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Capitolo 3: Le Risorse Umane nei processi di internazionalizzazione

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Capitolo 3: Le Risorse Umane nei processi di internazionalizzazione

3.1 La rilevanza strategica del fattore umano nello sviluppo internazionale delle imprese.

Per un’impresa che decide di intraprendere un percorso di

internazionalizzazione è fondamentale definire ed implementare le politiche di gestione di risorse umane ed allinearle con la strategia di crescita.

Il capitale umano a partire dalla fine degli anni ottanta è stato identificato come una componente fondamentale per il conseguimento del vantaggio competitivo, sia per le imprese operanti in contesti labour intensive, capital intensive o dei servizi.

Con il termine capitale umano si fa riferimento alle conoscenze, esperienze, capacità e competenze che gli individui detengono e mettono a disposizione dell’impresa in cambio di una remunerazione e non solo.

Infatti, l’individuo scambia il suo patrimonio di conoscenza con tutti i fattori che incidono positivamente sul suo “bilancio psicologico”, ad esempio

percorsi di carriera, formazione, esperienza, acquisizione di cultura di impresa. Le imprese devono necessariamente confrontarsi con le tematiche di gestione del personale e l’adozione di modelli globali e/o transnazionali rende ancora più critica la gestione del capitale umano.

Dalle evidenze empiriche emerge che l’implementazione delle strategie di internazionalizzazione passa attraverso la ricerca di un equilibrio tra i sistemi di

governance , solidi valori, e politica di gestione delle risorse umane che

prevedano un sistema di motivazioni- incentivazioni in linea con le traiettorie di sviluppo dettati dai piani strategici.

L’uomo per l’azienda rappresenta la risorsa più preziosa e più deperibile, è il fattore determinante per il successo dell’impresa ed il conseguimento degli obiettivi aziendali in un’ottica di efficacia ed efficienza.

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Si evince che il problema principale nella gestione delle risorse umane, in

un’azione improntata secondo il criterio convenienza economica, passi attraverso una sinergica integrazione a livello organizzativo.

L’evoluzione tecnologica, l’organizzazione del lavoro, i contenuti delle mansioni sono tutti elementi in continua evoluzione, con un raggio d’azione che determina interrelazioni reciproche.

La gestione dell’aspetto umano tende a diventare sempre più un fattore strategico e in questa prospettiva si sostiene che mancate attuazioni di adattamenti operativi possano compromettere le potenzialità di sviluppo dell’impresa.

Si tratta, quindi, di aspetti che l’impresa deve trattare in maniera congiunta affinché possa mantenere una propria posizione nel turbolento scenario del mercato attuale.

La gestione delle risorse umane acquisisce un’ importanza imprescindibile nella definizione della strategia globale dell’impresa, risultando come uno strumento strategico per il conseguimento di risultati aziendali.

Questo spiega il grande interesse nei confronti delle risorse umane a disposizione dell’impresa stessa o reperibili nel contesto esterno con particolare riferimento alle cosiddette “risorse pregiate”, ossia le risorse manageriali.

I grandi cambiamenti in essere, l’attivazione di nuovi circuiti hanno determinato una ridefinizione del sistema aziendale, nuovi rapporti di potere contrattuale, nuove gerarchie di status e retributive tra i gruppi di dipendenti.

Sono sorte nuove fasce professionali in funzione di nuove esigenze, nuove mansioni, caratterizzate da problem solving.

In questo contesto assume un’importanza sempre più rilevante la capacità di gestire la variabile culturale, intesa sia come cultura del lavoro sia come cultura aziendale.1 Altresì, diviene fondamentale un’attività di formazione permanente a

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“ le differenze culturali non incidono soltanto sui comportamenti informali, ma altresì sulla struttura formale dell’organizzazione e sulle politiche che da questa promanano”. (G. Padroni, 1986

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tutti i livelli ed una capillare diffusione del sistema informativo aziendale e tutti gli strumenti in grado di incidere positivamente sui risultati aziendali.2

Di conseguenza, la gestione del cambiamento investe i fattori che sono ritenuti basilari per l’azienda, cioè capitale, tecnologia e lavoro umano, sempre avendo come scopo la loro armonizzazione, volta a garantire le condizioni di

economicità aziendale.

Riguardo al fattore umano, bisogna considerare un duplice aspetto, il rischio di essere soggetto ad una rapida obsolescenza ed il problema di superare le

resistenze al cambiamento.

Il primo passo per lo sviluppo di una gestione strategica delle risorse umane richiede un’accurata analisi del processo direzionale d’impresa, al fine di comprendere le interazioni tra marketing, finanza, produzione e gli input del personale.

Per fare ciò è necessario che tali elementi siano suscettibili di evoluzione e capaci di rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente e del management.

Tuttavia, cambiamento e innovazione non sono gli unici fattori critici di successo, ad essi si aggiungono: l’internazionalizzazione; l’innovazione organizzativa; la selezione e lo sviluppo dei vertici manageriali.

Il dinamismo, i continui cambiamenti, la presenza di nuovi attori caratterizzano il contesto nel quale le imprese operano e ne influenzano trasversalmente gli scenari d’azione.

Questi elementi, infatti, producono effetti sul mercato del lavoro; sul mercato di sbocco; sul sistema socio- culturale; sul contesto politico.

Nella fattispecie, per quanto concerne il mercato del lavoro affinché si creino le condizioni per il successo, le scelte organizzative dovrebbe essere strutturate in maniera tale da utilizzare al meglio le risorse umane esistenti.

2 “ Formazione ed informazione sono le chiavi per ottenere il cambiamento culturale a livello

individuale: la prima orientata a ottenere comportamenti partecipativi e responsabili; la seconda orientata a creare il tessuto connettivo che favorisca un processo di auto definizione di obiettivi coerenti con il quadro strategico.”

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Le aziende hanno bisogno sempre di più di attori mentalmente giovani, nonostante la loro età fisiologica continuerà ad aumentare; allora, il modo migliore per avere domani dei dipendenti dei quali si avrà qualitativamente bisogno, non è quello di sostituirli ma impedir loro di invecchiare.3

Le dinamiche in atto nello scenario dei cambiamenti emergenti impattano sulla gestione delle risorse umane. In particolare, i cambiamenti dei tassi di natalità, età media della popolazione fanno si che si ponga attenzione alla demografia aziendale, al controllo dei flussi in entrate e in uscita, all’uso di politiche volte ad aumentare il grado di flessibilità e di adattabilità del personale.

L’aumento del tasso di scolarità e del tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, la scarsità di offerta per i lavori squalificati hanno

determinato un aumento della qualità della domanda del lavoro; attenzione ai percorsi di crescita professionale; e alle nuove tipologie di lavoro.

I flussi di immigrazione da paesi extra comunitari hanno fatto si che si revisionassero le politiche di integrazione; di distribuzione degli orari; e le politiche di localizzazione.

Anche l’aumento della segmentazione dei mercati del lavoro ha prodotto effetti relativi alle politiche differenziate di gestione del personale; nuove forme di acquisizione delle risorse umane alternative al lavoro subordinato.

Alla luce della strategia di impresa, i fattori relativi al mercato di sbocco che possono concorrere a formare una domanda di cambiamento nelle tradizionali politiche di gestione delle risorse umane sono:

 La richiesta di produzioni diversificate a volumi non molto elevati per i diversi modelli, le cui caratteristiche sono oggetto di continuo cambiamento;

 Prodotti che incorporano, o richiedono per la loro produzione servizi molto qualificati;

 Ciclo di vita dei prodotti molto breve, quindi alto tasso di innovazione;

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 Ampliamento dall’area di mercato dell’impresa sia in senso geografico che merceologico;

 Variabilità dei volumi di produzione;

 Globalizzazione dei mercati e dei meccanismi della competitività.

Ovviamente non esistono risposte univoche da parte delle imprese, ognuna risponderà in base alle variabili ambientali, alle strategie degli attori chiave. Tuttavia, per le imprese che rimangono nell’arena competitiva è possibile avviare tre linee di condotta:

1. Riformulare la strategia accettando la sfida in termini di costi; 2. Procedere a nuovi investimenti;

3. Rivedere la struttura organizzativa ed il grado di integrazione della produzione.

Per quanto riguarda la relazione che intercorre tra i mercati di sbocco e la gestione delle risorse umane, si evince che l’accesa competitività sui prezzi ha inciso sull’aumento dei costi del controllo; decentramento in aree o Paesi a minor costo del lavoro.

L’accesa competitività sulla qualità del servizio ha determinato

un’implementazione dei sistemi di coinvolgimento, formazione e sviluppo del personale.

L’aumento del tasso di innovazione dei prodotti; la loro varietà ed il loro numero ha inciso su una maggiore organizzazione del lavoro flessibile; mobilità interna e pluralità di carriere.

La globalizzazione e l’internazionalizzazione hanno impattato introducendo nuove politiche del personale; modificando i sistemi di selezione e di formazione per favorire la mobilità.

Per quanto concerne la tecnologia è palese che la rivoluzione tecnologica ha inciso sulla gestione del ricambio/ riconversione dei lavoratori obsoleti ed ha posto al centro dell’attenzione il cambiamento culturale aziendale e

professionale.

La polarizzazione dei compiti a elevato contenuto professionale e compiti poveri ha fatto si che si tracciassero sentieri di carriere differenziati, ha inciso sulla

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gestione dei conflitti generazionali e professionali, inoltre, la tecnologia è stata determinante nella creazione di nuovi modelli organizzativi; nuove

professionalità da creare; sviluppare e gestire.

Il contesto socio-culturale è un’altra variabile che impatta notevolmente sulla gestione delle risorse umane. La crisi dei valori tradizionali, le emigrazioni, gli spostamenti degli equilibri demografici hanno prodotto un’ulteriore

segmentazione della popolazione lavorativa e le aziende devono imparare a convivere con una pluralità di valori, soprattutto per effetto della

internazionalizzazione.

Infatti, le imprese utilizzano politiche di risorse umane differenziate che

rispondano non solo a diversi sistemi motivazionali, ma anche a diverse modalità di organizzazione della vita privata.

Ed infine anche il sistema politico produce effetti sulla gestione delle risorse umane, attraverso nuove politiche di comunicazione; integrazione dei lavoratori; risoluzione di problemi a impatto sociale; audit sociale e bilancio sociale.

I punti sopra descritti li ritroviamo nel modello di Strategic Human Resource

Management:

Lo Strategic Human Resource Management si preoccupa di allineare la funzione Risorse Umane con gli obiettivi strategici dell’organizzazione al fine di

migliorare le performance. Mission strategia Azienda Struttura Org.va Gestione R.U Forze economiche Forze culturali Forze politiche

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L’aspetto strategico del HRM consiste in quattro elementi chiave: 1. l’uso della pianificazione;

2. un approccio coerente alla progettazione e gestione dei sistemi del personale basati su una politica dell’occupazione e della strategia della forza lavoro, spesso sostenuto da una “filosofia”;

3. collegare le attività e le politiche di HRM a qualche strategia esplicita; 4. vedere le persone dell’organizzazione come una “risorsa strategica” per ottenere vantaggio competitivo.

L’aspetto principale si fonda sul concetto di una doppia integrazione: coerenza tra le pratiche HR e coerenza di tutte le pratiche HR con la strategia

dell’organizzazione. In altre parole, il messaggio chiave della letteratura HRM è il bisogno di stabilire una stretta relazione sinergica tra la strategia o

pianificazione aziendale e la strategia o pianificazione HRM.

Innanzitutto viene posto l’accento sull’integrazione strategica: le strutture e i sistemi del personale e dell’organizzazione dovrebbero essere progettate per supportare la strategia dell’organizzazione. Lo staff, inoltre, dovrebbe essere gestito e trattato in maniera tale che sia impegnato nell’organizzazione e nel perseguimento dei suoi obiettivi. Infine, ci dovranno essere dei benefici reali tangibili per l’organizzazione in termini di risultati critici, come la qualità e la performance.

La formulazione della strategia HR e la formulazione della strategia

organizzativa sono strettamente correlate, tuttavia ci sono diversi approcci: uno proattivo ed uno relativo. Secondo l’orientamento proattivo, i professionisti delle risorse umane partecipano al quadro strategico e sono una parte attivamente impegnata nella formulazione della strategia.

Secondo l’approccio reattivo, al contrario, la funzione Risorse Umane è vista essere pienamente subordinata alla strategia definita a livello aziendale e le strategie a livello organizzativo determinano in ultima le politiche e le pratiche HR.

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Una volta che la strategia aziendale è stata fissata, una strategia HR viene implementata per supportare la strategia competitiva appena scelta. In questo senso, perciò, una strategia HR riguarda la sfida di accordarsi con la filosofia, le politiche, i programmi, le pratiche e i processi, in modo da stimolare e rinforzare i diversi comportamenti del ruolo del dipendente, tali da essere appropriati con ogni strategia competitiva.

Indipendentemente dal punto di vista che si può adottare per la gestione delle risorse umane, la sua formulazione può essere influenzata da numerosi fattori. Tra questi, l’ambiente può essere un determinante della strategia HR ed è stato considerato in diversi modelli.

Ampliando i concetti di gestione strategica, un modello elaborato dagli studiosi

Bamberger e Philips collega i tre poli: ambiente, strategia HR e strategia

aziendale, poiché la strategia HR può essere influenzata da variabili di contesto, come il mercato, la tecnologia, le politiche di governo statali e le politiche commerciali con gli altri Paesi.

Un punto del dibattito sulla SHRM si è focalizzato sull’integrazione della strategia aziendale con la strategia HR, poiché si è manifestato il bisogno di stabilire una stretta relazione reciproca tra la strategia aziendale adottata verso l’esterno e gli elementi della strategia HR interna.

Le politiche e le pratiche HRM di un’organizzazione devono allinearsi con la sua strategia e il suo ambiente competitivo.

Il concetto di integrazione verte su tre aspetti:

 collegare le politiche e le pratiche HR con il processo di gestione strategica dell’organizzazione;

 l’internazionalizzazione dell’importanza delle risorse umane nella linea manageriale;

 l’integrazione della forza lavoro nell’organizzazione per incoraggiare l’impegno o un’“identità di interesse” con gli obiettivi strategici.

È possibile, dunque, esaminare il collegamento tra strategia

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riguardanti le politiche e le pratiche HR usate dal management per pianificare la selezione, lo sviluppo, l’apprendimento, la motivazione e il controllo dei

collaboratori) secondo tre diversi modelli:

 modello basato sul controllo: trova le sue fondamenta sulla natura del controllo del posto di lavoro e più specificatamente sul comportamento adottato dai manager per dirigere e monitorare le performance dei collaboratori. In accordo con questa prospettiva, le strutture del management e la strategia HR sono strumenti e tecniche utili per controllare tutti gli aspetti del lavoro per assicurare un alto livello di produttività e un corrispondente livello di profittabilità;

 modello basato sulle risorse: esso è radicato nello scambio sforzi-ricompense e, più specificatamente, al grado con il quale i manager vedono le loro risorse umane come un asset e non come una variabile di costo. Performance superiori attraverso i lavoratori vengono evidenziate quando le tecnologie avanzate e le risorse materiali sono disponibili per far competere l’azienda. La somma della conoscenza e l’esperienza delle persone, e le relazioni sociali, hanno il potenziale di fornire capacità non sostituibili in modo da rappresentare la fonte del

vantaggio competitivo;

 modello integrativo: quest’ultimo caratterizza la strategia HR su due dimensioni principali, “acquisizione e sviluppo” e “luogo di controllo”. I primi termini vogliono esprimere il concetto che la strategia HR sviluppa il capitale umano interno, o, al contrario, è volta al recruitment di capitale umano esterno. Ovvero, le organizzazioni si spostano verso la visione del “fare i propri collaboratori” (quindi con alti investimenti in training) o “acquistare i propri collaboratori dal mercato”.

Il “luogo di controllo” riguarda, invece, il grado con il quale la strategia HR si focalizza sul monitoraggio della compliance dei dipendenti rispetto agli standard dei processi, o sullo sviluppo di un contratto psicologico che coltiva le relazioni sociali, incoraggia la fiducia reciproca e rispetta e controlla il focus sui risultati fine a se stessi.

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Le due dimensioni principali sulle quali verte questo modello portano a quattro tipi ideali di strategia HR dominanti:

 commitment: si focalizza sullo sviluppo interno delle competenze dei dipendenti e sul controllo del risultato;

 collaborative: coinvolge l’organizzazione subappaltando il lavoro ad esperti indipendenti esterni e valutando le loro performance principalmente in termini di risultati finali;

 paternalistic: offre opportunità di apprendimento e promozione interna ai collaboratori per la loro compliance rispetto al meccanismo di controllo basato sul processo;

 traditional: si focalizza sul recruitment esterno delle competenze e dei comportamenti e sul controllo basato sul processo.

Nello scenario dei cambiamenti emergenti troviamo nuovi atteggiamenti nei riguardi del lavoro, definizione del ruolo della famiglia, dell’individuo del gruppo, le novità nelle interazioni tra lavoro e consumo hanno impattato sulla gestione delle risorse umane.

Hanno fatto si che si attuassero politiche coerenti con il sistema di motivazioni e con i bisogni; indagini sul clima aziendale; implementazione di nuovi stili e nuovi ruoli di leadership; ricompense organizzative e benefits di status.

La valutazione del potenziale si focalizza sul potenziale della risorsa umana, ossia le competenze inespresse che la persona possiede ma che non sono

utilizzate nella posizione attualmente ricoperta, perché non richieste o richieste in misura inferiore a quanto posseduto.

Oggetto di valutazione sono anche le competenze, la valutazione del potenziale è rivolta al futuro. La valutazione del potenziale cerca di prevedere il contributo che una risorsa umana potrebbe fornire in futuro, magari in una differente

collocazione. La sua finalità è quella di far emergere le possibilità di impiegare la persona con successo in altre posizioni, anche di maggiore responsabilità,

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Le aziende che sapranno attrarre e trattenere i collaboratori migliori e più brillanti dureranno nel tempo, mentre quelle che continueranno a fare “business

as usual” finiranno quasi sicuramente per declinare.

Il valore per gli azionisti è strettamente legato all’impegno della forza lavoro e agli obiettivi strategici dell’azienda. Le organizzazioni che sapranno

sfruttare la creatività e l’energia dei loro collaboratori potranno fornire i prodotti e i servizi richiesti dai nuovi mercati.

Inserire le persone nell’ambito delle variabili strategiche ha, in effetti, due implicazioni.

La prima è che si deve avere una chiara comprensione su come operare sulle risorse umane al fine di favorire l’attuazione degli obiettivi strategici di impresa. La seconda è che si possano individuare indicatori, mediante i quali sia possibile effettuare le misurazioni sulle variabili inerenti le persone; poiché lo scopo rimane quello di ottimizzare la performance economica.

La funzione Risorse Umane è investita di quattro importanti responsabilità manageriali:

1. gestione strategica delle risorse umane; 2. trasformazione e cambiamento;

3. ottimizzazione dell’infrastruttura aziendale;

4. analisi e valorizzazione del contributo individuale.

Per essere efficaci, queste aree devono essere funzionalmente integrate, e

adattarsi ad una strategia di management delle risorse umane che contribuisca al successo dell’organizzazione. Quindi la gestione dell’infrastruttura strategica, il cambiamento organizzativo e la soddisfazione dei bisogni dei dipendenti devono attuarsi attraverso il presidio efficace delle attività istituzionali: reclutamento, motivazione/gestione e risoluzione

del rapporto/mobilità. Le attività esercitate in ciascuna delle tre aree funzionali devono rispondere a queste domande:

• Reclutamento. Che contributo ci dà per l’acquisizione dei collaboratori giusti? • Gestione/Motivazione. Quanto ci aiuta a trattenere i collaboratori più validi? Quanto ci aiuta a coinvolgere i collaboratori sulla missione aziendale?

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• Risoluzione del rapporto/mobilità. Qual è il grado di flessibilità interna che riusciamo a ottenere? Se le strategie aziendali si modificano, quanto riusciamo a ricollocare all’interno o all’esterno i lavoratori in esubero, o a pensionarli? La “nuova azienda” presenta le seguenti caratteristiche:

 appiattita. L’informatica e il reengineering dei processi hanno cambiato il modo in cui le organizzazioni raccolgono, gestiscono e movimentano i dati. Ciò ha spostato la decisionalità sugli operativi e ha reso inutili molti manager. I leader invece indirizzano, facilitano e ispirano, anziché prendere tutte le decisioni, comprese quelle di routine;

 virtuale. Oggi chiunque può lavorare dovunque. Modem, fax, posta elettronica, Internet e i telefoni cellulari abbattono i muri dell’ufficio tradizionale.

Ovviamente stimolare una forza lavoro distribuita qua e là per il mondo non è facile, né indolore, specie se essa si compone di dipendenti e collaboratori

esterni. Per mantenere una cultura coesiva, per comunicare obiettivi e aspettative e per costruire una visione condivisa che risponde agli obiettivi complessivi dell’azienda ci vuole un approccio estremamente

 focalizzato. La funzione Risorse Umane deve capire questo nuovo modello organizzativo e utilizzarlo efficacemente per competere con successo;  maggior consolidamento. Quando due organizzazioni si fondono, uno dei

maggiori rischi è quello di perdere le persone che hanno contribuito

maggiormente al successo di ciascuna di esse. Un altro problema è il calo di impegno e di motivazione che si registra nel personale;

 impegnata nella ricerca di alleanze strategiche ed economiche. In un’epoca d’intensa competizione globale, può apparire abbastanza paradossale che le aziende collaborino tra di loro come mai in passato. In effetti però la

collaborazione può portare ad un miglioramento delle performance e dei profitti;  guidata dal mercato. La fortissima pressione sui prezzi e l’intensa concorrenza

stanno obbligando le aziende ad abbreviare sempre più i cicli e a minimizzare i costi di produzione. Le aziende stanno cercando il modo di ridurre il magazzino, di costruire una catena logistica più efficiente e di migliorare i processi interni

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per portare i prodotti sul mercato in tempi più brevi e con maggior efficacia. Se la tecnologia può essere il mezzo facilitatore, sono sempre le persone a

sviluppare le idee, ad affinare i concetti, a progettare i prodotti e ad assicurare il servizio ai clienti e l’assistenza tecnica. L’azienda che non dispone di una cultura in grado d’indurre gli atteggiamenti corretti, le convinzioni giuste e degli

obiettivi precisi e coerenti, è enormemente svantaggiata;

 globale. Oggi si può produrre praticamente dappertutto, oppure fornire un

servizio – come l’assistenza tecnica – senza preoccuparsi dei vincoli geografici. I computer hanno cambiato radicalmente le logiche di sviluppo dei nuovi prodotti e di erogazione dei servizi. Adesso le aziende sono costantemente alla ricerca di aree in cui la manodopera costa poco. Significa quindi gestire le risorse umane in un contesto veramente globale, che prescinde dai confini geografici e dai sistemi politici.

Al crescere della necessità di gestire le competenze, crescono anche l’esigenza d’avere dei sistemi di supporto alle decisioni, la necessità di una business

intelligence che permetta d’identificare i gap e le opportunità legati al capitale

umano, la dipendenza della tecnologia e il bisogno di avere delle pratiche efficaci di management.

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3.2 Il Management in contesti internazionali

La crescente internazionalizzazione delle diverse attività di un Gruppo richiede un management in grado di rispondere a diverse necessità organizzative. Ad esempio, si può richiedere di operare all’estero o gestire attività

internazionali; definire e realizzare politiche, progetti, programmi di dimensioni internazionali, operando dalla casa madre; interfacciare dalle affiliate locali le funzioni di coordinamento centrali.

Per tutto il management sono necessari requisiti comuni4:  Metodi e strumenti omogenei;

 Flessibilità;  Spirito di gruppo;  Aperta mentalità;

 Conoscenza delle regole del mercato internazionale;  Conoscenza delle lingue.

Per il management responsabile di attività internazionali sono necessari ulteriori requisiti specifici:

 Esperienza internazionale;  Ampia cultura generale;

 Capacità di organizzare gruppi di lavoro a livello internazionale;  Capacità di negoziare e comunicare con diverse culture nazionali.

Inoltre, sarebbe bene che si associassero al piano annuale delle risorse umane associato al business plan anche :

 Il piano di mobilità;

 Piani di sviluppo professionale e di carriera orientati a identificare precise tappe di esperienza all’estero e di formazione internazionale;

 Programmi di formazione presso business school;  Diffusione di programmi formativi nei diversi Paesi;

4

Le imprese che operano su scala globale richiedono queste caratteristiche al management affinché possa entrare a far parte del team. Questo è quanto è emerso dall’analisi della sezione relativa alle risorse umane dei siti internet delle multinazionali considerate.

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 Definizione di piani di incentivazione con piani di business a livello europeo;  Programmi di reclutamento a livello internazionale.

Il ruolo del manager per certi aspetti è totalmente diverso rispetto al passato, perché se prima ricoprire tale ruolo significava essere detentore di informazioni ed esperienze tali da consentire di prendere decisioni importanti, oggi non ha più il controllo esclusivo delle informazioni.

Il manager, soprattutto in contesti internazionali, viene chiamato consulente interno o coach , ossia, vengono utilizzati dei termini che denotano più la saggezza, il sapere professionale che l’autorità.

I doveri del management odierno sono diversi:  Produrre e gestire;

 Capire l’esigenza di flessibilità del nuovo lavoratore;

 Rinforzare le strategie aziendali, affinché ciò avvenga è importante che il

manager abbia ottime doti comunicative, per comunicare idee, opinioni, obiettivi e trasformarli in azioni tangibili, formulare la vision ed allinearla al lavoro;  Creare fiducia, componente essenziale per la motivazione dei lavoratori;

 Creare una cultura basata sulla prudente assunzione dei rischi, è importante che il potere decisionale sia trasferito il più vicini possibile alla operatività, quando ciò non è possibile accade che i manager cumulino gli incarichi e responsabilità, per fronteggiare situazioni che non sono preparati a gestire. Trasferendo il potere decisionale creano l’empowerment,ossia i lavoratori si sentono in grado di apportare cambiamento e soluzioni efficaci.

Inoltre, affinché una società risulti attraente per il management, ed un manager sia soddisfatto del proprio lavoro è importante che gli vengano fornite una serie di cose:

 Informazioni, un manager che non dispone di informazioni, soprattutto di tipo

soft, non è in grado di prendere le giuste decisioni;

 La possibilità di farsi sentire, è importante che le sue opinioni, idee, sensazioni vengano ascoltate, altrimenti si rischia di creare frustrazione, la quale inciderebbe negativamente su tutta l’organizzazione;

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 Un sistema di accountability, il sistema premiante deve essere in linea con gli obiettivi dell’organizzazione, deve esistere un adeguato livello di

responsabilizzazione, la parola “allineamento” indica rappresenta un prerequisito per il successo;

 La possibilità di bilanciare gli interessi dei dipendenti con gli interessi del management, i lavoratori mettono a disposizione più tempo, in cambio della quale si aspettano maggiore flessibilità.

Le aziende vincenti non nascono dal caso. Il successo di un’organizzazione è garantito dal senso di opportunità, la visione e la pianificazione.

I Gruppi che primeggiano a livello mondiale sono in continuo cambiamento, e puntano costantemente al meglio.

Inoltre, hanno una serie di caratteristiche comuni:

 Una filosofia di gestione e politica di risorse umane ben articolate;  Una forza lavoro impegnata e competente;

 Una comunicazione ininterrotta;

 Una marca distintiva nell’approccio alle risorse umane. Il loro successo è stato costruito e pianificato attentamente.

Formulare una strategia significativa di gestione di risorse umane rimane una delle fasi più critiche e complicate, nella creazione o trasformazione di un reparto o di un’intera organizzazione.

Un approccio ben definito è più facile da illustrare agli stakeholder, e da convertire in un piano azionabile e misurabile.

La strategia di risorse umane affonda le sue radici nelle specificità del business, ed è importante porsi delle domande durante la loro formulazione, ad esempio:  qual è il piano di business?

 Chi sono i concorrenti?

 Quali sono le implicazioni dei piani a breve e a lungo termine?

 Che tipo di collaboratori occorrono per realizzare la missione di business?  Cosa può attrarre questa tipologia di collaboratori?

 Quali sono i vincoli e la barriera che avete davanti?  Cosa si intende fare per differenziarsi?

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In realtà la strategia di risorse umane si può determinare in una serie di modi: un unico documento; si può incorporare nella missione, nei valori, negli obiettivi; oppure si può mantenere inespressa ed esplicitarla progressivamente nel tempo. La strategia mette in ordine di priorità le attività dell’azienda.

La parte più difficile sta nell’ottenere il pieno consenso di tutta l’organizzazione, da parte dei senior manager ed i capi di business unit, ossia tutte quelle persone che assicurano l’accuratezza e la validità della stessa, e devono essere convinte fin dalle prime fasi del processo.

Il cambiamento può essere traumatico, in genere, la piena trasparenza sulle ragioni che determinano il cambiamento di indirizzo strategico è il miglior punto di partenza per l’azione di convincimento dei collaboratori.

Usando diversi strumenti, come i focus group, il networking, le indagini e le riunioni, i professionisti delle risorse umane possono contribuire a comunicare il nuovo indirizzo strategico e a valutare il feedback dei lavoratori.

Quando i componenti dell’organizzazione sono in grado di assecondare la nuova politica dell’azienda , la funzione delle Risorse Umane deve rinforzare il

messaggio attraverso formazione e sviluppo delle strategie di comunicazione e politiche retributive.

Una delle soluzioni più efficaci per assicurare un vantaggio competitivo a

un’impresa con competenze e punti di forza importanti consiste nel puntare sulle sue risorse di valore per l’ingresso in ulteriori mercati.

Un’impresa che, sfruttando i suoi punti di forza, riesce a competere con successo in un mercato estero non solo può accrescere le vendite ed i profitti, ma può anche scoprire di possedere una competitività tale da ottenere un vantaggio rispetto ad uno o più concorrenti, ed entrare in gara per la leader globale del settore.

Il trasferimento delle competenze, capacità e punti di forza da un Paese ad un altro, contribuisce ad estendere o ad approfondire le competenze e le capacità esistenti ed aiuta l’impresa a consolidare la propria posizione competitiva in alcune aree rilevanti.

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Il coordinamento delle attività dell’impresa nei diversi Paesi contribuisce in vario modo alla creazione di un vantaggio competitivo sostenibile, in virtù del fatto che una valida applicazione della strategia richiede un valore di squadra. Tutti i manager sono responsabili dell’esecuzione della strategia nelle rispettive aree di competenza, e tutti i dipendenti prendono parte al processo di

applicazione strategica.

Un’abile applicazione della strategia è strettamente legata alla presenza di personale competente, delle giuste capacità competitive ed un’efficace organizzazione interna.

La creazione di una organizzazione valida riveste sempre più un’elevata priorità ai fini dell’applicazione strategica, tendenzialmente ci sono tre tipologie di attività fondamentali:

 Ricerca ed organizzazione del personale, ossia la creazione di un team

manageriale forte, il reclutamento ed il mantenimento in azienda di dipendenti con un’esperienza, abilità tecniche e capitale intellettuale adeguati;

 Sviluppo di competenze chiave e capacità competitive, ossia creazione di capacità e competenze adeguate alla strategia corrente, aggiornamento e revisione di tali capacità e competenze, per adeguarle al cambiamento della strategia e delle condizioni esterne, formazione continua dei dipendenti secondo le necessità per preservare le competenze basate su attività specifiche;

 Organizzazione strutturale ed operativa, realizzazione di accordi interni che agevolino un’efficace esecuzione strategica, definizione della misura in cui l’autorità decisionale sarà delegata lungo la gerarchia manageriale e ai dipendenti che operano in prima linea.

Per un’impresa, soprattutto se operante all’estero, la formazione di un team manageriale valido rappresenta un elemento determinante ai fini della creazione di un’organizzazione capace. Le diverse combinazioni di background,

esperienze, valori, principi, stili manageriali, sono dettati dalle strategie e dalle circostanze, ma l’aspetto più importante consiste nell’attribuire mansioni chiave

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a soggetti intelligenti, concreti e risoluti, in grado di capire come occorra agire, come trasformare i progetti in realtà e come ottenere buoni risultati.

Tuttavia, la creazione di un team manageriale capace non è sufficiente, perché l’organizzazione deve dotarsi del personale giusto anche a livelli inferiori. La qualità dei dipendenti è un ingrediente fondamentale per la ricetta del successo, quelli esperti e motivati sono la fonte più preziosa di idee creative e miglioramenti di fondo che conducono all’eccellenza operativa.

Il mercato globale di oggi richiede decisioni rapide, in risposta a delle condizioni che cambiano in continuazione. Le grandi istituzioni verticalizzate del passato sarebbero troppo lente per competere efficacemente.

Inoltre, l’informatica impedisce semplicemente il lusso di mantenere le stesse mansioni, le stesse competenze e gli stessi processi su un arco prolungato di tempo. L’impresa del nuovo millennio è caratterizzata da un cambiamento costante. È un organismo dinamico, costretto a reinventarsi nel giro di mesi, non più di anni.

Per ricreare un clima di fiducia e d’impegno organizzativo, bisogna

responsabilizzare i collaboratori perché prendano delle decisioni di qualità. È importante riconoscere che un modello decisionale fortemente centralizzato rischia di attribuire un’enfasi eccessiva alle informazioni interne, ignorando problemi, preoccupazioni e dinamiche di mercato che sono visibili solo a chi opera in prima linea. Tuttavia, spostare la decisionalità a un livello

organizzativo troppo basso può determinare un approccio poco focalizzato a un’idea precisa della strategia da adottare.

Oggi le decisioni vanno prese da chi è vicino al mercato, ma sta a un livello organizzativo sufficientemente alto da tener conto degli obiettivi aziendali, dei vincoli economici e dei rischi.

Si riconosce universalmente che la funzione Risorse Umane può essere una fonte di vantaggio competitivo duraturo per le aziende.

C’è un crescente consenso nei media sul fatto che le politiche del personale possono rappresentare una fonte di vantaggio competitivo.

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Sebbene ci siano delle differenze nell’identificazione di ciò che costituisce una pratica vincente, molti analisti ritengono che esse possano migliorare la

produttività e quindi la performance sviluppando le competenze, promuovendo degli atteggiamenti positivi e attribuendo alle persone maggiori responsabilità, in modo che possano utilizzare al meglio le loro skill.

Ma per poter contribuire alla bottom line, la funzione Risorse Umane deve soddisfare quattro requisiti essenziali:

1. deve aggiungere valore ai processi operativi dell’azienda; cioè deve preoccuparsi dei livelli di perfomance individuali;

2. deve possedere delle competenze particolari e particolarmente forti;

3. gli investimenti in capitale umano rappresentati dal personale dell’azienda non devono essere copiati o imitati facilmente;

4. i progressi tecnologici o altri investimenti in automazione non possono sostituire facilmente i collaboratori.

Se questi prerequisiti definiscono le circostanze in cui il talento dei lavoratori può fare la differenza, non spiegano però come sfruttare il talento per costruire un business.

La funzione Risorse Umane si compone da sempre di quattro subfunzioni: relazioni industriali, definizioni delle politiche, efficacia organizzativa e amministrazione. Queste sub funzioni sono state create per:

 garantire equità di trattamento a parità di posizione;

 gestire la performance, la successione e la progettazione organizzativa; offrire sicurezza ai lavoratori in materia di tutela sanitaria, pensione di reversibilità e trattamento di fine rapporto;

 stabilire e comunicare i valori aziendali;  creare e mantenere un buon clima sindacale;  amministrare le retribuzioni e i benefit.

Stante la crescente consapevolezza del ruolo strategico che ricopre la funzione Risorse Umane nella pianificazione operativa, i professionisti delle risorse umane devono imparare a dare all’azienda esattamente ciò che vuole.

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Il ruolo strategico della funzione Risorse Umane riguarda principalmente tre aree di attività: reclutamento, motivazione/gestione e risoluzione del rapporto di lavoro.

Assumere o reclutare le persone giuste è vitale per costruire un’organizzazione di successo. Le organizzazioni devono costruire dei profili adatti al tipo di persone che hanno o avranno successo al loro interno. Una volta in possesso del profilo, il professionista delle risorse umane deve mettersi costantemente alla ricerca di persone che corrispondano ai bisogni dell’azienda. Il fatto di avere a disposizione le persone giuste crea un differenziale positivo per l’organizzazione.

Motivare è la seconda attività critica della funzione Risorse Umane. Si tratta d’indurre i collaboratori a portare avanti la strategia e di gestire la performance su base continuativa. I sistemi di performance management devono

responsabilizzare i collaboratori sulla loro performance rispetto a degli obiettivi chiaramente identificati.

Le organizzazioni di successo degli anni a venire dovranno affidarsi sempre più a lavoratori qualificati ed esperti. Il tasso d’innovazione del business e le continue fluttuazioni del ciclo economico hanno abbreviato l’orizzonte temporale su cui si realizza lo sviluppo professionale dei collaboratori.

Oggi le aziende devono acquisire già collaboratori pienamente produttivi, dato che l’esperienza che non si ha in casa va acquisita sul mercato. Il fatto di sapere di cosa si ha bisogno, e dove reperirlo, pone l’organizzazione in vantaggio rispetto ai concorrenti.

L’analisi della forza lavoro, quindi, deve identificare la situazione attuale e chiarire qual è il tipo di forza lavoro di cui ha bisogno l’azienda per avere successo. Una volta definito questo, i datori di lavoro possono sviluppare una strategia che permetta di reperire e trattenere i collaboratori giusti.

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3.3 Il Diversity Management e l’adattamento culturale.

Oggi non c’è un’azienda multinazionale che non presti attenzione alle diversità, intese come conseguenza naturale dell’operare su scala globale, a fronte delle differenze di background, valori ed esperienze che caratterizzano le proprie risorse. Tale politica permea il modus operandi, la modalità di gestione e l’organizzazione prende il nome di Diversity management.

Il diversity management nasce alla fine degli anni ottanta nelle grandi aziende americane, le quali trovandosi in un contesto con una popolazione multietnica, pensarono di poter valorizzare il talento del loro personale, percependo per primi che un’azienda “multiculturale” possiede una ricchezza potenziale, in termini di capitale umano, più elevata di una “monoculturale”. Il diversity management si pone l’obiettivo di valorizzare le risorse umane presenti in azienda, in modo che tutti abbiano, non solo le stesse opportunità, ma anche che i risultati ottenibili da queste siano maggiori della somma delle singole parti.

Investire sulle diversità, sia personali che culturali, porta benefici anche sulla motivazione del singolo individuo, sul clima organizzativo aziendale e le

possibilità di successo dell’intera organizzazione. Nello specifico, se ne parla per la prima volta nel 1987 nel libro “Workforce 2000” di Johnstone e Parker, in cui vengono descritti gli scenari futuri del mercato del lavoro.

Lo scenario descritto é paradossale, anche se molto veritiero in cui, dal punto di vista culturale, il mercato del lavoro è costruito intorno alla figura del maschio bianco eterosessuale; invece la reale forza lavoro è prevalentemente composta da gruppi sociali molto eterogenei (donne, immigrati, gruppi etnici, omosessuali, etc..). Questo scenario del terzo millennio non può che suggerire, un'attenta applicazione delle politiche di diversity management da parte delle aziende. Guadagnare il vantaggio della diversità significa imparare, comprendere e apprezzare queste differenze e progettare un luogo di lavoro che sviluppi questi valori partendo da una struttura organizzativa abbastanza flessibile da saper percepire e integrare i bisogni dei singoli per realizzare un ambiente motivante e accogliente.

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Le diversità sociali, devono essere gestite dall’azienda, come fonte del vantaggio competitivo dando ai singoli individui la possibilità di esprimere il proprio potenziale, ovvero le aziende devono capire quale è il mix di diversità necessario per avere un vantaggio competitivo rispetto agli altri soggetti presenti

nell’ambiente competitivo.

Questo vantaggio competitivo, latente, scaturisce dalla possibilità della persona di sviluppare e applicare all’interno dell’organizzazione dei comportamenti e delle conoscenze che riflettono la sua personalità e derivazione sociale, ovvero l’azienda, laddove è possibile, non deve imporre comportamenti standardizzati che potrebbero pregiudicare le potenzialità di quest’ultimo.

In altri termini, il diversity management, va oltre il semplice obiettivo del superamento di atti discriminatori, che riguardano alcune categorie svantaggiate, ma persegue obiettivi di valorizzazione dei talenti presenti

all’interno delle aziende. Inoltre, per essere implementato in modo efficace, sia dal punto di vista organizzativo sia del benessere delle persone, deve essere vissuto come una “filosofia” di vita e poi come uno strumento manageriale. Il Diversity Management è un processo aziendale di cambiamento, che ha lo scopo di valorizzare e utilizzare pienamente il contributo, unico, che ciascun soggetto può apportare per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, e che serve a garantire all’impresa di far prontamente fronte alle sfide all’incertezza provenienti dal mercato esterno (Bombelli, 2001).

Diversi studi hanno dimostrato che le politiche di Diversity Management hanno un impatto positivo su vari aspetti, tra cui il miglioramento degli stili

manageriali, le competenze e le performance in aree come la comunicazione, la gestione del personale, l’individuazione degli obiettivi e la pianificazione. La Commissione Europea ha condotto nel 2003 una ricerca, Costi e Benefici della Diversità, nella quale sono stati rilevati da un campione di 200 imprese comunitarie i principali benefici percepiti che la diversità può apportare al business delle organizzazioni. Nello specifico, è possibile suddividere tali benefici in due grandi categorie: benefici morali e benefici economici, i quali, influenzandosi reciprocamente, contribuiscono a migliorare la

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110 produttività dell’impresa. (Carmignano 2010).

I benefici morali sono quelli che più influiscono sul capitale umano, migliorando la diversità della forza lavoro, lo spirito di gruppo, il benessere e la soddisfazione personale, condizione fondamentale per poter ottenere successivi benefici in termini economici.

Inoltre, l’approccio al diversity management facilita e sostiene un cambiamento culturale solido e duraturo, basato sui principi dell’integrazione e della lotta alla discriminazione. Questo produce un ambiente di lavoro più equilibrato e

inclusivo, in cui viene promossa l’interazione tra i diversi gruppi e dove il singolo è motivato ad esprimere le proprie attitudini e potenzialità.

I vantaggi economici sono:

 L’accesso a nuovi gruppi di potenziali lavoratori;  Maggiore motivazione ed efficienza;

 Migliori opportunità di mercato e maggior vantaggio competitivo;  Attenzione alle risorse migliori;

 Riduzione dei costi;

 Incremento creatività ed innovazione;

 Maggior flessibilità e attitudine al problem solving;  Maggiore reputazione e immagine aziendale.

Nell’impresa moderna le persone vengono considerate fonte di vantaggio competitivo e, pertanto, accettate nella loro specificità e valorizzate nelle loro uniche e irripetibili risorse intellettuali, spirituali e materiali. Le imprese

internazionali non adottano il principio discriminatorio del “trattamento uguale per tutti”, accorda a ciascuno un trattamento differente, in funzione delle sue personali caratteristiche e riconosce a ciascuno pari dignità di appartenenza all’impresa, indipendentemente dal ruolo interno svolto, dalla provenienza, dalla razza, dal sesso, dall’età, etc.

Tale circostanza “contamina positivamente” l’impresa nella sua globalità e concorre a definirne il comportamento nei confronti dell’esterno. In un siffatto contesto, le dinamiche relazionali interne ed esterne divengono multiculturali,

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flessibili e aperte al cambiamento. L’impresa non teme il “diverso”, al contrario, lo valorizza e crea i presupposti affinché si crei la sinergia delle diversità.

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