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Capitolo II L’incontro con il pastore Andrés e Juan Haldudo

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Capitolo II

L’incontro con il pastore Andrés e Juan Haldudo

Un esplicito riferimento alla giustizia sociale appare nell’episodio del giovane Andrés, il pastorello legato ad una quercia e preso a cinghiate dal suo padrone, Juan Haldudo, per aver trascurato di vigilare il gregge che gli era stato affidato per il pascolo.

[...] vio atada una yegua a una encina, y atado en otra a un muchacho, desnudo de medio cuerpo arriba, hasta de edad de quince años, que era el que las voces daba, y no sin causa, porque le estaba dando con una pretina muchos azotes un labrador de buen talle, y cada azote le acompañaba con una reprehensión y consejo. Porque decía: la lengua queda y los ojos listos. Y el muchacho respondía: no lo haré otra vez, señor mío; por la pasión de Dios, que no lo haré otra vez, y yo prometo de tener de aquí adelante más cuidado con el hato [...]1.

La crudeltà della scena è evidente. Il giustiziere don Quijote, richiamato dalle grida della vittima, non solo prende le difese del ragazzo ma ordina al proprietario delle pecore di liberarlo dai lacci con cui l’aveva legato e di pagargli un adeguato salario: «Por el sol que nos alumbra, que estoy por pasaros de parte a parte con esta lanza. Pagadle luego sin más réplica; si no, por el Dios que nos rige, que os concluya y aniquile en este punto. Desatadlo luego»2.

1 Quijote, I, IV, pag. 48 2 Ibidem, pag. 49

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Informatosi dal ragazzo di quanto gli doveva il suo padrone, dice a quest’ultimo di sborsargli la cifra sul momento, se non voleva morire. Il contadino risponde di non avere il denaro con sé, ma si dichiara disposto a consegnarlo al ragazzo a casa sua, dove lo invita ad andare con lui. Poiché questi rifiuta, temendo di essere scorticato vivo una volta giunto, don Quijote dichiarò: [...] «basta que yo se lo mande para que me tenga respeto; y con que él me lo jure por la ley de caballería que ha recibido, le dejaré ir libre y aseguraré la paga»3.

Il contadino, molto furbo, assicura a don Quijote che lo avrebbe pagato giurando sui principi della cavalleria errante: [...] por todas las órdenes que de caballerías hay en el mundo [...]4. Questa risposta costituiva per il cavaliere una grande vittoria contro l’ingiustizia, ma in realtà non era così. Infatti, non appena don Quijote si allontana, il contadino riprende a frustare Andrés con tanta violenza da lasciarlo quasi morto, a dispetto di tutti i giuramenti sulle leggi della cavalleria:

[...] Siguiole el labrador con los ojos y, cuando vio que había traspuesto el bosque y que ya no parecía, volviose a su criado Andrés y díjole: Venid acá, hijo mío, que os quiero pagar lo que os debo, como aquel desfacedor de agravios me dejó mandado. [...]le tornó a atar a la encina, donde le dio tantos azotes, que le dejó por muerto[...]5.

Don Quijote, mentre difendeva il ragazzo dai soprusi del padrone, non considerava nemmeno il prevedibile esito del suo intervento: una

3

Ibidem, pag.50

4Ibidem.

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nuova gragnuola di sferzate. Così, quando il ragazzino lo ritroverà in un’occasione successiva, inveirà contro di lui per aver aggravato la sua situazione.

De todo lo cual tiene vuestra merced la culpa, porque si se fuera su camino adelante y no viniera donde no le llamaban, ni se entremetiere en negocios ajenos, mi amo se contentara con darme una o dos docenas de azotes, y luego me soltara y pagara cuanto me debía6.

Colpisce nella risposta di Andrés la rassegnazione alla sua condizione di servo. Tale atteggiamento era proprio della maggior parte degli appartenenti ai ceti umili, che subivano tali abusi di potere.

Andrés arriva addirittura a maledire quelli che, come don Quijote, si sforzavano di ristabilire la giustizia:

Por amor de Dios, señor caballero andante, que si otra vez me encontrare, aunque vea que me hacen pedazos, no me socorra ni ayude, sino déjeme con mi desgracia, que no será tanta, que no sea mayor la que me vendrá de su ayuda de vuestra merced, a quien Dios maldiga, y a todos cuantos caballeros andantes han nacido en el mundo7.

Ogni avventura dell'ingegnoso hidalgo è associata ad un fallimento. Questo implica in alcune, come in quella di Andrés, non solo

6Quijote I, XXXI, pag. 318 7Ibidem, pag. 319

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l’inutilità del suo aiuto, ma addirittura un danno più grave, e quindi, invece della gratitudine, l’esasperazione della vittima.

Don Quijote, a dispetto della dura realtà, si crede paradossalmente un giustiziere per aver raddrizzato, ma solo a parole, il torto subito dal ragazzino, dalla cui parte, con grande tempestività, si era apertamente schierato per difenderlo dal prepotente padrone8.

Américo Castro, in El pensamiento de Cervantes, analizza il caso di Juan Haldudo sulla base della doctrina del error, all’interno della quale distingue due generi di errore. Il primo consiste: «en la falsa interpretación de una realidad física (venta- castillo; molino- gigantes; carneros- ejército, etc.,); sus resultados, en fin de cuentas, se sitúan siempre en la gama de lo cómico»9; mentre il secondo genere di errore consiste: «en la mala interpretación de una realidad moral; las consecuencias de tales errores no suelen ser cómicas, sino trágicas, y a menudo tales yerros se castigan con la muerte».10

In riferimento a questa analisi e all’episodio in questione, Castro, mette in evidenza un errore morale di don Quijote, che, lungi dal dimostrare ad Haldudo l’arbitrarietà della sua violenza, si era limitato ad imporgli di interromperla con le minacce. Infatti, Haldudo ricomincia a frustare Andrés e, come dice Cervantes: «él se partió llorando y su amo se quedó riendo».11

8 R. Alvarez Vigaray, El derecho civil en las obras de Cervantes, Editorial Comares, Granada,

1987, pag. 119

9

Américo Castro, El pensamiento de Cervantes, Editorial Crítica, Barcelona, 1987, pag. 118

10 Ibidem.

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Un altro errore morale, evidenziato da Castro, è compiuto da don Quijote allorchè non si cura di prevedere i danni che il suo intervento avrebbe inevitabilmente procurato al ragazzo.

Mas como vuestra merced le deshonró tan sin propósito […]encendiósele la cólera, y como no lo pudo vengar en vuestra merced, cuando se vio solo descargó sobre mí el nublado12.

Il risultato finale è dunque negativo per il ragazzino Andrés, il quale, povero e malridotto, rappresenta la vera vittima mentre il generoso hidalgo, in questa circostanza, non ha dovuto sopportare le conseguenze del proprio errore. Si tratta però dell’unico caso simile13

. In ogni caso l’intervento di don Quijote rappresenta un atto di rivendicazione sociale. Lo vediamo infatti predicare contro l’abuso di potere e agire in difesa del rispetto della dignità e della libertà umana. Tuttavia, sottolinea Roberto González Echevarría: ‹‹la justicia impartida por don Quijote no se acomoda a la situación del momento y, de hecho, lo lleva a cometer un delito. La ironia no solo está en la ineficacia de don Quijote, sino también en el hecho de que sus acciones al hacer justicia son, en sí mismas, delictivas y punibles por la ley››14.

Don Quijote, in effetti, si fa portavoce di un’ideale che trae origine, come si è accennato, dai principi dell’ordinamento cavalleresco, ma la realtà con cui si scontra è la Spagna del suo tempo. Con

12

Quijote, I, XXXI, pag. 318

13 Américo Castro, Op, Cit., pag. 119

14 Echevarría González Roberto, Amor y ley en Cervantes, Editorial Gredos, S.A. Madrid,

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l’espediente della pazzia del personaggio, Cervantes riporta in vita nella Spagna monarchica del XVII secolo l’ordinamento della cavalleria, che giustappone e spesso contrappone a quello dello Stato.

Il castigo inflitto ad Andrés era permesso in quell’epoca, infatti non è Haldudo che viola la legge, ma don Quijote, poichè con il suo intervento priva il padrone del diritto di imporre la sua legittima autorità al servo15. E il romanzo è ricco di episodi analoghi, nei quali la visione individualista e libertaria della giustizia porta il temerario hidalgo ad attaccare i poteri, le leggi e le usanze consolidate in nome di quello che, per lui, è un superiore imperativo morale16.

Mario Vargas Llosa spiega la liberazione del ragazzino sostenendo che Don Quijote non ha nessun timore ad affrontare l'autorità e a sfidare le leggi quando queste contrastano con il suo concetto di giustizia e di libertà17. Don Quijote è totalmente pervaso di fedeltà a un ideale, per il quale è pronto a sottoporsi ad ogni possibile privazione, ad immolare la propria vita, che apprezza solo in quanto essa può costituire un mezzo di espressione concreta dell’ideale stesso, di affermazione della verità e della giustizia sulla terra.

In questo episodio constatiamo l’assenza della giustizia regia. Fatti simili a quelli del malcapitato Andrés avvenivano di norma alla luce el giorno, perché essa non li reprimeva. C’è però un problema di giustizia morale e sociale: un giovane, povero e indifeso può essere picchiato tranquillamente. Chiaramente questa non è neanche una logica

15

Ibidem.

16 Mario Vargas Llosa,“Una novela de hombres libres”, in Don Quijote de la Mancha,ed. Rico,

cit., pag. XX

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evangelica. È possibile quindi individuare le tre forme di giustizia, di cui abbiamo parlato poc’anzi, per presenza o per assenza.

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