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A MON (TT 49) C APITOLO 16. L A TOMBA DI N EFERHOTEP , S CRIBA CAPO DI

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C

APITOLO

16. L

A TOMBA DI

N

EFERHOTEP

, S

CRIBA

CAPO DI AMON (TT 49)

§ 1. Storia della scoperta e delle pubblicazioni1

Nel XIX secolo R. Hay copiò alcuni rilievi di questa tomba; per colorare le proprie tavole aveva bisogno di più luce e quindi sgomberò parzialmente l’ingresso. Una famiglia locale ne occupò prontamente gli ambienti per venirne sgomberata solo alla fine di quel secolo, quando si trasferì nell’avancorte2. Questa continuativa occupazione, in particolare per l’abitudine di gettare pani di sterco sulle pareti ad essiccare, rovinò le parti inferiori delle scene: per una loro ricostruzione ci si deve perciò basare sulle copie di Burton3, Champollion4, Hay5, Rosellini6, Prisse d’Avennes7 e Wilkinson8.

1 PM I 1, pp. 91-95; KAMPP 251-54.

2 “The native occupants of the tomb were induced some years back by moral (?) suasion to retire

outside the entrance, but had prospered there exceedingly and amounted now to man, wife, four or five children, a cow, four goats, eight sheep, a dog and a cat, half a hundred poultry, and billions of flies, etc (the etc. not being negligible). Aghast at the prospect of being included in this menagerie, and using similar suasion again, I proposed to the man that should be bought out. «Certainly» he agreed «so far as I am concerned, but – ware the women-folk». This was clearly the ruse of an over-borne man, since his wife was meek-looking. So I returned next day with a light heart. I found the courtyard a black mass of vociferating, gesticulating, furious females. These were the reversionary heiresses of the late owner assembled to see that no profit accrued to the solitary male heir in which they did not share, and that the particular lair which was associated with memories of their father did not pass into infidel hands. Promptly relinquishing purchase, we pleaded for a month’s lease of a few cubic meters of air and freedom from the family. Frantic opposition to this was finally overcome in a masterly way. Hurling the most voluble heiress violently against a wall, the owner concluded the bargain before her breath could amount to a caveat. Henceforward there was peace, but for the pathetic efforts of the crushed lady to build a high wall round the spot were the sainted man used to repose, and for the two potent agencies, flies and smells. Time in Egypt is nothing but an ineffective concept. The family aura left in the interior was vigorous enough after twenty years to render existence insupportable except to indurated senses. And, if flies in Egypt multiply timelessly by logarithms, those in Tomb 49 outdid their race in fecundity”, DAVIES N. DE G., The work of the Tytus Memorial Fund 1920-21, in MMA

Bull. 2 (1921), p. 19.

3 MSS 25644, 100-7.

4 CHAMPOLLION J.F., Monuments de l’Égypte e de la Nubie. Notices descriptives conformes aux

manuscrits autographes, Firmin Didot, Paris 1835, vol. 1, pp. 546-51.

5 MSS 29824, 9-10; 29823, 1-34, 35-4-3, 45-50, 112.

6 ROSELLINI I., I Monumenti dell’Egitto e della Nubia. Monumenti Civili, Niccolò Capurro, Pisa

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Nel 1930 l’ispettore capo R. Engelbach consentì allo sgombero della corte, “though loss of picturesqueness has to be set against the orderliness which has been gained”9.

N. de Garis Davies aveva iniziato a lavorarci già nel 192010, ma altri impegni lo tennero occupato fino al 1930; in capo a tre anni, tuttavia, fu in grado di pubblicare la tomba in due volumi, il secondo in formato in folio e provvisto di tavole a colori e mappe chiave delle scene delle pareti.

§ 2. Il proprietario

Neferhotep deteneva una carica importante in seno all’amministrazione delle proprietà del dio Amon, che dopo l’esperienza amarniana aveva riottenuto tutti i privilegi toltigli e forse qualcuno di più. Sebbene il titolo sia poco altisonante – Scriba capo di Amon – le rappresentazioni della sua tomba lo ritraggono sovrintendere a buona parte delle attività economiche del grande santuario tebano di Karnak. Egli deteneva anche la carica di Sovrintendente al bestiame di Amon, e anche questa attività è ritratta sulle pareti della sua tomba. Non possedeva altre cariche né titoli di sorta, ed è ragionevole pensare che non avesse frequenti contatti con la Corte, né fosse da annoverare fra i grandi del regno. Tuttavia, la sua tomba è di dimensioni ragguardevoli e la qualità artistica delle pitture e delle sculture è veramente elevata.

Della sua famiglia sappiamo il nome del padre e della madre, ma abbiamo anche indicazioni di ascendenti più lontani. Il padre Neby era semplicemente servitore di Amon e la madre Iuy cantante di Amon. Il nonno paterno si chiamava Ptahemheb ed era scriba delle (giovenche?) vergini del Tempio di Amon, il

7 PRISSE D’AVENNES A.C.T.E., Atlas de l’histoire de l’art égyptien, d’après les monuments, depuis

les temps les plus reculés jusqu’à la domination romaine, A. Bertrand, Paris 1878, vol. I p. 271;

vol. II, tav. XV.

8 WILKINSON J.G., Materia Hieroglyphica, Government Press, Malta 1828, vol. II, tav. IV;

WILKINSON J.G., Topography of Thebes and general view of Egypt. Being a short account of the

principal objects worthy of notice in the Valley of the Nile, to the Second Cataract and Wadee Samneh, with the Fyoom, Oases, and Eastern Desert, from Sooez to Berenice; with remarks on the manners and customs of the ancient egyptians and the productions of the country, &c. &c., John

Murray, London 1835, pp. 157-60; WILKINSON J.G., The Manners and Customs of the Ancient

Egyptians. Including their private life, government, laws, arts, manufactures, religion, and early history, derived from a comparison of the paintings, sculptures, and monuments still existing, with the accounts of ancient authors, John Murray, London 1837, passim.

9 DAVIES N. DE G., The tomb of Nefer-hotep at Thebes, The Metropolitan Museum of Art, New

York 1933, p. 3.

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bisnonno Nebebneb (o Nebneb) era Scriba delle reclute. Il grande numero di rappresentazioni dei genitori nella tomba lascia intendere l’affetto di Neferhotep per loro: non sono rappresentati serialmente e freddamente a banchetto come nella tomba di Ramose (TT 55), ma compaiono in momenti diversi, un po’ dappertutto nella tomba, e in un caso abbracciati affettuosamente al figlio nell’atto di accoglierlo nell’Aldilà.

La bella moglie Merytra era cantante di Amon, come molte dame di un certo rango. Non si capisce con certezza se la coppia abbia avuto figli: le statue affiancate a quelle più grandi di Neferhotep e Merytra nel santuario sono anepigrafi. Davies ritenne che fossero state scolpite solo per esigenze architettoniche (quali?), ma è invece verosimile che rappresentassero effettivamente i figli o le figlie di Neferhotep con i rispettivi consorti. In alcune scene compaiono ragazze e ragazzi in atteggiamenti sacerdotali che in genere possono essere interpretati dai figli dei defunti, ma nessuna iscrizione li identifica inequivocabilmente come prole di Neferhotep e Merytra.

§ 3. Architettura delle camere interne e dell’ipogeo (tav. XXVa)

La tomba si trova sul versante orientale della collina di Khokha, esattamente al centro. La roccia in questo punto è di buona qualità, ne consegue la solidità della struttura e la possibilità di ottenere pareti lisce, su cui la decorazione pittorica si stende più facilmente e con maggiore precisione.

Davanti alla facciata della tomba, completata con pietre per aumentarne l’altezza, si apre una modesta corte interrata dotata rampa. Il fregio di coni funerari mostrato nelle pitture della tomba stessa è attestato dal ritrovamento di una cinquantina di essi. La sovrastruttura piramidale, allo stesso modo dipinta sulle pareti della tomba, è impossibile da identificare a causa delle costruzioni che nel tempo sono state erette ed abbattute al di sopra della tomba; oggi anche il sentiero che congiunge questa parte della collina con il versante meridionale passa sopra TT 49.

Il portale di ingresso con cornice a gola egizia è realizzato nella parte superiore con blocchi di arenaria e calcare inseriti nella facciata. Ai due lati

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dell’ingresso due stele centinate sono inserite in una cornice simile: di quella a N si conservano solo due righe di testo, di quella a S quasi tutto11.

Tombe di età successiva sono state tagliate ai lati della corte: nell’angolo N-W la TT 187 e in quello opposto la TT 362.

La forma della tomba è a metà tra quelle a T tipiche della XVIII dinastia e quelle elaborate all’epoca di Amenhotep III e Amenhotep IV. Il paragone più spontaneo è quello con la pressoché contemporanea TT 40, anche se per il santuario si possono citare gli esempi precedenti di Ramose (TT 55) e Kheruef (TT 192) e diverse tombe scavate nella necropoli di el-Amarna.

L’accesso conduce dalla corte ad una sala trasversa fuori asse rispetto alla corte stessa; da qui un secondo passaggio porta ad una camera interna il cui soffitto è sorretto da quattro pilastri; da qui si apre un santuario di dimensioni proporzionate, con una coppia di statue dei defunti sul fondo e altre due sulle pareti laterali. Il pavimento del santuario è un gradino più alto rispetto a quello della sala a pilastri e il soffitto è leggermente più basso.

Le statue sono scolpite con grande cura e i piedi sono realizzati in un blocco separato, aggiunto successivamente. Neferhotep è a destra e Merytra a sinistra, il braccio sinistro di lei passa dietro la schiena del marito e gli si appoggia sulla spalla; nella mano destra stringe una menat e un sistro. L’incarnato della donna è rosso come quello di Neferhotep (convenzione a volte disattesa ad el-Amarna): la coppia è vestiti a festa, con i coni di incenso sul capo; fra i tanti gioielli, spicca il collare, dono del sovrano a Neferhotep. Lungo gli abiti, in una colonna centrale, corre un’iscrizione; per Merytra recita: “Ogni cibo buono e puro che è stato presentato all’altare di Mut, Signora di Asher, e di Hathor, Signora dell’Occidente, Signora del magazzino e custode, buono e puro cibo di ogni tipo, per il ka della Signora della Casa e cantante di Amon, Merytra”; per Neferhotep recita: “Tutto di pane e birra, carne e uccelli, acqua fresca e latte, che è stato presentato agli altari di [Amon], Mut e Khonsu, per il ka dello [Scriba capo di Amon, Neferhotep]”. I testi vennero usurpati dallo scriba Rud e dalla moglie Ankhes(en)mut in Età ramesside.

Alle due estremità della sala trasversa vennero ricavate due stele, un po’ sotto il livello del pavimento e chiuse in una cornice. Un’altra piccola stele è

11 Centinata, nella lunetta è rappresentata la barca solare e al centro il pilastro djed, ai cui lati Osiri

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ricavata sulla parete W della sala a pilastri, nella parte a S della nicchia. Anche queste tre stele come le due in facciata hanno una cornice a gola egizia realizzata con pietra aggiunta in un incavo.

Lo sloping passage si apre parallelamente alla parete meridionale della sala a pilastri, in direzione W. Esso scende per diversi metri, per poi svoltare in senso orario un paio di volte prima di arrivare ad un abbozzo di camera funeraria.

Due pozzi vennero scavati alle estremità della sala trasversa in Età tarda: essi conducono a un paio di piccole stanze sotterranee ciascuno. Sempre in Età tarda un ambiente venne realizzato nella parete settentrionale della sala a pilastri, nell’angolo di N-W: dopo un corto sloping passage, esso conduce ad un pozzo e da qui ad una camera. Al lato opposto di questo sloping passage si apre un’altra piccola camera.

§ 4. Programma decorativo

Come già detto, la qualità della pietra è tale che l’artista non ha avuto bisogno che di un sottile strato di intonaco per stendere la pittura. Questa caratteristica ha permesso di realizzare anche piccoli dettagli di precisione.

Una mano di vernice, forse con una leggera tinta gialla, ha opacizzato le pitture, donando loro una patina bruna. La stessa dannosa caratteristica si è già riscontrata nella decorazione della TT 40.

Tutte le pareti della sala trasversa sono incorniciate da un fregio ora a khekeru ora a coda ora a pendenti di fiori di loto. Alcuni di questi, benché noti anche in rari esempi precedenti, si affermano ad el-Amarna.

I motivi del soffitto sono in alcuni casi caratteristici, in altri notevoli per sintesi espressiva o tema: il soffitto del passaggio alla sala interna è dipinto con un motivo di anatre in volo, caratteristico delle decorazioni palatine12 di Malqata ed el-Amarna e in tombe successive13. Nella sala a pilastri un motivo a rombi terminanti nelle punte laterali alternativamente in papiri o fiori di loto si segnala

12 Interessante, ma poco credibile, la tesi di E.A. Rogers: “When Akh-en-aten moved his capital to

el ‘Amārneh he took with him artists experienced in decorating palaces and villas, instead of those who worked in tombs depicting the offices of the dead. As a result the art of el ‘Amārneh, in palaces and tombs alike, is a good deal livelier and freer from convention than that which preceded it”; ROGERS E.A., An egyptian wine bowl of the XIX Dynasty, in MMA Bull. N.S. 6 (1948), pp. 154-160.

13 TT 6 (Horemheb-Ramesse II), TT 30 (ramesside), TT 31 (Ramesse II), 65 (Ramesse IX), TT

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per la pregevolezza estetica. I soffitti sono iscritti con le tradizionali formule rituali, testi offertoriali e preghiere.

Nel santuario, l’accorgimento di riempire gli spazi verticali stretti con rappresentazioni floreali è una novità assoluta, che però diventerà usuale nell’Età ramesside.

Col passare del tempo spaccature nella roccia distrussero la decorazione pittorica in più punti. Un usurpatore ramesside (probabilmente il Rud che si appropriò delle statue del santuario) coprì i buchi con intonaco grezzo, spesso andando anche oltre i contorni della lacuna, e restaurò i dipinti non tenendo conto delle linee originali. Nel tentativo di scoprire le linee originali del dipinto, Norman Davies staccò l’intonaco ramesside quasi ovunque. La scena della Finestra delle Apparizioni, danneggiata nella sua parte inferiore, venne restaurata disegnando le gambe a re e regina, che vennero così a trovarsi in piedi e senza balaustra.

§ 4.1 L’ingresso e il primo passaggio

Sull’architrave è posta una doppia scena di adorazione di Osiri, accompagnato ora da Anubi ora da Hathor, compiuta da Neferhotep, Merytra e dai genitori di lui.

Sugli stipiti le tradizionali formule ḥtp dỉ nswt: a S per Amon-Ra, Mut, Khonsu Neferhotep e Hor-sa-aset, Ptah-Sokar-Osiri; a N per Amon-Ra, Osiri, Ra-Horakhty-Atum, Hathor.

Il passaggio dell’ingresso, decorato a rilievo in puro stile amarniano, mostra due scene di adorazione con Neferhotep e Merytra14. Come di consueto, i defunti rappresentati a S escono idealmente dalla tomba e a N vi rientrano: il testo dei due inni è pieno di elementi tradizionali, respinti dalla cultura religiosa amarniana, come la barca solare, il Nun da cui sorge il Sole, le diverse epiclesi con cui viene declinata la divinità celeste e le citazioni di Amon e Ptah-Sokar. A parte il tema della gioia al sorgere del sole, che però non viene espresso secondo il formulario amarniano, l’unica reminescenza è l’offerta di Maat: “O Ra, efficiente attraverso Maat, che ha fissato Maat sulla sua barca. O Ra, forte attraverso la

14 “They might even be cited as among the chief works of the unorthodox movement, though

subsequent to its failure; or as giving the best proof of its power, because shorn of its worst eccentricities while retaining much of the free movement, strong characterization, human interest, and soft colouring of the period”; DAVIES N. DE G., The work, op. cit., p. 20.

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Maat, nella quale vive quotidianamente. O Ra, che ha formato la Maat e a cui Maat è offerta. Da quando tu hai messo Maat nel mio cuore, io la offro al tuo ka”. L’Aten viene citato più volte, ma senza particolare attinenza alla dottrina amarniana e la grafia è già evoluta in ‘Iṯn, come a voler evitare di citare quell’Aten la cui natura, secondo la dottrina tradizionale, era stato adulterata da Akhenaten.

§ 4.2. La sala trasversa

§ 4.2.1 La parete occidentale, ala S

Nell’angolo di destra una Finestra delle Apparizioni più modesta rispetto a quelle amarniane incornicia la figura del sovrano chinato in avanti (A). La figura della regina è invece immobile e ritta dietro di lui, diversamente dalla compartecipazione che contraddistingue sempre le rappresentazioni di Nefertiti in questi casi. Il Disco solare è qui sostituito dal Falco di Behdet con il flabello fra gli artigli. Il testo sopra la regina recita: “L’erede, grande di favore, Signora del Nord e del Sud, Grane Sposa Reale amata dal Re, Signora delle Due Terre […]15, in vita e salute e giovinezza come Ra per sempre”. Gli stranieri sulla balaustra della Finestra delle Apparizioni non sono avvinti al segno del sema-taui, ma compiono una spontanea adorazione.

Tre alti funzionari introducono Neferhotep e sopra altri due con altrettanti servitori armati di bastone sono etichettati come “l’Ufficiale (?) capo dell’esercito” e “il Supervisore dei lavori e di ogni tipo di monumenti fatti per il dio buono”16 (C). Il discorso che questi uomini rivolgono al re è riportato: “I funzionari [dicono: «O ] dio buono, fatto da tuo padre Amon […] Horo, lo splendente (?). Possa egli darti a noi per sempre [come Horo sul trono] di suo padre, come la durata di Min in Akhmim, come il […] di Ra (?) nel cielo. Tu sei un dio che conosce i cuori (?) […] e cerca (?) ogni coscienza (?). Come fortunato è colui che […], colui che ascolta i tuoi insegnamenti [e li prende] nel cuore (come) la sua luce […]17 se egli ascolta […] ben disposto verso colui [che] gli [obbedisce] ed è iniziato alla visione (?) […]. Tu sei per l’eternità, il buon

15 Se si tratti della giovane Ankhesenamen, vedova di Tutankhamen, o di Tiy, non è dato saperlo a

causa di questa lacuna.

16 Si tratta di Nay (TT 271)?

17 Meryra (AT 4): “Non c’è povertà per colui che ha ascoltato le tue vie e ha posto ripetizione di

esse nel suo cuore. Come è felice chi sta alla tua presenza e dà il suo cuore alla Dottrina!”; cfr.

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Signore […]. Tu sei avveduto come il dio ‘a Sud del suo muro’ (= Ptah), sapiente come Thot. Tu hai riconosciuto colui che è servizievole nei confronti del suo Signore, colui che ama Sua Maestà. Tu ne hai fatto un associato con i grandi e i compagni, lui è capo dei Consiglieri»”.

Neferhotep, con le braccia alzate e attorniato da tre servitori, uno dei quali lo unge o gli aggiusta i numerosi collari d’oro, dice: “O tu che abbondi in salute e apprezzi ciò che è dato da Amon per rendere il tuo cuore felice (?), bel figlio (?) di […]18. Quando tu apri i [tuoi] occhi […]. Com’è fortunato colui che sta davanti a te […]. Possano i suoi servitori chiamar[mi] a comparire per ricevere [i favori di Colui che abita] nel Palazzo. Possa essere dato per me oro innumerevole alla presenza di tutta la terra. Sono arrivato in gioia e vado in stato d’animo festivo. La gente si rallegra, ciascuno dicendo al suo compagno (?): «Com’è felice la vita di uno che sta sotto la prosperità del buon Signore, Khnum che plasma (gli uomini)»19” (B). Dietro e sopra di lui i portatori dei doni del re recano tavoli ricolmi di beni e testimoniano della generosità del monarca.

La seconda metà della parete, a sinistra rispetto a chi guarda, è divisa in due grosse scene: in quella superiore vi è la premiazione di Merytra (E) da parte della Regina, in quella inferiore il ritorno di Neferhotep a casa accolto in trionfo dalla sua gente (D). Qui egli è ritratto mentre esce dal Palazzo attraverso un portale guardato da scribi e guardie, e col cocchio guidato da un auriga muove verso sinistra, lungo un viale alberato, circondato da guardie armate di bastone in corsa. Davanti a lui un gruppo di donne con tamburini e bambini danzanti gli viene incontro.

Nel registro superiore, dedicato alla premiazione di Merytra (E), è ritratto l’Harem reale, collegato con il resto del Palazzo da un portale; su questo edificio si apre una Finestra delle Apparizioni simile alle altre, di dimensioni più modeste e con meno decorazioni; davanti vi è un grazioso giardino20. La figura della regina è quasi completamente distrutta: ella porge una collana d’oro a Merytra, che si inchina, assistita da diversi servitori la cui capigliatura dimostra essere di origine egea o siriana. Diversi cibi e bevande sono disposti nella corte sotto al baldacchino della Finestra: Davies li intese come cibo per la festa di Merytra,

18 ‘Bel figlio dell’Aten’ un epiteto comune di Akhenaten. 19 Cfr. DAVIES I, tav. XXXVIII.

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forse più probabilmente sono i doni che accompagnano l’assegnazione dei collari d’oro. Dietro Merytra vi sono altre cortigiane e bambini, così indisciplinati che il guardiano deve alzare il bastone minacciosamente (“Impudent children who in bad company have learnt bad manners”21). In una scena subito a sinistra, al di fuori dell’area del Palazzo, mostra un uomo porgere il braccio a Merytra, che in maniera altera sfila verso casa carica d’oro, seguita dai suoi servitori e da diversi facchini carichi della benevolenza della regina. Nessuna tomba al di fuori di questa mostra la regina compiere atti di benevolenza verso le mogli dei funzionari; inoltre, questa è una delle uniche due scene in cui una donna viene premiata dalla Corona. L’altra scena è mostrata nella tomba amarniana di Ay (AT 25), dove però Akhenaten premia Ay e Tiy insieme e non in due cerimonie distinte22.

Tutta la decorazione appena descritta sovrasta un doppio registro, in parte distrutto (F). All’estremità sinistra vi è l’esterno della casa di Neferhotep, con facchini intenti a portare cibi e bevande per la festa che è ritratta all’interno; l’ingresso della casa attraverso un ampio portale è allietato da un piccolo giardino. La festa è dunque organizzata su due registri: in quello inferiore un gruppo di donne musicanti armate di tamburino e con bambini danzanti avanza verso destra; nel registro superiore uomini su sedie e donne su bassi sgabelli, in file separate, siedono a banchetto. I servitori si aggirano per la sala, fra gli ospiti e le bevande, depositate nel settore di destra della scena. Realistico dettaglio: una donna, che ha evidentemente abusato del vino, si volge indietro vomitando, assistita da una ragazza che porge troppo tardivamente una coppa e dalla sua compagna di sbronze che le mette una mano sulla spalla in segno di solidarietà.

Segue uno schema riassuntivo delle scene rappresentate sulla parete occidentale, ala S:

21 DAVIES N. DE G., The work, op. cit., p. 25. 22 DAVIES VI, tav. XXX.

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Figura 1. Schema dei rilievi sulla parete occidentale, ala S; le lettere indicano le singole scene, i colori i temi

§ 4.2.2. La parete occidentale, ala N

Controbilanciando la figura del re dall’altro lato della porta, viene qui rappresentato Osiri sotto a un baldacchino, le cui decorazioni sono quelle proprie di un sovrano e non del dio (urei, una testa taurina, decorazioni floreali di derivazione amarniana). Il podio, a differenza di quello regale, non è raggiungibile, poiché non ci sono gradini. Osiri, seduto in maestà, è affiancato da Hathor in piedi e preceduto dai quattro genii funerari e dalla nebride, il caratteristico otre di pelle in cui, secondo il mito, Anubi aveva raccolto le membra disperse di Osiri stesso (o una reminescenza del sistema di sepoltura protoegiziano). Neferhotep offre un mazzo di fiori sopra un altare e così fa Merytra alle sue spalle, agitando nel contempo un sistro. Dietro la coppia, tre registri mostrano cantanti ciechi, sacerdotesse di Hathor con sistri, portatori di offerte, un vitello sacrificale e un sacerdote con la pelle di leopardo.

L’estremità settentrionale della parete non si è conservata, tranne per una scena in cui Neferhotep e Merytra, seduti elegantemente davanti ad un tavolo di offerte, assistono alla libagione effettuata da un sacerdote vestito con la solita pelle di leopardo.

Lungo la fascia inferiore dell’intera parete corre un registro con scene di offerte rituali: sacerdoti offrono libagioni e incensano, portatori di offerte si recano verso sinistra con mazzi di fiori, supporti e giare, cantanti inginocchiati celebrano il servizio, che è quello del pasto rituale del defunto.

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§ 4.2.3 La parete orientale, ala N

L’intera parete, nelle due ali, ha per tema il funerale di Neferhotep, descritto con precisione minuziosa.

La rappresentazione inizia con diverse barche che attraversano il Nilo: quella più a sinistra è del defunto, anche se non è raffigurata la bara, essendo coperta da un telo; la moglie e altre donne della casa piangono la scomparsa di Neferhotep con grida e lacrime. La barca, con un timoniere nelle vesti di Horo e un uomo con uno scandaglio nella parte di Thot, è rimorchiata da una seconda imbarcazione con diversi rematori. Nel testo descrittivo il defunto impersonifica il Sole (Horakhty, Kheper) e la barca è la barca celeste; due donne interpretano Isi e Nephti, mentre un sacerdote incensa la cabina dicendo: “Bruciare incenso per il tuo ka, o Horakhty, Khepri nella sua barca, Nu, padre degli dei, questa barca-neshemet che traghetta il dio, Isi, Nephti, questo Horo, figlio di Osiri, che agisce come timoniere, e Thot, signore della divina sapienza, che conduce via i malvagi da Colui che è nella barca-neshemet e protegge la barca-uia”.

La seconda nave è occupata da donne in vari atteggiamenti di dolore; una donna anziana ha rughe sul volto e i seni pendenti, particolare nota di realismo. A prua il capitano, elegantemente vestito, si gira ed alza il braccio: saluta il morto o dà ordini ai rematori per evitare una collisione con la barca davanti?

Questa terza imbarcazione, dotata di cinque rematori per lato, ha equipaggio misto di donne (sul ponte) e uomini (sulla cabina), tutti in atteggiamento di realistico dolore: sono notevoli le espressioni dei piangenti. Il capitano imparte ordini per l’ormeggio della barca. Davanti a loro vi sono ancora tre piccole imbarcazioni, una tanto colma di offerte da rischiare di affondare, l’altra carica di oggetti del corredo funebre di Neferhotep, la terza con notabili e sacerdoti-uab.

Una volta sbarcata, la processione si trova di fronte alla tomba, rappresentata da una cornice a gola egizia con doppio fregio di coni funerari, sormontata da una cappella a piramide, posta sopra un podio con cornice a gola egizia e ancora due file di coni funerari. Secondo Davies la tomba è qui rappresentata due volte una sopra l’altra: una grossa piramide sopra la rappresentazione inferiore non avrebbe trovato posto, quindi l’artista le sovrappose una seconda facciata più piccola (sopra chiamata “podio”) con una piramide di modeste dimensioni.

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Due sarcofagi barbati sono eretti davanti alla tomba; il primo dei due abbracciato dalla vedova Merytra e con un cono sulla testa posizionato da un sacerdote. Il figlio (?) porta due ciuffi di papiro e un sacerdote turifera e liba su copiose offerte.

Nel registro inferiore la scena è descritta dalla didascalia: “[Sedere] piacevolmente con una piacevole vista nel più auspicabile giorno del mese. I miei occhi vedono i prodotti di Ptah (= le opere di artigianato) e il corredo funerario. Coloro che li hanno fatti sono pienamente soddisfatti23. Khonsu, su cui il mio volto (è fisso), ce li ha concessi; (perché) lunga vita in casa e una buona sepoltura sono i suoi (doni). Per il ka dello Scriba capo di Amon, Neferhotep, la cui amata moglie e oggetto del suo desiderio è la cantante di Amon, Merytra. Ella dice: «Come sono belli questi prodotti che Amon ti ha concesso […]»”.

Gli oggetti sono organizzati su due file sovrapposte: in alto le bare, il catafalco, del cibo, tre statuette di Osiri, due maschere da mummia, tre collari, dei prodotti di gioielleria (?), un astuccio da scriba, otto giare di profumo e diverse coppe di incenso e ancora tavoli di cibo, scatole di ushabty, cofanetti, tavoli, sedie, bastoni da passeggio e altro. Nel registro inferiore di nuovo tavoli di cibo, sei giare di profumo, quattro vasi canopi con i coperchi dal volto umano, sculture di mummie, uno scrigno per i vasi canopi, giare di unguenti, vasi di pietra e vasi per libagioni.

Nel registro inferiore, molto danneggiato, viene raffigurato il lavoro degli artigiani alla preparazione del sarcofago; assistono alla scena Neby e Iuy, i genitori di Neferhotep. Un sacerdote purifica quattro figure umane su un podio (statue o gli artigiani consacrati e ponti così al lavoro?), un altro sacerdote purifica con acqua un grosso tabernacolo. A fianco, è rappresentato il lavoro vero e proprio: un falegname sta segando del legno (molto realistica la segatura che esce dal taglio), un altro sta modellando delle zampe animali mentre un uomo che ha appena portato delle vivande si è addormentato per la noia dell’attesa. Seguono diverse operazioni connesse con la realizzazione del sarcofago, come la stesura dei testi, la verniciatura delle superfici e la decorazione a pittura dei dettagli. Due uomini stanno lavorando a un gruppo di mattoncini dipinti di giallo: oro da rendere in foglia o pietre per l’intarsio?

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§ 4.2.4. La parete orientale, ala S

Il corteo funebre (benché fosse già arrivato alla tomba nell’ala N) riprende dalla porta verso l’angolo meridionale: una slitta trainata da quattro uomini, probabilmente contenente i vasi canopi, è preceduta da una attrice personificante Nephti e dalla vedova con un’altra donna di casa e un bambino. Davanti a loro la slitta con la bara di Neferhotep, decorata con fiori, papiri e le statue delle “Due Sorelle”. Davanti, un’altra attrice nei panni di Isi, il Sacerdote di Sokar avvolto nel suo stretto mantello, un sacerdote nell’atto di libare e incensare il cammino e quattro vacche che trascinano con una corda il catafalco. Un uomo asperge il cammino di latte e un sacerdote-lettore recita il servizio da un rotolo di papiro aperto. Davanti a lui il teknu, già nominato nelle TT 181 e 55, e due portatori di offerte con fiori e frutti. La tomba è rappresentata qui di nuovo, sempre con cornice a gola egizia e doppia fila di coni funerari e senza piramide (la facciata occupa tutto il registro, quindi non c’è spazio per sovrastrutture di sorta). Nessun sarcofago né alcuna mummia sono presenti: Neferhotep in carne ed ossa, resuscitato, viene accolto dalla Dea dell’Occidente con un affettuoso abbraccio.

Il registro inferiore mostra una seconda scena del funerale, con diversi funzionari, donne nel consueto atteggiamento scomposto di lamentazione funebre e bambini. La decorazione qui è molto danneggiata, ma si riconoscono diverse installazioni temporanee in forma di tende, dove amici, parenti o servitori hanno posizionato delle offerte (per il defunto o per ristorare i partecipanti al corteo?). All’estremità destra la Vacca occidentale esce dalla montagna, con il disco solare fra le corna e un trionfo di ciuffi di papiro e diverse offerte.

§ 4.3. Le pareti N e S

Il centro del muro N è occupato da una stele dai contenuti stereotipati, con rappresentazioni di Anubi, di Osiri e della barca solare. Al di sopra della stele, una doppia adorazione di Neferhotep per Osiri e Anubi, mentre ai lati vi sono raffigurazioni di Neferhotep seduto davanti a tavoli d’offerte.

La parete S è esattamente identica, tranne per un allargamento alla famiglia della scena di pasto rituale: vi sono rappresentazioni del nonno Ptahemheb, Scriba delle (giovenche?) vergini del Tempio di Amon, del bisnonno Nebebneb, Scriba delle reclute, e di Merytra.

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§ 4.4. La porta interna e il passaggio alla sala a pilastri

La scena è uguale a quella dell’architrave dell’ingresso; sugli stipiti le consuete formule ḥtp dỉ nswt: a N per Osiri Khantamentiu-Unennefer, Ptah-Sokar, Anubi e Hathor, a S per Amon, Mut, Thot e ancora Hathor.

Sulla parete meridionale del passaggio Neferhotep è rappresentato mentre entra nell’oscurità dell’oltretomba e incontra il padre Neby e la madre Iuy; i due uomini si abbracciano e la moglie abbraccia il marito: “Molto buono è ciò che è stato fatto per te, ciò che Amon-Ra ha dato”.

Sulla parete settentrionale Neferhotep e Merytra sono ritratti in un giardino e vengono nutriti dalla Dea del Sicomoro; prima di allora questo tema era estremamente raro, ma diventerà comune in Età ramesside. La dea era ordinariamente separata dal tronco, mentre qui ne costituisce un vero e proprio “ramo”.

§ 4.5. La sala a pilastri

§ 4.5.1 La parete settentrionale

Su questa superficie nessun testo è stato mai steso, per cui l’identificazione dei soggetti ritratti deve giungere solo attraverso altri indizi. La parete è divisa in sei registri, i due superiori sono dedicati alla raffigurazione di un tempio (A), del suo giardino, del suo lago e di una serie di canali con barche che conducono alla periferia selvaggia sul Nilo (B), fino ai pascoli nella riva occidentale (C). I quattro registri inferiori, tagliati a sinistra da una porta di epoca successiva, raffigurano i magazzini del tempio e l’attività di Neferhotep in essi.

Il tempio è raffigurato completamente di lato (A), in una successione di un pilone con aste per vessilli, un obelisco (Thutmosi I o III), un avanportico d’accesso, un secondo pilone con aste per vessilli, un portico, un terzo pilone e con cappella. A livello del secondo pilone si innesta un recinto che racchiude il santuario.

L’identificazione con il tempio di Karnak è puntualmente confermata se immaginiamo il tempio all’epoca di Ay: l’accesso era determinato da quello che oggi è il III pilone, eretto da Amenhotep III e Amenhotep IV (l’avanportico eretto sempre da Amenhotep IV non è rappresentato), seguono due obelischi (l’artista ne scelse uno solo), un secondo pilone (il IV) il cui accesso è regolato da un

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avanportico, una stretta sala ipostila porticata con l’obelisco di Hatshepsut (colonne e obelisco sono stati omessi dal pittore che operò una selezione), un terzo pilone (il V) e subito un quarto (il VI) e quindi il sancta sanctorum24.

Neferhotep riceve dai sacerdoti del tempio unguenti e un mazzo di fiori consacrato che, all’uscita, porge alla moglie. La facciata è incorniciata da un viale alberato, due stele, un lago a forma di T con papiri, viti e fiori di loto. Il laghetto comunica direttamente con il fiume; alla banchina sono attraccate quattro navi, due di stazza più piccola, due probabilmente da navigazione marittima (B).

Verso sinistra è rappresentata la riva occidentale con i pascoli della tenuta di Amon (C). Il Sovrintendente è mostrato con i suoi sottoposti che bastonano un gruppo di servi (o schiavi appena sbarcati dalle grosse navi), mentre immancabili scribi prendono appunti; le razioni alimentari sono disposte nei pressi. A sinistra alcuni servi stanno diboscando, tagliando papiri e altri arbusti: la resa dei ciuffi di papiro segue i canoni amarniani. Una mandria è ritratta al pascolo, alcuni bovari si spostano con bastoni e uno su una piccola imbarcazione. Altri due mandriani stanno litigando, premurandosi di sottolineare le parole agitando due bastoni.

Esattamente sotto il tempio, nei quattro registri inferiori, vi sono i magazzini (D). Le stanze contengono grano, pani, papiri, giare di vino, olio e dei cestini di oro la cui quantità viene registrata da alcuni scribi. Altri funzionari controllano una serie di facchini che portano degli enormi sacchi sigillati, forse pieni di lino. Sebbene le scene siano parzialmente distrutte, sembra potervi riconoscere la raffigurazione di una cantina. Nei pressi, donne portano pani e stoffe di lino in larghi cestini; vi sono scatole, giare sigillate e altro vasellame di prodotti.

La scena disposta verso sinistra si estende senza soluzione di continuità alle spalle dei portatori di sacchi (E). Vi è uno shaduf25 nel primo registro e una fila di alberi (palme, sicomori e fichi) che assorbono l’acqua così sollevata; un secondo shaduf è mostrato dietro la fila di alberi. Dietro sono raffigurati dei recinti colmi di granaglie. All’estremità sinistra un gruppo di uomini pigia il vino, esattamente come nella scena della tomba di Parennefer (TT 188): il succo esce da

24 Per una restituzione schematica laterale del Tempio di Karnak all’epoca di Thutmosi IV

(bisogna dunque aggiungere il III pilone) cfr. utilmenteDONADONI S., Tebe, Electa, Milano 1999, p. 23, che per permette un immediato parallelo con la raffigurazione della TT 49.

25 Lo strumento fa la sua comparsa nell’iconografia a partire dall’Età amarniana: la prima

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apposite canaline entro vasche e una tripla fila di giare mostra il prodotto finito e pronto per la spedizione, mentre a destra gli uomini sono affaticati nella vendemmia. Una figura di Osiri nei pressi è uno schizzo intrusivo di epoca successiva.

La restante parte del muro è dedicata all’artigianato (F): il laboratorio di un falegname, dove sono impilate assi di diversi legni e una zanna di elefante (?), è quello che attrae subito l’attenzione. L’artigiano sta lavorando ad un sacello, mentre un collega dipinge una statua; al di là della porta tagliata nel muro, che divide la scena, un altro falegname lavora grosse assi di legno per farne un portale, dopo averne terminato già uno di minori dimensioni. Un funzionario viene a controllarlo, con un panno sulla testa per proteggersi dal caldo.

Nel registro inferiore vi è la rappresentazione di un forno, con uomini che impastano, cuociono e cucinano e a destra un laboratorio di tessitura.

Segue uno schema riassuntivo delle scene rappresentate sulla parete settentrionale della sala a pilastri:

Figura 1. Schema dei rilievi sulla parete settentrionale della sala a pilastri; le lettere indicano le singole scene, i colori i temi

§ 4.5.2. Le restanti pareti, i pilastri e il santuario

Nessuna delle altre scene è stata riprodotta da N. Davies a causa del pessimo stato di conservazione dei colori. Sebbene l’esecuzione sia notevole per abilità artistica, i temi trattati sono abbastanza comuni.

Sulla parete di N-W Neferhotep e Merytra sono ritratti davanti a quattro altari ricolmi di offerte e incensieri, mentre offrono a una divinità non nominata né rappresentata; nove o dieci uomini assistono la coppia recando papiri e incenso, mentre un cantante cieco batte con le mani il tempo della sua melodia.

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Sulla parete di S-W, allo stesso modo, Neferhotep getta incenso sulle copiosissime offerte di un altare e Merytra agita il sistro, con due ragazze (le figlie?) che seguono l’esempio della dama; al di sotto attendenti armeggiano con le offerte. Su questa parete c’è anche una stele tagliata direttamente nella roccia: mostra una trita scena di adorazione di Osiri.

Le decorazioni dei pilastri sono piuttosto ripetitive: i defunti sono mostrati in posa adorante, a volte nessuna divinità è mostrata, in altri casi gli oggetto del culto sono Ahmose Nefertari e Amenhotep I, Ra-Horakhty e Osiri Khentamentiu.

La decorazione pittorica del santuario si affianca alle belle sculture scavate nella roccia viva: una di esse mostra Neferhotep nell’atto di offrire una libagione a Osiri. Una scena più elaborata mostra Hathor come Vacca della Montagna occidentale mentre esce dalla roccia sotto ad un baldacchino sostenuto da colonne hathoriche: fra le corna ha il disco solare ed la dea è addobbata di diversi collari e amuleti; davanti a lei diverse offerte cibarie e fiori.

§ 5. L’eredità amarniana: caratteristiche stilistiche, iconografiche ed architettoniche

Dal punto di vista della composizione e dello stile, questa è la tomba più amarniana della necropoli tebana del dopo-Akhenaten. È paradossale, perché essa venne decorata quando Akhenaten era già morto da almeno una decina di anni, né l’Aten è mai rappresentato o citato secondo il protocollo amarniano. Non vi è l’onnipresenza regia della tomba di Parennefer (TT 188) o l’esasperazione nel tratto della tomba di Ramose (TT 55), ma il brulicare di uomini, la freschezza delle rappresentazioni del mondo vegetale ed animale, certi temi (come la visita al tempio, le attività del Palazzo, i Magazzini ripetuti alla noia) e uno stile artistico che è più legato alla scuola amarniana che non nella tomba di Amenhotep (TT 40) o in quella di Nay (TT 271) rendono questa tomba quanto a stile un genuino prodotto dell’arte amarniana tarda.

Non perfettamente, però. I testi, benché non manchino di puntuali citazioni amarniane, sono intrisi di politeismo e più che le divinità solari o ctonie, è l’esaltazione di Amon, Mut e Khonsu ad essere sottolineata (in contrasto con la natura tutt’altro che funeraria della triade); forse, più che di una reazione anti-amarniana, si deve questo all’ufficio amministrativo di Neferhotep in seno al

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rinnovato splendore del santuario tebano, qui ritratto per la prima (e l’unica) volta in una tomba.

Anche la tomba di Amenhotep Viceré di Kush mostra una sena di adorazione divina all’interno di un tempio (novità introdotta a Tebe già con la tomba di Ramose e frequentissima ad Amarna), ma il pudore tradizionale ha escluso dalle pareti la raffigurazione del santuario, che è solo menzionato nei testi; qui ne abbiamo invece una dettagliata rappresentazione (con tanto di piloni, obelischi e avanportici nell’esatta posizione), importante anche per ricostruire l’aspetto di Karnak prima della grandi opere edilizie della XIX dinastia che ne modificheranno radicalmente la pianta.

Due altre analogie con la TT 40 possono essere qui tracciate: innanzitutto le due tombe hanno esattamente la stessa pianta (fatta esclusione per gli ambienti ipogei), ereditata dalle tombe di el-Amarna. In entrambe le tombe, inoltre, l’uso di una vernice sulle pitture è estensivo (e in entrambi i casi pernicioso).

Dall’architettura amarniana questa tomba ha preso anche la costruzione della cornice a gola egizia in materiali diversi, inseriti nella facciata con appositi incavi.

Oltre all’acquisizione di modelli artistici e compositivi sviluppati ad Akhetaten (certi fregi a fiori di loro e papiri, le oche sul soffitto, l’incarnato di Merytra è a volte dello stesso tono di quello del marito) vi sono alcune anticipazioni di tendenze caratteristiche dell’Età ramesside: la pianificazione di un’intera parete con scene tratte dal medesimo soggetto, nonostante i vincoli architettonici (tutta la parete E ha scene del funerale, separate dalla porta di ingresso, come in TT 40); l’invasione di scene funerarie normalmente riservate alle camere interne (in cui vi sono ora anche scene di vita quotidiana); la presenza di divinità normalmente solo citate o rappresentate esclusivamente in particolari contesti (Osiri qui occupa l’intera porzione N della parete occidentale e non solo gli architravi o la parte superiore delle stele; vi sono raffigurazioni di Ra-Horakhty, della Dea del Sicomoro inglobata nell’albero, di Amenhotep I e Ahmose Nefertari); l’accorgimento di riempire gli spazi verticali stretti con rappresentazioni floreali.

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L’elemento datante più diretto è il cartiglio del sovrano, che però, neanche a dirlo, è stato cancellato e rimaneggiato. Pulito da Davies, esso lasciava intendere con sicurezza le tracce di due scarabei affiancati: bastano questi a dire che, in Età post-amarniana, l’unico sovrano ad avere due scarabei (in alcuni casi anche tre) nel proprio cartiglio è Ay. I cartigli sulla balaustra della Finestra delle Apparizioni, ripetuti come un motivo decorativo, erano coperti dall’intonaco di Età ramesside che, una volta tolto, ha strappato la pittura originaria. Le tracce lette in negativo davano inequivocabilmente il segno della vipera cornuta (Gardiner I 9): anche qui, l’unico faraone con questo geroglifico era il Padre del dio Ay.

Un indizio interessante, tuttavia, ce lo forniscono le tavole di Hay, in cui in uno dei due cartigli si legge chiaramente “djeser-[…]-Ra” e presumibilmente un “setep-en-[…]”. Il segno fra djeser (Gardiner D 45) e Ra (Gardiner N 5) era stato disegnato come un geroglifico ka (Gardiner D 28), ma poteva essere anche la parte superiore di uno scarabeo kheper (Gardiner L 1), a formare il praenomen Djeser-kheperu-Ra Setep-en-Ra, assunto da Horemheb all’ascesa al trono. L’altro cartiglio mostrava un geroglifico hotep (Gardiner R 4), ma è possibile che Hay fosse stato traviato dal cartiglio scritto nella sala a pilastri vicino all’immagine di Amenhotep I (il cui praenomen è infatti simile a quello di Horemheb: Djesekara). È probabile quindi che alla damnatio memoriae che colpì la figura di Ay Horemheb avesse affiancato un’usurpazione dei cartigli (essa però non è attestata in nessuna delle altre tombe amarniane di Tebe).

Due elementi extratestuali potrebbe suggerire timidamente la collocazione temporale della tomba. Innanzitutto, nella raffigurazione laterale del tempio di Karnak non è rappresentato il II pilone, che venne eretto da Horemheb utilizzando le talatat di Akhenaten. La anomala rappresentazione di Osiri al posto del re e sotto un baldacchino dalle caratteristiche iconografiche marcatamente regie potrebbe forse indicare un ultimo ripensamento dell’artista al sopraggiungere della morte di Ay, che originariamente avrebbe dovuto essere lì collocato?

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Una ricognizione sul sito della TT 49 è stata effettuata in data 06.12.2006; la tomba è oggi chiusa ai visitatori26.

L’accesso alla corte, che si trova pulita e sgombra di detriti, tranne qualche recente e sporadico accumulo, è bloccato da un piccolo muretto di pietra e da un basso cancelletto di metallo e legno, bloccato nella parte inferiore da un mucchio di sabbia gettato sopra un involucro di plastica (tav. XXVb).

I muri di pietra eretti sopra la facciata e tutt’intorno alla corte, che si trova diversi metri sotto il livello del sentiero che vi passa sopra, hanno un aria solida, benché le case intorno siano andate incontro a recenti distruzioni, che, mai seguite da sgombero di detriti, donano alla zona un’aria piuttosto lugubre, sicuramente meno piacevole e meno protettiva delle pittoresche case di abitazione moderne.

L’accesso alla tomba vera e propria è sigillato in maniera quasi esagerata: una cancellata di ferro, lo spazio fra le cui sbarre è coperto da un telo di plastica, quindi una rete di legno su cui si appoggia un muro di pietre di grosse dimensione collocate a secco. Un simile sistema ha bloccato l’accesso anche delle altre due tombe che si affacciano sulla corte (TT 187 e TT 362).

Un cartello di legno sul cancello di ingresso, scritto con inchiostro nero, recita (sbagliando la datazione): “49 Neferhotpe XIXth Dyn.”.

26 Ma era aperta negli anni ‘80 del secolo scorso; cfr. MANNICHE L., The tombs of the nobles at

Figura

Figura 1. Schema dei rilievi sulla parete occidentale, ala S; le lettere indicano le singole scene, i  colori i temi
Figura 1. Schema dei rilievi sulla parete settentrionale della sala a pilastri; le lettere indicano le  singole scene, i colori i temi

Riferimenti

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