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Difensor Pacis nella traduzione in volgare fiorentino del 1363

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(1)

M A R S I L I O

P A D O V A

D i f e n d i t o r e

d e l l a P a c e

F O N D A Z I O N E LUIGI E I N A U D I

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F O N D A Z I O N E L U I G I E I N A U D I

S C R I T T O R I I T A L I A N I D I P O L I T I C A , E C O N O M I A E S T O R I A

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Marsilio da Padova

DEFENSOR PACIS

nella traduzione in volgare fiorentino del 1363

a cura di Carlo Pincin

i hostinato rigore »

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da generosi contributi della Rockefeller Foundation e del Consiglio Nazionale delle Ricerche: a entrambe queste benemerite Istituzioni si rivolge il più vivo ringraziamento.

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IL LIBRO DEL DIFENDITORE DELLA PACE

E TRANQUILLITÀ

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A l nome di dio amen.

Questo si chiama il libro del difenditore della pacie e tranquilità 1 trasslatato di franciesco i[n fiorentino l'ano mccclxiij.

« A tutti reami piacevole e dilettevole dee esser tranquilità, nella quale e i popoli profittano e di tutte genti il profitto è guardato ». Di questa proposizione rende la chagione Chassiodore nella primaia delle sue pistole « che-ttranquillità è la bella madre di tutte buone arti e che '1 mortale umano lingnaggio per succiessione ripara e multipricha, le fachultà accrescie e istende, i buoni costumi assalta clic vertù, e di sì gran profitto è, che dee essere ingnorante tenuto e-rriputato chi cer-chata no-ll'à, né cierchare no-lla vuole». Nelle quali parole di suso dette, Chassidorio à ispremuto e detto i frutti e profitti della pacie e •ttranquilità de' ghovernamenti civili, affine che per tali frutti come per molti buoni elfi dichiarisscie più appieno il gran bene e-ssovrano del-l'uomo in questa mortai vita, cioè a-ssapere sufficientezza di vita, la quale niuno uomo non puote sanza pacie e-ttranquilità avere. E per ciò elfi smuove i chuori umani ad avere pacie insieme e-ttranquilità. E in questo elfi s'accosta a Giob che dicie nel xxij chapitolo del suo libro : « Abbiate pacie, e per quella tu avrai molto buon frutto ». E per lo tragrande e buon frutto che in pacie e-ttranquilità è, il benedetto filgliuolo di dio, nostro singnore Giesù Cristo, la fecie insengnia e messaggiera e dinuzieressa della sua natività in questo mondo, che allora fecie gli angnoli chantare : « Glolia in eccielsis2 deo, e pas in terra alli uomini di buona volontà ». Donde per ciò spesso la pacie disiderò

3 i[n fiorentino: nel Ms. le lettere dopo la j sono state asportate dal legatore, m c c c l x i i j : segue, scritto

in secondo tempo: è carte 265 inserite chola tauola dinanzi.

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a' suo' disciepoli, siccome-nnoi leggiamo in più luoghi del guangnelo; donde dicie san Johanni che Giesù venne e ritto si tenne nel mezzo de' suo' disciepoli, e disse loro: «Pacie sia con voi». E così come dicie san Marco inn-amonendoli di guardare la pacie intra-lloro, loro disse: «Abbiate pacie intra-vvoi». E non tanto gli amonì, e insengnò la pacie a guardare intra-lloro, ma mostrò loro che alli altri la dovessero disi-derare, dond'elli disse loro e comandò ch'uomo metta ella dea. Santo Matteo disse: «Quando voi entrerrete inn-una magione salutatela diciendo: - Pacie a questa magione». Pacie fu il loro retaggio, ch'elli lassciò-lloro per modo di testamento quando l'era el tenpo della sua passione s'apressò, diciendo loro | così: «Io vi lasscio pacie, io vi dono la mia pacie », siccome testimonia san Johanni nel xiiij chapitolo del suo guangnielo. Donde gli appostoli come-ssue veraci rede e-llui se-guente, all'essempro di lui la pacie disiderarono a-ccoloro a' quali elhno mandarono le loro pistole e evangieliche insengnamenti, però che sapeano che' frutti della pacie sono strabbuoni, siccome dì suso per Giobbo è provato e per Chassiodore più larghamente dichiarato. Ma però che chause contrarie quanto è-ddi loro producono e-ffamio diversi effetti siccome per concordia e tranquilità venghono al gover-namento delle citta1 profitto e frutto istrabuono, così per discordia ch'è contradia a tranquilità loro venghono e verrano danno e frutti istrarrei, siccome l'uomo il può vedere, e-cchatuno chiaramente il può provare per lo reame di taliani. Ché-ssino a-ttanto che-Ili abitanti in quello insieme paciefichamente intra-lloro vivettono, il frutto2 della pacie qui di sopra detto sì dolciemente ghustarono e ricievettono

e-ttanto per quello e in quello profittarono, che tutta la terra abitante sottomisero a-lloro dizzione, inperio e-ssengnoria. Ma dappoi che intra-lloro fu nato discordia, tencione e-rriotta, travaigli grandi e orriboli e diversi damaggi sostennero e occorsero nel loro reame, e-ssotto andò lo 'nperio a gienti di strane nazione. E così fu ed è aban-donato alla fine, per discordia e-lloro tencione, e così come disolato e sconmesso, intanto che-ddi leggiere si mostra l'entrata a coloro che occhupare il volglono e a-cciò legiermente potente sarebbe. E cierto ciò nonn-è punto maravilglia, ché, così come dicie Salusto, « per con-cordia piccole cose cresscono, e per discon-cordia le molto grandi meno-mano». Per la quale discordia gli abitanti di quello reame isviati e

17 Chassiodore: prima Chassiodomus.

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PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1-3 11

inn-errore sono privati di vita sufficiente, e per loro riposo acquistato per concordia grave fatiche sostenghono, e per la loro ecciellente libertà e franchezza portano l'asprezza e servitudine de tiranni, e alla perfine di tutti gl'altri che continuelmente e civilmente vivevano son fatti i più meccianti, intanto che '1 loro nome patronicho che glolia 5 inmu[n]ità e franchigia solea donare a-ccoloro | che-ll'appellavano, 2r loro è ora messo al dinanzi in rinproccio dell'altre nazioni, a grande verghongnia e villania1. E così dunque ellino meccianti in sì gran tenebre 3 son chaduti e trabocchati per la discordia nata intra-lloro e-lloro ten-cione, la quale discordia secondo i dottori e sperienza è distrassie* e 10 malvagia disposizione del governamento civile, così come malaria è la mala disposizione del corpo della bestia. Della quale discordia giassia che-Ile chause primitive sieno più, e-lle seconde e mezzane altressì non sieno punto poche, le quali e come e per quali vie e maniere elle possono e-ssono accostumate di venire, Aristotile il sovrano de' filo- 15 sari, nella civile scienza, cioè a-ddire nel libro di Puleticha, à presso che tutto mostrato e scritto, tuttavia oltre a quelle, à un'altra chausa singholare, e troppo squra e riposta e nasscosa, per la quale lo 'nperio di Roma pezza fa à travalglato e ancora grandemente travalglia e-ss' afaticha di dì in dì, niente meno contagiosa* e apresté* e possente 20 di ranpire e-ssopra salire in tutte altre civilité e-rreiami e-ggià per sua ghiottonia à tentato assalire in più entrate e invaire*. La quale chausa, sua nasscienza e-ssua ispezia né Aristotile né altri in su' tenpo né-ddinanzi a-llui conossciere non poteo. Però che questa perversa oppe-nione si è e-ffu a ispiegare e sprichare e-ddichiarire in noi seguenti e 25 da-nnoi ciosite per chagione conossciute e inmaginate per congiettu-razione e per maravigloso aspetto, apresso il tempo d'Aristotole pezza fa la produtto della sovrana chausa fuori e oltre la possibilità di natura si abbassò e-lla comune azzione delle chause e-ccose di questo mondo. E queste sì portanti soffiste infinte effarde* e faccia d'onesta e di prò- 30 fittevole all'umano lingnaggio, in tutti punti è-ssì dammagiosa a tutte civilitadi e pacie 2, che-ss' ella nonn-è inpacciata, ella loro ingienererà alla perfine grave danno e-nnocimento inportevole. Ora dunque sic- 4 come-nnoi avemo detto: il frutto di pacie e di tranquilità sono molto buoni e gravi danni e-nnocimenti di discordia e di tenzione sono con- 35

4 v i v e v a n o : corr. la terza v . 20 contagiosa: Ms. contengiosa. 25 a ispiegare: prima a ispolglare.

1 . l o r o è o r a ecc.: cfr. per esempio la testimonianza di Liutprando, Rei. de leg. Cost., xii;

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tradi1 sono inportevoli: e però dunque tutti do verno la pacie disiderare

2v e cierchare se-nnoi nodi' avemo, e quando l'avemo a|quistata guardalla,

e discordia e-ttencionisoncontradie2 e di tutto nostro podere ledovemo ributtare e allunghare da-nnoi. E a queste cose fare e prochurare, noi 5 che tutti siamo fratelli siamo tenuti, e in ispeziale più i collegi e-lle comunità intra-lloro si debbono aiutare a-cciò, tanto per l'affezzione di charità e amore d'iddio, quanto per la diritta obrigazione edleghame d'umana conpangnia. La qual cosa Platon c'insengnia, siccome dicie Tulio nel primo libro d'Ufici, e dicie così: «Noi non siamo punto io nati tanto solamente per noi; parte della nostra natività domanda il paese e parte i nostri amici ». E dicie apresso Tulio in seguendo, che « tutte le cose che-ssopra terra son criate e prodotte, sono per l'uso dell'uomo, ma-Ili uomini per la chagione delli uomini, cioè a-ddi[re] per profittare l'uno all'altro, son creati e ùigienerati; e in ciò dovemo 15 noi seguire la natura che-cci mostra questa via, che '1 comune profitto doven noi proqurare e nel mezzo e in comune apportare ». E-ccierto tutti i buoni uomini volliendo e-ppossendo il comun bene e profitto vedere dé veghiare e mettere gran qura e intenta e diligienza a mo-strare il gran profitto che-ssarebbe a tutti e-lla neciessità che della 20 rivelazione e dichiarazione di quelle avandette singhulari chause di discordia ne' reami e civihtà che di sì grandi danni, come detto è, gli minacciano. Ché-sse questo non fosse dichiarato, niente questa pisto-lenza non potrà essere schifata, né '1 suo effetto, eh' è così dannoso, non potrà essere perfettamente rotto e svelto de' reami né delle cittadi' 5 E per ciertano niuno buon uomo non dé negligere né dimentichare

né-llassciare questa qura e intenzione né per paura né per dotta né per qua-lunque altro malvagio spirito, ché come dice l'appostolo nel primo chapitolo della pistola che fecie a san Timotteo suo disciepolo: «Iddio non ci à punto dato spirito di paura ma-ddi vertù e di dilezzione» vera 30 a verità dichiarare. E ancora dicie apresso a Timotteo3: «Non volere dunque avere vergongnia della testimonanza di Giesù Cristo ». E questa testimonanza fu testimonanza di verità per la quale testimonanza rendere e-ddare dici' elli ch'elli fu venuto in questo mondo, dond'elli dicie nel xviij chapitolo del guangnelo di san Johanni: «Io sono a 3 r questo nato e però sono venuto in questo mondo, cioè | a-ssapere

13 a-ddire: Ms. addio. 22 n o n fosse: prima fosse.

1. sono contradi: <p son contraire. 2. <t> son contraire.

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PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1-3 1 3

ch'io porto testimonanza a verità», vero che mena l'umano lingnaggio alla vita perdurabole. Adunque per l'essenpro di Giesù Cristo, e a insengnare la verità per la quale questa pistolenza de' governamenti civili possano essere rotti e dibarbati dall'umano lingnaggio, e in ispezialtà intra' cristiani, la quale verità mena a-ssalute di vita 5 civile, e molto vale e profitta alla salute perdurabole, e con lui più obrighato a intendere a quale il donatore delle grazie à-ppiu abondan-temente ispirato lo'ntendimento e conoscienza delle cose di suso dette, e per ciertano molto gravemente peccha chi-ssi sta e fare il puote : s'elli noi fa, e'-ssi mostra verso iddio ingrato e malconossciente delle grazie 10 che-ddio gì' à date, ché-ssì come dicie san Jacopo nel iiij chapitolo della sua chanonicha, « chi-ssa ben fare e noi fa peccha ». E-ccierto questa iniquità del comune nemico dell'umano lingnaggio non può altrimenti essere scerpato e guasto perfettamente; né' frutti sì damma-giosi eh' ella fino a ora à prodotti non seccheranno se-ttutto avanti 15 nonn-è mostrato riprensione e-rrarghuita la malvagità della sua radicie, e della sua chausa orriginale. E per questa via e non per altra puote la contrarietà e potenza de' prenzi entrare e purghare e distruggiere i padroni e' dissleali fattori di questa malizia e iniquità, e mettere

a-ffine i suoi ostinati difensori e-ffattori. 20 Per la considerazione1 di tutte queste cose io attendante pensando2 6

e volendo obbidire al consilglio e algl'amonimenti de' santi e-dde' profeti qui di sopra nomati, per la grazia del santo spirito, se alquna m'è prestata a intendere queste cose, qui nella speranza e-ffidanza del-l'aministrazione da alto, cioè a-ddire della grazia del santo spirito donde 25 vengono tutti i beni all'umana natura qui abbasso in questo mondo, siccome sa- Jacopo nel primo chapitolo della sua chanonicha che •ddicie così: « Tutti i doni perfetti e buoni da alti dissciendono dal padre di lumiera », apresso il tempo di diligiente studio e intentiva per iscrut-tazione le somme delle sentenze che-sseguono ò conpilate e messe 30 in iscritto per la reverenza di colui che-Ila grazia me ne dà e-11' amore 30 e affezzione di manifestare verità per F ardore di charità che tutti dovemo avere a' nostri fratelli e a' nostri paesi e per la misericordia e-rrilevazione delli opressati, e per rapire e-rrappellare i disviati dal loro

16 mostrato: prima mostr.

1. Per la considerazione: Sch. 7,16-17 Premissis itaque Christi... monitis. Il testo è corrotto.

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errore, coloro che perciò così gli opressano e gravano, e per rivelglare e muovere coloro che risistare e ubbidire alli oprimati e gravati doves-sero e bene lo potesdoves-sero e-ssì-llo sofferano nigrigientemente, che io credo che aiuto ne possa venire alla tua maiestà velglevole, o Luigi travalente 5 e tranobole imperadore de' romani, che quri songnosamente, e istudi a provedere a' chasi e miccieffi di su detti e alli altri che potrebbono avenire, e nell'acresscimento del comune profitto, e però a-tte riguardo singhularmente e m'addirizzo, come a-ssinghulare ministro di dio, che-ttu volgli dare fine a quest' opera tale com' ella disidera, cioè a-ssapere io esseghuzione a' fatti e alle cose che chagiono sotto il tuo

ghoverna-mento, che in te è piantata e affermata per anticha succiessione di len-gnagio, siccome per diritto speziale, e non micha meno per tua sin-ghularità vertuosa e-ssanta inclinazione e stracchiara e stranobole vertù, amore e disiderio di tutte eresia iscerpare, verità chattolicha e tutte 15 altre buone dissciprine essaltare e guardare, vizi punire e-ttalglare istudi

e tutti fatti vertuosi accressciere, tencioni e discordie spengnere e amen-dare, e della pacie e tranquilità per tutto seminare, nodrire e coltivare. 1 7 Questo è dunque mio proposo in questa opera dichiarare e mostrare

solamente all'aiuto di dio questa singhulare chausa di discordia. Ché 20 a ricordare il numero e-lla natura della chause che Aristotole ci à insengnate, sarebbono grande abondanza e maniera di superfruità; e però è nostra intenzione discoprire e manifestare quelle chause che Aristotole non poteo vedere, e della quale apresso a-llui l'uomo 1' à veduta e congnosciuta tuttavia niuno nonn-à diterminazione intrapresa 25 né perfatta a questa fine, che di tutte civilitadi e comunaltadi e-rreami 4r possa da ora innanzi di leggiere essere sbandita e remessa fuori | e

•cch'ella così fuori e-llungie sbandita, i buoni prenzi e' buoni suggietti possano più soavemente vivere in tranquilità, la qual cosa è proposo disiderevole al cominciamento di questa opera neciessaria a-ccoloro 30 che debbono usare e gioire di civile filicitade e beata vita, la quale è il tragrande bene e magiore de' desideri che uomo puote aquistare 8 in questo secolo e '1 sezzaio de' fatti umani. E questa presente opera ch'io ò proposata diviserò per iij dizzioni. Nella prima di quali io dimostrerrò mie intenzioni per vie ciertane, e ragioni trovate d'ingiengni

4 o Luigi : nel margine una mano indica la dedica. 11 in te è : ripetuto nel Ms. ; potrebbe tuttavia

non trattarsi di ripetizione triviale, nel qual caso sarà da leggere: in te è, in te è piantata ecc. 21 e maniera ecc.: prima e soperfruità. 26 remessa: lettura incerta della prima sillaba.

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PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1-3 15

umani, le quali ragioni sono intese e conposte e-ffatte di proposizioni conossciute e chiare per loro medesime a tutte penseie non corrotte da natura o-ppassioni naturali, di costuma o di perverse affezzionif.] A l contradio nella seconda dizzione le conclusioni ch'io crederò avere dimostrate io confermerò per la testimonanza di verità fondata per- 5 durabelemente e per l'auttorità de' santi che-U'enterpetrano e spon-ghono e d' altri dottori aprovati dalla fede cristiana, sicché questo libro sia stante per sé, e-ssofficiente a-ssé medesimo, e non abbia bisongnio di niun altro istrinsico e istrana probazione presa fuor di lui. E apresso ciò altressì io inpungnerò e incontro arghuerò la falsitadi contrarie alle 10 mie diterminazioni, e con questo dichiarerò le soffiscime de' miei aversari, cioè a-ddire parole aviluppate e di doppio senno e intendi-mento, lasse, che-ll'uomo dicie parole a due visi, che inpacciano i chuori per loro lassure e inviluppamenti. Nella terza io distrarrò delle conglu-sioni di su diterminate alqune concluconglu-sioni corellaries* e insengnamenti 15 molto profittevoli, de' quali la ciertanità verà evidente per le diter-minazioni davanti messe, che tutti, così prenzi come suggietti, debbono mantenere e guardare. E-cciasqune di queste dizzioni diviserò per chapitoli, e-cchatuno capitolo per più parti1, li uni in più e-lli altri in meno secondo la quantità del chapitolo; e '1 profitto di queste divi- 20 sioni sarà una leggierezza di trovare più prestamente quello che-ll'uomo ciercherà, ché per questo volume più abreviare io rimanderò in più passi le letterature2 de dizzioni e chapitoli seguenti a' prociedenti. E altressì per queste divisioni potranno più tosto trovare quello | che 411 domanderanno, e melglio sapranno ov' ellino il dovranno ciercare e-ssi 25 verranno ad altre cose, ché quando alchuna volta ne' detti seguenti noi porremo alquna veracie proponizione o per mostrarla o per altro, della quale la probazione sia dinanzi messa sufficientemente, noi rimande-remo il leggitore alla dizzione, chapitolo e partita ove-lla sua pruova sarà stata data per ischifare nughazione, sicché-ppiù legiermente e' possa 30 trovare la-cciertanità di quello ch'elli domanderà.

Kap. ij

[I]n intendendo e in cominciando nostra diterminazione delle cose di sopra proposte, primieramente dichiarare volgliamo e intendiamo che

13 1 chuori: prima il eh. 23 passi: prima parti. 25 il dovranno ecc.: prima il cièrcheranno. 33 Iniz. nel marg. tagliato.

(20)

cosa è tranquilità e intranquilità o discordia di città o-ddi reami1, e-cche cosa è tranquilità: ché questa nonn-è dichiarata, neciessità è ingnorare e non sapere quello eh' è intranquilità. E però che tranquilità e intran-quilità appaiono essere disposizioni di cittadi o-ddi reami, la qual cosa 5 e-ssentenzia sia che ora sopposata a dichiarire tantosto per Chassiodore, apresso ciò, noi mosterremo in seguendo quello eh' è reame o città, e per che, donde le discrizzioni di tranquilità e intranquilità si dimo-2 strerranno melglio e-ppiù chiaramente. E però che-ssecondo nostra ordi-nazione che dinanzi avemo dette a dichiarare avemo tranquilità di io cittadi o di reami, per ischifare anbiguité* dottosa e doppio intendimento

in nostro proposo per equivochazione de motti, e' conviene sapere che questa parola reame è presa in iiij maniere e-ssingnificha iiij cose. E alquna volta è presa per l'una delle iiij e non per l'altre, siccome tantosto si mostrerrà per essenpri. Primieramente per questo motto 15 reame io intendo assai città o provincie contenute sotto uno

governa-mento, siccome noi diciamo i-rreame di Francia o di Scozia2, e-ssecondo questa singnifichazione reame non si differa punto da cittadi in ispezia di polizia, ma-ssi differa secondo quantità. - Secondamente questa parola reame singnificha una spezia o maniera di polezia, cioè a-ddire di ghover-20 namento tenperato, la quale polecia Aristotole chiama monarcia* attem-perata ; secondo la quale singnifichazione inn-una città può essere reame 5r siccome in più, siccome giaddì e' fu intorno il tempo che | -Ile conteie 3 furono ordinate, che in molti luoghi inn-una sola città avea un re. La terza singnifichagione di questo motto reame è conposta della prima 25 e della seconda, e questa è la più comune. - La quarta singnifichazione si è comune a tutte spezie di covernamento temperato, sia inn-una città o-ssia in più, e altressì per questa singnifichazione prende4 Chassiodore questa parola reame . . .5 che-nnoi medesimi al cominciamento di questo libro, e così useren noi nelle diterminazioni delle nostre do-3 mande. Noi adunque che dovemo scrivere tranquilità e '1 suo con-tradio, ricieviamo e-ddiciamo e dobbiamo considerare, siccome dicie Aristotile nel primo e nel quinto libro di Puleticha, nel secondo chapi-tolo e nel terzo, che città è così come una natura o creatura che à

22 che: segue cane, conti.

1. Sch. io, 14-15 regni vel civitatis.

2. siccome... Scozia: glossa.

3. conteie: Sch. 11, 7-8 communitatum civilium. 4. prende: Sch. 11, 13 sumpsit.

(21)

- 4* * » tfc6«°r>f»m* fa». ^ W ^ •

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i *£' I P

L a p r i m a facciata del c o d i c e fiorentino

(Firenze, Biblioteca Laurenziana, plut. 44, cod. 26, c. 1 r.)

(22)
(23)

-PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1-3 17

anima, cioè a-ddire bestia, però che tutte creature ch'à anima per la quale ella si può muovere di lui inn-altro è bestia, come dicie Aristotole nel secondo libro d e l l ' A n i m a O r diciamo che città è come una bestia quanto a-ssua composizione e ordinanza delle sue parti e menbri. Ché, così come-Ila bestia ben disposta e perfetta secondo natura, è conposta di più parti proporzionate e ordinate insieme, che ànno diversi ofici, de' quali elli usano l'uno per l'altro e chatuno per lo tutto, (sic-come l'occhio vede per l'orecchie guardare di pericolo che-Ili potrebbe avenire, e per lui aministrare quello che buono gli può essere, e altressì per lo pié e per tutto '1 corpo, e-11'orecchie altressì, come rendendo all'occhio la cortesia, ode per l'occhio, per lo pié e per tutto il corpo ; e '1 pié va per lui, per l'orecchie, per l'occhio e per tutto il corpo, e così delli altri menbri)2, tutto così la città che bene è ordinata e stabo-lita secondo ragione è e dé essere conposta di menbri di diversi ofici. Quale conparizione dunque è della bestia e de' suo' membri a-ssantà, tutto altrettale è della città o de-rreame e delle loro parti a-ttranquilità. E di questa conclusione possiamo prendere la probazione e-cciertanità per lo comune intendimento | e parlare di santà e di tranquilità; ché chatuno intende per santà istrabuona disposizione della bestia secondo natura e-nnaturale condizione, e altressì per tranquilità intende l'uomo istrabuona disposizione della città e giustizia3 secondo ragione; donde dicono i savi naturali e sperti fisiziani, che-ssantà è buona disposizione della bestia, per la quale una e-cchatuna delle sue parti possono per-fettamente fare l'operazioni afferanti alla natura; dunque secondo questa analogia* e conparizione tranquilità è una buona disposizione de reame e di cittadi per la quale chatuna delle sue parti puote perfettamente fare perseguire e acconpiere l'opere e-ll'operazioni e ufici che-Ili afieg-ghono secondo ragione e-ssecondo il suo stabilisscimento e innistitui-zioni. E però che chi bene difmisscie e distingue l'uno de due contradi, elli fa intendere l'altro, (siccome dicie Aristotile nel xvj di Topiches)4, intranquilità si è dunque mala disposizione di cittadi o di reame, così come infermità e malatia è mala disposizione della bestia per la quale

17 ciertanità: Ms. ciertinita.

1. però... dell'Anima: manca nel latino, ma cera nel francese, come rivela lui^falsa lettura

di lieu; l'autore della glossa (così chiamo per brevità le parti di M mancanti nel latino) conosceva Aristotele. Cfr. per la citaz. De Anima 4i3b.

2. siccome... così delli altri menbri: altra glossa, verisimilmente di <t> (0 di A?).

3- giustizia: Sch. 11, 25 instituta.

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malatia tutte le sue parti o alqune sono inpacciate di fare l'opere che apprendono alla loro natura sinpremente, cioè a-ddire gieneralmente e di tutti punti, ch'ellino no-lle possero eziandio cominciare, o-ss' ellino le cominciano ellino no-lle possero perfornire. E di tranquilità intran-5 quilità il suo contradio sofficia quello che così essempralmente n'abian

detto. Kap. iij

[E] poi che-nnoi avemo detto e mostrato che tranquilità è-bbuona di-sposizione della città per la quale le sue parti possono fare le loro opere io secondo ragione e-lloro instituzioni afferentemente, è in seguendo

intendere che-ccosa è città secondo sé, e perché1 e quante e quali sono principali e prime parti; e-cche opera e uficio una e ciasquna di quelle à, e a-llei appendono ; delle chagioni e del loro ordine intra-lloro ; però che queste cose sono molto variabile2 alla perfetta diterminazione di 2 tranquilità e intranquilità sono contradie3. Tuttavia anzi che-nnoi

trat-tiamo della città e delle sue spezie e maniere che è perfetta comunità

6r (e questo intendiamo per questo | noni citté), noi dobbiamo induciere

dire e-rraccontare la nasscienza e originale delle comunità civili e del loro governamento e maniere di vivere. Delle quali orriginali comu-20 nità, governamento e maniera di vivere, come di inperfette prociedet-tono gli uomini e vennono a perfette comunità e governamento e maniera di vivere o in quelli e-ssecondo loro. Ché questa è la maniera e guisa di natura e d'arte che-nnatura segue, prociedere tuttodì da im-perfetto a im-perfetto e-ppiù im-perfetto e straim-perfetto, secondo il loro podere. 25 Né altrimenti non ci riputian noi sapere qualche cosa fuori che quando noi congnossciamo e-ssappiamo le chagioni di quelle primaie e principali 3 e' suo' prencipi fino alli alimenti. In prociedendo dunque secondo

questa maniera noi dovemo e appende a-ssapere che comunità civile secondo diverse rigioni e diversi tenpi cominciarono di poco, ricie-30 vendo acresscimento poco a poco menate sono a etternale compimento,

siccome-nnoi avemo di già di su-ddetto eh'elli aviene in tutte azzioni di natura e d'arte. E come dicie il sovrano de' filosafi nel primo di Puliticha nel primo capitolo, la prima e-lla strappiccola di tutte le unioni

5 essempralmente: lett. ine. della m . 8 iniziale nel marg. tagliato.

1. perché: Q quod, gli altri Mss. quot {Sch. 12, 35, 27). 2. variabile: Sch. 13, 1 pre opere; Q L previe.

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PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1-3 1 9

raghunateze e comunità umane e della quale tutte l'altre son venute, fu di maschio e di fenmina, cioè d'uomo e di fenmina, e questo più appare nel suo libro de Icomoniche. E di questa unione furono gli uomini mul-tiprichati che priemicramente rienpierono una magione; de' quali per più conbinazioni* così fatte ne seguì sì grande multiprichazioni d'uomini 5 che pas* no-lli puote comprendere e contenere buonamente una sola magione, ma convenne fare più magioni, e questa plularità di magioni fu chiama ruga o visinaggio ; e questa fu la primaia comunità, siccome è detto nel libro di su nomato. E dovete sapere che mentre che-Ili 4 uomini furono in sola magione, tutti i loro fatti e per ispeziale quelli 10 che qui di sotto noi chiameremo civili, erano regholati e appuntati e ordinati per li più anziani1 di quella comune, per li più savi, più avisati e-ppiù discreti, sanza leggie o costutizione2 alquna, eh' elleno non pote-ano punto ancora essere trovate. E non tanto solamente gli uomini d'una sola magione furono governati per questa maniera, ma altressì la pri- 15 maia comunità che-nnoi avemo chiamata rugha o visinaggio, come che alquna differenza vi sia stata. Però che '1 principale e governatore d'una sola magione potea e-lli si convenìa punire, rilassciare e perdonare di tutti i punti a-ssua volontà e piaciere le 'ngiure | dell'ostello, ma non 6v potea così fare il presidente e dittatore nella primaia comunaltà chia- 20 mata ruga, cioè via. Ma-Ili convenne ordinare nella sua comunità alquni statuti giusti, afferanti e profittevoli per alqune ordinazioni e-lleggi così come naturale che così come parea a buono fare secondo equità, sanza grande esquisizione, solamente per lo giudichamento di ragione e altressì per lo dovuto d'umana sozietà e conpangnia. E-lla 25 chausa di questa differenza del governamento nella primaia comunaltà, cioè a-ssapere inn-una sola chasa e nella comunaltà chiamata ruga, fu ed è questa : che, così come detto è, nella comunità d'una sola casa se-ll'uno avesse ucciso il suo fratello o altri alquna offesa gli avesse fatta, il padre e governatore dell'ostello gli potrebbe perdonare tutto a-ssuo piaciere 30 pienamente senza punillo della sezzaia punizione, cioè a-ddire la morte; però che-Ila 'ngiuria parea essere fatta a-llui solo; e per la pochezza e piccolo numero delli uomini ch'erano troppo pochi; e altressì perciò che minore dolore gli era, e minore tristezza e danno gli parea, di perdere uno filgliuolo che-ddue; la qual cosa alsì fecie il nostro primo 35 padre Adamo, che-cChaino suo primaio filgliuolo avea morto Abel, suo

33 perciò: segue cane, altressì.

1 . p e r l i p i ù a n z i a n i ecc.: Sch. 14, 7 s e n i o r i ecc.

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fratello. Ché ragione civile nonn-è propriamente dal padre al filgliuolo, siccom' elli è scritto nel iiij libro dell'Eticha, nel terzo1 di giustizia. Ma il presidente e ordinatore nella primaia comunità chiamata rugha, cioè via, non potea punto così fare per la discordanza delle cose di su-ddette; 5 che-ccioè2 per la vendetta e equalità (o equità) delle ingiurie non sarebbe

state fatte battalglie, se ne sarebbe seguito e ingienerato e de separazioni e discieveranza de vicini, e così ancora averrebbe o potrebbe avenire che no-lla faciesse. E dappoi che-Ile vie furono multipricate e-lla comu-nità più allarghita e stesa, la qual cosa convenne fare altressì per la io propaghazione e multiprichamento delli uomini che così crescono, allora

furon ellino ed erano governati per un solo o ispero per la difalta di plularità di savi uomini o per alqun'altra chagione, siccome dicie Aristo-tile nel terzo di Puleticha nel quinto chapitolo, ma tuttavia erano ellino tuttodì governati per colui ch'era il più vecchio e parea il più savio 7r e '1 milglore, e per più perfette | ordinanze che quelli della primaia comunaltà inn-una sola chasa, né quelli della seconda eh' è-cchiamata ruga, cioè via o visinaggio. E-ssenpre dovete sapere che queste primaie comunaltadi non ebbon punto sì grandi distinzioni di partite né-ssì no-taboli ordini, né-ttante d'arti neciessarie, né-ttante reghole di ben vivere 20 come sono succiessute l'una apresso l'altra fu apresso trovato nelle

comunaltà perfette. Ché alquna volta fu trovato un medesimo uomo essere prenze e-llavoratore di terre, sì come Abraam e più altri apresso lui, la qual cosa non ne appende punto né è convenevole nelle comu-5 naltadi perfette. Le quali comunaltadi accressciute così per succiessione, 25 cressciuto è altressì la sperienza delli uomini e-ffurono trovate arti,

reghole e maniere di vivere più perfette e-ppiù distinte parti di comu-naltadi. E a la perfine le cose che-ssono neciessarie a vivere e a ben vivere furon tutte trovate, conossciute e menate a conpimento per ispe-rienza delli uomini e ragione, e allotta altressì fu stabolito e ordinato 30 perfetta comunaltà che uomo chiama città, colla distinzione delle sue parti. Della quale città noi ditermineremo qui apresso. E dell'originale prociessione e nasscimento di civile comunaltà è assai le cose di sopra dette.

Kap. iiij

35 Siccome dicie Aristotile nel primo della Puleticha, nel primo chapi-tolo : « perfetta comunaltà che à per sé tutti termini di suficianza, eh'è-X. Sch. 15, 6 tractatus.

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PRIMA DIZZIONE, V I I , 2-3 - Vili, 1 - 3 2 1

fFatta per ragion di vivere e stando e durando per ben vivere », e per queste sezzaie parole ove dicie Aristotole «che-Ila città è-ffatta per vivere, e stando e durando nel suo buon essere è mantenuta per ben vivere», ci mo-stra la chagione finale e perfetta perché città è, però che quelli che vivono civilmente non punto tanto solamente vivono come-Ile bestie mutole fi 5 ma bene vivono, in mettendo loro intenta in opere liberali, siccome sono le pratiche vertuose dell' anime e speclarazioni. Così dunque 2 diterminato, difinito o discritto per vivere e per ben vivere che-ssono la fine della città, trattare ci conviene del vivere e delle sue maniere e ispezie. Ché vivere e ben vivere, come-nnoi avemo detto, ed è questo 10 per Ila città è costituita e stabolita alla neciessità di tutte le cose che-ssono o-cche-ll'uomo fa per la comunichazione delli uomini. E in quella per la diclarazione dunque delle cose che-ssi segono delle quali noi abbiamo a-dditerminare noi dovemo sopposare per veracie e tutta chiara comune il principio causa probazione | e vertù confermazione delle qv conchiusioni che-nnoi avemo aprovate, la quale sopposizione chatuno conciede e ottria di suo proprio movimento e volontà essere veracie; ché ongni uomo che-nnasscie affolle o naturalmente o altrimenti im-paccia e disidera naturalmente vita sufficiente e per ciò fugire e diclinare tutti mah e tutti nocimenti; e questo disiderio non è punto 20 a li uomini solamente, ma a tutte bestie siccome dicie Tulio nel pri-mo libro d'Ufici nel iij chapitolo, ov'elli dicie così: «Natura à dato del cominciamento a tutte bestie di che che maniera o ispezie volere e disiro di guardare e difendere sé, il suo corpo e-lla sua vita e di schi-fare e diclinare e fugire tutte le cose che-Ili sono o-lli paiono essere 25 nocievoli, e d'aquistare tutte le cose che-Ili sono a ben vivere necies-sarie e convenevoli ». La qual cosa altressì chatuno puote somilglian-temente per indizzione e sperienza sapere e provare. Ora veggiamo 3 dunque che vivere e ben vivere affiede e-ssi possono convenire a uomo in doppia maniera, ché-ll'uno vivere e ben vivere è mondano e-tten- 30 porale e-ll'altro perdurable e cielestiale. E questo perdurabole e ciele-stiale non può tutta l'università de' filosafi per dimostrazione provare, però che non fu ned-è di cose manifeste e aperte per loro, e però non furono ellino punto churiosi né-ssolleciti di dare e diterminare di cose che a-cciò sono ordinate come propri strumenti. Ma vivere e ben vivere 35 nella primiera maniera e intendimento, cioè a-ddire mondanamente e civilmente, feciono quelli globosi filosafi e compresero per

dimostra-8 per v i v e r e : da per bene uiuere. 16 sopposizione: prima conchiusione. 31 E: Ms. a (?).

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zioni, diterminazioni e ordinanaza, così come anpiuta e perfatta. E altressì di cose che-ssono neciessarie e convenevoli a bene altressì vivere e avere elli no- conchiusono la neciessità di comunità civile, sanza la quale questa sofficienza di vivere mondanamente e civilmente 5 non può essere avuta. De' quali Aristotile il sovrano filosafo nel primo suo libro di Puliticha, nel primo chapitolo, dicie che « tutti uomini son portati a quella secondo la ruddura1 di natura » cioè a-ddire che tutti uomini disiderano secondo l'istighazione e movimenti di natura comu-8r nità civile. La qual cosa giassia che | sperienza sensibole, come detto io avemo, c'insengni, nondimeno ne volen noi dire la chagione più

stinta-mente e assengnarne ragione che-ll'uomo è composto di iiij alimenti contradi2 secondo i naturali l'uno all'altro, e per le loro azioni con-tradie, e passiamo l'uno dell'altro e così come continua battalglia3 alquna parte continualmente si parte dall'uomo e-ssenpre a poco a poco la 15 sua sustanza n'è corrotta e guasta; e ancora però che uomo nasscie ingnudo e disarmato, elli sofferà ed è passionato e gravato delli ecciessi dell'aria eh'elli contiene e delli altri alimenti (siccome di state l'aria grava '1 corpo umano per ecciessivo caldo e di verno per troppo ecciessivo fredo, ché-ssecondo Ghalieno volgiamo o non volgliamo 20 l'aria sofferiamo e altressì delli altri alimenti4,) così dunque per ischifare

questi nocimenti elli è e-ffu mestiere dell'arti di diverse gienti5 e ispezie. Le quali arti tutte non possano né non potessero essere ecciette6, ché per grande pluralità di giente, né non poterono essere avute, fuor-ché per la comunicazione delli uomini gli uni colli altri tutti insieme; 25 per che dunque e' conviene gli uomini essere raghunati per questi profitti avere e fuggire questi nocimenti, e-cchatuno naturalmente questo disidererà però che chatuna cosa naturalmente disidera guardare il suo 4 essere e perfezzione 7. E però che 'ntra lgli uomini così raghunati

aven-ghono sovente riotte e disensioni, le quali non erano regolate ristrette e 30 corrette per la regola e freno di giustizia, elleno ingieneravano batalgle

3 no-conchiusono: prima conchene.

1. la ruddura: Sch. 18, 2 impetum, <P lardeur.

2. di iiij alimenti contradi: Sch. 18, 5 ex contrariis elementis, K ex quatuor. 3. come continua battalglia: Sch. 18, 6-7 continue.

4. siccome... alimenti: glossa. Sch. 18, 9-10 quemadmodum dictum est in sciencia naturarum.

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PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1-3 2 3

e-sseparazioni e disscieveranza d'uomini, e per conseguente la churuz-zione della città alla perfine conviene da capo stabolire nella città la reghola de' giusti e-lle guardie1 eesseghutore o-ffacitore di quelle. E però che costui ch'era guardia e della leggie portatore ed essequtore avea a rafrenare i movienti e-lli inpacciare di malfare e gastighare a coloro 5 che trapassavano la leggie così di dentro come di fuori e coloro che-Ili altri turbavano o stentavano a opprimere e gravare la comunità, e' convenne che-Ila comunità o città avesse in sé per ch'ella potesse risi-stere a-ttali giente siccome familgla consiglieri charciere e pregione2. E oltre ancora perciò che-Ila città avesse | mestiere d'alqune convena- 8v bilità, munizioni, riparazioni e guardia di cose comuni l'une per lo

tenpo della pacie e-ll'altre per lo tenpo della guerra, fu di neciessità che nella città fossero alquni proveditori di queste cose, sicché-ll'uomo ne possa soccorrere alla città, quando e' si convenisse o-nn'avesse bisongnio. Oltre tutte queste cose che-ssi chuoprono3 alla neciessità della vita pre- 15 sente, è un'altra cosa dond'à bisongnio per lo stato del secolo avenire la città e coloro ch'entro vi vivono civilmente, il quale stato del secolo avenire, per revelazione divina e promessa all'umano lingnaggio e in quelle cose ella la coltività di dio che molto profittevole per lo stato di questa vita presente è-11'onore di dio e rende-lli grazie tanto per li 20 beni ricievuti in questo mondo, e per quelli che-nnoi aspettiamo di ri-cievere e nell'altro secolo altressì; per li quali beni e benifici per inse-gnare e mostrare e per li disideri delli uomini a-lloro addirizzati e imbrac-ciati, elli è convenuto determinare, diputare e ordinare alquno dottore. D i tutte le quali cose di suso dette e trattate ne' chapitoli seguenti noi 25 ditermineremo più inquerantemente. E così dunque gli uomini furono 5 raghunati per sofficientemente vivere, potenza a-lloro medesimi agiustare le necc[ess]ites* e convenabolité a questo di su nomate e inprestando quelle gli uni alli altri. E questa congregazione e raghunanza così per-fetta e contenente per sé e in sé il numero di sua sufficienza fu chiamata 30 città, della quale la chausa finale e-lla pluralité e multiprichazione delle sue parti avemo dette qui di sopra conpiutamente e-ppiù pienamente qui in seguente distingueremo. Ché, però che diverse cose sono necies-sarie a coloro che volglono sofficientemente vivere, le quali cose non possono essere avute per uomini d'un medesimo ordine e uficio né 35

17-18 il... avenire: agg. in calce mediante richiamo. 28 di su nomate: prima di su dett.

x. Sch. 18, 20 custodiam, <t> garde. 2. siccome... pregione: glossa.

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prociesso fi però dich'io conviene elli essere nella città diversi ordini e ufici d'uomini per esercitare e proqurare questi diversi ufici, de' quali gli uomini ànno mestiere per la sofficienza della loro vita. E questi diversi ordini o ufici d'uomini non sono altra cosa che pluralità e-lla 5 distinzione delle parti della città. Qual cosa dunque è città e perché fatta tale comunichazione e perch'ella à-ttante di parti, ordini e ofici e di loro divisione sofficia al leggitore quello che-nnoi n'abbiamo qui così essenprariamente e in passando detto. |

gr Kap. v

io Qui di suso avemo gieneralmente di terminato delle parti della città, nell'azione di quali e essercitazione de' loro ufici e comunicazioni2 perfette insieme, del profitto del loro uficio, siccome l'occhio vede per l'orecchie e-lf orecchie ode per l'occhio e così dee elli essere delle parti della città come di su è detto3, se inpacciamento nuovo e strano non 15 v'intervengnia, è e giacie la tranquilità della città, siccome detto avemo da chapo questa diterminazione ripara ancora, e continuare e perfare ne volgliamo, affine che per più pienamente e conpiuta diterminazione di quelle di loro opere ofici e fini e dell'altre chause a-lloro apropriate possono apparere più chiaramente le chagioni di tranquilità e d'intran-20 quilità suo contradio, sì diremo dunque, che-Ile parti o ufici della città

sono di sei gieneri, come dicie Aristotole nel settimo libro di Puleticha, nel xvj 4 chapitolo, cioè a-ddire che gieneralmente a parlare sono tutte contenute sotto sei e rimenate a sei, cioè a-ssapere coltivare di terre (che-ll'uomo dicie lavorare), arte mecchanica (che-ll'uomo chiama me-25 stiere, siccome è-ssarto o fornaio), chavalleria, uficio pequniare, uficio

di prestrise*, e uficio di giudichare e consilglare5, sinpremente assoluta-mente e propiaassoluta-mente di neciessità sono parti della città, i quali iij ufici l'uomo suole chiamare nelle comunità civili onorabilità e dingnità. Gl'altri iij sono parti della città larghamente a parlare, siccome perciò

12 insieme: segue catte, cosi.

1. né prociesso: non pare glossa, ma corruzione di procurari, Sch. 19, 21, che è pur

tradotto essere avute.

2. Sch. 20, 7 communicacione.

3. siccome... detto: glossa; rimanda all'altra glossa, p. 17, 7-13. 4. x v j : Sch. 20, 14 6°.

5. Dopo consilglare evidente caduta; forse in M per omoteleuto, se <P, glossando al solito,

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PRIMA DIZZIONE, VII, 2-3 - Vili, 1 - 3 2 5

che questi sono ofici neciessari e convenevoli alla città, come dicie Ari-stotile nel settimo libro di Poleticha nel vij chapitolo. De' quali la molti-tudine è chiamata il popolo. Dunque queste sei parti che-nnoi avemo dette sono le parti della città o de-rreame più comuni o-ppiù rinnomate, alle quali tutte l'altre possono essere rimenate convenevolemente. E di 2 queste parti giassia che nel preciedente chapitolo noi abbiamo detto aqutamente la neciessità e profitto alla città, tuttavia le volglan noi ancora dire più distintamente e spezialmente, e-ssopposiamo come per tutto provato e chiaramente dimostrato qui di sopra, che città è comu-nità istituita e stabolita per vivere e per lo ben vivere delli uomini 10 in quella. Il quale vivere, come di su è detto, è in due maniere : | l'una 91; di questa vita mortale di questo secolo; l'altra della vita del secolo avenire nella gioia del cielo. Delle quali due maniere di vivere disi-derate alli uomini come fini, noi assengneremo e conchiuderemo la neciessità della distinzione delle parti della città e comunità civile. Ora 15 diciamo dunque che a parlare di vivere secondo la primaia acciezzione e maniera, cioè a-ssapere di vivere mondano, questo motto vivere è preso in due maniere, ché alquna volta per vivere uomo intende 1' essere delle cose che vivono, siccome il prende Aristotile nel secondo libro dell'Anima che-ddicie che «vivere è-11'essere a quelli che vivono»; 20 e così vita nonn-è altra cosa che anima. E alquna volta l'uomo prende questo motto vivere per l'opera, azzione e passione dell'anima o di vita. E da chapo tutte queste due maniere di prendere questo motto vivere sendo proprie, ché-ll'uomo le puote intendere inn-essere singhu-lari e individuale o in somilglanti e in ispezia comunale, cioè a-ddire 25 che conviene ed è comune a-llui e all' altre bestie che ànno anima. E giassia ciò che '1 vivere d' uomo, in qual che maniera questo motto vivere sia preso e inteso, dipende di chausa naturale, tuttavia non affie-d'elli punto a-nostro proposo né a questa presente diterminazione considerare le opere* a questa dipendenza, ma appartiene a-sscienza 30 naturale, cioè a-ssapere nel libro delle piante, e nel libro delle bestie; ché-nnoi volemo considerare il vivere d'uomo in qual che maniera sia preso e inteso questo motto vivere, secondo ciò che ricieve conpimento e perfezzione d'arte e di ragione, per le quali due cose l'umano lingnagio vive. E però convien'elli considerare e intendere che acciò che uomo 3 possa vivere e ben vivere, e' conviene di neciessità che queste azzioni e passioni sieno fatte e ben fatte1; bene dich'io, cioè a intendere e-ddire

13 del cielo: prima del secolo.

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in moderazione, misura e atteperamento convenevole. E però che di natura noi non abbiamo punto donde questo attenperamento1 sia acon-piuto2, neciessità fu all'uomo oltre le chause naturali formare per ragione alqune cose per le quali possa essere acconpiuto il movimento e chausa 5 effettiva e conversazioni3 di queste azzioni e passioni secondo il corpo e-ssecondo l'anima. E queste cose qui sono le diversità d' overieri ior e-dd'overaggio e | diverse gienti di quelli che venghono da vertù 4 e-dd'arte tanto pratichanti come spequlativi. Ora è a-ssapere che

dell'a-zioni umane e passioni, l'une venghono di pure chause naturali sanza co-io gnizco-ioni, siccome quelle che-ssono fatte per la contrarietà delgl' alimenti

de' quali i nostri corpi sono conposti per loro permistizione. E-ssotto questa maniera sono contenute e 'ncheste l'azzioni della parte e-ppotenza dell'anima che-ll'uomo dicie nutritiva4 e altressì quelle che-ffanno gli ali-menti che contenggono i nostri corpi per l'alterazione delle loro qualità, 15 e-lf alterazioni che-ssono chausé e-ffatte delle cose eh' entrano dentro del

nostro corpo, siccome è vivande, beveragi, medicine, veleni e altre cose somilglanti a-lloro. L'altre azzioni e passioni sono che fatte sono in noi o-ddi noi per le nostre vertù congnitive e disiderative. E queste sono di due maniere, ché-ll'una è-cchiamata inmanansa, cioè a-ddire dimoranza 20 di dentro, e ànno tal nome l'una delle due chause, o per ciò ch'elleno non trapassino punto inn-altro sugietto ma steano in colui che-Ili fa, o però che elle non sono punto fatte né cierchate5 per alquni delli stru-mentari 6 menbri del corpo, che' naturali chiamano gli orghani de' cinque sensi naturali, né per li menbri motivi secondo lui, cioè a-ddire di lui7 25 inn-altro, siccome sono i nostri pensieri, affezzioni e disideri; e-11'azioni e passioni che-ssono de opposito e contradie condizioni a quelli qui o 5 nell'una delle maniere o in tutte due, son chiamate trapassanti. Per conpiere dunque e attenperare tutte sue azzioni qui e-ppassioni in quello a-cche natura non può produre né menare, sono state trovate 30 diverse maniere d'arti e di mestieri e d'altre vertù, siccome di sopra aven detto, e uomini istituiti di diversi ofici per li detti mestieri, arti e vertù exercier*, sicché così per loro fu supprichato l'indigienza del fatto e neciessità umana; i quali ordini e ufici non sono altra cosa che

1. Dopo attemperamento, caduta per omoteleuto.

2. Dopo aconpiuto, caduta.

3. conversazioni: Sch. 22, l conservacio. 4. Dopo nutritiva, caduta.

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•Ile parti della città di suso nomate. Ma il coltivare delle terre e-lla qura del bestiame furono trovate per attenprare c-ssapcrc1 l'azzioni e' fatti della partita o potenza | dell'anima che-ll'uomo dicie notritiva, e-ss'ella IOV ciessasse delle sue azzioni sinpremente, cioè a-ddire gieneralmente, e-cch' ella non operasse punto, e' converebbe che-Ila vita fosse corrotta, e-cche 5 '1 corpo morisse, e a questi due ufici possono essere rimenati, e-ssotto loro contenute, tutte spezie e maniere d'ucciellare e chacciare e bestie a iiij pie-di e uccielli e-ppessci, e tutte altre arti per le quali l'uomo guadangna vi-vere e nodrimento del corpo umano per alquna commutazione e di vivi-vere e d'apparechiare e mangiare perché-ll'uomo possa riparare quello che 10 della sustanzia del nostro corpo è perduta o diminuita, e-cche perciò l'uomo sia contenuto, mantenuto e guardato nel suo essere inmortale tanto quanto natura [à]2 a uomo promesso e-ssofferto3. E per attenperare 6 l'azzioni e passioni del nostro corpo che-cci venghono delli alimenti che

•cci mantenghono per di fuori e delle loro inpressioni, come ghiaccio, 15 grangnuola, tuoni e simile cose4, furono trovati i mecchanichi lavorìi che Aristotile chiama arti nel settino di Poleticha, nel xvj chapitolo, e-nnoi le chiamamo mestieri5, siccome d'aparecchiare la lana, fare pani, chuscire, e così di tutte l'altre e tutte le spezie di lavorare, come maestro di pietre e di lengname e copritori di chase, e gieneralmente tutte altre 20 arti e mestieri e ufici per li quali l'uomo soviene e-ssoccorre alle necies-sità e bisongni della città o per mezzano o-ssanza mezzano ; e non micha solamente l'arti che attenperano il ghusto e '1 tasto, ma altressì tutte quelle che attenperano gl'altri sensi che-ssono più a volontà6 e diletti di vivere che a neciessità di vivere, siccome l'arte di dipingnere e-lle 25 somilglanti, delle quali dicie Aristotile nel iiij libro di Puleticha nel iij chapitolo che «dell'arti mecchaniche e' conviene l'une essere di necies-sità e-lTaltre sono per dilizie e ben vivere». Sotto le quali gienti7 e maniere d'arti è rimessa e continuata medicina praticha, arcitetoicha inn -alquna maniera e-ppiù altre dinanzi dette. E per attenperare gli acciessi 7

15 ghiaccio: prima chiagi. 16 trovati: su trouate. 26 somilglanti: segue cane, di quelle.

1. sapere: Sch. 23, 1 salvandos, <P sauuer e, per cattiva lettura sauoir. 2. [à] a u o m o : Ms. a u o m o , verisimilmente per aplografia.

3. e sofferto: si direbbe glossa di M, 0 di <P per congetturare permisit (Sch. 23, 10) in

luogo di A promisit.

4. come... cose: glossa. 5. e-nnoi... mestieri: glossa.

6. volontà: K voluntatem, gli altri Mss. voluptatem (Sch. 23: 34, 19).

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de' fatti che-ssono fatti e-cchause delle vertù motive di lui1 inn-altro, per n r | congnosscienza e appetito, i quali fatti noi avemo qua addietro

chia-mati trapassanti, e-cche possono essere fatti a profitto o a dammagio o ingiuria d'altrui che di colui che-Ila fa, fu elli di neciessità e per lo stato 5 di questo presente secolo e conservazione è stabolire nella città una sua altra parte o uficio, per la quale tali ecciessi fossero conrretti e-rrimenati a iqualità e dovuta proporzione; ché altrimenti tali ecciessi ingienere-rebbono battalglie, donde si seguirebbe la separazione de' cittadini e alla perfine la corruzzione della città e privazione di vita sufficiente. E io questa parte della città chiama Aristotole principato giudiciale e

con-8 sillieresse co' suo' serventi2. E però che vita sufficiente non potrebe essere menata nella città se' cittadini e abitanti in quella fossero oppres-sati o in servitudine menade sottomessi per oppressori e-nnemici strani; e altressì, però eh' e' conviene cierchare e mettere a essequzione le sen-15 tenzie de' giudici contra i ribelli e ingiuriosi abitanti nella città per

forza e per costringnimento, fu di neciessità stabolire nella città un'altra sua parte e uficio, che Aristotele chiama conbattitori e chavaleria, e-nnoi diciamo sergienti o gienti d'arme3, e a questa parte più dell'arti mecchaniche servono e aministrano. E-lla neciessità di questa parte 20 appare ancora, però che-ssì come è detto nel passato chapitolo, la città

è stabolita finalmente per vivere e per ben vivere, la qual cosa sarebbe inpossibile i cittadini e abitanti messi in servitudine e reggidezza4. E non micha solamente sarebbe questo inpossibile, ma con questo sarebbe questo incontro a natura di città, siccome dicie Aristotole nel quarto 25 libro di Puleticha, nel iij chapitolo, ov'elli assengnia la chagione per che

questa parte e uficio è neciessità alla città; e dicie così: «La quinta maniera e spezie d'uficio noi la chiamamo conbattitori, la quale nonn -è punto meno neciessaria che-ll'altre sono nella città, se-Ili abitanti di quella debbon essere franchi e non servi a-ccolo[ro] che-Ili assalisero. 30 Ché nulla non ne dici' elli più veraciemente del numero dell'inpossibili H f | ch'è-ddovere chiamare la comunità città che-ssia per natura serva: ché città si è per sé sofficiente e quelli ch'è servo nonn-è punto per

5 e conservazione: prima e conuersazione. 30 n o n ne dici'elli: prima nonnedetto, cioè: nonn-è detto; è cancellato solo detto, e il ne andrà espunto 0, come qui, considerato pron. pers.

1 . l u i : Sch. 23, 26 l o c u m , <P l i e u . 2 . Dopo s e r v e n t i caduta.

3. e - n n o i . . . a r m e : glossa di <P.

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sé sofficiente». La chagione e ragione per che questa parte è neciessaria per li rubelli abitanti nella città mette Aristotole nel settimo di Puleticha nel xvj 1 chapitolo. La quale io lasscio quanto al presente per chausa di brevietà, e altressì eh' ella sarà indutta e amenata nel xiiij di questo libro nell'ottava parte. Da-cchapo però che in alqune dell'année è grande fer- 9 tilità e abondanza de' beni e de' frutti della terra, e altr'anni n'è grande sterilità e difalta, e però altressì che alquna volta la città è bene disposta e in buona pacie e concordia e unione all'altre città sue vicine, e alquna volta altrimenti e per le neciessità decences* convenevolezza e profitto comune e riparazioni di quelli e-ssostenenza, siccome di ponti, di vie 10 e d'altri edifici comuni, e-ttali altre cose, le quali non s'afeggono punto a-rricontare al presente, né brievemente non potrebon essere esplichate: convien elli per queste cose apparecchiare in tenpo convenevole, stabolire nella città un'altra sua parte e uficio di tesoriere, la quale parte e uficio Aristotole chiama in latino pechuniativa, (cioè a-ddire guarda della pe- 15 qunia) ; e-ffu così chiamato però che-Ila guardia di pechunia è tesoro di tutte cose, però che per moneta à-ll'uomo tutte altre ricchezze mon-dane. E a questo uficio appartiene di raghunare e guardare moneta, biado, vino, olio e tutte altre grasse, da tutte parti proquralle e aquistalle per soccorrere alla neciessità eh' è a venire, e a questo servigio e uficio 20 servono e aministrano alqune dell'altre. E così furono adunque questi ufici ordinati e staboliti2. Che-cci rimane a-ddire della neciessità dell'ufi- 10 ciò de' preti; e di questo tutti non si consentirono punto, né-ss'acorda-rono che fosse della neciessità dell'altre parti della città. E-lla chagione fu, che-Ila neciessità de' preti essere veracie primiera e principale non può 25 essere da-lloro conpresa per dimostrazione, né non fu punto cosa chiara per sé, né aperta né manifesta. Niente meno tutte gienti s'accordarono che-cciò era buona cosa, e bene e convenevole a | ordinare uficio di preti I2r nella città all'onore di dio e per lo profitto a venirne di ciò e per lo stato del presente secolo e di quello avenire. Ché intra-lle leggi e-ssette, che 30 •ssono diverse per lo mondo molte ne sono che promettono e-ttenghono che a' buoni iddio distribuirà nel secolo avenire merito e guidardone per le loro buon'opere, e a' malvagi tormento e pena per li loro pecchati. E oltre nelle chause e-pposizioni di leggi, le quali sono credute sanza dimo- l i strazioni, intesero e-ss'inmaginaro assai de' filosafi, sì come fu Essiodus e-p 35

9 decences: prima decenc. 14 e uficio: prima d'uficio. 16 tesoro: prima: tutto.

1. x v j : Sch. 24, 27 6°.

2. E così... staboliti: la frase manca nel latino che a questo punto (Sch. 25, 13-16) reca

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Pithaghoras e più [altri], molto convenevolmente un'altra chagione così come neciessaria alla città, cioè a-ssapere la bontà de' fatti umani e parti-qulari e comuni; de' quali buon opere dipendono i- riposo e tranquilità delle comunità e alla perfine ne dipende così come tutta la vita soffi-5 ciente di questo presente secolo. Ché, già sia che alquni de' filosafi, co-minciatori di tali leggi e-ddi tali sette, non volessero punto giudichare né credere la surrezzione delli uomini nella vita etterna, tuttavia per indu-ciere e attrarre le gienti alla credenza e reverenza di dio e a disiderio di fuggire i vizi e disiderare e cierchare le vertù, infinson ellino quella io vita etterna essere e provarono per alqune persuasions* e dilettazioni e tristezze e dissero essere secondo le qualità de' fatti umani in questa mortai vita. Ché de' fatti umani alquni sono che' prenzi o governa-tori della leggie non possero punire né regolare per leggie umana, siccome coloro che-ll'uomo non può provare che alquno l'abbia fatto 15 o-nno, e-nnientemeno iddio sa bene a-cchui e' sono che delle leggi sì com'ellino s'infingnessero e diciessero ordinatori e portatori e comanda che-li' uomo le tengha e guardi sotto pena perdurabole, della quale elli ci minaccia e-lla promette a' malvagi, e a' buoni diletti promette, sì come e' dissero, al cielo perdurabole. Dunque dissero ellino di coloro che 20 in questo secolo si studiano di fare diverse maniere di bene, che apresso la morte ellino erano messi nel fermamento del cielo. Donde speranza 1211 alquno sengnio e stelle ebbono nom, così come Saturno e-gGiupite[r] | e

altressì delli altri fi E de' perversi e malvagi dissero ellino che d'alquni l'anime entravano nel corpo d'alqune bestie mutole, siccome l'anime di 25 coloro ch'erano stati disordinati e male attemperati quanto al gusto,

sic-come i ghiotti e' lussoriosi, e' dissero eh'ellino entravano ne' corpi de' porci, e de' lussoriosi ne' buoi2, e d'altri pecchatori ne' corpi d'altre di-verse besstie, secondo loro malvagia e dannosa propietà. E altressì oltre a questo assengnaron ellino diverse maniere di tormenti così malvagi sì 30 come a' malamente attenperati3 quanto al gusto sete e-ffame

perpe-tuale, e avere senpre dinanzi da-ssé l'acqua, eh'elli non può bere, e frutti e niente li-ppuò manichare, e quanto più si sforzano di prendelle più

1 più: agg. marg. - altri: integr. congetturale; il margine è tagliato all'altezza di una prima lettera

che si intravede. 3 e c o m u n i : prima e ciuili. - r riposo: Ms. i riposi (?). 16 diciessero: segue canc. e stabolissero. 22 n o m : precede interpunzione nel Ms. 30 sete: prima fame (lett. ine.).

1 . c o s ì . . . a l t r i : glossa.

2. p o r c i . . . b u o i : Sch. 26, 27-28 p o r c o r u m . . . y r c o r u m , A p e c o r u m . . . p o r c o r u m .

3. a ' m a l a m e n t e a t t e m p e r a t i : Sch. 27, 4 i n t e m p e r a t o T a n t a l o ; ma T a n t a l o manca anche

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s'allunghano da-lloro. Dond'ellino misero1 ninferno un luogo tenebroso e divorativo co' suo' tormenti sono, e altressì per tali terrori e contre-stativi scrivevan ellino le pene e tormenti con rispondenza a tutti vizi e malvagie intenzioni. Donde il temore e paura per le gienti n'aveano : fugievan ellino le mal' opere e-ssi studiavano a fare l'opere di pietà e 5 di misericordia, e acciò n'erano per ciò più smossi c in loro e inn-altrui n'erano melglo disposti e ordinati. E però ciessavano nelle comunità e nelle città molte contenzioni, riotte e ingiurie. Perché-lla pacie e-lla tranquibtà delle città e vita sufficiente per lo stato di questo presente secolo erano più di leggieri guardati, e a questa fine teneano la posi- 10 zione e ordinamento di tali leggi e-ssette i savi che-Ile costituirono e ordinarono. E così dunque la prestrisa* de' paghani fu il dare di tali co- 12 mandamenti ; per li quali comandamenti predichare e insengnare ellino stabolirono nelle loro comunità e città2 tenpli ne' quali i loro iddii erano adorati e' dottori delle dette leggi e costituzioni le quali ellino 15 chiamarono preti (e in gramaticha gli chiamano sacierdoti, che vuole tanto dire come donate delle cose sante secondo una disposizione)3, però eh'ellino aministravano le cose sagre, siccome i-llibri e' vasselli e-ll'altre cose eh' erano diputate all'uso e servigio de' loro iddii. E queste 13 cose sì ordinaron ellino convenenvolemente e onorabolemente secondo 20 la loro credenza costume e ordinazioni. Dond'ellino ordinaro i preti non punto | uomini di che che stato o condizione indifferentemente, ma 13 r alquni de' cittadini buoni e di vita onorevole e aprovata, ch'erano stati dell'oficio di chavalleria o dell'uficio de' giudici o-dde' consilglieri, i quali cittadini aveano rilassciate le bisongne secolari e rifiutatele, e-e- 25 ch'erano già squsati de' doni4 e ufici della città per la loro grande etade. Ché, così com'è' dicieano, elli apartenea che' lloro iddii fossero da-ttali uomini onorati e-lloro santuario e cose sagre trattate, che fossero di passioni discieverati, e-llubricità di vita e di mente, e de' quali l'uomo credesse melglo loro parole, e per l'aggio e per l'auttorità de' lo- 30 ro costumi e non punto per . . .5 né di quelli che avessero acostumato ufici marciennari né macolativi, né viziati6. Donde dicie Aristotole

4 temore : lett. ine. ; forse terrore. 16 sacierdoti : Ms. sarciedoti.

1. misero: Sch. 27, 7 Dixerunt. 2. e città: glossa.

3. e in... disposizione: glossa.

4- doni: pare cattiva trad. di a muneribus da parte di <P.

5. La ladina corrisponde a Sch. 28, 5 banausis (corrotto nei Mss. del gruppo A).

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nel vij libro di Puliticha, nel vij chapitolo che « né lavoratori di terre 14 . . P doveano essere preti ordinati». Ma però che' paghani e tutti quelli d'altre leggi e-ssette che-ssono o-ssono state fuori della chattolicha e cri-stiana o-ffuori della legie di Moisè, che-ffu dinanzi della cricri-stiana, o-cche 5 -ssono stati fuori della credenza e-ffede de' santi padri che-ffurono dinanzi la legie di Moisè, e gieneralmente che-ssono fuori o-ffurono della «isti-tuzione2 delle cose contenute nel santo chanon della bibbia, tutte tali sette mal sentirono o credettono di dio, o per ciò ch'ellino seguivano umano ingiengnio e ragione naturale o-ffalsi profeti e dottori e vie 10 d'errori, però non poteron ellino sentire, vedere né conossciere a-ddiritto né concievere della vita avenire né della felicità, consolazione e beati-tudine de' buoni in quella, né della miseria de' malvagi e tabulazione, né del veracie uficio de' preti per ciò ordinato.E-nniente meno abbian noi parlato dell'oficio de' preti secondo loro maniera e costume 15 affine che-ppiù chiaramente possa apparere la differenza di loro prestrale*,

e del veracie uficio de' preti de' cristiani. Kap. vj

13 v [O] ra ci rimane a-ddire della chausa finale per la quale il veracie oficio del prete fu stabolito nelle comunità de' cristiani fedeli a-ddio. E questa 20 chausa e-ffine fu la moderazione e attenperanza de' fatti umani mandati e cierchi ed essequti per conoscienza e disiderio tanto de' fatti umani3 come de' trapassanti, secondo ciò che di quelli e per quelli umano lin-gnaggio è ordinato a pervenire a bene e perfettamente vivere del secolo avenire. E però convien'elli intendere che-ggià sia che Adamo il primo 25 padre fosse creato principalmente per la glolia di dio siccome l'altre creature, tuttavia fu elli criato singhularmente e diferentemente dall'altre spezie delle creature, mortali e corruttivoli, però eh'e' fu criato all'inma-gine e-ssomilglianza di dio, affine che fosse prendevole e participante della beatitudine sanza fine .apresso la vita di questo presente secolo. E-ssì fu 30 altressì creato nello stato d'innocienza e di giustizia orriginale e di grazia, siccome il dicono e '1 pruovano alquni de' santi e alquni molto valentri dottori della santa scrittura. Nel quale stato s'elli si fosse senpre

15 prestrale: Ms. prestrile (?). 18 L'iniziale stava nel marg. reciso dal legatore. 27 mortali: prima umane.

1. Sch. 28, 7 b a n a u s u m .

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PRIMA DIZZIONE, V, I 3 - I 4 - VI, 1 - 3 3 3 tenuto e istato, l'instituizione e ordinamento e distizzione d'ufìcio civile no-llui avrebbono punto issuti neciessari né a coloro che-ddi lui per gienerazione sono disciesi e scienderanno, però che-miatura lui avrebbe prodotto e aministrato sanz'alquna pena né-ttravalglio in paradiso ter-reste tutte convenevoli appartenenze e delizes a-ssuficienza di tale vita 5 e di tal volontà1 e dilattazione. Ma per ciò eh'ehi chorruppe sua inno- 2 cienza, giustizia orriginale e grazia per mangiare del frutto dell'albero che difeso gli era d'iddio, in trapassando i suo' comandamenti, elli chadde subitamente in colpa e in pecchato e miseria e-ppena, e qual pena, però che fu privato della beatitudine etterna, alla quale elli era finabo- 10 lemente ordinato dello speziai dono, grazia e beneficio di dio bene-detto2 e glorioso con tutta sua posterità e-llingnaggio. E per questa tressgressione di questo comandamento elli incorse questa taccia che tutto il suo lingnaggio, cioè a-ddire tutti uomini ingienerati d'altri uo-mini, sarebbe concieputo | e ingienerato in ardore di pecchato e-llussuria, 147 (il quale ardore i cherici chiamano in gramaticha libido)3, nel quale e col quale libido e ardore di lussuria e diletto ongn'uomo dappoi è ed è istato concievuto e-nnato, e-ddi ciò costringne4 tutti uomini e' portano in loro il pecchato che nella legie de' cristiani è-cchiamato originale, di che tutti uomini sono intacciati fuori che Giesù Cristo, che-ssanza pec- 20 chato né-ddiletto alquno fu concieputo del santo spirito, e-nnato della vergine Maria; la qual cosa fu fatta quando l'una delle iij persone della trinità divina, cioè a-ssapere il filgliuolo veracie di dio, prese e attolse natura umana in unità del suo suppot*, cioè a-ddire che fu veracie iddio e veracie uomo5. E di questa trassgressione e disubbidenza del primaio 25 parente6 è-ffatta inferma7 che dinanzi creata fu in istato di santà perfetta, cioè a-ssapere d'innocienza e di grazia, e-ffu privato per ciò del suo stragrande bene finale, al quale ell'era stata ordinata. Ma però che-Ila 3 propria propietade di dio è avere mercié e-ppietà della sua creatura e-ffattura e-ssua inmagine, la quale ehi avea priordinée* alla beneoita* e 30

12 glorioso: prima grazi. 23 veracie ecc.: prima didio. 1. v o l o n t à : Sch. 29, 16 voluptatis.

2. benedetto: glossa; l'aggettivo, che accompagna sempre le parole Gesù, vita eterna ecc.

in M, e verisimilmente in 0, manca nel latino; fatto che non avvertirò più.

3. il quale... l i b i d o : glossa.

4. costringne: Sch. 29, 27 contrahens. 5. cioè... u o m o : glossa.

6. primaio parente: Sch. 30, 2 p r i m o r u m parentum.

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perdurabole vita, elli che nulla fa in niun tenpo sanza chausa e per niente, e-cche unque non difalta in neciessità, del chaso umano donare volle i-rrimedio, cioè a-ssapere in dando alquni comandamenti d'ubbi-dienza alli uomini a guardare, i quali come contradi alla sua trassgres-5 sione, lui dovessero guarire la malatia della sua colpa, che-Ili viene di

quella transgressione. E-ssì come savio e sperto medico donando loro procieda ehi1 traordinatamente da più leggieri a più forti. Ché mieramente elli comandò loro e ordinò maniere di sagrifici delle pri-mizie de' loro biadi e delle pripri-mizie nate delle loro bestie, così come io s'elli volesse prendere sperienza dell'umana ripentanza e ubbidienza. La quale costuma, maniera e ordinanza di sagrificio guardarono e mantennero gl'antichi padri all'onore e gloria di dio, fede e obbe-dienza, e in lui rendendo grazie e mercié fino al tenpo d'Abraam. A l quale secondo la costuma di su dette iddio donò un altro comanda-l i mento più forte, ciò-ffu | comanda-la circhuncisione decomanda-lcomanda-la carne, cioè a-ddire di

talglare la pelle del menbro gienerativo in tutti uomini il dì dell'ottava della sua natività2, così come se iddio volesse prendere sperienza più grandemente della penitenza e obbedienza umana. E questi comanda-menti furono guardati e acconpiuti per alquni fino al tenpo di Moises, 20 per la mano del quale iddio diede la leggie al popolo d'Israel,

nella quale leggie insieme co' comandamenti di suso detti elh loro comandò, e-nne stabolì loro più altri, tanto per lo stato di questo pre-sente secolo come per lo stato del secolo avenire, e stabolì con essi insieme ministri della leggie e preti della leggie e-llevites, (i quali noi 25 chiamamo diachani)3. E '1 profitto di guardare i comandamenti

sopra-detti e-lla leggie Moisè era una purgazione di pecchato e di colpa tanto originale come attuale, ch'è-ffatto della volontà di colui che '1 fa, e con questo una levazione e preservazione della pena de' sensi e tenpo-rali e perduraboli dell'altro secolo, già-ssia che per questa oservazione 30 di questi comandamenti e-lleggi niuno non poteva meritare né servire 4 in felicità e gioia etterna. E tuttavia avea idio fatto uomo e ordinato per avere quello, e però elh, pietoso e misericordioso all'umano lingnag-gio, volglendo l'aiuto a questo chaso dichaduto radirizzare4, ristituire e ristabolire alla detta felicita e glolia avere, secondo e per ordine

affe-6 E'ssl ecc.: precede nel Ms. un segno di richiamo ripetuto net margine.

1. Sch. 30, 13-14 Processitque in hiis.

2. il di... natività: manca nel latino. Anche la trai, della frase precedente è amplificata. 3. i quali... diachani: glossa.

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rante e convenevole nella fine del secolo la sezzaia di tutte sue leggi, cioè a-ssapere la legge del guangnelo, voli'elli dare all'umano lingnaggio per lo suo benedetto filgliuolo Jesu Cristo, nostro veracie iddio e veracie uomo inn-unità di suppot*1, la quale leggie contiene comandamento di cose che-ll'uomo dé credere e-ffare e di quelle che-ll'uomo dé fugire e schifare, e-ssì contiene il consilglo a-cciò. Per li quali comandamenti e consilglo guardare, fare e aconpiere e mantenere non micha solamente sono preservati gli uomini, scanpano e schifano la pena de' sensi, siccome per l'oservazione delli altri coman|damenti sopraddetti e della legie di Moisè, ma con ciò della grazia e misericordia2 ordinanza e dispensazione di dio ne diservon ellino per una maniera di congruità la vita ettema. E però questa leggie à-nnome la leggie di grazia, tanto però che per la morte e passione di Giesù Cristo l'umano glingnaggio è ricomperato dalla colpa della pena3 del damaggio della beatitudine e glolia sanza fine, la quale pena elfi era incorso per lo pecchato del primo parente4; tanto perciò altressì che-ll'oservazione e acconpimento di quelle e per la reciezzione de' sagramenti contenuti in quella e per quella, e con quella istituita e ordinata, ci è la grazia divina donata e cressciuta e confermata, e dappoi che perduta l'avemo ella ci è rico-verata e per la quale grazia dell'ordinanza di dio col merito della pas-sione di Giesù Cristo per una maniera di congruità, siccome-nnoi avemo detto, le nostre opere son fatte meritorie della vita etterna e-ffelicità. E per quelli meriti di questa passione di Giesù Cristo ànno ricievuto 5 grazia, per la quale e' possano acquistare la benedetta vita, non micha solamente le seguenti a quella, cioè a-ddire quelle che apresso ella furono sono e-ssaranno, ma altressì quelli che' comandamenti primai5 e quelli che-Ila leggie di Moisè guardarono e conpierono per questa passione ànno concieputo e avuto grazia della vita etterna, della quale glorioso vita e' furono nell'altro secolo privati, e dimorarono tutti nella parte d'inferno che-ll'uomo chiama il linbo de' padri, fino all'avenimento di Giesù Cristo, passione, morte e risuressione. Per la quale ellino ricievettono rimessione che d'iddio fu loro donata, giassia ciò che-nne'

5 e-ffare: prima ellassciare. 8 preservati: prima perseuerati. 29 nell'altro ecc.: prima proueduti.

1. Sch. 31, 10 suppositi.

2. Sch. 31, 15 graciosa. 3- Sch. 31, 18 et pena.

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