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RUOLO E FUNZIONE DELLE SECONDE CAMERE. INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

RUOLO E FUNZIONE DELLE SECONDE CAMERE.

1. Seconde camere e bicameralismo, cenni storici.

Le seconde camere sono istituzioni che basano la loro esistenza sul principio costituzionale del bicameralismo1. Costituzionalisti, politici ed economisti hanno individuato in queste istituzioni lo strumento per avere un miglior grado di organizzazione dei pubblici poteri, specialmente quando la produzione delle leggi è affidata al Parlamento2. Esse possono incarnare differenti concezioni e modelli, ma per poter instaurare un’analisi approfondita è necessario partire da una definizione

1J. LUTHER, The search for a constitutional geography and historiography of second chambers, in A world of second chambers, Giuffrè-Editore, 2006, pp. 3-31.

2Vedi L. TRIVELLI, Le bicamérisme, Lausanne, Diffusion Payot, 1975; L. PALADIN, Tipologia e fondamenti giustificativi del bicameralismo, in Quaderni costituzionali, 1984.

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comune. Questa potrebbe essere: le seconde camere sono assemblee rappresentative che fanno parte del Parlamento o che prendono parte alle deliberazioni di questo. Non svolgono quindi un ruolo meramente tecnico.

Quando la seconda camera fa parte del Parlamento essa potrà avere sedute congiunte con l’altra assemblea ma sarà sempre un corpo separato da quest’ultima.

Le seconde camere possono essere strutture non incorporate al Parlamento ma rappresentare un potere politico collegato alle funzioni del Parlamento. Per esempio il

Bundesrat tedesco non è considerato parte del Parlamento3, esso ha il potere di prendere parte al processo legislativo federale e prendere decisioni relative alla legislazione e amministrazione federale.

Per non confondere le seconde camere con altri organi e istituzioni (per esempio consigli economici-sociali o forme di controllo tipo una corte costituzionale) è necessario tener sempre presente che la seconda camera detiene ed esercita un potere politico mentre le altre istituzioni hanno poteri meramente tecnici.

È frequente che le seconde camere abbiano meno poteri rispetto alle prime camere, si tratta però di un dato tendenziale: esistono esperienze dove la seconda camera ha le stesse competenze della prima (Italia) o dove addirittura ne ha di più (Stati Uniti).

Le seconde camere godono di una lunga storia ma sono considerate da alcuni come anacronistiche, ormai un residuo storico4. L’esistenza di parlamenti bicamerali risale ai tempi antichi, già si trova traccia di essa nell’antica Grecia e a Roma. La

3 BVerfGE 37, 363 (380).

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maggioranza delle attuali seconde camere prende il suo nome dal famoso consiglio degli anziani dell’antica Roma: il Senato.

Lo scopo di questo assetto bicamerale era quello di rappresentare differenti interessi e classi, così da fungere da collante sociale e creare una maggiore stabilità di governo5. Il modello, predecessore delle attuali seconde camere, che si sviluppò in Europa durante il Medioevo, era costruito su un analogo principio. Uno degli esempi, che poi fungerà da guida per il successivo sviluppo di molte altre seconde camere, è la House

of Lords che emerge nel quattordicesimo secolo. Se accettiamo la tradizionale

storiografia, il bicameralismo moderno inizia nel 1339 con l’House of Lords inglese. La divisione tra Lords e Commons era una divisione di convocazione rispettivamente individuale e generale, cioè i Lords rappresentavano prima di tutto loro stessi, non una comunità. La divisione avvenne in questo periodo perché il basso clero preferì autotassarsi separatamente, attraverso le convocazioni di Canterbury e York.

Se l’origine di molte seconde camere può essere fatta risalire al modello basato sulle classi sociali, un altro modo di intenderle si sviluppa più tardi negli Stati Uniti, quando nel diciottesimo secolo prende vita la federazione. Si arriva infatti, con la Convenzione di Philadelphia (1787), alla formazione di una seconda camera rappresentativa degli stati federati. Tale sistema sarà poi adottato in molti altri stati federali.

Non vi è stato solo il bicameralismo nella storia, vari sono gli esempi monocamerali ma anche pluricamerali; per esempio quattro erano le camere in Aragona, tre in Danimarca e Svezia.

5 M. RUSSELL, Reforming the House of Lords, Lessons from overseas, Oxford University Press 2000,

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Bolingbroke e Montesquieu caricheranno la seconda camera di un ruolo di moderatrice del potere. James Madison nel Federalist Paper n°62 dirà che lo scopo del bicameralismo è quello di creare una migliore stabilità politica e leggi migliori: doppia sarà la sicurezza per i cittadini di avere due distinte istituzioni, in un’ottica di contrasto della corruzione e usurpazione del potere.

2. Legittimazione delle seconde camere.

Le seconde camere sono da sempre alla ricerca di una legittimazione, così la filosofia politica ha trovato diverse teorie di giustificazione.

Da un punto di vista normativo, il bicameralismo può essere giustificato non solo come facente parte dei principi e dei valori alla base dello stato costituzionale ma anche attraverso le sue implicazioni col federalismo e la giustizia sociale.

Prima di tutto il bicameralismo è ritenuto al servizio della rule of law, aiuta l’affermazione dello stato di diritto. Nei fatti, l’esame della legislazione è uno dei ruoli più significativi delle seconde camere e la partecipazione al processo legislativo porta con sé un miglior bilanciamento di diritti, doveri, libertà ed uguaglianza. Il bicameralismo può anche aiutare il legislatore nella raccolta di informazioni per una migliore produzione normativa, non solo dal punto di vista tecnico, andando a risolvere questioni di drafting legislativo, ma anche come garanzia politica, potendo ridurre il potere della maggioranza ed incoraggiando con la forza delle argomentazioni una votazione contraria.

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La separazione dei poteri, con riguardo al costituzionalismo occidentale, è ancora il più forte argomento giustificativo del bicameralismo. La partecipazione alla funzione legislativa comporta un controllo sul potere di fare le leggi. Può anche consistere in un controllo sul governo o costituire argine ai poteri di controllo del re o del presidente sul Parlamento. Il bicameralismo può ridurre ed influenzare il potere politico del governo così da prevenire l’egemonia individuale del leader6.

In uno stato moderno, democratico e costituzionale la seconda camera richiede in genere il requisito della legittimazione democratica. Essa può esprimersi tramite elezioni dirette o indirette dei membri della seconda camera. La legittimazione democratica della seconda camera può concorrere con quella della prima.

La seconda camera può guadagnarsi la legittimazione democratica anche in un altro modo: facendosi garante delle prerogative della minoranza. Così facendo può influenzare la maggioranza oppure portare ad una maggiore conoscenza delle questioni su cui legiferare: il bicameralismo può così incrementare l’accettazione delle decisioni prese dalla maggioranza7.

Le seconde camere possono aiutare a preservare la democrazia specialmente negli stati federali. Il federalismo può essere visto come una separazione verticale di poteri.

In ottica americana, federalismo e bicameralismo accrescono prima fra tutte la libertà; in ottica europea il bicameralismo accresce la giustizia e la collaborazione tra i poteri dello stato.

6S. LEVMORE, Bicameralism: when are two decision better than one, in International review of Law and Economics 12, 1992.

7J. BUCHANAN – G. TULLUCK, The Calculus of Consent, Ann Arbor, University of Michigan

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Dal punto di vista politico, il fondamento del bicameralismo è controverso. L’Associazione Europea dei Senati, fondata nel 2000, ha effettuato una laboriosa ricerca individuando le nuove basi argomentative delle seconde camere: rappresentanza delle autonomie locali, incremento della qualità della legislazione, controllo sul governo, partecipazione al processo di integrazione europeo, garanzia del federalismo.

Il bicameralismo può promuovere la stabilità prevenendo rapidi mutamenti all’assetto istituzionale.

3. Poteri delle seconde camere.

Le seconde camere possono avere parte nel potere legislativo ed esecutivo, mentre non godono di solito di un ordinario potere giudiziario. Analizzando la House

of Lords con un occhio esterno, il punto anacronistico che subito risalta all’attenzione

non è tanto la composizione ereditaria ma piuttosto la funzione giurisdizionale che essa ha svolto fino al 2005. Dal 2005, con il Constitutional Reform Act, abbiamo l’istituzione della Supreme Court.

Negli altri paesi il potere giudiziario della seconda camera sopravvive in specifiche procedure di giustizia costituzionale.

Il Senato americano è giudice dell’impeachment del Presidente, mentre il Senato italiano è compartecipe con la Camera di questo potere. Altri senati (Canada e India) possono partecipare al processo di rimozione di un giudice; in Svizzera lo Ständerat è anche giudice dei conflitti tra le autorità federali.

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In estrema sintesi, possiamo osservare che le seconde camere possono essere guardiane dell’assetto costituzionale ma non giudici della revisione costituzionale (eccezione l’Olanda con l’Eerste Kamen).

Negli Stati Uniti il Senato non è solo organo di controllo interno ma anche organo di bilanciamento del potere esecutivo. Ha poteri speciali sulla ratifica dei trattati e deve dare il consenso alle designazioni fatte dall’esecutivo. Quindi un Presidente saggio e accorto preferirà avere relazioni di mutua confidenza con molti senatori8.

In America Latina e Russia il presidenzialismo si discosta da questo modello perché nei paesi di civil law il controllo sul potere legislativo ha più rilevanza del ruolo di contrappeso svolto all’esterno dalla seconda camera. Vi sono però variazioni significative, per esempio il Senato del Messico non ha poteri finanziari mentre in Brasile è investito di uno specifico potere di governo sul federalismo fiscale.

In paesi con forme di governo parlamentari la seconda camera di solito non decide l’esistenza del governo (esistono alcune eccezioni, tra cui l’Italia) ma esercita un potere legislativo e di controllo (interrogazioni, investigazioni eccetera).

In Australia un importante potere di controllo della seconda camera è quella della mancata approvazione del bilancio. Specifici poteri di controllo, esterni al potere esecutivo, si sono sviluppati nei paesi federali: il Bundesrat tedesco, espressione del governo dei Länder, ratifica i regolamenti amministrativi federali e le ordinanze perché molte delle leggi federali sono poi implementate dalla amministrazione statale9.

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W.WILSON, Constitutional Government in the United States, New York, Columbia University Press 1917.

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In uno stato regionale, come ad esempio l’Italia, esistono molti elementi di un bicameralismo esecutivo, (alternativo al ruolo della seconda camera) che si esprime nella partecipazione a specifiche conferenze fra governo e enti locali/regionali.

Tutti questi compiti possono essere maggiormente performanti in una seconda camera che gode di un potere di co-decisione piuttosto che di un mero potere di veto sospensivo.

4. Composizione delle seconde camere.

Talvolta i membri delle seconde camere sono chiamati a rappresentare il paese o la nazione intera, altre volte la volontà e gli interessi di un territorio o di categorie sociali e politiche.

I membri delle seconde camere possono essere direttamente eletti tramite sistema maggioritario, proporzionale o misto e in circoscrizioni locali o regionali. Il bicameralismo può così integrare una doppia rappresentanza che si sviluppa sui diversi livelli di governo. Tendenzialmente le seconde camere hanno meno componenti delle prime, e vari possono essere i modi di selezione dei membri. I metodi di selezione possono essere i seguenti: elezione diretta o indiretta, designazione, ereditarietà, ex officio10.

In un sistema federale la seconda camera rappresenta, almeno simbolicamente, i valori del federalismo. Approfondendo l’analisi tra bicameralismo e federalismo/regionalismo si possono individuare alcuni punti comuni: dal punto di

10M. RUSSELL, Reforming the House of Lords, Lessons from overseas, Oxford University Press 2000,

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vista europeo entrambi supportano oggi diritti culturali, democrazia attiva multilivello, separazione dei poteri, sussidiarietà, sviluppo economico e solidarietà sociale. Una differenza tra federalismo e regionalismo è che le regioni sono vincolate in maniera sicuramente maggiore rispetto agli stati federati, esse infatti non possono ambire alla secessione perché non hanno un potere costituente11.

Negli Stati Uniti il bicameralismo è strutturato su due livelli, federale e statale, mentre nei paesi europei il bicameralismo, federale e regionale, mantiene solo una dimensione nazionale.

A livello più basso il risultato di questo andamento è che i conflitti tra i corpi locali e regionali possono essere risolti solo attraverso canali informali. A livello più alto ciò ha favorito lo sviluppo di un federalismo sovranazionale basato sul pluralismo istituzionale. Anche se l’Unione europea non si sta muovendo verso una struttura federale, un bicameralismo “invertito” può essere individuato tra il Consiglio, prima camera, e il Parlamento, seconda camera.

5. Proprietà del bicameralismo.

Stabilità e migliore qualità della legislazione sono considerate le proprietà cruciali del bicameralismo. Tali proprietà dipendono dalla simultanea esistenza di due condizioni: la non congruenza e la simmetria12. Non congruenza significa che le due camere devono essere selezionate tramite differente criterio, sarà quindi possibile che nelle due camere possa esserci una maggioranza diversa. Simmetria sta ad indicare i

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P. HAERBERLE, Europäische Verfassunglehre, Baden-Baden, 2ed 2004

12G.BROSIO, Properties of bicameralism and political/institutional systems, in A world of second chambers, Giuffrè-editore 2006, pp 33-46.

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similari poteri che le due camere dovrebbero avere. La non congruenza dipende dal modo di selezione dei membri di entrambe le camere, la simmetria dalla struttura del sistema globalmente inteso.

Stabilità significa la prevalenza dello status quo e deriva dalla difficoltà, più o meno presente in tutti sistemi bicamerali, di trovare un accordo sulle varie questioni politiche nelle due camere. La prevalenza dello status quo comporta lunghi dibattiti nelle due camere e (si presume) una conseguente maggior rifinitura della nuova legislazione in uscita. In altre parole, nei sistemi bicamerali è più difficile introdurre cambiamenti, ma quando ciò accade essi sono ben ponderati, perché passati al vaglio di due camere.

Il bicameralismo incrementa anche l’accesso alla produzione normativa favorendo l’ingresso nel processo ai diversi gruppi sociali, aumentando così le opportunità di partecipazione. Se un gruppo non riesce ad accedere ad una camera potrà tentare nell’altra. Si incrementano cosi le chanches di interessi distinti di essere rappresentati nel processo legislativo.

Si è parlato di non congruenza e simmetria. La non congruenza è di norma presente in quasi tutti i sistemi bicamerali mentre la simmetria è molto meno comune.

Ci sono diversi modi per ottenere la non congruenza, essi sono: l’uso di sistemi elettorali diversi per le due camere oppure l’adozione di modelli di designazione dei membri. I due meccanismi possono tra loro compenetrarsi.

Congruenza e simmetria non sono però presenti in tutti i sistemi bicamerali, questo perché il mantenimento dello status quo porta con sé anche dei costi, un sistema troppo rigido che non riesce a svilupparsi e ad adattarsi ai mutamenti del tempo e della società è un sistema che non funziona.

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11 6. Parlamento e Rappresentanza territoriale.

Il Parlamento, sin dalle sue prime convocazioni ha avuto il compito di accogliere i membri, sia a titolo personale, sia rappresentanti di siti, contee e borghi, contenendo idealmente ciò che non poteva essere presente13, vale a dire luoghi ed individui lontani.

La rappresentanza territoriale è quella storicamente più antica: già presente nel Medioevo, si individua nel rapporto tra il rappresentante e il territorio di cui fa parte e che è chiamato a rappresentare14.

La rappresentanza territoriale subisce un declino a partire dalla Rivoluzione francese; essa era associata ad iniquità e privilegi nei confronti di alcune classi sociali sovra rappresentate nelle sedi decisionali. Si trattava di un modello che i pensatori rivoluzionari, legati al principio ‘un voto per ogni uomo’, non potevano condividere. Così il deputato non doveva più rappresentare il proprio territorio (baillage), ma la nazione tutta, si eliminavano quindi differenziazioni territoriali e privilegi.

I costituzionalisti francesi erano impegnati nell’elaborazione definitiva della teoria della legge come espressione della ‘volontà generale’ e della sovranità nazionale; per affermare ciò era necessaria una finzione giuridica, quella della piena omogeneità del corpo elettorale col Parlamento15. Ciò portava ad escludere la presenza di interessi corporativi e territoriali che costituivano ostacolo per la costruzione di un interesse generale della nazione.

13 D. NOCILLA-.L.CIAURO, voce Rappresentanza Politica, Enciclopedia del Diritto, Giuffrè Milano

1987, volXXXVIII pp 543-547

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I. CIOLLI, Le Seconde Camere e la Rappresentanza Territoriale in Composizione e Funzione delle seconde Camere di S.Bonfiglio CEDAM 2008, pp. 157-176.

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La rappresentanza territoriale può essere influenzata da vari fattori tra i quali consideriamo la forma di stato e di governo, ma anche il modello parlamentare prescelto, il sistema elettorale e il tipo di suffragio.

Abbiamo assistito negli ultimi anni al proliferare di stati federali e con esso al modificarsi della struttura delle seconde camere. Sebbene autorevole dottrina ritenga non esistente un legame biunivoco tra seconde camere e stati federali16 e che la seconda camera non è quindi condizione necessaria per aversi uno stato federale, non si può negare che gli stati federali bicamerali siano la maggioranza e che le rappresentanze delle entità federate in Parlamento costituisca un valido raccordo tra le decisioni politiche centrali e quelle periferiche17.

Quello che risalta agli occhi degli studiosi è la variegata offerta di modelli di rappresentanza territoriale in seno alle seconde camere. Nella gran parte degli stati europei ad essere rappresentati nella seconda camera sono le regioni o gli stati federati. La partecipazione di questi può essere di tipo geometrico o aritmetico18. Quella aritmetica è tipica dei modelli federali puri, perché stabilisce un numero di rappresentanti uguali per ogni entità federata, prescindendo totalmente dalla popolazione (ad esempio, il Senato degli Stati Uniti). Molto più frequente è la rappresentanza geometrica che prende in considerazione la popolazione e l’estensione territoriale delle entità sub federate.

Incide sulla composizione della seconda camera anche il suffragio: se diretto garantirà un più alto tasso di politicità favorendo l’aggregazione per partiti piuttosto

16 R.WATTS, Federal Second Chambers Comparated, da federalismi.it, 2006. 17

U. ALLEGRETTI, Per una camera territoriale: problemi e scelte, in Le Regioni, 1996.

18 F. PALERMO, Germania e Austria:modelli federali e bicamerali a confronto, Università degli studi

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che una aggregazione territoriale per stati o regioni. Si diluisce così la rappresentanza territoriale ma di contro si favorisce il perseguimento di interessi generali.

Al contrario, l’elezione indiretta privilegia gli interessi rappresentativamente organizzati, compresi quelli territoriali, ma ha lo svantaggio di sfavorire le minoranze19.

19 G.FERRARA, Commentario della Costituzione, Le Camere, Tomo I, Zanichelli-Soc. del foro italiano,

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CAPITOLO PRIMO

ORIGINI, STORIA E PRINCIPALI RIFORME DELLA

HOUSE OF LORDS

I.1 Cenni sulla storia della House of Lords.

La House of Lords è sotto molti profili la “classica” seconda camera. Compete con poche altre per il titolo di più vecchia camera parlamentare del mondo. Ancora oggi gran parte dei suoi membri sono non eletti, includendo fra questi anche membri ereditari. Essa continua a seguire il modello di camera elitaria piuttosto che avere una chiara base rappresentativa.

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Anche se può apparire non incline ai cambiamenti, in realtà, la House of Lords ha avuto nel corso del tempo una continua e progressiva evoluzione (tipica del modello britannico). È stata soggetta a numerosi adattamenti, in particolare durante il ventesimo secolo, ed oggi appare profondamente mutata nelle sue caratteristiche fondamentali. La House of Lords rappresenta perciò un paradosso in molti sensi. È stata abile nell’adattarsi alle esigenze storiche del momento così da sopravvivere pressoché intatta alle varie fasi di sviluppo ed apparire immutata, almeno a prima vista20.

Ecco quindi che per capire appieno il funzionamento e le prerogative attuali della

House of Lords non si può non partire da un’analisi storica che permetta di capire il

perché di determinate scelte, analisi che per essere completa ed esaustiva deve comprendere non solo la Camera alta ma tutto il Parlamento inglese.

Il Parlamento inglese trae origine da quello anglosassone. Antesignano del Parlamento era il Witenagemote operante tra il VII e l’XI secolo, il nome deriva dall’inglese antico e significa “riunione dei saggi”, esso era composto dagli uomini più influenti e autorevoli della regione. Convocato dal re, dava pareri sull’amministrazione occupandosi delle tasse e della giustizia, era inoltre necessario per approvare la successione di ogni monarca21. A differenza del successivo Parlamento, non aveva procedure standardizzate e non aveva un luogo fisso dove riunirsi.

Nel 1066 Guglielmo di Normandia, dopo aver sconfitto ad Hastings l’esercito anglosassone, impone il dominio normanno sull’isola e introduce la tradizione feudale già rodata in Normandia, una monarchia diversa da quella continentale del Sacro Romano Impero, che non conosce una feudalizzazione delle funzioni pubbliche che

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M.RUSSELL, The British House of Lords: a tale of adaptation and resilience, in A world of second

chamber, Giuffrè-Editore 2006, pp. 65-98. 21

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separi il re dai suoi sudditi. La monarchia normanna era fondata sull’obbligo primario di fedeltà al sovrano. Con la dominazione normanna il Witan assume la forma di Curia

Regis, ossia di corte del re, l’alto consesso in cui il re, coadiuvato dai grandi vassalli

(Lords, Tenants-in-chief) e dagli alti funzionari, presiedeva alla direzione dello stato e alla amministrazione della giustizia. La Curia Regis è un organo centrale, tale centralità, soprattutto all’inizio, non è tuttavia sinonimo di staticità. Si tratta piuttosto di un attributo essenzialmente funzionale, nel senso che le competenze dell’organo sono una diretta emanazione del re, che costituisce il centro dello stato22.

Il Parlamento inglese fu convocato formalmente per la prima volta nel 1264 dopo che la Magna Charta del 1215 aveva sancito che il re non poteva riscuotere tributi senza il consenso del Consiglio del re (embrione del brocardo: “No taxation without

representation”). La Magna Charta pone limiti di carattere generale al potere regio.

Frederic William Maitland coniò la locuzione “Model Parliament” per definire il Parlamento d’Inghilterra di re Edoardo I del 129523

. Si trattava di un Parlamento ancora monocamerale, composto da 49 Lords e 292 rappresentanti del popolo. Il

Model Parliament creò un precedente per cui ogni successore di un barone aveva un

diritto legale per ricevere una successiva convocazione (writ). Tale diritto ereditario non venne comunque riconosciuto formalmente fino al 1387.

I poteri del Parlamento si incrementarono lentamente e in maniera non lineare24: essi si adattavano allo stato di forze in campo in quel preciso momento storico, ampliandosi o contraendosi a seconda degli spazi lasciati vuoti dagli altri poteri, in particolare dal

22V. VARANO -V. BARSOTTI, La tradizione giuridica occidentale, Giappichelli Torino 2010,

pp.274-284.

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Da Wikipedia voce: https://en.wikipedia.org/wiki/Parliament_of_the_United_Kingdom consultata 5/06/2016.

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potere regio. Approfittando di un potere monarchico debole, il Parlamento diventava più forte, viceversa il suo ruolo veniva ridimensionato.

Durante il regno di Edoardo III (1327-1377) il Parlamento si divise in due camere: la Camera dei Comuni, della quale facevano parte i rappresentanti delle contee e dei distretti; e la Camera dei Lords, della quale facevano parte i vescovi gli abati e i pari. I pari erano tutti i feudatari diretti della corona, convocati nella Curia Regis con funzioni consultive e col ruolo di approvare nuovi tributi25.

Il Parlamento continuava ad accrescere le sue prerogative anche se, in questa prima fase, la Camera dei Lords, la Camera alta, godeva di maggiore importanza rispetto alla Camera dei Comuni. Questo per la grande influenza che avevano i membri di essa, nobili o grandi proprietari terrieri.

Il potere dei nobili soffrì il declino durante la guerra dinastica del XV secolo conosciuta come la Guerra delle due rose (1455-1485). Molti nobili persero la vita e il feudalesimo appariva ormai una entità in declino26. Il re Enrico VII (1485-1509) riuscì in questo periodo a riaffermare la supremazia della Corona, supremazia che arrivò al culmine con la dinastia Tudor nel XVI secolo. Nell’epoca Tudor il Parlamento fu convocato poche volte per evitare conflitti: ad esso però ricorse Enrico VIII per trovare sostegno al suo scisma da Roma.

Le tensioni scoppiarono invece coi sovrani Stuart, in particolare con Carlo I (1625-1649), che di fronte al rifiuto del Parlamento di approvare finanziamenti per la guerra contro la Spagna, impose un prestito forzoso. Nel 1628 il Parlamento reagì con la

25 Da Enciclopedia Treccani online: http://www.treccani.it/enciclopedia/camera-dei-lord/ consultata il

5/06/2016.

26M. MANZONI - F. OCCHIPINTI, Le Storie e la Storia, dal Medioevo al secolo XVII, Einaudi 2005,

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Petiton of right, con la quale richiese: di non imporre tasse senza l’approvazione del

Parlamento; di non imprigionare un uomo libero senza un regolare processo; di non sottoporre uomini liberi a tribunali speciali; di non costringere uomini liberi ad alloggiare truppe nelle loro case. Il re eluse la petizione dei diritti e sciolse il Parlamento nel 1629. Sciolto il Parlamento, il re governò in maniera assolutistica ma nel 1640 fu costretto a riconvocarlo per reperire fondi per la guerra contro la Scozia. Il Parlamento fu poi nuovamente risciolto e riconvocato, esso ribadì la naturale posizione antiassolutistica27. Tutto questo portò alla guerra civile, alla sconfitta dell’esercito regio e all’esecuzione del re (1649).

La Camera dei Lords, si è detto, continuava ad avere più potere della Camera dei Comuni, ma la Camera bassa gradualmente incrementava la sua influenza toccando l’apice durante la metà del XVII secolo. Nel 1649, dopo la sconfitta e l’esecuzione di re Carlo I, venne dichiarato il Commonwealth of England, ma il paese era in realtà sotto il controllo effettivo di Oliver Cromwell, Lord Protettore di Inghilterra. Cromwell affrontò il problema più difficile, quello della riorganizzazione dello Stato e, anzitutto, dei suoi rapporti personali col Parlamento. Irritato per l’avversione del Parlamento alle riforme amministrative da lui volute, lo sciolse con la violenza, entrando con un corpo di soldati nella Camera28.

Con Cromwell la Camera dei Lords vide largamente ridimensionati i suoi poteri. Questo a favore dei Comuni che con Cromwell avevano un ruolo di egemonia sul Governo. Il 19 marzo 1649 la Camera dei Lords venne abolita con un Act of

27 W.H. GREENLEAF, The British Political Tradition, vol. III, London, Methuen 1987. 28

Da Enciclopedia Treccani online: http://www.treccani.it/enciclopedia/oliver-cromwell_(Dizionario-di-Storia)/ consultata il 7/06/2016.

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Parliament. La Camera dei Lords non si riunì fino al 1660 quando la monarchia venne

restaurata. Essa tornò così al posto di vertice che aveva prima della sua abolizione. Posto che occupò fino al XIX secolo.

Dopo il periodo del protettorato tornano gli Stuart con Carlo II che accetta la nuova situazione e il nuovo assetto di potere.

Con Giacomo II però si riapre lo scontro col Parlamento, qui i motivi sono essenzialmente religiosi, il re, infatti, è cattolico e la nascita di un erede maschio nel 1688 porta con sé i timori di una definitiva politica di favore per i cattolici a scapito degli anglicani. Il re scioglie il Parlamento e i parlamentari chiamano Guglielmo d’Orange: è la cosiddetta Rivoluzione Gloriosa. Guglielmo per arrivare al trono si accorda con i parlamentari, nasce così il Bill of Rights (1689)29. Con esso vengono confermate e rafforzate tutta una serie di prerogative parlamentari tra le quali le più importanti:

- Art. 1: È illegale, senza l’approvazione del Parlamento, ogni sospensione del re di leggi, di esecuzione di leggi, e della funzione giurisdizionale. - Art. 4: Non sarà possibile tassare la proprietà privata senza il consenso del

Parlamento.

- Art. 8: Garanzia di libere elezioni parlamentari.

- Art. 9: Libertà di espressione nei dibattiti parlamentari, insindacabilità dei voti dati e delle opinioni espresse.

- Art. 13: Il Parlamento dovrà riunirsi almeno una volta ogni tre anni.

29 L. MAER - O.GAY, The Bill of Rights 1689, House of Commons Library, Parliament and

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Col Bill of Rights è evidente che il Parlamento ormai ha più potere del re, esso inoltre va letto assieme all’Act of Settlement (1701), con esso si individua il successore della dinastia Stuart, Guglielmo e Maria, infatti, sono vecchi e non hanno eredi, il Parlamento individua il futuro monarca: saranno designati gli Hannover. Da qui in avanti è evidente la posizione predominate del Parlamento rispetto al sovrano, infatti quest’ultimo è designato dal primo.

Il Treaty of Union con la Scozia, del 1706, dette vita ad un nuovo Parlamento della Gran Bretagna, rimpiazzando così il parlamento inglese e quello scozzese. Questo nuovo Parlamento sarà considerato la continuazione del Parlamento di Inghilterra con l’aggiunta di 61 membri, di cui 16 Pari, rappresentanti la Scozia30

. Durante il XIX secolo la Camera dei Lords subì notevoli cambiamenti. Innanzi tutto con re Giorgio III (e i suoi successori) l’iniziale numero di 50 membri subì un notevole incremento. Fu così che l’influenza personale di ciascun Lord diminuì. In più il potere della Camera alta iniziò a decrescere a favore della Camera dei Comuni. Importante per la crescita della Camera dei Comuni fu il Reform Bill del 1832, col quale, sotto il gabinetto di Earl Grey, vennero riformati i distretti elettorali così da dare maggiore rappresentatività democratica alla Camera dei Comuni. Col Reform Bill si estende l’elettorato attivo (la percentuale rimane comunque ristretta, intorno al 5% della popolazione), si tratta non solo di estendere il suffragio ma anche di ridisegnare i collegi elettorali, premiando le grandi città a scapito delle campagne31. Per fare ciò fu necessaria una “infornata” di Lords favorevoli a ciò. Nel corso del secolo la Camera

30 M. THOMPSOM, Constitutional History of England, London Methuen 1938. 31

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alta vide una progressiva perdita di poteri a favore della Camera dei Comuni che divenne la più forte tra le due.

Per capire la moderna House of Lords è essenziale capire le riforme che sono intervenute durante il ventesimo secolo. Durante questo periodo molti cambiamenti sono stati introdotti ed hanno inciso soprattutto sulla composizione e sui poteri della Camera alta.

All’inizio del secolo la House of Lords contava circa 600 membri. Di questi la maggioranza erano pari ereditari; vi erano poi 26 vescovi della Chiesa d’Inghilterra e una manciata di membri a vita designati con l’Appellate Jurisdiction Act del 1876. Nel periodo successivo la Camera dei Lords dovette restringere le sue prerogative. Ciò avvenne in modo informale per far fronte alla crescente popolarità del mandato della

House of Commons. Formalmente i poteri dei Lords rimanevano inalterati, si trattava

infatti di una convenzione che dava la supremazia alla camera eletta.

I maggiori conflitti tra le due camere emersero durante il governo liberale, tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo. Conseguentemente la riforma della

House of Lords divenne una priorità per i partiti di sinistra.

Del 1911 è il Parliament Act che tolse alla Camera dei Lords il potere di respingere proposte di legge o di effettuarvi modifiche che ne stravolgessero il senso; le proposte potevano essere solo rinviate per un massimo di tre sessioni parlamentari o due anni solari. Tale periodo di rinvio sarà poi abbassato nel 1949. È con tali atti che la progressiva ascesa della Camera dei Comuni viene consacrata. Coi Parliament Acts infatti la House of Lords perde definitivamente il suo potere di veto sulle proposte di legge.

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22

Del 1958 è il Life Peerages Act che cambia drasticamente la natura prevalentemente ereditaria della Camera dei Lord.

In tempi più recenti molti sono stati i tentativi di riforma (e anche di abolizione) della

House of Lords, soprattutto col governo laburista di Tony Blair a partire dal 1997.

Alcuni di questi tentativi non hanno però avuto seguito, mentre altri hanno avuto un esito più fortunato. Essi saranno approfonditi più avanti nel corso della trattazione.

I.2 Cenni sulle modalità di riforma costituzionale nel Regno Unito.

Riformare la House of Lords significa anche parlare di riforme costituzionali, in quanto la seconda Camera fa parte delle istituzioni costituzionali e insieme alla House of

Commons fa parte del Parlamento32.

Tra i numerosi scritti di taglio comparatistico sul procedimento di revisione costituzionale non è facile rinvenirne di inerenti al Regno Unito: ciò in quanto l’esperienza inglese è assolutamente peculiare, disomogenea rispetto alle esperienze degli ordinamenti costituzionali delle democrazie occidentali. La peculiarità dell’esperienza inglese consiste, infatti, nell’assenza di una previsione normativa atta a disciplinare l’attività degli organi costituzionali, necessaria e sufficiente a modificare la Costituzione inglese. E non perché non esista un testo formale della Costituzione inglese, cioè un vero testo scritto. Se è pur vero che un testo formale scritto non esiste, d’altra parte, posto che le fonti della Costituzione inglese sono gli Statues, la Common

Law e le Conventions, è facile rilevare che gran parte, sebbene non tutte, le

32

F.CASSELLA, Abolizione del principio ereditario nella riforma della Camera dei Lords, in Diritto

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23

disposizioni costituzionali inglesi sono scritte. Tutt’al più non esiste un testo scritto organicamente e sistematicamente redatto: ma questo è un altro problema che consegue all’estraneità dell’evoluzione giuridica inglese rispetto all’esperienza delle codificazioni.

È proprio la flessibilità la principale caratteristica della Costituzione inglese, è affermato il potere della Corona e delle due camere di cambiare qualsiasi norma giuridica33. Il principio che sorregge tale potere è la sovranità legislativa del Parlamento: non esiste vincolo (inteso dal punto di vista formale), per qualsiasi parlamento futuro, costituito dai provvedimenti legislativi approvati dai parlamenti precedenti34.

Il carattere costituzionale delle disposizioni giuridiche, ancorché scritte, non discende da elementi formali come appare al giurista continentale il procedimento aggravato per le leggi di revisione costituzionale previsto in quasi tutte le costituzioni delle democrazie occidentali. Il carattere costituzionale delle disposizioni discende da un dato sostanziale, cioè il loro contenuto. Esse, infatti, contengono discipline relative ad oggetti che si suppone concernano “the fundamentals institutions of the state”35.

La concezione della Costituzione come potere antitetico (nel senso limitativo) del potere legislativo, affermatasi nel periodo dello stato liberale ottocentesco, non ha mai avuto patria nel Regno Unito36: al contrario lì si è affermata la teoria

33 A.V. DICEY, An Introduction to the Study of the Law of the Constitution (1885), 10° rist 1987,

London Liberty Press.

34

E.C.S. WADE – G. PHILIPHS – A.W. BRADLEY, Constitutional Law, 7°ed., London, Longman 1965.

35

A.V. DICEY, An Introduction to the Study of the Law of the Constitution (1885), 10° rist 1987, London Liberty Press.

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giusnaturalistica dello stato che si forma non con l’obiettivo di porre delle regole bensì di difendere quelle che già esistono.

Anche le riforme realizzate nel secondo dopoguerra sono espressione di questo concetto: quello evolutivo, relativo alla risoluzione dei problemi specifici e circoscritti. Una concezione che considera le riforme costituzionali come lo strumento utile a risolvere problemi particolari37. Tra i quali possiamo ricordare a titolo esemplificativo: la disoccupazione, l’inflazione, la recessione economica, i nazionalismi irlandesi e gallesi.

Nonostante sia indiscussa la natura potenzialmente flessibile della Costituzione inglese e le riforme portate a compimento siano finora state numerose, non si è mai trattato di riforma dei “fundamentals” sebbene non esistano, né siano concepibili meccanismi, di controllo dell’esercizio della sovranità parlamentare (si ricordi il brocardo: “il Parlamento può fare ciò che vuole tranne tramutare l’uomo in donna38”). La

Costituzione è intesa come una serie di regole che si propone di tutelare i

fundamentals39.

Si deve assumere un punto di vista interno quando si guarda alle riforme costituzionali inglesi, nel senso che si deve considerare la riforma come una evoluzione strutturale dell’ordinamento con la conseguenza di garantire maggiore continuità alla persistenza dei fundamentals.

37

P. NORTON, National Parliaments and the European Union, London, Cass, 1996.

38

Cit. JEAN-LOUIS DE LOLME.

39

H. L. A. HART, The Concept of Law (1961), trad. it. Il Concetto di Diritto di M.Cattaneo, Torino, Einaudi, 1981.

(25)

25 I.3 Principali riforme del secolo scorso: I Parliament Acts 1911-1949.

Conclusa l’analisi storico-evolutiva della House of Lords andiamo a vedere le principali riforme che l’hanno riguardata durante il ventesimo secolo. Riformare la

House of Lords significa essenzialmente operare su due caratteristiche: riformare i

poteri e riformare la composizione. Ovviamente non si tratta di due compartimenti stagni ma di due aspetti tra loro interconnessi. La composizione appare comunque l’aspetto più importante: è con essa che si percepisce il grado di legittimazione democratica che è determinante per poter giustificare un aumento dei poteri dei

Lords40. Nonostante ciò la prima riforma del 1911, e la successiva del 1949, hanno

riformato i poteri dei Lords lasciandone inalterata la composizione.

Nel 1911 l’impianto di riforma è portato avanti dal governo liberale di Asquith. Esso fece seguito al rigetto della House of Lords (dominata dai Conservatori) del ‘People

Budget’ di Lloyd George del 1909. Il Parliament Act del 1911 va a rimuovere il diritto

di veto dei Lords su tutta la legislazione, esso li priva del potere di veto sulle leggi definite dallo Speaker dei Comuni come ‘money bills’: le leggi finanziarie (anche qui applicazione della regola: nessuna tassa senza rappresentanza). Per i non-money bill la riforma prevede un veto sospensivo (il primo ad avere questa idea fu nel 1836 James Mill). Nonostante il veto una legge poteva passare dopo tre sessioni successive (quindi dopo due anni solari) della Camera dei Comuni ed essere presentata per il Royal

Assent, anche se i Lords l’avevano rigettata.

Questo potere di ritardo sarà poi ridotto da tre sessioni e portato a due dal governo laburista di Attlee col secondo Parliament Act del 1949.

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Quando nel 1911 si dibatteva la proposta del Parliament Act, Sir Philip Magnus (Conservatore) propose un emendamento per dare alla House of Lords un nuovo potere di veto assoluto su ogni successiva modifica del Parliament Act41. L’emendamento fu

rigettato; Asquith, il primo ministro, argomentò affermando che poteva esserci solo una regola per tutta la legislazione, non si potevano fare ulteriori distinzioni. Una distinzione poteva essere fatta solo su due tipi di leglisazione: 1) i money bill dove la

House of Lords non aveva alcun potere legislativo; 2) i non-money bill dove la House of Lords aveva un diritto di veto sospensivo. Se l’emendamento Magnus fosse passato

è chiara la portata che avrebbe avuto sul futuro assetto di potere, primo fra tutti il

Parliament Act del 1949 avrebbe sicuramente trovato molte difficoltà per la sua

approvazione42.

Un diritto di veto assoluto permane invece in capo alla Camera alta nel caso eccezionale in cui si deve prolungare la legislatura, e quindi il Parlamento in carica. È quello che è successo durante il periodo delle guerre mondiali.

Oltre alla portata immediatamente limitativa dei poteri dei Lords, il Parliament Act rappresenta il primo vero tentativo in direzione di una costituzione britannica. Esso distingue infatti differenti categorie di leggi, prima del 1911 esisteva una sola categoria di leggi e i Lords godevano di un diritto di veto assoluto. C’era quindi una regola uniforme per l’intera legislazione, dopo il 1911 ci sarà invece una distinzione e in questo senso un diritto di veto assoluto rimarrà per quelle leggi ‘fondamentali’ (potremmo dire di rango primario) che consentono la proroga del mandato parlamentare.

41

House of Commons Debates, vol 24, col 1473, 24 aprile 1911.

42 M.RUSSELL, The British House of Lords, a tale of adaptation and resilience in A world of second chambers, Giuffrè-editore 2006, p. 68.

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Le previsioni del Parliament Act vogliono certamente dare più potere alla Camera dei Comuni, ma tale potere non è comunque assoluto, si decide di mantenere un contrappeso rappresentato dal veto sospensivo dei Lords. Garanti di tale assetto saranno i giudici. Essi, se rileveranno un difetto in tale procedura, potranno dichiarare l’atto invalido. Questo significa che le Corti possono sindacare e rivedere la legislazione primaria, “le Corti, in alcuni casi diventano corti costituzionali”43

.

Il Parliament Act del 1911 può essere interpretato come una limitazione costituzionale dei poteri della House of Lords. Esso poteva essere considerato come il primo stadio logico per la produzione di uno statuto riguardante i poteri delle due camere. Per la prima volta i poteri della House of Lords subivano una restrizione in maniera formale. La riforma (che venne accettata dai Lords solo dopo che il primo ministro minacciò di chiedere al Re di creare centinaia di nuovi pari liberali)44 cancellava l’assoluto potere di veto della Camera Alta sulla legislazione, trasformandolo in un potere di veto sospensivo (un potere di ritardo). Il Parliament Act includeva inoltre nel preambolo la promessa futura di sostituire la House of Lords con una seconda camera basata sul consenso popolare. Tale promessa rimarrà una aspirazione ancora non realizzata. L’assetto così raggiunto, senza l’approvazione dell’emendamento Magnus, poteva essere cambiato, per la prima volta, da una singola camera, la Camera dei Comuni. Il Parliament Act del 1911 segnò un cambiamento fondamentale per la costituzione Britannica. La House of Commons poteva cambiare qualsiasi parte di costituzione, con la sola eccezione di non poter estendere il mandato parlamentare oltre 5 anni senza il consenso della House o Lords.

43 V. BOGDANOR, The New British constitution, Oxford, Hart Publishing 2009 p. 148. 44 R. JENKINS, Mr Balfour’s Poodle: People vs Peers, London, Heinemann, 1954.

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Il Parliament Act del 1911 appariva pericoloso, potenzialmente poteva dar luogo alla

‘elective dictatorship,’ la cosiddetta dittatura della maggioranza.

Il veto sospensivo disegnato nel Parliament Act è stato usato tre volte, dal 1911 al 1949, per seguenti casi:

- Ireland Bill 1914 riguardante la Home rule per l’Irlanda. - Welsh Church Bill 1914, riguardante la Chiesa Gallese.

- Parliament Act del 1949 che riduce il potere di ritardo dei Lords a due sessioni parlamentari.

Solo quattro non-money bill, fino ad oggi, sono passati sotto la procedura delineata dal

Parliament Act del 1949:

- Il War Crimes Bill 1999, riguardo i crimini di guerra, ha avuto bisogno del voto della House of Commons in due successive sessioni.

- L’European Parliamentary Election Bill 1999, al riguardo delle liste bloccate nella procedura di elezione del Parlamento Europeo.

- Il Sexual Offences (Amendment) Bill 2000 inerente all’età per il consenso ad attività sessuali.

- L’Hunting Bill 2004 che ha messo fuorilegge la caccia coi cani in Inghilterra e Galles (anche in Scozia, non è consentita ma in virtù di una decisione del Parlamento scozzese).

Detto ciò gli effetti dei Parliament Acts non possono essere misurati solo in base al numero di volte in cui essi sono stati usati. È infatti possibile che la House of Lords rinunci ad usare i poteri dei Parliament Acts perché questi possono essere annullati

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dalla House of Commons. Si evita quindi lo scontro aperto con la Camera bassa consci della superiorità di quest’ultima.

Tutto ciò produce una sola camera legislativa, la Camera bassa, e incide il solco su dove avrebbe dovuto svilupparsi il bicameralismo negli anni a venire: si trattava di un bicameralismo che non era più forte, ma asimmetrico, con uno sbilanciamento di poteri verso la Camera dei Comuni. Questo venne percepito da molti come un vantaggio, ma non da tutti, qualcuno a Sinistra credeva che sarebbe stato uno svantaggio: Sir Edward Grey non era felice all’idea di ridurre i poteri della House of Lords, infatti sulla carta si parlava di un mero potere di veto sospensivo ma in realtà vedeva in esso il punto di partenza verso un sistema monocamerale, un sistema che avrebbe portato danni al paese. In realtà, fino ad oggi, danni non ci sono stati.

Il Parliament Act del 1949 va letto in connessione con quello del 1911. Esso riduce il potere di ritardo dei Lords portandolo ad un singolo anno solare. I due atti significano il superamento del principio di legittimazione dinastico a favore del principio democratico. Ormai è assodato che ai primi del Novecento, in Inghilterra, il vero sovrano è il popolo, rappresentato dalla Camera dei Comuni.

I.4 The Salisbury Convetion.

In realtà non si tratta di una vera e propria riforma in senso formale, piuttosto di una convenzione frutto di un accordo, che comunque ha grande rilevanza nell’assetto di poteri che regola le due camere e che merita per questo di essere menzionata.

Tale convenzione afferma che la Camera dei Lords non può rifiutarsi di approvare le proposte di legge (in seconda e terza lettura) contenute nel programma di

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governo del partito che ha vinto le elezioni. Tali Proposte devono essere state approvate dalla Camera dei Comuni. Questo perché il governo, legittimato democraticamente, detiene un mandato della nazione che i Lords non possono disattendere45.

La convenzione affonda le sue radici nella storia: la ‘Rivoluzione Gloriosa’ del 1688 rimette la sovranità parlamentare al vertice del sistema, il re è sottoposto al Parlamento. La sovranità, poi, da parlamentare si evolverà ed acquisterà il carattere ulteriore di ‘popolare’.

Durante tutto il diciannovesimo secolo uno dei temi dominanti del costituzionalismo inglese sarà capire chi rappresenta la House of Lords e in nome di chi parla.

Per alcuni la risposta al quesito è da ritrovare nei proprietari terrieri e nelle istituzioni ecclesiastiche; tale risposta però non soddisfa tutti. Nonostante ciò la House of Lords, fino al 1911, farà principalmente gli interessi dei proprietari terrieri facendo opposizione ai vari governi Liberali e non facendola ai governi Conservatori.

Deciderà comunque di limitare la propria opposizione nel caso in cui il partito vincitore delle elezioni avesse avuto (dagli elettori) un chiaro mandato per una particolare riforma46.

Successivamente sarà il leader conservatore dei Lords, Lord Salisbury a dare ulteriore importanza a questa prassi affermando che essa è espressione della volontà popolare e funziona da cassetta di sicurezza contro possibili agitazioni.

Rifacendosi alla teoria del mandato, sviluppatasi col terzo Marchese di Salisbury (primo ministro nel 1885-1892 e dal 1895-1902), rappresenta lo sforzo per dimostrare

45 G. DYMOND and H. DEADMAN, The Salisbury Doctrine, House of Lords library 2006.

46I. McLEAN, The Salisbury Convention,

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e conservare una permanente influenza (seppur minima) della Camera dei Lords in un periodo in cui si stava affermando il suffragio popolare.

Il Marchese di Salisbury sviluppò la teoria del mandato argomentando che la volontà degli elettori e quella della Camera dei Comuni non necessariamente coincidono, di conseguenza la Camera dei Lords è tenuta a respingere, e quindi riferirsi all’elettorato, nel caso di particolari proposte di legge attinenti la revisione dell’assetto costituzionale, approvate dalla Camera dei Comuni.

Dal 1945, la Salisbury doctrine ha cominciato ad essere applicata alle leggi approvate dalla Camera dei Comuni ed inserite nel programma elettorale, il General Election Manifesto47, questo grazie ad un accordo tra il Visconte Addison, il leader della House

of Lords, e il Visconte Cranborne (quinto Marchese di Salisbury dal 1947) leader

dell’opposizione dei Lords durante il governo laburista in carica dal 1945-195148

. L’accordo è conseguenza della vittoria dei laburisti alla Camera dei Comuni.

Alla Camera dei Lords invece la situazione è completamente diversa, i laburisti hanno solo 16 sostenitori contro gli 831 Conservatori. Per poter governare è necessario porre un argine e restringere il potere dei Lords all’opposizione. I due leader Cranborne e Addison si accordano e decidono che la Camera dei Lords non può bloccare quanto contenuto nel Manifesto-bill del governo (ovviamente non è nemmeno possibile modificare o emendare le proposte contenute nel manifesto).

47

J GRIFFITH – M RYLE, Parliaments Function Practice and Procedures, Andover, Sweet e Maxwell 1989.

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Tale accordo comunque non sarà mai trascritto in legge, questo anche perché il governo laburista deciderà di introdurre più forti restrizioni col Parliament Act del 194949.

I.5 Il Life Peerages Act del 1958.

Sebbene i poteri della House of Lords non subiscano restrizioni negli anni cinquanta, la questione della composizione rimane controversa e ancora non riformata. L’elezione di governi di sinistra significava che non c’era modo per la Camera alta, la cui maggioranza era del partito Conservatore, di rimanere in linea con l’opinione popolare, opinione che veniva espressa nelle elezioni della Camera dei Comuni. Nel 1955, in una camera interamente ereditaria, vi erano solo 55 Pari laburisti, 507 conservatori, 238 indipendenti e 42 liberali.

L’unico modo per avere una composizione politica similare tra le due camere era quella di procedere alla nomina di nuovi membri della House of Lords così da andare a bilanciare la maggioranza dei conservatori.

Molti nuovi membri ereditari furono creati all’inizio del ventesimo secolo ma un uso massiccio di tale meccanismo era indesiderabile per molte ragioni. Per fare ciò era necessario l’appoggio del Primo ministro, i nuovi Pari infatti sono nominati formalmente dal Re ma con l’approvazione del premier. Per convenzione il Primo ministro consiglia la designazione dei nuovi membri, non solo basandosi sulla sua maggioranza di governo ma individuandoli considerando anche gli altri partiti.

49 M. RUSSELL, The British House of Lords: a tale of adaptation and resilience, in A world of second chambers, Giuffrè editore 2006, pp. 65-96.

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33

Nominare nuovi Pari non piaceva alla sinistra in quanto significava far crescere in senso esponenziale il numero dei componenti della House of Lords, questo perché i nuovi Pari sarebbero stati Pari ereditari.

La successiva riforma sarà quindi introdotta non dalla sinistra ma dal governo conservatore. Questa sarà la salvezza della Camera da una globale riforma o eventuale abolizione, renderà infatti la nuova produzione di membri, almeno all’apparenza, più appetibile.

Nel 1958 il Life Peerages Act consente la creazione di nuovi membri, designati ed elevati alla dignità di Pari, ma senza la possibilità per questi ultimi di poter trasmettere per via ereditaria il loro titolo. Essi sono Pari a vita ma senza la ulteriore prerogativa dell’ereditarietà.

Questa opzione fu lungamente discussa e la sua approvazione riuscì a mitigare i problemi dovuti alla crescita dei componenti della Camera dei Lords.

Altra innovazione che porta la riforma è che per la prima volta anche le donne hanno accesso alla House of Lords.

Successivamente, nel 1963, il Peerages Act permette ai Pari ereditari di poter rinunciare al loro titolo. Vengono inoltre introdotti cambiamenti riguardo ai Pari scozzesi.

Il Life Peerages Act, seppur abbia una portata innovativa limitata, aiuta la House of

Lords a non morire rendendola meno vulnerabile agli attacchi della opinione pubblica.

Negli anni successivi il numero dei nuovi Pari ereditari designati crolla e si porta pressoché a zero, mentre il numero di Pari a vita cresce costantemente. Alla fine degli anni sessanta si contano circa 150 Pari a vita, nel 1997 ai tempi del governo laburista, sono all’incirca 400.

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La rimozione dei Pari ereditari era una aspirazione popolare da diversi anni. L’originale Parliament Act del 1911 nel preambolo annunciava l’intento di sostituire la

House of Lords con una seconda camera fondata sul consenso popolare anziché su una

base ereditaria, ma ci si rendeva conto, nello stesso preambolo, che tale cambiamento non poteva essere inserito immediatamente nella riforma del 1911.

Una importante conseguenza del Life Peerages Act fu l’ammissione nella House of

Lords, non più solo di esponenti dei partiti, ma anche di esperti, di qualunque

estrazione sociale, capaci di portare un contributo importante ai lavori della Camera alta.

La riforma ebbe un impatto modesto, non riuscì a togliere il sentore di una camera arcaica. Anche se interviene sulla composizione, fino alla metà degli anni novanta, circa due terzi dei membri sono ancora Pari ereditari conservatori. Tale situazione di stallo faceva comunque comodo a entrambi i partiti, i Conservatori non si sentivano abbastanza minacciati dai governi di sinistra e mantenevano le loro prerogative; d’altra parte, i Laburisti erano timorosi di andare a toccare la composizione delle seconda camera per paura di rafforzare il ruolo di quest’ultima50. Per questo motivo tra il 1963 e il 1997 si ottengono solo piccoli progressi.

La vicenda più importante riguarda il tentativo di riforma fallito dal governo laburista di Wilson nel 1968. La riforma prevedeva un cambiamento dei componenti della House of Lords, stabiliva una futura Camera alta composta esclusivamente da membri nominati. Inoltre voleva ritoccare il potere di veto sospensivo. Questo quadro non venne considerato abbastanza radicale dalla sinistra laburista nella Camera dei

50

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Comuni che fece resistenza (assieme ai Conservatori), così da fare ritirare il progetto di riforma. Tutto ciò nonostante la House of Lords fosse a favore della riforma51.

Successivamente al tentativo fallito da Wilson, la riforma della House of Lords scompare per un po’ di tempo dall’agenda politica.

I.6 The House of Lords Act 1999 e Wakeham Report.

Progressi più rapidi si hanno con i laburisti al potere a partire dal 1997. Anche se l’azione non fu presa nel primo anno di ufficio, l’House of Lords Bill, volto ad eliminare il diritto dei pari ereditari di sedere e votare nella camera, fu introdotto nella sessione parlamentare 1998-1999. Si trattava del primo step della riforma promessa dai laburisti contenuta nel Manifesto del New Labour guidato da Tony Blair dopo il successo elettorale nel 1997. Infatti il Manifesto prevedeva due fasi di riforma: una prima fase incentrata sulla composizione, una seconda sul ruolo e le funzioni della seconda Camera. Il partito Laburista era intenzionato, originariamente, a rimuovere tutti i Pari ereditari ma trovò difficoltà politiche nel realizzare ciò, i Lords Conservatori fecero resistenza e l’unico modo era quello di utilizzare i Parliament Acts. Questo voleva dire ritardare la riforma e prolungare ancora lo scontro tra le due camere. Il Governo decise perciò di trovare un compromesso, questo fu possibile tramite Lord Cranborne, il leader conservatore dei Lords, nipote dell’autore della Salisbury

doctrine. L’accordo prevedeva che 92 Pari ereditari sarebbero rimasti dopo la riforma.

Esso fu introdotto con un emendamento di Lord Weatherill, un Pari cross-bench, ex

Speaker della Camera dei Comuni.

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La ragione del mantenimento dei 92 Pari ereditari stava nel fatto che i Lord non volevano, in futuro, una seconda Camera interamente nominata. Durante il dibattito sull’emendamento Weatherill, Lord Irvine, il Lord Chancellor, dichiarò, raccomandandosi al Governo, che riteneva i 92 Pari ereditari frutto di un accordo e che tale compromesso non avrebbe dovuto essere disatteso in futuro nel secondo stadio di riforma52.

I 92 Pari sarebbero stati selezionati nel modo seguente: due sarebbero stati i titolari delle cariche di Earl Marshal e Lord Great Chamberlain; 15 sarebbero stati eletti dall’intera House of Lords tra gli Speaker o i Presidenti di Commissione; i rimanenti 75 sarebbero stati eletti in collegi elettorali dai loro colleghi aventi il titolo ereditario. Alla morte di un Pari ereditario eletto, la mancanza sarebbe stata rilevata dal collegio, il quale avrebbe poi provveduto alla nuova elezione.

Il testo dell’House of Lords Act è assai breve: il suo contenuto consiste nell’affermazione di un principio piuttosto che nella predisposizione di una compiuta disciplina di organizzazione e di funzionamento della seconda camera britannica. L’articolato si risolve in poche e decise disposizioni:

- l’art. 1 dispone l’abolizione della ereditarietà come titolo di appartenenza alla Camera alta;

- l’art. 2.1 prevede che le eccezioni alla regola generale possono essere dettate dagli standing orders della stessa Camera;

- gli art. 2.2 e 2.3 individuano come eccezione alla regola generale 90 componenti oltre ai titolari dell’incarico di Earl Marshal e Lord Great

Chamberlain, i quali conservano il seggio a vita a meno che non disponga

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37

diversamente una legge del Parlamento; per essi è confermato il divieto sia di elettorato attivo che passivo alla House of Commons;

- l’art. 3.1 dispone che gli attuali Pari ereditari non saranno esclusi né dal diritto di elettorato attivo né da quello passivo per i Comuni.

Ciò che appare immediatamente evidente è che la riforma consiste in un provvedimento ablativo relativo esclusivamente alla composizione della Camera, e non anche in disposizioni sulle funzioni della nuova seconda camera del Parlamento britannico53.

Le ragioni dell’avversione laburista nei confronti del ruolo e della composizione della Camera dei Lords si possono riassumere nelle seguenti: anche se ormai scarsi, i poteri di intervento dei Lords nel processo di formazione della legge sono stati spesso causa del rallentamento dell’entrata in vigore di provvedimenti strategici importanti politicamente per il Governo; la persistenza del privilegio di appartenenza alla Camera alta per diritto ereditario o a vita è produttiva di effetti mal sopportati, in termini di visibilità politica, all’interno dello stesso schieramento laburista.

Sembra difficile quindi trovare una forte componente ideologica (nel senso di ideologia costituzionale) nelle ricorrenti proposte di riforma della House of Lords.

L’House of Lords Act trasforma la Camera alta. Prima del 1958 l’unico modo per diventare membro della House of Lords, eccezion fatta per i Law Lords e per i vescovi e arcivescovi d’Inghilterra, era di acquisire o ereditare il titolo. Diventare

53F.CASSELLA, Abolizione del principio ereditario nella riforma della Camera dei Lords, in Diritto

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membro della Camera dei Lords significava diventare membro dell’aristocrazia ereditaria. Dal 1983 comunque non vennero creati più pari ereditari (unica eccezione per il figlio della regina, il Principe di Galles), così si diveniva membri della House of

Lords essenzialmente tramite il patronage govenativo.

All’inizio del ventesimo secolo i Lords erano primariamente una istituzione aristocratica ed ereditaria, ma, alla fine del secolo, diventano un corpo per lo più nominato, al cui interno è preponderante la presenza di entrambi gli schieramenti politici. Il nome della camera non cambia, ma il ruolo e la funzione sono molto differenti.

La riforma del 1999 porta con sé quattro conseguenze importanti: la prima è che nessun singolo partito avrebbe goduto di una maggioranza assoluta all’interno della Camera alta. Questo era uno degli obiettivi del partito Laburista, tale fine era stato scritto anche nel Manifesto del 1997: “No one political party should seek a

majority in the House of Lords”54. Dal 1999, infatti, i Conservatori perdono la storica maggioranza nella seconda camera.

La seconda conseguenza della riforma è che, a parte i Pari ereditari rimasti, i nuovi Pari sono da qui in poi tutti nominati. La House of Lords è diventata una camera di nominati. In aggiunta, la procedura di nomina è stata modificata. Il Primo ministro, infatti, non era in grado di nominare membri cross-bench e provenienti da altri partiti. Essenzialmente nominava membri del suo partito. Spontaneamente il Primo ministro, nell’aprile 2000, decide di rimettere il potere dei nuovi Pari non partitici ad un

54Manifesto del programma del Partito Laburista alle elezioni generali del 1997, consultabile al sito

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Appointment Commission indipendente, incardinata presso l’esecutivo55. Il mutamento era significativo perché toglieva al Premier il suo storico controllo sui Lords; ma trattandosi si una sorta di self-constraint, era evidente che esso non poteva che costituire una soluzione provvisoria: da questo momento la necessità di fornire una base legale alla Appointment Commission divenne argomento centrale dei riformatori. Nel gennaio 2005 Tony Blair in una dichiarazione ministeriale scritta, decise che il numero di nomine non doveva essere maggiore di dieci in qualsiasi Parlamento. Decise che la designazione degli altri partiti doveva essere fatta dai leader di questi, anche se formalmente il potere di patronage del Primo ministro rimaneva intatto. Esso si tramutava sostanzialmente nella mera trasmissione del nome del membro designato alla Regina.

La terza conseguenza che porta la riforma risiede nel fatto che, da ora in avanti, i Lords avranno una maggiore legittimazione del loro ruolo, infatti prima del 1999 la Camera alta contava una maggioranza di membri ereditari, l’eventuale opposizione al Governo era determinata dalla coincidenza di membri ereditari contrari che erano tali non per scelta di qualcuno ma casualmente, avendo ereditato il titolo. L’House of Lords Act del 1999 riveste quindi la camera di una nuova legittimazione, dando ai Lords stessi una maggiore autorità56 .

L’ultima conseguenza della riforma riguarda la Salisbury doctrine. Rifacendosi alla nuova e più forte legittimazione della seconda Camera, Lord Strathclyde, leader conservatore dei Lords enunciò l’opinione di rivedere la convenzione. Si chiedeva perché una House of Lords, rivestita da nuova legittimazione, e al cui interno erano

55 Cfr. HOUSE OF LORDS, A Cronology, p. 3.

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