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Trattato di pedagogia generale

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Academic year: 2021

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3.1. L’uso del video nella didattica

Partendo dal metodo e dalle tematiche adottate nei progetti per i laboratori vi-deo realizzati con la media di Revò e con il liceo di Cles ho scoperto che que-sta tipologia di lavoro non ha carattere prettamente artistico, ma nasconde an-che approcci pedagogici, didattici an-che stimolano l’alunno all’apprendimento at-traverso la creazione di un prodotto artistico come appunto può essere un vi-deo finale.

Oggigiorno si pensa alla pedagogia come alla principale scienza dell'educa-zione, in realtà essa si inserisce in un insieme di discipline scientifiche, "Scienze dell'Educazione e della Formazione", che hanno come oggetto di studio il processo educativo.

L’Uomo è il soggetto agente, ma anche ed allo stesso tempo, il destinatario, il fine della ricerca pedagogica. 1.

E' importante capire che la pedagogia è una scienza pratica, il suo fine ultimo non è quello di creare teorie generali dell'educazione (a quello servono le altre scienze dell'educazione e della formazione), ma quello di costituire modelli di intervento educativo applicabili nell’immediata pratica educativa.

Fatte queste premesse teoriche sulla definizione del termine e sull’uso della pedagogia, si può capire meglio come questa scienza sia applicabile nel lavo-ro con le scuole e con i ragazzi plavo-roprio grazie al mezzo video.

Negli interventi educativi la pedagogia viene applicata in situazioni che hanno un riscontro comunitario; ne sono stati esempi i due laboratori svolti con le scuole in Val di Non.

Una problematica pedagogica ha degli elementi che la caratterizzano: —————————

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• La pubblicità: l’intervento deve essere rilevante per un determinato gruppo di persone (non per il singolo individuo), nel nostro caso lo sono state le due classi scolastiche;

• Contestualità: i progetti si sono inseriti in un contesto ben preciso che era appunto la scuola;

• Multidimensionalità: ovvero l’insorgere di fattori interni, come attriti a vello psicologici, etnico, sociale, relazionale, ecc…. Nella classe del li-ceo Russell il nostro intervento ha aiutato a sciogliere delle tensioni re-lazionali tra i ragazzi e con gli alunni della media di Revò abbiamo af-frontato il tema della memoria e quindi aiutato ad osservare e compren-dere la diversità, il cambiamento degli ultimi cento anni circa, che il tem-po ha tem-portato nel loro contesto abitativo;

• Risolvibilità: l’intervento deve essere pertinente con le questioni peda-gogiche e prevedere un processo che porti a una condizione migliore rispetto a quella iniziale.

• Nel caso dei nostri laboratori con le scuole i ragazzi non presentavano rilevanti problematiche, ma allo stesso tempo le indagini video affrontate li hanno aiutati a tirar fuori, con il confronto e la ricerca su sé stessi per i ragazzi del Russell e sul passato con quelli della media di Revò, dei dubbi ed anche delle soluzioni che forse, senza il nostro intervento, non avrebbero mai affrontato. 3.

Educare significa "tirar fuori" le potenzialità di un individuo, implica uno stretto rapporto tra l’educatore e l’educando ed un adeguamento da parte dell’educa-tore a quelli che sono i tempi, i bisogni ed i modi di esprimersi dell’allievo.

Durante la pratica queste sono state regole fondamentali per poter instaurare un buon rapporto con i ragazzi fatto di rispetto e fiducia.

L’attenzione agli stati d’animo, al clima che generava un certo argomento nel gruppo, all’imbarazzo che nasceva nei ragazzi quando dovevano sedersi da —————————

3. Sergio De Giacinto, Educazione come sistema: studio per una formalizza-zione della teoria pedagogica, La Scuola, Brescia, 1986.

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vanti alla videocamera per l’intervista, alla stanchezza che necessitava una pausa, queste ed altre piccole, ma importanti, situazioni a cui abbiamo dato importanza hanno fatto sì che i ragazzi vivessero l’incontro pomeridiano con il nostro laboratorio come un momento ludico durante il quale potevano cadere degli schemi istituzionali, ma mantenendo un rapporto “gerarchico” tra ragazzi, insegnante e staff esterno di Zoom.

Il pedagogista è colui che conduce ricerca e applica di conseguenza le proprie conoscenze nei processi educativi; generalmente ha una formazione multidi-sciplinare che comprende studi umanisti, psicologia, sociologia, antropologia. La figura del videomaker 4. che utilizza il mezzo video nell’ambito

scolastico solitamente proviene da esperienze e studi strettamente legati al mondo della scuola.

L’utilizzo del video nella scuola è una forma di uso sperimentale della pedago-gia, questo metodo può essere adottato in qualsiasi altra realtà dove si necsiti un lavoro di prevenzione e/o formazione anche con utenti adulti, e può es-sere applicato in ambiti aziendali, sanitari, sociali, ecc…, oltre che nella scuo-la.

Esistono varie aree di applicazione della pedagogia, l’utilizzo del video in am-bito scolastico rientra nella “Pedagogia dei contesti formali” che opera appunto per la scuola in contesti di educazione e formazione.

Oggi possiamo parlare di video grazie alle tecnologie digitali (ieri lo si faceva in pellicola o analogico), ma ciò che si intende è sempre il raccontare storie; il fa-re cinema.

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4. Parola composta da “video” e “make” (da “to make” che in inglese significa “fare”), analoga a filmmaker (scritto anche filmmaker, da “film” e “make”). Vo-caboli recentemente entrati in uso, a seguito di una massiccia diffusione di ap-parecchiature digitali a basso costo, per realizzare riprese e montaggi, vengo-no usate per indicare colui che, a livello amatoriale (ultimamente usato anche in ambito professionale), è produttore, autore, esegue riprese, montaggio e dif-fusione della propria opera.

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Con i ragazzi delle scuole il cinema assume la forma più semplice e diretta che conosca, le tematiche sono quelle quotidiane rese con naturalezza ed ef-ficacia; il cinema conosce una della sue svariate espressioni.

Ho trovato a livello nazionale svariate esperienze di esperti dell’audiovisivo che da anni applicano il cinema nella scuola; sia come insegnanti, sia come registi che entrano nella scuola da esterni, sia come studiosi che osservano e scrivono con interesse.

A questo proposito inizio riporto dei passi di un articolo scritto da Sandra Li-schi riguardo all’esperienza cinematografica di Marcello Piccardo, una figura singolare e significativa per il cinema e per la scuola:

<<Il cinema è infinito di combinazioni possibili – ha detto Marcello Piccardo nel 1985, in un seminario all’ Università di Pisa-. Se lo apri, è come un ventaglio rotondo; il fatto che lo abbiano ristretto a un pezzo di ventaglio non ha niente a che fare col cinema come espressione, ha a che fare col cinema come mercato e come settore culturale.>>5.

I bambini con Marcello Piccardo facevano dei film, mentre i laboratori svolti con la media di Revò ed il liceo di Cles vedevano i ragazzi non come registi, ideatori di storie, ma protagonisti di indagini.

Con Piccardo l’idea nasceva in classe con gli insegnanti; l’idea prendeva vita e si sviluppava nell’aula della scuola.

<<I bambini, se lasciati fare, fanno del cinema; non solo, lo inventano anche, inventano forme diverse, nuove, allarga-no il paallarga-norama, si vanallarga-no ad avvicinare ai film dei primi tempi, delle origini…>> 6.

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5. Sandra Lischi, Il cinema è un ventaglio rotondo, appunti su una formazione allo sguardo, <<école>> (numero speciale il cinema e i bambini), giugno 2000. 6. Ibidem.

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Ad ogni modo anche se nella mia esperienza i ragazzi partecipavano ad un progetto prestabilito era comunque forte la loro volontà di rappresentare un pensiero, un oggetto o una situazione con un nuovo linguaggio.

<<Lo straordinario interesse dei film fatti dai bambini se-condo il metodo illustrato da Marcello Piccardo risiede ap-punto nella capacità (oltre che di mobilitare diverse “disci-pline” e materie di studio, le famiglie, il territorio…) di rap-presentare un pensiero “altro”, con un linguaggio “altro”, lontano dagli stereotipi imposti

dal mercato audiovisivo, dalle mode culturali, dalle mitolo-gie giovanili. Un “grado zero” della scrittura per immagini che mostra con folgorante asciuttezza associazioni menta-li, metafore, personaggi, oggetti, esperienze, e narra storie che, in modo talvolta

ellittico, talvolta facilmente surreale, ci parlano dell’univer-so quotidiano del bambino, della rappresentazione che fa (e si fa) del mondo.[…]

Fin troppo ovvio dire che, rispetto a venti e a trent’anni fa, l’universo mediatico si è espanso enormemente, occupan-do il tempo extrascolastico dei bambini e dei ragazzi in modo massiccio […] e che quindi si è fatto più arduo il compito di trovare strade originali, autonome, di rappre-sentazione>>. 7.

Oggigiorno, più che in passato, è “necessario” un utilizzo pedagogico del mez-zo video nella scuola per stimolare la comunicazione e la creatività dei ragaz-zi.

————————— 7. Ibidem.

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<<Il cinema di ricerca si definisce pertanto come l’utilizzo del mezzo cinematografico che non si basi su altri presup-posti […] se non quelli relativi alla struttura del mezzo ope-rativo per la produzione autonoma e creativa della ricerca cognitiva ed espressiva; dalla nuova metodologia cinema-tografica del cinema di ricerca innescata in campo scola-stico deriva per educandi ed educatori quel modo di stare nella scuola, di concepire i momenti educativi, didattici e socializzanti […].>> 8.

Nella ricerca che ho portato avanti sul video e la scuola, oltre a teorici come Vincelli e Lischi che parlano di cinema applicato a livello scolastico, ho avuto modo di conoscere anche esperienze dirette; attraverso documenti e testimo-nianze che descrivono svariati lavori video fatti con bambini di diverse classi e situazioni.

Essendo socia della Fedic 9. ho cercato all’interno di questa realtà a me vicina persone che avessero avuto esperienze video con la scuola.

Con grande stupore ed entusiasmo ho scoperto che addirittura esiste una par-te della Fedic che si occupa esclusivamenpar-te di cinema e scuola; come descri-ve Maisetti nella sua relazione durante il condescri-vegno su cinema e scuola del 2003:

<<Fedic scuola, è stata costituita nel 1985 con l’obiettivo di attuare un’attività di ricerca scientifico-metodologica per educare all’immagine nella scuola non solo attraverso la —————————

8. Elvira Vincelli, Il cinema capovolto, l’uso del cinema di ricerca nella scuola dell’obbligo, Guaraldi editore, Rimini-Firenze, 1975, pag. 33,34.

9. La Fedic è la Federazione Italiana dei Cineclub; l’Associazione culturale Corte Tripoli Cinematografica di Pisa di cui faccio parte rientra nel circuito Fe-dic.

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fruizione. Una delle prerogative essenziali dell’iniziativa consisteva e consiste nello stimolare la crescita dello spet-tatore-fruitore attraverso la produzione di immagini>>. 10. Fedic Scuola si è sviluppata negli anni creando:

<< […] un Gruppo di studio sperimentato a San Giovanni Valdarno nell’aprile 2002, inizialmente

composto da Felice Di Benga, Maria Teresa Caburosso, Pierantonio Leidi, Roberto Merlino, Anna Quarzi, Giorgio Ricci e Agostino Vincenti, al quale hanno successiva-mente aderito Renato Candia, Luigi Corsetti, Elena Pa-setti, Giancarlo Zappoli […]. Insieme abbiamo cercato e trovato esempi qua e là per l’Italia realizzati da docenti che hanno dimostrato di sapere evidenziare nelle scuole do ogni ordine e grado.>> 11.

Ho avuto il piacere di incontrare alcuni di questi “esempi qua e là per l’Italia” per arricchire la mia conoscenza sul cinema e la scuola; ampliando, per usare un termine di Piccardo, il “ventaglio rotondo”!

Oltre alle costruttive esperienze che ho raccolto, e che riporto, mi ha colpito in modo particolare lo scopo che porta avanti Fedic Scuola; lo stesso che ho vi-sto alla base dei laboratori realizzati con Zoom e le scuole del Trentino:

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10. Massimo Maisetti (Presidente Fedic, Direttore di ISCA -Istituto per la diffu-sione del cinema d’animazione-, docente di cinema d’animazione, critico ci-nematografico), Convegno nazionale scuola video multimedia Italia: vecchie e nuove tecnologie al servizio dell’educazione all’immagine nella scuola, Cazza-go San Martino (Brescia), 2-3-4 ottobre 2003.

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<<[…] Educare significa aggiungere conoscenza e scopri-re cscopri-reatività. […] Non ci stanchescopri-remo mai di ribadiscopri-re il con-cetto che senza la collaborazione tra alunni, insegnanti ed esperti interni o esterni alla scuola molti progetti di produ-zione audiovisiva e multimediale scolastici non vedrebbero la luce […]. E di ripetere fino alla noia che […] sia garantita la partecipazione attiva e consapevole degli alunni, e quin-di sia raggiunto lo scopo quin-di favorirne la crescita delle com-petenze linguistiche e delle abilità tecniche […].>> 12.

Nei lavori video dei docenti e/o registi che ho incontrato ho trovato questa vo-lontà di educare con ed all’immagine; persone che, come nel caso dei video realizzati con la media di Revò e col liceo di Cles, hanno visto dietro a questa espressione artistica che l’audiovisivo consente un metodo se vogliamo ludico per affrontare coi ragazzi tematiche ed analisi profonde per la loro crescita. Alessandro Marianelli 13. parlando a posteriori dei film realizzati parla di aver cercato di tirar fuori dai suoi alunni la spontaneità e il vissuto interiore; ciò lo si coglie andando a vedere i lavori come: Windows, noto anche come Le ragaz-ze della finestra accanto 14., TVUMDB (Ti voglio un mondo di bene) 15. e Chiamata telefonica 16.

Il primo film è una fotografia di ciò che avviene nei bagni scolastici durante la ricreazione; ragazzi, ma soprattutto ragazze, si ritrovano per parlare di interro-gazioni, feste e “storie d’amore”, il secondo è la storia di una gita scolastica che descrive l’attesa per l’evento, l’importanza del pulmino, luogo simbolo do-ve nascono e si intrecciano storie e momenti caratteristici come il pranzo con il —————————

12. Ibidem.

13. Alessandro Marianelli è docente esperto di educazione all’immagine.

14. Alessandro Marianelli, Windows, noto anche come Le ragazze della fine-stra accanto, Italia

15. Alessandro Marianelli, TVUMDB (Ti voglio un mondo di bene), Italia 16. Alessandro Marianelli, Chiamata telefonica, Italia

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panino, il regalino da portare a casa, la visione distratta dei monumenti e poi il ritorno dove si ricordano i bei momenti vissuti fino all’andare a letto nella pro-pria stanza piena di pupazzi e poster.

Il terzo lavoro parte da un racconto di narrativa che la classe aveva come testo di studio; è un monologo dove una donna attende invano davanti a un telefono la chiamata di un uomo. Qui la classe ha trasformato il tono triste iniziale della storia in comico, lavorando anche allo stesso tempo sul sentimento che sap-piamo essere un argomento scottante ed importante durante gli anni della scuola!

Un lavoro più delicato e di elaborazione l’ha fatto Marina Crescimbeni 17. la quale ha lavorato con ragazzi che non andavano bene a scuola, poco inseriti nel contesto scolastico, accumunati dal “fallimento scolastico” e qui i lavori vi-deo son serviti a produrre un’immagine diversa del sè per cercare di recupera-re l’autostima.

Educazionepermanente 18. è la storia di

<<[…] un bambino piccolo che rimane chiuso nella scuola, tutti si dimenticano di lui, trascorre lì tutta la vita e alla fine muore.>> 19.

In questo lavoro emerge la paura dei ragazzi che non riescono ad andare be-ne a scuola, che sono sempre rimproverati, di rimabe-nere per sempre in quell’ incubo e non poterne uscire.

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17. Marina Crescimbeni è docente esperta di educazione all’immagine. 18. Marina Crescimbeni, Educazionepermanente, Italia

19. Marina Crescimnebi, Convegno nazionale scuola video multimedia Italia: vecchie e nuove tecnologie al servizio dell’educazione all’immagine nella scuola, Cazzago San Martino (Brescia), 2-3-4 ottobre 2003.

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Altro lavoro della Crescimbeni è Facce da ultras 20. nel quale i protagonisti avevano come unico interesse il calcio e si identificavano solo nel tifo per il Pi-sa; qui i ragazzi si son visti protagonisti e realizzatori di una propria idea, si son sentiti raccontati, rappresentati.

L’ultimo lavoro di questa docente che vorrei citare è Etichetta?No grazie 21. : realizzazione “casareccia” di un telefilm per adolescenti nel quale i ragazzi at-traverso dialoghi “finti” e inquadrature ben studiate hanno visto sia cosa c’è dietro quello che la televisione

propone, sia come essi stessi si relazionano; è un altro esempio di come il vi-deo può contribuire alla crescita critica anche davanti a canoni televisivi ora-mai ben fondati nel quotidiano dei ragazzi.

Fin qui ho citato esempi di lavori video dove i ragazzi hanno lavorato su sé stessi; i docenti attraverso l’audiovisivo hanno cercato, e credo che ci siano anche riusciti in buona parte, di trasmettere un senso critico ai loro alunni, di cercar di far vivere l’apprendimento in modo più creativo grazie appunto al vi-deo ed allo stesso tempo anche più costruttivo date le tematiche affrontate. L’ultimo film che riporto è “Occhio (e orecchio) alla strada Pierino!” 22. di Ro-berto Merlino 23. ; qui il video entra nella scuola con un regista esterno per realizzare un progetto ministeriale sull’educazione stradale.

Infine cito anche l’ esperienza di Luciana Lucchi 24. la quale lavora con una scuola elementare di Sarzana (SP) con il cinema d’animazione; La leggenda del polpo campanaro 25. è l’elaborazione e la conseguente realizzazione di un cartone animato nato da una storia sentita dai bambini durante una gita scola-stica a Tellaro (SP).

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20. Marina Crescimbeni, Facce da ultras, Italia

21. Marina Crescimbeni, Etichetta?No grazie, Italia,

22. Roberto Merlino, Occhio (e orecchio) alla strada Pierino!, Italia 1998. 23. Roberto Merlino è regista e docente di cinema.

24. Lucina Lucchi è docente esperta di cinema d’animazione. 25. Luciana Lucchi, La leggenda del polpo campanaro, Italia

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Tutti questi esempi, diversi per tematiche tra loro e dai laboratori ai quali ho preso parte con Zoom, ma anch’essi contribuiscono ad evidenziare come il vi-deo possa esistere e far esistere la scuola; come i ragazzi attraverso questo mezzo possano imparare divertendosi nuove materie, nuove tecniche che sti-molano la creatività, un nuovo modo di vedere ed elaborare sé stessi e il mon-do che li circonda.

Ribadisco quindi l’importanza dell’uso del video nella didattica scolastica; pro-prio a seguito della mia esperienza diretta, avendo visto dei risultati nei ragazzi di Cles e Revò dopo averli stimolati al lavoro critico d’indagine, riconosco che il cinema può entrare nella scuola per educare e divertire contemporaneamente in contrasto con televisione o quant’ altro che ci vorrebbe tutti omologati e privi di senso critico.

Concludo con le parole di M.T. Caburosso 26. e R. Merlino :

<<Come si educa creando? Fare cinema, video […] nella scuola non può né deve essere un’esercitazione tecnica fine a se stessa. Cinema, televisione e computer sono strumenti e linguaggi in grado di mettere in comunicazione bambini e ragazzi con l’esterno della scuola e con il mondo degli adulti, anche su grandi temi. […] Il plagio e l’angoscia ri-scontrati nei giovani telespettatori delle ultime generazioni sono da addebitare solo in parte alla violenza del messag-gio televisivo, in grande misura invece si devono ricercare nell’indifferenza con la quale si recepisce la comunicazio-ne televisiva. […] L’indifferenza e la passività portano al condizionamento; l’attenzione e la consapevolezza critica, che devono essere promosse dalla scuola, bloccano alla radice qualsiasi influenza negativa. […] Gli allievi possono liberarsi dai modelli televisivi, una volta superate le —————————

26. Maria Teresa Caburosso è la Responsabile Nazionale di Fedic Scuola, do-cente esperta in didattica degli audiovisivi.

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loro iniziali diffidenze, se sono indirizzati, incuriositi, entu-siasmati, convinti che il mondo è più grande e affascinante di uno schermo televisivo. […] >> 27.

<<Ovviamente l’obiettivo […] è quello di […] utilizzare questo tipo di linguaggio, di forma espressiva, per rag-giungere alcuni importanti obiettivi: primo migliorare le ca-pacità di comunicazione, secondo stimolare la creatività, terzo disciplinare al lavoro di gruppo e quarto fornire gli elementi per un miglioramento del pensiero logico. A un certo punto mi sono accorto che coi ragazzi dei giorni no-stri questi obiettivi sono più facilmente perseguibili, e si hanno quindi risultati migliori, con l’attività video. […] Di-ciamo che rispetto a qualche anno fa la scuola è diventata più “disordinata” e in questo contesto, volendo generaliz-zare, i ragazzi sono più “inquieti”, ma penso che questo sia lo specchio della società che è cambiata (questo suc-cede anche al di fuori della scuola). Gli stimoli, imput e le distrazioni che hanno i ragazzi sono più grandi di quelle che avevano anche soltanto una decina di anni fa. Quindi in buona sostanza è un po’ più difficile interagire efficace-mente e in modo totale però quando ci si riesce proprio perché è più complicato le soddisfazioni sono ancora maggiori. […]Io sono anche un medico e posso dirti che i vantaggi sulla psiche del ragazzo sono grandissimi. […] Volendo arrivare ai casi estremi ho avuto ragazzini che —————————

27. Maria Teresa Caburosso, Convegno nazionale scuola video multimedia Italia: vecchie e nuove tecnologie al servizio dell’edu-cazione all’immagine nella scuola, Cazzago San Martino (Bre-scia), 2-3-4 ottobre 2003.

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non scrivevano, si rifiutavano di scrivere anche i compiti, e grazie a questo tipo di attività per partecipare al lavoro collettivo, senza alcuna forzatura, non solo hanno scritto per i nostri lavori, ma da lì in poi hanno scritto per qualun-que lavoro scolastico. […] Al di là di tutto il fatto che il ra-gazzo abbia un miglior rapporto col gruppo, abbia stimoli a lavorare con loro a raggiungere obiettivi comuni, abbia la possibilità di incanalare in modo gratificante le proprie energie; tutto questo porta ad una crescita dell’autostima e del benessere psicofisico in generale. […] >>. 28.

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