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Prefazione Nella vita di tutti i giorni prima o poi ciascuno di noi deve cimentarsi con questioni di carattere successorio

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Academic year: 2021

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Prefazione

Nella vita di tutti i giorni prima o poi ciascuno di noi deve cimentarsi con questioni di carattere successorio mortis causa, vuoi perché desidera regolare per il tempo successivo alla sua morte le proprie sostanze, vuoi perché partecipa a titolo di erede a una successione di altri. Restare vedovi è una delle circostanze più dolorose e difficile da gestire, nella quale, oltre che con l'altalena dei propri sentimenti e delle proprie emozioni, bisogna fare i conti anche con una serie di questioni di carattere legale.

Per queste ragioni, estremamente pratiche, è nato l’interesse per il presente lavoro che ha lo scopo di esporre schematicamente la disciplina della successione del coniuge superstite relativamente al diritto di abitazione e di uso dei mobili che la corredano ex art. 540, comma 2, c.c.. Sebbene dagli anni Settanta in poi si sia discusso profusamente del diritto di godimento del coniuge superstite non esiste ancora una dottrina unanime e una giurisprudenza consolidata. L’interprete deve quindi ancora compiere un’adeguata sistemazione dell’argomento per pervenire a soluzioni condivise o ragionevoli sull’interpretazione e pronunce date sulle varie questioni dagli studiosi del diritto.

Su tali premesse, nel I capitolo si procederà ad approfondire il riconoscimento al coniuge superstite dei diritti de quo, partendo da un'introduzione in chiave storica della posizione del coniuge del de cuius all'interno dell'ordinamento italiano per trascorrere all'analisi di alcune fra le più rilevanti problematiche su cui la dottrina ancora oggi si interroga. Occorre dire che l’esigenza di modificare la posizione del coniuge superstite era da tempo diffusamente sentita, poiché per il diritto successorio del codice del 1942 il coniuge era sostanzialmente un estraneo rispetto alla famiglia del defunto, che era ancora intesa come famiglia del sangue, secondo una concezione che risaliva al secolo precedente.

Il perno del sistema successorio era costituito dall’istituto dell’usufrutto uxorio: da un lato, l’usufrutto su una quota dell’eredità era ciò che spettava al coniuge superstite quando egli si trovava a concorrere, sia in sede di successione necessaria sia in sede di successione intestata, con i discendenti legittimi, e il

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privilegio del lignaggio era rafforzato dalla facoltà di commutazione che questi potevano esercitare del tutto discrezionalmente; dall’altro lato, l’usufrutto, sempre su una quota, costituiva la legittima del coniuge, se il de cuius avesse deciso di disporre della proprietà dei suoi beni con il testamento. Negli altri casi il coniuge aveva diritto ad una quota in piena proprietà, ma subiva il concorso con i successibili.

Ebbene, l’attuale trattamento successorio del coniuge superstite è frutto della riforma del diritto di famiglia del 1975 (legge 19 maggio 1975 n. 151), che si presenta al primo sguardo come una vera e propria rivoluzione copernicana, dal momento che segna il passaggio da una concezione di famiglia patriarcale fondata sui vincoli di sangue alla famiglia nucleare, come riconosciuta dall’articolo 29 della Costituzione. In base a ciò che si avrà modo di sottolineare nelle pagine che seguono, tale riforma introduce un trattamento favorevole per il coniuge superstite, il quale consegue, jure successionis, non più un diritto di godimento su beni destinati ad altri, ma una quota in piena proprietà, sia nella successione necessaria sia nella successione intestata o legittima; inoltre, la sua posizione è equiparata in tutto a quella dei figli e l’entità della quota a lui attribuita è uguale, e in certi casi può anche essere superiore, a quella che conseguono i figli stessi.

Ma il corollario, che conferma il filone di pensiero delineato fino ad ora, è dato dall'art. 540, comma 2, c.c. in riferimento al diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano, se di proprietà o comuni, che il coniuge superstite acquista ex lege fin dal momento dell’apertura della successione. La ratio di tale attribuzione va ravvisata non soltanto in esigenze di tipo patrimoniale (comunque presenti, se si pensa che detto legato costituisce una aggiunta quantitativa alla legittima), ma anche in istanze etiche e morali. La necessità di trovare un nuovo alloggio, a seguito della morte del proprio coniuge, può essere fonte di ulteriore grave danno, psicologico e materiale, per la stabilità di vita e di abitudini del coniuge superstite. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli, come recita l’art. 540, comma 2, c.c..

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Sarebbe tuttavia improprio parlare di questo tema senza aver verificato come i cambiamenti sociali si siano trasportati nel nuovo impianto normativo. Come si diceva nelle considerazioni precedenti, la rivoluzione copernicana ha comportato il riconoscimento di diritti successori ai soli membri della famiglia. La famiglia è l’insieme delle persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità ed adozione che dimorano abitualmente nella stessa abitazione.

Con il II capitolo si tenterà più propriamente di verificare se i diritti di abitazione e di uso sono riconosciuti anche a persone non, o non più, legate al de

cuius da vincolo coniugale.

Il riferimento è, in particolare, al convivente more uxorio. La convivenza more

uxorio è una realtà che nella società odierna sta acquisendo una crescente

diffusione; tuttavia, a fronte di un numero sempre maggiore delle famiglie di fatto, non corrisponde però una tutela normativa di questo fenomeno in Italia. Quanto meno ad oggi, dal momento che il maxi-emendamento al disegno di legge Cirinnà è all’esame della Camera dei Deputati, dopo l’approvazione lo scorso 25 febbraio dal Senato. Il disegno di legge dovrebbe dotare il nostro ordinamento di una disciplina legislativa statale per il riconoscimento giuridico delle coppie formate da persone dello stesso sesso e delle coppie di fatto.

Un problema di non poca importanza, perché è molto avvertita l’esigenza di evitare che a seguito di una relazione stabile e duratura colui che ha convissuto come marito o come moglie o comunque quale convivente resti senza tutela, a differenza del coniuge, per il quale l’ordinamento prevede espressamente il diritto a una quota in proprietà del patrimonio del de cuius e il diritto sulla casa adibita a residenza familiare.

La prova della coerenza avuta dal legislatore della riforma del 1975 riguardo alla tutela del vincolo coniugale trova il suo supporto nell'art. 548 c.c., il quale evidenzia come il rapporto di coniugio vada preservato oltre l'esistenza dell'attualità del matrimonio. Difatti, la norma equipara, quanto ai diritti successori attribuiti dalla legge, il coniuge separato senza addebito al coniuge non separato. Pertanto, il coniuge separato senza addebito rimane legittimario ed in linea di principio gli competono sia la quota di riserva, sia i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la

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corredano ex art.540 c.c., per quanto, su quest’ultimo punto, sia dato registrare un acceso dibattito in sede dottrinale.

Un particolare sistema di regole è altresì dettato per il coniuge cui sia stata addebitata la separazione, il quale, a fronte della perdita dei diritti successori previsti in costanza di matrimonio, si vede riconosciuto dall’art. 548 c.c. il diritto ad un assegno vitalizio se, al momento dell’apertura della successione, godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. Lo stesso dicasi nel caso che il coniuge superstite sia divorziato. La pronuncia di divorzio, cancellando lo

status di coniuge, comporta, infatti, la perdita della qualità di legittimario e di

successibile ex lege, facendo altresì perdere i diritti di abitazione e di uso ex art. 540, comma 2, c.c.

Il capitolo III sarà, invece, interamente dedicato al riconoscimento al coniuge superstite e coniuge putativo dei diritti di abitazione e di uso nella successione legittima.La recente sentenza n. 4847 pronunciata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite Civili il 27.02.2013 ha risolto due difficili questioni che hanno acceso animati dibattiti in dottrina e prodotto decisioni contrastanti in giurisprudenza intorno all’interpretazione dell’art. 540 comma 2 c.c.. La prima relativa all’applicabilità alla successione legittima della riserva in favore del coniuge superstite dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano; la seconda concernente l’aspetto pratico delle modalità di calcolo del valore di tali diritti ai fini della divisione della massa ereditaria tra i coeredi. Quanto alla prima questione la Suprema Corte ha stabilito l’applicabilità senza esitazioni dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima, dal momento che l’art. 584 c.c. in materia di successione

ex lege del coniuge putativo attribuisce al superstite i diritti di abitazione ed uso

di cui all’art. 540 c.c.; pertanto, in forza del principio di uguaglianza, gli stessi diritti debbono essere riconosciuti anche in favore del coniuge legittimo.

Quanto alla seconda questione la Suprema Corte aderisce all’orientamento più risalente secondo il quale nella successione legittima il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione secondo un meccanismo assimilabile al prelegato.

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Infine nell’ultimo capitolo, il presente lavoro si propone di analizzare le proposte, ad oggi rimaste senza esito, di riforma della successione necessaria, nonché, di dedicare alcuni cenni di comparazione giuridica tra l’ordinamento italiano e i sistemi francese e inglese, enucleandone le caratteristiche principali e valutandone l’effettiva efficienza in ordine alla posizione del coniuge che sopravviva al de cuius.

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