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1095 1983. C III 1095 1917 1983 C IE I

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I

NDICE

CAPITOLO I

EXCURSUSSTORICODELCANONE 1095 DALCICDEL 1917 ALCIC 1983

1. La Codificazione piano-benedettina e il contrattualismo

matrimoniale.…...4

2. Evoluzione della giurisprudenza rotale anni '20 -'50.…...5

3. La svolta personalistica: il Magistero del Concilio Vaticano II,

Costituzione Pastorale...6

4. Revisione del codice Piano-benedettino: modifica dei canoni 1081 bis e ter nei Cann. 296 e 297.

Nuovo Codice di Diritto Canonico 1983...8

CAPITOLO II

I CAPITANULLITATISDELCANONE 1095 DELCIC 1983.

1. La novità del canone 1095 CIC 1983 e le ripercussioni sul

principio consensualistico...10 2. L’ oggetto del consenso...11 3. Il canone 1095 n. 1

3.1. La mancanza del sufficiente uso di ragione...12 3.2. Elementi che causano la mancanza dell'uso di ragione...13 3.3. I lucidi intervalli e le presunzioni giurisprudenziali...14 4. Il canone 1095 n. 2. La capacità critica per il matrimonio:

la discretio iudicii...16 5. Il canone 1095 n. 3. L'incapacità di assumere gli obblighi essenziali

5.1. La specificità del canone 1095 n. 3...27 5.2. L'oggetto dell'incapacità di assumere gli oneri essenziali del

matrimonio...28 5.3. Il significato dell'inciso codiciale “cause di natura psichica”...28 5.4. Le cause di natura psichica: esemplificazione casistica...30

(2)

6. Questioni dottrinali e giurisprudenziali relative al canone 1095

6.1. L'autonomia delle tre fattispecie legali del canone 1095...33

6.2. I requisiti della perpetuità e dell'antecedenza...34

6.3. Il carattere assoluto o relativo dell'incapacità di assumere gli oneri essenziali del matrimonio...36

7. La prospettiva processuale del canone 1095: cenni.…...38

8. L'evoluzione della giurisprudenza della Rota Romana riguardo al canone 1095 n. 3...40

9. Profili processuali 9.1. L'ordinamento giudiziario della Chiesa...43

9.2. Il processo per le cause di nullità del matrimonio...44

9.3. La legittimazione all'azione e la difesa delle parti...45

9.4. L'istruzione della causa...47

9.5. La decisione e l'appello...48

10. Il processo per nullità ex canone 1095 n. 3...50

11. Alcune sentenze: Coram 24 febbraio 2011...52

11.2. (Segue) Coram 6 giugno 2011...53

11.3. (Segue) Coram 25 marzo 2010...55

11.4. (Segue) Coram 30 marzo 2012...56

11.5. (Segue) Coram 27 luglio 2011...58

11.6. (Segue) Coram20 maggio 2010...59

11.7. (Segue) Coram 25 giugno 2010...60

11.8. (Segue) Coram 11 luglio 2011...61

11.9. (Segue) Coram 23 febbraio 2011...63

11.10. (Segue) Coram 25 febbraio 2010...64

11.11. (Segue) Coram 9 dicembre 2010...65

11.12. (Segue) Coram 11 novembre 2011...66

12. Orientamento della giurisprudenza rotale degli anni 2010/'11/'12...68

CAPITOLO III LENUOVEDIPENDENZENELLASOCIETÀATTUALE. 1. Introduzione...75

2. L'incapacità consensuale...77

3. L'evoluzione nella giurisprudenza ecclesiastica...79

4. Le nuove dipendenze...79

5. Le radici della dipendenza psicologica...81

(3)

7. Dipendenza da pornografia...83

8. Dipendenza da cyber-pornografia...85

9. Dipendenza dal lavoro (work addiction o workaholic)... 86

10. Collezionismo patogeno...87

11. Dipendenza dalla chirurgia estetica...88

12. Dipendenza da selfie...89

13. Dipendenza da gioco d'azzardo...91

14. Dipendenza da trading online...93

15. Dipendenza da videogiochi...95

16. Dipendenza da sport...96

17. Internet addiction e psicotecnologie...98

18. Dipendenza da shopping...99

19. Dipendenza da e-mail (e-mail addiction)...100

20. Dipendenza da televisione...102

CONCLUSIONI...103

(4)

C

APITOLO

I

E

XCURSUS STORICO DELCANONE

1095

DAL CIC DEL

1917

ALCIC

1983

SOMMARIO: 1. La Codificazione piano-benedettina e il contrattualismo matrimoniale. ─ 2. Evoluzione della giurisprudenza rotale anni '20 -'50. ─ 3. La svolta personalistica: il Magistero del Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale. ─ 4. Revisione del codice Piano-benedettino, modifica dei canoni 1081 bis e ter nei Cann. 296 e 297. Nuovo Codice di Diritto Canonico 1983.

1. La Codificazione piano-benedettina ed il contrattualismo matrimoniale.

La prima codificazione del diritto della Chiesa avviene nel 1917 con la codificazione piano-benedettina. In essa la dimensione dell'istituto matrimoniale veniva ridotta in termini giuridici, il consenso matrimoniale era un atto strettamente giuridico e il matrimonio che ne derivava era un contratto, sui

generis, nel quale l'uomo e la donna donano e accettano reciprocamente diritti e

doveri coniugali, tra i quali rilevava come diritto essenziale lo ius in corpus “personalissimo, perpetuo ed esclusivo” che ciascun coniuge dà e accetta dall'altro, sul proprio corpo per il compimento degli atti idonei alla procreazione della prole, finalità primaria del matrimonio.1

Nel Codex del 1917 nessuna valenza giuridica veniva riconosciuta ai valori dell'unione matrimoniale, la finalità del matrimonio canonico era la procreazione e l'educazione della prole. In posizione subordinata, il canone 1013 § 1 CIC 1917 considerava il mutuum adiutorium (l'aiuto reciproco tra i coniugi, che poteva ricomprendere anche l'amore coniugale), e il remedium

1 Cfr. V. TURCHI, Le disposizioni preliminari sul matrimonio nel processo di codificazione

(5)

concupiscientiae (il soddisfacimento degli impulsi sessuali).2

Nel CIC 1917 non era prevista l'incapacità psichica a contrarre matrimonio, né tra gli impedimenti, né tra i vizi del consenso, se si considerano i canoni riguardanti il consenso (c.a. 1081-1087 e 1092), si nota che non è prevista alcuna ipotesi di nullità derivante da turbamenti psichici o da disturbi della personalità in genere.3

Il sistema matrimoniale del CIC 1917 si basava sui principi dell'uso della ragione e della pubertà per la determinazione della capacità a contrarre un matrimonio valido (canone 1081, § 1 CIC 1917).

Il canone 81 CIC 1917 individuava 4 momenti giuridicamente rilevanti per la persona: in primo luogo, l'infanzia (periodo tra la nascita e i sette anni); in secondo luogo, la prepubertà (dai sette ai quattordici anni per l'uomo e dai sette ai dodici anni per la donna); in terzo luogo, la pubertà (quattordici anni per l'uomo e dodici per la donna); infine, la maggiore età (ventuno anni per l'uomo e la donna).

Il canone 1067, § 1 CIC 1917 stabiliva che l'età minima per contrarre matrimonio fosse sedici anni per l'uomo e quattordici anni per la donna.

Le anomalie psichiche di ogni tipo venivano comprese nella categoria dell'amentia e della dementia.

L'amentia rendeva il soggetto incapace di ragionare su qualsiasi aspetto della vita, e pertanto anche incapace di contrarre matrimonio; la dementia alterava il soggetto in certi ambiti. Per esser rilevante doveva essere sufficientemente grave da impedire la discrezione di giudizio che si richiede per il consenso.

2. Evoluzione della giurisprudenza rotale anni '20 -'50.

Tale sistema giuridico non poteva considerarsi perfetto riguardo alle nullità matrimoniali per difetto di consenso: negli anni '20 la giurisprudenza della Rota

2 Cfr. P. MONETA, Il matrimonio nel nuovo diritto canonico, ECIG, Genova, (1994), p.18. 3 Cfr. J. CARRERAS, I precedenti remoti del canone 1095 CIC '83, in Ius Ecclesiae, 4 (1992),

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Romana aveva acquistato consapevolezza dell'esistenza di problemi nel vissuto coniugale che indicavano i limiti e le lacune del diritto positivo contenuto nel Codice Piano-benedettino.

Da questo momento, la giurisprudenza rotale assieme allo sviluppo della scienza medica, diviene il punto di riferimento per l'interpretazione della capacità consensuale al matrimonio.

A partire dagli anni '50 l'evoluzione interpretativa della Rota Romana si è sviluppata superando la rigidità iniziale e elaborando un concetto di capacità proporzionale alla rilevanza dell'atto.

La scelta matrimoniale è impegnativa e come tale la decisione deve essere proporzionale alla gravità dell'atto posto in essere. Siamo in presenza di un nuovo approccio interpretativo. Per identificare la capacità consensuale al matrimonio si prescinde dal raggiungimento di un'età precisa, si richiede nel soggetto una maggiore consapevolezza degli aspetti morali, teologici e sociali del matrimonio che si vuol costituire con il consenso.4

3. La svolta personalistica: il Magistero del Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale.

Con il Concilio Ecumenico Vaticano II la tematica venne ulteriormente sviluppata con riflessi sulla definizione della communio vitae (in latino è

communio vitae), “costruzione egualitaria per un reciproco completamento, per

una futura vita comune”. Il Magistero Conciliare elaborò concetti estremamente innovativi rispetto al sistema Piano benedettino, anche se allora ancora vigente.

Nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, il matrimonio canonico viene descritto come un rapporto interpersonale tra uomo e donna che trova il suo fondamento e la sua ragione d'essere nell'amore che lega i due coniugi.5

L'aspetto innovativo della Costituzione Pastorale Gaudium et Spes consiste nel superamento della concezione contrattualistica del matrimonio, elemento

4 Cfr. c. Sabattani, 22.3.1963, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 55 (1972), p. 211, n. 16.

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caratterizzante della codificazione piano-benedettina, che non dava rilevanza agli elementi personalistici della unione matrimoniale .

Il nuovo corso interpretativo analizzò l'atto consensuale sotto due profili distinti, il primo attinente a una riflessione formale sull'atto consensuale in sé considerato, il secondo che attiene ad una comprensione del consortium totius

vitae, ossia una conoscenza dell'oggetto del consenso matrimoniale, necessario

perché il matrimonio possa realmente esistere.

I giudici ecclesiastici iniziarono a tenere in considerazione la capacità dei nubendi a stabilire una relazione interpersonale quale è il matrimonio; capacità che dovrà essere valutata con riguardo alla personalità di entrambi, poiché il vincolo matrimoniale scaturisce dal reciproco scambio dei consensi dei nubendi, alla cui base si pone l'amore reciproco.

Testimonianza di questa svolta interpretativa è data dalla sentenza Coram Serrano 5.4.1973 ove si evidenzia la necessità di una capacità alla relazione

interpersonale. Serrano sottolinea che la persona diventa allo stesso tempo

soggetto e oggetto del consenso matrimoniale: il matrimonio è una donazione di persone piuttosto che uno scambio di diritti.

I nubendi diventano i veri fondatori della communio vitae et amori coniugalis, i diritti e i doveri che si scambiano sono personali e reciproci.

Altro fattore che ha contribuito alla svolta interpretativa è stato il riconoscimento, in alcune decisioni rotali, delle disfunzioni nella sfera sessuale (in riferimento omosessualità, ninfomania), come elementi autonomi di nullità matrimoniale, per incapacità del nubente ad attuare il consortium vitae

coniugalis.

In seguito la decisio Coram Annè 31.1.19706 associò alla devianza sessuale

come motivo di nullità una immaturità psico-affettiva talmente radicata da impedire al soggetto l'attuazione di una libera scelta, ma anche l'instaurazione del consortium totius vitae con la controparte. Nel corso dei primi anni '80 e in seguito con la Codificazione del 1983 è accertato che tanto le deviazioni della

6 Cfr. C. Annè 25.2.1969, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 61 (1969) pp. 183-184, n. 16, p. 182. n. 12.

(8)

sessualità quanto i disordini della personalità possono essere causa di nullità matrimoniale ex canone 1095, n. 2 e n. 3, per mancanza di integrazione interpersonale e affettiva con il coniuge.

4. Revisione del codice Piano-benedettino, modifica dei canoni 1081

bis e ter nei Cann. 296 e 297. Nuovo Codice di Diritto Canonico 1983.

Le innovative spinte interpretative della giurisprudenza rotale unite ai progressi in campo medico hanno evidenziato ai Padri Consultori la necessità di modificare il dato giuridico che si mostrava inadeguato ai tempi. Nella fattispecie i Padri Consultori avvertirono la necessità di formulare una norma positiva che riguardasse la capacità naturale consensuale e che codificasse l'incapacità psichica in modo da fornire una determinazione precisa. Si è inoltre stabilito che l'incapacità a contrarre matrimonio non è solo di coloro che mancano dell'uso di ragione, ma anche di coloro che mancano della “discretio

iudicis” circa i diritti e doveri matrimoniali o che sono incapaci di assumersi gli

obblighi essenziali del matrimonio per gravi anomalie psicosessuali. Complesso fu il dibattito dei Padri Consultori prima di giungere alla definitiva formulazione del canone 10957.

Nel 1970 venne formulato il canone 1081 bis nella cui formulazione il tema della incapacità veniva scomposto a seconda della gravità della situazione psicologica del nubente.

La prima ipotesi contemplava alterazioni psichiche a carattere non transitorio tali da invalidare il consenso matrimoniale, mentre la seconda considerava le alterazioni a carattere transitorio presenti al momento della celebrazione del matrimonio tali da provocare nel nubente una mancanza dell'uso della ragione.

Per l'incapacità di assumere e/o di adempiere gli oneri coniugali venne formulato un canone diverso: il can. 1081 ter.8

Molte furono le discussioni tra i Padri Consultori circa l'oggetto della

7 Cfr. C. Annè, 17.1.1967, in Diritto Ecclesiastico, (1968/II), pp. 3-12

8 Cfr. c. Sabattani, 24.2.1961, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 53 (1971), p. 118, n.4

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discrezione di giudizio, alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali e di quanto contenuto nella Costituzione Conciliare Gaudium et Spes,9 la discrezione

di giudizio deve essere commisurata ad un oggetto ben preciso, identificabile con i diritti-doveri diretti a formare il consorzio matrimoniale. A questo proposito i Padri Consultori ritennero di abolire il termine maturitas, troppo ambiguo e retaggio del codice Piano-benedettino.

Ulteriore tema dei Consultori riguardò il defectus consensus in merito all'assunzione e all'adempimento delle obbligazioni essenziali del matrimonio, i Padri riconobbero l'opportunità di una norma ad hoc capace di valutare l'incapacità del nubente affetto da patologie di carattere sessuale, si giunse quindi ad una modificazione dei canoni 1081 bis e ter rispettivamente nei cann. 296 e 297.10

Il canone 296 venne ulteriormente modificato con l'aggiunta dell'aggettivo,

sufficiente. Non si parlava più di mancanza di uso di ragione, ma di mancanza di sufficiente uso di ragione.11

Nel canone 297 l'espressione grave anomalia psicosessuale venne sostituita con l'espressione cause di natura psichica.

In questo modo l'ambito delle incapacità viene allargato oltre la sfera della sessualità.12 Questa tripartizione delle ipotesi di incapacità si ritroverà nella

giurisprudenza della Rota Romana, e in seguito nel nuovo Codice di Diritto Canonico nel 1983.13 Il canone 1095 è il risultato di questa elaborazione della

dottrina e della giurisprudenza rotale, ma anche del rinnovamento in chiave personalista voluto dal Concilio Vaticano II.

9 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Constitutio Pastoralis Gaudium et Spes, diei 7.12.1965, Typis Polyglottis Vaticanis, in AAS, 58 (1966), p. 1067, n.48

10 Cfr. C. Serrano, 5.4.1973, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 65 (1982), p. 327, n.15.

11 Cfr. M. F. POMPEDDA, Ancora sulle nevrosi e personalità psicopatiche in rapporto al

consenso matrimoniale, in AA. VV., Rivista Unimi, Roma (1981).

12 Cfr. C. Annè, 31.1. 1970, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 62 (1980) p. 21 n. 7.

13 Cfr. c. Pompedda, 3.7.1979, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in Arrt, 71 (1988), p. 386, n.13.

(10)

C

APITOLO

II

I

CAPITANULLITATIS DELCANONE

1095

DEL CIC

1983.

SOMMARIO: 1. La novità del canone 1095 CIC 1983 e le ripercussioni sul principio consensualistico. ─ 2. L’ oggetto del consenso. ─ 3. Il canone 1095 n. 1. ─ 4. Il canone 1095 n. 2. La capacità critica per il matrimonio: la discretio iudicii. ─ 5.. Il canone 1095 n. 3. L'incapacità di assumere gli obblighi essenziali. ─ 6. Questioni dottrinali e giurisprudenziali relative al canone 1095. ─ 7. La prospettiva processuale del canone 1095: cenni. ─ 8. L'evoluzione della giurisprudenza della Rota Romana riguardo al canone 1095 n. 3. ─ 9. Profili processuali. ─ 10. Il processo per nullità ex canone 1095 n. 3. ─ 11. Alcune sentenze. ─ 12. Orientamento della giurisprudenza rotale degli anni 2010/'11/'12.

1. La novità del canone 1095 CIC 1983 e le ripercussioni sul principio consensualistico.

Il canone 1095 costituisce il centro del trattato giuridico sul matrimonio, il consenso è l'elemento fondatore dello stesso matrimonio, altri requisiti come l'abilità giuridica e la legittima manifestazione costituiscono dei presupposti affinché il consenso abbia efficacia costitutiva.14 Per questo nella sezione

dedicata ai profili generali del matrimonio canonico si pone in evidenza il ruolo e la natura del consenso matrimoniale, questo atto umano e personalissimo che i due sposi liberi da impedimenti devono poter legittimamente manifestare per far nascere il patto coniugale, costituito dalla reciproca donazione e accettazione. Determinante per comprendere le tematiche del canone 1095 è che cosa si intenda per oggetto del consenso.

14 Cfr. M. POMPEDDA, L'incapacità consensuale, in M. F. POMPEDDA, Studi di diritto

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2. L’ oggetto del consenso.

Molti sono stati i tentativi della dottrina e della giurisprudenza rotale di fornire una definizione riguardo all'oggetto del consenso. Per alcuni consisteva nello

ius in corpus, per altri nella communionae vitae, per altri ancora nelle persone dei coniugi stessi.

Nella nuova concezione personalissima del matrimonio, derivazione della riflessione del Magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II, la persona umana diventa il centro del consenso matrimoniale, soggetto e oggetto al tempo stesso del foedus coniugale.

Un'adeguata interpretazione deve considerare oggetto del consenso non solo l'insieme dei diritti e degli obblighi essenziali al matrimonio, ma anche delle persone stesse uomo e donna che si donano nella coniugalità come marito e moglie.

Il consenso come atto di volontà interno e personalissimo deve essere considerato in senso giuridico come l'incontro delle volontà concordi di un uomo e una donna circa la realizzazione di una vita coniugale.15

Il canone 1095 rappresenta una novità nella legislazione canonica: in esso si ritrova la cosiddetta capacità naturale dei nubendi che consente loro di esprimere un consenso umano e responsabile oltre che giuridicamente efficace. Nel canone 1095 vengono distinti tre presupposti fondamentali di incapacità che si riferiscono al processo di formazione dell'atto umano: conoscere, decidere, realizzare16. Tuttavia le fasi di questo processo sono in relazione tra loro in

modo tale da stabilire una categoria concettuale generale che è l'incapacità consensuale, mentre i criteri per rilevarla vengono indicati nei canoni successivi.

Ai sensi del canone 1095 possiede la capacità consensuale il soggetto che, oltre alla ragione necessaria per compiere un atto umano come quello consensuale, abbia raggiunto anche quella discrezionalità di giudizio circa i

15 CONCILIO OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio Pastoralis, Gaudium et Spes, 7 dicembre 1965, in ASS, 58 (1966), pp. 1067-1074 nn. 47-52.

16 Cfr. C. TRICERRI , La più recente giurisprudenza della Sacra Rota in tema di incapacità a

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diritti e doveri coniugali che il matrimonio comporta. In questo senso possiamo affermare che il canone 1095 indica una categoria unica, l'incapacità

consensuale, sulla quale si fondano le tre diverse fattispecie di cui ai nn. 1, 2, 3.

Non esistono tre diverse capacità al consenso matrimoniale, né mezzi termini, poiché non esiste un consenso parzialmente valido o un matrimonio valido a metà.

Ne consegue che i criteri indicati nel 1095 producono lo stesso effetto finale: invalidare il consenso e il matrimonio.

3. Il canone 1095 n. 1.

3.1. La mancanza del sufficiente uso di ragione.

“Sunt incapaces matrimoni contrahendi: 1 qui sufficienti rationis usu carenti”.

Il primo paragrafo del canone 1095 contempla l'ipotesi più grave di incapacità: il manifestarsi in modo evidente della mancanza del sufficiente uso di ragione nel compimento di un atto importante come il matrimonio. L'uso di ragione, dunque, costituisce il primo requisito senza il quale il soggetto non ha quella padronanza razionale e volontaria dei suoi atti.17

Il questo primo paragrafo però non si esamina direttamente la capacità al matrimonio in facto, ma si considera direttamente il matrimonio in fieri, si valuta cioè la capacità del soggetto di porre in essere l'atto matrimoniale con sufficiente uso di ragione: il contraente deve, dunque, possedere quei presupposti psichici che gli permettano di stipulare l'atto nuziale come libero, volontario, razionale.

L'aggettivo “sufficiente” indica che l'uso di ragione deve essere proporzionale alla gravità dell'atto coniugale, non un uso di ragione qualsiasi, ma un livello che permetta di comprendere il significato dell'atto che si sta per compiere.

La privazione dell'uso di ragione non deve essere totale, ma deve essere proporzionata all'atto di consentire un determinato negozio giuridico importante

17 Cfr. M. CANONICO L'incapacità naturale al matrimonio nel diritto civile canonico, ESI, Napoli, (1994), p. 87.

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e impegnativo come il matrimonio.

Considerato quanto fin qua detto si comprende che il canone 1095 n.1 include tre ipotesi:

I. quella di coloro che sono abitualmente privi dell'uso di ragione per grave disturbo mentale abituale;

II. quella di coloro che nel momento di emettere il consenso sono

attualmente privi dell'uso di ragione per una perturbazione momentanea

delle facoltà mentali;

III. quella di coloro che pur possedendo un certo uso di ragione non

raggiungono un livello sufficiente in rapporto alla gravità del matrimonio.18

La terminologia tradizionale indicava con il termine amentes coloro che in un preciso momento o abitualmente erano carenti dell'uso di ragione, con il termine

dementes coloro che ne erano parzialmente carenti o quando la carenza

riguardava determinate materie.

Il punto centrale è quello di valutare se il soggetto in quel momento era in possesso dell'uso di ragione sufficiente per realizzare un atto umano consensuale, sia che la causa sia di ordine psicopatologico, congenita, acquisita, abituale o attuale.

3.2. Elementi che causano la mancanza dell'uso di ragione.

L'orientamento giurisprudenziale sulle cause dell'incapacità del canone 1095 n. 1, come mostrato dai Tribunali ecclesiastici, sottolinea il carattere identificativo nell'attualità dell'elemento invalidante; le cause quindi possono essere le più diverse dalla patologia cronica al vizio occasionale purché adeguato a confondere la coscienza e quindi a invalidare il consenso.

Tra le prime si riscontrano gravi malattie mentali come la schizofrenia semplice, talvolta associata a depressione distimica.19 Altre patologie di tipo

18 Cfr. P. MONETA, Il matrimonio cit.

19 J.J. GARCIA FAILDE, Trastornos psiquicos y nullida del matrimonio, Salamanca, Universidad Pontificia de Salamanca, (1999), pp. 321-322 e p. 324.

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cronico regolate da questa fattispecie possono includere la oligofrenia, le

psicosi, le psicopatie o disturbi della personalità o del carattere, le psiconevrosi, gli scompensi psichici derivanti da trauma con irreversibile danno cerebrale, le gravi depressioni psichiche o maniaco depressive, l'alcolismo e la tossicodipendenza.

Alcune di queste patologie possono trarre in inganno per il loro decorso e per il loro periodo di latenza, ma al momento di manifestazione clinica non ci sono dubbi sul loro riconoscimento.20

Accanto alle patologie croniche si rilevano situazioni episodiche che, pur non essendo permanenti, condizionano la formazione del consenso: si tratta di alcuni stati che di per sé non producono insufficiente uso di ragione, ma che rendono invalido il matrimonio perché incidenti al momento dell'emissione del consenso. Si ricordano gli stati di ubriachezza acuta, intossicazione acuta da sostanze

psicotrope o eccessivo dosaggio di farmaci, il sonnambulismo, gli episodi acuti di disturbi schizofrenici, psicotici, deliranti, maniacali, depressivi e altre forme

di alterazioni intense e transitorie.

3.3. I lucidi intervalli e le presunzioni giurisprudenziali.

La breve analisi del c. 1095 fin qui condotta ci porta ad affrontare il problema, noto alla dottrina e giurisprudenza, relativo alla possibile validità (o nullità) del matrimonio e alla integrità del suo elemento fondamentale, il consenso, qualora il nubente mostri segni evidenti di insania mentis dopo la celebrazione del matrimonio, e dunque il problema della integrità del consenso matrimoniale prestato dal soggetto nei c.d. lucidi intervalli.21

La giurisprudenza rotale ha evidenziato come disagi psichici presenti nella vita matrimoniale possano risalire nel tempo, ad un periodo antecedente al matrimonio, e che, dunque, il consenso prestato dal soggetto debba essere

20 Cfr. M.F. POMPEDDA, Progetto e tendenze attuali della giurisprudenza sulla malattia

mentale e il matrimonio in Ius Canonicum, 23 (1983), p. 77.

21 Cfr. G. F. ZUANAZZI, Consenso matrimoniale, schizofrenia e psicosi endogene atipiche, in

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considerato non integro, ma espressione di una personalità turbata.

Pertanto, per un periodo di tempo più o meno lungo, l'equilibrio psichico del nubente potrebbe rimanere inalterato, tanto da essere possibile che il soggetto riesca a condurre una vita almeno in apparenza normale.

La ricostruzione delle cause di nullità del c. 1095 parte da un contesto fatto da episodi precedenti o successivi alla celebrazione del matrimonio, che possono avere una rilevanza giuridica, oltre che medica. Tali episodi, ricostruiti attraverso la deposizione delle parti, dei testimoni, unitamente alla produzione di documenti, inducono il giudice a valutare sulla oggettività del fatto, che inserito in un ampio contesto probatorio potrebbe confermare l'esistenza di una psiche disturbata nel soggetto prima della celebrazione del matrimonio.

A questo punto si creerà una connessione logica tra i fatti oggettivi che possono diventare sintomo del disagio psichico del nubente al momento della prestazione del consenso.22

La giurisprudenza rotale si è spesso occupata della schizofrenia, interrogandosi se il nubente che ne era affetto potesse esprimere un valido consenso al momento della latenza della malattia. La prassi giurisprudenziale ha evidenziato il nesso di causalità giuridica nell'evoluzione del disagio psichico anche se lontano nel tempo.

La giurisprudenza ha sempre esaminato l'evoluzione della malattia, la prognosi relativa al disagio psichico, la gravità della destrutturazione della personalità che il disagio comporta.23 Parte della dottrina ha manifestato parere

diverso: secondo alcuni non è sufficiente che il soggetto sia stato altre volte affetto da episodi di alterazione psichica, ma bisognerà dimostrare che tale alterazione si sia verificata al momento della celebrazione del matrimonio, poiché in mancanza di una malattia psichica abituale non può che valere una presunzione di sanità e quindi una normale capacità al matrimonio. A tale riguardo non sono mancate pronunce giurisprudenziali del Tribunale della Rota

22 Cfr. c. Mattioli 2.12.1955, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 47 (1964), p. 802, n. 2.

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Romana.24

Molto difficile risulterà la prova della nullità qualora i segnali del disagio psichico si manifestino dopo la celebrazione del matrimonio; in tali casi importante sarà l'apporto tecnico peritale in sede istruttoria, con accertamenti giudiziari ad casum.25

4. Il canone 1095 n. 2.La capacità critica per il matrimonio: la discretio iudicii.

Il secondo comma del canone 1095 presuppone nei nubendi la presenza di un senso critico dei valori del matrimonio e una conoscenza dei diritti e doveri ad esso inerenti: non è sufficiente, dunque, che il contraente abbia una conoscenza astratta e teorica degli obblighi essenziali del matrimonio, ma occorre che sia in grado di valutarli concretamente, di comprendere quello che significano per la propria esistenza e di comprendere il contenuto sostanziale della relazione interpersonale che viene a instaurarsi tra i coniugi.

Accanto alla facoltà critica va inoltre tenuta presente la facoltà volitiva, ovvero la capacità di autodeterminarsi liberamente. Principio fondamentale è quello del libero arbitrio, che considera l'uomo capace di dominare i propri impulsi e le tensioni conservando una libertà di decisione. Va tenuta in considerazione, quindi, anche la capacità di valutare la persona del futuro coniuge: il defectus discretionis iudicii può consistere anche in una lesione della capacità di conoscere, valutare e scegliere la persona del futuro coniuge26.

Il legislatore, al fine di non estendere troppo l'ipotesi di incapacità consensuale considerata, ha prescritto di prendere in considerazione soltanto un grave difetto di discrezione di giudizio, riferito agli obblighi essenziali del matrimonio.

Codesta preoccupazione è stata ribadita in alcuni interventi pontifici che hanno sottolineato l'esigenza di non confondere una semplice difficoltà da una vera e

24 Cfr. c. Sabattani 18.5.1956, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 48 (1965), p. 451, n.8.

25 Cfr. c. Roger 21.11.1967, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 59, (1976), p. 791, n.5.

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propria incapacità a prestare il consenso.

La gravità del defectus deve essere valutata sotto un duplice aspetto:

• soggettivo, cioè deve essere valutata la gravità delle condizioni psichiche del soggetto al quale vanno riportate le disfunzioni dell'intelletto;

• oggettivo, cioè deve essere valutata la gravità dei diritti e doveri coniugali essenziali27.

Rimane l'esigenza di non seguire per schemi astratti, ma di far riferimento al caso umano che viene in considerazione. Può, infatti, accadere che una anomalia non grave possa alterare il defectus iudicii per il concorso di fattori che compromettono la facoltà critica della persona e anche la scelta matrimoniale stessa28.

Un esempio può essere fornito dai molti casi che sono stati spesso portati all'attenzione dei giudici ecclesiastici, in particolare di quelli della Rota Romana, come ad esempio l'anoressia mentale, sindrome che negli ultimi anni ha avuto un'allarmante diffusione tra le giovani generazioni.

Si ritiene che tale patologia pur comportando un rifiuto del cibo, incida in maniera profonda su tutta la persona.

In una sentenza rotale si osserva che l'anoressia mentale incide gravemente sulla discrezione di giudizio che si richiede per contrarre validamente matrimonio.

Un'altra sindrome che incide gravemente sulle facoltà psichiche è il disturbo

narcisistico della personalità del quale spesso si sono occupate le sentenze

rotali. Queste hanno rilevato che nel soggetto narcisistico la grande valutazione di se stesso gli impediscono di comprendere la vera natura del matrimonio, e quindi di prestare un valido consenso29.

In altri casi il difetto di discernimento è stato riscontrato in situazioni formatesi sotto l'influenza di circostanze traumatiche tali da alterare la capacità di discrezione. Si può citare il caso di una giovane che mostratasi contraria al matrimonio, arrivò a celebrarlo per una serie di circostanze, ansia, minacce,

27 Rota Romana 17 dicembre 1987 c. Stankiewicz; 9 marzo 2000 c. Defilippi. 28 Rota Romana 1 febbraio 2008 c. Sciacca, in Dir. Eccl., 2012, pp. 237 ss. 29 Rota Romana 24 febbraio 1994 c. Stankiewicz.

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senso di colpa, influenza dei genitori, che provocarono nel suo animo un grave turbamento tale da renderla incapace di prendere una qualche decisione e di attuarla. In realtà come afferma la sentenza rotale che si occupò del caso30, essa

non compì una scelta libera e consapevole, ma celebrò il matrimonio spinta da motivazioni irrazionali, non ci fu un atto umano e responsabile, quale si richiede per una valida celebrazione del matrimonio31.

Negli ultimi decenni è stata riservata molta attenzione alla tematica della nullità del vincolo matrimoniale e al canone 1095 nei suoi tre numeri.

La fattispecie contemplata è di notevole importanza: rappresenta sia una novità rispetto alla precedente normativa visti i contenuti, sia il momento finale dell'elaborazione di una norma di ampia portata. Il mondo delle malattie mentali è molto incerto come è incerta la loro rilevanza in campo giuridico.

Il compito del giudice e dell'interprete è difficile in quanto le malattie mentali sono varie e di diversa classificazione, ognuna ha la sua diagnosi, il suo decorso, la sua prognosi. Nell'ambito delle patologie mentali non si può ragionare per equivalenze, a parità di diagnosi non segue sempre un'identità di prognosi e di effetti invalidanti.

La nostra indagine riguarda gli effetti del disturbo mentale sulla validità del consenso matrimoniale, è un'indagine complessa che ha inizio con l'accertamento del disagio psichico, l'inquadramento diagnostico, che esula dalle conoscenze del giudice e necessita, come vedremo, dell'aiuto di periti.

L'inquadramento diagnostico si svilupperà attraverso la valutazione della gravità della malattia e la sua influenza sulla personalità del nubente, la sua forza distruttiva sui processi intellettivi e volitivi, e da ultimo la necessità di far rientrare tale fattispecie nella previsione di uno dei tre numeri del canone 1095. L'analisi che si limiti alla semplice ricerca dei sintomi del disturbo è risultata insufficiente, perché ad una identità di diagnosi non corrisponde un'identità di prognosi, e non può conseguire un'identità di effetti invalidanti.

30 Rota Romana 19 maggio 1998 c. Huber.

31 Cfr. E. MARTINELLI, in “Stato, Chiese e pluralismo confessionale”, rivista telematica, n. 35 del 2017. “Il defectus discretionis iudicii nel sistema matrimoniale canonico”.

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Riguardo al canone 1095 n. 1 non si pongono grossi problemi, perché presenta una continuità con la normativa precedente, per contro la fattispecie prevista al n. 3 è nuova rispetto al passato, e presenta una varietà di casi esaminati dai giudici ecclesiastici che hanno necessitato di approfondimenti dottrinali e giurisprudenziali.

Per quanto riguarda la fattispecie indicata al n. 2 del canone 1095, il difetto grave di discrezione di giudizio ha attribuito rilevanza giuridica, ai fini della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale, a numerose alterazioni della psiche che anche se non comportano una completa destrutturazione della personalità del nubente, incidono in modo penetrante sui processi mentali, in modo tale da rendere il soggetto incapace di prestare un valido consenso.

Non bisogna dimenticare che nell'analisi dell'invalidità del vincolo coniugale non deve essere ricercata una valutazione astratta della malattia mentale, ma bisogna rapportarla al negozio giuridico e a quell'atto umano che è consenso matrimoniale, attraverso il quale si innesta il rapporto tra matrimonio e disagio mentale.

Affrontare tali tematiche pone anche una questione di metodo, collegare i valori dell'antropologia cristiana con una conoscenza profonda delle dinamiche della persona, in un'epoca in cui la teologia e il diritto canonico debbono rinnovarsi alla luce della vicenda conciliare, post conciliare e dal confronto con la cultura contemporanea. Per questo occorre un confronto corretto tra il diritto canonico e le moderne acquisizioni nel campo della capacità psichica al matrimonio per ottenere la certezza della nullità del vincolo matrimoniale.

Il paziente deve essere osservato sia dall'interno, valutando la capacità di provare emozioni, sentimenti, stimoli, reazioni, sia dall'esterno, valutando i comportamenti all'interno della realtà sociale in cui vive.

La trattazione delle cause di nullità del matrimonio per difetto del consenso richiede la verifica di come la scelta matrimoniale sia realizzata all'interno della esistenza individuale. Dobbiamo considerare che l'interpretazione dei

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meccanismi della persona per la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza è orientata verso il binomio tra le componenti dell'intelletto e della volontà, categorie che incidono sulla formazione dell'atto che da vita al rapporto matrimoniale.

Tale atto deve essere libero, autonomo, consapevole e adeguato al suo oggetto. Tale impostazione pur essendo valida non tiene conto delle dinamiche psichiche che possono presentarsi.

La realtà dell'essere umano è molto complessa è costituita da elementi razionali, emozioni, affettività, il binomio intelletto-volontà non può rappresentare lo strumento universale per comprendere il processo di formazione del consenso matrimoniale.

Occorre valutare la personalità dell'individuo nell'ambiente culturale e sociale in cui è vissuto, il suo sviluppo, la struttura caratteriale, le reazioni affettive nei confronti dei genitori. Per comprendere meglio determinati tipi di reazioni è stato determinante il contributo fornito da una branca della psichiatria, la c.d. “etnopsichiatria” che ha avuto il merito di individuare determinati tipi di malattie mentali legate a fattori etnici e ambientali.

Dobbiamo considerare anche la valutazione del malato psichico e della sua malattia nelle diverse epoche, a periodi di rigidità culturale è seguita l'emarginazione e l'isolamento del malato psichico, al contrario in periodi in cui si è avuta una visione personale e sociale dell'individuo il giudizio sul comportamento è stato più elastico e adattabile all'uomo considerato nel complesso di emozioni, affetti, impulsi.

La valutazione dell'istituto matrimoniale ha risentito dei cambiamenti socio-culturali e delle acquisizioni antropologiche, psichiatriche e psicologiche che si sono succedute nel tempo. Di tale evoluzione se ne vedono le tracce nella produzione dei tribunali ecclesiastici. Accanto alle degenerazioni mentali patologiche sono presenti una serie di disagi psichici, pensiamo ai disturbi della personalità, alle psicopatologie, alle sindromi borderline, alle immaturità psico-affettive, che non sono assimilabili al concetto di malattia mentale. Non siamo

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in presenza di certezze assolute, ma solo relative, caratterizzate dalla unicità di ogni singola vicenda umana.

La capacità di porre in essere un valido vincolo matrimoniale comporta che i nubendi siano in possesso delle proprie facoltà mentali, l'atto di volontà presuppone l'uso della ragione. Il legislatore presuppone oltre ad un uso della ragione sufficiente nelle cose odierne della vita, una maturità di giudizio adeguata all'importanza, e alle caratteristiche del negozio da compiere.

La maturità della persona umana è il risultato di un processo per cui gli elementi della psiche vengono coordinati secondo la struttura individuale di ogni persona. I nubendi dovranno essere in grado di attribuire un significato alla scelta matrimoniale, valutare le conseguenze del matrimonio e delle sue obbligazioni essenziali, l'incidenza dei diritti e dei doveri sulla propria esistenza (una consapevolezza concreta, non astratta).

Per quanto riguarda la facoltà intellettiva è considerata la capacità a

conoscere l'atto in se stesso, le sue conseguenze immediate e successive.

Fondamentale è la capacità dell'essere umano a divenire autore delle proprie scelte attraverso una valutazione autonoma di quello che è bene, in modo da dirigere il proprio comportamento verso il raggiungimento di quel bene.

Per quanto riguarda il consenso matrimoniale deve sussistere una capacità di

valutare il valore del vincolo matrimoniale proiettato nel futuro, questo richiede

una condizione di equilibrio psichico, e una capacità valutativa-estimativa tale da comprendere la sostanza delle obbligazioni che derivano dall'atto. Per questo motivo la dottrina canonica e la giurisprudenza parlano di maturità e discrezione di giudizio, non si riferiscono a una maturità piena, non pretendono né una maturità piena, né una perfetta conoscenza di quello che comporta il matrimonio, nemmeno una libertà interiore al massimo livello e una comprensione perfetta di quelle che sono le motivazioni della scelta matrimoniale.

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Nella elaborazione della dottrina e della giurisprudenza riguardo alla discretio

iudicii si sottolinea la necessaria sussistenza di tre elementi ben distinti:

(a) una sufficiente conoscenza dell'oggetto del consenso;

(b) una valutazione complessiva sulle conseguenze del matrimonio; (c) la capacità di valutare e deliberare in autonomia.

La giurisprudenza rotale ha completato la figura della discretio iudicii con la capacità di autodeterminarsi e di decidere liberi da condizionamenti interpsichici che limitino la volontà dei nubenti. La discrezione di giudizio presuppone una capacità di compiere una valutazione adeguata all'oggetto del consenso oppure in altri termini la capacità del nubente di formulare un corretto giudizio estimativo sull'atto matrimoniale.

Riguardo al vincolo matrimoniale, non è sufficiente una conoscenza astratta delle conseguenze che il vincolo matrimoniale comporta, ma è necessaria una valutazione critica dell'impegno personale e delle conseguenze che il vincolo coniugale comporta.

Considerata la natura del matrimonio, la perpetuità del vincolo, i fini ai quali il matrimonio è preordinato, la valutazione deve essere accompagnata da una maturità psicologica sufficiente a comprendere le obbligazioni che ne derivano. La necessità di una capacità di valutazione prescinde totalmente dalla capacità di poter adempiere alle obbligazioni che sono oggetto dell'impegno assunto, tale situazione è quella indicata nel canone 1095 n. 3.

Il criterio per determinare la misura della capacità critica necessaria per emettere un consenso matrimoniale consapevole è quello psicologico, nel nubente è necessaria una risposta soggettiva adeguata alla natura del matrimonio e alle obbligazioni che ne derivano.

A questo punto è necessario valutare quali possano essere le conseguenze di una “disarmonia psichica” o di un disturbo della personalità sulla formazione della volontà, momento fondamentale del processo della formazione del consenso. In tale processo di formazione sono importanti l'istinto e la pulsione: infatti, dal punto di vista clinico, le manifestazioni più significative di

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immaturità psichica sono state ravvisate nella incapacità da parte del soggetto di porre in essere un efficace controllo sulle pulsioni.

L'analisi diretta a determinare la validità del consenso deve concentrarsi sulle cause volontarie della decisione (quelle cause avvertite consapevolmente), non sugli istinti e i motivi inconsci.

La giurisprudenza ha incontrato molte difficoltà a stabilire l'incidenza della malattia psichica sul processo di formazione della volontà; a tale proposito sono state ritenute interessanti eventuali connessioni tra la struttura psicologica del soggetto e la libertà nella scelta. Infatti, se si ritiene che ogni individuo abbia una propria struttura psichica, dobbiamo sostenere che il processo volitivo presupponga un equilibrio di tale struttura, equilibrio che può essere minacciato da eventi relativi alla vita del nubente, come un'educazione sbagliata, episodi stressanti, fattori ereditari, o disarmonie affettive.

Il vissuto personale può provocare pulsioni o reazioni istintive che possono sfuggire al controllo della volontà e che riescano a determinare le scelte dell'individuo, in modo da escludere in tutto o in parte la libertà.

A questo punto emerge la vera natura del problema: se e in che grado un turbamento interiore possa minare il procedimento di autodeterminazione del nubente. Non sarà semplice distinguere nella pratica quanto e fino a che punto la

vis compulsiva alla quale il nubente era stato in grado di opporsi abbia inciso

sull'atto matrimoniale.

Al procedimento di formazione della volontà contribuiscono elementi che appartengono alla struttura psichica e che possono raggiungere anche un notevole grado di “morbosità nevrotica” o “psicotica”.

In sintesi possono essere numerose ed eterogenee tra loro le cause di origine nevrotica o psicotica che impediscono al soggetto di emanare un valido atto di volontà, possiamo però affermare che solo quando il substrato psichico risulti alterato da una grave anomalia che ne intacchi le funzioni venga meno la facoltà di autodeterminazione, la libertà.

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Dopo aver analizzato il quadro delle componenti psichiche che incidono nel processo di autodeterminazione occorre definire il livello di maturità necessario per la costituzione di un valido vincolo coniugale.

Il termine “maturità” è stato spesso adoperato sia dalla scienza psichiatrica che dalla dottrina canonista, ma esiste una profonda differenza.

I criteri del giudice e dello psichiatra differiscono radicalmente: lo psichiatra si riferisce alla piena maturità del soggetto e ad una scelta libera; il giudice invece addotta criteri morali e giuridici, e dunque può accadere che in un caso sia presente una certa immaturità, però siano presenti tutti gli elementi necessari perché questo atto umano sia in concreto sufficiente a produrre determinati effetti giuridici.

Nel consenso contrattuale in genere è richiesto nel contraente l'uso normale di ragione che nell'uomo normale è presente dopo i sette anni. Non è sufficiente il semplice uso di ragione, ma è necessaria una maturità di giudizio proporzionata alla natura del contratto che si intende stipulare. Di conseguenza nel contratto matrimoniale il consenso sarà valido solo se il contraente gode di tale maturità di giudizio, che sia proporzionata alla natura del matrimonio.

Il criterio di proporzionalità della discrezione di giudizio ha provocato un dibattito all'interno della giurisprudenza rotale circa la definizione del livello di capacità psichica necessario a garantire la serietà dell'impegno matrimoniale. Il concetto di discrezione di giudizio proporzionata non può essere paragonata al perfetto equilibrio psico-fisico, né deve richiedere la perfetta conoscenza del valore del matrimonio, il suo valore etico, giuridico, sociale, religioso, pertanto è risultato inadeguato qualsiasi criterio analogico diretto a stabilire l'idoneità psichica al matrimonio.

La giurisprudenza rotale si è orientata verso parametri oggettivi e realistici, richiedendo una discrezione di giudizio tale che il nubente sia in grado di comprendere il vincolo coniugale e i suoi contenuti essenziali.

A questo proposito occorre compiere una valutazione delle dinamiche psichiche che incidono nel processo di autodeterminazione individuale, per poter avere un

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giudizio maturo e responsabile è necessario un “armonico compenetrarsi delle operazioni mentali”, in modo che il soggetto possa “interiorizzare” l'atto di scelta matrimoniale. Tale valutazione deve comprendere anche la cosiddetta realtà mentale, l'insieme delle reazioni psichiche dell'individuo di fronte alle situazioni occasionali della vita.

L'immaturità psico-affettiva viene da molti autori associata ad un particolare disagio derivante da una errata valutazione degli affetti, degli istinti, dei sentimenti e dell'emotività, i cui effetti inciderebbero nella sfera della volontà, diminuendone la portata e l'autonomia, producendo in sintesi una mancanza di libertà interiore.

Secondo altri autori, devono essere considerati gli effetti del disturbo affettivo, sullo sviluppo delle relazioni interpersonali, questa posizione appare più sensibile e più aperta alla realtà coniugale, realtà nella quale si valutano gli effetti dell'eventuale disturbo di personalità in relazione agli oneri che caratterizzano lo sviluppo della vita di coppia.

Il difetto di maturità affettiva incide sulla validità del rapporto coniugale, in quanto limita la capacità e la libertà di autodeterminazione del soggetto agente in relazione alla sostanza del matrimonio.

La natura del vincolo matrimoniale è una obligatio in futurum in quanto coinvolge totalmente l'esistenza dell'individuo. Colui che si appresta a fare dono di sé ad un'altra persona nella prospettiva di una condivisione di una vita deve essere in grado di comprendere a fondo l'essenza del rapporto matrimoniale, di valutare i contenuti che lo caratterizzano.

La maturità di giudizio deve porsi non solo in relazione al momento della nascita del vincolo, ma anche nel continuo divenire del consorzio coniugale.

L'analisi della discretio iudicii è un'indagine sulla formazione del giudizio e sulla scelta, ma è un'indagine rivolta non al passato, ma riguarda il presente e la sua proiezione verso il futuro. Il nubente in pratica oltre a comprendere in maniera astratta i contenuti del negozio matrimoniale deve essere capace sul piano pratico di rapportarsi al carico di diritti e obblighi. L'analisi della nullità

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del vincolo per difetto di discrezione di giudizio non si basa più solo sull'esistenza di una malattia mentale o di un disagio psichico, ma anche su una serie di condizioni di disadattamento o di disturbi della personalità che incidono sulle facoltà mentali dell'individuo, rendendolo incapace di comprendere il rapporto interpersonale nel suo sviluppo, nel futuro.

A tale proposito bisogna considerare che i disagi psichici sono molti e di diversa natura e per questo risulta difficile stabilire dal punto di vista pratico un criterio della discretio iudicii sufficiente. Occorre far riferimento a parametri di base che siano adattabili e dinamici, poiché i meccanismi mentali non corrispondono a iter prefissati e lo sviluppo delle facoltà psichiche è del tutto soggettivo.

A questo punto bisogna comprendere quali dinamiche psichiche intervengono nel processo di autodeterminazione individuale.

Per avere un giudizio maturo e responsabile è necessario un collegamento delle operazioni mentali, in modo tale che il soggetto abbia una conoscenza adeguata della realtà.

La chiave di lettura è quella della maturità dei processi psichici che presiedono alla formazione del consenso, l'immaturità psico-affettiva è associata ad una inadeguata evoluzione degli affetti, degli istinti, dei sentimenti, dell'emotività, i cui effetti inciderebbero nella sfera volitiva, diminuendone la portata, l'autonomia.

Concludendo di fronte ad un intelletto proporzionato alla realtà matrimoniale dovrà sussistere un atto di volontà altrettanto proporzionale: questo non significa che sarà sufficiente che il nubente decida spontaneamente di contrarre il vincolo, ma occorrerà che il processo di autodeterminazione che lo ha portato a compiere la scelta abbia raggiunto un livello di autonomia tale da importare una interiorizzazione soddisfacente dell'obbligazione propria del matrimonio.

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5.. Il canone 1095 n. 3. L'incapacità di assumere gli obblighi

essenziali.

5.1. La specificità del canone 1095 n. 3.

Il canone 1095 n. 3 completa il quadro delle incapacità previsto dal legislatore: l'incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per cause di natura psichica. Questa fattispecie si basa sul principio che il consenso non può essere solo un atto dell'intelletto, ma deve riferirsi all'oggetto matrimoniale, in caso contrario l'atto consensuale sarebbe privo di contenuto.

Tale incapacità non si manifesta in modo univoco, si articola in tre punti nodali: la capacità di intendere il matrimonio e di realizzare l'atto umano del consenso, la capacità di valutare e di scegliere liberamente, la capacità di assumere e compiere gli impegni matrimoniali.

I primi due punti si riferiscono all'atto stesso del consenso, il terzo si riferisce all'oggetto del consenso matrimoniale32.

L'incapacità del canone 1095 n. 3 non consiste in un difetto di conoscenza o di volontà, ma in un'inesistenza dell'oggetto del patto: il nubente può essere in grado di porre in astratto l'atto del consenso però risultare incapace di compiere l'oggetto del consenso perché incapace di adempiere all'obbligazione assunta33.

Esiste un consenso privo di contenuto o dissociato dal proprio oggetto, il cd.

consenso astratto e vuoto che non rappresenta il consenso matrimoniale, si tratta

di quelle situazioni che la giurisprudenza rotale degli anni '70 qualificava come nullità «ob defectum obiecti formalis consensus matrimonialis», nullità diversa da quella per mancanza di libertà o per difetto di discrezione di giudizio.

Nel canone 1095 n. 3 quello che rileva non è il processo di formazione del consenso, ma la capacità del nubente, al momento della prestazione del consenso, di poter assumere le obbligazioni che derivano dal patto e di poterle adempiere nel futuro; in questo senso il canone 1095 n. 3 riprende un principio

32 Cfr. M. F. POMPEDDA, Annotazioni sul diritto matrimoniale nel nuovo codice canonico, Giuffrè, Milano, 1993, p. 324.

33 Cfr. c. Annè 25. 2. 1969, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, in SRRD, 61 (1979), p. 175, n.3.

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del diritto naturale per il quale «nemo potest ad impossibile obbligari», che nel matrimonio si riferisce all'impossibilità di assumere la reciproca donazione e accettazione dei diritti e degli obblighi essenziali che costituiscono l'oggetto formale del consenso matrimoniale. L'espressione assumere adoperata dal legislatore per indicare questa ipotesi di incapacità sta ad indicare la volontà di farsi carico di quegli atti e di quei comportamenti che derivano dal patto coniugale e che devono essere portati a compimento nel futuro della vita coniugale.

In dottrina e giurisprudenza spesso si incontrano i termini di incapacità di assumere e/o di adempiere: la prima riguarda l'aspetto soggettivo del consenso, la seconda si colloca a livello operativo e esecutivo.

5.2. L'oggetto dell'incapacità di assumere gli oneri essenziali del matrimonio. Nel canone 1095 n. 3 il punto di riferimento dell'incapacità di assumere sono gli obblighi essenziali del matrimonio34, il Codice non fornisce un elenco

preciso rimandando alla dottrina e alla giurisprudenza la specificazione sul punto.

L'obbligatio tecnicamente è la necessità di tenere un comportamento consistente nel dare o nel non fare qualcosa previsto in un patto tra persone, nel caso del canone 1095 n. 3 sono le obbligazioni che sorgono dal vincolo coniugale e che riguardano tutto quello che è essenziale al matrimonio.

Le obbligazioni essenziali saranno quelle che definiscono il consortium totius

vitae: l'integrazione personale nella comunità di vita coniugale, accettare la

prole e la sua educazione, salvaguardare il vincolo matrimoniale e la fedeltà ad esso.

5.3. Il significato dell'inciso codiciale “cause di natura psichica”.

La causa presa in considerazione dal canone 1095 n. 3 ai fini dell'incapacità

34 Cfr. P. BIANCHI, L'incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio, in Ius

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viene definita di natura psichica. La causa di cui si tratta non è quella che provoca direttamente l'incapacità del consenso, ma è quella che provoca nel soggetto un effetto negativo tale che il soggetto stesso non sia capace di emettere un consenso valido.

Il canone 1095 n. 3 esclude le cause di natura fisica, come ad esempio in certi casi l'impotenza, ma non stabilisce che le cause di incapacità debbano essere per forza di natura psicopatologica o che siano da ricondurre a gravi anomalie

mentali35.

L'espressione cause di natura psichica allude non solo ad anomalie quali le psicosi, le nevrosi, le psicopatie e altri gravi disturbi della personalità, ma comprende anche quelle cause che, pur non essendo facilmente diagnosticabili dal punto di vista psichiatrico, appartengono allo psichismo dell'individuo determinandone la personalità e il comportamento fino a renderlo incapace di impegnarsi agli obblighi della futura vita matrimoniale.

Per questo motivo non si può identificare la causa di natura psichica con le malattie psichiche e altre cause morbose poiché le cause previste dal legislatore hanno origine nell'essere umano come essere spirituale, rilevano l'assenza di valori morali, etici, quando però vanno ad incidere su obblighi coniugali essenziali.

Quello che è importante è il nesso di proporzionalità tra la causa psichica e l'effetto che provoca nel soggetto in relazione agli obblighi derivanti dal patto coniugale.

Il criterio della proporzionalità presenta due aspetti:

(1) uno soggettivo, che riguarda il modo in cui la causa psichica turba il soggetto.

Da questo criterio deriva che il soggetto è incapace di prestare un valido

35 A questo riguardo si ricordano due allocuzioni pronunciate al Tribunale della Rota Romana nel 1987 e nel 1988, dal Pontefice Giovanni Paolo II, dove si è ribadito che non costituiscono motivo di incapacità « le lievi psicopatologie o le deficienze di ordine morale che non possono essere considerate come prova di incapacità ad assumere gli oneri essenziali della vita coniugale». Il concetto di normalità psichica deve «essere sempre verificata alla luce dei concetti dell'antropologia cristiana, che sono sottesi alla scienza canonica».

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consenso se gli effetti della causa psichica non possono essere superati con la volontà, la diligenza.

(2) uno oggettivo, che ha come punto di riferimento le obbligazioni essenziali del matrimonio che diventano misura dell'incapacità di assumerle e di adempierle.

La valutazione del nesso di proporzionalità spesso sarà oggetto di una specifica prova processuale come la perizia psicologico-psichiatrica.

5.4. Le cause di natura psichica: esemplificazione casistica.

Le fattispecie d'incapacità consensuale prese in esame hanno mostrato la complessità di questo motivo di nullità matrimoniale, tale complessità è radicata nell'uomo e nel suo agire concreto. Questo spiega l'innumerevole particolarità di casi d'incapacità che si presentano di fronte ai tribunali ecclesiastici che vengono ricondotte nell'ambito delle tre figure del canone in commento.

Per quanto riguarda la causa da cui proviene l'incapacità non c'è un orientamento univoco nella dottrina e nella giurisprudenza, si oscilla tra stati psicopatologici gravi, disordini e disturbi di personalità che incidono sul soggetto alterandone la capacità di assumere gli obblighi essenziali del patto coniugale.

La giurisprudenza, anche se la norma non lo prevede espressamente, ritiene che la causa psichica debba essere grave perché possa produrre una vera incapacità nel soggetto. Tuttavia non si può non tener conto della persona in concreto, nel senso che la causa può risultar grave per uno e può non esserlo per un altro.

Tra le cause di natura psichica prese in esame dal canone si riscontrano alcuni determinati stati patologici come le psicosi, le nevrosi, le psicopatie passivo-aggressive, che incidono negativamente nella relazione coniugale.

A questi stati sono da aggiungere alterazioni di certe personalità, (borderline, isteriche, paranoiche, antisociali). I portatori di tali patologie da un lato si rifugiano in un mondo astratto, dall'altro assumono comportamenti infantili,

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provocatori e talvolta molti casi affrontati dalla giurisprudenza sono riconducibili all'omosessualità, travestitismo, ninfomania, transessualismo, perversioni varie, impotenza morale. Possiamo anche annoverare l'immaturità psico-affettiva, quando raggiunge gravi livelli comporta l'incapacità ad adempiere agli obblighi essenziali del matrimonio.

La giurisprudenza post conciliare della Rota Romana ha delineato questa figura di difetto di consenso che presenta aspetti particolari tanto da apparire come un capo di nullità autonomo rispetto a quelli individuati in questo campo. La particolare incapacità è emersa in alcune ipotesi di ninfomania (iperestesia sessuale) una disfunzione che provoca nella donna una continua insoddisfazione sessuale, spingendola alla ricerca di nuove esperienze non consentendole di osservare l'obbligo della fedeltà coniugale36.

Negli anni successivi il Concilio Vaticano II ha delineato un capo di nullità autonomo consistente nella incapacità ad assumere le obbligazioni fondamentali del matrimonio (nel caso l'obbligazione della fedeltà).

La concezione del matrimonio come comunione di vita tra i coniugi ha spinto la dottrina conciliare ad estendere questa figura di incapacità anche all'omosessualità che prima di allora non era ricompresa tra i capi di nullità. L'omosessualità non consente una comunione di vita tra i coniugi, “l'omosessuale si trova in una condizione di vita squilibrata che fa mancare già al tempo delle nozze quegli elementi senza i quali nessuno è in grado di realizzare una comunione di vita”37.

In seguito l'incapacità ad assumere obbligazioni è stata estesa ad altri casi di deviazioni o perversioni sessuali (travestitismo, masochismo, feticismo, transessualismo, casi di immaturità psico-affettiva, propensione all'incesto).

Con un passaggio logico si è passati a disturbi di carattere psichico caratteriale che si riscontrano nelle personalità paranoide, isterica, in soggetti con psicosi latente (c.d. borderline). Il termine “causa di natura psichica” usato dal legislatore nel canone 1095 n. 3 va inteso nel senso di cause che vanno

36 L'iperestesia può riguardare anche l'uomo ed è denominata satiriasi. 37 Rota Romana 25 febbraio 1969 c. Annè.

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ricondotte allo psichismo dell'individuo determinandone la personalità e il comportamento, vanno perciò escluse carenze o malformazioni fisiche a meno che non incidano nella sfera psichica del soggetto. Siamo in presenza di una incapacità che impedisce al soggetto di assumere le obbligazioni essenziali del matrimonio, di impegnarsi con un atto di volontà a realizzare i contenuti essenziali della vita matrimoniale.

Assumono rilevanza tutte quelle distorsioni della personalità che impediscono al soggetto di assumere un impegno definitivo o anche quelle carenze affettive e caratteriali che producono un'assoluta incapacità di assumere il ruolo di padre o di madre38. Il caso riportato si riferisce ad una forma più radicale d'incapacità

che incide su tutta la persona del nubente, compromettendo la possibilità di instaurazione del “totius vitae consortium” tra i coniugi.

Prendendo spunto da casi tratti dall'esperienza giudiziaria è stato ritenuto incapace di assumere le obbligazioni coniugali un soggetto affetto da ludopatia

o gioco d'azzardo patologico, una patologia che si sta sempre più diffondendo

nella vita sociale. Questa grave sindrome è stata presa in considerazione ex can. 1095 n. 3, da una sentenza pronunciata da un tribunale ecclesiastico italiano che ha osservato che essa «rende irresistibile l'impulso al gioco fino a subordinare tutto ad esso, sentimenti, norme morali, sociali, familiari, disponibilità economica».

Si è ritenuto trattarsi di una incapacità del marito a vivere gli obblighi del matrimonio, perché tutta la sua vita era diretta a soddisfare il bisogno primario del gioco d'azzardo. Le finalità del matrimonio e del progetto familiare venivano mortificate. Il condizionamento dovuto alla dipendenza del gioco fu prevalente rispetto a qualsiasi richiamo del dovere verso la moglie e il figlio39.

Per provocare l'incapacità ex canone 1095 n. 3, l'affezione psichica deve avere una diretta ripercussione sulla vita matrimoniale, non essendo sufficiente un'alterazione del comportamento nella vita sociale.

38 Sentenza rotale 28 ottobre 1983 c. Pinto.

39 Cfr. Tribunale ecclesiastico regionale etrusco, sentenza 14 maggio 2001 c. Romano inedita. Della ludopatia si è occupata anche la sentenza rotale 30 maggio 1986 c. Pinto.

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Non è stato ritenuto incapace il soggetto affetto da cleptomania, una sindrome che, come afferma una sentenza rotale provoca un'alterazione della personalità, ma è difficile sostenere che comprometta una obbligazione essenziale del matrimonio. La sentenza osserva che non si deve confondere l'immoralità e la criminalità con l'incapacità matrimoniale. Il delitto (furto, omicidio), mostra una colpevolezza morale, ma non una incapacità al consenso matrimoniale.

L'incapacità ad assumere le obbligazioni coniugali emerge nel corso della vita matrimoniale, ma deve essere precedente alla celebrazione nuziale, nel soggetto devono essere presenti, anche se in forma latente, al momento della celebrazione delle nozze, quelle anomalie e distorsioni che impediranno di far fronte agli obblighi coniugali. Si discute se l'incapacitas debba essere perpetua, non sanabile con rimedi terapeutici ordinari. La natura di questo vizio del consenso dovrebbe portare a ritenere sufficiente la sua sussistenza al momento della celebrazione del matrimonio.

In questo senso pare orientata anche la giurisprudenza rotale, che non esige un incapacità permanente e insanabile, ma la sola reale presenza al momento dello scambio del consenso, essendo il matrimonio un contratto che si perfeziona al presente tra gli sposi, sia pure con una proiezione verso il futuro.

6. Questioni dottrinali e giurisprudenziali relative al canone 1095.

6.1. L'autonomia delle tre fattispecie legali del canone 1095.

Una problematica interessante, sia sotto il profilo teorico che pratico è data dal riconoscimento dell'autonomia giuridica della fattispecie prevista nel n. 3 rispetto alle altre due ipotesi normative del canone 1095 (nn.1-2).

È possibile che si verifichi una connessione tra le tre figure di incapacità consensuale del canone 1095 a causa dei processi psichici dell'uomo, certe forme morbose possono incidere sulla personalità del nubente in modo da compromettere la capacità di intendere e di volere (n.1), o la capacità critica circa i diritti e doveri essenziali del matrimonio (n.2)40.

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