino, 1999, pp. 183-185; GIOVANELLI L., La comunicazione economica
nell’ente locale, Giuffrè, Milano, 1995, pp. 37-43. Giovanelli, in particolare, individua tre figure di
soggetto economico; una sovra-aziendale (il «soggetto economico originario» ossia la comunità territoriale di riferimento) e due aziendali (il «soggetto economico derivato» formato dai rappresentanti eletti dai cittadini e il «soggetto economico in senso stretto» costituito dalla formazione di maggioranza). L’Autore individua anche un «soggetto economico allargato» nel quale confluiscono i rappresentanti eletti, i dirigenti e le forze esterne di natura economica, politica e sociale.
17 Il concetto di «area del potere aziendale» è elaborato dal Bertini con esplicito riferimento al mondo delle aziende private. Secondo l’Autore il nuovo soggetto economico, derivante dalle trasformazioni sociali, tecnologiche e culturali, “non è espressione esclusiva né della proprietà, né della tecnostruttura aziendale, né del sistema politico-sociale; ma di tutte queste forze insieme,
di conseguenza, sono il frutto dell’interazione di queste tre forze, ciascuna delle quali è portatrice di proprie logiche e propri valori (si veda la figura 1.1).
Il soggetto economico originario, mediante il voto, definisce sia pur indirettamente, gli indirizzi di fondo della gestione, ossia i bisogni che ritiene debbano essere soddisfatti dall’azienda pubblica. Tali istanze devono essere opportunamente integrate con le «esigenze» dello strumento aziendale, di cui sono portavoce i dirigenti, e con l’architettura del sistema pubblico, ossia con l’attribuzione della titolarità delle funzioni pubbliche e con le regole che garantiscono il coordinamento dei vari elementi del sistema. A ben vedere, quindi, l’esercizio del potere volitivo in azienda e, nello specifico, la definizione delle finalità da perseguire mediante lo strumento aziendale, sono influenzati dalle relazioni interne al sistema pubblico e dall’influsso di due anime, una di tipo politico, l’impren-ditorialità, e l’altra di tipo tecnico, la managerialità18.
Come osservato in precedenza, l’azienda rappresenta lo strumento di cui il soggetto economico si avvale per perseguire le proprie finalità. Queste ultime, pur dipendendo strettamente dalle motivazioni che spingono una o
proiettate in un’area indipendente ed esclusiva in cui i diversi valori acquistano un significato autonomo ed unitario. E si identificano con gli interessi a valere nel tempo dell’azienda.” (BERTINI U., Scritti di politica aziendale. Terza edizione ampliata, Giappichelli, Torino, 1995, p. 34). Le conclusioni di Bertini possono, a nostro avviso, ben adattarsi alla realtà delle aziende pubbliche e al complesso processo decisionale che in esse si realizza.
18 Bertini, a riguardo, osserva “«Imprenditorialità» e «managerialità» esprimono, dunque, due distinti e imprescindibili aspetti della moderna realtà soggettiva dell’azienda; anime diverse in costante rapporto dialettico e in continua evoluzione tra loro, espressioni distinte di un unico e indissolubile modo di essere.” (BERTINI U., Scritti di politica aziendale, cit. p. 31).
Figura 1.1 – L'area del potere aziendale nell'azienda pubblica
Fonte: Nostra elaborazione
SOGGETTO ECONOMICO ORIGINARIO DIRIGENTI PUBBLICI SISTEMA PUBBLICO SOGGETTO ECONOMICO ORIGINARIO DIRIGENTI PUBBLICI SISTEMA PUBBLICO
più persone a svolgere congiuntamente un’attività aziendale, possono essere, a nostro avviso, ricondotte a due macrocategorie: finalità economi-che, da un lato, e finalità extraeconomieconomi-che, dall’altro19.
Con la costituzione di aziende private, il soggetto economico persegue in
primis finalità economiche. I soggetti che danno vita a tali aziende, infatti,
investono il loro patrimonio e le loro competenze nello svolgimento di un’attività aziendale al fine di aumentare la propria ricchezza economica. Le aziende in parola rappresentano, quindi, lo strumento utilizzato per accre-scere il valore economico da distribuire tra chi esercita il governo delle attività e assume il rischio aziendale20.
L’azienda pubblica è, invece, lo strumento di cui il soggetto economico pubblico si avvale per perseguire principalmente finalità di tipo extra-economico, volte cioè a garantire il soddisfacimento di alcuni bisogni, o in altri termini, il bene comune. Il soggetto economico pubblico svolge l’attività aziendale al fine di soddisfare quei bisogni che si ritiene non possano o non debbano essere soddisfatti mediante il ricorso, da parte di determinati gruppi di soggetti o dell’intera comunità di riferimento, a beni o servizi prodotti da aziende private. I bisogni che il soggetto economico pubblico programma di soddisfare non sono definibili in modo rigido e deterministico; l’evoluzione socio-economica, da un lato, e le condizioni storico-politiche, dall’altro, concorrono ora ad arricchire ora a ridurre la gamma dei bisogni pubblici da appagare21.
Ai fini del soddisfacimento dei bisogni individuati dal soggetto economi-co, l’azienda pubblica svolge, in via prevalente, la funzione economica di erogazione, impiegando la ricchezza a disposizione per il soddisfacimento diretto dei bisogni pubblici. Tuttavia, nelle aziende pubbliche, l’attività economica di erogazione è spesso accompagnata dall’attività economica di produzione attraverso la quale sono realizzati i beni e i servizi generalmente destinati al consumo, ma potenzialmente anche destinabili allo scambio di
19 Cfr. BORGONOVI E., Dalla storicizzazione dei fini e dalla flessibilità dei mezzi il contributo delle
aziende non profit al progresso economico e sociale, inAA.VV., L’elasticità dell’azienda di fronte al cambiamento, Atti del Convegno annuale AIDEA tenutosi a Torino, Clueb, Bologna, 1993. Si veda, inoltre, MONTANINI L., Etica e governo negli istituiti religiosi. I caratteri di aziendalità, Clua Edizioni Ancona, 2002, pp. 43-50.
20 Cfr. BORGONOVI E., Dalla storicizzazione dei fini e dalla flessibilità dei mezzi il contributo delle
aziende non profit al progresso economico e sociale, cit. p. 203.
21 “La ragione d’essere generale della pubblica amministrazione si profila quindi connessa all’esistenza evidente di bisogni di carattere collettivo; quali siano questi nello specifico non sembra però questione risolvibile in base ad analisi astratte o riferite a un generico «stato di natura», ma piuttosto dipende da condizioni storiche e in parte contingenti tra le quali sicuramente rientra anche il grado di efficacia economica e di accettabilità sociale che la conduzione di certe attività da parte dell’ente pubblico realizza rispetto a modalità alternative di intervento su determinati bisogni.” (REBORA G., Un decennio di riforme. Nuovi modelli organizzativi e processi di
mercato22. In effetti, come osserva Anselmi, “la produzione, la
distribuzione, il consumo e l’erogazione possano convivere simultaneamen-te ed essere esercitasimultaneamen-te perfettamensimultaneamen-te attraverso la formula imprendito-riale”23.
Le finalità del soggetto economico pubblico possono essere perseguite nella misura in cui è garantita la funzionalità duratura dello strumento. Di conseguenza, il rispetto delle condizioni che garantiscono la sopravvivenza e lo sviluppo dell’azienda, nello specifico il conseguimento dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo, costituisce un imperativo a cui nessuna azienda può sottrarsi24. A ben vedere, quindi, il fine dell’azienda-strumento
è unico e valido per tutte le tipologie di azienda individuabili ed è sintetizzabile nell’espressione «l’azienda ha per fine se stessa».
Con esplicito riferimento all’azienda pubblica è possibile osservare che il conseguimento di un adeguato equilibrio economico durevole ed evolutivo rappresenta una conditio sine qua non per la soddisfazione dei bisogni della comunità territoriale di riferimento; quest’ultima, quindi, non può
22 Per la presenza congiunta di attività produttive ed erogative le aziende pubbliche sono definite da una parte della dottrina «composte». Cassandro, in particolare, rileva “anche le aziende erogatrici pubbliche si presentano come aziende composte, a fine erogativo. Cioè, se la finalità essenziale dell’azienda è l’attuazione di un processo erogativo (raccolta di mezzi da varie fonti per soddisfare dati programmi di bisogni), è da dire che accanto a tale processo erogativo si svolgono di solito processi di natura produttiva e cioè dei processi produttivi patrimoniali e dei veri e propri processi produttivi d’impresa”. (CASSANDRO P.E., Le gestioni erogatrici pubbliche, Quarta Edizione riveduta e ampliata, Utet, Torino, 1979, p. 15). Masini definisce l’azienda composta pubblica come l’ordine economico dell’istituto pubblico territoriale (comune, provincia, regione, stato). “In tali
istituti pubblici territoriali per astrazione si può configurare una «azienda composta di produzione e di consumo», ciò con riguardo in prima approssimazione all’ordine economico espresso dai processi
del consumo correlato a bisogni pubblici, della produzione dei servizi atti a soddisfare tali bisogni e dei tributi perle necessarie disponibilità dei mezzi monetari. Si hanno, dunque, aziende composte
pubbliche.” (MASINI C., Lavoro e risparmio, cit. p., 18, corsivo nel testo dell’Autore). 23 ANSELMI L., Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni, cit., p. 43.
24 Al riguardo Bertini scrive “A nostro sommesso parere il fine dell’azienda, in quanto istituzione al servizio del soggetto economico per il perseguimento delle finalità «personali» di esso «soggetto», non può che essere l’equilibrio del sistema medesimo in tutti i suoi molteplici aspetti, ma ricondotto al comune denominatore economico. Si può pertanto arrivare alla conclusione di Galbraith quando afferma che il fine dell’azienda «…è sé stessa».” (BERTINI U., Il
sistema d’azienda. Schema di analisi, cit., p. 44). Sul tema Ferrero osserva “[…] giova inoltre precisare
che scopi e fini possono riferirsi soltanto ai soggetti «volitivi» dei quali l’azienda costituisce lo strumento del sistematico operare in campo economico. Uno strumento non può avere, di per se stesso, né scopo, né fine, ma soltanto una destinazione: destinazione – o funzione strumentale – che non può, per altro, prescindere dagli attributi intrinseci determinanti il presupposto per la «funzionalità» dello strumento medesimo. Ed in relazione allo strumento «azienda», codesti attributi intrinseci, […], non possono essere determinati prescindendo dalle condizioni oggettive che vincolano la funzionalità dello strumento stesso: certe condizioni di vincolo, come quelle afferenti l’«operatività economica» e la «durabilità» dell’azienda, non ammettono compromesso alcuno con la volontà dei soggetti per i quali l’azienda medesima esplica la nota funzione strumentale.” (FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, cit., p. 27, corsivo nel testo dell’Autore).
realizzarsi «ad ogni costo», ma deve necessariamente rispettare le condizioni di sopravvivenza e sviluppo dell’azienda.
1.3. L’economicità in senso ampio
Considerare l’azienda uno strumento di cui il soggetto economico si avvale per il perseguimento dei suoi scopi spinge ad accogliere un’interpre-tazione ampia del concetto di economicità che considera congiuntamente le esigenze dello strumento azienda e le finalità del soggetto economico.
L’economicità in senso stretto attiene alle condizioni che garantiscono la sopravvivenza e lo sviluppo dell’azienda, in altri termini, la sua funzionalità duratura.
Nelle aziende private, le finalità economiche del soggetto economico sono perseguite nel momento in cui l’azienda consegue posizioni di equilibrio economico durevole ed evolutivo25. In questa ipotesi, infatti,
l’azienda è in grado di garantire una remunerazione adeguata ai fattori produttivi utilizzati e un compenso congruo al soggetto economico che, come ricordiamo, ha quale scopo principale l’accrescimento della propria ricchezza economica. A sostegno di quanto affermato si consideri che gli azionisti potrebbero ricercare, nel breve periodo, una maggiore
25 Sulla sovrapposizione nelle imprese, definite come aziende di produzione per il mercato, tra conseguimento dell’equilibrio aziendale e conseguimento delle finalità del soggetto economico, Sòstero rileva “Nelle imprese l’economicità è al tempo stesso una condizione da rispettare per poter continuare a perseguire le finalità istituzionali e – giacché queste sono di ordine economico – il fine stesso dell’azienda. Ma ciò non è vero negli altri tipi di azienda […] A motivo delle sovrapposizioni che esistono nelle imprese tra condizioni e finalità, talvolta succede anche che
economicità ed equilibrio aziendale siano considerati fra loro sinonimi, specie con riferimento al
cosiddetto equilibrio economico «generale», cosicché non apparirebbe neppure concepibile esaminare separatamente i due concetti. Da parte nostra riteniamo utile, invece, separare e distinguere le condizioni che le aziende devono rispettare per poter continuare ad operare, dalla loro capacità di perseguire le finalità istituzionali.” (SÒSTERO U., L’economicità delle aziende.
Rappresentazione e valutazione delle performance e dell’equilibrio nelle imprese, nelle aziende non profit e nelle aziende pubbliche, Giuffrè, Milano, 2003, p. 3, corsivo nel testo dell’Autore). Sull’interpretazione di
economicità come perseguimento dell’equilibrio aziendale si veda Ferraris Franceschi: “Agire secondo il principio di convenienza economica o economicità implica tenere l’occhio fisso al rispetto di tutte quelle che sono state definite come le condizioni di funzionamento per l’azienda […]. Significa, infine, tendere al raggiungimento del sistema delle condizioni finalistiche nel quale, per motivi di studio, sono stati disaggregati i vari aspetti sintetizzabili nell’equilibrio economico: risultati economici e finanziari, posizione sul mercato e nell’ambiente, potenzialità di sviluppo.” (FERRARIS
FRANCESCHI R., Appunti di Economia Aziendale. Introduzione. L’azienda: forme, aspetti, caratteri e criteri discriminanti, cit., p. 72, corsivo nel testo dell’Autore). Sulla stessa linea si pone anche la definizione
di Paolini “Condizione di economicità è, per l’azienda, l’avvenuto perseguimento dell’equilibrio economico, equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito, assicurando remunerazioni «soddisfacenti» del lavoro e del capitale”. (PAOLINI A., Le condizioni di equilibrio aziendale, in MARCHI L. (a cura di), Introduzione all’economia aziendale. Il sistema delle operazioni e le condizioni di
equilibrio aziendale, Quinta Edizione, Giappichelli, Torino, 2003, p. 401, corsivo nel testo
soddisfazione personale puntando su redditi elevati a discapito, quindi, di una remunerazione adeguata delle risorse utilizzate. In questo modo, tuttavia, sarebbe inficiata la possibilità di continuare con successo l’attività aziendale e, di conseguenza, la capacità di perseguire nel lungo periodo le finalità economiche.
Nelle aziende pubbliche, di contro, il conseguimento dell’equilibrio aziendale non è garanzia del perseguimento delle finalità extraeconomiche del soggetto economico26. Nelle aziende in oggetto, i beni e i servizi
prodotti/erogati non sono, generalmente, ceduti contro il corrispettivo di un prezzo e, di conseguenza, non si hanno indicazioni sull’utilità ad essi attribuita dagli utenti. Ciò si verifica anche nel caso di applicazione delle tariffe; queste ultime, infatti, sono generalmente determinate con criteri di tipo politico che nulla hanno a che fare con l’utilità attribuita dai fruitori del servizio o con costi sostenuti per la produzione. Inoltre, una quota consistente delle risorse finanziarie necessarie al funzionamento aziendale è prelevata coattivamente. A ben vedere, i tributi, propri o trasferiti, rap-presentano una controprestazione indiretta e indistinta delle prestazioni fornite dalle aziende pubbliche27.
A livello operativo, l’azienda pubblica può, quindi, andare incontro al rischio di produrre/erogare beni e servizi non rispondenti alle esigenze della comunità territoriale di riferimento. Il mancato conseguimento delle finalità del soggetto economico può verificarsi anche nel caso in cui siano raggiunte posizioni di equilibrio aziendale.
Le peculiari modalità di acquisizione delle risorse finanziarie e l’operare, talvolta, in posizioni di monopolio non esimono, inoltre, dall’effettuare valutazioni sull’efficienza con cui sono stati prodotti/erogati i beni e i servizi. Nel periodo attuale, caratterizzato da risorse scarse, l’efficienza è una condizione imprescindibile sia per conseguire l’equilibrio aziendale sia per evitare che le risorse siano sottratte al possibile soddisfacimento di altri bisogni considerati rilevanti dalla collettività.
Nelle aziende pubbliche, l’attenzione deve essere congiuntamente focalizzata sul conseguimento dell’equilibrio aziendale e sul perseguimento delle finalità del soggetto economico. In altri termini, l’azienda pubblica opera in condizioni di economicità in senso ampio se tende al
26 “[…] nelle aziende diverse dalle imprese: le condizioni di equilibrio consentono all’azienda di continuare a perseguire le proprie finalità (condizione necessaria) ma il loro raggiungimento non è sufficiente ad assicurarne il successo; il grado di successo che l’azienda riesce ad ottenere nel raggiungimento delle finalità istituzionali (sul piano sociale, etico, morale, politico, culturale, ecc.) è sicuramente più difficile da valutare di quanto non avvenga (sul piano economico) nelle imprese.” (SÒSTERO U., L’economicità delle aziende. Rappresentazione e valutazione delle performance e dell’equilibrio nelle imprese, nelle aziende non profit e nelle aziende pubbliche, cit., p. 3).
27 Per approfondimenti, cfr. PASSAPONTI B., I prezzi politici nei servizi di pubblica utilità, Seconda Edizione, Servizio Editoriale Universitario di Pisa, Pisa, 1986.
raggiungimento dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo e se soddisfa i bisogni della comunità territoriale di riferimento impiegando razionalmente le risorse disponibili.
Da quanto delineato emerge l’esistenza di due distinti piani di analisi mediante i quali valutare l’economicità della gestione:
1. l’azienda e la sua attitudine ad operare come strumento economico durevole28;
2. le finalità del soggetto economico per le quali si osserva se e come sono perseguite dallo strumento.
Con riferimento alla seconda dimensione di analisi è opportuno valutare sia l’efficacia che l’efficienza.
L’efficacia è espressione della coerenza tra la quantità e la qualità dei beni e servizi prodotti/erogati dall’azienda pubblica e i bisogni espressi dalla comunità territoriale di riferimento. Affinché tale coerenza sia garantita è necessario, da un lato, che gli obiettivi di gestione dell’azienda pubblica siano coerenti con i bisogni espressi dalla collettività (efficacia esterna) e, dall’altro, che le prestazioni siano coerenti con gli obiettivi prefissati (efficacia interna)29. Nel caso delle aziende in parola, quindi, le
valutazioni di efficacia dell’azione pubblica non possono essere limitate al confronto tra output programmati e output effettivi, ma devono neces-sariamente considerare gli effetti ultimi, il risultato finale, dell’azione pubblica sulla collettività amministrata.
Non è sufficiente, in ogni caso, che i bisogni pubblici siano stati soddisfatti; occorre anche conoscere come ciò è avvenuto valutando l’efficienza nell’impiego delle risorse. L’efficienza attiene al rapporto tra risorse impiegate (input) e beni e servizi prodotti/erogati dall’azienda pubblica (output); un’azienda è efficiente quando massimizza l’output con un certo quantitativo di risorse disponibili, ovvero, quando minimizza le risorse impiegate per ottenere l’output programmato. Un’azienda pubblica che opera in modo inefficiente spreca le risorse poiché non garantisce il soddisfacimento di altri bisogni rilevanti e in questo modo mina anche l’efficacia. Va rilevato che efficacia ed efficienza, almeno nel breve periodo,
28 Ferrero definisce l’economicità come “l’attitudine dell’azienda ad operare come strumento economico
durevole, ovvero, in altri termini, l’attitudine dell’azienda stessa a perdurare operando come strumento economico.” (FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, cit., p. 198, corsivo nel testo dell’Autore).
29 Cfr. MULAZZANI M., Ragioneria pubblica, Cedam, Padova, 1992, p. 25. Un’altra classificazione, proposta da Zangrandi, distingue tra efficacia gestionale e efficacia sociale. L’efficacia gestionale coincide con l’efficacia interna; essa, infatti, misura l’adeguatezza quantitativa e qualitativa dei servizi prodotti/erogati rispetto agli obiettivi prefissati. L’efficacia sociale, invece, misura la capacità dell’azienda pubblica di modificare i bisogni della collettività per mezzo dei servizi prodotti/erogati. Cfr. ZANGRANDI A., Controlli esterni e controllo di gestione negli istituti pubblici, in BORGONOVI E. (a cura di), Introduzione all’economia delle amministrazioni pubbliche, Giuffrè, Milano, 1984, pp. 333-334.
possono non convergere: un’azienda pubblica può essere efficace ma non efficiente e viceversa.
In conclusione, è possibile osservare che l’economicità in senso ampio è la risultante del conseguimento dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo e di una azione aziendale efficace ed efficiente nel perseguire le finalità del soggetto economico (si veda la figura 1.2) 30.
Se si trascurasse la tensione verso l’equilibrio aziendale si minerebbero le fondamenta della azienda e, quindi, la sua continuità nel tempo. Se non vi fosse un’azione efficace ed efficiente l’azienda non esplicherebbe la sua funzione, e non rispetterebbe, quindi, le motivazioni per cui è stata creata31
30 Secondo Sòstero “L’economicità di un’azienda, cioè la sua capacità di perdurare massimiz-zando l’utilità delle risorse impiegate, dipende congiuntamente dalle performance che riesce a raggiungere (l’efficienza nello svolgimento dei processi e l’efficacia nel perseguimento delle finalità istituzionali) e dal mantenimento di una serie di condizioni di equilibrio (economico, patrimoniale, finanziario e monetario) che ne consentono un funzionamento duraturo”. (SÒSTERO U., L’economicità delle aziende. Rappresentazione e valutazione delle performance e dell’equilibrio nelle imprese, nelle aziende non profit e nelle aziende pubbliche, cit., p. 194). Sulla stessa linea si pone anche Zangrandi, il
quale definisce l’economicità come “un confronto tra il grado di raggiungimento delle finalità proprie di ciascuna azienda pubblica e le risorse destinate a questa. Ciò deve essere ovviamente combinato con le condizioni di equilibrio economico e monetario.” (ZANGRANDI A., Autonomia ed economicità nelle aziende pubbliche, Giuffrè, Milano, 1994, pp. 14-15). Anche Marchi ritiene che “il fine
dell’equilibrio economico durevole si ponga allo stesso livello di quello del soddisfacimento di bisogni, individuali o collettivi, espressi o meno dal mercato. In termini estensivi, per le aziende pubbliche […] si potrebbe parlare, addirittura, di perseguimento di una «economicità sociale» nel rispetto del «vincolo di economicità aziendale».” (MARCHI L., Economicità ed equilibrio di medio e lungo
periodo. Quali le possibilità di verifica?, in MELE R., POPOLI P. (a cura di), La gestione delle aziende
pubbliche. Principi e tecniche innovative, Maggioli, Rimini, 1994, p. 193). Per Buccellato “l’economicità
dell’azienda erogatrice può essere esaminata secondo due differenti punti di vista. Il primo, che denomineremo economicità (dell’organizzazione) aziendale, considera la relazione sacrifici (costi) e benefici (ricavi) delle gestione erogatrice, per gli effetti che si riverberano nell’economia della stessa azienda di erogazione. […] Mutando l’ottica di osservazione, l’economicità può essere espressa secondo l’interesse dei soggetti a favore dei quali si rivolge l’azione dell’azienda di erogazione. Si può dire che questa economicità, che denomineremo economicità sociale, tiene conto dei sacrifici e dei benefici che fanno capo ai consumatori in senso lato. Per essi l’economicità (sociale) si determina nel conseguimento di utilità superiori agli svantaggi provocati dall’intervento indirizzato alla soddisfazione diretta dei loro bisogni.” (BUCCELLATO A., Il sistema informativo delle aziende pubbliche, Cedam, Padova, 1992, pp. 65-67).
31 Con riferimento sia alle aziende private che a quelle pubbliche, Onida osserva “[…] l’economicità (intesa come conformità a convenienza economica, N.d.A.) non può essere sacrificata – sia nelle aziende private che in quelle pubbliche – senza offendere la socialità (intesa come conformità al bene comune, N.d.A.). […] ispirarsi a socialità nell’amministrazione d’azienda non significa tipicamente fare cose non economiche ma piuttosto porre limiti di ordine morale alle scelte economiche ed al perseguimento del tornaconto aziendale, compatibilmente con le condizioni di economica esistenza e di sviluppo, proprio di ciascuna azienda”: (ONIDA P.,
Economicità, socialità ed efficienza nell’amministrazione di impresa, in “Rivista Italiana di Ragioneria”, n.
3-4, Marzo-Aprile, 1961, p. 64). Su tali tematiche, cfr., inoltre, CORTICELLI R., L’azienda: economia e
1.4. Le peculiarità degli enti locali
Le aziende pubbliche, in particolare gli enti locali, sono influenzate dall’operare congiunto di tre tipologie di fattori riconducili ad altrettante dimensioni: la dimensione istituzionale, la dimensione politica e la dimensione aziendale in senso stretto. Nelle aziende pubbliche, l’attività deve svolgersi garantendo l’equilibrio tra i tre aspetti considerati32.
Con riferimento alla dimensione istituzionale è opportuno porre in evidenza che la singola azienda pubblica (comune, provincia, ecc.) è parte di un sistema di aziende ed unità pubbliche33.
La prospettiva di analisi proposta si discosta sia dalla visione della Pubblica Amministrazione come soggetto unitario sia dall’idea della stessa come «sistema in senso forte» caratterizzato da elementi interagenti volti al perseguimento di un fine unico e predeterminato. La prospettiva adottata considera, invece, il sistema delle aziende ed unità pubbliche come un «sistema debolmente connesso» in cui ciascuna azienda ed unità, pur
32 Cfr. BORGONOVI E., La logica aziendale per realizzare l’autonomia istituzionale, in “Azienda Pubblica”, n. 2, 1991; BUCCELLATO A.,ASQUER A.,SPANO A., Il governo delle aziende pubbliche: la
dimensione istituzionale, politica ed economica, in “Azienda Pubblica”, n. 4, 2004.
33 Cfr. ANSELMI L., Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni, cit., p. 9. L’Autore, riprendendo le considerazioni di Giannessi, pone in evidenza come non tutte le unità economiche afferenti il sistema pubblico presentino i requisiti di aziendalità e possano quindi a ragione essere definite aziende.
Figura 1.2 – L’economicità in senso ampio
Fonte: Nostra elaborazione
Equilibrio economico durevole ed evolutivo Efficacia Efficienza ECONOMICITA’ IN SENSO AMPIO AZIENDA nel perseguimento delle finalità del soggetto economico
Equilibrio economico durevole ed evolutivo Efficacia Efficienza ECONOMICITA’ IN SENSO AMPIO AZIENDA nel perseguimento delle finalità del soggetto economico
interagendo con gli altri elementi del sistema, opera per conseguire le finalità del proprio soggetto economico34.
Il perseguimento delle finalità sociali da parte della singola azienda pubblica deve essere coerente con l’architettura del sistema pubblico. Da ciò deriva, in primo luogo, che la singola azienda può soddisfare solo quei bisogni che rientrano nell’ambito delle funzioni pubbliche ad essa attribuite.
Le funzioni pubbliche possono essere definite come il riconoscimento a determinate categorie di aziende pubbliche del potere e della responsabilità del soddisfacimento di definiti bisogni pubblici35.
Nell’ambito delle funzioni di cui è titolare, la singola azienda pubblica può in genere decidere la priorità da assegnare ai diversi bisogni, il loro grado di soddisfacimento e le modalità da utilizzare. L’esercizio delle funzioni pubbliche è, di conseguenza, demandato alle scelte della singola azienda e risentirà delle specificità e delle esigenze dell’azienda stessa e di quelle della comunità di riferimento. Questo spiega perché, ad esempio, i comuni italiani, pur essendo titolari delle medesime funzioni pubbliche, offrono servizi diversi dando spesso priorità a bisogni differenti.
È opportuno precisare che, nelle diverse aree di intervento, l’azienda pubblica gode di margini di discrezionalità differenti. Non è di poco conto il fatto che molti dei bisogni, la cui soddisfazione è demandata all’inter-vento pubblico, si configurano come veri e propri diritti dei cittadini cui corrisponde il dovere da parte della pubblica amministrazione di produrre/erogare determinati servizi in presenza di definite condizioni stabilite dall’ordinamento. In questi casi i margini di discrezionalità risul-tano essere alquanto limitati anche se l’efficacia e l’efficienza dell’azione pubblica possono essere molto diverse da azienda ad azienda. Vi sono, invece, altre aree di bisogni per cui la discrezionalità dell’azienda pubblica è piuttosto ampia; in questi casi, il grado e le modalità di soddisfacimento dei bisogni discendono dai valori manifestati dal soggetto economico origina-rio ed espressi dai rappresentati eletti. Poiché si tratta di ambiti di interven-to caratterizzati da elevata discrezionalità politica, le scelte che ne derivano possono essere molto differenti non solo da un punto di vista spaziale ma
34 La definizione proposta è tratta da Rebora. L’Autore non concorda con la visione della pubblica amministrazione come soggetto unitario o come sistema in senso forte, ma pone l’enfasi sulla configurazione della stessa quale sistema debolmente connesso cui partecipano istituti dotati di autonome finalizzazioni. Tale chiave di lettura mostra la sua piena validità in una fase storica, quale quella attuale, in cui il modello di sistema politico-istituzionale si caratterizza per forme di federalismo e sussidiarietà sempre più marcate e per il riconoscimento di forti spazi di autonomia e decentramento decisionale ed amministrativo agli enti locali e regionali. Cfr. REBORA G., Un
decennio di riforme. Nuovi modelli organizzativi e processi di cambiamento delle amministrazioni pubbliche (1990-1999), cit., pp. 25-26.
35 Cfr. BORGONOVI E., La pubblica amministrazione come sistema di aziende composte pubbliche, in BORGONOVI E.(a cura di ), Introduzione all’economia delle amministrazioni pubbliche, cit., p. 31.
anche temporale; i valori prevalenti nella società, infatti, possono cambiare nel tempo determinando il cambiamento nelle maggioranze di governo e, di conseguenza, nelle scelte politiche.
Nell’esercizio delle funzioni pubbliche, l’azienda, sia essa un comune o una provincia, si trova di fronte a dei limiti di natura territoriale; gli interventi pubblici, in altri termini, producono i loro effetti diretti limitatamente all’area territoriale di competenza36. A differenza dell’azienda
privata, che può liberamente scegliere il mercato di riferimento e l’ampiezza dello stesso, alle aziende pubbliche questa facoltà è in genere preclusa con conseguenze rilevanti sul piano della gestione e, in particolare, sul lato dei costi di produzione dei servizi. Questo spiega perché molte aziende pubbli-che, specie di piccole dimensioni, abbiano dato vita a forme di collabora-zione con altre aziende costituendo, ad esempio, consorzi per beneficiare di economie di scala oltreché di servizi qualitativamente migliori.
L’architettura del sistema pubblico comprende un secondo gruppo di variabili che condizionano la gestione della singola azienda pubblica allo scopo di garantire omogeneità di comportamenti a livello complessivo di sistema pubblico. Si pensi, ad esempio, alle disposizioni di legge concernenti il pubblico impiego, il sistema dei controlli esterni e alla previsione di rigidi procedimenti amministrativi.
L’ordinamento prevede l’operare di meccanismi di integrazione e di coordinamento tra le diverse aziende non solo al fine di perseguire l’omogeneità dei comportamenti, ma anche al fine di migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento pubblico. Ciò è conseguenza del fatto che in taluni casi vi è la necessità della compartecipazione di più aziende pubbli-che, di pari livello o di livello diverso, al soddisfacimento di determinati bisogni. Tra gli strumenti di coordinamento figurano gli atti di indirizzo e di programmazione emanati da enti pubblici sovraordinati, la programma-zione concertata (ad esempio, mediante conferenza dei servizi, patto territoriale e patto d’area) e la concertazione interistuzionale (ad esempio, attraverso accordi di programma, convenzioni e deleghe).
36 Borgonovi osserva che la dimensione territoriale costituisce per le aziende pubbliche “una condizione-vincolo istituzionale rigida, in genere non definita in base a criteri economici, ma per ragioni storiche, culturali, etniche quando non addirittura per ragioni politico-elettorali o di «prestigio locale» erroneamente interpretato.” Lo stesso Autore rileva che le azioni di un’azienda pubblica possono provocare effetti indiretti, anche negativi, per altre aziende pubbliche. Si tratta dei cosiddetti “«effetti di traboccamento» […] che rappresentano forme di «concorrenza» o perlomeno di non collaborazione tra le aziende pubbliche.” (BORGONOVI E., La pubblica amministrazione come sistema di aziende composte pubbliche, cit., pp. 27-28). Sul tema Paoloni rileva che
“Caratteristica principale di tali enti (comune e provincia, N.d.A.) è il «territorio» che rappresenta, non solo l’elemento delimitativo della sfera di competenza ed efficacia dei poteri loro attribuiti, ma anche, e soprattutto, l’elemento costitutivo degli stessi, nel senso che i suddetti enti non potrebbero esistere senza un territorio.” (PAOLONI M., L’azienda del Comune e della Provincia. Caratteristiche
strutturali, gestionali, contabili e di bilancio, Giappichelli, Torino, 1994, p. 5, corsivo nel testo
La singola azienda pubblica è, quindi, sovrastata da «regole del gioco istituzionali» che ne definiscono lo specifico spazio di azione, in altri termini, l’autonomia37. Tali regole possono essere suddivise in due gruppi:
da un lato, quelle che determinano gli ambiti di intervento (attribuzione della titolarità delle funzioni pubbliche e delimitazione territoriale) e, dall’altro, quelle che influenzano la condotta negli ambiti delineati.
Le «regole del gioco istituzionali» e l’autonomia che ne deriva incidono profondamente sul funzionamento dell’azienda pubblica e, quindi, sulla sua capacità di perseguire l’economicità intesa in senso ampio. In letteratura, soprattutto con riferimento alle aziende pubbliche, l’autonomia è distinta in autonomia decisionale, organizzativa e finanziaria38.
L’autonomia decisionale fa riferimento ai margini di discrezionalità, politica ma anche tecnica, di cui gode l’azienda pubblica ed il suo soggetto economico. L’autonomia organizzativa, invece, consiste nella possibilità di determinare le specifiche condizioni organizzative ed operative per lo svolgimento dell’attività aziendale. L’autonomia finanziaria, infine, concerne la capacità, più o meno ampia, di determinare autonomamente l’ammontare e la natura delle entrate e delle uscite.
L’azienda pubblica opera, quindi, nell’ambito di un definito spazio di azione che, pur non essendo immutabile, condiziona la gestione.
La dimensione politica assume un ruolo di primo piano negli enti pubblici territoriali; in essi, infatti, il soggetto economico da noi definito originario esercita il potere volitivo in modo indiretto, delegando lo stesso a propri rappresentanti. La delega avviene sulla base delle idee e dei valori espressi dai candidati delle diverse forze politiche nel programma elettorale. Saranno eletti quei candidati che rappresentano in modo più adeguato le istanze degli elettori. I rappresentati politici, e in particolare coloro i quali costituiscono la maggioranza di governo, si fanno portavoce della volontà del soggetto economico originario e sulla base di ciò concorrono a definire l’indirizzo di fondo della gestione. La loro attività deve essere
37 Zangrandi in proposito osserva “Occorre […] cogliere quelle che in senso generale possono essere definite «regole del gioco istituzionali», cioè quell’insieme di regole che sovrastano il singolo ente pubblico e che ne determinano in parte il comportamento o che comunque nel definiscono lo spazio di azione.” (ZANGRANDI A., Autonomia ed economicità nelle aziende pubbliche, cit., p. 34).
38 La suddivisione considerata è proposta da Borgonovi ed in parte riprende l’articolazione di autonomia di Zangrandi. In proposito, cfr. BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le
amministrazioni pubbliche, Quarta Edizione, Egea, Milano, 2004, pp. 177-179 e ZANGRANDI A., Autonomia ed economicità nelle aziende pubbliche, cit., p. 44-66. Interessante è anche la suddivisione del
concetto di autonomia proposta, con riferimento alle realtà aziendali pubbliche, da Rebora e Meneguzzo. Gli Autori declinano, infatti, l’autonomia in autonomia decisionale, autonomia patrimoniale, autonomia organizzativa e autonomia economica. Cfr. REBORA G.,MENEGUZZO
M., Strategia delle amministrazioni pubbliche, Utet, Torino, 1990, pp. 39-40. Per approfondimenti sul concetto di autonomia aziendale e, in particolare, sulla distinzione tra condizioni soggettive ed oggettive si veda FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, cit., p. 70.
opportunamente amalgamata con quella dei dipendenti dell’azienda pubblica; i due gruppi di soggetti sono portatori di valori in genere diversi ma in ogni caso importanti per conseguire l’economicità intesa in senso ampio39.
È da rilevare, inoltre, che la presenza di amministratori politici protempore, mossi principalmente dalla ricerca del consenso degli elettori, determina il verificarsi di alcune «anomalie» nella gestione delle aziende pubbliche. Quest’ultima, infatti, risulta essere fortemente influenzata dai tempi e dai ritmi propri del ciclo elettorale e politico. Si pensi, ad esempio, al caso dei lavori pubblici generalmente effettuati nei periodi preelettorali e al fatto che interventi necessari, ma scomodi, non sono realizzati poiché incidono negativamente sul consenso40.
La dimensione istituzionale e la dimensione politica non possono essere trascurate nel caso in cui si analizzino le aziende pubbliche; tali dimensioni, infatti, influenzano profondamente la dimensione aziendale.
Con riferimento alla dimensione aziendale è necessario ribadire che le condizioni di funzionamento di qualsiasi azienda e, quindi, anche di quella pubblica, sono da ricercare nell’esistenza di uno stato di ordine e nella proiezione dell’unità nel tempo.
È ovvio che lo spazio di azione di cui gode la singola azienda pubblica e l’anima politica della stessa condizionano profondamente la capacità di conseguire, conservare e migliorare uno stato di ordine che,
39 Sulla necessità di amalgamare le due anime, politica e tecnica, delle aziende pubbliche locali, Mussari rileva “Il processo politico e quello tecnico-amministrativo in senso stretto devono essere considerati come un continuo senza sminuire il ruolo dei rappresentanti eletti a favore dei dirigenti, né quello di questi ultimi rispetto ai primi; ipotizzare gerarchie nell’ambito dell’APL (acronimo di Azienda Pubblica Locale, NdA) significa mettere in pericolo la funzionalità economica dell’azienda ed alimentare inutili contrasti che finirebbero soltanto per porre in secondo piano le esigenze del cittadino-utente.” (MUSSARI R., Economia dell’azienda pubblica locale,
cit., p. 14). Anche Paoloni a riguardo osserva “Ciò che emerge chiaramente […] è l’assoluta esigenza di giungere ad una ricompattazione dei due organi (politici e amministrativi, N.d.A.); il che non deve però essere interpretato come perdita della loro specifica identità, ma piuttosto deve significare riconoscimento delle necessarie complementarietà che sussistono tra politici ed amministratori-dirigenti e tradursi nella capacità, oltrechè nella volontà, di agire sinergicamente, pur nel rispetto delle dovute differenze e della necessaria autonomia di pensiero e d’azione.” (PAOLONI M., Il sistema informativo e le funzioni direzionali negli enti pubblici non economici, cit., pp.
200-201)
40 Secondo Borgonovi i ritmi del processo politico “ […] modificano profondamente tre tipici
trades-off esistenti nel processo decisionale: 1) quello tra contenuti effettivi della gestione e
contenuti «visibili», nel senso che all’avvicinarsi delle scadenze elettorali sono privilegiate le attività con effetti «immediatamente visibili» anche se meno convenienti sul piano dell’economicità di lungo periodo; 2) quello tra presente e futuro nel senso che vengono privilegiati criteri di valutazione di breve periodo; 3) quello tra rischi ed opportunità nel senso che in periodi prossimi alle «scadenze elettorali» anche sul piano «dell’amministrazione» si manifestano spinte al rinvio delle decisioni ed alle soluzioni di compromesso ancor più accentuate che in altri periodi […].” (BORGONOVI E., La pubblica amministrazione come sistema di aziende composte pubbliche, cit., p. 70, corsivo nel testo dell’Autore).
puntualizziamo, è specifico di ciascuna azienda ed è dinamico. Come è noto, lo stato di ordine può essere osservato focalizzando l’attenzione su tre diversi aspetti: fattori della produzione (ordine combinatorio), operazioni (ordine sistematico) e forze interne ed esterne (ordine di composizione)41.
In primo luogo, è possibile osservare che la dimensioni istituzionale e quella politica influenzano l’acquisizione, sviluppo e l’utilizzo degli input aziendali, tradizionalmente rappresentati dal lavoro e dal capitale42. Si pensi,
a titolo di esempio, alle peculiarità che contraddistinguono il pubblico impiego.
In dottrina, i fattori aziendali sono suddivisi in due categorie: da un lato i fattori produttivi in senso stretto e, dall’altro, le condizioni di gestione. Perché si possa parlare di fattore produttivo in senso stretto è necessario che un elemento sia disponibile per il processo produttivo influenzando, di conseguenza, i risultati della gestione e sia valorizzabile in termini monetari. Gli input aziendali che non possono essere rappresentati in termini monetari rientrano nell’ambito delle condizioni di gestione; tra di esse le conoscenze, la motivazione, le modalità di comportamento del personale, le relazioni instaurate con la comunità di riferimento. Si tratta a ben vedere di elementi qualitativi che però condizionano pesantemente lo svolgimento dell’attività decisionale ed operativa43.
La dimensione istituzionale e la dimensione politica influiscono, inoltre, sulla natura e sull’intensità delle forze interne, promananti dall’azienda, ed esterne, che sulla stessa convergono, e sulle peculiari modalità con cui si realizza la loro necessaria armonizzazione44. Ciascuna azienda pubblica
deve, infatti, provvedere a comporre le potenzialità e i conflitti che ha al proprio interno con le pressioni provenienti dall’esterno, dalle aziende private, dalle famiglie, dalle altre aziende pubbliche. Particolare attenzione
41 Cfr. GIANNESSI E., Appunti di economia aziendale con particolare riferimento alle aziende agricole, cit., pp. 15-21.
42 Secondo Zappa “I fattori della produzione d’impresa […] si potrebbero sempre includere in tre note grandi classi: natura, capitale e lavoro […]. Poiché i fattori naturali […] quando sono gratuiti sogliono essere trascurati nella determinazione degli oneri attinenti alla produzione e poiché i fattori naturali onerosi richiedono «investimenti capitali», tutti i fattori produttivi sono sovente compresi nelle sole classi del capitale e del lavoro.”(ZAPPA G., Le produzioni nell’economia
delle imprese, cit, p. 231).
43 Cfr. FERRARIS FRANCESCHI R., Appunti di Economia Aziendale. Introduzione. L’azienda: forme,
aspetti, caratteri e criteri discriminanti, cit., pp. 26-39. Già Zappa avvertiva la necessità di considerare
tra i fattori della produzione la tecnica, l’invenzione, l’organizzazione e il tempo. Cfr. ZAPPA G.,
Le produzioni nell’economia delle imprese, cit., pp. 243-263.
44 Si precisa che la distinzione tra forze esterne e forze interne ha valore puramente relativo, poiché in un sistema aperto quale è quello aziendale, è estremamente difficile individuare forze che si originano per intero all’interno o all’esterno. Cfr. CORTICELLI R., Ordine ed equilibrio
nell’azienda: interrelazioni, cit., pp. 126-128 e FERRARIS FRANCESCHI R., Appunti di Economia
deve essere riservata alle istanze dei due gruppi di soggetti che costituisco-no la comunità di riferimento dell’ente locale, i contribuenti e i fruitori dei servizi, poiché generalmente i due gruppi non coincidono e ciò dà luogo a inevitabili tensioni.
Dalla combinazione dei fattori produttivi e dalla composizione delle forze interne ed esterne scaturiscono le operazioni aziendali le quali, in virtù del principio dell’unitarietà della gestione, sono legate tra loro da un rapporto di coordinazione basato su relazioni di causa ad effetto o di concausa ad effetto molteplice45. Nelle aziende pubbliche, anche in ragione
della marcata specializzazione derivante dall’attribuzione di funzioni pub-bliche molto diverse (es.: formazione professionale, lavori pubblici, tutela della flora e della fauna), prevale una visione di tipo funzionale/settoriale che mal si concilia con il carattere di unità proprio di ogni azienda e che incide, quindi, negativamente sulla capacità dell’intero sistema aziendale di operare in condizioni di economicità.
Nelle aziende pubbliche, inoltre, le operazioni aziendali si caratterizzano per un’elevata formalizzazione. L’attribuzione di poteri sovraordinati alle aziende in parola rende necessario tutelare i cittadini da un loro uso distorto e la correttezza formale, ossia il rispetto dei procedimenti, è assunta come garanzia di tutela degli interessi esterni. A ben vedere, tuttavia, le conseguenze della formalizzazione sulla funzionalità aziendale sono notevoli, in termini di tempi, di costi, ma anche di soddisfazione concreta delle esigenze degli utenti. Non va dimenticato, infatti, che la funzionalità aziendale è conseguenza della capacità di adeguare le operazioni a situazioni che cambiano continuamente e, in questo contesto, le sequenze formali predeterminate di svolgimento delle attività possono costituire un ostacolo rilevante46.
Da quanto sinteticamente esposto si evince che la gestione dell’azienda pubblica è caratterizzata da notevoli peculiarità che non possono essere in alcun modo trascurate. La dimensione aziendale in estrema sintesi è influenzata tanto da aspetti di natura istituzionale quanto da aspetti di natura politica e ciò si riflette inevitabilmente sulle modalità di conseguimento dell’economicità intesa in senso ampio (si veda la figura 1.3).
45 Cfr. GIANNESSI E., Appunti di economia aziendale con particolare riferimento alle aziende agricole, cit.. 261-262.
46 Cfr. BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Quarta Edizione, Quarta Edizione, cit. 72-78.
1.5. La creazione di valore per il soggetto economico
Considerare l’azienda uno strumento al servizio del soggetto economico implica la necessità di valutare se e in che misura sono state perseguite le finalità di chi esercita il potere volitivo, se, in altri termini, è stato creato valore per il soggetto economico Nell’approccio soggettivista, il valore deriva da una valutazione soggettiva legata all’utilità procurata dall’oggetto, l’azienda, al particolare soggetto che esprime la valutazione, nello specifico, il soggetto economico47.
La creazione di valore non è una prerogativa delle aziende private. Tale visione contrasta, infatti, con il principio di unitarietà del fenomeno aziendale e non è coerente con l’approccio soggettivista in precedenza delineato. A ben vedere, tutte le tipologie di azienda possono creare valore per il soggetto economico; i principi alla base della quantificazione di tale valore dipendono, in ogni caso, dalla natura delle finalità perseguite da chi detiene il potere volitivo.
Focalizziamo dapprima l’attenzione sull’universo delle aziende private nel cui ambito ha avuto origine la «Teoria di creazione di valore».
Nella cultura dei paesi anglosassoni, nei quali i mercati finanziari si caratterizzano per un’elevata efficienza, la creazione di valore per il soggetto economico si misura attraverso l’incremento del valore di mercato
47 Beretta Zanoni a riguardo osserva “Il soggetto economico è parte fondamentale dell’assetto istituzionale di un’azienda, nel senso che senza il soggetto economico l’azienda non può esistere da un punto di vista economico. […] Il valore, in altri termini, è l’espressione dell’utilità che l’azienda procura al suo soggetto economico […]”. (BERETTA ZANONI A., Pianificazione, controllo e
bilancio del valore. Teoria. Caso BBC. Fondazioni bancarie, Giuffrè, Milano, 1999, p. 23).
Figura 1.3 – Le dimensioni che incidono sul funzionamento dell'azienda pubblica
Fonte: Nostra elaborazione
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