• Non ci sono risultati.

Analisi statistica sugli insediamenti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Analisi statistica sugli insediamenti"

Copied!
40
0
0

Testo completo

(1)

Analisi statistica sugli insediamenti

Introduzione

L’opportunità di effettuare un’analisi di tipo statistico in archeologia risente di un atavico dubbio di fondo mai risolto (e difficilmente risolvibile) sull’affidabilità del campione. Questo vale in tutti i tipi di analisi quantitativa, dai materiali in genere, passando per lo studio dei siti, per arrivare alle analisi demografiche e territoriali che hanno come oggetto i siti. Un campione di oltre 4000 siti, in un territorio di 22987 kmq (per una densità di un sito ogni 5 kmq) permette di proporre un’ipotesi perlomeno quantitativamente affidabile. All’interno di questo capitolo cercheremo di proporre alcuni spunti di natura quantitativa sulle varie tipologie di abitato e sui loro cambiamenti attraverso i secoli sia su base regionale sia dividendo l’area di indagine in territori geograficamente omogenei ed infine di confrontarci con i dati proposti dagli autori per i singoli contesti e con le loro ricostruzioni.

L’abitato sparso

Ho deciso di mettere al primo posto l’analisi dell’abitato sparso perché lo considero un indicatore privilegiato della “salute” del sistema. In linea generale e prettamente ipotetica, l’abitato sparso è sintomo di presenza di piccoli e piccolissimi proprietari terrieri, che attraverso i loro beni riescono a mantenere e sostenere le loro attività lavorative e la loro famiglia. Questa ideale ricostruzione non è sistematicamente vera ed è sempre necessario verificarla attraverso i dati storici.

All’interno del database l’abitato sparso è rappresentato con le definizioni di “casa”, “fattoria” e “casalis” e per l’intero arco cronologico abbiamo 535 siti che in almeno un momento della loro storia rispondono ad una di queste definizioni.

Nel I secolo d.C. abbiamo 353 case e fattorie, con un sostanziale equilibrio nel II secolo (289): un primo crollo lo osserviamo nel corso del III secolo con 169 attestazioni, per poi stabilizzarsi tra IV (163) e V secolo (141). Il momento in cui si produce un vero e proprio strappo all’interno di questa tipologia insediativa sarà il VI secolo, in cui riscontriamo un vero e proprio tracollo con solo 39 insediamenti di questo tipo. Una ulteriore recessione arriverà nel secolo successivo con solo 16 case isolate, per poi accrescere lentamente tra VIII (19), IX (26) e X (37). Anche se i dati sono chiari in termini assoluti, osservandoli in valori percentuali rispetto al secolo precedente, si osservano ancora di più le differenze: nel III secolo -41,52%, nel VI secolo -72,34%, nel VII secolo -58,97%.

Nel settore grossetano Farinelli osserva una tenuta dell’insediamento isolato ancora nel VI secolo, quando vengono rioccupate alcune strutture di tipo villa attraverso vere e proprie squatter

(2)

residenze rurali siano case isolate oppure se, al contrario, rientrino in un agglomerato (più o meno accentrato) di tipo villaggio, che sfrutti una sorta di “continuità di bacino” della villa stessa1.

Proseguendo, Farinelli afferma che tra VII e VIII secolo si assiste ad una generalizzata rarefazione dell’abitato sparso, contemporaneamente ad un processo di accentramento in siti di tipo villaggio disposti sulle alture2.

Rimanendo all’altomedioevo, la storiografia ci mostra una proprietà estremamente frammentata,in cui poderi, mansi e fattorie la fanno da padroni in età longobarda e carolingia e in cui i grandi proprietari concedono di coltivare direttamente ai liberi o a servi la loro terra. Montanari afferma che “fino a tutto il IX secolo il modello di gran lunga prevalente di occupazione del suolo sia stato quello dell’insediamento sparso, cui faceva riscontro un paesaggio estremamente frammentato”3.

Come ci ricorda Valenti4 nel suo volume sulle campagne toscane, nella regione oggetto di studio

(almeno per questa), il modello di Andreolli e Montanari sembra non avere un riscontro efficace sul campo. Considerato il dato di fatto archeologico e date anche le riletture del significato del termine manso, inteso precedentemente come casa sparsa e corretto da Duby5 in una sorta di porzione di

villaggio, potrebbe essere valida una rilettura di insieme delle fonti attraverso una rivalutazione dei siti accentrati.

1 CASTRORAO BARBA 2014 2 FARINELLI 2007, p. 48

3 ANDREOLLI-MONTANARI 1983, p. 188 4 VALENTI 2004, 126

5 DUBY 1984, p. 44 (ed it. di DUBY 1962), BARBERO-FRUGONI 1994, pp. 164-166 I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo 0 50 100 150 200 250 300 350 400

Case e fattorie per secolo

(3)

Al momento in cui scriviamo e con i dati in possesso, non possiamo che constatare un profondo cambiamento strutturale delle forme insediative sparse tra VI e VII secolo; le ragioni di tali cambiamenti sono di natura sociale, politica, militare, ma soprattutto economica. Il mondo che matura nel corso del VI secolo non è adatto a forme di iniziativa privata per la coltivazione della terra e di autosostentamento. L’età dell’oro dei contadini6 esiste perché contemporaneamente al loro

indebolimento, avviene anche una enorme caduta nella capacità gestionale delle classi dirigenti, trovandosi così forse nella situazione di non dover pagare tasse.

Quello che potrebbe essere accaduto, secondo questa visione, durante il VI secolo, è profondamente diverso da quello che probabilmente è accaduto nel III. Se nel VI secolo la crisi dei piccoli proprietari e della classe dirigente va di pari passo producendo, in definitiva, un avvicinamento delle condizioni delle due parti, nel III si assiste al fenomeno inverso. In questo caso si tratta di una crisi “indotta”, in cui l'inflazione causata dalla svalutazione della moneta da parte dello Stato provoca un profondo mutamento nel sistema monetario che se da un lato non interessa né i ricchi (che traggono vantaggio dall'aumento dei prezzi e dei proventi delle loro terre in misura proporzionale con l'aumento dei prezzi agricoli) né il colonato, i primi a farne le spese sono i piccoli proprietari terrieri, che hanno necessità di indebitamenti per continuare a tenere i coloni7.

La società che ne esce è caratterizzata da una maggiore pressione fiscale e come conseguenza appare nelle campagne una nuova forma di coltivatore (colono), di stato libero ma di fatto vincolato alla sede in cui lavora; è verosimile ritenere che alla peggiorata condizione economica corrisponda una peggiorata condizione giuridica8.

Gli abitati del tipo sparso hanno, generalmente, una breve durata: si tratta di 97 siti9 con alta

affidabilità, con una media di 229 anni di vita e una mediana di 199 anni di vita. In nessun caso, se si eccettua alcuni casalis altomedievali, un abitato sparso si evolve in un insediamento più consistente, mostrando quindi una certa suscettibilità alle vicissitudini storiche e una inadeguatezza geografica.

L’abitato accentrato - Le mansiones

All’interno della definizione “abitato accentrato” rientrano una grande quantità di tipologie insediative schedate, ma di cui, molto spesso, non conosciamo la reale capacità insediativa, politica, economica, produttiva e sociale.

Nella Regione Toscana, ad esempio, abbiamo il tipo mansio/statio, ovvero gli insediamenti romani

6 WICKHAM 1988 7 CORBIER 1986

8 MARCONE 1997, p. 169

(4)

sorti lungo la viabilità10. La letteratura ci mostra realtà complesse nel panorama nazionale ed

europeo, in cui non esiste un modo per schematizzarle in assoluto: sappiamo che erano luoghi di sosta, che offrivano servizi essenziali per i magistrati (ma con ogni probabilità anche ad altri viaggiatori) che per ragioni di Stato dovevano spostarsi lungo il cursus publicus. Esistono casi in cui questi siti si materializzano come grandi o grandissimi complessi architettonici, in cui lavorano e vivono anche diverse centinaia di persone; siti di lunga durata, capaci di attrarre mercati e di imporsi nel territorio circostante. Esistono però anche altri luoghi in cui tutte queste attività non esistono, in cui non ci sono grandi strutture, ma soltanto quelle strettamente necessarie al funzionamento della mansio stessa, come una taverna, una stalla, una terma e a volte un tempio. Anche in presenza di grandi progetti di scavo, la complessità di questi siti non viene quasi mai compresa a 360 gradi, risultando difficoltoso cogliere la natura del singolo sito.

In Toscana i siti che rispondono a tale definizione sono 4311 (fig. 1). Questa tipologia insediativa ha

una continuità di vita maggiore rispetto all’insediamento sparso, fondamentalmente coincidente tra media e mediana (301 anni contro 299).

Anche se non è possibile fare una generalizzazione per i motivi sopra espressi, in molti casi le

mansiones sono insediamenti di grande successo. Sorgono lungo le strade pubbliche, e già questo è

vantaggioso nel panorama socio-economico romano, hanno una cultura materiale molto ricca e di portata mediterranea, dal I secolo a.C. al VI secolo d.C. e in alcuni rari casi fino agli inizi del VII. Alcune mansiones nel territorio in esame sono molto significative della complessità architettonica, insediativa ed economica di questo macro gruppo: Santa Cristina in Caio (Buonconvento) è un insediamento che nasce probabilmente nel corso del I secolo a.C. e risultava essere funzionale alla viabilità che univa le città di Chiusi e Siena12. Lo scavo ha messo in luce un grande impianto

termale (fig. 2), fondato verso la fine del I secolo a.C. e abbandonato alla metà del IV secolo d.C. La grandezza dell’impianto termale ci lascia pensare che si tratti di una struttura pubblica, il cui smontaggio, inizialmente sistematico, sia stato curato proprio dall’autorità statale13 (fig. 3). Nel

corso del I secolo a.C. doveva essere presente una fornace di ceramica a pareti sottili, le cui tracce sono state individuate da scavo (fig. 4). Il momento di massima produzione per questa classe di ceramica è stato individuato tra gli anni 50 e 60 del I secolo d.C.14

La fornace molto probabilmente ha continuato a lavorare per alcuni decenni, fino alla prima metà

10 Per una introduzione sulle mansiones si veda CORSI 2000

11 Di cui 34 di età romana e 9 luoghi di sosta medievali. Per le statistiche useremo soltanto le mansio romane. 12 Per un approfondimento sul sistema viario di Santa Cristina in Caio si veda: BERTOLDI 2013

13 Per la descrizione dell’impianto termale e per una disamina dei riusi successivi si veda BERTOLDI 2016 14 Lo studio delle forme presenti negli scarichi di fornace è ancora in corso d’opera e quindi inedito. Il campione

analizzato permette comunque di proporre alcune ipotesi cronologiche. Si tratta di oltre 1000 forme minime, più di 100 forme individuate, 32 tipologie, di cui 16 bicchieri, 1 boccalino, 14 coppe e una decorazione.

(5)

del II secolo d.C. producendo lucerne15 (fig. 5), antefisse (fig. 6), grandi contenitori, mattoni e

coppi.

Anche con la fine della struttura termale, Santa Cristina si conferma luogo di produzione: l’impianto termale viene sistematicamente smontato e sono stati riconosciuti alcuni forni per la fusione del piombo e per il vetro. Sulla vicina collina di Poggio alle Fonti, è stata scavata una struttura che sfrutta parzialmente murature preesistenti, materiali di recupero e un muro in terra e che doveva essere la bottega di un fabbro, data l’enorme quantità di scorie individuate.

Fino almeno alla metà del V secolo quindi, l’insediamento non perde i propri connotati di luogo di produzione e di mercato, oltre che insediamento funzionale alla viabilità.

Un caso per certi aspetti affine è quello di Pantani Le Gore (Torrita di Siena): si tratta di una mansio lungo la Cassia, quindi con simile natura e simili cronologie.

Il sito viene fondato nel corso del I secolo a.C. con un complesso dotato di una corte interna, ma la vera e propria fase di sviluppo si avvierà nel I secolo d.C., quando si riconoscono strutture di tipo abitativo e forse botteghe e officine. Già nel II secolo si osserva una recessione delle strutture, verso forme più povere e una diminuzione della restituzione numismatica: ma sarà nel secolo successivo che si osserverà una vera e propria crisi dell’abitato. Si osservano comunque attività produttive legate al ciclo produttivo di vasellame da mensa a vernice rossa16 (fig. 7).

Tra la seconda metà del IV secolo e il V si osserva una rinnovata vivacità edilizia e dei commerci, legata a produzioni di ferro17.

Con la fine del V secolo si assiste ad un cambiamento strutturale dell’insediamento, con l’abbandono delle strutture e la fine delle attività produttive e commerciali e nel VI secolo all’interno di uno degli ambienti si riconosce una capanna di forma ellittica.

La tradizione produttiva del bacino di questo insediamento (che perdurerà fino al V secolo) inizia nel I secolo d.C. con le produzioni di sigillate della fornace di Umbricio Cordo18 (fig. 8).

Nonostante i cambi di produzione nel corso dei secoli, si osserva una continuità funzionale piuttosto di lunga durata, sia a Santa Cristina, sia a Pantani Le Gore: la presenza della strada favorisce sicuramente gli impianti manifatturieri e le pratiche commerciali, ma i siti in questione dovevano essere dei veri e proprio central place economici, a capo di un territorio, più o meno ampio, di cui facevano parte ville, fattorie e vici.

15 La tipologia LUC01 è riconducibile alla forma Deneauve V A datata tra gli inizi del I secolo e il primo quarto del II secolo d.C., la tipolgia LUC02 è riconducibile alla forma Deneauve VIII A datata al II secolo d.C. e la tipologia LUC03 trova confronto con BRENTCHALOFF 2009, p. 281, fig. 5.16, datata tra gli inizi del I secolo e il primo quarto del II secolo d.C..

16 BOSCATO-MASCIONE 2008 17 GLIOZZO et alii 1999 18 PUCCI 1992

(6)

Spostandoci nella parte settentrionale della regione un sito che ha delle notevoli somiglianze con i due sopra descritti è San Genesio: Vicus Wallari, così chiamato nelle fonti medievali, diventa famoso perché luogo dove i vescovi di Pisa, Lucca, Firenze e Fiesole si incontrano nel 715 per derimere la disputa tra le diocesi di Siena e Arezzo (fig. 9).

L’abitato accentrato – Vici e villaggi

Lo studio dei villaggi, per il periodo storico preso in esame in questo lavoro, non ha avuto un progresso costante e un interesse accademico uniforme. Per l’età romana, a lungo, i temi della Ricerca si sono concentrati nelle città e nelle ville, tralasciando la maggior parte dei grandi insediamenti rurali, che però, a ben vedere, sono il vero motore economico della società in epoca antica.

Dalla seconda metà degli anni novanta è iniziato l’interesse verso questi centri rurali, al fine di comprendere il loro ruolo nell’economia romana, la loro struttura spaziale e le loro trasformazioni in età altomedievale.

In particolare citiamo il caso dello scavo di Vagnari in Puglia, diretto da A. Small (Edinburgh University) e localizzato nella valle del Basentello, lungo la via Appia (fig. 10). Si tratta di una proprietà imperiale, acquistata probabilmente nel I secolo d.C. e il sito consisteva in un villaggio centrale, che doveva comporre il cuore pulsante del sito, un cimitero associato e una villa, forse la residenza del gestore dell’azienda19.

Uno degli aspetti fondamentali (chiaramente riferendoci esclusivamente ai nostri temi di Ricerca) è che l’insediamento accentrato di Vagnari non è stato trovato: o perlomeno non è stato trovato in modo consistente. Si potrebbe ipotizzare qui, come in molti altri casi anche toscani, un vicus a maglie estremamente larghe, una sorta di bacino di influenza, in cui le case sono distanti le une dalle altre ma si riferiscono ad un centro nevralgico per le attività economiche e direzionali.

Un altro caso interessante e per certi aspetti diverso è quello di Bedriacum-Calvatone (CR) (fig. 11), condotto da quasi trent’anni e diretto da Maria Teresa Grassi.

La fortuna del sito è dovuta alla sua posizione geografica, considerato che è localizzato su una strada (la Via Postumia) (fig. 12) e su un fiume (Oglio, un affluente del Po): proprio la sua localizzazione ne favorisce lo sviluppo economico, insediativo e sociale20. La fondazione del sito è

datato tra la fine del II secolo a.C. e la metà del I secolo a.C.: i resti mostrano un insediamento già organizzato, ma forse impostato su un altro asse viario. L’importanza commerciale e la sua posizione strategica spiegano perché a Bedriacum si rintracci l’utilizzo di tecniche insediative

19 Per un approfondimento su Vagnari si veda in particolare la pubblicazione degli scavi SMALL 2011 20 GRASSI 2013, pp. 14-15

(7)

tipiche delle fondazioni delle colonie. La differenza sostanziale che intercorre tra una città e un vicus è esclusivamente dovuta al fatto che gli insediamenti rurali non hanno magistrati e quindi non avevano un ruolo politico: ma da un punto di vista strutturale e urbanistico possono somigliare molto a delle vere e proprie città21.

Da un punto di vista topografico, siamo ancora indietro sulla comprensione integrale di questi tipi di insediamenti, considerato anche che spesso i vici hanno funzioni di mansiones. Alcuni convegni nazionali ed internazionali degli ultimi anni stanno però aprendo la strada ad uno studio sistematico di questi siti22.

Altra tipologia di siti particolari è quella dei porti: in Toscana la rete degli scali costiera è ben definita ed in alcuni casi anche ben studiata.

L’insediamento portuale di Vada Volaterrana è in corso di scavo dal 1982 da parte dell’Università di Pisa; nel sito sono stati individuati gli horrea, un macellum, grandi e piccole terme, una schola, forse sede di un collegium (fig. 13). Il porto doveva rifornire tutta la parte centrale della regione ed il suo entroterra, fino a Volterra e forse, per alcune merci e per alcuni periodi, anche Siena23. Oltre

alla sua funzione portuale, Vada era uno snodo fondamentale tra le vie Aurelia e Aemilia Scauri24.

Oltre alle attività di importazione verso l’ager Volterrano, il porto doveva gestire anche le attività di export dallo stesso territorio delle variegate produzioni e risorse (in particolare il vino, ma anche cereali, minerale, sale, manifattura)25.

Nella parte settentrionale della Regione, il ruolo egemone di porto doveva però essere ricoperto da Portus Pisanus (fig. 14), che doveva funzionare da scalo principale per il rifornimento di tutto il network della val d’Arno e delle grandi città dell’hinterland. L’area assume i connotati di porto già tra la fine del IV e il III secolo a.C. Il ruolo egemone nei traffici marittimi dell’area pisana e della foce dell’Arno è ben documentata nelle fonti scritte26. L’insediamento sarebbe stato abbandonato

nel corso del VI secolo, anche se non è da escludere che la politica espansionistica di Teodorico sul mare, finalizzata alla costruzione di una flotta da contrapporre ai Vandali, abbia interessato anche il porto in questione. Portus Pisanus sarà nuovamente citato nelle fonti nel 774, quando il Principe Adelchi scappa dai Franchi.

Proseguendo verso sud, un ruolo fondamentale nel sistema portuale toscano deve essere stato

21 A titolo di esempio si veda il caso di Bliesbruck (PETIT-SANTORO 2013)

22 Tra questi convegni citiamo il Convegno di Studi tenutosi a Chieti tra il 18 ed il 19 aprile 2013 “Emptor e Mercator: spazi e rappresentazioni del commercio romano”, il Convegno Internazionale di Studi tenutosi a Verona tra il 4 ed il 5 dicembre 2014 “Statio Amoena: sostare e vivere lungo le strade romane tra antichità e alto medioevo” e la sessione denominata “Between urban and rural: recent work on minor centers in Roman Italy” all’interno della Settima Conferenza di Archeologia Italiana tenutasi a Galway tra il 16 ed il 18 aprile 2016.

23 PASQUINUCCI et alii 2002

24 CECCARELLI LEMUT-PASQUINUCCI 1991 25 MENCHELLI 2005

(8)

rivestito da Populonia e dai suoi porti annessi27, con Baratti e Portus Scabris.

Nel grossetano il sistema portuale doveva riferirsi alla città di Roselle, con Salebrum (Castiglione della Pescaia) come porto principale e lo scalo di Spolverino come luogo di smistamento delle merci che dovevano risalire l’Ombrone (figg. 15 e 16).

Per quanto riguarda i villaggi altomedievali invece la produzione scientifica fin dagli anni ‘80 è stata molto più sostanziosa: in particolare la Ricerca nella campagne toscane ha segnato una stagione di studi importantissima, inaugurata da Francovich con Scarlino e arrivata a creare un vero e proprio “Modello Toscano” che, dati archeologici alla mano, evidenzia una sostanziale inaffidabilità delle fonti storiche riguardanti questo argomento. Schematizzando i concetti pubblicati per oltre 15 anni dalla scuola senese e tuttora ampiamente validi, si ricavano sostanzialmente 5 punti salienti:

1 - Il sistema delle ville e del sistema rurale romano entra in crisi tra V e VI secolo.

2 - Il villaggio altomedievale inizia a costituirsi intorno agli inizi del VII secolo, con un progressivo abbandono delle forme di insediamento sparse.

3 - Debolezza delle aristocrazie fino almeno alla metà del VII secolo. 4 - Trasformazione dei villaggi in curtis.

5 - Evoluzione delle curtis in castelli28.

In Toscana, e poi in molte altre parti d’Italia, il castello ed il villaggio altomedievale diventano i principali luoghi della Ricerca sul Medioevo, comprendendo come le trasformazioni sociali, culturali, economiche e architettoniche delle campagne partissero proprio da questi grandi e medi centri.

L’elemento che fa del villaggio altomedievale il sito al centro degli studi dell’archeologia medievale è il fatto che sia stata una forma insediativa vincente, capace di trasformarsi prima in curtis e poi in castello, mantenendo comunque inalterata la propria connotazione all’interno del sistema paesaggio. A quasi trent’anni di distanza dalla creazione e dalle prime pubblicazioni del modello Toscano, siamo ancora qui a confrontarci con un modello solido, che fatica ad essere messo in crisi: non sono certo mancate critiche e attacchi anche violenti, ma la sua muscolarità (data dall’estensione e dall’integrità dei dati) ha permesso di considerarlo ancora valido.

La continuità di vita tra i villaggi altomedievali e i castelli, passando spesso attraverso le aziende curtensi, è stata più volte rintracciata sul campo: su tutti si citeremo gli esempi di Montarrenti e di Miranduolo.

Il castello di Montarrenti (fig. 17) è stato sottoposto ad indagine archeologica durante gli anni 80

27 CAMILLI 2005 28 VALENTI 2014, p. 131

(9)

del secolo scorso, sotto la direzione scientifica di R. Francovich e R. Hodges. La pubblicazione integrale degli scavi è arrivata solo nel 2003, ad opera di F. Cantini29. La fondazione

dell’insediamento è da datarsi alla metà del VII secolo, quando si rintraccia la presenza di un villaggio di capanne cinto da palizzate ed è caratterizzato da una cultura materiale prodotta in ambito regionale con assenza totale di prodotti da importazione. Con la seconda metà dell’VIII secolo ed il IX si assiste alla trasformazione in centro curtense, con la costruzione di un magazzino nell’area sommitale, e con la presenza di un potere accentrato capace di accaparrarsi i beni e la ricchezza (che in questa fase, più che altro, è dato dal surplus di cibo).

Lo scavo di Miranduolo30 è forse il contesto che meglio descrive le fasi altomedievali della Toscana

rurale (fig. 18): la straordinaria conservazione dei resti (soprattutto quelli archeobotanici), la potenza del dato ceramico e le limitate azioni di costruzione bassomedievale hanno permesso di creare un vero e proprio modello, capace da un lato di raccontare la storia di un luogo e dall’altro di entrare nella Letteratura e nella storia della disciplina. Anche a Miranduolo la fondazione dell’insediamento è da datarsi al VII secolo (fig. 19): in questo periodo individuiamo alcune capanne semiscavate, un grande sistema estrattivo del minerale ferroso, un’area di prima lavorazione del minerale e forse già la presenza di una prima chiesa in legno. La presenza di un’area estrattiva e di lavorazione del minerale lascia ipotizzare che la fondazione dell’insediamento sia di natura pubblica, come anche l’Editto di Rotari specifica31.

Con l’VIII secolo il villaggio di Miranduolo va incontro a profonde trasformazioni: in questa fase si osserva un villaggio di capanne all’interno del quale si inquadrano due diversi centri di potere, due zone intermedie (forse liberi lavoratori dotati di un’indipendenza lavorativa e di diritto, uno dei quali doveva fare il fabbro) e un’area dove insiste il vero e proprio villaggio di contadini. Una delle due aree di potere è rappresentata dalla struttura ecclesiastica, che appare circondata da un vero e proprio giardino di fosse granarie. La seconda area di potere è quella sommitale, dove anche in questo caso, la ricchezza è garantita dalla capacità di conservazione del surplus agricolo32 (fig. 20).

Tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del IX Miranduolo va incontro ad una nuova trasformazione di carattere strutturale dell’insediamento. Tale mutamento denota chiaramente uno stravolgimento sociale, economico e culturale dell’abitato. La zona sommitale viene fortificata, con la costruzione di un fossato e di una palizzata, le aree di conservazione delle derrate alimentari vengono spostate tutte all’interno della struttura difensiva, dove vengono svolte le principali attività produttive, si rinvengono resti archeozoologici che denotano un consumo di carne di tagli di prima scelta e un

29 CANTINI 2003 30 VALENTI 2008 31 VALENTI 2011, pp. 1-2 32 VALENTI 2013

(10)

corredo ceramico delle strutture molto più ampio. Ciò che appare chiaro è la trasformazione di Miranduolo in centro curtense e l’accentramento delle strutture produttive nei pressi della casa dominica33 (figg. 21 e 22).

Un fenomeno simile è stato rintracciato nello scavo di Poggio Imperiale a Poggibonsi, dove nel corso del IX secolo viene costruita una longhouse, ovvero la residenza padronale dell’azienda curtense. Attorno a questa struttura si sviluppavano tutte le principali attività artigianali, di macellazione e di conservazione delle derrate alimentari34 (fig. 23).

Una lettura globale dei villaggi nel territorio toscano è di difficile realizzazione, in quanto bisogna prima capire se (e nel caso, quale sia) una definizione univoca di villaggio dal I secolo d.C. al X secolo. Il ruolo di queste realtà insediative, tra l’età imperiale e i secoli centrali del medioevo, è più volte mutato, deformandone la funzione nel sistema economico del momento, il ruolo produttivo nelle campagne, la capacità di attrarre capitali e di produrre surplus. Forse nemmeno la definizione di abitato accentrato può avere un carattere globalizzante per queste realtà insediative, in quanto probabilmente, nel corso dell’età romana, non tutti i vici avevano un vero e proprio centro aggregato, ma si configuravano come insediamenti diffusi che ruotavano intorno ad un polo capace di attrarre ed offrire servizi.

Altro tema da considerare sulla definizione univoca di questi tipi di insediamenti è quella legata alla lunga continuità di frequentazione: un caso che possiamo citare è quello di Santa Cristina in Caio, dove sappiamo che tra I secolo a.C. e V secolo d.C. esiste un vicus con funzioni di mansio. Nonostante la chiusura dei bagni romani sia avvenuta alla metà del IV secolo, si rintraccia una continuità di vita nelle attività produttive e commerciali (soprattutto di import) fino al secolo successivo35.

Nel VI secolo il dato archeologico mostra la presenza di un villaggio di capanne, completamente slegato da un punto di vista topografico (la disposizione delle strutture non rispetta l’ortogonalità dell’impianto termale), da un punto di vista produttivo (economia basata su agricoltura, allevamento e caccia anziché sulle attività manifatturiere), e da un punto di vista commerciale (assenza totale delle importazioni).

Date le enormi differenze che si riscontrano in questo periodo, è impossibile considerare la Santa Cristina di I a.C.-V d.C. come quella di VI-VII secolo.

In questo caso è necessario operare da un lato in maniera “includente”, dall’altro in modo “selettivo”: includeremo nella statistica tutti gli insediamenti che tra I e X secolo possono aver avuto un carattere accentrato, facendo poi una selezione su base qualitativa (tirando in ballo

33 Per una disamina sulla fase curtense si veda VALENTI 2008a, pp. 108-163 34 VALENTI 2007, pp. 107-114

(11)

l’affidabilità).

Comprendendo tutte le categorie di insediamento accentrato (mansio/statio, villaggio, insediamento generico, castello, curtis, porto), all’interno del database abbiamo 1466 siti che hanno avuto almeno una fase con questa definizione. Limitando il gruppo ai secoli I d.C. - X d.C. arriviamo a 685 unità. Se selezioniamo ancora il gruppo, considerando soltanto i siti con un’affidabilità interpretativa maggiore o uguale a 3, il risultato è di 364 insediamenti.

Osservando il gruppo nella diacronia osserviamo che 75 siti sono attestati nel I secolo, 62 nel II, 34 nel III, 38 nel IV, 31 nel V come nel VI, 26 nel VII, 64 nell’VIII, 110 nel IX e addirittura 272 nel X secolo.

Prima di tutto balza agli occhi il trend positivo altomedievale che si registra tra VIII e X secolo (per poi proseguire nei secoli bassomedievali), facendo dell’abitato accentrato la vera e propria caratterizzazione insediativa dell’altomedioevo toscano. Questo dato cresce ancora di importanza se paragonato con le tendenze dell’abitato sparso negli stessi secoli: creando degli indici statistici sui picchi massimi (nel I secolo per l’abitato sparso, nel X per quello accentrato) e dando un valore a questi del 100%, si osserva prima di tutto che l’insediamento accentrato ha una tenuta maggiore rispetto a quello sparso, scendendo solo un volta (e di poco) sotto al 10%, che nell’altomedioevo si assiste ad un trend positivo di tutte e due le forme insediative, ma nel caso dell’abitato sparso si tratta poco più che una stagnazione e che fondamentalmente la curva di fattorie e case è

I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo 0 50 100 150 200 250 300

Insediamento accentrato per secolo

(12)

continuamente in trend negativo.

I piccoli proprietari terrieri, liberi forse da vincoli di natura servile e che basano la propria esistenza e quella delle proprie famiglie sull’agricoltura, come in qualunque società e periodo storico, fanno fatica ad avere una propria indipendenza economica e sono i soggetti più a rischio di fronte all’instabilità politica, sociale ed economica. Gli insediamenti accentrati romani, seppur con simili trend, riescono a fronteggiare con maggior efficacia la crisi del economica del III secolo e quella politica del VI. La maggior offerta di servizi, l’accentramento di popolazione, una differenziazione della produttività garantivano infatti una maggior tenuta ai cambiamenti36. Tale resistenza si rivede

anche nella continuità di vita degli insediamenti accentrati, che in media vivono per oltre 3 secoli, mentre case e fattorie non arrivano a 2,5.

Tra età romana e altomedioevo, si osserva comunque un cambiamento strutturale del ruolo di tali insediamenti.

La funzione di “quasi-città” vale per l’età romana, considerato soprattutto i rapporti economici che questi insediamenti riuscivano ad instaurare anche a grande distanza, mentre per l’altomedioevo si distinguono più per l’autosufficienza (o quasi) che per l’apertura al Sistema economico generale.

Le ville

36 Il concetto cardine è, in definitiva, quello alla base di molte strategie industriali contemporanee, riassumibile nel concetto di “diversificazione del prodotto” abbassando quindi il rischio di fallimento.

I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% 100,00% 120,00%

Insediamento accentrato e sparso: percentuali sui picchi massimi

(13)

Nello studio tipologico degli insediamenti le ville meritano un posto a parte nel dualismo abitato sparso-accentrato: questi siti sono infatti elementi borderline all’interno del paesaggio. Erano le sfarzose residenze delle élites romane, ma anche luoghi dove lavoravano e vivevano uomini dal vario stato sociale (schiavi, semi liberi, liberi), insediamenti capaci di attrarre merci provenienti da lunga e lunghissima distanza, ma anche insediamenti che producevano prodotti artigianali e agricoli e quindi inseriti all’interno di un mercato di esportazioni.

Comprendere il sistema delle ville e i cambiamenti in seguito all’abbandono di tali strutture significa soprattutto interrogarsi sulle trasformazioni della grande proprietà privata in fasi convulse, come potevano essere quelle di tardo V e VI secolo37.

La Toscana, soprattutto per le fasi tardo romane, sembra essere distante dalle realtà sfarzose del centro sud, e seppur con le dovute differenze38, sembra somigliare maggiormente al sistema

produttivo dell’Italia settentrionale.

Per quanto riguarda il sistema delle ville toscane, citeremo alcuni tra i casi più noti e che descrivono la realtà insediativa e produttiva, con le loro trasformazioni tra età tardo antica e altomedievale. La villa di Settefinestre rappresenta, più di ogni altro contesto scavato, il sistema schiavistico della villa tardo repubblicana (fig. 24); tale assetto economico delle produttività rurale nasce forse già tra IV e III secolo39, oppure subito dopo la guerra annibalica40. In ogni caso, proprio a seguito di tali

eventi bellici, si vide un incrementarsi dell’economia schiavistica: i moltissimi morti in battaglia e la lunga leva obbligatoria, spopolarono le campagne italiane rendendole poco produttive e favorendo la crisi della media proprietà, che doveva vendere le proprie terre ai ricchi41.

La costruzione della villa venne completata nel corso degli anni ‘30 del I secolo a.C. Fino alla tarda età augustea la proprietà della villa non dovrebbe aver subito modifiche, rimanendo in mano ai

Sestii; in età traianea la villa va incontro ad alcune trasformazioni, sia nell’area dominica, sia in

quella rustica. Una delle trasformazioni più evidenti è la costruzione delle grandi terme42 e

soprattutto una tendenza a convertirsi verso realtà più produttive. Nel corso del II secolo si assiste agli ultimi restauri sull’edificio, fino all’abbandono della proprietà, che forse arriva con la fine del secolo: dal III si assiste ad una nuova rifrequentazione della struttura, seppur profondamente diversa. Una piccola comunità umana si insedia nella villa, tra macerie e focolari, e smantella

37 Su questi temi si veda l’introduzione di G. P. Brogiolo agli atti “Dopo la fine delle ville: le campagne dal VI al IX secolo” (BROGIOLO 2005)

38 Si vedano a titolo di esempio la costruzione della villa di Aiano-Torraccia di Chiusi nel comune di San Gimignano, la realizzazione (e restauri) del mosaico di Vignale e il caso della villa dell’Oratorio di Limite sull’Arno.

39 CARANDINI 1981, p. 252

40 A proposito si veda TOYNBEE 1982, p. 86 e ss. Lo Stato, per finanziare la guerra, sarebbe ricorso a prestiti da parte della classe imprenditoriale romana; questi prestiti sarebbero stati restituiti sia in denaro, sia in terreno.

41 PUCCI 1985, pp. 15-16 42 CARANDINI 1985, p. 174-175

(14)

integralmente l’edificio: a tal proposito non è chiaro se i proprietari abbiano chiamato una compagnia di demolitori specializzati oppure se abbiano venduto il rudere agli stessi spoliatori43.

Caratterizzata da una continuità di vita più lunga e da una maggiore complessità insediativa è invece la villa/mansio di Vignale: il sito ha evidenziato una storia di lunga frequentazione, connotata da una probabile fattoria, una villa fondata in età tardo repubblicana che svolge anche le funzioni di mansio lungo la Via Aurelia/Aemilia Scauri dalla prima età imperiale, un’area produttiva di fornaci, una necropoli con materiali datati all’età longobarda. Il primo edificio rurale, datato al III secolo a.C. forse doveva già avere una funzione di servizio dei viaggiatori: questa struttura sarebbe poi stata sostituita dall’edificio residenziale (e produttivo) tardo repubblicano. La villa e la mansio continueranno a funzionare sino all’età tardoantica, come suggerito sia dalle importazioni africane, sia soprattutto dal grande mosaico raffigurante Aiòn; al VI secolo sarebbe infine da datarsi il crollo delle strutture e l’estesa necropoli44.

Passando all’entroterra senese, citiamo il caso della villa tardoantica di Torraccia di Chiusi (fig. 25): la struttura viene eretta tra III e IV secolo, in un momento in cui nella regione le ville iniziano ad essere abbandonate. La storia del sito va quindi in controtendenza, mostrando elementi comuni con il sistema tardoantico delle campagne del meridione d’Italia. La sala a sei absidi che caratterizza la villa viene restaurata tra la fine del IV e gli inizi del V secolo trasformandola in una sala triabsidata. La struttura, tra la seconda metà del V e il VI secolo, si trasforma da area residenziale ad area produttiva. Fino al VII secolo queste aree sono frequentate da un gruppo di artigiani, forse di origine (o comunque di influenza) germanica, che producevano una grande varietà di manufatti: sono attestate attività di produzione della ceramica ingobbiata di rosso, ferro, vetro, piombo, oro, forse bronzo, osso45.

La straordinaria varietà del contesto produttivo potrebbe lasciar pensare ad un grande proprietario di rango elevato, quasi certamente di origine longobarda, e forse caratterizzato da un ruolo pubblico. La ragion d’essere di un’area produttiva così grande e variegata deve essere per forza un mercato privilegiato, in qualche modo obbligato ad acquistare i beni di Torraccia per ragioni politiche46.

Per certi versi affine risulta essere la villa dell’Oratorio, nel comune di Capraia e Limite: la struttura sembra essere stata costruita (sopra preesistenze) nel IV secolo e costituita da una sala absidata di rappresentanza con un mosaico di una scena di caccia al cinghiale. Nel secolo successivo si

43 CARANDINI 1985, p. 184 44 GIORGI-ZANINI cds

45 CAVALIERI 2009, CAVALIERI et alii 2010

46 In quest’ottica la figura più probabile potrebbe essere il gastaldo di Siena, considerato anche lo studio tipologico della ceramica ingobbiata di rosso prodotta in loco, che sembra avere forti corrispondenze con quella senese. A proposito si veda FUMO 2010.

(15)

continua ad ampliare la struttura, attraverso restauri e nuove costruzioni47: sarà poi nel VI secolo

(più precisamente nella prima metà) che l’edificio verrà abbandonato, spoliato e incendiato48.

La villa di Ossaia, localizzata vicino a Cortona (AR) è una grande struttura residenziale rurale (fig. 26); già nella prima metà del I secolo a.C. si individuano le tracce di un complesso architettonico non ben definito, ma sarà con la seconda metà del secolo che la villa inizia ad assumere i connotati di lussuosa residenza, tra le più significative dell’Italia centrale. In questa fase la struttura entra a far parte delle proprietà dirette del Princeps. Se in età augustea raggiunge il suo apice architettonico, già dalla fine del I secolo d.C. e poi nel II secolo, inizierà uno scadimento e trasformazioni planimetriche e funzionali. Si va verso un’ampliamento della forza produttiva della villa, a scapito del suo carattere residenziale. Una nuova trasformazione si avrà tra III e V secolo: in età severiana alcune trasformazioni riconducono la struttura verso il suo carattere residenziale. Le ultime opere di restauro individuate nella struttura e datate nel corso del VI secolo devono inserirsi però nella categoria dei riusi, data la scarsissima qualità delle strutture individuate: si tratta di focolari sopra i tappeti musivi di IV secolo, battuti in terra, tamponature di archi e finestre, buche di palo49.

Gli esempi descritti, variegati da un punto di vista spaziale e tipologico, hanno come comune denominatore il punto di rottura nel VI secolo. In realtà, in molti casi le frequentazioni non finiscono con il secolo precedente, ma proseguono anche fino al VII-VIII, ma in forme completamente diverse dalle precedenti, lasciando intuire una capacità economica tarata verso il basso per i nuovi abitanti.

Ciò che cambia è la natura di questi spazi: in origine infatti le strutture erano state concepite con una doppia valenza, da un lato produttiva e dall’altro residenziale di alto (e in alcuni casi di altissimo) livello.

Da un punto di vista quantitativo il secolo in cui si fondano più ville è il I a.C. Nei secoli seguenti si avrà la fondazione di poche strutture50. Il secolo in cui sono attestate più ville è invece il I secolo

d.C., con un calo abbastanza incisivo nel II secolo e una sostanziale omogeneità quantitativa fino al IV. Nel passaggio tra IV e V secolo quasi i due terzi delle ville saranno abbandonate e tra V e VI soltanto una villa rimane in vita51.

Il tema dei riusi è uno degli aspetti fondamentali nello studio degli insediamenti residenziali romani

47 CANTINI et alii 2012, pp. 267-268 48 ALDERIGHI-CANTINI 2012 49 FERRARI 2014, pp. 49-86

50 Tenendo presenti solo le ville con un’affidabilità uguale o superiore a 3 abbiamo 38 ville fondate nel I secolo a.C., 9 nel I secolo d.C., 1 nel II secolo, 3 nel III secolo, 2 nel IV secolo.

51 Tenendo presenti solo le ville con un’affidabilità uguale o superiore a 3 abbiamo 29 ville in vita nel I secolo a.C., 52 nel I secolo d.C., 32 nel II secolo, 31 nel III secolo, 27 nel IV secolo, 10 nel V secolo, 1 nel VI secolo. L’unica villa in vita nel VI secolo è quella di Massaciuccoli, anche se non è chiaro se si tratta ancora della residenza antica oppure soltanto di una frequentazione post-abbandono. I materiali africani di VI secolo rinvenuti non sono infatti

(16)

di ambito rurale: spesso la continuità di frequentazione (tarata verso il basso) lascia intendere una volontà di sfruttare un determinato territorio che ancora può offrire ricchezze, generalmente agricole, alle popolazioni che hanno abitato queste zone.

Tenendo presenti solo i casi con un’affidabilità maggiore o uguale a 3, in totale si contano 64 siti in cui è attestata almeno una fase di villa: nel 50% dei casi non sono state individuate frequentazioni successive, mentre in 12 casi abbiamo un riuso abitativo, in 3 casi di sepolcreti, in 9 casi di chiese,

I secolo a.C. I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo 0 5 10 15 20 25 30 35 40

Fondazioni di ville per secolo

Ville fondate I secolo a.C. I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo 0 10 20 30 40 50 60

Numero di ville per secolo

(17)

in 3 casi produttivo e in 7 casi viene definito un riuso generico52.

La maggioranza relativa dei casi rappresenta un riuso abitativo della struttura romana, indicando proprio una continuità di sfruttamento del bacino agricolo all’interno di una profonda discontinuità gestionale del modello economico.

I riusi sono diffusi dal II all’XI secolo e gli inizi di tali attività si concentrano tra IV e VI secolo (in questi tre secoli abbiamo il 62,5% dei casi)53, mentre le attestazioni quantitativamente più incisive si

hanno tra V e VI (in questi secoli abbiamo il 31,6%)54.

La maggiore concentrazione di riusi nei secoli V e VI è chiaramente legata al fatto che proprio in questi secoli la maggior parte delle strutture residenziali vengono abbandonate, lasciando quindi spazio ai riusi: ma è interessante notare come ci sia quasi sempre una continuità di frequentazione tra la villa ed il riuso, senza un periodo di vero e proprio abbandono. Quindi, anche se il proprietario ha abbandonato l’edificio, gli abitanti del latifondo continuano a vivere nel territorio.

Evoluzione quantitativa degli abitati tra I e X secolo d.C.

L’analisi delle variazioni prettamente quantitative del numero di siti in vita per secolo, operata quindi senza porre nessuna differenziazione tra l’essenza del sito (una città, una villa, una fattoria, un villaggio avranno quindi lo stesso valore), risente molto del dato legato all’affidabilità del sito.

Territorio regionale

Siti % Siti Siti con aff. ≥3 % Siti con aff. ≥3

I secolo55 2276 70,77% 502 51,54% II secolo 1802 56,03% 372 38,19% III secolo 1291 40,14% 273 28,03% IV secolo 1253 38,96% 279 28,64% V secolo 733 22,79% 125 12,83% VI secolo 284 8,83% 88 9,03% VII secolo 306 9,51% 96 9,86% VIII secolo 415 12,90% 187 19,20% IX secolo 518 16,11% 267 27,41%

52 Il totale è di 66 perché nel sito di Vada, San Vincenzino sono attestate una necropoli e un’area produttiva di olio e nel sito di Nievole sono attestate una necropoli e una chiesa.

53 Nello specifico si tratta di 4 nuove frequentazioni nel II secolo, 1 nel III, 9 nel IV, 5 nel V, 6 nel VI, 2 nel VII, 2 nell’VIII, 1 nel IX, 1 nel X e 1 nell’XI.

54 Sono attestate 4 frequentazioni nel II secolo, 5 nel III, 12 nel IV, 17 nel V, 15 nel VI, 10 nel VII, 10 nell’VIII, 9 nel IX, 10 nel X e 9 nell’XI.

55 La tabella si riferisce ai siti che hanno una fase di vita nel secolo in questione (colonna “Siti”), al rapporto

percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti), ai siti che hanno una fase di vita nel secolo in questione con affidabilità uguale o maggiore a 3 (colonna “Siti” con aff. ≥3), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti con aff. ≥3)

(18)

X secolo 799 24,84% 461 47,33%

Tale analisi ha senso se si considera un sito generico (e di qualunque entità) come area insediata all’interno di un paesaggio non abitato. Considerando che la curva generata dalle variazioni tra I e X secolo rispecchia più o meno fedelmente le tendenze delle singole tipologie, riteniamo che anche questa curva possa ritenersi affidabile. Si osservano due grandi cali quantitativi, che però hanno due significati diversi: il primo calo (tra I e III) è riconducibile più che altro all’insediamento sparso, mentre il secondo (tra IV e VI) è maggiormente generalizzato a tutte le forme insediative. Fino al IV-V secolo infatti, la struttura insediativa romana sembra avere una certa continuità (nonostante alcune fisiologiche trasformazioni). Tra VI e VII secolo si osserva un calo demografico che toccherà picchi bassissimi, per poi riprendere a crescere fino al X secolo, dove si osservano valori demografici importanti e capaci di confrontarsi con le fasi romane.

Province di Siena e Arezzo

Siti % Siti Siti con aff. ≥3 % Siti con aff. ≥3

I secolo56 861 74,80% 372 70,32%

II secolo 692 60,12% 261 49,33%

III secolo 479 41,61% 183 34,59%

IV secolo 501 43,52% 192 36,29%

56 La tabella si riferisce ai siti delle Province di Siena e Arezzo che hanno una fase di vita nel secolo in questione (colonna “Siti”), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti), ai siti che hanno una fase di vita nel secolo in questione con affidabilità uguale o maggiore a 3 (colonna “Siti” con aff. ≥3), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti con aff. ≥3)

I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo

0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% Territorio regionale

(19)

V secolo 312 27,10% 51 9,64% VI secolo 134 11,64% 50 9,45% VII secolo 120 10,42% 59 11,15% VIII secolo 152 13,20% 85 16,06% IX secolo 167 14,50% 95 17,95% X secolo 244 21,19% 146 27,59%

Realizzando un confronto tra l’area interna e meridionale della Toscana (le attuali province di Siena e Arezzo) si osserva una sostanziale congruenza con la tendenza regionale e alcune differenze. In generale la demografia di I secolo appare maggiore rispetto a quello che succede in tutta la Regione e il picco minimo di insediamenti è anticipato di un secolo (ovvero nel V), andando a costituire una grande stagnazione con i due secoli successivi, che faticosamente (e con poca efficacia) si riprenderà tra VIII e X secolo.

Province di Livorno e Grosseto

Siti % Siti Siti con aff. ≥3 % Siti con aff. ≥3

I secolo57 996 87,36% 59 69,41%

II secolo 944 82,80% 51 60,00%

III secolo 679 59,56% 41 48,23%

IV secolo 461 40,43% 42 49,41%

57 La tabella si riferisce ai siti delle Province di Livorno e Grosseto che hanno una fase di vita nel secolo in questione (colonna “Siti”), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti), ai siti che hanno una fase di vita nel secolo in questione con affidabilità uguale o maggiore a 3 (colonna “Siti” con aff. ≥3), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti con aff. ≥3)

I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo

0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00%

Province di Siena e Arezzo

% siti SI-AR % siti SI-AR aff ≥3

(20)

V secolo 219 19,21% 34 40,00% VI secolo 128 11,22% 17 20,00% VII secolo 144 12,63% 12 14,11% VIII secolo 132 11,57% 23 27,05% IX secolo 151 13,24% 31 36,47% X secolo 172 15,08% 37 43,52%

Il processo di abbandono dei siti che va dal I al III secolo sembra un fenomeno più mitigato nella costa rispetto all’interno della Regione e il VI secolo non rappresenta il punto di stacco delle vicende insediative tra l’età romana e l’altomedioevo. Il picco minimo si raggiunge infatti nel secolo successivo.

Nell’area del Valdarno invece si assiste ad un fenomeno demografico estremamente diverso: da un punto di vista numerico, i siti sono pochi in età romana, non si assiste ad una calo evidente tra I e III e non si vede nemmeno il crollo nei secoli VI-VII. Ma il trend positivo altomedievale sarà travolgente.

I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo

0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00% 100,00%

Province di Livorno e Grosseto

% siti SI-AR % siti SI-AR aff ≥3 % siti LI-GR % siti LI-GR aff ≥3

(21)

Il Valdarno

Siti % Siti Siti con aff. ≥3 % Siti con aff. ≥3

I secolo58 405 51,00% 66 20,82% II secolo 350 44,08% 55 17,35% III secolo 311 39,16% 44 13,88% IV secolo 295 37,15% 42 13,24% V secolo 238 29,97% 36 11,35% VI secolo 53 6,67% 17 5,36% VII secolo 56 7,05% 19 5,99% VIII secolo 126 15,86% 74 23,34% IX secolo 188 23,67% 132 41,64% X secolo 363 45,71% 254 80,12%

58 La tabella si riferisce ai siti del Valdarno che hanno una fase di vita nel secolo in questione (colonna “Siti”), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti), ai siti che hanno una fase di vita nel secolo in questione con affidabilità uguale o maggiore a 3 (colonna “Siti” con aff. ≥3), al rapporto percentuale tra il numero di siti nel secolo in questione e il totale dei siti con almeno una fase di vita tra I e X secolo (colonna % Siti con aff. ≥3)

I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo X secolo

0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% 80,00% 90,00% 100,00%

Province di Livorno e Grosseto

% siti SI-AR % siti SI-AR aff ≥3 % siti LI-GR

(22)

Fig. 1: Le infrastrutture stradali di età romana e medievale.

1: Santa Cristina in Caio 23: Mariette di Sotto

2: Buonconvento 24: Podere delle Ville

3: Ponte d’Arbia 25: Podere Toppoli

4: San Pietro ad Mensulas 26: Romena

5: Pantani Le Gore 27: Riofino

6: Acquaviva di Montepulciano 28: Vada Volaterrana

7: San Genesio 29: Cintoia

8: Salebrum 30: Ponte a Signa

9: Portus Scabris 31: Pizzidimonte

10: Palazzo Chiarone, Sant’Angelo 32: Vignale

11: Alberese 33: Torretta Vecchia

12: Albinia 34: Calignaia

13: Camporegio 35: Poggio all’Agnello

14: Sovana 36: Capannori

15: Pitigliano 37: San Luca

16: Petrognano 38: Ortacci

17: Il Fondaccio 39: San Leonardo al Frigido

18: Il Fondaccio 40: Agliana

19: Il Castello 41: Gli Alberghi

20: Fondaccio 42: Ponte allo Spino

21: Soci

(23)

Fig. 2: L’impianto termale di Santa Cristina in Caio

(24)
(25)
(26)
(27)
(28)

Fig. 8: Le fornaci di Umbricio Cordo vicino a Pantani Le Gore (da PUCCI 1992, p. 83)

(29)
(30)

Fig. 11: Lo scavo della Domus del Labirinto a Calvatone (da PALMIERI 2009, p. 403)

(31)

Fig. 13: Lo scavo di San Gaetano di Vada (Vada Volaterrana) (da MENCHELLI-PASQUINUCCI 2005, p. 283). A: Terme B: Horrea C: Edificio dubbio D: Terme E: Fontana F: Schola

(32)
(33)

Fig. 15: L’area intorno al lago Prile tra II secolo a.C. e I secolo d.C. (da VACCARO 2011, p. 15)

(34)

Fig. 17: Planimetria del villaggio di VII-VIII secolo di Montarrenti (da CANTINI 2003, p. 26)

(35)
(36)

Fig. 20: Vista GIS riguardante il villaggio di VIII secolo di Miranduolo (da NARDINI 2012, p. 367)

Fig. 21: Vista GIS tridimensionale riguardante le trasformazioni geomorfologiche a Miranduolo nel IX secolo (da VALENTI 2008, p. 111)

(37)
(38)

Fig. 23: Il villaggio di età curtense di Poggio Imperiale a Poggibonsi (da VALENTI-SALVADORI 2003, p. 328)

(39)
(40)

Riferimenti

Documenti correlati

• CERTIQUALITY, Istituto di certificazione della qualità per l’industria chimica, e IEFE, Istituto di Economia delle Fonti di Energia e dell’Ambiente dell’Università

(1996) – “Criteria for design of free surface constructed wetlands based upon a coupled ecological and water quality model” presented at the 5 th International Conference on

(2004), “Problematiche di riciclo e riutilizzo delle acque nell’industria”, 26° Giornata di Studio di Ingegneria Sanitaria-Ambientale.. (1972) “CNR-Dissalazione delle

Atti del Convegno “Zoo and Conservation Medicine”, SivasZoo, Bari: p.. First sign in Italy of Nematodirus roscidus, Apteragia quadrispiculata and Ostertagia

(1987) – Valutazione del Rischio da frana in Garfagnana e nella Media Valle del Serchio (Lucca); Carta geologica e carta della franosità degli elementi “Villico”,

Università di Pisa, Tesi di Laurea in Ingegneria Civile Idraulica di Nicola Nottoli, Studio regionalizzato delle piogge per una vasta zona della toscana, Anno accademico 2006-.

BORELLO ANTONIO, Il business plan: dalla valutazione dell’investimento alla misurazione dell’attività d’impresa, 2° Edizione, 2002, McGraw-Hill, Milano.. CARLESI ADA,

& Borroni R., La TV Digitale Terrestre, 2 a edizione, 2009, Milano, FrancoAngeli Zavani Mauro (2000), Il valore della comunicazione aziendale, Torino,