OSSERVAZIONI
SOPRA
GLI ANTICHI MONUMENTI FENICII
RECENTEMENTE
ILLUSTRATIDA
GULIELMO GESENIUS<*>
%t
L
interpretazione degli antichiMonumenti
Fenicii>
che
fino a9giorni nostri fu in gran partevaga
emeramente
congetturale,per operae studio dell9orientalista tedescoGulielmo
Geseniussembra
ornai ridottaa
principii certied
a vero sistema critico e scientifico; sìche
ilnome
dell9Autorene andrà
onoratoe
celebre, a pari di quello dell9 Eckhel, alla posterità.Siccome
poi la linguaFe-
nicia è fra leSemitiche
la più vicinaed
affine all9Ebraica, in cui fu per lamassima
parte det-(*) ScripturaeLinguaequePhoeniciaeMonumenta quot- quot supersunt, edita et inedita> ad autographorum opti- morumqueexemplorumfiderà,edidityadditisque deScriptura et Lingua Phoenicum commentario illustrarti Guil. Ge~
8EN1V8. Lipsiac 1837,in 40
cum
Tabulis lithograph,XLVI.
»
Digltlzedby Google
2
tato il sacro Testo del
Testamento
Antico; così dalla retta interpretazione de’Monumenti
Feniciine
deriva utilitàanche
alla sacra Ermeneutica, esi
può
coll’opportuno riscontro di essi dar luce a certi luoghi difficili de’Libri Santi; loche
invano erasi tentatoprima
di stabilire la rettamaniera
di spiegare iMonumenti medesimi
(i ).Onde ne
giovabrevemente
discorrere intorno all’Opera del Geseniu9, considerandola specialmente nel sud- detto riguardo, e poscia in riguardo ancora agli studi numismatici.A
rendere ragione del poco avanzamento,,che
fino a’nostri giorni fecero gli studii delle cose Fenicie, comincia l’Autoredall’espornelecagioni,
che
furono principalmente I la scarsezza o difetto de’sussidii e de’ riscontri de’Monumenti
II gli apografi, o copie de’Monumenti non
a bastante accurate; III lamancanza
diuna
piena e critica Paleografia Fenicia;IV
la pregiudicata opinione, che laLingua
Fenicia consistesse di voci e frasi derivate indistintamenteda
tutti i dialettiSemi-
tici, e
che
quindi a spiegare iMonumenti
Feni-(i) Sono ornai dieci anni da che venne in luce a Leida
illibro dell*Hamaker intitolato Miscellanea Phoenicia
;
nel quale l’Autore pretese illustrare alcune voci difficili del testo Ebraico col riscontro de’Monumenti Fenicii;
ma
ilsuo lavoro mal fondato, mancando persino di principii certi e costanti intorno alla paleografia, ossia maniera di leggere que’monumenti, non ottenne l’approvazione de*
dotti orientalistied archeologi (v.Sacy,Journ.des Savanti^
1829,
p
. 736-747).3 cii si dovesse
chiamare
in sussidio indifferente-mente ognuno
di que’dialettio lingue.A
togliere e scansare cotali ostacoli e difetti, il Gesenius cominciò dal raccogliere insieme tutti quanti iMonumenti
Fenicii superstiti si editi coinè ine- diti,*ciò sonoLXXVII
e.più Iscrizioni Fenicio incise inlapidie ingemme
antiche, e presso aLX
Epigrafi di antiche
Monete
Fenicie impresse in diverse eittà e provincie. Indi pose ogni cura e diligenza perF
integrità efedeltà degli Apografi,osservando in parte gli Autografi stessi esistenti in diversi
Musei
d’ Europa, o procacciandosene calchi,oppure
copie fatteda mano
esperta.Dal
riscontro ed interpretazione di tutti iMonumenti
raccolse l’Autoreiprincipii necessariiaformare
una
Dottrina Paleografica, conlaquale diedeprincipio all’Opera. In essadà come una
storia delle Let- tereFenicie;e mostracome
dalleprische e native lorforme
passaronoad
altre diverse e depravate per decorso ditempi
e varietà di luoghi. Lascia intravedere quali lettere e forme fosseroprima
rettamente definiteda
altri, e quali siano stateda
esso lui definite; eben
a ragione si vanta di avere egli pelprimo
trovata lamaniera
di leg- gere le LettereNumidiche.
Nell’interpretazione di ciascunMonumento
Fenicio 1’Autore si è co- stantemente attenuto a queste tre regole: Iche
l’Epigrafe sia legittimamente letta, IIche
con- fronti con le regoleed
indole dellaLingua o
dialetto. IIIche
dia senso adatto e taleche
siapienamente
consentaneo alla natura delMonu-
mento
in particolare.Da
ultimoF
Autore rac-4
coglie dai
Monumenti
Fenicii, e dagli Scrittori antichi, i qualine tramandarono
reliquie dellaLingua
FeniciaePunica,ciòche
spettaall’illustra- zione di quell’anticaLingua perdutale
all’indole e regole grammaticali di essa; e mostra in ispe- zialità
come
laLingua
dei Fenicii sia affine all’Ebraicaantica,secondo ciòche
ne
attestanoanche
i Santi Padri., segnatamente S.Agostino e S.Gie-
ronimo,
ecome
trovasi indicato altresi nella Scrittura Santa.Abramo,
allorche
per divinocomando
uscì dalla terra nativa diAram,
evenne
in Palestina, o Terra diCanaan,
dovette amano
amano
di-\
smettere la nativa sua lingua
Aramea ed
adottare e trasmettere a’suoi posteriP
uso della lingua o dialetto de’Cananei. Dalle parole del testoEbraico ove narrasi l’alleanza fattada Giacobbe con La- bano
(Genes
.XXXI
,47
) raccoglisicome
fin d’ allora v’era differenza tra la lingua diMeso-
potamia e quella dellaCananea,
o sia fra le lin-gue
parlateda Giacobbe
eda
Labano.La Lingua
Ebraica in Isaia(
XIX
, 18) è dettaLingua Ca- nanea
:In
die illa eruntquinquecivitates in terraAegypti
loquentesLINGVA CHANAAN
. S.Ago-
stino più volte ricorda la consonanza e affinità della nativa suaLingua Punica con P
Ebraica,e segnatamente
làdove
dice( cantra Petiliani Lit
-
ter, II,
104
):Hunc
( Christum )Hebraei
dicuntMessiam
,
quod verbum Linguae Punicae consonum
est, sicut alia
permulta
, etpaene omnia
. S*Gie-
ronirao, parlando de’Fenici ePunici, dice(in le-rem
.V
9 a5 ):quorum Lingua Linguae Hebraeae
5
magna
ex parte confinisest:
e ciò ripete con altre parole in altri luoghi (2).
Comprovata
cosìconletestimonianzedegli Scrit- tori antichi, e col riscontro de’Monumenti
Fenicii superstiti(che
non
con altro sussidio,che
quello dellaLingua
Ebraica, poterono rettamente spie- garsi) la singolare affinità e consonanza della
Lingua Ebrea
con laFenicia,ne
conseguono prin- cipii utilissimi per gli studi dell’Ermeneutica
sacra. S.Gieronimo
(inIesaiam L
III> c. 7 )ne
attesta,
come Lingua quoque Punica
,quae de Hebraeorum
fontibusmanare
dicitur,proprieVIR-
GO ALMA
appcllatur.Sa ognuno
di quale equanta
importanza sia il conoscere e difendere il(a) Il Gesenius,dopo rapportati tre luoghi di S. Giero- nimo, che confermano la sua sentenza, soggiunge poscia
(/?. 33a): contra falsa sunt quae Hieronymus in Iesaiam
XIX
9 18: aNon
possumus, inquit,loqui lingua Hebraea, sed linguaCananitide, quae interAegyptiam etHebraeam media est, et Hebraeae magna exparte confinis; nisiforte pròAegyptiam scribendumestAramaeam».Ma
considerando bene il contesto del S. Dottore, chiaro si scorge, chenon deesi altrimenti rimutare la voce Aegyptiam in Ara-maeam
, e che nulla v*hadi falso, anzi tutto consuona con altre testimonianze del Dottor Massimoe con la pura verità. La Lingua Cananitideivi è detta inter Aegyptiam et Hebraeam media,non già in riguardo alla vicinanza ed affinità letterale,
ma
sibbenein senso mistico o spirituale, si chela lingua Egizia figuri quella de’mondani^la Co- nanitide quella de* giusti suquesta terra,'eV
Ebreaquella de*beati in Cielo.E
siccome la vita del giusto in terra, per quella pace e contentezza che ha daDio, è una ima- ginedella celeste beatitudine; cosiil Santo avverte¥
affi*6
vero e proprio significatodellavoceEbraica
Alma
, in riguardo a quella Profezia d’ Isaia (VII, 14)*•
Ecce VIRGO
( hebr.ALMA
) concipie t, et
pariet• Il vero e proprio significato di questa voce fu
vanamente impugnato
inmodo
speciale dai recenti razionalisti^ che inun
co’Giudei congiu- rarono in ciò contralaCattolica verità;elostesso Gesenius,dopo
riportate le suddette parole di S. Gieronimo, soggiunge(/?.385 );
Dubitamus
ta-meng num
recteHieronymus PROPRIE VIRGI
-NEM
ita appellavi dixerit,quae
hebraice est,non Ma P
asserzione di S. Gieroni-mo,
già di per sè a bastante forte e difesa, ora a meraviglia confortasiveggendo come
iMonumenti
nità della lingua Cananitide con
V
Ebrea, e non già con l’Egizia, che in quel parlare allegorico si pone anzi tanto diversa e lontana dalledue prime,quanto diversa e lon- tana si è la vita secolaresca dalla spirituale e celeste. Che questa, enon altra, sia la mente del Santo Dottore, ma-nifestosi è dalle parole che seguono:
CHANAAN
inter-pretatur qvasi commotjo, sivo qvasi respondkns. Quando
igitur de Axgypto recedimus,et exire volumus depotestate Pharaonis, ita ut terra nostra et confessioformidolosa sit Asoypto;tunc movemur, et quasi respondemusDomini vo-
luntati; et tamen, quia adhuc in praesenti seculo sumus
,
luiora Hebraea necdum loquipossumus.Nel resto,che S.
Gieronimoconoscesse assai bene anche laLingua Egizia
,
chiaro si raccoglieda parecchi luoghidelle dottissimesue Opere, e segnatamente dalla interpretazione ch’ei diede delle voci Egizie deltitolo^¥ovtop(paviJX
—
Salvator-Mundi,
imposto da Faraone aGiuseppe (v. Rosellini,
Monum
, dellEgitto, M. Stor. T. I, p. 185; e Cont. delle Memora
T. I,p. 347).
7 Fenicii
pienamente consuonano
con la generale asserzione del S. Dottore intorno all’ affinità singolare delledue
Lingue, Ebraica e Fenicia. Ilsenso proprio di Vergine della voce
Almà
fu di recente con invitti argomenti ed autoritàdimo-
strato e difeso dal dottissimo Sig. Cav.Drach
( Trois. Lettre,
I
Partie), e dallo stesso Rosen- mùller( in Jesaiae VII, 14 )>
H
quale scrive:Nihil est,
quod
obiiciuntHebraei etChristianorumii,qui
Immanuelem
Prophetaefilium faciunt,nomen
ALMA solummodo
respicereaetatem, non statvm
foeminae,viroinalem
autconivgalem
....Verum
%
probat constans vocis usus in V.
T
.ALMA nun-
quam
denvpta,
sed ubique de1NNVPTA foemina
dici (cf. Hengstenberg, Christolog. des alt. Test»T. II,
p
. 69 ) (3).I recenti Interpreti della
Germania vantano come supremo
principio dell’Ermeneutica
Sacra1’
Uso
delparlare prisco,che diconopotersi cono- scere specialmente pel riscontroed
analogia dei-(3) Essendo comprovato, come fra lelingue Semitichela Fenicia è forse la più affine di tutte all’Ebraica,con vie maggiorfidanza potrà farsi il riscontro di taluni vocaboli Ebraici oscuri e difficili con gli analoghi che s’incontri- no in monumenti Fenicii. Nel libro II de’Paralipomeni
{XXXIV,
4) leggesi come sotto ilregno diGiosia destru- xerunt coram eo aras Baalim, et simulacro,quae super- posita fuerant, demoliti sunt;
ed alla voce genericasimu- lacro, usata per amordi chiarezza dallaVolgata, nel testo Ebraico risponde la particolare Chamanim. Questarimar- rebbegi indeterminata ed oscura, se da*monumenti Punici
8
Dialetti o
Lingue
Semitiche affinialP
Ebraica•Gli è vero che il riscontro suddetto torna utile segnatamente per indagare
P
origineed
etimologia di molti vocaboli difficili ed oscuri nel testo Ebraico, e per confermare il senso di tutto il sacro testo, quale siha
dalle Versioni antiche, dai Padri, eda
altri fonti autorevoli, inmodo
di poter renderne ragione(v.
Ackermann,
Introd. inV.Foed.P.
/,§.77 );ma
veroèaltresì, chegrande
e pernicioso abusosifece di cotaleprincipioerme-
neuticoda
quelli, che, per usare delle parole del Principe degli Apostoli(
II Petrilli,
16 ), in- docti et instabiles depravant Scripturasad suam
ipsorum perditionem(v. Alber, Inst.
Hermen. V
.Test.
P.
II, c.XI,
§.62;
etP
. Ili, Exercit.XXII, XXXI,
etc. ).Quanto
pericoloso e fallace sia il pretendere di darenuove
interpretazioni alle parole del sacro testo pel semplice riscontro di voeaboli o frasi di altre lingue Semitiche, e specialmente dell’Àraba,che
per la sua singolàrnon si venisse in chiaro, che quelli erano simulacri di Baal Chaman,
Hammano
,
o sia Solare;cioè diredel Sole veneratocome Signore e cagionedi ognifertilità efecon- dità. In quella parola di Dio (lob.
XXXVIII
, 3a): iVam- quidproducisLuciferum intempore suo?
alla voce Lucifer nel testo Ebraico risponde Mazzaroth, che non s*incontra nel testo originale se non se quest* unica volta, e perciò rimarrebbe di senso oscuro:
ma
in più monete Fenicie di Gilicia la voce stessaricorre in significato di Stella. Veg-gasi ilGeSenius istesso che accenna questi e più altri ri- scontri (
p
.XX1-XXII).
9 ricchezza
dà
facile .presa; chiaro sì.scorge dal fatto dei diversi tentativi adoperati a spiegare iMonumenti
Fenicii.Finché
lacomune
dei dotti,,cominciando
dal Bochart, supposeohe
la lingua Fenicia,poohe
cose eccettuate, fosseuna
cosa coll’Ebraica, lo studio de’Monumenti
Fenicii fece.
avanzamento
ragionevole, specialmente per opera delBarthólemy
e dell’Akerblad, ingegni felicis- simi.Venne
poil’Hamaker, che chiamò
quella perversa e temeraria opinione, e intese a sradi- carla dallementi
degli eruditi,dando
a varie IscrizioniPuniche
varie interpretazioni ritratte indistintamente dai vocaboli emodi
di dire di tutti i dialetti Semitici;ma
laforma della lingua Fenicia per talmodo
ideatadall’Hamàker
apparve in tattoimmaginaria dacché
il Geseniused
altri dotti tornarono all’opinione emetodo
di prima.Uno
de’più notevoli risultati dell’opera delGe-
senius si è il seguente:In monumentis non solum
Phoéhiciis etPumcis
9sed etiamNumidicis
certo et legitimomodo
lectis et explicatisnon
aliam Lin-guae
speciem reperiri,quam
9quae cum Hebraea
peromnia
fere conveniret9atquetantum non omnia
9quae
prò Arabismi^,Syriasmis^ Samaritanismis ven- ditata essent,falsaharum epigrapharum
et lectione et interpretatione niti .(Gesen.p
.XVII
9 335;Quatremere
9J oum
. desSavants9 i838/*.6285).Che
se
ad
inutileo.pernicioso fineriuscìilrintracciare Arabismi, e similimodi
peregrini inmonumenti
profani, ed utile
unicamente
si fu lo starsi con- tento ai riscontri e sussidiidella pressoche
iden- ticaLingua
Ebraica;ne
consegue che vie piùIO
pericoloso e riprovevole sia.il voler rintracciare novelli significati nelle voci efrasi del sacro testo Ebraico pel solo riscontro di Arabismi, Siriasmi, e via discorrendo, e cheilsistema Cattolico d’in- terpretare Ja Scrittura in conformità alla tradi- zione de’ maggiori, ed alle antiche versioni, si è
metodo unicamente
sicuro e lodevole.L’Hamakero,
con altri eruditi, volle rigettarecome
favolosa, un’antica opinione fondata sopra la testimonianza di alcuni Padri della Chiesa, e degli antichi Rabbini, cioè dire che gliEbrei
ricevessero dagli Assiri l’Alfabeto o Scrittura loro, che perciò si appella Assira o quadrata.Ciò
egli arguiva dalla scritturadelcelebre
monumento
Carpentorattense e de’ Papiri'Torinesi, supponen- doli scritti in lettere e lingua Fenicia;ma
pel riscontro d’altri similimonumenti
e per le accu- rate ricerche dei dottifu dimostrato, chela scrit- tura, del pari che la lingua, in essimonumenti
èAramea;
onde, lungi dall’opporsi a quelP^Sntica opinione o tradizione dell’ origine Assira della scrittura Ebraicaquadrata
, mirabilmente la con- fortano ed illustrano, ludacos seculisaeram
Ckri- stianamproxime
antecedentibusuna cum
linguaChaldaea
etiamAramaeum quoddam
scripturae genus adoptasse,ludaeorum Aegyptiorum monu- menta
luculenter docent. Praeterea scriptura qua- drataminime
exprisca illaHebraeorum
scriptura(
quae
inprincipumMaccabaeorum
numismatiscom
-parete quae contra
Samaritani
cessit) orta est:
sed ex
Aramaea
Acgyptiaca etPalmyrena
, ut verbodicam
, ex Ararnaeis scripturae generibus,1 1
» • #
quae
soli linguaeAramaeae
scribendae olìm adhi- bebantur. Quodsi igiturHebraeum
Veteris Testa- menticontextum
in codicibus his litterisexaratum
invenimus,non possumus non
dicerey hasad He-
braica scribenda translatasesse(Gesenius, p. 78) (4).E
questo siacome
suggello, che sganni coloroche
di leggeri tacciano di fabulose evane
le opinioni inveterate efondatesopralatradizion de’maggiori..
Fra
le notizie istoriche, geograficheed
archeolo- giche,che
daiMonumenti
Fenicii rettamente in- terpretati si raccolgono, mette abene
avvertire quella de’ Sacrifica di vittimeumane
presso iNumidi.
Parer potrebbe quasi incredibile la spie- tata usanza di quegli orribiliriti,se iMonumenti
superstiti
non
ne attestasseronon
solo il fatto,ma
il vanto altresì che
ne menavano
i genitori acce- catitramandando
a’posterilamemoria
di sì gran-de
empietà. Tre, e forse più, IscrizioniNumidi- che
attestano il barbaro sacrificio d’ innocenti vittimeumane;
e ad esempio giova qui rappor-(4) Anche da quelle paroledi Gesù Cristo S.N. (
Mat
-thaei
V
y 18):IOTA unum
, aut unusAPEX
nonpraeter- ibit a Lege, donec omnia fiant, chiaramente si -arguisce, che a que’ tempi era già in uso comune ed inveterato pressogli Ebrei una maniera di caratteri simileall’odierna loroscrittura quadrata; poiché in questa e nella Aramea Egizia ePalmirena (e non già in altro scritture derivate dalla Fenicia) la letteraIOTA
, ovvero 10D
y è di una piccolezza notevole aconfrontò dell’ altre lettere, sì che fa bel riscontro coll’APEX
,ed accenna lapiùpiccola 0mi- nimaparticella dellaLeggeycioè dire della divinaScrittura (4?/. Quatremhre /. c. et Hieronym, in TesaiX
, 9).Digitizedby Google
tarne la versione' di
due
{Gesen.p
•448
)? ttoMO*LÀVIT
,DOMINE
,SERWS T WS FILIVM NVRATHAE, FILIAE SERVI TVI
SOTERASIDÀTIÌI (5)*P0- NEBAT POPVLVS SVPER FILIVM DOMINATORE PO- PVLl ASTARTES PRINCIPE
>OFFERENS SACRIFICIVM MOLOC
AVSTl(6).— SERWS TVVS FILIVM
IM MOLAVI
T
THELVBAÉ
, FILII /• C/f. T. JST. ODOItHOLO-
CAVSTLyINSTIGANS BAALEM EXCELSVM AD PLV
JD£i»frTrs^D^iir,
combvstvs est
( Gesen*.p
.4^3
)vA
quella cieca persuasione,che
PotZòre di tate olocausto salisse grato al Cielo,Sembrano
appositamente contrapporsi quelle parole di Dio- (lerem.XIX,
5):Et
aedificaverunt excelsaBaa
-Zi/rt>
comburendos
filios silosigni inholocaustum(5
) Sembra chesia qui nominatamentericordata la ma- dredel Bambinello immolato, quasi a cagiondi onore su- perstizioso;poiché, al riferire di Plutarco (de Superst.
p
,
171,
C
)
a que’barbari riti stava presente la madre
,
senza dargemito o lacrima; che se lacrimava, rimanevasi priva del! onore, enulladimeno immolavasi il suo figliuolino.
(6)
Da
questa e da altre Iscrizioni Numidichesi pare comer
innocente vittima era inprima svenata o trafitta,
e poscia abbruciavasi5 onde si scorge come nelle sante Scritture* cotali orribili sacrificii siano accennati or conle frasi: Filios etfiliascomburentesigni•—ducens per ignem
—
*•transferensper ignem
—
traduxitperignem (Deuter.XII, 3t, XVIII, io:IV
Reg.XVI,
3;XXI,
6) ad comburen- dosfilios suos igni inholocaustum Baalim (Ierem. VII, 3r,XIX,
5); ora conP
altre:Immolasti filios tuos (Ezech.X
VI, ai; XXIII, 37), etimmolaveruntfiliossuos et filiasmas
Daemoniis, et effuderuntsanguinem innocentcm, san -guiriem filiorum suorumetfiliarum suarum, quas sacrìfica- verunt sculptilibusChanaan (Psalm. CV,38; Sapiente XII, 5-6: cf. Ackermann,Archaeol, Bill. §. 398).
i3
Baalim; quae non
praecepi, nec locutussum
, nec ascenderunt in cormeum. Dal
fatto atroce del costume d’immolare
innocenti figliuolini di prin- cipi o signori delle nazioni, per espiare le colpe del popolo, e .placare l’ira de’numi,
in contin-genza
di grandi e pubbliche calamità, che nelle contrade Puniche durò fin sotto Adriano (Euseb
. Praep.Euang.
IV, 16: Clemens Alex, Protrept•p% 27: Lactant,
D,
Inst. J, ai,* V, io), sipuò
arguire, che que’pagani,ed altri erranti in cieca setta serbassero da tradizione patriarcale qualche cognizionedellafutura riparazione delgenereuma- no
pel Sacrificio del Figliuolo di Dio sullaCroce, giàadombrato
nel sacrificio d’ Isacco (v.Nicolai,E
quivuoisi avvertire unabbaglio preso dai dottiMau-
rini editori di Taziano (contro. Gentes,n. 29, interOpera S. Justini) a quel luogo ove scrive delbarbaro ritodelle vittime umane: Cumque reperissem Latiarem apud Ro- manosIovem cruore humano et sanguine ex homicidiis de- lectari; Dianam non procul Megalopoli similes actiones profiteri, et aliorum alibi daemonum molitione multa ne- faniefieri. Il testo greco ha Apzepiv ds ov paxpav zris
MErAAIIS IIOÀE&S
zov avzov npa%eav sitavi?pvipsvriv ' z0 eidos,che vuoisi spiegare:Dianam
autem, non longe abVRRE MAGNA
(se.ROMA),
id genusfacinorasus cipero.Roma
si disse Urbs per antonomasia3 eben a ragione un greco Scrittore la distingueva coll’aggiunto di grande: e a pochemiglie daRoma
era Arida e Nemus Dianae,Diana Nemorensis, infame pel culto di sacrificii di vittime urna-*ne. La proposta spiegazione vie meglio si conferma avver- tendo, che l’Aricia era vicina al monte Albano, ov* era spezialmente venerato Giove Laziale
( cf. Cluver. Itah untiq.).
*4
Lez.
LXXIV
del Genesi, e Brunati, Dissert. Bi-bite,
V
).Comunque
sia però, quell’abbominevole
usanza invalsa presso tante antiche nazioni,non
eccettuatii Greci eRomani,
mostra evidentemente la necessità diuna
Rivelazione divina intorno al culto accetto a Dio e allamaniera
di espiare le colpe; poiché, senza, di questa, 1’uomo
a sé ab-bandonato ed
alle sue prave passioni, nelmentre che
crede di placareP
ira del Cielo provocata da’ suoi peccati, trascorre a vie più gravied
abbominevoli iniquità. ICananei
e Fenicii furonoda Dio
puniti segnatamente per quegli empii lor sacrificii( Sapiente
XI
1,4
)•Quoniam
odibilia opera tibifaciebant permedicamina
, et sacrificia iniusta, etFILIORVM SVORVM JSECATORES
sine misericordia, et comestores viscerum
hominum
>et devoratores sanguinis
a medio
sacramento tuo.Siccome
l’Autore, chiaro pergli studi orientali,non
è Archeologo di professione (7); cosìparmi
gli siano occorse alcune inavvertenze, segnata-
mente
in punto dinumismatica
(8), emi
giova(7)Ciò parmi arguirsi anche dall’accennareche fal’A.
(
p
. 69) leantiche Monete degli Elei secondo la falsa at- tribuzione primiera de*Falìsci d*Etruria. Parlando delle monete di Vaga(p
.
3aa) confessa d’ignorare la ragione del tipo del Capricorno
;
eppure è manifesto che esso ri- corre in quelle eintante altre monetedi città soggette all’
Impero Romano, come segno genetliaco di Augusto. Tanto è vero,che anche un discente in numismaticapuòsaperne più di un.sommo ingegno, che non professi questo studio.
(8) Propongo pur dubitando qualche congettura intorno alcunaIscrizione Fenicia.Siccome l’Autore (p. i58) chiama
i5 avvertirle, sottomettendole
mie
congetture edub-
bi al discretoed
autorevole suo giudizio. Nellelasua interpretazione dellagrande Epigrafe Ericina mode- stum ingeriilusumpotius quaminterpretationemcertam et perfectam; cosimi sia lecito proporre il dubbio, che essa, anziche sepolcrale, sia Epigrafe sacra, e riguardi le feste del pianto della morte di Adone, o
Thammuz
, amasio di Venere,cotanto venerata nel monte Ericino.—
Gli orna- mentiposti nella sommitàdei due cippi sepolcrali Fenicii di Atene(p.n3)
somiglianosì ad antefisse;
ma
possono ancora considerarsi come consistenti didue aplustri,iquali potrebbero appellare alla professione o patria di quelle persone, probabilmente merendanti di mare.—
L'Autore(
p
.
ao6) a proposito di alcune lettere abrase in epigrafe Numidica, avverte: cujus reisexcenta exempla exstant v.
c. in nominibus titulisquelmperatorum Romanorum, quae saepissime (ut videtur, a Christianis) ex inscriptionibus erosasunt.
Ma
i Cristiani si vogliono assolvere da questa e simili pregiudicate imputazioni,ben noto essendo ecom- provato, che i nomi di parecchi Augusti ed*altri perso- naggi, furono scarpellati e abrasi da’monumenti per ordine delsenato, o di privato arbitrio de* pagani stessi (Marini, Iscr. All. p. 44-45: e Fr. Aro. p. 355-56).NellaIscrizione Numidica III dedicata a BaalChaman, o sia Solare
,
per la fertilità e fecondità degliarmanti, èil
simbolo della Tiquetra con la Gorgone nel mezzo
;
ed il eh. Autore rimette agliArcheologi 1*inchiesta:possitne hoc symbolumpropterfertilitatemaSiciliaad Numidiam trans- latum videri.
E
cosi par veramente; poichéla Gorgone, che fu reputata simbolo del Solee del Giorno (Laurent.Lydus, deMens. p. 66: v. il mio Spicil. numism.p. 194)*
nelle monete diRodi vedesi talorapostainluogo della testa del Sole;e nella Numidica I,che è similmente votiva a BaalChaman,è l’imagine stessa del Sole. Ciòche ne in- seguano i monumentiNumidici, edi riscontriaddottidall*
ió
monete
di Tarso di Cilicia, con la scritta Feni- ciaBaal Taraz
, ricorreil tipo seguente: IuppiterAutoreintorno a Baal Chaman> o sia
Hammano
, parmi si conforti ed illustri pel confronto dì monete d’Alicarnasso, impressesotto l’imperio della famigliadi Settimio Severo,A
Africano di origine. Nel riverso di esse ricorre:Iuppiter capite radiatostans adversus,manibusdemissisvestimentum plicatum sublevans, inter duasarbores,quarum singulti co- lumba insidet; ex adverso Juno diademata d. pateram, s.
sceptrum stat in curru aduobuspavonibus tracto (Streber
,
Numism. Mus. Reg. Bavar. p. 226). Suol dirsi Giove
Do-
doneo
;
ma
forse meglio direbbesi GioveAmmone
od Affri- cono. Baal Solare, o siaHammano
, che sembra derivato dall’Amon
degli Egizii (Gesenius, p. 172), ne’monumenti Numidici vedesi similmente stantefradue arbuscelli, conV
imagine del disco solareal disopra, e con uccelli, qua- drupedi e pesci al dintorno (Gesen.p. 171, 206). Le co- lombe sono proprie di Giove
Ammone
, del pari che del Dodoneo; poiché 1*oracolo diAmmone
dicevasi fondato dalie colombe (Streber,p. 228). Parmi quindi, che nelle monete d*Alicarnasso Giove e Giunone abbiano attributi in parteproprii delle due supreme deità Affricane,
Ham-
mano odAmmone
, e Tanith,.in riguardo alla origine Af- fricana della famiglia di Settimio Severo allora imperante.Nel resto, fra’simboli dell*
Hamman,
o BaalSolareNumi-
dico, ricorre laMelagrana, che inEbraicosi disse Rimmon;
onde può darsi luce alla deità de’Siri detta
Rimmon
(/P, Reg. 5, 18: cf. Ackermann, Archaeol. BibL §. 4oa)*—
La moneta di Settimio Severo col riverso, che accenna ai sin- golari beneficii di esso verso 1*Affrica:INDVLGENTIA AVGG. IN
CARTHaginem,Dea
d. fulmen, s. hastam,
leoni currenti insidens;iuxta rupes,ex qua aqua provtanat
(Eckhel, T.VII, p. i83; Gesenius p.ai5) si scambia luco con alcune monete Ebraiche e con più luoghi de’ Profeti, ove il corso delle acque è simbolo di singolare felicitàe benefizio celeste (v. il mio Spicil» num.p. 288-89).
*?
9olio insidens d. sceptrum aut aquilani-, in area spica et botrus, sub sella protome tauri
( Gesen.
p
y 276-278 ). Eustazio(ad
Dionys*Perieg. p.868 )riferisce, che alcuni dicevano Tarso
denominata da prima T
epaog, <ha x0xovgexet xpvzovg. ffvvayayovxagKAPIION
xXvpov zepan^ahv eart fypavcu, xai eig xsv~povog anoOeadaixpo^v,
ed
altriperchedopo
il cata- clismo dicevasi za exsiavafypavOyvab TATfPiKA «/w?:alle quali tradizioni
può
riferirsi tanto la spiga,quanto
laprotome
taurina, simboli delmonte Tauro
.Quel
Giove Fenicio potrebbe altresinomi-
narsi Giove Aratore,o
Frumentario, ZsvgA
pozpiosy2
tzovynomi
greci corrispondenti alDagone
de’Fenicii,secondo Filone diBiblo
(
ap
.Euseb.Praep
•Euang
.Iy io;cf.Journal des Savants,i&29,p*789).Giove Agricoltore,
ZET2 FE&PrOS
è in Iscrizione Attica(
Boeckh
n, 5 a3, 1. 12 ), e probabilmente ricorre inmonete
diGela
di Sicilia e di Talassa di Greta(v. il mio Spicil.
numism
.p
. 26).L’Autore,
dopo
descrittee interpretate alquantemonete
Sicule con tipi Siracusani econ
epigrafe Fenicia, conchiude [(/?. 297 );In omnibus autem numis
Syracusanisnon
aliaemblemata
reperiunr- tur,quam quae
Siciliaedomesticasunt, nulla,quae
Carthaginisimperium
prodanty ut inP
anormitards:unde
recte colligashanc monetam a
civitate Syra-cusarum
inusum
commerciacum
Poenis,non a
Poenis ìpsiscusam
esse.Ma parmi
più verisimile,che
cotali monete, segnatamentequelle dimodulo
tragrande con la testa di Cerere e col Pegaso, fossero impresse o dai Cartaginesi dimoranti in Siracusa per ragion dicommercio
(siccome abbia-i8
mo monete
diEmporia
delleSpagne
con gli stessi tipi Siracusani, Eckhel T. I, p. 48, ed altrede-
gl’ Ispani residenti in Palermo, Sestini,
Med.
Ispan.
p
. 1 ); ovvero dai Cartaginesi stessi allor che presero ed occuparono in parte o in tutto la città e i porti di Siracusa. Nell’OlimpiadeXCVI
.Imilcone
duce
de’ Cartaginesi entrò con208
navi vincitrici nel porto maggiore di Siracusa,e
poscia con altri navigli onerarii; sì che la sua flotta facea terribile mostradidue
mila navi,che
tuttoempivano
quell’ampio
porto; e d’altra partesi accostava alla cittàcon
un
esercito terrestre di forse 3oo,ooo pedoni e 3,000 cavalli. Imilcone pose la sua tenda nel tempio diGiove;
e l’eser- cito siaccampò
ne’ dintorni, alla distanza di poco più diun
miglioda
Siracusa.Con
altre navioccupò
gli altri porti di Siracusa, provocò allapugna
i Siracusani,che non
ardirono farsegli in- contro; e perun mese
intieroandò
saccheggiando e guastando le vicinecampagne
, prese il sob- borgo dell’Acradina, spogliando ivi i templi di Cerere e di Proserpina: e da ultimo costrusse
un muro
intorno a’suoiaccampamenti
e tre castelli vicino almare
.(Diodor
. .XI
V
9 6a, 63 ). Nell’
Olimpiade
CVIII,4> 1 Cartaginesi,alleati con Ice- ta, dinuovo
occuparono i porti e i dintorni di Siracusa, e parte della città, cioè dire l’Acradina e la Neapoli( Diodor.
XVI
, 68, 69 ). Aristotele( Rhetoric.
ad
Alex. c.IX
) dice, che allora i Cartaginesi, entrati con i5o navi ne’ porti di Si- racusa, occuparono tuttala città,eccetto la rocca,Ttjv de noXiv anavav, nX^v %rii axponoXseq, esortai:
*9
.
e oon Aristotele
concordemente
scrive Plutarco(.in Timoleonte, p.
244
), elleP
esercito Cartagi- nese siaccampò
nellacittàdi Siracusa permodo,
che allor sitemeva non
fosse per adempirsiun
antico oracolo, che prediceva la futura barbarie della Sicilia: xrjv naXai XsyopBvtjv xai npoedoxo^evt^v exfìapfiapQGiv yxeiv
sm
tijv EuceZutv.Parmi adunque
assai verisimile, che nell9
una
o nell9altra contin- genza suddetta, e forseinambedue,
i Cartaginesisì pe9 bisogni della guerra,
come
per vantare il possesso di Siracusa,
improntassero
monete con
tipi Siracusani e con epigrafe
Punica
(9); del pari(9) Forse potrebbe ragionevolmente congetturarsi,che in quella circostanza i Cartaginesi improntassero anche altre di quellemonete Puniche chesoglionsi attribuireaPalermo e ad altre cittàSicule. IlGesenius.attribuisce ad Eraclea di Sicilia una moneta, che nel diritto ha la testadiAre- tosa dimezzo a quattro pesci, e nel riverso una Figura virile in quadrigaveloce con Vittoria che
V
incorona, e la scritta PunicaROSCH MILCARTH
,
eh’egli interpreta Promontorium Herculis:
ma
è cosa strana, e di cui eglinon dà ragione, il vedere moneta di Eraclea con tipi am- bidue Siracusani.
Mi
sia lecito congetturare, che- quella moneta fosse impressa da lmilcone o Milconc, duce de*Cartaginesi, allor eh*egli s’impadronì in parte della città di Siracusa. Il nome Punico Imilco,Milcho
,
a pareredel Gesenius (
p
. 411) torna lo stesso che Milcar, Milcarth;e Rosch, forse accorciatoperRoschath (cf.Gesenius,p. ai 6) può significare Principato, Comando, sì che ambedue le voci valgano Principato o Comando d'lmilcone.A
propo- sitodel nome Milcar,
giova ricordare come in Rimea deir Auranitide era un tempio sacro aGiove Invittoed al Sole, parte del quale fu costrutta dia Kaocnov
MAAIXA0OT
aio
cke
ifi, Arcadi, i quali, 'venuti «a possesso àiOlimpia
nell’OlimpiadiGLU-GIV,
impresseromo-
netecon
tipi Olimpici,che
ricordassero quella loro vittoria e vanto( u. Midler?
Armai
. Inst.Archeol. T.
VII
,p. 167-172,). Questa ipotesi, di per sè verisimile,si confortaosservando ilmodulo
straordinario di alcune di quelle
monete con
tipi - Siracusanied
epigrafe Punica, e lamaniera
della fabbrica,che sembra
tenere alcunche
di quella diPalermo
soggetta a Cartagine.xofiys
P
Eipsag (Letronne, Journ. des Savants, 1822, p.614)• Analogosi èpure il nome diGiove chein Iscrizioni dellevicinanze di Berito è invocato*
BAAMAPKoC
KOI-PANG KoMoN,
ed in voci latine IOVIBAL MARCODI
Secchi, Iscriz• Gr, di Arado,p. 5o).Vorrei pur so- spettare,ohe lemonete conla testa di Aretusa e l’epi- grafe
Am
Maohanath (Gesenius p. 288) fossero impresse perV
Esercito Cartagineseaccampato intorno ed entro Si- racusa; e ch^ quella scritta valga Populus Castrorum( Carthaginiensmm ). L’Autore (p. 290) descrive altra moneta di Palermocosì: Caput Herculis imberbe pelleleo- nina tectum )( Caput equi
, pone palma, infra epigraphe Phoenicia
MACHanath SCHEROM
;
e spiega Panormus
Romae
sive Romana,e soggiunge: intelligenda igiturPa-
normuscoloniaRomana^Ma
Palermonon fu dedottacolonia;senon se da Augusto, intorno al 734 di
Roma
(Eckhel,T. I,
p
a3a); e a quella età non più si addice nè la,monetad'argento, nèlo stile di essa, emolto meno l’uso, della lingua escrittura Fenicia* Parmi anziverisimile, che la suddetta moneta fosse impressa in Palermo al tempo della primaguerra Punica, allor che quellacittàvenne in poter de’Romani, che ivi riportarono insigne vittoria sopra Asdruhalo duce de’Cartaginesi (Viod.
XXIII
Ecl. 14, Polyb. /, 38,seqq.).
L’epigrafe Fenicia delle
monete
di Cossura, a parere dell’Autore, dee leggersi:i-banim
, e tra- dursi:insvla filiorvm
, scu1WENVM
;quo
no-mine
apte appellali poterat colonia iuventute utplurimum
constans.Ma,
siccome altri avvertìche
cotaledenominazione sembra
troppo vaga e gene- rica, e d’altra parte consta dall’osservazione,che
i
nomi
proprii delle persone e de’luoghi presso le colonie Fenicie quasi costantemente si riferi- sconoalculto de’falsi loro dei; così vorrei sospet- tare che quelnome
proprio di Cossura,INSVLA IVVENVM
, anzi che ai coloni, appelli ainumi
inventori e tutelari della navigazione, di origine Fenicia, detti Cabiri, Dioscuriy Curetiy e
K
opoi al- tresì (Eckhely T. Ili, p.374
),che
risponde perappunto
al FenicioBANIM
:
e questo appellativo potè usarsi in riguardo ai misteri Cabirici (io).
In tale ipotesi vie meglio scorgesi la ragione e riscontro delle
due
epigrafi,una
Feniciaed
altra(io) In parecchie monete di Cossura dopo 1’epigrafe 1
-BANIM
seguono tre lettere o cifre,che.1*Autoremo-
stra denotare il numero cinquanta', e crede si riferisca ad anno memorabile nell’istoria dell’Isola;
ma
l’annome- morabile soleva considerarsi come principio d’epoca, e se- gnavansigli anni consecutivi, equesto numero è costante.Sospetto, che quel numero potesse riguardare il valore della moneta, ovvero il numero de*Cabiri o Pateci, il
qualevario era,secondo le varie tradizioni (Strabo /• c.),
esecondo Ferecide i Dattili,o sia Cureti, erano
XX
de- stri eXXXII
sinistri (Schol. ad Apollon.Argon. /,1129), chetuttiinsieme connumero rotondo potevano dirsi Cha- muschim9 cinquanta.22
latina, di altre
monete
di Cossura; poiché inten-dendo
denotati i Cabiri inI-BANIM
, a que’nu-mi vengono
comparati gli Augusti e Cesari nell’epigrafe
INSwZa AV
Gusti; siccome in parecchiemonete
greche sono essi rappresentati quali no- velli Dioscuri(v. Eckhel, T. Ili, p.
374
)•Ma
l’argomento principale, che
mi
fa congetturare,che
Cossura si appellasse Isola de*Cureti oCa-
biri, si è che nelle sue
monete
ricorre la figura diun
Pateco tenente nella d.un
martelloed un
serpe nella s. e consta
come
i Fateci furono con- fusi.coi Cabiri e Cureti (Herodot
.IH,
37; Euseb.Praep.
Euang.
J, io;Strabo,p
. ^72, 5€SS
m) (II)-Le monete
d’argento diGiuba I
re diMau-
retania confrontano nel peso e
modulo
co’denariiRomani
(v. il
mio
Saggio Elenc. not. 2); ed in riguardo a cotale singolarità, e al parteggiarche Giuba
fece co’Pompeiani, sospettoche
nell’Epi- grafe Punica la voceRoM
accenni aRoma
,
ed a
Pompeo,
da cui Iempsale padre diGiuba impe-
trò parte della.Numidia
( Gesen. p. 31
4
). Iltipo dell’ Elefante par riferirsi
non
solo all’Affrica
( Eckhel T. IV,
p
. i55 ),ma
in ispecie ai cento cinquanta Elefanti che afforzavano 1’e- sercito di reGiuba
collegato con Scipione contra Cesare( Bell. Afric. 81-86 ). Avverte 1’
Autore
(11) L’epigrafe latina
AVGERM
TICAES,
che diè molta noia al eh.Gesenius, forgedee leggersi GERMartfczu UberiiCAESarw kV
gusti (Filili*) (cf\ Eckhelp
. aio);certo, che troppo ardita si è la congettura dell*Autore, che vorrebbe rimutare
GERM
TIinGERMNI
e leggere GERMaNIcaj.23
{p.
319) come
nellemonete
bilingui diAchulla
leggesida una
parteACHVLLA,
e dall9 altraCHIR
in lettere Fenicie, e soggiunge:quod
ne- scioan
vetus aliquod etdomesticum
eius civitatisnomen
fuerit.A me
sembra, che sia desso ilnome
Fenicio dal quale si formò poscia l’altro Achilia, con la giunta dell’articolo,come
inAzama
perZama,
Atabyrius per Thabor, e con lo scambio solito dell'L
all9R, dicendo cioèCHIR, A-CHIR, ACHIL, ACHILZ#
(12),AQVILLA
(Gruter. p,5 12).L’ attribuzione delle
monete Puniche
con la testa di Mercurio,
e dell’altre aventi la stessa epigrafe Punica, a Sabratlia della Sirtica, anzi
che
a Ta- braca dellaNumidia
(p. 322 ), si conforta osser-vando come anche
nellemonete
della vicinaLe
-ptis ricorre lo stesso tipo della testa di Mercurio col suo
Caduceo
( Eckhel, T.IV
, p. i3o).A
conferma della interpretazione dell’epigrafe punica dellemonete
di Siga,che aparer dell’Au- tore si èSIGATA CIVITAS HERCVLIS, CIVITAS HERGVLIS SIGATA,
in riguardoad
Ercole pro- genitore de9Principi Massesili che ivi ebbero la loroReggia
;mi
giova avvertirecome
similmente Germanicopoli di Paflagonia nelle suemonete
si appellaECTIA 0E&N, come
sede di Tantalo che(12) Il Pavone con VAquila, in moneta di Vaga (p.
32o) parali simboleggiare Livia con Augusto
,
sotto gli at- tributi di Giunone e di Giove. In altro moneto
V
A. rav- visa una Clavaeun tirso decussati;
ma
parmi anzi Clava e Saetta, ClavaeSpiga. L’epigrafeIMP.TIBCAESAR AVG.
C...(
p
.320) pare senzamenoerrata(v.Eckhel, T. VI,p.200).
24
accolse alla sua
mensa
ospiti gli dei(v. il
mio
Spicilegi
numism
. p. 127).L’Autore
omise fra gli altriun
pregevolissimomonumento
Fenicio; e quinditrascorse ancoraad
asserzionemeno
esatta. Insignesi èuna Medaglia
delMuseo Chaudoir
avente i soliti tipi dellemonete
di Sinope di Paflagonia,ma
invece dell’epigrafe greca
ha due
lettere Fenicie nel diritto, e sei nel riverso (Mionnet
, Suppl. T.IV,
PI.III
9n. 1, 2: Sestinij Lett. cont.
T
.VII
, p% 33, n. 11,Tav
. I,f, 14); le quali nel disegno datone,ben- ché
forse inesatto,hanno sembianza
di caratteri Cilico-Fenicii,1Narra
Plutarco( in Lucullo, p, 5 o 6,
D
)come
per la guerra contro re Mitridate Lucullo mosse verso il Ponto e pose l’assedioa
Sinope, oa
meglio dire ivi assediò i Cilici regii cheV
occupavano, e che, trucidati molti cittadini di Sinope, e poste lefiamme
alla città, presero di nottetempo
la fuga; diche
fatto consapevole Lucullo, entrato nella città, uccise otto milade
9Cilici,
che
tuttor vi restavano, e restituì le cose derubate ai cittadini(cf. Strabo
, p. 546;
Memnon ap
•Photium
p, 751; Orosius, VI, 3;Appianus
in Mitridath.).La
singolarità della raramoneta
di Sinope conepigrafe Cilico-Feniciapanni non
lasci luogo a dubitare,che fu essaimprontatain quella contingenza dai Cilico-Fenici,che
la signoreggia- vano, pe’ bisogni dellaguerra(i3).Le due
lettere(i3) Mi conviene quiritrattare la troppo leggiera e ar- dita congettura, per la qualepensai potersi quellamoneta
attribuire ad Annibaie rifuggito in Asia (Spicilegio