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1.1.

LA CONQUISTA FRANCESE DELLA NOUVELLE CYTHÈRE

Il viaggio di Louis-Antoine de Bougainville ebbe luogo tra il 1766 e il l769 e la sua impresa si svolse praticamente in concomitanza con quella intrapresa da Wallis e Carteret ideatori di un viaggio intorno al mondo che si prefigge in fondo, come quello di Byron in precedenza, gli stessi scopi della spedizione francese. Le due navi, la fregata Dolphin capitanata da Wallis e la Swallow da Carteret, navigano sulle acque del Pacifico nei primi mesi del 1767; un anno dopo li raggiunsero la Boudeuse e l’Étoile agli ordini del comandante Bougainville. Inglesi e francesi, dunque, ancora una volta inconsapevolmente in lizza e competizione per lo stesso progetto. La particolare esperienza, che vide per tre anni il navigatore francese padrone dei mari del Sud, ebbe presto vasta risonanza, nonostante che la relazione ufficiale di viaggio non comparse prima del maggio 1771. Il Voyage, che destò sin da subito molta curiosità tra i salotti parigini, fu soprattutto oggetto di grande interesse per la sezione riguardante l’esplorazione dell’Isola di Tahiti1.

Il 20 luglio del 1769, appaiono in Francia dei Feuilles Détachées dal titolo: Relation

de la découverte que vient de faire Mr. de Bougainville, d’une Isle qu’il a nommé la «Nouvelle Cythère». Tale documento dimostra come l’eco della spedizione del navigatore

francese si sia diffusa ampiamente in tutta Europa e come l’interesse per il mito tahitiano dell’isola felice si sia originato molto prima della pubblicazione del Voyage autour du

monde. Si tratta di voci divulgate attraverso gazzette o nouvelles à la main2, feuilles détachées, come la già citata Relation tradotta, tra l’altro, anche in italiano3, nonché

1 Gianluigi Goggi, op. cit., p. 78.

2 Cfr. J.-E. Martin Allanic, Bougainville navigateur, t. II, p. 890 segg.

3 Cfr. News from New Cythera; a Report of Bougainville’s Voyage, 1766-1769, edited by L.-D. Hammond,

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attraverso articoli come quello del naturalista Commerson apparso su Le Mercure de France dell’autunno 1769, in cui viene presentata la scoperta della nuova isola dedita al culto dell’amore4.

Sin dal 1770, infatti, circolano alcune opere dedicate interamente alla Nouvelle

Cythère: risalente alla prima metà del 1770 è la pubblicazione di Le sauvage de Tahiti di

Bricaire de la Dixmerie. Il viaggio del celebre navigatore, quindi, non era stato ancora pubblicato che già un anno prima si diffondevano svariate versioni e traduzioni contenenti i primi, sommari, resoconti del viaggio. Sollecitato dalla lettura di quel feuille detachée, anche il frate forlivese, Pier Maria Ghini, redige nel 1770 un breve poemetto per nozze, in quattro canti: La Nuova Citerea scoperta dal comandante Signor Bougainville.

Tahiti, quindi, diviene il centro delle conversazioni e delle attenzioni di molti, e tutti, inoltre, erano impazienti di vedere e fare la conoscenza del buon selvaggio Aouturou che Bougainville portò con sé durante il viaggio di ritorno a Parigi. Nel corso di quegli anni, dunque, scoppia una vera e propria moda per il mito tahitiano dell’isola felice, che darà nuovo lustro alle immagini utopiche del passato. Le rappresentazioni che hanno fornito esploratori come Bougainville e Cook dell’isola di Tahiti, sono il frutto di considerazioni diverse: risulta interessante, quindi, un confronto tra le differenti descrizioni offerte dai due navigatori a proposito dell’organizzazione sociale tahitiana poiché essi sono stati probabilmente i due principali personaggi a essersi meglio cimentati nell’ardua operazione di esplorazione, conquista e integrazione con un popolo e una cultura totalmente nuovi ai loro occhi.

4Cfr. Martin Allanic, Bougainville navigateur, t. II, p.892. Bougainville et ses compagnons autour du monde,

1766-69. Journaux de navigation établis et commentés par Étienne Taillemite, Paris, Imprimerie Nationale, 1977, 2 voll.

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Ma la fortuna del viaggio, narrato dal navigatore francese in maniera molto lineare, risiede nell’aver introdotto il mito dell’isola felice, dell’umanità incorrotta, primordiale, e del miraggio dello stato edenico di natura, tutti topos che appaiono piuttosto seducenti e intriganti per il lettore settecentesco. In pieno secolo dei Lumi la fantasia indulge ancora a vecchi archetipi di stampo scarsamente razionale, e anzi li idoleggia, li incoraggia, li esalta sull’onda dell’ideologia rousseauiana dell’état de nature. La spedizione di Bougainville, del resto, nasce con degli scopi concreti ben precisi, non congetture astratte o romantiche

rêveries, ma più che altro esplorare, espandere e arricchire il mappamondo di nuove scoperte

nonché mettere in pratica una politica di revanche nei confronti della grande potenza inglese ormai signora incontestata dei mari.

Nell’ Histoire des Nouvelles Découvertes fait dans la mer du Sud, a proposito dell’esplorazione della King George’s Island, così definita dal suo scopritore Wallis, Fréville afferma:

Il est le premier qui ait découvert cette Isle, devenue depuis un objet de la plus grande curiosité, par la grande description qu’on en trouve dans le Voyage autour du Monde de M. de Bougainville, qui a rêlaché sur cette terre, où il a passé neuf jours & plus particulièrement encore, par la relation de M. Cook, qui dans le Voyage extraordinaire qu’on ait jamais entrepris, a demeuré trois mois dans cette Isle, pour y attendre le passage de Vénus, sur le disque du Soleil, vivant dans la plus parfaite intimité avec les naturels. On verra bien-tôt quel les lumières qu’il a publiées sur ce beau pays & les habitants ne laissent rien à desirer5.

5 A.- F.- J. Fréville, Histoire des Nouvelles Découvertes fait dans la Mer du Sud en 1767, 1768, 1769 & 1777

Paris:Chez de Hansy le jeune, 1774. Il presente volume è stato consultato in formato elettronico: (ultimo accesso: 07/08/14).

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Il sogno di De Brosses, quindi, si avvera grazie alla risolutiva lungimiranza di re Luigi XV e alla maestranza di Louis-Antoine de Bougainville, comandante della Boudeuse e dell’Étoile. La scoperta più importante che Wallis e Bougainville compirono a soli dieci mesi di distanza l’uno dall’altro fu il bellissimo territorio di Tahiti, la perla della Polinesia e, sono infatti, proprio le pagine dedicate alla Nouvelle Cythère ad attirare maggiormente l’attenzione del pubblico. I capitoli tahitiani che appariranno come idilliaca idealizzazione di uno stato edenico di natura e come trascrizione di un sogno sensuale e arcadico, si rivelano essere in realtà, intessuti di ambiguità e oscillazioni.

Non c’è da ignorare e sottovalutare, ai fini di una migliore comprensione del pensiero bougainvilliano, l’importante aspetto della disparità del registro di scrittura che si riscontra tra il Journal de navigation, e il testo definitivo del Voyage autour du Monde par la Frégate

du Roi, la Boudeuse et la flûte L’Étoile. A tal proposito, il confronto tra queste testimonianze,

mette in luce non poche incongruenze e contraddizioni che vanno a complicare l’apparente limpida atmosfera del testo di Bougainville.

Nella seconda parte dell’ultimo dei capitoli dedicati a Tahiti, Bougainville giunge addirittura a mettere in forte dubbio l’immagine originaria che egli si era creato dell’isola: il

bonheur comunitario e selvaggio inizialmente accreditato a quei luoghi, viene negato:

J’ai dit plus haut que les habitants de Taiti nous avaient paru vivre dans un bonheur digne d’envie. Nous les avions cru presque égaux entre eux, ou du moins jouissant d’une liberté qui n’était soumise qu’aux lois établies pour le bonheur de tous. Je me trompais ; la distinction des rangs est fort marquée à Taiti, et la disproportion cruelle. Les rois et les

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grands ont droit de vie et de mort sur leurs esclaves et valets ; je serais même tenté de croire qu’ils ont aussi ce droit barbare sur les gens du peuple qu’ils nomment Tata-einou, hommes

vils ; toujours est-il sûr que c’est dans cette classe infortunée qu’on prend les victimes pour

les sacrifices humains6.

Tali ripensamenti sono inoltre il frutto del lungo colloquio che il navigatore francese ebbe modo di effettuare con il selvaggio Aotourou durante il suo viaggio di ritorno in Francia. Di primo acchito, ciò che stupisce il lettore in seguito all’ incontro con il testo del

Voyage, è proprio la poca compattezza che emerge a livello di organizzazione tematica:

Bougainville frena e indietreggia su alcuni principi riguardanti la Nouvelle Cythère, ma ciò che desta stupore è il perché egli abbia lasciato comunque sopravvivere nella relazione di viaggio la prima fase della sua scrittura. Ciò che è interessante capire è la ragione delle contraddizioni che si ritrovano nel testo bougainvilliano, il perché egli sia portato ad utilizzare diversi codici culturali che accentuano prepotentemente la particolarità illusoria dell’isola polinesiana, ma soprattutto il motivo per il quale, in un secondo momento, egli sottoponga l’immagine da lui stesso costituita in precedenza nel testo, ad una sorta di processo di scissione a metà tra mito e realtà. È infatti bizzarro come un navigatore così razionale e prudente quale Louis-Antoine de Bougainville arrivi a dar tanto credo al mirage

tahitien dell’isola perfetta e felice. D’altronde, la posizione di Bougainville nei confronti dei

selvaggi è molto ambigua: egli è stuzzicato dalla loro unicità e particolarità sin dal soggiorno effettuato in Canada durante la guerra dei Sette anni, ma non è certo tale ragione a fare di Bougainville un sostenitore della corrente primitivistica di Rousseau. L’obiettivo principale

6 L.-A. Bougainville, Voyage autour du monde par la frégate du Roi La Boudeuse et la Flûte l’Étoile, édition

présentée, établie et annotée par J. Proust, Paris, Gallimard, 1982, p. 267. Proust riproduce il testo della prima edizione del Voyage (Paris, chez Saillant et Nyon, 1771).

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di Bougainville, non è quello di contribuire a divulgare l’ideologia rousseauiana e in particolare il mito del bon sauvage tanto in voga nel Settecento ma d’altra parte il navigatore francese non vuole neppure porsi in completa antitesi con il famoso philosophe. Nelle pagine del Voyage, la divergenza con Rousseau è ben documentata, e al ginevrino, infatti, è indirizzato in maniera velata l’incipit del Discours préliminaire al Voyage autour du monde:

Je suis voyageur et marin ; c’est-à-dire un menteur, et un imbécile aux yeux de cette classe d’écrivains paresseux et superbes qui, dans les ombres de leur cabinet, philosophent à perte de vue sur le monde et ses habitants, et soumettent impérieusement la nature à leurs imaginations. Procédé bien singulier, bien inconcevable de la part de gens qui, n’ayant rien observé par eux-mêmes, n’écrivent, ne dogmatisent que d’après des observations empruntées de ces mêmes voyageurs auxquels ils refusent la faculté de voir et de penser7.

Il passo appena citato potrebbe essere una reazione di Bougainville alla nota X del

Discours sur l’origine de l’inégalité parmi les hommes di Jean-Jacques Rousseau dove egli

lamentava l’imprecisione e la scarsa accuratezza di molti racconti di viaggio:

J’ai peine à concevoir comment dans un siècle où l’on se pique de belles connaissances il ne se trouve pas deux hommes bien unis, riches, l’un en argent, l’autre en genie, tout deux amant la glorie & aspirant à l’immortalité, dont l’un sacrifice vingt mille

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écus de son bien & l’autre dix ans de sa vie à un célèbre voyage autour du monde ; pour y étudier, non toujours des pierres et des plantes, mais une fois les hommes et les mœurs8.

Inoltre, nel passaggio dal Journal de navigation al Voyage vero e proprio, il dibattito contro la teoria dell’état de nature di Rousseau evidenzia un salto di livello9, e cioè dal registro del vedere, dell’esperienza empirica, del controllare, del tangibile, si passa al registro della concezione generale e filosofica. Questo slittamento è fondamentale per provare a interpretare l’importante indietreggiamento di Bougainville durante la stesura del

Voyage autour du monde. Il Journal, inoltre, viene sottoposto ad un vero e proprio processo

in cui l’esperienza visiva viene sottomessa a una demolizione che porta all’emergere della realtà più profonda, circoscritta nei termini di una concezione più generale. Si tratta di un movimento che da un lato, può mettere ancora una volta in luce ciò che l’esperienza concreta aveva registrato, ma che può dall’altro, arrivare a capovolgere i risultati acquisiti. Varianti tra la prima e la seconda edizione del Voyage, testimoniano come il registro del vedere sia costantemente ritoccato da Bougainville, negli episodi riguardanti la taglia dei giganti patagoni, infatti, si può notare il passaggio da affermazioni quali hanno di gigantesco a mi è

parso di gigantesco10. Anche il naturalista Commerson, ad esempio, sarà costretto a

ricredersi e a sfatare il mito dei giganti:

8 Jean-Jacques Rousseau, Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes.

Il presente volume è stato consultato in formato elettronico al seguente indirizzo: https://archive.org/details/discourssurlori01rousgoog (ultimo accesso: 07/09/2014).

9 G. Goggi, op. cit., p. 79-81.

10Cfr. Voyage autour du monde, éd. Critique par Michel Bideaux et Sonia Faessel, Paris, PUPS, 2011, p. 156.

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Ne trouvez-vous pas bien singulier qu’on ne veuille pas revenir de cette erreur ? Ce qui m’étonne sur-tout, c’est de voir que des gens que j’aurois pris à témoins du contraire, en leur supposant quelque amour pour la vérité, sont ceux qui ont voulu donner croyance à cette opinion absurde. Ils ne craignent point d’assurer qu’ils ont vu, au droit de Magellan, des hommes de neuf pieds. Mais j’ai vu, comme eux, ces mêmes Patagons ; je me suis trouvé au milieu de plus de cent, sur la fin du mil sept cent soixante-neuf, avec M. de Bougainville & M. le Prince de Nassau, que j’accompagnai à la descente qu’on fit à la baie Boucault : je puis certifier qu’ils sont communément de cinq pieds six à huit pouces. J’en ai bien peut vu qui excédassent cette taille, mais aucun qui passât six pieds quatre pouces. Il faut qu’il y a bien loin de là à cette prétendue taille gigantesque que leur donnent quelques voyageurs. On recrutera de tels hommes quand on voudra, en Franche- Comté, en Suisse & en Allemagne, & on assure que le Roi de Prusse en a eu des compagnies entieres dans ses armés11.

Il ripensamento di Commerson riguardante la taglia dei Patagoni, è facilmente reperibile all’interno dell’interessante Supplément di M. De Fréville. Non è necessario, quindi, consultare il testo di Buffon, come afferma sbadatamente Lionello Sozzi12, poiché lo scritto del botanista non è frutto di una stesura postuma al Voyage autour du Monde.

I primi capitoli della seconde partie della relazione bougainvilliana, invece, quelli consacrati all’idillio dell’isola di Tahiti, sono praticamente impregnati di cultura greco-latina: il momento in cui la giovane fanciulla si sveste sulla Boudeuse dinanzi ai marinai è stata comparata alla Venere denudata. Anche il Journal è sostanzialmente ricco di elementi

11Cfr, Fréville, Supplément au voyage de M. de Bougainville ; ou Journal d’un voyage autour du Monde. Paris,

1772, Saillant et Nyon, pp. 265-267. Il presente volume è stato consultato in formato elettronico (ultimo accesso: 30/09/2014).

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e riferimenti che rimandano a Virgilio e Tacito. Inoltre, quando Bougainville parla dei selvaggi, delle loro abitudini alimentari, del loro aspetto fisico, evidenti sono i richiami al Ciclope della leggenda di Virgilio: «un œil auquel il avait un mal fort apparent»13. Anche l’epigrafe del terzo capitolo è ripresa dal libro VI dell’Eneide, «Nous habitons des bois ombreux, nous nous couchons sur le gazon de ces rives, et nous vivons dans de fraîches prairies que des ruisseaux arrosent»14. Dunque, Bougainville paragona la pianura verde che attraversa, al giardino dell’Eden, richiamando così la descrizione del paese delle ombre di Virgilio. Nasce spontaneo chiedersi se questi richiami abbiano un significato filosofico. Certamente, poiché Bougainville in realtà sogna un’età dell’oro che, però, è in contrasto con il secolo in cui vive. Le sue idee sono evidentemente diverse rispetto a quelle dominanti nell’Illuminismo. Tutto ciò vuole forse essere una sottolineatura della propria partecipazione alle discussioni tra utopia e realtà tanto dibattute negli anni Settanta in Francia.

La polemica contro l’esaltazione dello stato di natura, è presente anche nel Journal dove il nome di Rousseau viene apertamente chiamato in causa. Nel diario di bordo, però, la disputa è affidata al registro del vedere, e a tutto ciò che è prova tangibile, in opposizione quindi ai sistemi puramente astratti tipici delle teorie filosofiche.

Al contrario, nel Voyage autour du monde, il discorso prende avvio dapprima mettendo in evidenza i dibattiti tra «état de nature» et «état civilisé»: la «matrise de soi» nell’individuo selvaggio non riesce a equilibrare «la privation de ce qui rend la vie

commode» in cui egli si trova costretto a vivere la propria esistenza. Solo successivamente

vengono affrontate anche le argomentazioni filosofiche sull’origine della società dalla famiglia e sui dibattiti e conflitti che insorgono anche all’interno dei nuclei sociali più

13Cfr. Voyage, ed. Proust, p. 163. 14Ibidem, p. 247.

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dimensionati. Lionello Sozzi, fa notare come l’argomentazione bougainvilliana in alcuni tratti segua i versi de Le Mondain di Voltaire, soprattutto per la parte riguardante «l’état de

pure nature» che va a coincidere con la descrizione fornitaci nel Voyage a proposito

dell’episodio riguardante i Pécherais. Non è comunque improbabile che in quel particolare punto, Bouganville si rifaccia anche alla Fable of the Bees di Bernard de Mandeville. Alla luce di ciò potrebbero spiegarsi le righe riguardanti le lotte di dominio che si sviluppano in società persino all’interno di piccoli nuclei familiari:

Ces Pécherais forment aussi la société d'hommes la moins nombreuse que j'aie rencontrée dans toutes les parties du monde ; cependant, comme on en verra la preuve un peu plus bas, on trouve parmi eux des charlatans. C'est que, dès qu'il y a ensemble plus d'une famille, et j'entends par famille père, mère et enfants, les intérêts deviennent compliqués, les individus veulent dominer ou par la force ou par l'imposture. Le nom de famille se change en celui de société, et fût-elle établie au milieu des bois, ne fût-elle composée que de cousins germains, un esprit attentif y découvrira le germe de tous les vices auxquels les hommes rassemblés en nations ont, en se poliçant, donné des noms, vices qui font naître, mouvoir et tomber les plus grands empires. Il s'ensuit du même principe que dans les sociétés, dites policées, naissent des vertus dont les hommes, voisins encore de l'état de nature, ne sont pas susceptibles15.

Nel sesto dialogo della Favola delle api, viene sviluppato il topos delle virtù che nascono nello stato sociale ma che di fatto sono ignorate nello stato di natura: «My business is to demonstrate to you, that the good qualities men compliment our nature and the whole

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species with, are the result of art and education».16 È curioso chiedersi il perché Bougainville si ricolleghi a Mandeville all’interno del suo testo. Il poemetto, più volte integrato e modificato fino alla definitiva versione del 1729, risente delle idee libertine che si stavano sviluppando in Europa, e vuole rappresentare la critica di una società ipocrita, avviata allo sviluppo industriale, la quale intende presentarsi come virtuosa nascondendo i propri vizi, che paradossalmente, sono vitali per il benessere collettivo della comunità. Mandeville, sostiene che il soddisfacimento dei vizi agevoli a rendere prospera la società poiché essi fomentano lo sviluppo dei consumi tra le classi più agiate, quindi aiutano a far circolare il benessere e di conseguenza incrementano la richiesta di lavoro per le classi meno abbienti. Breve ed estremamente semplice da leggere, The Fable of the Bees rappresenta un’articolata immagine sul costume e sulla morale della società. I vizi e le imperfezioni umane sommate alle intemperie ambientali, spingono l’uomo stesso all’evoluzione biologica: proprio perché pungolato dall’amor proprio, egli organizza al meglio la sopravvivenza terrena e le sue passioni producono finalità e comportamenti la cui utilità pubblica è innegabile, quelli che sono vizi sul piano privato diventano virtù su quello pubblico. L’argomento di tale apologo narra di un alveare in tutto e per tutto simile alla società umana, nel quale infieriscono l’avarizia, l’ingiustizia, la vanità e l’ozio. In seguito alle preghiere delle api, il padre degli Dei, Giove, rende questo piccolo mondo, perfetto e regolato ma esso ben presto deperisce e le api soccombono davanti alle operaie di un altro alveare molto meno virtuose.

Agli utopisti che anelano ad una società di eguali, in cui ogni rivalità sparisce e che trova la sua armonia nell’identità delle volontà, Mandeville, oppone la propria, fatta di tensioni, diversità, forze antagoniste che in definitiva si equilibrano. Ai suoi occhi, l’utopia,

16 B. Mandeville, The Fable of the Bees: or Private Vices, Publick Benefits, with a commentary critical,

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facendo buon mercato della dinamica umana e sociale, mutila l’uomo. Il suo è certamente un assalto contro l’ottimismo utopico dell’Illuminismo e la morale che se ne ricava è: «Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligare l’uomo a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa». Mandeville non solo è citato apertamente nel Second Discours di Rousseau, ma nella nota IX dell’opera, dove egli svolge il dibattito tra «état de l’homme civil» e «état de l’homme sauvage», il riferimento polemico al Search into the Nature of Society mandevilliano è altrettanto sicuro; si arriva alla conclusione che Bougainville ha voluto contrapporre in maniera trasparente al primitivismo rousseauiano l’ideologia ad esso antitetica, che lo stesso ginevrino aveva discusso criticamente17.

Anzi si potrebbe affermare che lo scopo di Antoine de Bougainville, sia proprio quello di confermare attraverso la sua esperienza di navigatore, la concezione filosofica della società selvaggia cui Rousseau si era contrapposto. Nel passaggio dal Journal al Voyage si ha un ulteriore slittamento di registro, dall’esperienza del vedere, al registro della concezione generale e filosofica, si verifica a proposito di un’altra utopia, quella delle riduzioni dei Gesuiti. Bougainville si confronta con l’utopia delle missioni gesuitiche in Paraguay, le quali intendono rendere la vita degli indigeni, sedentaria e priva di ogni forma di bonheur. Le riduzioni, quindi, sembrerebbero raffigurare la veste del mito della società idilliaca, ma in realtà esse sono gestite in maniera molto autoritaria e imperativa.

Il navigatore francese, si trova ad assistere alla cacciata dei Gesuiti dalla Spagna e dal Portogallo proprio a causa delle loro azioni in Sud America e, per tale ragione, egli assume una posizione fortemente critica. È proprio in relazione a tutto ciò che nel Voyage

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autour du monde si constata una precisazione fondamentale che va ad investire il registro

del vedere. Nel capitolo VII della première partie del Voyage, si parla, in un particolare passo, di gouvernement magique: tale espressione viene usata ai fini di una rappresentazione utopica come immagine perfetta di organizzazione, frutto in realtà di un’illusione ottica deformante18.

Il comandante francese cercherà di allontanarsi dalla missione utopica in seguito alla correzione della propria ottica e lo strumento del vedere è fondamentale per questa messa a fuoco, Bougainville, infatti, sembra recepire le distanze del dibattito anti utopico aprendosi a nuove istanze ma non riesce ad andare fino in fondo. Il navigatore offre comunque una visione scissa: il bagliore iniziale dominato da clichés viene successivamente oscurato da una nuova prospettiva; il suo atteggiamento è ad ogni modo diverso dalla posizione netta e sferzante dell’abate Galiani che dipinge i racconti bougainvilliani come vere e proprie fantasie; secondo l’abate, infatti, non esiste una società diversa dalla nostra.

Nell’ Huitieme dialogue presente all’interno dei Dialogues sur les commerces des

Bleds19 di Galini, pubblicati nel 1769, uno degli interlocutori dell’opera, il Président, critica l’entusiasmo e la gaieté in politica dello Chevalier, portavoce dello stesso abate. Vi è un riferimento all’ottica del vedere: è questa la novità, quello che cambia è la modalità con cui si guardano le cose e non tanto ciò che si vede in sé per sé.

Galiani, inoltre, riprende le formulazioni di Niccolò Machiavelli ne Il Principe20, egli si aggancia al realismo machiavelliano per contrastarne l’entusiasmo utopico poiché le idee

18 Cfr. Voyage, ed. Proust, p. 133.

19Cfr. F. Galiani, Dialogues sur le commerce des bleds, Londres, 1769. Il presente volume è stato consultato

in formato elettronico (ultimo accesso: 05/12/2014).

20Cfr. Niccolò Machiavelli, Il Principe, nuova edizione a cura di Giorgio Inglese, Torino, Einaudi, 1995, p.

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di Machiavelli escludono qualsiasi strada che diriga verso il concetto di utopia e, l’abate, soprattutto nel suo dialogo conclusivo, ne fa un importante tesoro. Nella lettera che Galiani scrisse al primo ministro di Napoli Tanucci nel 1769, circa il ritorno in territorio francese del navigatore Bougainville, si discute in maniera discorde di alcuni punti riguardanti la

Nouvelle Cythère, così battezzata da Antoine de Bougainville: «Quel Bougainville, ebreo di

isole, che vende roba vecchia per nuova dice di aver trovato nel Sud la repubblica di Platone. Un paese dove le donne sono in comune, e dove mai risse, mai guerre, e la taeterrima belli

causa è istrumento di pace. Credat Iudeus Apella»21.

Le parole oraziane non vengono utilizzate a caso dall’abate Galiani, e soprattutto non devono trarre in inganno poiché sono impiegate come mero espediente critico, esse hanno una precisa collocazione e rimandano ad una serie di versi in cui Orazio espone la propria concezione dello stato di natura e dell’origine della società. Viene citata anche la Repubblica di Platone22 per far riferimento al sesso femminile come causa principale dei conflitti in società.

21Cfr. B. Tanucci, Lettere a Ferdinando Galiani, a cura di F. Nicolini, Bari, 1914, t. II p. 339. La lettera è

stampata senza data anche in Lettere di Ferdinando Galiani al marchese Bernardo Tanucci, a cura di A. Bazzoni, Firenze, Vieusseux, 1880, pp. 218-219. Riportiamo per intero il brano della lettera riguardante Bougainville: «Quel Bougainville ebreo di isole, che vende roba vecchia per nuova, di aver trovata nel sud la repubblica di Platone. Un paese dove sono le donne in comune, e dove mai risse, mai guerre e la teterrima belli

causa ivi è istrumento di pace. Credat Iudeus Apella. Il mio sospetto è che Bougainville sia stato mandato

dietro le tracce del Byron Inglese a vedere se era farina o vrenna quel che colui diceva, e che il risultato sia che non bisogna pigliarsene alcuna pena. Per colorire forse si è fatto sembianza che le due fregate siano state armate a spese di privati, ma un Principe di Nassau non fa il giro del mondo servendo mercantuoli temerari. Aggiungo a questo indizio l’altro, che il Duca di Choiseul mostra gran disprezzo, e mette in canzone questo viaggio e queste scoperte. Ben fatto. Gl’Inglesi non avranno motivo di gelosia, e intanto si conosce che era chimerica quella che hanno voluta dar alla Spagna con quel loro porto Egmont, e isole nuove e giganti Patagoni: tutto era voglia di scippare per fas et nefas quel riscatto di Maniglia».

22Repubblica è l’opera del filosofo greco Platone scritta tra il 390 e il 360 a.c. L’oggetto del dialogo, cui

prendono parte Socrate, Glaucone, Polemarco, Adimanto, Cefalo e Trasimaco, è la perfetta organizzazione politica e sociale di una comunità. L’assunto fondamentale della disamina platonica è la necessità che a governare siano i filosofi. Governare, precisa Platone, non è ovviamente, facile: si tratta di comprendere il bene collettivo e tradurlo in leggi e atti politici opportuni.Platone prova a descrivere all’interno del dialogo il suo modello ideale di stato. La comunità dovrà essere suddivisa in tre classi: governanti, guerrieri e cittadini-lavoratori. Sarà unito e giusto lo stato nel quale ogni individuo attenda al compito che gli è deputato e abbia quel che gli spetta. I doveri in una comunità sono tanti: l’importante è che ognuno scelga il più adatto alla propria costituzione caratteriale e vi si dedichi. L’appartenenza ad una o ad un’altra classe è dettata, nello stato

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Il Galiani, nella lettera al Tanucci, evoca, inoltre, il principio dello stato di natura come elemento di conflitto basato su delle situazioni che spingono l’uomo a reagire e a combattere con i suoi simili. Ad una concezione edenica dello stato di natura, o della società selvaggia divulgata da Bougainville e dai suoi compagnons, e più precisamente a un’ideologia basata sulla nudità dei selvaggi secondo i principi divulgati nella cultura sei-settecentesca, si contrappone quella galianea, di ascendenza epicureo-hobbesiana.

Probabilmente Galiani, dà uno sguardo anche alla Scienza nuova di Giovambattista Vico pubblicata nel 1740. Ne consegue la non accettazione da parte dell’abate Galiani di qualsiasi forma di utopia, pertanto Bougainville, per l’abate napoletano, non fa altro che spacciare «roba vecchia per nuova» utilizzando vecchi miti e archetipi già impiegati in precedenza. In una fase iniziale, dunque, il rapporto a distanza tra Antoine de Bougainville e l’abate Ferdinando Galiani, vede le due personalità molto lontane, non solo geograficamente, ma soprattutto per distanza di opinioni e pensiero.

In uno dei capitoli del Voyage, notiamo la ripresa da parte del navigatore francese, di un’istanza sostenuta da Galiani. La diatriba sembra concludersi sebbene essa non riguardasse la medesima argomentazione: nella lettera dell’abate Galiani al politico Tanucci, la critica nei confronti di Bouganville concerneva direttamente il topos dell’utopia tahitiana, mentre nell’altro caso essa discuteva le questioni riguardanti le riduzioni gesuitiche. Ad ogni modo, essa ha un ruolo significativo poiché risulta utile per comprendere la sensibilità di Bougainville nei confronti dei temi del dibattito politico contemporaneo e per le

platonico, da fatti antropologico-psicologici, cioè dalla prevalenza nella psyché del singolo della parte razionale (governanti), concupiscibile (lavoratori) o irascibile (guerrieri), ovvero dalle qualità individuali. Ecco perché in Platone non si può parlare di caste, ma si deve parlare di classi: una certa mobilità sociale è ammessa. Nel caso che il figlio di un governante non somigli al padre, sarà retrocesso in un’altra classe.

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trasformazioni che avvengono tra il diario di bordo e il testo manoscritto vero e proprio. L’influenza galianea, sposta di livello il discorso bougainvilliano: dalla pura immediatezza del vedere, la precisazione metodologica fornita da Galiani, permette di passare a una realtà stabilita in termini più generali, di realismo machiavelliano. Diderot, invece, come si avrà modo di costatare in seguito nel Supplément au Voyage de Bougainville, decide di rappresentare il mito della società naturale in cui l’esistenza di una realtà altra è possibile, egli addirittura arriverà ad estremizzare la propria visione.

Nel III capitolo della seconda parte del Voyage bougainvilliano, redatto molto probabilmente a posteriori in seguito alla lunga conversazione con Aotourou, si va a correggere l’assetto di alcuni principi della vita tahitiana come la religione, i costumi rivelatisi cruenti e le disuguaglianze a livello sociale, tutti aspetti che nel II capitolo della relazione di viaggio sono dipinti con un fare piuttosto idilliaco. Ma la questione più delicata e astrusa da definire è quella dell’utopia tahitiana, la cosiddetta isola felice.

Tra la fine del 1767 e il principio del 1768, le due navi di Bougainville, si lasciano alle spalle le difficoltà e le peripezie incontrate nello stretto di Magellano per avventurarsi in direzione del Pacifico. Se dall’isola di Lancieri e dall’isola dell’Arpa i comportamenti degli indigeni avevano un fare alquanto minaccioso e restìo, spingendo le truppe francesi sempre più a largo con delle lunghissime lance, al contrario l’atteggiamento del popolo tahitiano fu totalmente differente; tra la notte del tre e quattro aprile i navigatori francesi vennero accolti a braccia aperte da quel singolare popolo, e Bougainville, insieme ai suoi compagni di avventura, non poteva non pensare che quello in questione fosse stato il raggiungimento della terra australe da essi stessi tanto agognata e desiderata.

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L’isola aveva agli occhi della truppa, le sembianze di un paradiso terrestre irresistibilmente affascinante e seducente.

A mesure que nous avions approché la terre, les insulaires avaient environné les navires. L’affluence des pirogues fut si grande autour des vaisseaux, que nous eûmes beaucoup de peine à nous amarrer au milieu de la foule et du bruit. Tous venaient en criant

tayo, qui veut dire ami, et en nous donnant mille témoignages d’amitié ; tous demandaient

des clous et des pendants d’oreilles23.

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