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Scoprire il Buddha nel Tipiþaka *

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Academic year: 2022

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Scoprire il Buddha nel Tipiþaka *

S.N. Goenka

(…) Il Tipiþaka è la trascrizione letterale delle parole e degli insegnamenti del Buddha.

E’ diviso in tre piþaka, letteralmente, “canestri”:

Vinaya Piþaka (la disciplina monastica), Sutta Piþa- ka (i discorsi popolari), e Abhidhamma Piþaka (un compendio di insegnamenti inerenti al funziona- mento e l’interdipendenza di mente, fattori mentali e materia, e il fenomeno che li trascende).

La personalità del Buddha

Tutto il Tipiþaka è impregnato della nobile personalità del Buddha.

Il corpo fisico (Rúpakáya) rappresenta un affasci- nante aspetto della sua personalità: possedeva infatti i 32 segni caratteristici del grande uomo e irradiava pace e bellezza incomparabili, oggetto di ammira- zione da parte di tutti. L’altro aspetto della sua per- sonalità era l’ineguagliata struttura del Dhamma in lui (Dhamma-káya), colma di illuminazione, perfetta

* Estratto dall’Introduzione di Goenka alla edizione in pali del Tipiþaka, pubblicata dal VRI (Vipassana Research Institute). http://www.tipitaka.org

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saggezza, chiara comprensione e compassione.

Un Tathágata, o Buddha, è un essere completamente liberato (arahata) poiché ha distrutto tutti i suoi nemici o impurità; ha raggiunto la piena illuminazione (sammá sambodhi), è colmo di saggezza (vijjá) ed è ben consolidato nella pratica di moralità e concentrazione (caraóa); è “chi sarà felice” (sugato), a causa della bontà delle sue azioni fisiche, vocali e mentali. Conosce l’intero universo (lokavidú) e ha una piena comprensione delle cose terrene e di quelle ultraterrene: il nibbána; è impareggiabile, nessuno è uguale o superiore a lui (anuttaro).

Conduce gli inesperti sulla giusta via, come il cocchiere addestra i cavalli non allenati (purisa damma sárathì). E’ maestro di dei e di uomini (satthá devamanussánaí); Signore (bhagavá), per aver distrutto attaccamento, avversione e ignoranza. In conseguenza di tutte queste qualità eccezionali, è diverso dagli altri e causa un bene enorme al mondo intero.

Tutto il Tipiþaka è permeato dal nettare di questi aspetti della personalità del Buddha.

Le qualità del Dhamma

Contiene i suoni soavi del Gange del Dhamma, che si elevano dal suo Dhamma-káya, da cui si sprigiona l’inestimabile profumo della liberazione.

In ogni sua parte il Dhamma.* è illuminante,

* ( n.d.r) Il Buddha non insegnò né una religione, né una fi- losofia. Chiamò il suo insegnamento Dhamma*, ovvero legge, la legge di natura. Non ebbe interesse per speculazioni intellet-

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perché chiaramente esposto (svákkháto), ci porta direttamente alla verità, aiutandoci a lasciare dietro di noi ogni ingannevole immaginazione (sandiþþhiko).

A chi segue il sentiero, esso dà frutti concreti e visi- bili qui ed ora (akáliko). Stimola a realizzare la verità (ehi passiko). Passo dopo passo, fa giungere al supremo traguardo del Nibbána (opanayiko), e ogni uomo può sperimentarlo (paccattaí veditabbo vióóohìti). Le qualità del nobile Dhamma sono: giova a tutti indistinta- mente, non è settario, è adatto a gente di ogni prove- nienza e di ogni età.

La comunità dei discepoli

Tutto il Tipiþaka ci aiuta ad assaporare il dolce nettare del Dhamma; illumina e ispira la comunità dei discepoli realizzati (Sávaka-Saògha) che si sono profondamente dissetati alle parole piene di ambrosia del Buddha. Il Saògha dimostra chiaramente che nel Dhamma non c’è posto per la fede cieca, per la devozione sentimentale o per le acrobazie sofisticate dell’intellettualismo.

tuali, non promulgò dogma, discusse solamente dell’elimina- zione della sofferenza, e offrì una soluzione pratica e universale per questo problema universale. Dhamma deriva dalla radice indoeuropea dhr che significa sostenere, stabilizzare. Dham- ma è difficilmente traducibile ed ha molti significati: l’ordine che stabilizza e governa l’universo, la legge morale con i doveri religiosi e sociali, la dottrina o legge, predicata dal Buddha.

Nell’insegnamento del Buddha, Dhamma significa: fenome- no, elemento, stato mentale, oggetto mentale, caratteristica, qualità.

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Il Dhamma è straordinariamente pratico. Chi lo segue agisce in modo giusto (supaþipanno), integro (ujupaþipanno), saggio (ñáyapaþipanno), e appropriato (sámìcipaþipanno) per raggiungere la liberazione.

Diventa nobile (ariyo) in quanto perviene ad uno dei quattro stadi di liberazione; e una siffatta nobile persona è degna di devozione, rispetto, e offerte.

Conoscendo dal Tipiþaka i Sávaka-Saògha, persone sante, sia laiche sia ordinate, siamo incoraggiati a seguire il sentiero: la loro testimonianza sul modo in cui si sono realizzati ci rincuora, ci entusiasma e ci dà brividi di emozione, galvanizzando la nostra pratica di Vipassana.

L’ambiente in cui viveva il Buddha

Nel Tipiþaka rivivono l’atmosfera spirituale e filosofica dell’India di venticinque secoli fa e, in un vivido insieme, le condizioni storiche, culturali, politiche e geografiche di quei tempi.

Esso ci dà un panorama su usanze educative, amministrative, commerciali e produttive dell’epoca del Buddha e fa luce sulle condizioni di vita collettive e individuali, e delle aree urbane e rurali dell’India antica. Anche se la saggezza trasmessa dal Buddha apparentemente scomparve dall’India pochi secoli dopo la sua morte, essa continuò a fluire attraverso la successiva letteratura indiana, sia in sanscrito che in hindi. Le parole dei santi indiani medioevali sono impregnate della saggezza del Buddha.

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L’influenza del Buddha

L’influenza del Buddha non è limitata al pensiero indiano: il suo profondo impatto è riscontrabile anche nella spiritualità e nella letteratura del resto del mondo. E’ per questo che le parole del Buddha hanno un’importanza speciale per l’umanità, anche oggi.

La grandezza dell’insegnamento del Buddha è eterna: egli è il perenne messaggero della resurrezione dei valori dell’uomo. In quest’epoca di degrado dei valori etici e morali e sofferenza interiore, cosa potrebbe esserci di più importante?

Lo studio del Tipiþaka chiarirà alcuni tra gli equivoci più comuni sul Buddha. Come l’opinione che, essendo il Buddha un monaco, tutti i suoi seguaci fossero monaci, e i suoi insegnamenti fossero diretti ai monaci e non ai laici.

Il Buddha e i laici

Un esame degli scritti dissiperà pienamente tale convinzione: il Buddha era molto popolare tra la gente, e i suoi discepoli laici erano più numerosi di monaci e monache. La popolarità di cui godeva tra monaci e asceti era pari a quella tra le popolazioni laiche dell’India settentrionale.

Durante la stagione delle piogge, il Buddha rimaneva nello stesso luogo per tre mesi. Spesso trascorreva tale periodo nei pressi di città densamente popolate, come Savatthi o Rajagaha, perché il maggiore numero di persone potesse beneficiare della sua presenza e dei suoi insegnamenti.

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Dopo, egli si spostava tra villaggi e città delle regioni settentrionali dei fiume Gange e Yamuna, dove trasmise il suo messaggio a centinaia di migliaia di persone - istruendole nella tecnica di Vipassana.

Dal momento in cui raggiunse l’illuminazione alla sua morte, avvenuta 45 anni dopo, il Buddha pronunciò migliaia di discorsi sul Dhamma; e ovunque andasse, si riunivano grandi folle per vederlo e ascoltarlo.

Molti chiedevano di parlargli: colpiti dal suo linguaggio pieno d’amore, i laici invitavano il Buddha e i suoi monaci nelle loro case, e anche lì ricevevano insegnamenti.

I monaci andavano da lui per parlare di argomenti religiosi e per veri e propri dibattiti, ma la maggioranza dei visitatori era laica.

Nei suoi scritti vengono trattati dettagliatamente i suoi rapporti con i laici.

Re e regine, principi, generali, servitori, funzionari governativi con le loro famiglie, medici, filantropi, asceti, mendicanti, vagabondi, ricche signore, cortigiani, spazzini, persone di alta e bassa classe sociale: tutti, indistintamente, venendo in contatto con il Buddha e immergendosi nel Gange del Dhamma per mezzo della pratica di Vipassana, si trasformavano e la loro sofferenza veniva estirpata.

I problemi della vita

Secondo un’altra opinione, il Buddha avrebbe insegnato come liberarsi dal ciclo delle continue esistenze, ma avrebbe ignorato le difficoltà

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quotidiane del singolo e della famiglia, indifferente ai problemi politici e sociali.

Dal Tipiþaka si evince che egli era molto aperto e consapevole dei problemi della vita. Se è vero che la maggior parte dei suoi discorsi è indirizzata ai monaci ed ha come argomento centrale il raggiungimento della suprema verità, è altrettanto vero che egli pronunciò numerosi discorsi per i seguaci laici, che riguardano questioni della vita quotidiana.

Egli trattò ogni aspetto della vita laica: diede istruzioni sui reciproci doveri di genitori e figli, moglie e marito, padrone e servo, maestro e discepolo, re e suddito, e tra amici.

Sono esortazioni vivaci e tuttora valide e utili.

I consigli dati ai Liccavi su come mantenere e proteggere la loro repubblica, rappresentano un modello di governo per i tempi moderni. E tali insegnamenti sono ugualmente efficaci per altri tipi di istituzione. Il Buddha ammonisce che “il re dovrebbe proteggere i suoi sudditi nello stesso modo in cui protegge i suoi figli.”

Ispirato da queste parole, l’imperatore Asoka instaurò un’esemplare amministrazione che rappresenta un caso unico ed ineguagliato nella storia dell’umanità. Il suo regno risplende come una colonna di luce nella storia amministrativa dell’India e del mondo intero.

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Il Buddha e il pessimismo

Un altro equivoco riguardo al Buddha è che nei suoi insegnamenti, l’importanza data alla sofferenza sia eccessiva. Da qui nasce la critica che essi riguardino prevalentemente il dolore e siano perciò negativi, pessimisti, connotati di disperazione e tendenti all’apatia.

La lettura di questi scritti renderà evidente la loro carica di speranza e il conforto che possono arrecare a chi soffre.

Un malato si scoraggia quando gli vien detto che la sua malattia è incurabile, ma se qualcuno lo rende consapevole del suo male, gliene rivela la causa e gli indica il modo di eliminarla, prescrivendogli una medicina che può estirpare la sua infermità, riceve una vera benedizione. Potrebbe forse esserci per lui un motivo di maggior speranza e conforto?

Accade la stessa cosa quando il Buddha spiega cos’è la sofferenza. Per quanto possa essere amara, la sofferenza è una verità universale nella vita di ogni essere, e non può essere negata.

Il Buddha non soltanto rivelò la verità fondamentale della sofferenza, ma, con cristallina chiarezza, descrisse minuziosamente l’arte di vivere di Vipassana, semplice ed accessibile a tutti, che consiste nell’Ottuplice Nobile Sentiero.

Quest’arte di vivere non è un puro concetto filosofico od intellettuale ma è una via del tutto pragmatica e collaudata, che dà risultati immediati e visibili a quelli che la praticano.

Essa dà speranza a tutti coloro che sono scoraggiati e sofferenti. Infonde pace e felicità sia

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nella dimensione terrena che in quella ultraterrena.

L’incoraggiamento a superare le difficoltà

Il discorso del Buddha ai Káláma di Kesamutta è la prima dichiarazione dei diritti umani e, affermando il principio della libertà di pensiero, rappresenta un faro per tutta l’umanità.

Ogni suo insegnamento è concreto e di uno scrupoloso rigore intellettuale: ciò lo rende veramente universale.

I praticanti di Vipassana che leggeranno questi scritti potranno avere l’impressione che il Beato comprenda i loro problemi e abbia impartito istruzioni che sono destinate proprio a loro - come se il Buddha li incoraggiasse personalmente - con comprensione profonda e amorevole.

Per essi, la lettura di queste parole dalla fragranza divina, rappresenterà un grandissimo aiuto.

Mi auguro che la lettura delle parole del Buddha e degli altri testi in pali siano di sostegno e di giovamento per tutti.

Che su tutti quelli che le leggeranno sorga un’alba di pace, di felicità e di liberazione.

Revisionato dalla redazione 2016 Biblioteca Vipassana, 2016

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