CAPITOLO 1
INGEGNERIA E VETRO
1.1 Introduzione
L’ingegneria strutturale sta rivolgendo sempre più la sua attenzione verso il vetro co-me materiale da costruzione. Se nell’architettura contemporanea i concetti di trasparenza e leggerezza rivestono un ruolo tanto importante è frutto del lavoro dei progettisti che hanno esplorato la natura, le risorse ed i limiti di questo affascinante materiale.
Il percorso evolutivo tendente alla smaterializzazione della struttura, resa dinamica e mutevole attraverso giochi di trasparenze e riflessioni, colori e opacità, si è svolto paralle-lamente ai progressi tecnologici che hanno messo a disposizione un materiale dalle presta-zioni sempre più affidabili.
Certamente il vetro non può competere con l’acciaio o con altri materiali tradizional-mente usati nelle costruzioni in termini di resistenza, ma è un materiale eccezionale, non solo per la trasparenza, ma anche per rigidezza e durabilità. Il modulo elastico è circa u-guale a quello dell’alluminio ed è molto maggiore del legno o del calcestruzzo. La resi-stenza ai graffi ed alle aggressioni chimiche è molto superiore rispetto agli altri materiali trasparenti. Inoltre l’applicazione di approcci progettuali alternativi consente di superare la fragilità della rottura e l’aleatorietà delle caratteristiche meccaniche.
Accanto alla tradizionale funzione di separazione tra interno ed esterno di un edificio, al vetro possono essere affidati compiti eminentemente strutturali, come presidio primario nella resistenza ai carichi.
L’uso del vetro nelle facciate e nelle coperture è ormai tanto diffuso da non destare più lo stupore dell’osservatore. Non mancano però realizzazioni più ardite, sotto forma di travi o pilastri, che trovano una ragione nelle sorprendenti qualità estetiche del materiale e rappresentano una sfida che attrae irresistibilmente l’ingegnere strutturale.
1.2 Architettura trasparente
La storia del vetro in architettura non è recente. Già in epoca romana venivano realiz-zate delle lastre di dimensioni ridotte (circa 30x50 cm) e spessore piuttosto elevato (da 3 a 6 cm) che venivano usate prevalentemente nelle ville patrizie e nelle terme. Frammenti ri-salenti al periodo romano rinvenuti in diversi siti archeologici testimoniano di un vetro non particolarmente trasparente, di colore verde azzurrino, realizzato probabilmente per colatu-ra e sticolatu-ratucolatu-ra, con una tecnica simile a quella usata per la cecolatu-ramica.
Le tecniche di produzione di vetro piano per soffiaggio di cilindri e per soffiaggio di sfere, risalenti al Medioevo, consentirono una maggiore diffusione nel vetro, che restava però un materiale di lusso. Le splendide realizzazioni dell’architettura gotica nordeuropea segnano l’inizio dell’architettura della luce e del colore.
Il primo apogeo dell’architettura del vetro avvenne nel XIX secolo, con la costruzione di grandi serre, stazioni, mercati, passaggi coperti, nei quali il vetro assunse effettivamente un ruolo attivo, collaborando con l’acciaio alla stabilità della struttura. Per la prima volta vengono sfruttate le qualità dell’acciaio in trazione e del vetro in compressione per creare coperture trasparenti in grado di superare luci sempre maggiori in edifici privi di pareti, se-gnando una drammatica alternativa alle costruzioni in muratura tradizionali.
Nel XX secolo il movimento espressionista fa della trasparenza un tema centrale. Il sogno di edifici di cristallo completamente trasparenti ispira progetti visionari e profetici che diventeranno tecnicamente realizzabili solo molti anni più tardi.
Figura 1.1: a sinistra il plastico di un grattacielo di vetro di Mies van der Rohe (Friedrichstrasse, Berlino, 1922); a destra l’edificio Willis, Faber & Dumas (Ipswich, 1971-75).
Da un progetto del 1922 di Ludwig Mies van der Rohe, trae diretta ispirazione Nor-man Foster nel 1971 per la realizzazione dell’edificio amministrativo Willis, Faber & Du-mas ad Ipswich, primo esempio di facciata continua appesa e fissaggio per punti. Il progetto, sviluppato in collaborazione con il produttore britannico di vetri Pilkington pre-vede il fissaggio di ogni lastra di vetro alla lastra superiore mediante piastre e contropiastre bullonate nei quattro vertici. L’intera facciata di tre piani, costituita da file verticali di sei lastre temperate dello spessore di 12 mm, è appesa alla soletta di copertura e la resistenza alle azioni orizzontali è affidata a mensole di vetro che si interrompono a mezza altezza di ciascun piano e sono collegate ai soffitti all’interno dell’edificio ([29] e[35])
Figura 1.2: Grande Pyramide, Musée du Louvre, Parigi (Ing. RFR, Arch Ioeh Ming Pei, 1985-89).
Il progetto del 1985 per la copertura dell’entrata sotterranea del museo del Louvre co-stituisce una pietra miliare dell’evoluzione dell’architettura della trasparenza. L’uso di un vetro ultra-chiaro consente un’integrazione armoniosa della struttura nel contesto storico circostante. La forma severa della piramide
ri-salta tra le facciate in pietra della Cour
Napole-on, senza però disturbarne l’equilibrio. Questa
compatibilità non poteva che essere ottenuta at-traverso una struttura completamente trasparen-te. La realizzazione tecnica fu affidata all’equipe parigina di Peter Rice (RFR inge-nieurs), che mise a punto soluzioni per l’epoca avveniristiche. Di qualche anno successivo è il progetto, affidato ancora ad RFR, della spetta-colare Pyramide Inversée.
Applicazioni significative di vetro struttu-rale si sono succedute con grande frequenza
Figura 1.3: Pyramide inversée du Louvre, Pa-rigi (Ing. RFR, Arch. Ioeh Ming Pei, 1993).
negli anni Novanta e Duemila, se ne riportano di seguito solo alcuni esempi.
Figura 1.5: International Forum, Tokyo (Arch. Rafael Viñoly, 1996).
Figura 1.4: Waterloo International Terminal, Londra (Ing. Anthony Hunt Associates, Arch. Nicolas Grimshaw & Partners, 1991-93).
Figura 1.7: Fiera di Milano, Rho-Pero, Milano (Ing. Schlaich Berger-mann & Partners, Arch. Massimiliano Fuksas, 2005).
Figura 1.6: Sendai Médiathèque, Sen-dai, Giappone (Arch. Toyo Ito & As-sociates, 2001).
1.2.1 Facciate
Le facciate sono in primo elemento architettonico ad essere realizzato in vetro con funzione strutturale.
Un esempio ormai storico è costituito dalle Serres Bioclimatiques de La Villette che sono allo stesso tempo un perfezionamento del sistema di facciata dell’edificio Willis Fa-ber & Dumas ed una grande rivoluzione rispetto ad esso.
La facciata è composta di lastre quadrate (lato 2 metri) di vetro temperato dello spessore di 12 mm; sedici lastre compongono un pannel-lo, sedici pannelli a loro volta costituiscono la facciata quadrata, alta ben 32 metri, rivolta ver-so il parco che circonda l’edificio.
Tra le tante soluzioni originali introdotte da Peter Rice in questo progetto, c’è la sostitu-zione dei tradizionali montanti verticali in vetro con degli irrigidimenti orizzontali costituiti da cavi in acciaio. In questo caso, mancano infatti la solette marcapiano e le spinte orizzontali
Figura 1.8: Serres Bioclimatiques, La Villette, Paris (Ing. RFR, Arch. Adrien Fainsilber, 1982-86).
Figura 1.9: dettaglio delle “rotule” e dei “ra-gni”; si distiguono le quattro cerniere nei punti di fissaggio del vetro ed una quinta cerniera nel collegamento con biella posteriore.
vengono incassate dal sistema di cavi e puntoni che le riportano ai montanti in acciaio. Un’altra innovazione riguarda il sistema di sospensione, qui perfezionato con l’inserzione di molle in sommità che svolgono l’importante funzione di shock absorbers in caso della rottura di una lastra di vetro.
Infine, l’innovazione principale consiste nell’introduzione di un raffinato sistema di fissaggio articolato, la rotule, che impedisce il trasferimento di momenti parassiti tra un pannello di vetro e l’altro e tra vetri e controvento.
Una opzione alternativa alla facciata appesa in sommità è quella, più recente, della facciata composta da lastre sospese puntualmente e agganciate a dei cavi nascosti dietro le giunzioni di silicone. Un’evoluzione di questa tipologia sfrutta i cavi di acciaio sia per so-spendere le lastre di vetro, che per contrastare le azioni orizzontali.
Un esempio notevole di questo sistema è costituito dalla facciata vetrata alta 25 me-tri e lunga 40 dell’Hotel Kempinski presso l’aeroporto di Monaco di Baviera.
La struttura, progettata da Jörg Schlaich, è formata da maglie quadrate, di lato 1,5 me-tri, composta da cavi di acciaio inossidabile di 22 mm di diametro che sostengono lastre di vetro temperato e stratificato dello spessore di 10 mm.
Il sistema di fissaggio puntuale del vetro consiste in morsetti di acciaio inossidabile, di dimensioni molto contenute, connessi a loro volta ai cavi. Le lastre di vetro vengono af-ferrate ai quattro vertici e un connettore attraversa lo strato di silicone tra di esse, evitando l’esecuzione di fori per l’inserimento delle rotule; per contro, le elevate sollecitazioni in corrispondenza degli angoli impongono l’impiego di vetro temperato.
I cavi verticali hanno la quasi esclusiva funzione di sostenere il peso delle lastre, e sono quindi debolmente presollecitati, per evitare di caricare eccessivamente la struttura del tetto a cui sono collegati.
Figura 1.10: Kempinski Hotel, Aeroporto di Monaco, Germania (Ing. Schlaich Bergermann & Partners, Arch. Murphy/Jahn, 1993). Vista della facciata e dettaglio dei morsetti.
I cavi orizzontali invece, connessi alle due ali dell’edificio, sono fortemente presolle-citati (85kN). Il loro compito è di limitare le deformazioni orizzontali, sfruttando l’effetto del secondo ordine di irrigidimento del cavo teso. Essi sostituiscono la doppia orditura pa-rabolica di cavi introdotta alla Villette e, giacendo in un piano parallelo e molto prossimo a quello delle lastre di vetro, si confondono visivamente con i giunti di silicone donando alla facciata una trasparenza estrema.
Questo tipo di facciata a rete piana di cavi ha il vantaggio è di essere un sistema a “la-stra indipendente”, ovvero tale che ogni pannello è portato singolarmente e può essere so-stituito con facilità in caso di rottura.
È importante che i dettagli delle connessioni siano studiati per tollerare le grandi de-formazioni che la struttura subisce per effetto delle azioni orizzontali.
Questo sistema strutturale ha avuto successivamente molte repliche; si riporta ad e-sempio la facciata del Kimmel Center di Filadelfia progettata dallo studio Dewhurst-Macfarlane nel 2001.
Una interessante evoluzione che sfrutta puntoni di vetro per la stabilizzazione della facciata è stata adottata dall’Arup facade engineering team per il progetto di un atrio coper-to che collega due edifici per uffici in prossimità della coper-torre di Londra.
Il sito è attraversato da un passaggio pubblico, quindi la facciata si interrompe 3 metri sopra il livello del suolo.
Il vetro è collegato puntualmente, attraverso placche incernierate nei quattro vertici, ai pendini che discendono da mensole di acciaio inossidabile poste a 25 metri di altezza. I pannelli sono costituiti da vetri doppi stratificati e temperati di dimensioni 2,4x3,8 metri.
Figura 1.11: Kimmel Center for Performing Arts, Filadelfia, USA (Ing. Dewhurst Macfarlane & Par-tners, Arch. Rafael Viñoly, 2001).
Come nella facciata dell’hotel Kempinski, le placche che sostengono i pannelli sono anche collegate ad una serie di cavi orizzontali tesi tra gli edifici laterali. La resistenza all’azione del vento non spetta però ai soli cavi, ma questi sono collegati posteriormente alla struttura in acciaio attraverso tubi di vetro precompressi da un cavo di acciaio inossi-dabile interno.
I tubi di vetro sono stratificati, con un interlayer di PVB, per garantire la resistenza anche nel caso che siano danneggiati. Il tubo interno forma la struttura vera e propria, mentre il tubo esterno, costruito a partire da due pezzi, costituisce uno strato di protezio-ne. Entrambi i tubi sono di vetro borosilicato
annealed.
La presollecitazione è stata progettata in modo da garantire che i tubi di vetro riman-gano compressi sotto qualsiasi combinazione del carico vento. Due cerniere sferiche alle estremità impediscono che i tubi siano sog-getti a momento flettente.
Una soluzione simile con puntoni oriz-zontali di vetro è stata adottata da Jörg Schlaich per la facciata sud della stazione centrale di Berlino.
Figura 1.12: Tower Place, Londra (Ing. Arup Facade, Arch. Foster & Partners, 1992-2002)
Figura 1.13: Tower Place - vista laterale della fac-ciata, interrotta inferiormente per consentire il libe-ro accesso alla piazza; sono ben evidenti i puntoni di vetro che incassano le azioni orizzontali.
Figura 1.14: stazione centrale di Berlino, Germania (Ing. Schlaich Bergermann & Partners, Arch. von Gerkan Marg und Partner, 2006).
1.2.2 Coperture
Una soluzione molto diffusa per la copertura di grandi superfici comprese tra edifici esistenti, spesso storici, non in grado di sostenere sovraccarichi eccessivi, è costituita dalle volte sottili in vetro ed acciaio.
Questo tipo di struttura caratterizzato da grande leggerezza ed efficienza strutturale è molto apprezzato soprattutto nei paesi nordeuropei, dove prevale la necessità di proteggere gli occupanti da freddo e pioggia piuttosto che dalla calura estiva. Uno opportuna scelta del trattamento superficiale del vetro, accanto ad uno studio dei flussi termici e della ventila-zione naturale, possono tuttavia consentire una gestione economica anche alle nostre lati-tudini.
Si può trovare un esempio di questo tipo strutturale nel museo di storia della città di Amburgo, un edificio risalente ai primi del Novecento con un cortile interno a forma di L.
Le ali del cortile sono state coperte con due volte a botte ed una cupola nell’intersezione, connesse da zone di transizione free-form.
Dal punto di vista strutturale il progetto consiste in una grid-shell a maglie quadrango-lari costituite da aste collegate da un unico bullone che realizza una cerniera con asse nor-male alla superficie. Questa soluzione permette di usare lastre di vetro quadrangolari, meno costose delle lastre triangolari, e soprattutto aste tutte uguali, grazie al nodo che ne consen-te la rotazione mutua e quindi la distorsione della maglia necessaria nelle zone di transizio-ne tra superfici cilindriche e superfici a doppia curvatura.
Per ottenere maglie con i quattro vertici contenuti in un piano è stata scelta una super-ficie ottenuta per traslazione di una curva lungo una direttrice anch’essa curva. Le maglie così ottenute sono piane perché le aste opposte sono tra loro parallele.
Per ottenere rigidezza nel piano e garantire il funzionamento membranale, le maglie quadrangolari sono irrigidite da cavi diagonali. La struttura è poi irrigidita internamente da raggiere di cavi presollecitati che ne favoriscono la stabilità.
Coperture dalla forma più complessa, non esprimibile analiticamente, possono essere realizzate ricorrendo a gusci a maglia triangolare. Un esempio notevole è l’intervento di F.O.Gehry e J.Schlaich per la copertura del cortile interno della DG Bank a Berlino. La struttura in acciaio è costituita da aste di sezione rettangolare (40x60 mm) sopra le quali appoggiano direttamente i pannelli di vetro (piani).
Figura 1.16: DG Bank, copertura del cortile, Berlino (Ing. Schlaich Bergermann & Partners, Arch. Frank O. Gehry & Associates, 1998).
Figura 1.15: Museum für Hamburgische Geschichte, copertura della corte interna, Amburgo (Ing. Schlaich Bergermann & Partners, Arch. von Gerkan Marg und Partner, 1989)
La volta è irrigidita da cinque diaframmi di cavi disposti a ventaglio. I nodi, a sei vie, sono in gran parte diversi tra loro (826 tipi diversi), e realizzati grazie all’impiego di mac-chine a controllo numerico. La griglia è stata ottimizzata affinché le aste si connettessero ai nodi ad angoli quanto più possibile prossimi a 60°, per evitare lastre di vetro con angoli ec-cessivamente acuti.
Una soluzione elegante e molto innovativa per la copertura di un cortile di forma ret-tangolare è stata realizzata dallo studio di ingegneria RFR in occasione dei lavori di tra-sformazione dell’abbazia di Neumünster, in centro multiculturale.
Il chiostro, di dimensioni 31.8x15.6m, è stato trasformato in uno spazio protetto desti-nato all’accoglienza e al transito dei visitatori del complesso. Accanto alle esigenze di ca-rattere statico, sono state affrontate questioni di controllo climatico, protezione dall’acqua e ventilazione naturale.
La soluzione, improntata alla massima leggerezza e pulizia formale prevede un solo ordine di archi in acciaio, disposti su piani verticali inclinati di 30° rispetto ai lati corti. Gli archi hanno sezione circolare piena del diametro di 80 mm e superano una luce di 19 metri con una freccia di 3 metri. Quelli che appoggiano sui lati corti hanno luce inferiore ma conservano la stessa curvatura (non necessitano quindi di ulteriore irrigidimento), generan-do nelle zone di estremità una superficie a generan-doppia curvatura.
Il guscio è completato da due ordini di cavi in acciaio inossidabile del diametro di 16
mm disposti secondo due direzioni inclinate di 60° rispetto agli archi per formare maglie
triangolari equilatere. I cavi stabilizzano gli archi e garantiscono il funzionamento mem-branale della volta, mentre gli archi sono l’elemento strutturale principale che trasferisce i carichi agli appoggi. Poiché la geometria della volta è prossima alla funicolare dei carichi, i momenti flettenti negli archi sono molto ridotti e la sollecitazione è prevalentemente assia-le.
La presollecitazione dei cavi è messa in opera radialmente attraverso un accorciamen-to del collegamenaccorciamen-to tra arco e cavo. Naturalmente il funzionamenaccorciamen-to membranale viene
no se i cavi si detendono, la presollecitazione è stata quindi progettata in modo da avere trazione in tutti i cavi anche allo stato limite ultimo.
Le lastre di vetro, quadrangolari nella zona centrale a semplice curvatura e triangolari nelle due zone di estremità a doppia curvatura, sono fissate per punti con delle rotules.
Ancor più audace è la copertura del Maximilian Museum di Augsburg, progettata da Ludwig & Wei-ler. In questa volta di 13,5 metri di luce e 37 metri di lunghezza, gli sforzi di compressione sono interamen-te assorbiti dal vetro. I pannelli interamen-temperati e stratificati (2x12 mm+1.52PVB) hanno forma rettangolare (970x1170 mm).
I nodi tra i pannelli sono formati da quattro scar-pe in acciaio inox collegate ad una rete di cavi diago-nali pretesi. La stabilità della volta è assicurata da diaframmi di funi, posti a distanza ravvicinata. I dia-frammi sono tesi per mezzo di funi collegate più in basso alle pareti longitudinali del cortile.
Figura 1.19: Maximilian Museum , Augsburg, Germania (Ing. Ludwig & Weile,r Arch. Hochbauamt, 1999) Figura 1.18: schema dei diaframmi di irrigidimento
1.2.3 Pilastri e pareti
Pilastri e pareti portanti di vetro sono piuttosto rari. Malgrado le eccellenti qualità del vetro in compressione, la sua fragilità ha sempre frenato lo sviluppo di questi elementi strutturali.
Il problema di una rottura improvvisa può essere superato solo se la struttura riesce a far fronte alla perdita di una o più colonne chiamando a collaborare altre sue parti che ne evitano il collasso catastrofico. La struttura deve quindi essere “ridondante” e i possibili scenari di rottura devono essere presi in considerazione.
L’uso del vetro stratificato è imprescindibile.
Come in tutte le strutture in vetro è necessario progettare con cura i dettagli nelle zone di introduzione dei carichi, evitando concentrazioni di tensione.
La protezione dagli urti e dal danneggiamento accidentale deve essere opportunamen-te considerata. Due possibili soluzioni [40] consistono nel realizzare in vetro solo la paropportunamen-te superiore della colonna o nel rivestire con un cilindro di vetro sacrificale il vero e proprio pilastro in vetro.
In [21] viene illustrato un esempio di realizzazione di colonne in vetro: il municipio della piccola città francese di Saint-Germain-en-Laye.
Le colonne sono alte 3,20 metri. I bracci della sezione trasversale, a croce greca, sono formati da tre lastre, di cui quella centrale (spessa 15 mm) è arretrata e risulta protetta dalle altre due (spesse 10 mm). Il massimo carico di calcolo di ciascuna colonna è di 69 kN, mentre da prove di laboratorio su campioni in scala 1:1 è stata dedotta una resistenza di
430 kN.
Figura 1.20: Municipio di Saint-Germain-en-Laye (Ing. OTH/Alto, Arch.Brunet et Saunier, 1994).
Ancor più sorprendente è il glaspavillon di Rheinbach, progettato da Ludwig & Wie-ler. Il padiglione è uno spazio per seminari e conferenze ed è anche una vetrina per esposi-zioni.
Otto volumi in vetro, illuminati superiormente da altrettanti lucernari, costituiscono la struttura portante del padiglione sul quale poggia un’ampia copertura di 500 mq. I quattro volumi intermedi possono essere collegati con lastre scorrevoli per formare una sala confe-renze chiusa.
La copertura che pesa approssimativamente 280 kN è interamente portata dai pannelli stratificati (1,25x3,70 metri), formati da due lastre esterne protettive di vetro temperato e da una lastra intermedia di vetro indurito.
Anche le azioni orizzontali sono assorbite dal vetro per effetto dell’incastro alla base.
Un altro edificio nel quale la copertura sembra galleggiare su pareti di vetro comple-tamente trasparenti è stato realizzato da Dewhurst & Macfarlane a Santa Fe. Gli sbalzi late-rali della copertura offrono protezione dal sole, mentre le pareti consentono allo sguardo di spaziare senza impedimenti sul paesaggio circostante.
Figura 1.22: Klein House, Santa Fe, New Mexico, USA (Ing. Dewhurst Macfarlane & Partners). Figura 1.21: Glaspavillon, Rheinbach (Ing. Ludwig & Weile,r Arch. Hieber & Marquardt, 1999).
1.3 Travi di vetro
1.3.1 Travi stratificate a parete continua
L’idea di usare delle lastre di vetro inflesse nel proprio piano non è nuova. Elementi di questo tipo (glass fins), disposti verticalmente ad irrigidire facciate in vetro, si trovano già nel progetto dell’edificio Willis, Faber & Dumas ad Ipswich, risalente al 1975 e sono oggi molto diffusi.
Se però per trave si intende un elemento disposto orizzontalmente o con debole incli-nazione e destinato ad sopportare carichi prevalentemente verticali, occorre attendere fino agli anni Novanta per assistere alle prime realizzazioni in vetro. Pionieri in questo settore furono in Inghilterra gli ingegneri Tim Macfarlane e Laurence Dewhurst ed in Olanda Ro-bert Nijsse.
Un esempio ormai storico è costituito dalla passerella che unisce due ali di un edificio per uffici a Rotterdam, progettata da Nijsse nel 1993 [21]. La struttura è costituita da due travi portanti in vetro stratificato di luce 3,5 metri, con intradosso curvo ed altezza massi-ma 300 mm, che sorreggono un involucro completamente trasparente.
Figura 1.23: passerella in vetro, Rotter-dam (Ing. ABT, Arch. Kraijvanger Urbis, 1993-94); travi di luce 3,5 m, altezza 300 mm, in vetro stratificato 3x10 mm.
Ciascuna trave è realizzata con tre lastre da 10 mm di vetro float. I pannelli del piano di calpestio, composti da due lastre da 15 mm, sono incollati alle travi con una striscia ade-siva di silicone strutturale.
Sebbene la luce libera sia limitata, nella passerella di Rotterdam è da apprezzare il no-tevole sforzo compiuto dai progettisti per utilizzare il vetro come unico materiale da co-struzione limitando l’uso del metallo alle sole giunzioni tra gli elementi (in acciaio inox).
In travi di questo tipo il principio di ridondanza è attuato solamente con l’uso di vetro stratificato: le due lastre esterne proteggono la lastra interna che da sola è in grado di so-stenere l’intero carico.
Più recentemente gli ingegneri Ludwig e Wieler hanno progettato una passerella di analoghe caratteristiche a Schwäbisch Hall, nei pressi di Stoccarda. Il sito di costruzione, in pieno centro storico, ha imposto una soluzione completamente trasparente. Le due travi portanti hanno una luce di 6,2 metri e sono composte da vetro stratificato di sicurezza 4x12
mm.
Per limitare l’altezza di costruzione, le travi sono disposte superiormente al piano di calpestio. Il corrimano in acciaio svolge anche la funzione di elemento stabilizzatore.
I primi edifici con travi e colonne interamente in vetro sono stati progettati da De-whurst Macfarlane nei primi anni Novanta. Si tratta di due padiglioni annessi rispettiva-mente ad una casa di Londra ed al museo del vetro di Dudley, nella regione del West Midlands, in Inghilterra. Le travi e le sottilissime colonne sono in vetro stratificato triplo (3x10 mm) ed il giunto a tenone e mortasa è sigillato con silicone strutturale (è quindi
Figura 1.24: passerella in vetro, Schwäbisch Hall, Stoccarda (Ing. Ludwig & Weiler, Arch. Kraft + Kraft, 2005); travi di luce 6,2 metri in vetro stratificato 4x12 mm.
schematizzabile come una cerniera e non come un incastro). Non sono usati connettori me-tallici.
Figura 1.26: Broadfield House Glass Museum, Dudley, GB (Ing. Dewhurst Macfarlane, Arch. Design Antenna, 1994), travi di luce 5,7 m, altezza 300 mm, interasse 1,1 m.
Figura 1.25: ampliamento di una abitazione, Londra (Ing. Dewhurst Macfarlane, Arch. RickMather, 1991); padiglione interamente in veto, travi di luce 4,2 metri.
1.3.2 Travi stratificate con giunzioni ad attrito
Le dimensioni massime delle lastre di vetro sono limitate a 3,21x6 metri da esigenze di trasporto e di produzione. Dimensioni maggiori sono state occasionalmente realizzate ma a costi molto elevati. Per ottenere luci maggiori è quindi necessario progettare dei si-stemi di giunzione.
Le prime soluzioni al problema della giunzione sfruttavano l’attrito per trasmettere gli sforzi dalle lastre di vetro alle piastre coprigiunto in acciaio.
Se si usa l’acciaio per connettere lastre di vetro è importante separare i due materiali con strati di interposizione di nylon, neoprene, alluminio, o fogli di materiale plastico.
Nel progetto dell’ Arab Urban Development Institute Reading Room, un cubo di vetro di 8 metri di lato, dewhurst e Macfarlane hanno usato giunzioni ad attrito con strisce di ne-oprene tra vetro ed acciaio inossidabile.
Per sviluppare un attrito sufficiente sono stati usati piatti di grandi dimensioni con un numero elevato di bulloni (su ogni giunto 4x5 M16), che rendono il dettaglio piuttosto vi-sibile.
Figura 1.27: Glass Reading Room, Riyadh, A-rabia Saudita (Ing. Dewhurst Macfarlane, Arch. Nabil Fanous, 1998); travi di luce 8 m,
La soluzione ideata da Arup per la copertura di un cortile triangolare nell’università di Glasgow è ispirata allo stesso principio. Le travi in vetro stratificato composto da due la-stre hanno una luce massima di 15,5 metri. La più lunga è divisa in quattro sezioni collega-te con piatti coprigiunto in acciaio che funzionano ad attrito.
Il dettaglio di giunzione ha richiesto un nuovo procedimento industriale per incorpora-re uno strato di alluminio tra le due lastincorpora-re di vetro del pannello stratificato
Figura 1.28: Wolfson Medical School, University of Glasgow (Ing. Arup Facade Engineering, Arch. Reiach & Hall, 2001); travi di luce massima 15,5 metri.
1.3.3 Travi stratificate composte con giunzione a spinotto
Una brillante soluzione per superare grandi luci può essere trovata nella pensilina che copre la scala di accesso alla stazione Yurakucho, nei pressi del Tokyo Internatonal Forum di Rafael Viñoly, progettata da Dewhurst Macfarlane.
La copertura vetrata è sostenuta da tre mensole di 10,5 metri di aggetto. Le travi sono composte da lame di vetro e di policarbonato, collegate alle estremità ed in due punti cen-trali: in ciascun punto di connessione le estremità di almeno due lame parallele sono con-nesse al punto centrale di una terza lama.
Figura 1.30: pensilina Yurakucho - dettagli delle travi e dei dispo-sitivi di connessione e di fissaggio della copertura.
Figura 1.29 Yurakucho Glass Canopy, Tokyo (Ing. Dewhurst Macfarlane); travi miste vetro-policarbonato di luce 10,5 metri.
Ciascuna lama di vetro è composta da due lastre di 19 mm stratificate di lunghezza va-riabile tra 3,8 e 4,8 metri.
Il progetto originale prevedeva solo lastre di vetro, l’aggiunta di lastre di policarbona-to è stata imposta dalla committenza.
Le connessioni sono realizzate con perni da 40 mm di diametro in acciaio inossidabile, disposte in fori di 68 mm di diametro nel vetro provvisti di lunette di acciaio per distribuire le tensioni. Le lunette hanno un foro eccentrico che accoglie una boccola anch’essa eccen-trica, ruotando la boccola nella lunetta è possibile recuperare una tolleranza di ±2 mm.
Per risolvere un problema analogo Robert Nijsse [21] propone un sistema meno sofi-sticato ma più economico: dischi di nylon inseriti da forare in situ per inserire i bulloni.
Una soluzione molto simile è stata adottata da Ludwig & Wieler per una copertura di
14,5 metri di luce a Monaco di Baviera.
Figura 1.31: IHK München, cortile interno (Ing. Ludwig & Weiler, Arch. Betsch & Betsch, 2001); travi di luce 14,5 metri.
1.3.4 Travi in sezione mista
Diversi progetti, ancora in fase di ricerca, puntano a realizzare travi di vetro in sezione mista.
Per la ristrutturazione di un edificio del XIII secolo, Palumbo [22] ha realizzato delle travi di vetro annealed con armatura di fibra di carbonio incollata al lembo inferiore. L’armatura in questo caso è “passiva”, nel sen-so che il rinforzo è semplicemente resen-so sen-solidale alla trave per incollaggio ed entra in azione so-lamente a rottura avvenuta. Questa tecnica non è quindi in grado di migliorare le risorse stati-che di esercizio, ma aumenta considerevolmen-te le risorse a rottura
Una trave in sezione mista vetro-calcestruzzo di luce 7,4 metri è stata testata all’università di Graz, in Austria [8]. La trave è composta da tre lastre da 8 mm e due flan-ge in calcestruzzo UHPC (ultra–high-performance-concrete). Qualche perplessità è suscita-ta dalla scelsuscita-ta del calcestruzzo, sia per gli effetti a lungo termine legati alla viscosità, sia per il rischio di corrosione del vetro, a contatto con un materiale fortemente alcalino.
Travi con anime di vetro (monostrato) incollate con adesivi strutturali a flange di le-gno sono state studiate all’École Polytechnique Fédérale di Losanna [18].
All’RWTH di Aquisgrana sono in corso di studio travi composte acciaio-vetro nelle quali flange di acciaio sono collegate ad anime di vetro stratificato.
1.3.5 Travi stratificate con armatura “attiva”
Si intende per armatura “attiva” un rinforzo metallico o fibroso applicato alla trave di vetro e sottoposto a trazione facendo contrasto sulla trave stessa.
Il principio è lo stesso delle travi presollecitate in cemento armato o in acciaio. La precompressione induce un campo di tensioni che si somma alle tensioni residue di tempe-ra migliotempe-rando le prestazioni sotto carichi di esercizio. Nella fase post-critica la ttempe-rave ha gli stessi benefici offerti dalle armature passive.
Travi di questo tipo sono state usate da Schlaich alle terme di Badenwieler, in Germa-nia. Per collegare i due edifici delle terme è stato realizzato un involucro interamente in ve-tro; la facciata è stabilizzata da nervature verticali ed orizzontali in vetro, mentre la copertura è sostenuta da travi in vetro con armatura metallica attiva.
La distanza di 6,2 metri tra i due edifici ha consentito di realizzare travi senza giun-zioni intermedie con lastre lunghe 6 metri. Il vetro è composto da tre lastre temperate stra-tificate (quelle esterne spesse 10 mm e quella interna 15 mm).
Figura 1.32: Loggia de Vicari, Arquà Petrar-ca, Padova (Ing. M. Palumbo); travi rinforzate con fibra di carbonio.
L’intradosso delle travi è curvilineo, con andamento affine al diagramma del momento flettente. La lastra centrale ha un’altezza inferiore di circa 10 mm rispetto alle due lastre esterne; si ottiene, così una gola nella quale alloggiare il cavo di armatura.
Figura 1.34: dettaglio dl dispositivo di presollecitazione e di vincolo.
Figura 1.33: terme di Badenweiler, Germania (Ing. Schlaich Bergermann & Partner, 2004); travi stra-tificate (10+15+10) di luce 6 metri ed altezza mas-sima 400 mm con armatura inferiore presollecitata (cavo 10 in acciaio inox).
Le travi sono stabilizzate orizzontalmente dalle lastre di copertura, costituite da pan-nelli isolanti con intercapedine formati da una lastra temperata da 10 mm e due lastre strati-ficate (2x10 mm) indurite termicamente. Poiché la normativa tedesca impone di rompere entrambe le lastre di un pannello isolante prima di testarne le capacità post-critiche, sono stati aggiunti dei piccoli profili a T, inseriti nelle giunzioni trasversali tra i vetri di copertu-ra.
In Olanda, presso l’università di Delft, sono stati recentemente studiati di-versi modelli di trave con armature sia at-tive che passive [19]. Queste travi si propongono di superare i 18 metri di luce, anche se attualmente sono stati realizzati solamente prototipi in scala 1:4.
Le lastre sono collegate con giunti sfalsati realizzati con adesivi strutturali a base acrilica. Le armature passive sono collegate al vetro (con adesivi o con
bul-loni), mentre le armature attive sono libere di scorrere all’interno di appositi profili cavi in acciaio per consentire la post-tensione.
Figura 1.36: descrizione schematica dei campioni sottoposti a prove di laborato-rio all’università di Delftt.
Figura 1.35: prototipo di trave armata di grande luce sviluppato presso l’università di Delft.