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Trasformazioni dei/nei foyer

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Academic year: 2021

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Capitolo Sei

Trasformazioni dei/nei foyer

Dormivo, e sognavo che non ero al mondo. Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio. L'unica radice che ho mi fa male.

Sono stanca di sentirmi inventare.

Alda Merini, “Aforismi” in Fiore di poesia (1998)

6.1 La crisi del “sistema foyer”

Se nel Maggio del 1961 ci sono già 30 foyer della Sonacotra, ossia 6.704 letti1, nel

Gennaio 1976, 275 foyer sono in attività, per una capacità totale di 73.700 letti2. Tenendo

conto che il parco immobiliare dei foyer vede nella Sonacotra circa la metà del suo totale, si comprende la rilevanza di tali strutture sul territorio francese. Vedremo adesso come si modifica l'istituzione foyer, in relazione a due elementi ritenuti fondamentali per comprenderne l'evoluzione: il movimento di protesta da parte dei residenti, sviluppatosi all'inizio degli anni '70, e le trasformazioni demografiche e sociali che hanno investito gli ospiti delle strutture. I due fenomeni incideranno profondamente sul rapporto gestore-cliente e condurranno a ridefinire le categorie di gestore-clientela, che si allargano progressivamente dai migranti nordafricani alle persone “sfavorite” e sole, con la concessione governativa per i foyer del passaggio a residenze sociali.

Gli anni '70: lotte operaie e prime rivendicazioni nei foyer

La crisi economica del 1973 comporta una diminuzione strutturale dell'occupazione, che tocca in primo luogo le professioni sotto qualificate, svolte principalmente da manodopera straniera. A questo si aggiunge, in Francia, il blocco dell'immigrazione di lavoro e l'avvio dei ricongiungimenti familiari3, che richiedono tipi di alloggio diversi dai foyer, la cui costruzione

viene messa in discussione. In questo contesto, l'inflazione si riflette sugli affitti dei foyer, aumento che, coniugato alle condizioni sempre peggiori delle residenze, alimenta

1 Bernardot M. (2008a), p. 75. 2 Ivi, p. 95.

3 325.000 persone entrano per ricongiungimento familiare tra il 1975 e il 1982; Vandromme X. (1996), p.

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movimenti collettivi di rifiuto del pagamento. Ma la politica d'inquadramento abitativo attraversava una crisi latente già molto prima della mobilitazione di protesta. Gli anni '70 non fanno altro che aprire una valvola di sfogo, dando l'ultimo colpo a un sistema già di per sé in crisi: il debole ritmo di costruzione di nuovi foyer implica una sovraoccupazione delle residenze, o, al contrario, la completa disaffezione al foyer e la scelta di altre sistemazioni (alloggi insalubri, camere d'albergo). Scatta così l'ultima molla che tratteneva i residenti dei foyer dalla contestazione, seppur sporadicamente questa avesse già preso piede4.

Le prime proteste sono portate avanti perlopiù da parte di residenti vicini agli ambienti dell'estrema sinistra, in particolare marxista e maoista5. Questa ala politica, a partire dal

1968, aveva approfondito la questione dell'alloggio dei migranti, considerando questi dei “soggetti rivoluzionari di sostituzione”, che avrebbero potuto dar seguito a un movimento rivoluzionario rivendicativo, nel momento in cui gli operai nazionali avessero cessato di rifornire le loro fila6.

I sindacati operai (CGT, CFDT7) tentano, malgrado le loro divisioni, di controllare la

prima fase della contestazione nei foyer, ponendosi come porta-parola dei residenti, ma non si arriva all'adozione di una strategia collettiva, non si riescono a connettere i diversi FTM sparsi sul territorio8. Si assiste invece a un basso tasso di adesione dei migranti residenti e,

soprattutto, a una profonda divergenza tra sindacati e residenti nella visione della questione. Nonostante la progressiva modernizzazione, i sindacati, come i partiti di sinistra, leggono comunque la presenza dei migranti come temporanea9.

L'isolamento dei lavoratori immigrati nelle lotte sociali e politiche è evidente. Negli anni '70 gli scioperi si moltiplicano e la partecipazione degli immigrati alle lotte operaie cresce: per i lavoratori stranieri, alla concentrazione nei luoghi di produzione si aggiunge il raggruppamento residenziale in certe zone urbane e in determinati tipi di alloggio. Le loro capacità di organizzazione, perlopiù senza sostegno sindacale, sono, già in questa fase,

4 Alla fine degli anni '60 alcuni movimenti sporadici di cessazione di pagamento dell'affitto si diffondono

nei foyer della regione parigina come in provincia. Hmed C. (2007), “Contester une institution dans le cas d'une mobilisation improbable: la «grève des loyers» dans les foyers Sonacotra dans les années 1970”, Sociétés contemporaines, 65.

5 Bernardot M. (2008a), p. 110. 6 Hmed C. (2007).

7 Confédération général du travail; Confédération française démocratique du travail. 8 Hmed C. (2007).

9 Gli Accordi di Grenelle, negoziati nel Maggio 1968 e poi mai firmati, che prevedevano un rialzo del

salario minimo intercategoriale garantito (SMIG) e dei salari reali, non includevano i lavoratori stranieri; Bernardot M. (2008a), p. 111. Nella lotta dei foyer, il PCF verrà identificato come nemico, alla stregua della Sonacotra, per la sua volontà di egemonizzare il movimento, non comprendendone le peculiarità; ivi, p. 148.

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sorprendenti10. Al contrario, le manifestazioni di protesta contro la circolare

Marcellin-Fontanet non sono seguite dai grandi sindacati operai, favorevoli a certi aspetti di controllo dell'immigrazione contenuti nel testo della circolare. Solo alcune frange della CFDT sosterranno gli scioperi della fame11. Probabilmente, i militanti francesi riconducevano la

lotta dei foyer esclusivamente al conflitto capitale/lavoro, non considerando il conflitto produzione/diritto all’alloggio, che la rende, invece, un movimento sociale, piuttosto che un movimento operaio12.

Parallelamente alle prime azioni militanti, si sviluppano nei foyer rivendicazioni per l'apertura di sale di preghiera. Le prime forme di protesta hanno luogo in un foyer in Rue de Charonne, a Parigi, dove i residenti (provenienti da Mali, Senegal e Mauritania) ottengono dal gestore l'apertura di una sala di preghiera e il permesso che delle donne africane potessero preparare i pasti13. Questo esempio di rivendicazione religiosa e identitaria

marcherà le lotte dei residenti, ma costituirà anche, per i poteri pubblici, un'opportunità di controllo dei foyer. L'islam viene introdotto dalle élite dei villaggi al fine di mantenere il proprio controllo sui giovani residenti, e dai gestori, in particolare quelli della Sonacotra, al fine di ristabilire la calma attraverso la concessione delle sale di preghiera14.

Contestare l'istituzione: il prezzo, il regolamento, le condizioni di vita

La Sonacotra e i rappresentanti ministeriali danno una prima lettura di un'agitazione africana nei foyer: ricompaiono le tematiche della concentrazione etnica e dell'igiene, gli esperti denunciano dei “raggruppamenti spontanei di stranieri”15. Non viene compresa la

portata della messa in causa del “sistema d'inquadramento”: qualche articolo del regolamento interno è modificato per attenuare le rigide condizione delle visite e altri adattamenti marginali vengono effettuati, ma questo non basterà affatto a ridimensionare la lotta iniziata16.

Già nel 1968, i residenti di un foyer AFTAM contestano non solo l'aumento dell'affitto, “mais ils reclament aussi le changement du gérant au comportement brutal et grossier et

10 Alcuni esempi sono gli scioperi all'impresa Penarroya a Saint-Denis e a Lione nel 1971 e 1972 o i conflitti

alla Renault nel 1973. Bernardot M. (2008a), p. 115.

11 Bernardot M. (2008a), p. 116.

12 Ivi, nota 315, p. 162. Sull’interdipendenza tra impiego e alloggio per i migranti coloniali si veda Sayad A.

(2008).

13 Bernardot M. (2008a), p. 116. Per approfondimenti si veda Kepel G. (1987), Les banlieues de l'islam.

Naissance d'une religion en France, Seuil, Paris.

14 Bernardot M. (2008a), p. 116. 15 Ivi, p. 113.

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demandent des améliorations des conditions de vie dans les foyer”17.

La critica contro le modalità di rivalorizzazione dell'affitto sfociano nella messa in discussione del sistema di gestione. Il prezzo della camera è il primo elemento che viene contestato perché i residenti non si spiegano cosa vi sia contabilizzato, dal momento che a fronte di un aumento costante, non si ha altro che il degrado materiale dello spazio abitativo.

Il secondo elemento è il regolamento interno del foyer e la sua arbitraria applicazione da parte dei direttori, definiti negli anni a venire gérants racistes18. Sono tutti i meccanismi

totalizzanti a essere messi in discussione:

La restriction des visites, l'animation paternaliste, l'interdiction des réunions politiques ou syndicales, inscrites dans le règlement intérieur, ne sont plus acceptables pour une population de plus en plus informée et mobilisée, pour une clientèle en somme qui ne peut supporter d'être infantilisée alors même qu'elle revendique une égalité de traitement dans les luttes industrielles.19

Il terzo elemento concerne le condizioni di vita propriamente dette, marcate dall'esiguo spazio individuale a disposizione, sia in termini materiali che sociali, e dalle molteplici carenze delle prestazioni erogate. I primi foyer in lotta saranno quelli di “prima generazione”, gli F6, con le loro stanze da 4,5 m², contornate da tramezzi20. Vengono

reclamati il diritto di visita esteso, il diritto di riunione e di associazione.

Gli scioperi degli affitti

Nel corso del 1974 gli aumenti delle tariffe sono brutali: del 9% a Febbraio e del 5,5% a Settembre21. E' a partire dall'estate del 1974 che il movimento di sciopero, fino ad allora

circoscritto e marginale, tende progressivamente a delocalizzarsi, toccando poi sempre più i foyer della Sonacotra (vedi grafico).

Questi ultimi costituiscono la metà del totale dei FTM nel 1973, ovvero circa 50.000 letti, ripartiti in 260 strutture. Se la Sonacotra, in un primo momento, non è toccata dagli scioperi, ciò è in parte dovuto alla maggiore qualifica lavorativa dei suoi residenti, ai quali i redditi più elevati permettevano di far fronte agli aumenti degli affitti22. A questo si

aggiunge la minore accessibilità ai foyer Sonacotra da parte di militanti esterni, a causa dei modi di gestione e della particolare sorveglianza.

17 Ivi, p. 109. 18 Ivi, p. 149. 19 Ivi, p. 117. 20 Ivi, p. 118. 21 Hmed C. (2007). 22 Ibidem.

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Dal 1975 le strutture della Sonacotra sono però parte fondamentale della mobilitazione e lo resteranno fino al termine della lotta. Lo sciopero praticato dai residenti dei FTM a partire dagli anni '70, è, a tutti gli effetti, una lotta esemplare, “tanto per la sua longevità (1973-1981), quanto per il coinvolgimento suscitato (fino a 30.000 scioperanti in 130 foyer, al culmine della lotta)”23.

La genealogia della pratica dello sciopero dell'affitto, propria dei gruppi dominati, resta ancora ampiamente da scrivere, ma è indubbia la sua diffusione non solo nei FTM e non solo in Francia. Praticato nelle hlm della banlieue rouge, in maniera discontinua, lo sciopero dell'affitto è stato utilizzato anche negli anni '50 in alcuni quartieri di New York a forte concentrazione di migranti, lotte poi confluite nel movimento per i diritti civili24. In Italia,

movimenti di autoriduzione, comprendenti scioperi dell'affitto, si sono sviluppati in seno alla popolazione operaia, in diversi agglomerati urbani, negli anni '7025.

L'originalità sociologica di questa forma di lotta nel contesto dei foyer è da ricercare, secondo Hmed, oltre il suo carattere “migrante”, partendo invece da due questioni sociologicamente rilevanti. Innanzitutto, indagare come un gruppo dallo statuto così precario e con deboli mezzi, quale i residenti dei FTM, arrivi a impegnarsi in una

23 Hmed C. (2007). 24 Ibidem.

25 Per approfondimenti sul tema si vedano Collondes Y., Randal P.G. (1976), Les autoréduction, Ed. Christian

Bourgois, Paris; Daolio A.(a cura di) (1974), Le lotte per la casa in Italia. Milano, Torino, Roma, Napoli, Feltrinelli, Milano; Tozzetti A., La casa e non solo. Lotte popolari a Roma e in Italia dal dopoguerra a oggi, Editori Riuniti, Roma 1989; Pitzen M. (2007), Casa. Merce, Diritto, Bene comune, Edizioni Punto Rosso, Milano. Foyer in sciopero dell'affitto (totale o parziale) dal 1969 al 1979 secondo i gestori. Fonte: Hmed C., “Contester une institution dans le cas d'une mobilisation improbable: la «grève des loyers» dans les foyers Sonacotra dans les années 1970”, Sociétés contemporaines, 65 (2007).

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mobilitazione lunga e intensa contro un'istituzione dello Stato (la Sonacotra), fuori dallo spazio delimitato dei conflitti operai. In secondo luogo, capire di quali mezzi concreti i membri del gruppo dispongono, al fine di sfuggire all'emprise institutionelle nella quale sono immersi e opporgli una resistenza coordinata e organizzata26. Si consideri che le cessazioni

collettive di pagamento non sono una strada semplice per i residenti, che rischiano l'espulsione dal foyer, se non addirittura quella dal territorio27.

Ri-costruire un'infrastruttura militante

Nel Settembre del 1975 - quando si ha anche un nuovo aumento delle tariffe del 7,5% - nasce il Comité de coordination des foyers Sonacotra en grève, una struttura collettiva con una piattaforma rivendicativa comune. Membri del Comitato sono esclusivamente i residenti, su decisione dei “pionieri” del movimento, che vogliono evitare il rischio di strumentalizzazioni e l'allontanamento di residenti poco o affatto politicizzati28. Il Comitato

raggruppa 27 foyer della regione parigina, arrivando a raccoglierne 130 nel Luglio del 1978, data in cui il Comitato cambia nome divenendo il Comité de coordination des foyers en lutte, che si dissolverà nel 1981.

I metodi di lotta utilizzati sono molteplici: autoriduzioni, manifestazioni, incontri pubblici, marce silenziose, conferenze stampa, petizioni, controperizie e occupazioni di luoghi pubblici29 (come l'enorme “accampamento” in seguito all'espulsione da parte della

Sonacotra del foyer di Garges-lès-Gonesse nel Giugno 1979; vedi foto).

Non mancano neppure sequestri di direttori di foyer e strategie di tipo giuridico, concretizzatesi principalmente nei ricorsi contro le decisioni di espulsione, portati avanti da avvocati del Gisti30. Con questo repertorio di azioni diversificate, i residenti riescono a

rendere la propria lotta visibile sui grandi mezzi di comunicazione.

26 Hmed C. (2007).

27 Nel foyer di Aulnay-sous-Bois la direzione della Sonacotra ha ottenuto l'espulsione dalla residenza di nove

residenti nel 1974. Nell'Aprile 1976 sono espulsi dalla Francia 18 residenti, identificati dalle forze dell'ordine come delegati. E questo è solo l'inizio. Dal 1978 hanno inizio numerose espulsioni, sempre però “selettive”, che toccavano qualche decina di residenti, associate a tagli o blocchi del salario. Dal 1979 cominciano le evacuazioni totali di foyer. Più di 5.000 ordinanze di espulsioni sono state pronunciate e, nel settembre 1979, 1.200 sono state realizzate, concernendo migliaia di residenti. Bernardot M. (2008a), p. 158 e p. 160 e segg.

28 I militanti del MTA (Mouvement travailleurs arabes), i maoisti e comunisti escono dal movimento di

costituzione del Comitato. Bernardot M. (2008a), p. 146.

29 Hmed C. (2007).

30 Groupe d’information et de soutien des immigrés, nato nel 1972. La parola travailleurs, che conferisce la “t” al

nome è stata eliminata. Per l'attuale attività dell'associazione si veda http://www.gisti.org/. Bernardot M. (2008a), p. 150.

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Per quanto riguarda la Sonacotra, 41 foyer sono in cessazione di pagamento, a gradi diversi, alla fine del 1975. Degli accordi sono stati trovati solo in due strutture31. Per la

direzione, il principio resta quello della negoziazione foyer per foyer, mentre il Comitato di coordinamento reclama una negoziazione unitaria, per la quale si dichiara unico interlocutore32.

La partecipazione si abbassa intorno al 1976-1977. Tra Maggio e Agosto del 1976, il PCF e l'Amicale des Algèriens en Europe sostennero la Sonacotra invocando le negoziazioni per singoli foyer. Molti caddero nella rete e interruppero la lotta. Nel Marzo 1977 la CGT, la CFDT e FO (Force Ouvrière) negoziano con la Sonacotra alle spalle del Comitato di coordinamento. Il 18 Novembre 1978 marca invece una forte risalita della mobilitazione: in seguito a numerose incursioni della polizia nei foyer, il Comitato di coordinamento indice manifestazioni di protesta che raccolgono 20.000 persone33.

La crisi dei foyer mette in evidenza le difficoltà dei gestori nel considerare i propri clienti interlocutori a pieno titolo. I comitati interni ai foyer, creati per dissuadere i residenti dalle

31 Ivi, p. 115.

32 Per approfondimenti e dettagli dello sviluppo del movimento si veda Bernardot M. (2008a), p. 144 e segg. 33 Dati cronologici tratti da “Histoire-mémoire. La lutte des foyers” in AA.VV., Journal du forum social des

quartier populaires, n° 2, Mai 2007 (http://fsqp.free.fr).

Presidio-campeggio a Garges, nel 1979, in seguito alla chiusura di un foyer e all’espulsione dei suoi residenti. Fonte: U.C.F.M.L. (1981), Histoire politique du mouvement des foyers Sonacotra, Ed. Potemkine.

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proteste34, vengono completamente esautorati e, a fronte della tenacia della lotta, l'unica

risposta degli enti gestori, oltre a procedure giudiziarie per ottenere i pagamenti dell'affitto35, è la repressione. Riportiamo un estratto del rapporto scritto dal direttore del foyer di Bezons nel Luglio 1978, uno dei momenti di massima agitazione nelle strutture della Sonacotra:

J'ai le regret de vous informer que le foyer de Bezons suit les directives du Comité de coordination sur le non paiement de PFG [participation aux frais de gestion] à compter du 1er juillet 78.

Les délégués du Comité du Foyer (élus démocratiquement en juin 77) ayant donné leur démission, complètement écœurés, ceci sous les pression, voire même menace de certains résidents du Foyer « chauffés à blanc », dirigés et soutenus par des éléments extérieurs au Foyer de Colombes (Avenue du Parc) etc. Ceux-ci ont d'ailleurs mis en place un Comité de résidents leur étant tout dévoué composé essentiellement d'ivrogne et de chômeurs ne sachant pour ainsi dire ni lire ni écrire, mais par contre sachant parler avec excitation, en deux mots de véritable meneurs de grève.

Par ailleurs, aucun relation ne peut avoir lieu avec les « anciens délégués », lesquels ne sont plus suivis et écoutés par une partie des Résidents, qui d'ailleurs continuent de les insulter et de les menacer malgré qu'ils n'occupent plus leur fonction. [...] Pour ramener la clame, il faudrait pouvoir prendre des sanctions(expulsion du Foyer par exemple) pour les meneurs dont vous avez la liste ci-jointe. À ce jour, aucun PFG n'ont été encaissés pour juillet et il reste 54 impayés sur juin 78.36

La rete di comunicazione e organizzazione della lotta non è preesistente, ma viene costruita attraverso l'azione collettiva. E' fondamentale osservare che, se si escludono gli incontri pubblici e le manifestazioni, la mobilitazione dei residenti ha luogo in maniera quasi esclusiva nei loro luoghi di vita fuori dal lavoro, e dunque nei foyer. L'infrastruttura militante prende le mosse proprio dall'istituzione, utilizzata come principio organizzatore. Ciò sembra ancor più logico se si pensa a quanto la struttura foyer sia adattabile all'attività militante. L'architettura dei foyer costituisce un'infrastruttura preziosa per il lavoro di mobilitazione: sale di riunione e di alfabetizzazione, spaziosi bar, permettono di organizzare riunioni a costo zero, anche se spesso l'autorizzazione del direttore avveniva solo sotto minaccia. In più, questi luoghi di socialità sono molto frequentati dai residenti stessi, i quali non hanno perlopiù altra scelta all'esterno.

Hmed mette in evidenza l'importanza di due tipi di “capitali militanti”, determinanti per il successo dell'azione: un capitale militante indigène, ovvero risorse specifiche nel quadro del

34 La Sonacotra accorda ai residenti la possibilità di avere dei rappresentanti riconosciuti. Altre concessioni

saranno esito delle negoziazioni, che portano a un forte calo degli scioperi dell'affitto: solo 10 foyer nel Gennaio 1977, dopo gli oltre 50 nel 1976; vedi grafico). Bernardot M. (2008a), p. 153.

35 Bernardot M. (2008a), a p. 155 titola “judiciarisation du conflit et répressione des grévistes”. 36 Hmed C. (2007).

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contesto conflittuale e in seno all'istituzione foyer, e un capitale militante importé, ossia un sostegno locale alla lotta e dunque meglio situato nello spazio sociale37.

L'analisi portata avanti da Hmed include interviste con militanti, le cui biografie mostrano un legame tra le lotte di decolonizzazione nel loro paese di origine e le forme prese dalla mobilitazione in questione38. La lotta viene a strutturarsi su un doppio livello:

come lotta operaia, contro lo sfruttamento di una società di Stato accusata di fare profitto, e come lotta di liberazione, contro un'istituzione dalle pratiche giudicate coloniali39. Questo

filone d'indagine è portato avanti anche da Laure Pitti40, che verifica l'ipotesi di una

“filiazione militante” tra la lotta di liberazione nazionale algerina e le lotte operaie in Francia tra il 1968 e il 1975.

Lo studio di questa mobilitazione mostra come, in assenza di reti militanti preesistenti e di mezzi istituzionali di rappresentanza politica, a un gruppo di individui dallo statuto precario, disposti a lottare, resta solo una via da percorrere per prendere parola: sovvertire l'istituzione che ha per funzione la loro “presa in carico” e il controllo delle loro pratiche.

Esiti delle lotte

La gestione governativa del conflitto, definita da Bernardot41 “coloniale”, nell’alternanza

tra “il bastone e la carota”, vede, oltre alla repressione, anche un fase di negoziazioni. Con l’arrivo di Lionel Stoleru nel 1977 si ha la famigerata “politica del ritorno”42, affiancata da

incontri con i membri del Comitato di coordinamento. Contemporaneamente, esperti sono sollecitati al fine di fornire elementi per una trasformazione della politica abitativa nei confronti dei lavoratori celibi.

Nell’Aprile 1979, la Commissione Delmon redige il “Rapport de la commission d’étude pour le foyers de travailleurs migrants”: il principio di non-discriminazione comporta il passaggio da un’azione specifica verso gli stranieri ad azioni di diritto comune, dunque si ritiene necessario avvicinare la condizione dei residenti dei foyer a quella degli affittuari

37 Ibidem.

38 “La structure du Comité elle-même est pensée en référence à celle adopté par le FLN pendant la Guerre

d'Algérie: un bureau (composé de six membres) et sept commission de travail (propagande, information, technique, culture, soutien, gestion, contrôle) se partagent les tâches d'administration du mouvement”. Ibidem.

39 Ibidem.

40 Pitti L., “Une matrice algérienne? Trajectoires et recompositions militantes en terrain ouvrier, de la cause

de l'indépendance au grèves d'OS des années 1968-1975”, Politix, n° 76/2006.

41 Bernardot M. (2008a), p. 151. 42 Si veda infra par. 3.2.

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nazionali degli alloggi sociali43. Come i rapporti precedenti44, anche questo riprende le

rivendicazioni del Comitato, sostanzialmente in tre punti: lo statuto d’occupazione, il diritto di riunione e il prezzo. Argomentati in maniera piuttosto esaustiva nel rapporto45, a questi

punti si aggiunge la ridefinizione delle modalità di finanziamento, con la proposta dell’estensione dell’APL (aide personnel au logement) per i residenti dei foyer. Questa sarà accolta dal governo, così come la concessione di uno statuto dei residenti, che però non si avvicinerà affatto a un contratto di locazione46. I nuovi contratti indicheranno le modalità

di fissazione ed evoluzione del prezzo; i nuovi regolamenti interni saranno meno rigidi e contempleranno il diritto di riunione, di visita e la possibilità di cogestire alcune parti del budget di funzionamento del foyer47.

Nel nuovo statuto tipo il direttore è un animatore sociale - nei foyer più piccoli è un operaio-animatore -, che cura gli aspetti materiali e soprattutto i contatti con i poteri locali e l'esterno48. Il foyer di Bourget - 300 letti e 600 ospiti occasionali, due terzi africani, un terzo

magrebini anziani - è, nelle parole del suo responsabile, scandito da un complesso organigramma di delegati, divisi per nazionalità, capi di villaggio, imams e saggi49.

Le richieste del Comitato non possono comunque dirsi soddisfatte - l'organizzazione stessa non era stata mai riconosciuta ufficialmente né dalla Sonacotra, né dal governo -, certo è, invece, che lo Stato, soddisfacendo alcune rivendicazioni, getta nuovamente nell’invisibilità sociale i residenti. La smobilitazione è rapida a partire dalla fine del 1979 (vedi grafico). L’arrivo della sinistra al potere, nel 1981, non da seguito alla lotta50, che comunque

ha definito la crescita del peso dei migranti nelle politiche urbane e nelle politiche pubbliche in generale.

Se essa è l'ultimo grande movimento politico di immigrati in Francia, anticipa però i movimenti dei giovani delle nuove generazioni “immigrate” nate sul suolo francese degli anni '80 (marche des Beurs e Sos-Racisme), così come quelli dei sans papier degli anni '90, prova che l'immigrazione di lavoro si è trasformata in immigrazione di popolamento, definitiva e dunque rivendicativa del suo diritto alla piena cittadinanza.

43 Bernardot M. (2008a), p. 173 e segg.

44 Già due commissioni si era pronunciate - Levard e Johannet -, apportando indirettamente conferme alle

rivendicazioni dei residenti. Bernardot M. (2008a), p. 166 e segg.

45 Per i dettagli si veda Bernardot M. (2008a), p. 175 e segg. 46 Ivi, p. 195.

47 Ivi, p. 179. Ricordiamo che l’opera di Bernardot concerne le strutture della Sonacotra, non l’intero parco

alloggiativo dei foyer.

48 Vandromme X. (1996), p. 47. 49 Ivi, p. 45.

50 I primi anni del suo settennato, François Mitterand porta avanti una riflessione sulla riforma dello statuto

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6.2 Verso le residenze sociali Una nuova politica dell’alloggio comincia. Alcuni foyer vengono chiusi, altri ristrutturati, molti restano tali e quali. La Sonacotra adotta una “strategia di rottura”, mirante a scrollarsi di dosso l’immaginario migrante e coloniale che colpiva i foyer. Un programma di riassorbimento delle cité de transit51 è lanciato tra il 1983 e il 1985, ma gran parte delle

strutture non riassorbite vengono cedute ai locatari o a società di gestione, sbarazzandosi così di un patrimonio di pessima qualità52. Ha inizio la politique de la ville, una “politica della

città” contro tutte le forme di esclusione in ambito urbano, i cui esiti saranno però tutt'altro che positivi.

La situazione dei foyer si complica ulteriormente - marcata da fenomeni di pauperizzazione e diversificazione della popolazione, invecchiamento degli edifici e dei residenti -, fino al decreto governativo che permette ai gestori il passaggio a “residenze sociali”.

La « politique de la ville »: risposte fallimentari a emergenze strutturali Si possono far risalire gli inizi della “politica della città” alla fine degli anni ’70, quando i poteri pubblici prendono coscienza delle difficoltà dei grands ensembles e avviano la principale politica pubblica di lotta contro tutte le forme di esclusione in ambito urbano.

Con l’operazione “Habitat et vie sociale” (1977), che mirava a riabilitare HLM con l’aiuto finanziario dello Stato, si dà avvio ad una serie di piani, che sono passati sempre più dal sociale all’economico, dai servizi pubblici all’architettura del quartiere, dall’azione sulle genti a quella tramite agenti, per poi approdare all’azione sui luoghi, come individua Donzelot53 nella sua analisi dell’ “evoluzione” della

politique de la ville.

La genesi di tali politiche si inserisce in un contesto già di emergenza e così proseguirà negli anni, in risposta a crisi puntuali, cercando soluzioni tampone non appena il binomio esclusione-esplosione appare sulla scena. Le rivolte dell’estate del 1981 nel quartiere Minguettes (nella banlieue sud-est di Lione) - le prime a conoscere una copertura mediatica di vasta entità54 - mettono in evidenza

l’ampiezza e la natura delle difficoltà: non si tratta solamente di invecchiamento degli edifici, ma di problemi socio-economici concentrati sullo spazio limitato del quartiere55.

51 Infra, par. 4.2.

52 Bernardot M. (2008a), p. 200.

53 Donzelot J. (2006), Quand la ville se défait. Quelle politique face à la crise de banlieues?, Éditions du Seuil, Paris, in

particolare pp. 65-77.

54 I primi affronti con le forze dell’ordine - e le prime macchine bruciate - avevano già avuto luogo nel 1979

a Vaulx-en-Velin (periferia di Lione).

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Ensemble, refaire la ville - titolo del rapporto della commissione per lo sviluppo sociale dei quartieri56,

creata il 23 Dicembre 1981 - è la risposta governativa. E’ uno “sviluppo sociale dei quartieri” che emerge come soluzione e rappresenta il primo stadio d’azione, centrato sulle genti, sull’idea che è il potenziale relazionale delle persone a poter cambiare il quartiere. Ma questa politica, burocratica ed imposta dall’alto, non fa altro che rendere più violente e più diffuse le rivolte degli anni ’90.

La delusione seguita alla messa in opera di questi primi interventi porta a porre l’accento sui deficit dei quartieri in materia di servizi e di impiego, rompe con l’idea che ci sia una ricchezza propria dei quartieri da sviluppare e postula invece che essi soffrano di un deficit costitutivo da compensare. Le misure cominceranno nel 1991, per accentuarsi con il “Patto di rilancio per la città” del 1996; significativa è anche la creazione di un apposito “Ministero della città” (1990).

Per quanto riguarda i servizi si ha l’idea di remunerare maggiormente gli agenti - ed ecco il secondo tipo di intervento secondo Donzelot - in conseguenza dello sforzo maggiore necessario allo svolgimento del loro lavoro. Lo stesso spirito di “compensazione” prevarrà a proposito dell’impiego, con il Patto del 1996.

La presenza massiccia di disoccupazione è data dall’assenza di imprese sul territorio, a sua volta causata da inconvenienti in termini di sicurezza ed immagine. Come superarli? Offrendo un vantaggio compensativo: l’esonero dall’imposta sui benefici delle società e, soprattutto, dagli oneri sociali. Ecco come nascono le zone franches urbaines (ZFU), un’ulteriore suddivisione delle zones

urbaines sensibles (ZUS), create nel 1995, caratterizzate dalla presenza dei grands ensembles, o di

quartieri ad abitato degradato, e da un disequilibrio abitato-impiego57.

Il principio alla base di questa zonizzazione consiste nel servirsi dell’ineguaglianza del trattamento a favore dell’uguaglianza del risultato, ricevendo così l’appellativo di “discriminazione positiva”. Ma questa strategia oscilla tra due tendenze, entrambe negative: estendere il beneficio dei “deficitari” a tutti gli agenti di uno stesso servizio (è il caso delle ZFU, che hanno l’inconveniente che l’impiego da esse creato viene pagato da un rialzo della disoccupazione nell’ambiente circostante); intensificare, tramite deroga, il beneficio, estendendo la durata della sua applicazione.

La politica della città passa dunque al terzo stadio: la “rinnovazione urbana”, ovvero un trattamento fisico di fondo dei grands ensembles, tramite i “grandi progetti urbani” (GPU) e i “grandi progetti di città” (GPV)58. Ma al cambiamento progressivo del contenuto dell’azione nei tre

differenti approcci, ha sempre sotteso una logica ben precisa: la dottrina della mixité sociale, della (2006), Parias urbains. Ghetto-Banlieues-État, La Découverte, Paris.

56 Noto come rapporto Dudebout, dal nome del capo della commissione. Hubert Dudebout fu sindaco di

Grenoble dal 1965 al 1983; la sua città era ritenuta faro della vita associativa come forma più elaborata di cittadinanza. Ma gli elementi costitutivi per tale “ricetta” erano tutti - o quasi - già scomparsi nei quartieri delle rivolte.

57 Per maggiori informazioni si vedano i termini ZFU, ZUS e Politique de la ville sull’enciclopedia on-line

Wikipédia, che fornisce un quadro generale e un'efficace cronologia.

58 Per una descrizione di tali misure e della loro applicazione si veda Chaline C. (2006), Les politiques de la ville,

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“mescolanza sociale”, l’idea che è necessario “disperdere” i poveri/immigrati, che è possibile favorire la loro integrazione rendendoli minoritari nei quartieri dove risiedono. In altre parole, che il mélange sociale genera integrazione, e - specificatamente nella concezione francese della mixité - che, se i poveri/immigrati sono minoritari, adotteranno le norme dominanti delle classi medie. Lelévrier parla di “effetti perversi” dell’applicazione del principio di mixité, ritrovando nelle stesse pratiche di attribuzione degli alloggi nei quartieri-chiave della politique de la ville effetti inversi a quelli dichiarati; l’esclusione e la discriminazione sono alimentate, anziché ridotte, dai “criteri di “ammissione” ai nuovi alloggi (esempio: il numero dei componenti del nucleo familiare, nell’ottica di diminuire le grandi famiglie, esclude certe categorie di popolazioni, soprattutto africane)59.

Dal lato opposto, le famiglie – in particolare di immigrati - che già risiedono in quartieri “sfavoriti” non hanno la possibilità di spostarsi per accedere a segmenti abitativi più valorizzati; la mobilità è pressoché negata. Proprio per questo sia Donzelot60 che Lelévrier61 rivendicano un droit à la mobilité,

piuttosto che una mescolanza imposta, perché “coloro che restano sono unicamente coloro che non possono partire”.

Trasformazioni demografiche e sociali

La chiusura di alcune strutture, l’espulsione degli scioperanti e l’interruzione dell’immigrazione di lavoro concernono essenzialmente algerini, la cui proporzione diminuisce dagli anni '80 in poi. La popolazione si diversifica, principalmente per la crescita del numero di francesi e di africani, provenienti dal bacino del fiume Senegal62.

L’aumento della disoccupazione e il convenzionamento con il sussidio all’alloggio (APL), modificano il rapporto economico tra la struttura e l’ospite, non più esclusivamente e necessariamente lavoratore. Si avvia così un processo di “sostituzione” e le strutture si aprono a una popolazione spesso in situazioni di precarietà, che non può permettersi altra sistemazione.

La ricerca di una nuova clientela è volta, da parte degli enti gestori, a scrollarsi di dosso l’immaginario migrante e coloniale che colpiva i foyer e per compensarne la disaffezione. Nel 2004, i magrebini costituivano il 48% dei residenti, contro l'84% nel 1977, e un quarto dei residenti erano nazionali. La forte percentuale di francesi arriva nei foyer perlopiù in seguito a un evento traumatico ben definito - licenziamento, divorzio, incidente di lavoro -,

59 Lelévrier C., Mixité et politique de la ville, intervento al dibattito «Mixité sociale et ségregation : les réalités

d’hier et d’aujourd’hui et les actions publiques-2001» , reperibile sul sito dell’Institut d’Amenagement et d’Urbanisme de la Région d’Ile-de-France (IAURIF):

www.iaurif.org/fr/savoirfaire/etudesenligne/mixite_sociale_segregation/mixite.htm.

60 Donzelot J. (2006), in particolare il paragrafo « Faciliter la mobilité plutôt qu’imposer la mixité ». 61 Lelévrier C., cit.

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al quale segue un cambiamento residenziale brutale, che spesso da transitorio diviene permanente63.

Ai processi di pauperizzazione e diversificazione si aggiunge l’invecchiamento dei residenti “classici”. Certamente non nuovo, il fenomeno, già constatato negli anni '80, non cessa di progredire in maniera esponenziale , di pari passo con la durata del soggiorno. Tale processo trova la sua origine nella non realizzazione di ciò che appariva a prima vista ineluttabile: il ritorno nel proprio paese d’origine degli immigrati di prima generazione.

Nel 1999, più della metà degli uomini stranieri di 60 anni e oltre sono magrebini e alloggiano perlopiù nei foyer. Con la percentuale del 40% sul totale degli stranieri over 60 nei foyer, gli algerini sono i più presenti, costituendo inoltre il 64,3% degli uomini viventi nelle residenze. Ovvio constatare che, essendo i destinatari delle strutture, gli algerini siano stati anche i primi a stabilirvisi e dunque i più anziani64.

Nel 2003, circa la metà (47,2%) dei residenti della Sonacotra avevano più di 56 anni e il 18% più di 66 anni, contro l'8,5% nel 1998, ossia un raddoppio in cinque anni65.

In tale contesto, il personale in servizio presso i foyer, perlopiù femminile, non assicura solo lo svolgimento delle pulizie, ma riveste anche un’importante funzione sociale implicita di vicinanza ai residenti. Quando il turn-over delle imprese esternalizzate non è troppo rapido, le lavoratrici si prendono cura di alcuni residenti, fino a rivestire un difficile ruolo di infermiere-badanti, subendo inoltre insulti e provocazioni sessuali66.

L’ “alloggio provvisorio per lavoratori provvisori”67 è divenuto l’alloggio definitivo per

non lavoratori, o meglio, persone per le quali lo statuto di “lavoratore” tende a scomparire a causa della disoccupazione, della pensione o di problemi di salute.

Secondo le statistiche della Sonacotra, nel 2003, circa il 40% dei suoi clienti vive di sussidi di disoccupazione o altri sussidi sociali (revenu minimun d’insertion o minimum vieillesse, principalmente), ai quali si aggiunge un 17,8% di pensionati68.

Chi abita oggi nei foyer-residenze?

All'eterogenizzazione degli statuti sociodemografici (giovani/vecchi, salariati/inatttivi) si

63 Bernardot M., Bolzman C., Fibbi R., Guillon M., “Le vieux, le fou et l'Autre, qui habite encore dans les

foyers?”, Revue européenne de migrations internationales, vol.17, n°1, 2001.

64 Hmed C. (2005), “L'institution en déreliction. De certain aspects du vieillissement des immigrés en foyers

pour travailleurs”, Cahiers du Grip, 1.

65 Bernardot M. (2008a), p. 275.

66 Hmed C. (2005). Vedi anche Bernardot M. (2008a), p. 236-237. 67 Cfr. Sayad (2008).

68 Hmed C. (2005), “L'institution en déreliction. De certain aspects du vieillissement des immigrés en foyers

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aggiunge l'ampia diversificazione delle nazionalità, così come l'estensione delle casistiche che approdano ai foyer.

Bernardot, insieme ad altri tre studiosi69, propone una classificazione per tipologie di

residenti, in rapporto all'utilizzo del foyer e alle relazioni con gli altri residenti della medesima struttura.

Installés, cloîtrés e passants sono i nuovi abitanti dei FTM. I primi, coloro che si sono oramai “installati”, sono essenzialmente i migranti “tradizionali”, dunque uomini, operai, dai 45 anni in su, coesi tra loro, consci delle “regole del gioco” delle strutture e costituenti una sorta di contro-potere all'interno del foyer, nella misura in cui tacite norme sono da loro dettate70.

Un'inchiesta del 1996-1997 ci mostra i periodi di permanenza dei residenti nello stesso foyer: il 60% vi soggiornava da più di vent’anni, il 67% da almeno quindici anni e il 79% da più di dieci anni71. Questo “radicamento”, letto da Hmed72 anche come corollario del déracinement originario73, si lega principalmente a costrizioni sulle traiettorie personali e a

qualità intrinseche dei foyer. La condizione stessa di residente in FTM preclude la possibilità di un’alternativa abitativa, le domande di alloggio non sono considerate prioritarie da comuni e prefetture74.

Allo stesso tempo, il foyer agisce sui corpi e sugli spiriti75, facendo interiorizzare ai

residenti questo avvenire come il solo possibile. Inoltre, l'invecchiamento per i migranti resta un'interminabile dividersi tra ici et là-bas, per continuare ad avere diritto al versamento di alcune prestazioni. In sostanza, i vecchi migranti ora in pensione hanno l'obbligo-necessità di restare in Francia, seppure la loro vita abbia continuato a essere altrove. Le camere dei foyer vengono in questi casi subaffittate dalle persone che tornano in Francia solo qualche mese, per fare atto di presenza amministrativa, cercando di sfuggire ai controlli degli enti erogatori dei sussidi76.

Negli ultimi anni appare la categoria dei cloîtrés, i reclusi. Il foyer diviene una soluzione provvisoria e d'urgenza dopo un esilio, un'ospedalizzazione, psichiatrica o meno, l'espulsione da un alloggio. Vi si trovano donne vittime di violenza e persone uscite

69 Bernardot M., Bolzman C., Fibbi R., Guillon M. (2001). 70 Ibidem. 71 Hmed C. (2005). 72 Ibidem. 73 Infra, par. 1.2. 74 Hmed C. (2005). 75 Cfr. Infra par. 5.2.

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dall’ospedale psichiatrico o dal carcere, giovani in difficoltà e richiedenti asilo in attesa di risposta. Essi arrivano nei foyer perlopiù tramite prescrizione dei servizi sociali o sanitari. Psicologicamente sotto choc, vivono la loro permanenza nel foyer separati dal contesto generale della struttura, ripiegandosi sullo spazio della propria camera. A questi si può aggiungere qualche caso di vecchi residenti, isolatisi in seguito alle trasformazioni della popolazione dei foyer.

Un'ultima categoria di residenti è quella dei “passanti”, i giovani francesi con posizioni lavorative precarie (stages, contratti a tempo determinato..), che spesso si trovano a non avere altra scelta che l'alloggio in foyer. In un universo dominato dagli statuti assistenziali, coloro che fanno un utilizzo classico dei foyer, ovvero i lavoratori migranti, sono divenuti minoritari, a favore dei giovani esclusi di oggi77. A questi si aggiunge un altro tipo di

accoglienza temporanea, distinta però perché ad accesso libero, senza prescrizione sociale, per motivi familiari, di studio, o ricerca di un altro alloggio.

Appare evidente come i limiti di ciascun uso diverso del luogo di vita siano porosi e dunque come le persone possano passare facilmente da una condizione all'altra. E' comunque interessante distinguere le situazioni nel momento in cui si parla di trasformazione dei foyer in “residenze sociali”78, per comprenderne appieno le conseguenze

sulle diverse categorie.

Alloggi d'urgenza per richiedenti asilo

L'asse più innovatore, nel processo di ampliamento della clientela, concerne l'alloggio d'urgenza dei richiedenti asilo. Nel contesto della trasformazione radicale della politica d'asilo in Francia, a partire dagli anni '80, e con la crisi di questo dispositivo all'inizio del 2000, a causa della penuria di posti per l'alloggio79, i foyer si rivelano una soluzione. In

qualche anno la Sonacotra diviene il primo ente gestore dei Centre d'accueil de demandeurs d'asile (CADA). Ne gestiva 5 nel 1995, 8 nel 2000 e 28, con 1.792 posti, nel Dicembre 200380. Le condizioni alloggiative sono le stesse di quelle proposte dai foyer, ma la durata

della permanenza è ben più precaria, in quanto legata al tempo di esame del dossier da parte dell'Office de protections des réfugiés et apatrides. Nessuna possibilità, dunque, per questa

77 La popolazione francese rappresenta il 24% di residenti dei foyer Sonacotra, della quale il 58% ha meno di

35 anni. Saidi B., “La transformation des foyers Sonacotra”, Ecarts d'identité, n°80.

78 Cfr. Barou J.,“Foyers d’hier, résidences sociales de demain”, Ecarts d'identité, n°94, 2000-2001; Desrumaux

G., “De foyers de travailleurs migrants aux résidences sociales: quelles mutations?”, Ecarts d'identité, n°94, 2000-2001.

79 Bernardot M. (2008a), p. 267. 80 Ibidem.

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clientela, di stabilirvisi.

Il cliente ideale, insomma, interamente solvibile, perché preso in carico dallo Stato che versa una quota giornaliera direttamente all'ente gestore, e che copre i posti vacanti nelle residenze.

Ancora più precaria è la situazione di chi si vede respinta la domanda d'asilo e ha un mese di tempo per lasciare il centro. Per loro ci sono i centri AUDA, accueils d'urgence de demandeurs d'asile, una sottocategoria dei CADA con mezzi ridotti (personale, attività, sussidi). Nel Gennaio 2004 la Sonacotra gestiva 70 AUDA, accogliendo 3.540 persone81.

L'invisibilizzazione è di nuovo all'opera: i richiedenti asilo alloggiati nei foyer già esistenti sono evidentemente messi da parte e non figurano come popolazione visibile nei comuni; i nuovi CADA sono edificati in zone rurali periferiche.

Residenze sociali: quali cambiamenti?

Il termine “residenza sociale” designa le strutture create dal Ministero degli Affari sociali tramite tre decreti in data 23 Dicembre 1994. Nell'Aprile del 1995, il governo Balladur, con una circolare di applicazione82, completa la trasformazione dei foyer nel nuovo prodotto. La

definizione è, secondo la circolare: « Logement-foyer conventionné à l'APL. Construction neuve ou par acquisition-amélioration d'un immeuble existant ou par le conventionnement d'un foyer de jeunes travailleurs ou de travailleurs migrants existants, une résidence sociale vient compléter si nécessaire l'ensemble des structures d'hébergement et de logement temporaire d'un bassin d'habitat »83. Destinate ad accogliere in maniera transitoria chi si

trova sprovvisto di mezzi per vivere, comprendono anche i FTM, che, in seguito a lavori di riabilitazione o per semplice contrattualizzazione, divengono statutariamente residenze sociali84. A livello legislativo, dunque, l'unica differenza tra foyer e residenza sociale è il

diritto all'APL di cui dispongono gli occupanti.

Al di là del cambiamento del nome e della volontà politica manifestata dallo Stato, la questione principale che ci si è trovati a dover affrontare non è l'invecchiamento della popolazione immigrata, della quale lo Stato si sbarazzerebbe volentieri, quanto piuttosto la necessità di un alloggio transitorio per persone in situazioni di precarietà, che aumentano esponenzialmente85. Le strutture a questo preposte, quali i Centres d'hébergement et de

81 Ivi, p. 268.

82 Circolare interministeriale n°95-33 del 19 Aprile 1995.

83 Leuenberger C. (2004), Les Soninké du foyer Pinel, Mémoire de maîtrise, Université Paris-X, p. 18. 84 Bernardot M. (2008a), p. 268.

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réadaptation sociale (CHRS), non erano sufficienti e quale risposta più facile e a minor costo dei foyer? Si ripropone l’idea di una soluzione alloggiativa provvisoria che, associata a un “accompagnamento sociale”, permetterà l’accesso a un alloggio permanente.

La circolare del 1995 enunciava la possibilità dell' “apertura ad altre popolazioni”, introducendo l'idea di una certa mixité86 di popolazioni, sottolineando che “conviene stare

attenti al rischio di marchio sociale eccessivo che potrebbe risultare da una definizione troppo restrittiva delle popolazioni accolte in termini di caratteristiche sociali o di risorse”87.

Alla fine del 2003, la Sonacotra gestiva 161 residenze (17.400 posti), che costituivano il 38% del parco dell'impresa, ma solo il 24% dei residenti. Di tali strutture, 16 sono nuove, mentre il resto sono acquisizioni-rinnovamenti, riabilitazioni o “trasformazioni senza lavori” degli edifici preesistenti88. Per quanto riguarda i residenti, 15.000 abitavano già nei foyer e solo un'esigua porzione (circa 2.400) è nuova.

Il carattere provvisorio dell'alloggio si accentua nelle residenze sociali, dove si prevede una durata massima di soggiorno di due anni89, con una deroga per i lavoratori migranti

residenti nei foyer trasformati.

Questo ci mostra l'ambiguità del cambiamento dello statuto dei foyer. Se in prima analisi si pensasse che la mutazione avesse permesso un miglioramento delle condizioni, concretamente, invece, il passaggio non modifica la natura dell'offerta dell'alloggio. I lavori, quando ci sono, investono gli edifici più recenti e quelli che necessitano di interventi poco costosi, mentre i più vecchi non sono in gran parte toccati90. L'invecchiamento grava sulle

strutture, degradate dal passare degli anni e dalla frettolosità delle edificazioni originarie. L'inadeguatezza è evidente: camere troppo piccole, unità di vita troppo grandi, prestazioni obsolete, difficile accessibilità per persone anziane, a fronte di un prezzo delle camere sempre più elevato.

Il cambiamento incide, inoltre, sulle prassi ormai acquisite dai residenti: nuove forme di regolazione e costrizione vengono messe in atto. Allo stesso tempo, nuove lotte prendono

d'identité, n°94, 2000-2001.

86 Sul concetto di mixité sociale, mescolanza sociale, si veda infra, quadro di approfondimento sulla politique de

la ville.

87 Traduzione della citazione dal francese a cura della redattrice. Béguin H. (2008), “Faire cohabiter, un enjeu

lors de la transformation des foyers de travailleurs migrants en résidences sociales”, Journée d’étude jeunes chercheurs «Cohabiter», 3-4 Avril. Béguin mette in luce come il concetto di mixité sia qui inteso non tanto in riferimento al reddito (come la mixité sociale), quanto piuttosto in relazione all'età e allo stile di vita. Il concetto viene ripreso anche da testi regolamentari successivi in materia di FTM e residenze sociali, fino ad essere eretto a obiettivo nella circolare del 2006.

88 Bernardot M. (2008a), p. 264. 89 Leuenberger C. (2004), p. 70. 90 Bernardot M. (2008a), p. 265.

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piede da parte dei residenti per riappropriarsi degli spazi e dei tempi di vita. “Il s'agit d'une lutte pour l'appropriation de l'espace de la résidence semblable aux luttes passées”, scrive Céline Leuenberger, nel suo interessante lavoro d'indagine sul foyer Pinel, poi residenza sociale Bachir Souni91. Nel caso in questione, le lotte dei residenti sono riuscite a

permettere il riprodursi di pratiche culturali sviluppate nel foyer e a rendere la residenza semplicemente un “nuovo foyer”, come i residenti stessi infatti lo chiamano92.

L'unificazione sotto un appellativo comune di differenti tipi di alloggi-foyer (per giovani, per anziani, per lavoratori migranti) ha delle virtù di semplificazione e chiarificazione della politica dell'alloggio sociale, ma questa mutazione partecipa del processo di invisibilizzazione già evocato. E' chiaro che la residenza sociale è soprattutto l'occasione di modificare il discorso sulla popolazione residente nei foyer e la dimensione sociale associata all'alloggio non ha che un'esistenza ipotetica. Nessun accompagnamento sociale è previsto e alcuni studi mostrano che le residenze non sono meglio integrate in programmi sociali rispetto a prima93.

Nonostante ciò, l'origine straniera, reale o supposta, torna sempre a marcare i foyer e i suoi abitanti. Il “legame originale” con l'immigrazione algerina è difficile da cancellare e ogni piccolo evento riporta immediatamente le residenze all'immaginario dell'immigrazione coloniale, della stigmatizzazione e della povertà. Esempi sono gli attentati razzisti contro i foyer nel 198894, così come le immagini diffuse dai media nel 1990, in seguito a una “caccia

ai pusher”, organizzata dai residenti del foyer Nice Village95.

I foyer restano la traccia visibile del periodo dell’immigrazione coloniale di lavoro e della “guerre d’Algérie dans le béton”, come disse un vecchio dirigente della Sonacotra96. L'archipel de foyers n'est pas prêt de disparaître, concludiamo con le parole di Bernardot97.

91 Leuenberger C. (2004). 92 Ivi, p. 80.

93 Bernardot M. (2008a), p. 266. 94 Ivi, p. 240.

95 Il foyer Nice Village, costruito per riassorbire la bidonville di Digue-aux-Français, distrutta nel 1976,

accoglieva ufficialmente 800 celibi, ma nei fatti circa 2.000 persone. Il foyer era divenuto un “supermercato” di eroina quando i rivenditori furono cacciato dal centro città. “Ce déplacement du marché s'est fait presque avec la bienviellance de la police qui considère que cette fixation permet un contrôle plus facile du problème”, scrive Bernardot. I residenti organizzarono “brigate antidroga”, che suscitarono un elevato interesse mediatico; le immagini diffuse misero in luce la concretezza dei luoghi, tra sovraoccupazione, irregolarità e degrado. Ivi, pp. 241-243.

96 Asserzione del direttore Bon P. Ivi, p. 122. 97 Ivi, p. 296.

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