Club Previdenza del 30 settembre 2013.
a) Gestione delle crisi aziendali: novità in materia di ammortizzatori sociali e dilazioni debiti in fase amministrativa.
1) Cigs aziende interessate alle procedure concorsuali (interpello Min. Lav. 23/2013).
L’ articolo 2, comma 70 della legge 92/2012, come modificato dall’articolo 46 bis comma 1 lett. H del D.L. 83/13 ha innovato la disciplina della concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria per le aziende sottoposte a procedure concorsuali, eliminandone definitivamente il trattamento a decorrere dal 2016 (abrogazione dell’intero articolo 3 della legge 223/91 da tale data)
Sino al 31 dicembre 2015 il trattamento potrà ancora riguardare le aziende per le quali sussistono prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia dei livelli di occupazione anche se in forma parziale.
Il nuovo art. 3 interessa esclusivamente prospettive di continuazione dell’attività o futura ripresa della stessa. In assenza di queste condizioni il trattamento non sarà concesso.
A tal proposito si evidenzia una palese contraddizione derivante dal rapporto tra l’assistenza alle aziende cessate per fallimento e la cassa integrazione straordinaria per cessazione aziendale prevista dalla Legge 291/04.
Quest’ultima, infatti, non solo non è stata minimamente lambita dal riformatore, ma ha ottenuto altresì un espresso rifinanziamento tramite la legge di stabilità per il 2013.
Lo scenario che si presenta oggi vede quindi il possibile intervento straordinario in caso di cessazione volontaria di azienda in bonis, mentre lo stesso intervento non risulta possibile in caso di azienda cessata in seguito a procedura concorsuale.
In ogni caso deve considerarsi sicuramente smentita dal testo del DM 4 dicembre 2012 la tesi più possibilista, sostenuta da parte della dottrina, che considera i nuovi requisiti della sussistenza della prospettiva di continuazione dell’attività, necessaria limitatamente ai casi di amministrazione straordinaria , permanendo le possibilità di accesso a tutti i casi di procedure concorsuali.
Un caso particolare è rappresentato dal concordato preventivo.
L’art. 3 (L.223/91) riformulato legittima pienamente il ricorso alla Cigs in caso di concordato preventivo che, pertanto, rimane indenne da limitazioni di accesso al trattamento straordinario nel corso del periodo transitorio.
L’articolo afferma che: “..il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni..”
Il riferimento è quindi esplicito al concordato con cessione dei beni, presumendo pertanto l’esclusione del ricorso per un concordato in continuità aziendale.
Difficile comprendere la ratio della predetta esclusione dal momento che, la contraddizione più evidente risiede proprio nel fatto che, ove la legge stessa impone la continuità come requisito da soddisfare per garantire la bontà del piano, lo strumento non pare attivabile.
Da che emergono due considerazioni.
Da un lato ci si chiede se, dietro una tacita esclusione, non si celi invece una sottesa ammissione. Il concordato in continuità aziendale potrebbe infatti considerarsi una chiara ipotesi di crisi aziendale, a nostro avviso incontestabilmente documentabile, pur in presenza di una procedura concorsuale.
Dall’altro lato si dovrà disegnare uno scenario preciso nel momento in cui lo spirare del periodo transitorio spazzerà via l’art. 3.
Ci si chiede, infatti, se da quel momento sarà attivabile una procedura di cassa straordinaria in caso di concordato in continuità.
Fatte queste considerazioni la Fim Cisl ha avanzato istanza di interpello al fine di conoscere il parere del Ministero del Lavoro in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 3, comma 1, L. 223/91, modificato dall’art. 46 bis, lett. H D.L. n.83/2012, concernente la disciplina della concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale per le imprese sottoposte a procedure concorsuali.
In particolare l’istante chiede se, ai sensi della nuova disposizione normativa, nell’ipotesi di ammissione a concordato preventivo, con o senza cessione dei beni, risulti ancora possibile concedere all’azienda interessata il trattamento di Cigs.
In via preliminare occorre innanzitutto ricordare che, ai sensi del novellato art. 3, comma 1, L. n.
223/91, la Cigs viene concessa ai lavoratori di imprese rientranti nel campo di applicazione della citata Legge nelle ipotesi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria
‘laddove “sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”
Il 4 dicembre 2012 il Ministero ha provveduto ad emanare apposito Decreto proprio al fine di individuare i parametri oggettivi per la valutazione delle istanze di Cigs presentata dal curatore fallimentare, dal commissario liquidatore e dal commissario straordinario, facendo riferimento alle procedure concorsuali sopra richiamate (D.M. n. 70750).
Il suddetto decreto prevede che, ai fini della concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale di cui all’articolo 3 della legge 223/91, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, per quanto attiene alla sussistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività, si tiene conto di parametri oggettivi, da indicare anche in via alternativa, nell’istanza di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale : a) misure volte all’attivazione di azioni miranti alla prosecuzione dell’attività aziendale o alla ripresa dell’attività medesima o da adottarsi da parte del responsabile della procedura concorsuale; b) manifestazione di interesse da parte di terzi, anche conseguenti a proposte di cessione, anche parziale dell’azienda, ovvero a proposte di affitto a terzi dell’azienda o di rami di essa; c) tavoli, in sede governativa o regionale, finalizzati all’individuazione di soluzioni operative tese alla continuazione o alla ripresa dell’attività, anche mediante la cessione totale o parziale, ovvero l’affitto a terzi dell’azienda o di rami di essa. Misure particolari che attengono la dimostrazione
della salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, per cui si tiene conto di parametri oggettivi, quali: a) piani volti al distacco del lavoratori presso imprese terze ; b) stipula di contratti a tempo determinato con datori di lavoro terzi; c) piani di ricollocazione dei soggetti interessati, programmi di riqualificazione delle competenze, di formazione o di politiche attive in favore dei lavoratori, predisposti da soggetti pubblici, dai Fondi di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, e dai soggetti autorizzati o accreditati di cui al Capo I del Titolo II del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche.
Ai fini della soluzione del quesito, occorre tuttavia soffermarsi sulla lettera della seconda parte della disposizione, in virtù della quale il trattamento straordinario di integrazione salariale è riconosciuto anche “nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni”, ferma restando la relativa omologazione.
Come chiarito dal Ministero del Lavoro sebbene la norma contempli la concessione della Cigs solo nell’ipotesi di concordato preventivo, con cessione dei beni, deve ritenersi che tutte le fattispecie di concordato preventivo, con o senza cessione dei beni, consentano l’accesso al trattamento straordinario di integrazione salariale, in quanto sottoposte al controllo dell’autorità giudiziaria.
Risulta esclusa, invece, la procedura prevista dall’art. 67, comma 3, lett. D) l.F., in considerazione del piano di risanamento della situazione debitoria aziendale attestato esclusivamente da un professionista e non da un soggetto pubblico terzo.
Alla luce delle osservazioni sopra svolte, si ritiene dunque che il Decreto 4 dicembre 2012 è volto ad indicare esclusivamente quali siano i parametri oggettivi per la valutazione delle istanze in relazione alle procedure concorsuali ivi contemplate e non invece ad individuare le fattispecie rientranti nel campo di applicazione della norma.
Pertanto il trattamento straordinario di integrazione salariale deve essere concesso, ai sensi del novellato dall’art. 3, comma 1, L. 223/91, anche ai lavoratori di imprese ammesse al concordato preventivo, senza cessione dei beni.
A decorrere dal 1 gennaio 2016, l’art. 3 in esame si considera abrogato, determinando evidentemente l’inapplicabilità stessa del D.M. Ne consegue che da tale data non sarà più possibile la concessione della Cigs in base alla suddetta disposizione normativa.
Sulla conclusione a cui è giunto il Ministero del Lavoro trova una particolare giustificazione nelle novità apportate dal Decreto del Fare in merito all’autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione, per il compimento dei quali deve essere richiesto un parere al commissario giudiziale, se già nominato a seguito dell’esercizio della facoltà sopra descritta. La novità è finalizzata a permettere al commissario giudiziale, il quale ha esaminato le scritture contabili e vigilato sulla condotta del debitore, di esporre il proprio parere circa il compimento di operazioni rilevanti.
-2) Regolamento di disciplina delle rateazioni dei debiti contributivi in fase amministrativa.
La fonte principale di riferimento in tema di rateazioni è costituita dall’art. 2, comma 11 del Decreto Legge 9 ottobre 1989 n. 338 convertito nella Legge 7 dicembre 1989 n. 389 e successive modificazioni, che ha definito la titolarità degli Enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a concedere il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi ed accessori di legge, rispettivamente in 24 e 36 mensilità.
L’art. 116 comma 17 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 ha disciplinato, invece, la possibilità che il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, autorizzi il prolungamento della durate della rateizzazione fino a 60 mesi.
In attuazione delle predette disposizioni ciascun Istituto ha provveduto nel tempo a dettare la disciplina regolatrice e amministrativa per la definizione delle domande di pagamento rateale dei crediti di propria pertinenza.
Il quadro di riferimento costituisce il presupposto per procedere, attraverso l’armonizzazione dei criteri alla definizione del procedimento amministrativo con il quale dovranno essere gestite le istanze di pagamento in forma dilazionata.
La revisione della disciplina operata con le Determinazioni Inps n. 229 del 14 dicembre 2012 e n.
1134 del 9 maggio 2013 soddisfa, nel contempo, l’ulteriore esigenza di considerazione delle attuali condizioni economico sociale del Paese rispetto alle quali l’Istituto è chiamato a fornire le risposte adeguate alle istanze dei contribuenti nell’ambito del ruolo ad esso riconosciuto.
Il nuovo regolamento si pone quindi, nella logica della revisione sistemica, quale unica fonte di disciplina della rateazioni contributive dei debiti in fase amministrativa, maturati dal contribuente nei confronti di tutte le Gestioni amministrate dall’ inps, per i quali non sia ancora formato l’avviso di Addebito e sostituisce, abrogandole tutte le disposizioni precedenti impartite sulla materia.
Il contribuente per ottenere il pagamento in forma dilazionata della propria esposizione debitoria per contributi e sanzioni, deve presentare un’unica domanda, che comprende tutti i debiti contributivi in fase amministrativa, maturati nei confronti di tutte le Gestioni amministrate dall’Inps, che risultano denunciati dal contribuente e accertati alla data di presentazione dell’istanza medesima.
Pertanto, la domanda di rateazione, nella quale il contribuente non indichi tutte le Gestioni nelle quali è maturato il debito di rateizzare verrà respinta.
Il contribuente, tuttavia, potrà proporre una nuova istanza che, laddove comprenda l’intera esposizione debitoria denunciata e/o accertata alla data di presentazione della medesima, consentirà l’attivazione del relativo procedimento amministrativo previsto per la definizione della domanda di rateazione.
Sono da intendersi in fase amministrativa i crediti dell’Istituto per i quali, alla data di presentazione della domanda di rateazione, non risulti ancora formato l’Avviso di Addebito di cui all’art. 30 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 convertito in legge 122/2010.
L’articolo 30 del decreto legge 78 del 2010 come modificato in sede di conversione della legge 122 del 2010, prevede che a decorrere dal primo gennaio 2011 l'Inps provveda al recupero dei crediti contributivi di propria competenza attraverso la notifica al contribuente di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. L'avviso di addebito viene utilizzato sia per le somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non versati alla scadenza mensile o periodica, avviso di addebito da omissione contributiva, sia per le somme accertate come dovute dagli uffici o dagli organi di vigilanza anche di altri enti, avviso di addebito da accertamento. E' sempre prevista la possibilità di richiedere il pagamento rateale dell'importo dovuto qualora ricorrano le condizioni previste dalle disposizioni vigenti.
Si precisa che il contribuente può richiedere la rateizzazione di tutte le partite a debito dovute a titolo di omissione o di evasione, ivi comprese le somme a titolo di ritenute previdenziali e assistenziali a carico dei lavoratori.
Le rateazioni dei debiti contributivi in fase amministrativa possono essere concesse fino ad un massimo di 24 mesi.
Resta ferma la possibilità per il contribuente di chiedere al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il prolungamento fino a 36 rate.
Si rammenta, infine, che per particolari specifici casi, il Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dell’Economia, può concedere con decreto un pagamento dilazionato fino a 60 mensilità.
Ai fini della presentazione della domanda, questa va inviata con l’utilizzo dei consueti canali telematici. Al riguardo si rammenta che la trasmissione può essere effettuata dal soggetto responsabile dell’adempimento contributivo (titolare/legale rappresentante), ovvero da specifico delegato o dall’intermediario a ciò appositamente autorizzato.
Nel procedimento di definizione delle rateazioni contributive, la fase di individuazione dell’importo delle partite a debito che saranno oggetto della domanda, riveste un ruolo di particolare importanza nella logica di costruzione di un rapporto di trasparenza e collaborazione con il contribuente.
Nel caso emergano difformità tra quanto il contribuente intenda richiedere e l’importo del debito come sopra verificato, l’interessato dovrà provvedere a segnalare all’Istituto anche tramite canali informatici l’eventuale discordanza, al fine di ottenere la sistemazione dell’intera posizione debitoria.
Al fine di costituire un percorso di rientro in bonis, compiuta all’atto della domanda e consolidatasi con il comportamento attuato successivamente all’accoglimento delle medesima attraverso il rispetto delle condizioni di regolarità del versamento delle rate delle quali si sia avuta conoscenza solo successivamente all’emissione del piano di ammortamento, purchè maturate precedentemente alla data di presentazione della domanda di rateazione in corso. In tal caso, essendo l’ulteriore debito incardinato nella domanda di rateazione già attivata, lo stesso verrà estinto con il pagamento di un numero di rate pari a quello delle rate accordate e non ancora scadute che saranno calcolate sugli stessi presupposti in base ai quali il piano di ammortamento in corso è stato emesso.
Nel Regolamento sono fissate le condizioni previste per l’accoglimento della domanda di pagamento in forma dilazionata che richiedono, da parte del contribuente, il loro rispetto e l’esplicita accettazione. Con la presentazione dell’istanza di rateazione, pertanto, il contribuente si impegna ed accetta le condizioni ivi previste unitamente all’importo del debito oggetto di regolarizzazione.
Da tale ultima accettazione consegue l’ulteriore impegno a rinunciare a tutte le eccezioni che possono influire sull’esistenza e sull’azionabilità del credito stesso nonché agli eventuali giudizi di opposizione proposti in sede civile.
L’accettazione del piano di ammortamento avverrà, invece, solo per effetto del comportamento concludente posto in essere dal contribuente attraverso il pagamento, entro il termine comunicato nel piano stesso, dell’importo indicato come prima rata del medesimo.
Da ciò discende che l’attivazione della rateazione avviene esclusivamente in presenza del pagamento della prima delle rate complessivamente accordate entro la data indicata nel piano di ammortamento.
Il contribuente dovrà prendere atto che il pagamento in forma rateale comporta l’applicazione degli interessi di dilazione al tasso vigente alla data di presentazione della domanda di rateazione.
Per favorire l’istituto della rateazione come strumento idoneo ad agevolare il recupero dei crediti in funzione del definitivo superamento dello stato di insolvenza, potranno essere comprese nella rateazione anche gli importi relativi all’ultimo periodo contributivo – mese/trimestre/rata in relazione alla specificità di ciascuna Gestione – scaduto alla data di presentazione della domanda stessa.
Come precisato, il pagamento in forma dilazionata è finalizzato al recupero della regolarità contributiva che, pertanto, per tutta la durata della rateazione concessa, deve provvedere al regolare versamento, oltre che delle rate accordata, anche della contribuzione dovuta mensilmente o periodicamente per ciascuna Gestione, alle rispettive scadenze di legge.
In relazione a ciò il contribuente non potrà inserire nell’istanza di rateazione un’esposizione debitoria che si sia determinata nel corso di una precedente dilazione.
In requisito della correntezza contributiva costituisce infatti una delle condizioni essenziali per il permanere del titolo al pagamento in forma rateale.
Il Regolamento nella logica di una più ampia valutazione della situazione di difficoltà che può determinarsi in capo al debitore, ha previsto una mitigazione della previsione che esclude la possibilità di proporre una domanda diretta ad ottenere l’attivazione di una ratezione relativa ad un’esposizione debitoria che sia determinata nel corso di una precedente dilazione.
Il contribuente, infatti, in relazione alla specifica situazione debitoria maturata e sulla base delle proprie valutazione, potrà presentare alla sede competente titolare della gestione dei crediti oggetto di rateazione una : d) domanda per accedere alla rateazione breve; b) domanda di nuova rateazione una volta estinta, anticipatamente, con il pagamento integrale delle rate accordate e ancora dovute, la precedente rateazione.
Con riferimento alla prima possibilità, al fine di agevolare il mantenimento della condizione di correntezza contributiva nel corso della rateazione concessa, è stata prevista la possibilità per il contribuente di accedere ad un apposito piano di rateazione breve di durata non superiore a sei mesi che possa consentire, a fronte di una situazione di temporanea mancanza di liquidità, l’effettuazione del versamento della contribuzione mensile o periodica, purchè regolarmente denunciata o imposta.
Si precisa che, tale strumento potrà essere utilizzato una sola volta nel corso della rateazione principale.
Il mancato o parziale versamento mensile di una delle rate determinate con il piano di rateazione breve, comporterà, da una parte, la revoca della rateazione principale e dall’altra, il venir meno del titolo al versamento delle rate ancora dovute in conto della contribuzione corrente regolarizzata mediante la medesima rateazione breve.
La definizione della pratica di ammortamento, all’ esito dell’istruttoria compiuta sulla base della verifica del rispetto di tutte le condizioni previste, avviene con provvedimento motivato di accoglimento, cui segue l’emissione del piano di ammortamento ovvero con un provvedimento di reiezione.
Il provvedimento adottato è comunicato al contribuente all’indirizzo Pec o al numero di fax indicati alternativamente ed obbligatoriamente nella domanda.
Sulle rate accordate con l’accoglimento dell’istanza sono applicati gli interessi di dilazioni calcolati al tasso vigente alla data di presentazione della domanda di rateazione.
Il mancato o parziale pagamento della prima rata, entro il termine assegnato con il medesimo piano comporterà l’annullamento del piano emesso.
In tal caso, resta preclusa la possibilità per il contribuente di proporre per le medesime partite a debito, una nuova istanza di rateazione.
Diversamente, laddove sia intervenuto un provvedimento di reiezione per carenze delle condizioni, il contribuente, una volta rientrato in possesso dei requisiti richiesti dal Regolamento, potrà proporre una domanda di dilazione riferita alle medesime partite che avevano formato oggetto della precedente istanza.
Come precisato, la domanda di rateazione dovrà indicare l’importo complessivo del debito da rateizzare e quello ripartito per ciascuna delle Gestioni amministrate dall’Inps ed interessate dalla regolarizzazione in forma rateale.
Il permanere del titolo al pagamento in forma dilazionata dei crediti compresi nella domanda è condizionato alla circostanza che, nel corso della rateazione concessa, il contribuente provveda al regolare versamento sia della contribuzione dovuta per ciascuna Gestione, alle rispettive scadenze, sia delle rate accordate.
In tal senso, all’atto della presentazione della domanda, il contribuente si impegna ad effettuare, in caso di accoglimento della medesima, sia il versamento delle rate mensili accordate e definite nel piano di ammortamento, sia il versamento dei contributi correnti mensili o periodici nel confronti di tutte le Gestioni previdenziali dell’Istituto.
Il venir meno di una o di entrambe le condizioni comporta l’immediata revoca della dilazione accordata.
Si evidenzia tuttavia che il requisito della correntezza contributiva può essere mantenuto dal contribuente facendo ricorso allo strumento della rateazione breve.
Analogamente si dovrà procedere all’immediata revoca della rateazione accordata, laddove, attraverso il costante monitoraggio dei versamenti successivi al primo e fino ad un limite massimo di 24 (36/60) rate, sia accertato contabilmente il mancato pagamento da parte del contribuente di
due rate mensili consecutive, pur in presenza della condizione di regolarità nel versamento della contribuzione dovuta mensilmente o periodicamente.
Il provvedimento di revoca ha effetto dalla sua adozione e, pertanto, tenuto conto che l’art. 5, comma 2 del Decreto Ministeriale del 24 ottobre 2007 ha stabilito che l’attestazione della regolarità contributiva sussiste qualora, in caso di richiesta di pagamento in forma rateale, l’Istituto competente abbia espresso parere favorevole.
Per quanto concerne, infine, la competenza decisionale
-ai direttori provinciali è attribuito il potere di decidere fino a 24 rate di debiti contributivi in fase amministrativa, nel limite di importo pari a 500.000,00 euro, di esprimere parere sull’estensione della rateazione fino a 36 rate, entro i limiti del predetto importo e di dare esecuzione all’autorizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sull’estensione della dilazione a 36 rate
-ai direttori regionali dell’Istituto è attribuito il potere di decidere le rateazioni fino a 24 rate dei debiti contributivi in fase amministrativa, nel limite di importo superiore a 500.000 euro e fino a euro 1.000.000.,00 e di esprimere il parere sull’estensione della rateazione fino a 36 rate entro i limiti del predetto importo.
-al direttore centrale, titolare della funzione di monitoraggio e verifica della puntuale e uniforme applicazione della normativa in materia di rateazione dei debiti contributivi da parte delle strutture territoriali finalizzata all’individuazione delle eventuali azioni correttive, compete il potere di decidere le domande di rateazione nel limite di 24 rate per i crediti superiori a euro 1.000.000,00;
esprimere il parere sull’estensione della rateazione fino a 36 rate nell’ambito degli importi di competenza.
b) Novità in materia di responsabilità solidale sugli appalti introdotte dal Decreto del Fare (D.L. n.
69/2013) e dal Decreto Lavoro (DL 76/2013).
L’art. 50 del D.L. 69/2013 modifica l’istituto dell’obbligazione solidale nella filiera degli appalti, limitando la stessa alle sole ritenute operate sui redditi da lavoro dipendente e non più anche sull’Iva.
Il comma 28 dell’art. 35 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223 aveva previsto, infatti, in caso di appalto di opere e servizi, che l’appaltatore rispondesse in solido con il sub-appaltatore, nei limiti del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente e dell’IVA dovute in relazione al sub-appalto in essere. In aggiunta il comma 28 bis, prevede una sanzione amministrativa che oscilla da Euro 5.000 ad Euro 20.000 nel caso in cui il committente principale paghi il corrispettivo dovuto all’appaltatore senza previa verifica degli adempimenti di cui sopra da parte dello stesso e di eventuali subappaltatori In conseguenza di modifiche apportate al comma 28, anche l’impianto sanzionatorio previsto dal successivo comma verrà applicato solo in relazione alla mancata verifica da parte del committente principale del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente e non più sull’IVA.
Con le modifiche apportate con il D.L. in esame, l’istituto dell’obbligazione solidale nella filiera degli appalti trova applicazione solamente in relazione alle obbligazioni scaturenti dal rapporto di lavoro.
Non bisogna, infatti, dimenticare che, a latere del D.L. 223/2006, trova piena applicazione l’art. 29 del D.Lgs. 276/2003 il quale prevede che “il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto.
Merita evidenziare che la verifica circa il versamento dell’Iva sarà ancora richiesto per gli adempimenti scaduti alla data di entrata in vigore del D.L. 22 giugno 2013.
Anche l’art. 9, comma 1, D.L. 76/2013 si occupa della solidarietà negli appalti.
La solidarietà negli appalti ex art. 29, comma 2, D.Lvo n. 276/2003 trova applicazione anche ai compensi ed agli obblighi di natura contributiva ed assicurativa in favore dei lavoratori impiegati con contratti di natura autonoma (la disposizione non fa alcuna eccezione), fatta eccezione per i contratti di appalto delle Pubbliche Amministrazioni individuate dall’art. 1, comma 2, del D.Lvo n. 165/2001. La solidarietà anche in favore dei lavoratori autonomi riprende un concetto già espresso in via amministrativa dal Ministero del Lavoro con circolare 5/2011 e dall’Inps con la circolare n. 106/2012.